Lazagne Art Magazine #10

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FEBRUARY 2016

LazagneMagazine ISSN2283-6004

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art magazine #10

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LAZAGNE ART MAGAZINE

LAZAGNE ART MAGAZINE

PARTNERS AND CREDITS

Anna Bertozzi_art director

CONTRIBUTORS NittyGrittyPunkt tumblr Chiara Corleoni

Sabrina Ravaglia_editor Lara Vitali_editor Daniel Yeatman_translator

EDITORIAL “La memoria è fondamentale. ma non mi ricordo perché.” by Ettore Siniscalchi COVER MAGAZINE / Made in Korea by Filippo Venturi BACK COVER / Our family secret II by Giuditta R

Alessandro Conficoni Ettore Siniscalchi page 5 Francesco Pititto page 34 Michele Pascarella page 34 Alice Benessia page 82 Gian Piero Pedretti page 88 Lynea page 104 Otome Kaita page 126

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Editore Self-Publishing Anna Bertozzi Viale Vespucci, 16 Forlì Italy lazagnemagazine.com lazmagazine.com


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MEMORANDUM

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COLOPHON I S S U E #10

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LA MEMORIA È FONDAMENTALE. MA NON RICORDO PERCHÉ. di Ettore Siniscalchi Ricordare per non fare gli stessi errori. La memoria dei morti e delle guerre. I riti istituzionali, gli speciali in Tv e quelli di carta. La memoria-strumento, da usare per migliorare il futuro. Lo crediamo, lo credevo, ci credetti, ora non più. La memoria è un fatto privato. Non ce ne si serve, c’è o non c’è. La conoscenza, forse. I cammini dell’inferno lastricati di buone intenzioni, gli errori e gli orrori, gli sterminati per salvarli e i salvati per sterminarli, i rinchiusi, i desaparecidos, i bruciati per un dio o contro un dio, le donne violate, le fughe dalla guerra, dalla fame, dall’odio religioso, economico, etnico, non devi ricordarli ma saperli. Che il fuoco bruci non lo ricordi, lo sai. La memoria è la nostra scatola che si può aprire, che apro. Sono cose mie. Se credete di ricordarle vi sbagliate. I pomeriggi sotto i fichi, la noia e il sole. Le corse in bici, le figurine, le edicole d’estate con le buste con fumetti, palloncini e pistolette a spruzzo. I ghiaccioli, le biglie di plastica coi ciclisti, Carioca Joe e le sue gambe lunghe, L’occhio di Zoltec. Tiramolla, Geppo e Nonna Abelarda. Jacula, Oltretomba e Lucifera. Lo Sconosciuto, l’Omino Bufo, L’Eternauta, La Linea, Carosello, il Pianeta Papalla, il Super Santos, i numeri di Photo con le foto porno della Belle Epoque. I soldatini dell’Airfix (inglesi e tedeschi, armata rossa e americani, giapponesi e australiani). Il Subbuteo, i modellini della Solidò con l’accento sulla o e quelli della Dinky Toys. Big Gim, Madelman, G.I. Joe. Il Meccano e le bottigliette di Zabov. De Filippo, Dov’è Anna, A come Andromeda, Ho incontrato un’ombra. L’Orlando Furioso, La baronessa di Carini, Karen Blake inseguita dal feticcio. L’odore dei mandarini

della Coccoina e dell’arancione chiaro dei pennarelli Carioca. Tutta roba mia, personale, privata. Le vacanze fino a ottobre, le vetrine illuminate nel buio precoce dell’autunno, i grembiuli, i bambini per strada, a gruppi, a bande, di notte. Strade e piazze come campi di pallone, bagni nelle fontane, le parrocchie, i giardinetti, i bulli, le zone off-limits, la droga, quelli che lo tirano fuori. Pippi Calzelunghe, le feste dell’Unità, L’isola dei gabbiani, I Thunderbirds, Saturnino Farandola, Ufo, Il Prigioniero (Il numero sei, il club mediterranée-prigione, la palla, la sigla). Le sigle, i cartoni la domenica, le comiche, Supergulp, i doppi spettacoli al cinema, le manifestazioni, Alto gradimento, le radio sulle partite, gli uomini che profumano di Fernet, Acqua Velva e tabacco. I cinema parrocchiali, i cinema ovunque, pieni di gente, che fumava, alcuni coi tetti che si aprivano. La Dolce Vita, le rassegne di fantascienza, i film di Totò, Amici miei, De Sica, i cinema d’essai con un film al giorno. Electra Glide, Yellow Submarine, Harold e Maude, La Torta in Cielo, Zardoz, Paper Moon. La morte di Pasolini, Vermicino, le bombe nei treni, quelle nelle stazioni e quelle nelle piazze, i garibaldini, la Seconda Guerra Mondiale e lo sbarco dei Mille. Ulisse, Pinocchio, Joe Petrosino, Sacco e Vanzetti, Storia di un maestro. Il ragazzo selvaggio, I quattrocento colpi, le lotte contadine, i parenti emigranti, gli antichi romani, Sandokan, l’allunaggio, scendiamo giù dai monti / a colpi di fucile / evviva i partigiani / è festa d’aprile. Il Vietnam, i Carbonari, i cow boy e gli indiani, gli anni ‘70, i ‘50, l’800, il futuro. Percorrevo una strada che procedeva da tempi lontani e proseguiva a venire. Eravamo nel flusso. Quando si è interrotta la continuità? Non lo ricordo. 5


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MEMORY IS ESSENTIAL. BUT I DON’T REMEMBER WHY. by Ettore Siniscalchi To remember to not make the same mistakes. Memories of the dead, and of wars. Institutional rites, TV specials and on paper. The memory-instrument, to better the future. We believe it, I believed, I used to believe, not anymore. Memory is a private matter. We don’t make use of it, it’s either there or it’s not. Knowledge, perhaps. The road to hell paved with good intentions, errors and horrors, those killed to save others and those saved to kill others, the enclosed, the disappeared, those burned for one god or against another god, the violated women, the escape from war, from hunger, from religious, economic, ethnic hatred, you don’t need to remember them but know them. You don’t remember that fire burns, you know it. Memory is our box that we can open, that I open. They’re my things. If you think you remember them, you are mistaken. Those afternoons underneath the fig trees, boredom and sun. Riding bicycles, action figures, summer newsagents with wrapped comics, balloons and water guns. Popsicles, plastic marbles with soccer players, Carioca Joe with his long legs. The Eye of Zoltec. Tiramolla, Geppo and Grandma Abelarda. Jacula, Oltretomba and Lucifera. The Specialist, L’Omino Bufo, The Ethernaught, La Linea, Carosello, Pianeta Papalla, Super Santos, the issues of Photo with the pornographic pictures from the Belle Epoque. Airfix soldiers (English, German, Red Army, American, Japanese, and Australian). Subbuteo, the Solidò figures with the accent on the O, and Dinky Toys. Big Jim, Madelman, G.I. Joe. Il Meccano and those small bottles of Zabov. De Filippo, Dov’è Anna, A Come Andromeda, Ho incontrato un’ombra. The Frenzy of Orlando, Carini’s La Baronessa, and Karen Black being chased by the fetish doll. The smell of mandarin oranges, of

Coccoina glue, and of the light orange Carioca markers. It’s all my stuff, personal, private. Vacations that lasted until October, shop windows illuminated in the precociously dark autumn night, smocks, kids on the street, groups, bands, in the night. Streets and squares like soccer fields, baths in the fountains, churches, gardens, bullies, off-limits zones, drugs, people who take it out. Pippi Longstocking, Unity festivals, Isuledda, The Thunderbirds, Saturnino Farandola, Ufo, Il Prigioniero (The number six, the vacation club/prison, the ball, the initials). Theme songs, Sunday cartoons, comedies, Supergulp, double features at the cinema, protests, Alto Gradimento, games on the radio, men who smelled like Fernet, Acqua Velva and tobacco. Movies at church, cinemas everywhere, full of people, smoking, some with openable roofs. La Dolce Vita, science-fiction features, Totò’s movies, Amici Miei, De Sica, experimental films a day. Electra Glide, Yellow Submarine, Harold and Maude, La Torta in Cielo, Zardoz, La Morte di Pasolini, Vermicino, bombs on the trains, in the stations and in the squares, the Garibaldini, World War Two and the march of the Mille. Ulysses, Pinocchio, Joe Petrosino, Sacco and Vanzetti, History teachers. The wild boy, The Four hundred Shots, farmer’s struggles, emigrating family, ancient Romans, Sandokan, the moon landing, the song “Scendiamo giù dai monti / a colpi di fucile / evviva i partigiani / è festa d’aprile”. Vietnam, the Carbonari, Cowboys & Indians, the 70s, 50s, 1800’s, the future. I traveled down a road that went from far away times and continued into the future. We were in flux. When did this continuity become interrupted? I can’t remember.

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inside magazine. artists/ ioana moldovan page 24 ./ lenz page 34./ filippo venturi page 44./ romina bassu page 60./ elena pugliese page 76./ silvia camporesi page 88./ oscar murillo page 106./ giuditta r page 118./ curiosity giuditta r_KEISUKE HIROSE page 126./

mauro pipani page 130. 8


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magazine memorandum--memoria” CURIOSITY.

s u r v e y . O B S E R VAT I O N . ]

curiosità citazioni, riferimenti e appunti sparsi su... memoria e memorandum pag. 14 - 15 - 22 -23

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Two German soldiers and their mule with gas masks during World War I in 1916

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PRIZE 2016

CELESTE

8th edition curated by

Ellen Blumenstein 12


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memory & memorandum “Déjà vu. Il nostro presente è solo un sosia del nostro passato, è dovuto ad uno scambio sbagliato. Il déjà vu è solo un presentimento del fenomeno del ricordo del presente.” Our present is just a look-alike of our past, is due to an exchange wrong . The déjà vu is only a presentiment of the phenomenon of memory of this . cit. Paolo Virno “Il fatto che io dimentichi le cose non toglie niente al senso delle mie azioni, il mondo continua ad esserci anche se chiudi gli occhi. No? Posso fare una foto per ricordarmelo. (...) Parlami ancora di lei. Perché? Perché ti piace ricordarla. Chiudi gli occhi e ricordala com’era. Riesco quasi a sentire i dettagli, quelli che non hai mai pensato di esprimere con le parole. Frammenti che si fanno sentire, anche se non si vuole, si mettono insieme e ritrovi la persona. (...) The fact that I forget things do not detract from the sense of my actions , the world continues to there even if you close your eyes. No? Can I take a picture to remember. ( ... ) Tell me more about her. Why? Because you like to remember her. Close your eyes and remember she was. I can almost hear the details, those that you never thought to put into words. Fragments that are felt even if you would not want, you put them together and find yourself the person (...) From Memento directed by Christopher Nolan

A movie to remember about memory: . “Memento” directed by Christopher Nolan . “L’uomo senza passato /Mies vailla menneisyyttä” directed by Aki Kaurismaki . “Se mi lasci ti cancello /Eternal Sunshine of the Spotless Mind” directed by Michel Gondry . “Il Mnemonista” diretto da Paolo Rosa film based on the story of Solomon Šereševskij. . “L’Anno scorso a Marienbad / L’Année dernière à Marienbad” réalisé par Alain Resnais

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citations , references and notes scattered on... memory and memorandum

citazioni, riferimenti e appunti sparsi su... memoria e memorandum

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immagine tratta da locandina “Mies Vailla Menneisyyttä” “l’uomo senza passato”

“(...) Ti capita spesso di cucinare? Non tanto spesso. I piselli erano buoni. Sono stato sulla Luna. Davvero e come l’hai trovata? Molto tranquilla. Hai incontrato nessuno? Veramente no, sai era domenica. È per questo che sei tornato? Sì, sì e anche per altri motivi. Stai fingendo o veramente non ricordi più niente. Qualcosa me la ricordo. Un capannone industriale a metà di un lungo rettilineo su un’autostrada. Facevo qualcosa. Un calore ardente. Una fiamma. Magari è un sogno. Ho ricominciato a farne. Questo è un buon segno. Forse... l’idea di una tomba senza nome. Ci sediamo sul divano ad ascoltare un po’ di musica.“ From “L’uomo senza passato / Mies vailla menneisyyttä” directed by Aki Kaurismaki

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Lazagne magazine soundtrack

“What would you suggest listening to in order to enjoy your interview?”

