Decarta Natale 2017

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L A PA R T E D I C A R TA D E L A F U N E - C O N T I N U A A L E G G E R E S U L A F U N E . E U



sommario 4 editoriale

26 cocktails

Il nostro augurio di vivere al meglio

Mixology: ritorno alle origini

Roberto Pomi

Manuel Gabrielli

6 turismo “Non mi aspettavo fosse così bella”

caffeina 28

Roberto Pomi

itinerari 10 A tutta Tuscia, Viterbo 11

Tutta la magia del Natale nel cuore di Viterbo, ecco il Caffeina Christmas Village 32 “Per 45 giorni trasformiamo Viterbo in un mondo da sogno”

La selva delle meraviglie DECARTA Mensile di informazione non convenzionale Numero 28 – Dicembre 2017 Distribuzione gratuita Direttore responsabile Maria Ida Augeri Direttore editoriale Manuel Gabrielli

12 Bolsena, Civita di Bagnoregio e la Gerusalemme d’Europa 13 Dal mare alla Tuscia

Contributi di Simone Carletti, Roberto Pomi www.lafune.eu Michela Di Pietro, Flavia Ludovisi, Cristina Pomi, Daniele Zinghinì, Carlo Zucchetti Cciaa Viterbo, Slow Food Viterbo e Tuscia Design Massimo Giacci Editore Lavalliere Società Cooperativa Via Monti Cimini, 35 - 01100 VITERBO Tel. 340 7795232 Partita Iva 02115210565 info@lavalliere.it Iscrizione al ROC Numero 23546 del 24/05/2013 Stampa Union Printing SpA I contributi, redazionali o fotografici, salvo diversi accordi scritti, devono intendersi a titolo gratuito. Chiuso in tipografia il 24/11/2017 www.decarta.it

Flavia Ludovisi

36 idee regalo

Michela Di Pietro

16 Cciaa Viterbo Qualità nella tipicità: il marchio Tuscia Viterbese è servito 18 Slow Food A Natale mangia local per regalarti un clima migliore 20 in tavola Il Natale con Lucia Celestini, tra tradizione e innovazione Simone Carletti

22 bere bene La Tuscia, una terra in fermento Carlo Zucchetti

24 dolci coccole

38 viaggi di nozze Viaggio al Polo Nord, due viterbesi sulle orme di Babbo Natale Cristina Pomi - Daniele Zinghinì

40 storia dell’anno Un segno di speranza per i malati oncologici 42 la fune Persona dell’anno 2017 presepi viventi 44 Civita di Bagnoregio 45 Corchiano

Casantini, generazioni dolciarie Manuel Gabrielli

25 mise en place Anche la tavola ha il suo stile Manuel Gabrielli

DECARTA NATALE 2017

Che fai a Capodanno? Ma soprattutto: che ti metti?

Tutorial: come sopravvivere ai regali di Natale

Redazione web e photo editor Sabrina Manfredi Responsabile commerciale Dr. Enrico Lentini - 333 4820805

34 dress code

46 curiosità La vera storia della Bella e la Bestia si è svolta sul lago di Bolsena

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natale a viterbo editoriale

Il nostro augurio di vivere al meglio Roberto Pomi

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a dicembre a gennaio tante le vie da attraversare, le botteghe di cui oltrepassare la soglia, i panorami mozzafiato da cui farsi ammaliare e i sapori, gli odori, i gesti della tradizione e gli usi più moderni da vivere. Tutto, o comunque la parte migliore di quello che il territorio della Tuscia ha da offrire, in un giornale. La Fune e Decarta continuano la loro sinergia per offrirti questo regalo unico che hai tra le mani. Una bussola per indicarti le migliori strade, i migliori acquisti, i modi più affascinanti, curiosi e interessanti per trascorrere il tuo tempo. Dopo i successi di Aspettando Santa Rosa abbiamo sentito la necessità di offrire un prodotto valido, capace di costituire una vera e propria guida, anche nel lungo periodo delle feste natalizie. Tanti gli ingredienti che siamo andati a mettere in gioco e francamente la nostra redazione si è anche divertita a scegliere, selezionare, costruire e filtrare fino ad ar-

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rivare al prodotto finito che state per scoprire. Questo giornale rappresenta uno strumento di accoglienza nel Viterbese di quanti hanno deciso di venirci da turisti. Grazie a una serie di accordi, infatti, diverse copie sono in bella vista all’interno di camere d’albergo, B&B, case vacanza. Da qui l’idea di inserire una mappa capace di raccontare i gioielli della Tuscia: da Civita di Bagnoregio ai Mostri di Bomarzo, passando per tanti altri luoghi di assoluto fascino. Inoltre un’accurata sezione di itinerari racconta l’intera provincia, dividendola in quattro aree: il capoluogo, la zona del lago di Bolsena, il litorale e i Monti Cimini. A introdurre il tutto un’interessante intervista alla guida turistica Daniela Stampatori, già al fianco del gruppo Funamboli nel progetto crossmediale A Tutta Tuscia, che ha coinvolto il quotidiano online La Fune (www.lafune.eu) e l’unica emittente locale Radio Verde.