IOANA MOLDOVAN

SOUNDTRACK:: EDDIE VEDDER _MASTER OF WAR_ ( BOB DYLAN)

FILIPPO VENTURI

SOUNDTRACK: NICK CAVE E WARREN ELLIS _SONG FOR JESSE

ROMINA BASSU

SOUNDTRACK: MARIA SOLE _SONO SEDUTA SUL WATER CLOSET (1977)

ELENA PUGLIESE

SOUNDTRACK: HANNA TURI _YOU COLLECT

SILVIA CAMPORESI

SOUNDTRACK: HAUSCHKA _ABANDONED CITY

GIUDITTA R

SOUNDTRACK: RHYTHM & SOUND W _THE CHOSEN BROTHERS MASH DOWN BABYLON

MAURO PIPANI

SOUNDTRACK: ANAT FORT _AND IF

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Ecole Supérieure d’Arts & Médias de Caen/Cherbourg www.esam-c2.fr

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Artwork : Sonia Gabriel / Thibaut Roques Publishing Department 2016


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memory & memorandum

PKR is the molecule memory

“La memoria garantisce quel nesso soggettivo di continuità tra coloro che eravamo e coloro che saremo.” cit. John Locke

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What Makes Life Worth Living?

“(...) Isaac: Beh, devo essere ottimista. Va bene, dunque, perché vale la pena di vivere? Ecco un’ottima domanda. Beh, esistono al mondo alcune cose, credo, per cui valga la pena di vivere. E cosa? Ok. Per me... io direi... il buon vecchio Groucho Marx tanto per dirne una, e Joe DiMaggio e... il Secondo movimento della sinfonia Jupiter... Louis Armstrong, l’incisione Potato Head Blues... i film svedesi naturalmente... L’educazione sentimentale di Flaubert... Marlon Brando, Frank Sinatra, quelle incredibili... mele e pere dipinte da Cézanne, i granchi da Sam Wo, il viso di Tracy...”

From Manhattan directed by Woody Allen

immagine tratta dal film “Manhattan” di Woody Allen

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PHOTOJOURNALIST

IOANA MOLDOVAN

A DAY WITH IOANA.


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What would you suggest listening to in order to enjoy your story? SOUNDTRACK: EDDIE VEDDER _MASTER OF WAR_ ( BOB DYLAN) 25


A DAY ON THE FRONT LINE OF THE WAR IN UKRAINE by Ioana Moldovan

The squeaking sound of the metallic bed woke me up. For the third or fifth time that night. It was 6.30 in the morning. I decided to get up. Outside, the light revealed the apocalyptic landscape. Branchless trees marked the way to one of the last standing buildings that provided safe passage and a corner for other basic needs. It looked like a poorly played Tetris game, with huge holes between its bricks. The ground was littered with craters from Grad missiles and mortar rounds. I did not wake up at home and I was not dreaming. I was in Zenit, a Ukrainian army position on the front line, two kilometres away from the Donetsk airport. In august 2015, I was there as a photojournalist embedded with the Ukrainian army. I got a cup of tea and sat outside the main post in Zenit for a smoke. I could tell Grom was on duty last night. His pack of cigarettes was lying empty on top in the trash bin. Grom is the war-name of Alexandr, a 33-year-old Ukrainian soldier and one of the two sappers of the unit. Some cigarettes later, it was time for going out on patrol with soldiers to the forward positions. The first time we went, no 30 minutes had passed since we left the main post when sniper fire made us duck and run for cover. It was the first time I had ever heard that kind of sound ripping the air around me. I will never forget it. I also remember how the first three or four blast sounds made me startle. Funny enough, after that they somehow became background noise. Still, being on the Ukrainian front line is a lottery. One moment the couch inside the main post is hosting soldiers watching a TV show. Two minutes later it is the scene of commotion involving blood, bandages and medics. And a Ukrainian soldier with a head injury. The evening comes with the usual staccato of mortar fire rounds. “Good evening ladies and gentlemen, welcome to our concert!�, Grom said and his joke invited everyone inside. From the small smoking place bulletproofed by steel boards we could still watch the summer sky being lit up. But those are no fireworks on the front line. I did not fall asleep easily. I was tired, but my thoughts were like speed trains coming and going out of a busy station. Eventually, the squeaking sound disappeared. Even if only for a few hours.

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Un giorno in prima linea nella guerra in Ucraina

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Il cigolio del letto metallico mi svegliò. Era già la terza o quinta volta quella sera. Erano già le 6:30 del mattino. Mi sono decisa di alzarmi. Fuori, la luce rivelava il paesaggio apocalittico. Alberi senza rami marcavano la via ad uno dei pochi edifici restanti che offriva un passaggio sicuro, ed anche un angolino per le necessità di base. Sembrava una partita mal giocata di Tetris, con grossi buchi tra le mattonelle. Il suolo era pieno di crateri dei missili Grad e colpi di mortaio. Non mi sono risvegliata a casa, e non stavo sognando. Ero a Zenit, una postazione dell’esercito Ucraino sulle prime linee, a due chilometri dall’aeroporto Donetsk. Mi sono presa una tazza di tè, e mi sono seduta fuori dalla postazione centrale di Zenit per fumare. Potevo capire che Grom era stato in servizio la notte scorsa. Il suo pacchetto di sigarette vuoto era lì, sopra al cassetto dell’immondizia. Grom era il nome di guerra di Alexandr, un soldato Ucraino trentatreenne e uno dei due sminatori dell’unità. Dopo qualche sigaretta, era l’ora di andare in pattuglia coi soldati dell’avanguardia. La prima volta che ci siamo andati, non erano passati neanche 30 minuti dopo aver lasciato la postazione centrale che dei cecchini iniziarono a sparare, e abbiamo dovuto correre e cercare rifugio. Era la prima volta che io sentì quel tipo di suono che squarciava l’aria attorno a me. Mi ricordo come le prime tre o quattro volte il suono dell’esplosione mi ha spaventata, però poi diventò soltanto rumore di sottofondo. In ogni caso, stare sulle prime linee Ucraine era una lotteria. Un momento ci sono i soldati sul divano della postazione centrale che guardano la TV, e due minuti dopo diventa una scena di confusione con sangue, bendaggi, medici, e un soldato Ucraino ferito alla testa. La sera arriva col suo solito staccato di colpi di mortaio. “Buonasera signore e signori, benvenuti al nostro concerto!”, disse Grom, invitando tutti dentro. Dal nostro piccolo posto per fumare, reso sicuro dall’acciaio antiproiettile, potevamo ancora vedere il cielo d’estate che si illuminava. Ma non erano fuochi d’artificio sulle prime linee. Non mi sono addormentata facilmente. Ero stanca, però i miei pensieri erano come treni che si fermavano e ripartivano da una stazione affollata. Dopo un po’, il suono del cigolio svanì. Anche se era soltanto per poche ore.

by Ioana Moldovan

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www.ioanamoldovan.com

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Lenz Fondazione + ROBIN RIMBAUD AKA SCANNER

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Verdi Re Lear © IMMAGINI DI FRANCESCO PITITTO

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Lenz Teatro Parma

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Dopo la Premessa, presentata a fine 2014, Verdi Re Lear ha debuttato l’11 ottobre 2015 nell’ambito del prestigioso Festival Verdi di Parma.

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Verdi Re Lear di Lenz Fondazione si propone come «un simulacro d’opera d’arte performativa e musicale che trae dal Lear di William Shakespeare e dal Lear di Giuseppe Verdi gli elementi fondamentali alla sua manifestazione». Verdi ha desiderato per tutta la vita comporre quest’opera, ma la sua tensione si risolve nella epifania di uno spettro. Il libretto c’è, ma la musica è assente e sul Lear verdiano incombe il fantasma di Shakespeare e della sua opera grandiosa. Lo spettacolo combina due presenze dal vivo all’apparenza decisamente dissimili: il compositore di musica elettronica inglese Robin Rimbaud aka Scanner e i cantanti del Conservatorio Arrigo Boito di Parma. Si tratta di un audace accostamento nato e proseguito per la volontà di sperimentare nuove forme di intreccio creativo tra melodramma, nuova composizione, scenografia reale e virtuale, stile di recitazione e di canto, musica unplugged ed elettronica. Al debutto, Verdi Re Lear ha abitato, in contemporanea, le due grandi sale di Lenz Teatro, a Parma, con il pubblico dinamico invitato a transitare fra i due spazi. Maria Federica Maestri, che dello spettacolo cura drammaturgia dello spazio, installazioni e costumi, suggerisce i motivi di questa scelta inconsueta: «La concatenazione temporale di due piani spaziali separati conserva ed esalta la duplicità dell’immagine semi-virtuale di quest’opera che collega reale e non reale, tracce e desideri: la materialità dei corpi, dialogando con l’immaterialità dell’immagine, genera un’immagine-sogno. Costruita per strappi, sottrazioni e salti, l’immagine semi-virtuale produce un continuo sganciamento dall’immagine coerente del mondo; analogamente gli spettatori in fruizione delocalizzata, in transito soggettivo, nel passaggio da spazio a spazio, perdono l’unità e la linearità drammatica della visione tradizionale, e in totale assonanza con la forma artistica del lavoro - dare forma scenica ad un desiderio - ricompongono una propria personale opera-ricordo». .

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Performing and Visual Arts Foundation

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Francesco Pititto, responsabile di ricerca, drammaturgia, imagoturgia e regia di questo progetto siderale conclude e rilancia: «Dare forma a un desiderio, dopo averne scandagliato gli impulsi primari e le manifestazioni più nascoste, è percorso affascinante di ogni ricerca linguistica; vestire un fantasma e vederlo muoversi solo attraverso il movimento delle stoffe è già averlo consegnato al mondo reale che, shakespearianamente, è fatto di sogni e di niente».

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Verdi Re Lear by Lenz Fondazione is described as «a simulacrum of performative and musical art that takes inspiration from William Shakespeare’s and Giuseppe Verdi’s Lear, gaining fundamental elements of its manifestation». Verdi has wished to compose this opera his entire life, but all his efforts resolve themselves in a spectral epiphany. The book is there, yet the music is absent, and Shakespeare’s ghost of his grandiose work looms upon Verdi. The show combines two live presences that appear totally different: Robin Rimbaud, a.k.a. Scanner is an English electronic music composer, and then there’s the singers from the Conservatorio Arrigo Boito of Parma. It’s an audacious pairing born out of the will to experiment with new forms of creative intrigue between melodrama, new composition, real and virtual scenography, acting styles, music, unplugged, and electronica.

After the Premessa, presented at the end of 2014, Verdi Re Lear had its debut on October 11th, 2015 at the prestigious Verdi Festival in Parma.


At its debut, Verdi Re Lear was being held contemporarily in the two grand halls of Lenz Teatro, in Parma, while the dynamic audience was invited to transit between these two spaces. Maria Federica Maestri, who’s in charge of the show’s dramaturgy of space, installations, and costumes, hints at the motives behind this unusual decision: «The temporal link between two separate spatial planes preserves and intensifies the duplicity of the semi-virtual image, of this opera that connects real and unreal, traces and desires: the material nature of bodies, in dialogue with the immaterial nature of images, generates an image-dream. It’s built upon tears, subtractions, and leaps, and this semi-virtual image produces a continual unhinging from the coherent images of the world; analogously, spectators in delocalized fruition, in subjective transit, the passage from space to space, loe the unity and dramatic linearity of traditional vision, and in total assonance with the artistic shape of the work – give scenic form to a wish – they recreate their own personal opera-memory».

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Lenz Teatro Parma

Francesco Pititto, in charge of research, dramaturgy, imagery, and direction of this astral project, in conclusion states: «To give shape to desire, after having fathomed its primary impulses and most hidden manifestations, is the fascinating path of every linguistic research; to dress a ghost, and see it move only by the movement of its cloth, is to already have delivered it unto the real world which, in true Shakespearian fashion, is made out of dreams and nothing».

www.lenzfondazione.it

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FilippoVenturi MADE IN KOREA by Anna Bertozzi

TROVO LE SUE IMMAGINI INTENSE, CHE EVOCANO UN IDEALE DI PUREZZA ATTRAVERSO UN ESTREMO RIGORE ESTETICO... ED È QUESTO“RIGORE” CHE MI APPASSIONA. VORREI CONOSCERE DI PIÙ DI FILIPPO VENTURI. SAPERE SE IL SUO RIGORE È UN RITO, UN’ABITUDINE O UNA NECESSITÀ. UNA NECESSITÀ DI COPRIRE O SCOPRIRE LA SUA PERSONA. QUALI SONO I PASSAGGI? QUALI SONO I RIFERIMENTI E DA DOVE POSSONO NASCERE LE SUE IMMAGINI COSÌ ATTUALI? SICURAMENTE DAL PASSATO. IL SUO PASSATO. COSÌ GLI HO CHIESTO PER QUESTO NOSTRO INCONTRO CARTACEO DI TRASFORMARE LA SUA VISIONE IN NARRAZIONE, UNA SPECIE DI GIOCO PSICOLOGICO E DI PENSARE AL LIBRO CHE FORSE O FORSE NO, GLI HA TRASMESSO INCONSCIAMENTE... LA SUA COSÌ MERAVIGLIOSA ESTETICA. IL LIBRO SCELTO DA VENTURI È:

“LA CONFRATERNITA DEL CHIANTI” DI JOHN FANTE.

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JOHN FANTE’S “THE BROTHERHOOD OF THE GRAPE”.

I FIND HIS IMAGES TO BE INTENSE, WITH AN EXTREMELY RIGOROUS AESTHETIC… THIS “RIGOR” INTRIGUES ME. I WOULD LIKE TO KNOW MORE ABOUT FILIPPO VENTURI, AND KNOW IF HIS RIGOR IS A RITUAL, A HABIT, OR A NECESSITY. A NECESSITY TO COVER OR UNCOVER HIS PERSONAL PERSONA. WHAT ARE THE STEPS? WHAT ARE HIS REFERENCES, AND WHERE DO HIS IMAGES COME FROM? SURELY FROM THE PAST. HIS OWN PAST. SO I ASKED HIM FOR THIS PAPER ENCOUNTER TO TRANSFORM HIS VISION INTO NARRATION, A TYPE OF PSYCHOLOGICAL GAME, AND TO THINK ABOUT THE BOOK THAT, CONSCIOUSLY OR NOT, HE CREATED... HIS OH SO WONDERFUL AESTHETIC. THE BOOK VENTURI CHOSE IS:

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Cosa consiglieresti di ascoltare come sottofondo all’intervista? What would you suggest listening to in order to enjoy your interview? SOUNDTRACK: Song For Jesse_Nick Cave e Warren Ellis 47


MADE IN KOREA Perché la scelta del libro di Jonh Fante “La Confraternita del Chianti”?

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È un libro molto importante per me perché mi ha aiutato ad affrontare alcuni conflitti rimasti in sospeso con mio padre, dopo la sua scomparsa. Avevo bisogno di risolvere quei conflitti per andare avanti e, un po’ per caso, mi sono imbattuto in quel libro di John Fante. È la storia di un rapporto padre-figlio descritta in maniera così intensa e così conflittuale che ho potuto rivedermi e dove credo che tutti possano rivedersi, anche in questo sta la bravura dell’autore. Al termine della lettura ho potuto perdonare mio padre e me stesso.

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riferimento al tuo passato, quando è stata la prima volta che hai pensato, o hai sentito l’esigenza di fotografare?

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Nonostante la fotografia sia sotto i nostri occhi, di continuo, tutti i giorni, ho iniziato a riflettere su questo linguaggio soltanto nel 2008, a 28 anni. Non avendo parenti o amici che mi trasmettessero la passione per la fotografia, posso dire che si è trattato di un processo molto spontaneo e forse, anche per questo, l’ho sentito completamente mio. Inizialmente utilizzavo la fotografia soltanto per me stesso, per fare mie delle situazioni o delle atmosfere. In seguito, pur continuando a utilizzarla per me stesso, ho iniziato a ricercare anche l’interesse delle altre persone, che è un po’ come passare dallo scrivere un diario allo scrivere racconti con l’idea di farli leggere agli altri (a proposito, prima di dedicarmi alla fotografia usavo la scrittura, un altro linguaggio che adoro e che ogni tanto riprendo).


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a geometria e la relazione dell’uomo con l’architettura, caratteristica delle tue opere, riesce davvero a raccontare temi complessi che descrivono luoghi e persone. Le tue opere non hanno a che fare con l’esplicita documentazione, ma riescono ad essere estremamente connesse con la contemporaneità del momento e dello spazio, inserendo una sorta di “curiosità”. Secondo te la fotografia, deve nascere dall’osservazione del mondo?

La fotografia può avere tanti scopi e tante ragioni per esistere, ma sono convinto che sia, fra le arti, quella più legata alla realtà (anche se non la rappresenta mai fedelmente in maniera assoluta) e quindi sia inevitabile un forte legame con l’osservazione del mondo, che può anche realizzarsi attraverso fotografie astratte, concettuali, che sembrano sganciarsi dall’osservazione del mondo ma in realtà ne sono fortemente ancorate.

In questa tua ricerca, apparentemente estetica, esiste una componente critica? Sì, esiste e per quanto mi riguarda deve sempre esserci una componente, critica o di altro tipo, oltre all’estetica. Nel caso del mio lavoro “Made in Korea” l’estetica era parte stessa della componente critica e il tema trattato si adattava molto al mio stile fotografico.

Anticipazioni sul tuo prossimo progetto?

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e sto valutando diversi, ma devo dire che dopo aver approfondito la Corea del Sud, sono molto interessato dalla Corea del Nord, un paese molto affascinante sotto diversi aspetti.

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Why did you choose John Fante’s book, “The Brotherhood of the Grape”? It’s a very important book for me, because it helped me confront some conflicts I had regarding my father, after his disappearance. I needed to resolve those conflicts before I could move forward, and by chance I found John Fante’s book. It’s the story of a father-son relationship, described in such an intense and conflictual manner that I saw myself in it, and I think everyone can see a little bit of themselves in it. It’s a testament to the author’s skill. By the end of the book, I learned to forgive both my father and myself.

Regarding your past, when was the first time that you thought, or felt, the need to photograph? Even though photography is constantly underneath our eyes, every day, I only started to reflect upon this language in 2008, when I was 28 years old. I never had friends or relatives who could have given me a passion for photography, so I can say that it was a rather spontaneous process. Perhaps because of this, I felt that it was something completely my own. In the beginning, I used photography only for myself, to make certain situations or atmospheres mine. Later on, while that still continued, I also took an interest in other people’s interests, which is a bit like going from writing in a diary to writing stories that others are meant to read (about that, before I dedicated myself to photography I used to write, another language that I adore and pick up from time to time). 52

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eometry and man’s relation with architecture, characteristics of your works, manage to handle complex themes that describe places and people. Your works aren’t about explicit documentation, yet they manage to be extremely connected to the contemporary nature of the moment and space, inserting a type of “curiosity”. Do you think that photography needs to come from observing the world around you? Photography can have many goals, and many reasons to exist, yet I’m convinced that it’s one of the arts that’s most connected to reality (even though it never faithfully represents it in an absolute way). It’s therefore inevitable that there’s a strong link with observing the world, which can also come about through abstract photography, conceptual works, that seem to unhinge themselves from normal observation, while they’re really strongly anchored in it.

In your apparently aesthetic research, is there an element of criticism? Yes, it’s there, and as far as I’m concerned there should always be a similar element, critical or otherwise, that goes beyond aestheticism. In my case, in my work “Made in Korea”, aestheticism was actually a part of the critical element, and the topic was very adaptable to my photographic style.


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Any previews for your next project?

I

’m evaluating several, but I must say that after having analyzed South Korea, I’m very interested in North Korea, a fascinating country under many points of view.

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www.filippoventuri.it 57


EVENTS

EXHIBITION

ART PARIS ART FAIR > 31 MARCH - 3 APRIL, 2016 GRAND PALAIS - PARIS JHERONIMUS BOSH VISIONS OF GENIUS >13 FEBRUARY – 8 MAY, 2016 HET NOORDBRABANTS MUSEUM DEN BOSCH ‘S-HERTOGENBOSCH - NL OREA ART PRODUCTION VIRUS: THE PLASTIC AGE OF ALEX ANGI > MARCH 31, 2016 OREA MALIÀ -BOLOGNA THE ARMORY SHOW > MARCH 3-6, 2016 PIERS 92 & 94 NEW YORK CITY

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BIENNALE DISEGNO >23 APRIL - 10 JULY 2016 RIMINI


INTERESTING THINGS , DO NOT MISS

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FAIR

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Esercizi di Amnesia acrilico su tela 2015 60


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“…Dove l’alito intacca, lo specchio che intristisce; Al primo lampo che conta, la vela ripiegata; Finite le punte, la ballerina coi lustrini Il soffione che il fiato disperde crudelmente …” “Nuove impressioni d’Africa Raymond Roussel” da Antologia dell’Humor Nero di Andrè Breton - Einaudi 1995

RO M I N A B A S S U CORTO CIRCUITO

Come in un film di fantascienza, o nei cartoon americani della mia infanzia, l’approccio si è risolto una scossa che ti trasfigura, ti accende come una lampadina da insegna di luna park e ti lascia in sospensione per qualche minuto. E poi i libri, quelli trovati e che ci siamo scambiati come reliquie aliene (soprattutto “su quello che sembra” e ciò “che non si è”). Come gli oggetti, o i protagonisti ignari dei ricordi di famiglia (un privato universale, sconosciuto ma così vicino), quello vissuto da altri, consumati appoggiati - spostati, ma come briciole che si ritrovano nella strada per Oz, o era un bosco? No, era una rèclame, dove le signore bionde del bianco e nero sorridevano sempre. Romina mi ha dato diverse chiavi, vere, di ferro arrugginito, con un portachiavi in bakelite, ma anche preziose per innescare l’atomica o viaggiare in un lussuoso camper. Conquistata da una pittura netta e sospesa, non mi ha permesso subito di avvicinarmi alla meta. Nessuna invenzione, sequenze, lettere, disegni, luoghi, letture, libri, quadri, film, visi, pubblicità: tutto è preso dal vero, ma anche dalla detestata realtà - e tutto è sconvolto, da cima a fondo in scacco alla logica e alla storia. Presentimento di un mondo che viene da lontano e che ci spinge oltre. La rivelazione deve passare dalla nostra memoria e Lei manovra abilmente la regia. Così gli lasciamo lo stesso spazio dove si muove liquida con una traccia solo per abili solutori.

LARA VITALI

*ogni riferimento a cose, visioni, persone e memorie è assolutamente consapevole. 61


SHORT CIRCUIT

“…Where breath corrodes, the mirror saddens; At the first flash that counts, the folded veil; Points finished, the sequined ballerina The dandelion that the breeze cruelly disperses…” “Nuove impressioni d’Africa Raymond Roussel” from Antologia dell’Humor Nero Andrè Breton - Einaudi 1995

sopra

Bozzetto (testa calda 1 - 2) 2015 62

Like in a science fiction film, or in an American cartoon from my childhood, this encounter resulted in a shock that transfigured me, that lit me up like a the sign to an amusement park and left me floating for a few minutes. And then the books, the ones that we found and traded as if they were alien artifacts (especially “what it looks like” and what “it’s not about”). Like objects, or the unknowing protagonists of family memories (a universal privacy, unknown and yet so close), lived by others, consumed - propped up - moved, like crumbs found on the road to Oz, or was it a forest? No, it was an advertisement, where the blonde women smiled forever in black and white. Romina gave me various keys, real ones, made out of rusted iron with a Bakelite keychain. They could arm a nuclear bomb, or let you travel in a luxurious camper. Conquered by a clear and suspended picture, she didn’t let me get close to the goal from the start. No inventions, sequences, letters, drawings, places, readings, books, paintings, films, faces, or advertisements: everything is gathered from truth, but also from detestable reality - and everything’s upset, from head to toe, checkmating logic and history. A premonition of a world from beyond that pushes us further. The revelation must pass through our memory and She ably maneuvers the direction. That way we leave them the same space where it can move fluidly with a trace only for capable regulars. *every reference to things, visions, people, and memories is purely on purpose


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Guardami negli occhi acrilico su tela 2015

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I patriarchi

acrilico su tela 2015 64


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Anancastica acrilico su tela 2015

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Gioco A game dei ri- of referi- ferences menti anatomia del femminile L’iconografia del cinema classico, delle riviste vintage, del materiale visivo che emerge dagli anni Cinquanta, epoca di riferimento per tutti i miei lavori; immagini che evocano gli schemi imposti da un’educazione che ci hanno fatto credere ineludibile. Il mio intervento cerca di inserirsi nella rigidità di questo immaginario ribaltando la prospettiva di genere. L’iconografia femminile e maschile si sovrappongono, in una riflessione centrata sulla natura del genere come null’altro che costruzione culturale e sociale, dalle caratteristiche variabili e interscambiabili. Ed ecco che un paio di baffi compare sul volto di una pin up!

feminine anatomy The iconography of classic cinema, of vintage magazines, of visual art that emerges from the Fifties, a referential era for all of my work; images that evoke the defined schemes of an education that they made us believe to be unescapable. My interventions attempt to insert themselves into the rigidity of this imaginarium by overturning gender perspectives. Feminine and masculine iconography superimpose one another, in a reflection that’s centered around the nature of gender as nothing more than a cultural and social construction, of variable and interchangeable characteristics. So here’s a moustache that appears on a pin up!

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Lady queer

acquerello su carta 2015 67


Oftalmologia preventiva 2 acquerello su carta 2015 68


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Senza titolo

acquerello su carta 2014

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amnesie I personaggi che popolano le mie opere sono spesso sottoposti a una “logica di privazione”. Nella trasfigurazione pittorica cancello i dettagli del viso, i particolari che abitualmente identificano una persona, quasi imitando l’azione del tempo che, scorrendo, trasforma individui dotati di una propria storia e identità in personaggi sbiaditi, venati di nostalgia, quasi fantasmi della memoria. Questa perdita di nitidezza ci immerge in quel processo d’ineludibile dimenticanza che ci impone la storia, dove la dimensione individuale si perde inevitabilmente in quella collettiva.

amnesias The characters that populate my work often undergo a “logic of deprivation”. In their pictorial transfiguration, I erase their facial details, the particulars that normally identify a person. I imitate the action of time that, as it flows, transforms individuals with their own history and identity into faded characters, riddled with nostalgia, almost ghosts of their own memories. This loss of clarity immerges us into that process of unescapable forgetfulness that history imposes on us, where our individual dimension is inevitably lost inside the collective.

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gli uomini, i mezzi uomini, gli ominicchi ... men, half-men, hominids… I quaquaraquà

image trouvée Rigattieri, mercatini, vecchi bauli, oggetti di seconda mano, rotocalchi, frames del cinema classico, album trovati in fondo a un cassetto, database di internet, archivi di storia, locandine vintage... tutto questo rappresenta l’anticamera della mia ricerca. È su questo materiale accumulato che assemblaggio, associazioni libere e pratiche assolutamente dadaiste mi aiutano a trovare la dimensione giusta per restituire una storia ed evocare una memoria.

image trouvée Junk shop owners, small markets, old chests, hand me downs, rotogravure, frames from classic cinema, albums found in the bottom of a drawer, internet databases, historical archives, vintage posters… all of this is the atrium of my artistic research. It’s upon this collection of material that assembly, free association and absolutely Dadaistic practices help me find the right dimension where I can give back history and evoke a memory. 71


I controllori

acrilico su tela 2015 72


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L’accordo

acrilico su tela 2015 73


Quando ero ancora all’Accademia mi sono imbattuta in un testo che, più di ogni altro, mi ha consentito di accedere a un mondo labirintico e enigmatico. “Impression d’Afrique” di Raymond Roussel. Roussel utilizzava le parole come tessere di un mosaico, il linguaggio quale reticolato di omofonie, spazi semantici da riempire con una piccola narrazione, logica solo a tratti. Ricordo di essermi immersa per alcuni mesi in un incessante approfondimento fino a scavare nella biografia dell’autore, cercando di capire quali fossero le logiche creative di quella pratica letteraria, di cogliere l’opportunità di fare mia una metodologia che ancora oggi considero modello per il mio processo creativo.

Raymond Roussel When I was still at the Academy I ran into a text that, more than any other, allowed me entrance into a labyrinthine and enigmatic world. “Impression d’Afrique” by Raymond Roussel. Roussel used words like tiles in a mosaic, his language was meshed with homophones, semantic spaces left to be filled by small narrations, with only traces of logic. I recall immerging myself for a few months in an incessantly detailed study until I started digging into the author’s biography, trying to understand what his creative logic was behind this literary practice. I wanted to take the opportunity to make this methodology mine, as I still to this day consider it to be the model of my creative process.

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mnemosine mnemosyne ritrovata recovered L’ultimo ciclo di opere fa riferimento all’Atlante della memoria di Aby Warburg. Mnemosyne, fu il nome con il quale Warburg volle descrivere il suo immenso lavoro di raccolta d‘immagini attraverso l’accostamento delle quali si doveva descrivere “la storia dell’espressione visiva nell’area del Mediterraneo”. Anch’io mi propongo di filtrare il mio personale archivio di immagini d’epoca, dando luogo a visioni e significati diversi che sulla superficie diventano la narrazione di una memoria collettiva. Attivando un procedimento che agisce nel sotterraneo, cercando soluzioni e anagrammi visuali.

The last cycle of works references Aby Warburg’s Atlas of memory. Mnemosyne, was the name that Warburg wanted to use to describe his immense collection of images, paired with his description of “the history of visual expression in the area of the Mediterranean”. I’ve also proposed to filter my own personal archive of vintage images, giving space to visions and different meanings that superficially become the narration of a collective memory. It activates a process that works underground, searching for solutions and visual anagrams.

asa nisi masa Anima in alfabeto serpentino. Anima=Soul in serpentine alphabet (Asa NIsi MAsa)

Senza titolo

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TESTAMENTO What is left.

ELENA PUGLIESE

Il Testamento Poetico è una

raccolta audiovideo in progress di lasciti. Non raccoglie

memorie, ma le crea per il futuro.

E’ un lascito immateriale riguardo a ciò che ognuno vuole lasciare di sé, a ciò che

non vorrebbe che succedesse dopo di sé, a ciò che vorrebbe che rimanesse nel ricordo di sé, a ciò che ha ereditato e che non vorrebbe andasse perduto. Un lascito privato per la collettività. Un dopo da cui partire.

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Improvvisamente mi sono trovata di fronte a ciò che restava e quando ho capito che non erano rovine ma fondamenta, lì ho cominciato.

Nessuno lascia questo mondo senza lasciare una traccia di sé.

E questa è una certezza. Il passato non è passato. IL PASSATO È ASSOLUTAMENTE PRESENTE, NEL PRESENTE.

Noi camminiamo sul passato, perché nasciamo su ciò che resta e ciò che resta è ciò che lasciamo. Non a caso il mondo è già pieno quando arriviamo, non è vuoto.

L’eredità è come una staffetta. Veniamo sempre dopo e in questo dopo non ci si può fermare. Occorre partire. Tocca a noi creare la memoria per il futuro. Il lascito è la continuità. Un po’ come una scatola nera. E questo mi è chiaro ogni volta che faccio un Testamento Poetico. La sensazione è quella di fermare gli indizi di un presente che è ancora qui, ma che in qualche modo è già altrove. Come qualcosa che è in divenire, in cui la presenza e la distanza si sovrappongono, così come la vicinanza e l’estraneità. Nietzche diceva: ‘ l’eredità serve a definire te stesso, capire chi sei e che cosa ne puoi fare della tua eredità.’

E in questo anche i lasciti immateriali hanno un grande peso.

p o e t i c o 77


What is left.

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IL PROCESSO, L’IDEAZIONE.

Partendo da una spontanea richiesta che mi viene fatta, incontro la persona che desidera fare il proprio TP. La invito a rispondere al QUESTIONARIO PER UN TESTAMENTO POETICO (7 domande in tutto). Chiedo inoltre di portarmi nei loro luoghi di appartenenza, o di mostrarmi gli oggetti da cui si sentono maggiormente rappresentati. Li fotografo. Segue il montaggio audio sulle immagini, sintetizzato in un tempo massimo di 4 minuti. Il risultato è il Testamento Poetico consegnato su dvd. Ogni persona è padrone del proprio Testamento. Ogni lascito è una donazione. Il Testamento Poetico è un progetto di archivio in progress. Se desideri aderire con il tuo lascito scrivi a: info@elenapugliese.it 79


“ w h a t would do you suggest listening to in order to enjoy y o u r interview?

Hanna Turi You Collect

“IL LASCITO IMMATERIALE È TUTTO QUELLO CHE NOI LASCIAMO DI INTANGIBILE.

È un patrimonio invisibile, fatto di tutto ciò che abbiamo elaborato, delle nostre verità o presunte verità, dei nostri sogni, valori, credi, riti. È molto interessante vedere come ognuno ha e ha avuto il coraggio di elaborare il proprio personalissimo modo di vivere. Nell’incontrare le persone, i loro luoghi, le loro cose, si accumulano molti pensieri e annotazioni. Il lascito è un crocevia trafficatissimo di filosofia, etica, psicologia, religione, diritto. Il Testamento Poetico è un’esperienza tra arte e letteratura. Quello che mi piacerebbe lasciare di me è un lascito collettivo di pensieri e parole utili. Un contribuito alla continuità. “

Elena Pugliese

“Fare testamento nel bel mezzo della propria vita è sperimentare l’eternità nel bel mezzo della storia (cit. Rosenzweigh).”

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testamento POETICO

What is left.

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domande tratte dal questionario per un Testamento Poetico poste direttamente a Elena Pugliese.

?

LE DOMANDE NON SARANNO PUBBLICATE. LE RISPOSTE... SĂŒ.

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Prima domanda: “(....)” Mi dispiacerebbe moltissimo che tutto quello che ho elaborato, messo su carta, trasformato in parole, svanisse e non fosse utile per nessuno. Non mi fido della tecnologia e ho sempre paura che da un momento all’altro sparisca tutto. Penso ad un’alternativa per salvare e la carta resta ancora la cosa che mi da più sicurezza.

Cosa vorresti lasciare di te

Archivio in progress di Testamenti Poetici, 2013-2015 Video, dvd, suono, colore Video proiezione su tavolo in loop struttura realizzata da Marco De Luca foto © Alice Benessia

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Seconda domanda: “(....)” Io ho ereditato il senso del passato. Ho questa sensazione. Sono nata e cresciuta in una famiglia d’inizio novecento. Un altro mondo. Difficile abbinare uno sguardo al futuro in una cosa che sta per finire. È come se fossi vissuta in un passato. Ho ereditato questo 
bagaglio carico di un tempo vitale tutto suo. Un ritmo lento, dilatato. Un bagaglio. Questo lavoro, il Testamento Poetico, è nato quando ho capito che quello che avevo ereditato non erano rovine ma fondamenta. Da lì potevo costruire, da lì potevo attingere, potevo ripartire. Quindi ho ereditato sicuramente il valore del passato. Il passato è un’incredibile risorsa e questo valore vorrei non andasse perduto.

Poi mi sembra di aver ereditato il senso del rigore. Ho letto, non ricordo dove, che 
“il rigore è un amore severo”. È vero. È la cura e l’attenzione verso le cose, è una 
 forma di amore che dai a quello che fai, 
a quello che ascolti, a tutto. Terza domanda: “(....)” Mi piacerebbe che il ricordo della mia persona fosse abbinato alla mia vitalità e alla mia positività. A una sensazione di 
“casa”. Dove stai bene. La casa 
 è importantissima per me. Quarta domanda: “(....)” Mi dispiace dover lasciare la moltitudine, le persone per strada, l’incontro con gli altri anche senza conoscerli, il viavai, l’incrocio, la casualità 
 dell’incontro.

Se non ci fossero gli altri, saremmo in un deserto. Mi dispiacerà lasciare le loro storie, i loro pensieri, manie, tutti i loro tentativi. Non mi faccio mai recapitare le bollette sul conto, preferisco andare in posta, mi piace stare in coda, stare nei posti dove possono accadere delle cose. Prendere il treno, il pullman, la corriera. Dove tutto può succedere, nel quotidiano di tutti. Mi dicono che sono una donna d’altri tempi, perché non sfrutto i vantaggi della tecnologia. Ma io nella velocità mi perdo un sacco di cose e non voglio. Mentre sarò felice di lasciare la mia testa. 
La parte più mortifera della mia testa, il mio giudice severo. Tutto il mio lato b. Quello veramente, veramente, veramente sarò felice di lasciarlo.

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“Unexpectedly, I was faced with what remained. It was when I realized that they were not ruins but foundations that I began”. Archive in progress of Poetic Testaments, 2013-2015

What happens to everything we have elaborated? We spend our lives forming a personal outlook on things, our critical thought; formulating answers and creating our own truths. Thought is an invisible asset which the Poetic Testament intends to collect, preserve and pass down. The Poetic Testament is an audio-video collection in progress of personal testimonies; not reminiscence but memories created for the future. It is a nonmaterial legacy regarding what each individual wishes to leave to posterity; of what they hope will not happen after their death and how they would like to be remembered. It also concerns the legacy which they have inherited

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and wish to preserve for future generations. Every legacy is a donation. The process. In reply to a request, I meet the person who wishes to make their Poetic Testament. I ask them the eight questions of the “Questionnaire for a Poetic Testament”. The conversation is recorded. I then ask them either to take me to where they come from, or to show me the possessions which represent them best, which I photograph. The recording and images are edited to produce a four minute clip which is transferred onto a cd. The Poetic Testament, which is strictly personal and belongs to its owner, is a private legacy for humanity. We are born on and we live off what remains. Inheritance is like a relay; social, cultural,

generational. Each one of us leaves something: objects, words, concepts, images, knowledge, education, habits, ideals, beliefs, rituals, values. Everything offers a potential beginning for those who come after us. I am interested in discovering how each individual has found the courage to create their own personal way of living (of surviving). Their own poetry. I wish to understand how we all take part in the construction of a generational thought and how we pass on the values of our time. The Poetic Testament is a nonmaterial legacy of humanity for humanity; something for after, from which to begin.


? THE QUESTIONS WILL NOT BE PUBLISHED, THE ANSWERS... YES!

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4 questions from the questionnaire for a Poetic Testament posted directly to Elena Pugliese.

1st question: “(....)”

I’d really regret it if everything that I’ve worked on, put onto paper, and transformed into words, disappeared and wasn’t useful for anyone. I don’t trust technology, and I’m always afraid that everything will vanish from one moment to the next. I think about alternative methods of saving my work, and paper is still the thing that gives me the most peace of mind.

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2st question: “(....)” I’ve inherited a whole past. I just have this feeling. I was born and raised into an old-fashioned family, from the turn of the 20th century. A different world. It’s difficult to look towards the future when everything’s coming to an end. It’s like I lived in the past. I’ve inherited this baggage from a time all its own. This work, the Poetic Testament, was born when I realized that what I inherited weren’t ruins, but a foundation. I could start building from this, tap into it, start anew. So I’ve certainly inherited the values of the past. The past is an incredible resource, and I want its worth to not be lost. I seem to also have inherited a sense of rigor. I read somewhere, I can’t remember when, that “rigor is tough love”. It’s true. It’s the care and attention towards anything, it’s a form of love that you give to what you do, to what you listen to, to everything.

3st question: “(....)”

I’d like my persona to be combined with my vitality and positivity. I’m like this on the outside, but backstage it’s anything but. Anyway, I’d like my persona to give a sensation of “home”. Where you’re well. Home is extremely important for me.

4st question: “(....)”

I truly regret having to leave people, people on the street, encounters with people you might not even know, coming and going, crossings, meetings of chance. Everything is always an encounter. If it weren’t for others, we’d be in a desert. I’ll regret leaving behind people with all their stories, their thoughts, manias, and everything they try. I like people, it’s an eternal font of interest. I never pay my bills with my accounts, I always go to the post office myself, I like waiting in line, I like being places where things can happen. I like getting on trains, trams, and buses.

Wherever things happen, in everyone’s day to day, I never try to accelerate things, because anything could happen. They tell me I’m a woman from another time, since I don’t take advantage of technology. But I lose so many things by doing them quickly, and I don’t want to. I’m happy to let my thoughts go. Even the more severe, judgmental side of me. My B-side. I would be very, very very happy to let that side go.

www.elenapugliese.it 87


SILVIA

C A M P O R E S I

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ATLAS Io non visito le cittĂ , lascio che entrino dentro di me per osmosi. [Simone Weil]

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SILVIA CAMPORESI

ITALIAE by Gian Piero Pedretti e Sabrina Ravaglia

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Silvia Camporesi non è solo una delle maggiori fotografe contemporanee. E’ una donna con solide e significative basi culturali, laureata in Filosofia, attenta al mondo letterario e artistico da sempre. Ecco allora che dai suoi scatti, condotti con una progettualità ed una professionalità rara nel mondo attuale artistico, si sviluppa una sintassi iconografica che racchiude non solo il vedere ed il guardare, ma anche il sentire, attraverso la capacità di dare voce e anima a luoghi perduti nel tempo, non più abitati, abbandonati. Da questo abbandono Silvia raccoglie quell’energia vitale che sempre resta quando c’è stata vita, seppur nel tempo passato. Questo sentire che Silvia ci trasmette con la sua fotografia è ancora più forte perché vi domina una capacità cromatica e una composizione pittorica non comune e il sapere portare agli occhi delle persone, mondi arricchiti di quell’anima che è il nucleo vero di ogni cosa.


ATLAS ITALIAE

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>>>Atlas Italiae, 2 anni di lavoro. Un’indagine per immagini su paesi abbandonati, una ricerca socio antropologica attraverso presenze, o meglio assenze, emerse dalle rovine di un’Italia che sta scomparendo. Cosa ti ha portato a questo percorso di ricerca della “memoria”? _“Avevo in mente da tempo di fotografare i luoghi abbandonati dell’Italia, un argomento che mi sta molto a cuore, poi due anni fa si è presentata l’occasione: un gruppo di collezionisti che hanno creduto nel mio progetto e lo hanno finanziato. Nell’arco di due anni ho visitato tutte le regioni italiane, scovando paesi abbandonati, spesso dispersi in luoghi impervi, difficili da raggiungere. Luoghi incredibili, in cui ho trovato tracce di memoria delle persone che li hanno abitati e poi abbandonati.”

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>>>Gli abbandoni hanno genesi varie, a causa di eventi naturali come terremoti o alluvioni, ma anche spostamenti e migrazioni per colpa di scelte mal fatte, memorie scomode di politiche sbagliate. Il tuo lavoro di archeologia del presente, vuole essere anche una sorta di denuncia?

_“Nel mio lavoro non c’è traccia di denuncia, la mia unica intenzione era ritrarre questi luoghi in un momento della loro esistenza:

un momento estremamente fragile, perché i luoghi abbandonati vivono poco, tendono a sgretolarsi in fretta o in alcuni casi vengono ristrutturati e cambiano aspetto. Sicuramente viaggiando per l’Italia alla ricerca di questi paesi (ma anche di ex ospedali, ex manicomi etc) ho capito qualcosa di più della storia italiana, delle vicende politiche e di come il paesaggio è cambiato non solo in seguito a terremoti e alluvioni, ma anche a causa delle leggi, come la legge Basaglia che ha fatto chiudere i manicomi, edifici che oggi versano quasi tutti in stato di abbandono.


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ATLAS ITALIAE

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>>>La grafica di Leonardo Sonnoli traccia una mappa dei luoghi creando un effetto varicella che lascia emergere la nostra penisola. Una selezione “poetica” scandita da tonalità cromatiche morbide ed uniformi, con inquadrature impaginate dall’oggetto più vicino al più lontano fino al paesaggio. La cura del particolare identifica il tuo stile? Ce ne parli?

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SILVIACAMPORESI.IT

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_“Nella copertina del libro sono segnati con punti rossi tutti i luoghi che ho visitato e che si trovano nel libro. Della mappa dell’Italia rimane solo questo gioco schematico di punti, a dire il vero molto evocativo. Nel mio racconto ho cercato di diversificare le immagini, passando dai dettagli fino ad arrivare a raffigurare ampi paesaggi. Sonnoli ha codificato le 112 fotografie studiando un’impaginazione dinamica, scorrevole, avvicinando le immagini per soggetto.

Solo alla fine compare un indice che nomina i luoghi. Le fotografie dal vivo sono stampate in bianco e nero e colorate a mano, una scelta volta ad uniformare le diversità cromatiche dei paesaggi.” >>>Quale musica ci suggerisci di ascoltare mentre leggiamo la tua intervista? _“Senza dubbio.

ABANDONED CITY DI HAUSCHKA un album dedicato ai paesi abbandonati in varie parti del mondo.”

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I don’t visit cities, I let them get into me By osmosis [Simone Weil] Silvia Camporesi isn’t just one of the biggest contemporary photographers. She’s a woman with a significant cultural background, with a degree in Philosophy, and has always paid attention to the literary and artistic world. Therefore her photographs, made with a level of professionality that’s rare in the current artistic climate, have developed a degree of iconographic syntax that not only includes vision, but also feeling, giving voice and soul to long lost, uninhabited, and abandoned places. Silvia recaptures that vital spark that’s always there in places where life once was, even in the past. These feelings that Silvia gives us through her photography is even stronger due to her chromatic capacity, and her uncommon compositions. She knows how to lead people’s eyes towards rich worlds, where the true heart of everything lies.

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>>>Atlas Italiae, 2 years of work. An escape into abandoned countries, a socio-anthropological research into the presence, or absence, that arises from the ruins of an Italy that’s vanishing. What brought you upon this path in the search of “memory”? _“I had been thinking about photographing Italy’s abandoned spaces for a while, it’s a topic that’s very close to my heart. I had an opportunity two years ago; a group of collectors believed in my project, and they financed me. In just two years I visited every region of Italy, discovering abandoned lands, often scattered in unreachable places, hard to get to. Incredible places, where I found traces of memories, abandoned by the people who used to live there.” >>>There are different types of abandonment, some caused by natural events such as earthquakes and floods, and others caused by migrations, poor choices, uncomfortable memories, or bad politics. Is your archeology of the present a form of condemnation?

_“There’s no condemnation in my work, my only intention is to depict these places in one moment of their existence; an extremely fragile moment, since abandoned places don’t last very long, they tend to fall apart quickly, and sometimes they’re rebuilt or they change shape. One thing is sure, that while traveling Italy on the hunt for these places (even places such as ex hospitals, asylums, etc…) I came to understand something more about Italy’s history, about its politics, and how its landscape hasn’t only changed due to earthquakes and floods, but also because of laws, such as the Basaglia law that closed down the asylums. Nearly all of them are abandoned buildings, today.” >>>Leonardo Sonnoli’s graph shows us a map that seems like a pox upon our peninsula. A “poetic” selection pronounced by soft and uniform colours, with framing going from the closest objects until the farthest landscapes. Is your attention to detail an identifier of your style? Can you talk to us about it?


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_“On the cover of the book, the red dots are all the places I visited in the book. All that’s left of Italy’s map is this game of connect the dots, which is really evocative. I tried to diversify the imagery of my story, starting with details and ending up with landscapes. Sonnoli made sense out of the 112 photographs, creating a dynamic, easy to read study of them, while keeping the images close to their subject. Only at the end of the book is there an index that names all the places. The photographs were all printed in black and white and coloured in by hand, a choice made to give a sense of continuity to the landscapes’ differing colours. “ >>>What music do you suggest we listen to, while reading your interview? _Undoubtedly,

ABANDONED CITY BY HAUSCHKA an album dedicated to abando- ned places around the world.

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ATLAS ITALIAE


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PROJECTS A R T I S TS

animals © lynea 104


INTERESTING PROJECTS YOU DON’T MISS

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AI WEIWEI MOON WWW.MOONMOONMOONMOON.COM

JASON DECAIRES TAYLOR THE SILENT EVOLUTION lanzarote WWW.UNDERWATERSCULPTURE.COM

OSCAR MURILLO FREQUENCIES

www.frequenciesproject.net DADA ON TOUR INVENT THE FUTURE WITH ELEMENT OF THE PAST

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O S C A R MURILLO

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oscar murillo by Sabrina Ravaglia

frequencies

Ci siamo imbattute sul progetto “Frequencies” alla 56 ^Biennale di Venezia... una lunga serie di tavoli di rame, come quelli da sartoria, su cui venivano presentate da simpatici operatori le tele disegnate da bambini di tutto il mondo. Ho trovato questo progetto molto originale perché non si tratta dell’opera di un artista ma esclusivamente della sua idea. Indagando poi, ho scoperto che Murillo è stato il protagonista anche dell’allestimento del padiglione centrale sulla facciata dell’ingresso dei giardini della Biennale di Venezia con un’installazione di tele nere di plastica come bandiere minacciose dei nostri tempi oscuri e contraddittori. L’artista Oscar Murillo, in effetti, è uno dei più effervescenti giovani artisti del momento. E’ conosciuto per i suoi dipinti di grandi dimensioni e varia le sue prestazioni alternando scultura, installazioni, video e per questo viene definito come uno degli artisti più dinamici della sua generazione. I lavori e i progetti di Murillo sono stati oggetto di mostre personali presso istituzioni di primo piano in tutto il mondo.

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Le sue opere e le sue installazioni rievocano la cultura operaia e semplice delle sue origini; sono legate ad una nozione di comunità e dai legami interculturali tra Londra, dove attualmente vive e il sud del mondo. Con le sue provocazioni e le sue tinte forti è riuscito a portare la classe dei lavoratori, degli operai soprattutto, nel mondo raffinato delle gallerie e dell’alta società. Tutta la sua vita è stata segnata dal lavoro, dalla manipolazione fisica dei materiali. Queste esperienze hanno profondamente segnato la sua relazione alla pittura. Il suo focus è parlare di società divise dalle differenze sociali di classe e di status economico, di individui divisi da impostazioni predefinite. La sua ricerca è su come l’arte possa intervenire in queste realtà attraverso l’esplorazione delle stratificazioni interculturali. Per cui ogni occasione di realizzazione artistica è la possibilità di infiltrarsi in una classe sociale e far emergere la sua visione.

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Di forte impatto, è “Frequencies”, iniziato nel 2013 e ancora in corso, che ha coinvolto 58 scuole di 25 Paesi, 5.000 ragazzi tra 10 e 16 anni, invitandoli a coprire, per diversi mesi, i loro banchi di scuola con una tela e utilizzarla come un normale banco sul quale, da bravi giovani vandali imbrattano con scritte e disegni. Ai ragazzi non è stato dato un tema, dev’essere un processo di creazione spontanea, di libera espressione, comprese le “interferenze” come una macchia di succo di frutta. Il risultato sono centinaia di “pezze di stoffa” multicolori mostrate con cura da alcuni gentili addetti che permettono di “sfogliarle”, tenendole però nelle loro mani: un campionario di bizzarri disegni, tutto sommato simili nonostante le differenze tra culture e sistemi scolastici. Giochi di parole, nomi di video games, scritte su scritte in un groviglio spesso indecifrabile. Gli scarabocchi sui banchi, per i quali di solito gli studenti vengono rimproverati, diventano un’opera d’arte che verrà esposta in gallerie, da Londra a New York. Con le sue esplorazioni creative Murillo ci pone alcune fra le domande più pressanti della cultura contemporanea: come si definiscono le comunità e come può un singolo individuo - un artista contribuire a facilitare la comunicazione in una visione globale? Frequencies, realizzato in collaborazione con i membri della sua famiglia e con la scrittrice e politologa Clara Dublanc, comincia a offrire risposte a queste domande attraverso la pittura e il disegno giungendo alla creazione di lavori che documentano le esperienze sociali ed educative dei ragazzini di tutto il mondo, come un osservatorio tangibile sulle nuove generazioni. Il lavoro sarà documentato da una speciale edizione, progettata da David Zwirner Books. Il libro non solo raccoglie una grande quantità di materiale ora raccolto in archivio con oltre seicento pagine dettagliate, ma è essa stessa un’estensione del progetto, un catalogo in corso che traccia la creazione di opere d’arte come uno sforzo comune e globale. L’obiettivo è di produrre progetti di alta qualità attraverso la collaborazione dell’attivismo sociale-politico e l’industria creativa.

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www.frequenciesproject.net 113


oscar murillo

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We came across the “Frequencies” project at the 56th Biennale di Venezia... a long series of copper tables, like in a tailor’s shop, where friendly workers presented paintings made by children from around the world. I found this project to be very original, because it’s not the work of an artist, but it’s exclusively his idea. Upon further investigation, I discovered that Murillo was responsible for the exhibition in the main pavilion; the facade that looks upon the entrance to the Biennale’s gardens, an installation of black plastic, like threatening flags that define our dark and contradictory times. 114


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Oscar Murillo is, really, one of the most effervescent young artists today. He’s known for his large scale paintings, and provides alternating variations of sculptures, installations, and videos, thus earning his reputation as one of the most dynamic artists of his generation. Murillo’s works of art and projects have been presented in personal exhibitions at prestigious institutions around the world. However, Murillo is bothered by the perception that his art has been changed by the success of his paintings. He needs to experiment, as his art has never been about the price. Once, he even interrupted his relations with a prestigious gallery because they didn’t recognize his need for freedom and the necessity to create works of art that weren’t paintings. His art and installations evoke the simple, working man’s culture of his origins, the nostalgia of his homeland. They’re linked to a notion of community, and the intercultural relations between London, where he currently resides, and the south of the world. His provocatively strong hues have managed to bring the working class into the refined world of art galleries and high society. His entire life has been changed by work, the physical manipulation of matter. These experiences have profoundly influenced his relationship with painting. His focus is on societies divided by class and economic status, and individuals divided by predefined impositions. The artistic pursuit is on how art can intervene in these realities by exploring intercultural stratification. Therefore, every occasion for artistic realization becomes the possibility to infiltrate a social class and allow his vision to emerge. 116


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“Frequencies” began in 2013 and is still going on, its strong impact involving 100 schools from 50 countries, and 5.000 children between the ages of 10 and 16. They were invited to cover their school desks with a cover over the course of a few months, upon which the good young vandals drew all manner of writings and images. The children were not given a theme, it had to be a process of spontaneous creation, of free expression, including all the “interferences” such as stains from a juice box. The result is hundreds of multicolored “pieces of cloth” carefully put in exhibition by kind professionals that allow you to “browse”, as they hold them up: a selection of bizarre designs, quite similar to one another yet accounting for cultural and scholastic differences. Plays on words, names of videogames, writing upon writing in indecipherable gibberish. These scribbles on their desks, which normally get students in trouble, become a work of art that Oscar Murillo will weave into a grand collective work that will be shown in galleries from London to New York. Murillo, through his creative explorations, presents some of the most interesting questions of contemporary culture: how do we define a community, and how can a single individual – and artist – contribute to facilitating communication on a global scale? Frequencies, created in collaboration with members of his own family and the writer and political scientist Clara Dublanc, begins to give answers to this question through drawings and paintings, arriving at the creation of works of art that document the social and educational experiences of kids from around the world, as a tangible observatory looking upon the new generations. This work will be documented in a special edition, made by David Zwirner Books. This book will not only collect the large quantity of gathered material in an archive of over 600 detailed pages, but will also be an extension of the project, a catalogue that will track the creation of this work of art as a local and global effort. The goal is to create high quality projects through the collaboration of social-political activism and creative industry.

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R Fragment… of ice

The “flower” is the plant world and I was part of that world. Humans fight, move, decide, I could no longer… the only thing I could do was… … TO DREAM My life was the recollection of life, the repressed image of wanting to bein the world, being in communion with other creatures. But the only creatures were those that I created myself. Everything was blurred, but the feelings, those were so true… I was the spectre of the stage, would decide the fate of the characters, I had those characters… Sometimes I heard voices, did not say hardly anything that attracted my attention, they could not, I could not… I lost my time, in that world of mine there was no time… My senses were so many, but hardly anyone was tangible, I do not remember anyone… The colors were various… No one could understand what it means to dream for years… People dream at night, sometimes, often… but it is not so important, because there is day, that with its light erases all the darkest nightmares from their mind, anxieties are forgotten, controlled. But I could not, I lived for some time in dreams… right to the moment that I created a parallel world, my dimension of freedom… A well, a horrible black hole which kidnapped me forever from the earth, and for the wish of whom? I adapted my sight to the darkness… I could only wait… the daylight would come… Giuditta R

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GIUDITTA R

berlin

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Š Giuditta R - Kleptomaniacs

What would you suggest listening to in order to enjoy your interview? SOUNDTRACK: Rhythm & Sound w/ The Chosen Brothers - Mash Down Babylon

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“Fram m en t o … di g h i acc i o ” LA “FLORA” È IL MONDO VEGETALE ED IO FACEVO PARTE DI QUEL MONDO. GLI UOMINI COMBATTONO, SI MUOVONO, DECIDONO, IO NON POTEVO PIÙ… ORMAI MI RESTAVA UNA SOLA COSA… … SOGNARE LA MIA VITA ERA IL RICORDO DELLA VITA, L’IMMAGINE REPRESSA DEL VOLER ESSERE AL MONDO, DELL’ESSERE IN COMUNIONE CON ALTRE CREATURE. MA LE UNICHE CREATURE ERANO QUELLE CHE CREAVO IO STESSA. TUTTO ERA SFUMATO, MA LE SENSAZIONI ERANO COSÌ VERE… ERO LO SPETTRO DEL PALCOSCENICO, DECIDEVO LE SORTI DEI PERSONAGGI, IO ERO QUEI PERSONAGGI… A VOLTE SENTIVO DELLE VOCI FUORI CAMPO, NON DICEVANO QUASI MAI NULLA CHE ATTRAESSE LA MIA ATTENZIONE, NON POTEVANO, NON POTEVO… AVEVO PERSO IL TEMPO, IN QUEL MIO MONDO NON ESISTEVA TEMPO… I MIEI SENSI ERANO TANTI, MA QUASI NESSUNO ERA TANGIBILE, NON ME NE RICORDAVO NESSUNO… I COLORI ERANO SVARIATI… NESSUNO POTREBBE CAPIRE COSA SIGNIFICA SOGNARE PER ANNI…

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LA GENTE SOGNA LA NOTTE, A VOLTE, SPESSO… MA NON È POI COSÌ IMPORTANTE, PERCHÉ C’È IL GIORNO CHE CON LA SUA LUCE CANCELLA TUTTI GLI INCUBI PIÙ OSCURI DELLA LORO MENTE, LE ANGOSCE SI SCORDANO, SI CONTROLLANO. MA IO NON POTEVO, IO VIVEVO DA TEMPO NEI SOGNI… FINO AL MOMENTO IN CUI HO CREATO UN MONDO PARALLELO, LA MIA DIMENSIONE DI LIBERTÀ…

© Giuditta R / You could not be in better hands than ours II

UN POZZO, UN ORRIBILE BUCO NERO CHE MI HA RUBATO PER SEMPRE DALLA TERRA, E PER IL VOLERE DI CHI?

Drops of Madness III

HO ADATTATO LA MIA VISTA AL BUIO… NON MI RESTAVA CHE ASPETTARE… LA LUCE DEL GIORNO SAREBBE ARRIVATA…

Liars II

Giuditta R

Secret garden

Brothers III Brothers IV

Drops of Madness IX imprisoned Butterflies III


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Š Giuditta R - Shame IV - cm50x35 - pencils and mixed on cardboard

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“GIOIELLI” É dalle tenebre e dal caos più oscuro e senza nome, che il Divino, l’immenso e la luce scorreranno… Piccoli particolari risplendono nell’ oscurità, gioielli luminosi, amuleti portafortuna indicano la speranza in un futuro di consapevolezza. Tali gioielli luminosi simboleggiano gli occhi della conoscenza…e danno luce all’oscurità.

giuditta R Creo la maggior parte dei miei lavori in bianco nero (matite-supporto). Solo pochi particolari sono sottolineati, in ogni lavoro, da evidenti e colorati glitters, paillettes lucidi e piccoli oggetti, che emergono drasticamente o con difficoltà, da ogni rappresentazione. Una certa forza romantica e drammatica emerge dai miei lavori, ma i dettagli colorati spezzano il tratteggio della grafite ed il freddo bianco e nero. Essi sdrammatizzano le scene, riportandole al contemporaneo, così come al mondo dei sogni, del virtuale e del fantastico...

“JEWELS” It is from darkness, dark and nameless chaos that the Divine, immense, blessed light will flow… Small details shine in the obscurity, bright jewels. Hamlets, lucky charms, indicate hope for a future of consciousness, These bright jewels symbolize the eyes of knowledge…and give light to the darkness.

I create most of my artworks in black white (pencils-support). Only a few particulars are underlined, in each artwork, by evident and colored glitters, shiny paillettes and small objects, which emerge drastically or with difficulty from each representation. A certain romantic and dramatic strength emerges from my works, but the colored details break the hatch of the graphite and the cold black and white. They play down the scenes, returning them to contemporary, as well as the dream, the virtual and the fantastic world...

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Š Giuditta R - Drops of Madness XI (identifications) private collection


www.giuditta-r.com

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KEISUKE HIROSE

KEISUKE HIROSE STYLIST (JAPAN)

INSPIRED BY THE WORKS OF GIUDITTA R

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photo by Otome Kaita

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photo by Otome Kaita 128


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art meets fashion 129


Un capitolo perduto, la sinapsi di un racconto mai ritrovato, un passaggio

APPRODI

mancante e che spunta quanto meno te lo aspetti in una lettura distratta. Così ho incontrato un angolo di mondo fatto di frammenti e tracce fossili, spuntato in una notte e ... forse il giorno dopo dissolto nel proprio mondo. Il contemporaneo non è così ricco di sfumature e

_ LARA VITALI

tratteggi delicati, la forza delle immagini e la pesantezza del virtuale, non lasciano spazi alla rievocazione leggera e malinconica, che forse serve a farci leggeri nei nostri pensieri e nelle fughe del reale. Il plex, le piccole teche spostate di spessori alieni, che nonostante la trasparenza proteggono ciò che non si può racchiudere, i legni che hanno lo stesso dna originale della carta, polpa, pasta levigata e liscia, rugosa ma tattile dove la traccia del carbone ritrova forma e ombra originarie. Una scoperta il lavoro di Mauro Pipani, una nicchia di pensieri e nuvole bianco grigie che mi hanno veramente fatto rallentare nel tempo in un mantra leggero.

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LAZMAG _qual’è l’origine di questa ricerca, da dove parte questo lavoro meticoloso e rarefatto?

Il primo giorno che arrivai in accademia a Bologna, giovanissimo, in via di Belle Arti davanti al portone di entrata, trovai un accatastamento dei tradizionali cavalletti da pittore e l’accademia stessa occupata politicamente dal collettivo studentesco, la pittura era morta si diceva … , erano momenti di forti tensioni politiche culturali che stavano attraversando l’Europa e noi stessi, ed io in particolare arrivato dalla provincia, dal torpore della costa adriatica pensai che quello che allora era la mia pulsione creativa era desueta, ma mi ci volle poco per capire che quella frattura ideologica era la fucina, l’opificio, di una generazione di giovani artisti in formazione nelle infinite strade che l’arte contemporanea in quegli anni segnava e disfaceva per ripartire con accelerazione contaminate da tutte le nuove avanguardie artistiche. Tuttavia allora non potevo sapere se questo mestiere era veramente quello che volevo seguire, lo capii molto più avanti quando cominciai a conoscere le mie capacità attraverso le strade dell’arte; un mondo in cui mi trovai subito a mio agio, sia che si trattasse di pittura, progettazione musica e poesia. Mi rivedo ragazzetto nello studio in via Margutta a Roma del grande Alfonso Gatto, dove seduto sul suo divano gli mostravo una cartella di disegni accademici per avere un suo parere, cito il grande poeta perché con la poesia allora avevo un legame molto forte, e questo lo dico perché nella maturità artistica questo sentire poetico si è legato in modo simbiotico con il mio lavoro attuale. Dopo

_l’atto creativo può essere dettato da bisogno di ordine, in una biblioteca di babele di segni e appunti, oppure la natura stessa che si affida a pietre miliari per ricordarsi una strada, un passaggio, un segno vitale?

varie esperienze con una pittura informale, forte, materica, grumosa ed ipercolorata (con lo sguardo rivolto all’espressionismo tedesco) mi arenai in secca, percependo che la mia struttura interiore non era allineata con il fare di allora, e la pausa riflessiva tanto temuta servì a ripulire ogni sorta di orpello descrittivo. I materiali furono scelti per trasparenza e leggerezza, i pigmenti ridotti ai bianchi e per pennello una matita, il tutto fu portato alla “povertà assoluta” per ripartire, il dopo è ancora “fuoco” dentro me.

Non mi pongo questo problema. Il mio atto creativo nasce dall’ascolto del mio inconscio che nella maturità è diventato sempre più consapevole, non è un lavoro premeditato, non eseguo bozzetti preparatori, ma mi affascina il divenire dell’opera, quello che succederà nel suo svolgimento. La mia attenzione, la sapienza intellettuale ed artistica fanno si che antiche memorie, non in senso nostalgico, ma della conoscenza del proprio vissuto sfocino poi sul foglio, sulla pagina, sulle garze di vario spessore che sono i miei materiali per eccellenza. Questa visione interna ed esterna, questo continuo lavoro su se stessi non può rappresentare una realtà oggettiva, ma il viaggio di quello che è la visione rarefatta del mio sogno, quindi ecco una forte repulsione del colore della materia e una propensione ai bianchi ai grigi con accenni cromatici salinizzati, delavati con l’inserimento della scrittura non fine a se stessa, che racconta di luoghi antichi, ricordati, visti in velocità dal finestrino di un vecchio treno o di una giostra di paese passato alla “modernità”, di pioppi sfocati al vento di mare. Una scrittura che s’inserisce nella pittura e diventa emozione o esclamazione di un momento incantato, eludendo un tecnicismo accademico. 131


“Il processo creativo è un cocktail d’istinto, abilità, cultura e inventiva febbrile. Non è come una droga; è quel particolare stato in cui tutto accade velocemente, un miscuglio di coscienza e incoscienza, di paura e piacere; è un po’ come amare, l’atto fisico dell’amare.” Francis Bacon

_Renato Barilli in una presentazione a lei dedicata recita: “… una poesia “simbiotica”, volta a sfruttare la coesistenza di tante impronte, umane e naturali, sulla medesima superficie, chiamata ad arricchirsi senza fine di questi sottili nutrimenti, pur sempre mantenendo il carattere leggero e “portatile” del foglio, magari anche pronto a ritrovare la serialità del codice, del volume. Ebbene, ho sentito la necessità di rievocare questo ampio quadro di riferimenti dato che l’arte di Mauro Pipani vi si colloca per intero, egli ne è un prezioso, convinto, tenace continuatore, riuscendo a totalizzare in ogni sua opera una simile variegata costellazione di interventi, intelligentemente sospesi tra il fisico e il mentale. …”*

È una riflessione importante, dove nel passaggio che cita grandi maestri come Novelli e le teorie di Roberto Sanesi e da Ugo Carrega, la pongono come erede naturale della forma di contaminazione tra forma e parola rarefatta Come si rapporta con la figura del critico, riesce a trovare uno scambio intellettuale e un motivo di crescita artistica?

L’incontro con Renato Barilli, è stato importantissimo perché mi ha collocato all’interno della storia dell’Arte contemporanea, riconoscendo al mio percorso artistico un’identità pittorica non legata alla poesia visiva. La figura del critico è di notevole importanza per l’artista, perché quando riesce a leggere il tuo mondo, rivelandolo anche a te stesso, può contribuire ad una crescita artistica, in un riconoscersi nello scambio intellettuale. Lo stesso è accaduto nell’incontro con altri critici del panorama artistico italiano, determinanti per la crescita del mio lavoro come Annamaria Bernucci con il suo testo ARBOREA* dell’omonima mostra. Padrona di una rara sensibilità artistica, come un artista che realizza opere con le parole, alleata a una notevole preparazione intellettuale ha esaltato la sinergia che si crea fra Artista ed il proprio Curatore, grazie all’unicità del suo sentire. Altre figure importanti nel mio percorso: Marisa Zattini che proprio per quelle affinità culturali che diventano ancora più forti quando si condividono i luoghi del proprio vissuto, ha il merito di avere creduto al mio lavoro sin dall’inizio proponendomi con la sua professionalità al vasto pubblico, Sabina Ghinassi che conoscendomi dai tempi dei miei esordi ha saputo con la sua espressione poetica, parlare del mio lavoro come fosse un racconto, una favola che corre su un binario, citando la bellissima presentazione sul catalogo dal titolo Binario (1) e alla mostra “Confini” di Ravenna. Marco Meneguzzo che già nel 1998 nel catalogo “Acque di superficie” analizza la mia texture in modo talmente analitico che ancora oggi lo rileggo spessissimo, per ritrovarmi e rinnovarmi. * Catalogo ERBOREA - Edizioni Guaraldi luglio 2015

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_Dominio del bianco, del trasparente, lucido e traslucido, in una natura lattiginosa, smussata e tattile. Ma anche la progettazione di elementi seriali, di teche ordinate e spazi ortogonali. Un forte legame al design e allo spazio architettonico, posso intuire che questa non sia una semplice istallazione, ma una ricerca che sottolinea quella più gestuale.

Per quanto riguarda la progettazione di elementi seriali ortogonali, probabilmente lei si riferisce ad un progetto lavorativo di cui mi sto occupando in questo periodo, del quale è prematuro parlarne ma che ho voluto “testare” portandone in una recente esposizione una piccola parte. Si tratta di un “data base” della nostra memoria terrestre prossima a scomparire, (“nulla resterà nel luogo in cui è ora, il tempo tutto abbatterà e trascinerà con sé ”Seneca). Un lavoro molto prezioso e complesso che ad aprile 2016 dovrebbe trovare il suo compimento con un’importante esposizione dove disegno pittura ed installazione trovano una sinergia “architettonica”, per poi a fine esposizione ripartire per Milano per una mia personale in fase di prossima programmazione. Rispondendo al perché dei bianchi lattiginosi, le dico che le cromie in generale per ogni singolo artista sono soggettive, legate alle proprie esperienze e scelte. Nel mio caso appartengono come già descritto, al mio mondo interiore che rappresento come un sogno nebuloso fra luci, parole frammentate allusioni, luminescenze opacizzate da nebbie invernali, e per usare le parole della Bernucci: “Come accade nella nebbia d’inverno sulle spiagge di quella piccola patria romagnola che Pipani non dimentica e che anzi ama evocare nel riannodare quelle radici marinare e quell’umile professare di mestieri che sono appartenuti alle sue radici”* _Prendo spunto da philippe Daverio “L’ossessività va trovata nel percorso creativo, nella produzione, ma anche qui non bisogna farsi trarre in inganno: è positiva solo se è un demone, una sorta di coscienza morale che si rivela progressivamente come forma di delirio e di ispirazione..” Sente nel suo lavoro una forma

di ripetizione progressiva, punteggiata da variabili e contrappunti, ma in continuo divenire?

La composizione seriale di cicli espressivi, fa parte del divenire del mio lavoro. Vedi le serialità delle formelle liquide vegetali dove un fiore come simbolo della speranza dell’affermazione delle uguaglianze fra gli uomini, si ripete, con scarti mini ed ossessivi, all’infinito. Sembrano uguali ma tutti rigorosamente diversi per piccoli sfasamenti temporali. Uso dei materiali per analogia, o per differenza, una pagina sottile accostata e sovrapposta a un foglio trasparente o ad una carta ruvida e spessa così come accosto le lastre offset ai tessuti sgualciti. Attraverso questo lenta progressione io trovo le modalità per scoprire nuovi territori e per proseguire il mio fare, rinnovarlo con scarti minimi se vuoi ossessivi ma, questo lento susseguirsi e rincorrersi è vitale per la ricerca dell’artista. Le mode nell’arte passano, la seria ricerca rimane, può essere condivisa e non, ma rimane; ed alla fine di tutto ho scelto questo mestiere perché era già una necessità prima tanti anni fa, ed ora è la mia vita. 133


APPRODI _What’s the origin of this research, where does this subtle and meticulous work come from?

The first day that I arrived at the academy in Bologna, I was so young, in Via di Belle Arti in front of the main entrance, I found pile of pickets, and the academy itself was being politically occupied by the student body, saying that painting was dead… there were moments of strong political and cultural tension that were going through Europe and ourselves, and myself in particular, having come from a small town, from the torpor of the Adriatic coast I thought that my current creative impulses had become obsolete. It didn’t take long for me, though, to realize that this ideological fracture was a foundry, a factory, for a series of generations of young developing artists on the infinite paths marked in those years by contemporary art. It unmade concepts and quickly began again, contaminated by the all the new artistic avant-gardes. Nevertheless, I couldn’t have known then if this profession was what I really wanted to do. I only understood much later on when I started to know my own capabilities through the paths of art; a world in which I was immediately at ease, whether it was painting, musical composure, or poetry. I can still see myself as a young lad in Alfonso Gatto’s studio on via Margutta a Roma, where I sat on the couch and showed him a collection of academic drawings, 134

A lost chapter, the synapse of an unfound story, a missing passage that appears when you least expect it in a distracted letter. That’s how I met a corner of the world made out of fragments and fossils, which appeared in the night and… the day later, perhaps it dissolved into its own world. Current times are not as rich in shades and delicate outlines. The strength of images and their virtual heaviness don’t give space to light melancholic memories, which perhaps lighten our thoughts and our escapes from reality. The plex, the small showcases of alien thickness, which despite its transparency protects that which cannot be contained. Wood that has the same original DNA as paper, pulp, sanded smoothness, rough yet tactile where the sketches of carbon find form and original shadows. Mauro Pipani’s work is a discovery, a niche of thoughts and grey-white clouds that truly made me slow down time in a simple mantra.


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wanting to know his opinion. I mention the great poet since I’ve always had a strong connection with poetry, and I say this because in my artistic maturity this poetic feeling has become symbiotically linked to my current work. After various experiences with informal painting, strong, material, clumpy and hyper colored (with my thoughts towards German expressionism) I got stuck in a rut. I could perceive that my interior structure wasn’t aligned with the goings on of the times, and my dreaded reflective pause was useful in cleaning up any sort of descriptive frill. I started choosing my materials based on transparency and lightness, the pigments were only whites and I traded my paintbrush for a pencil, everything was taken to “absolute poverty” to start over, and what came after is still a “fire” inside me. “The creative process is a cocktail of instinct, skill culture and a highly creative feverishness. It is not like a drug; it is a particular state when everything happens very quickly, a mixture of consciousness and unconsciousness, of fear and pleasure; it’s a little like making love, the physical act of love” Francis Bacon

_The act of creation can be dictated by the need for order, in a Babel’s Library of notes and sketches, or is it nature itself that trusts itself to milestones to record a path, a passage, or a sign of life?

I don’t have this problem. My creative process is born from listening to my subconscious, which, in my maturity, has become always more aware. It’s not a premediated work, I don’t follow rough drafts, but I’m fascinated by art as it takes shape, what happens as it continues. My attention, my intellectual and artistic awareness make it so that old memories, not in the nostalgic sense, but of consciousness of what has been lived flow then onto the paper, the page, and the different sorts of gauze that are my best materials. This continual external and internal vision, this continual work upon oneself, cannot represent an objective reality, but only the journey of the subtle visions of my dreams. That’s where the strong repulsion for material colors comes from, and thus my propensity for whites and greys with hints of salinized color, drenched with the insertion of writing with no self-contained meaning. They tells stories of ancient places, remembered, seen fleetingly through the window of an old train, or a country fair gone that has been “modernized”, blurry poplars on the sea breeze, writing that works its way into the painting and becomes an emotion or exclamation of an enchanting moment, eluding any academic technicalities. 135


_Renato Barilli said, in a presentation held in your honor: “… a “symbiotic” poetry, made to take advantage of the coexistence of many tracks, both human and natural, upon the same surface. Called to endlessly enrich itself with these thin nutrients, while always keeping the “portable” and light characteristics of paper, while perhaps even rediscovering the repetition of volume codes. Thus, I felt the need to evoke these large amount of references given that Mauro Pipani’s art is placed entirely within it. He’s a precious example, convinced, a tenacious force, able to gather in every one of his works a similar multifaceted constellation of participations, intelligently held between the physical and the mental realms…”*

It’s an important reflection, whereupon he quotes great master such as Novelli, and the theories of Roberto Sanesi and Ugo Carrega, placing you as a natural inheritor of this kind of contamination between shape and subtle word. What’s your relationship with figure of the critic? Are you able to find an intellectual exchange and a reason for artistic growth?

My encounter with Renato Barilli was very important because it put me right into contemporary Art History, and recognized my artistic path as pictorial identity not linked to visual poetry. Critics are of noticeable importance to artists. When somebody can read into your world, and reveal it to yourself as well, he can contribute to your artistic growth, acknowledging intellectual exchange. The same has happened when I met other critics native to the Italian artistic landscape, which were defining for my profession’s advancement, such as Annamaria Bernucci with her ARBOREA* text, belonging to the exhibit of the same name. She’s the master of a rare artistic sensibility, an artist who creates works out of words, allied with a considerable level of intellectual preparation which exalts the synergy that’s established between the Arist and his Curator, thanks to the unique nature of her perception. Other important figures on my path have been: Marisa Zattini, for her cultural affinities that become even stronger as we share the places we’ve lived, has the merit of believing in my work since the beginning, and professionally presented me to a wide audience. Sabina Ghinassi, who has known me since the beginning, and has been able to poetically express my work as if it were a story, a fairytale on a railroad, quoting the beautiful presentation of the Binario(1) catalogue at the “Confini” exhibit in Ravenna. Marco Meneguzzo, who already in 1998 in the “Acque di superficie” catalogue, analyzed my texture so well that even today I still read it often, to find and renew myself. * Catalogo – Guaraldi edition 2015

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_The domain of white, transparency, lucidity and translucency, within a soft, milky, tactile nature. This, alongside the projects of serial elements, of coordinated showcases and angular spaces. A strong bond with the design of architectural spaces, a research that underlines the gestural.

Regarding my serial angular projects, you’re most likely referring to the project I’m currently working on, and it’s premature to speak about it. Nevertheless, I wanted to “test” it by bringing a small part of it to the exhibition. It’s a “data base” of our earthly memory that shall soon vanish (“nothing will remain where it is now, time will demolish and drag everything down with it” Seneca). It’s a very precious and complex work which should be completed in April of 2016, with an important exposition where design, painting, and installation find an “architectural” synergy. Then, at the end of the exposition, it will leave for Milan for a personal phase that has yet to be determined. Answering your question about the milky whites, I’ll say that in general chroma are subjective for every single artist, they’re tied to our own experiences and choices. My case has already been described, the interior world that I represent as a nebulous dream amongst lights, fragmented words, allusions, the opaque luminescence of winter fog. To use Bernucci’s words: “It happens as the winter fog on the shores of that small Romagnolo town which Pipani doesn’t forget. On the contrary, he loves to evoke it in the weaving of those seafaring roots, and that humble professor of professions that belong to his roots.”*

_Taking inspiration from P. Daverio “Obsession is found in the creative process, in production, but even here one must not be fooled; it’s only positive if it’s a demon, a sort of moral conscience that progressively reveals itself to be a form of delirium and inspiration.”

Do you feel your work to be a series of progressive repetitions, dotted with variables and counterpoints, yet in constant flux?

The serial composition of expressive cycles is part of the flux of my work. Look at the series of liquid vegetable forms, where a flower becomes a symbol of hope and the affirmation of equality among men becomes repeated, with miniature and obsessive editing, infinitely. They look the same, but they’re all rigorously different due to small temporal phase shifts. The use of materials as analogy, either via the subtle difference of a page accosted or overlapped by a transparent page, or by rough and thick paper, as I complement offset sheets with creased cloth. Through this slow progression I find the way to discover new territory, and continue my renewal with minimal obsessive discards. Yet, this slow succession is vital for an artist’s research into the currents of art, which go out of style. Serious research can be shared or not, but it remains; in the end, I chose this profession because it was already necessary so many years ago, and now it’s my life. 137


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LAZMAG

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© GIUDITTA R- OUR FAMILY SECRET II

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