Progetto di valore che è stato premiato da un importante riconoscimento della Camera di commercio di Viterbo. Con Daniela Stampatori si coglie l’occasione per fare il punto sulle caratteristiche del turismo, che sta crescendo nel Viterbese, e la stessa fornisce alcune chicche da non perdere. L’approfondimento sul territorio e le sue ricchezze ed eccellenze è stato pensato non esclusivamente per chi viene da fuori, ma anche per i residenti in questa provincia. Ponendosi l’importante obiettivo di stimolare una sorta di turismo interno, a chilometro zero potremmo dire. Importante per far crescere la consapevolezza delle bellezze locali tra i cittadini e al tempo stesso per fornire occasioni di divertimento e svago. Una sezione della rivista non poteva che essere dedicata al Christmas Village di Caffeina. Spazio magico, pieno di luci, eventi e movimento, dedicato soprattutto ai più piccoli. Ve lo raccontiamo nel detDECARTA NATALE 2017


foto © David Manuel Gabrielli - Nei tondi: © Sabrina Manfredi

taglio, così da mettervi nelle condizioni di godere al meglio dell’esperienza. Grande attenzione anche ai Presepi Viventi, altra attrazione in questo periodo dell’anno. Vi raccontiamo i maggiori, nella speranza di riuscire a cogliere, con le parole, emozioni e sensazioni che per vivere davvero occorre recarsi sul posto e sperimentare in prima persona.

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atale, Capodanno, l’Epifania sono importanti appuntamenti anche sotto il profilo degli acquisti. Per questo abbiamo pensato a delle sezioni tematiche per mettere in evidenza consigli per i regali da fare. Abbiamo chiesto di occuparsene alla brava Michela Di Pietro, da anni nella squadra di Funamboli e da qualche tempo firma de La Fune. In questi giorni di festa diventa importante anche il dress code, ossia “il come vestirsi”. A sviluppare questa delicata sezione ci ha pensato per noi l’amica giornalista Flavia Ludovisi che, potete DECARTA NATALE 2017

giurarci, in queste cose non ne sbaglia una. Spazio alla tavola, ai sapori, al buon bere. Per la sezione prodotti tipici, tavola e buon bere, abbiamo ricevuto i contributi di Cciaa di Viterbo, Slow Food Viterbo e Tuscia, Carlo Zucchetti. Abbiamo intervistato poi Luigi Maria Buzzi e Emanuele Fioretti del Richiastro, il pasticciere Virginio Casantini, la massaia viterbese Lucia Celestini e il barman Manfredi Samperi. Per amalgamare il tutto ci abbiamo messo un po’ di magia. Ci siamo fatti raccontare da Daniele Zinghinì e Cristina Pomi come è fatta la vera casa di Babbo Natale. Proprio lei, quella che sta al Polo Nord. Hanno scelto di andarci in Moto Guzzi, per il loro viaggio di nozze questa estate. Ci hanno fatto dono delle foto scattate a renne, letterine e tanto altro. Non perdetevi questa storia. Abbiamo deciso di riproporre un grande classico che i lettori de La Fune conosceranno già: la storia della Bella e la Bestia. Sapete che si è svolta sul lago di

Bolsena? Esattamente a Capodimonte. Per dare un pizzico di pepe una sezione lancia i candidati al titolo di “Persona dell’anno” che La Fune in questo periodo assegna a personalità del territorio. Non manca la storia dell’anno. Per noi è la storia di Elena Rolfo, ragazza viterbese straordinaria. Lasciatevi toccare il cuore. Vi raccontiamo i prodotti tipici, le eccellenze da regalare e regalarvi. Questo giornale intende essere un importante strumento di consigli per gli acquisti, dove trovare negozi e attività di qualità. Gestite da imprenditori seri e capaci di rappresentare un valore per l’intera provincia di Viterbo. Per ogni volta che parlerete di questo giornale ve ne saremo grati, per ogni volta che visiterete e farete compere presso le attività amiche, che hanno reso possibile questo progetto, vi ringrazieremo. Con l’occasione vi auguriamo il migliore dei Natali possibile e un buon inizio d’anno.

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foto © David Petretti

natale a viterbo turismo

“Non mi aspettavo fosse così bella” Intervista a Daniela Stampatori che, dal 2009, guida visitatori curiosi nei migliori luoghi del territorio. Roberto Pomi Io non mi aspettavo fosse così bella”. Questa la frase che la guida turistica Daniela Stampatori ha modo di registrare più volte durante l’anno, al termine di ogni visita. A essere etichettata con termini di entusiasmo è la Tuscia. Un territorio poco conosciuto – fatta eccezione per Civita di Bagnoregio che, negli ultimi anni, è diventata una meta ambita dal turismo nazionale e internazionale – ma ricco di bellezze storico-archeologiche, boschi, laghi, sapori sorprendenti e veri e propri tesori. L’abbiamo intervistata per farci dare alcune dritte su come vivere al meglio qualche giorno nel Viterbese, posto che conosce bene e che dal 2009 (suo primo anno di lavoro come guida) a oggi ha attraversato in lungo e largo.

Parlaci di turismo, del turismo nella Tuscia. “È un turismo meraviglioso. Slow, tranquillo, di qualità. Le persone vengono qui a rilassarsi, non c’è la ressa. Alla gente piace e viene perché ha sentito parlare di questa terra. Arriva che non ne sa molto, poi è tutta una sorpresa. E infine la frase classica quando ti salutano: ‘Io non mi aspettavo fosse così bella’. Come dargli torno. La Tuscia, Viterbo stessa sono posti di valore. Si mangia bene, si spende poco. Le persone apprezzano questo e la grande tranquillità. C’è serenità, un clima molto sereno nella frequentazione dei nostri luoghi”. Quanti giorni servono per una visita ideale? “Almeno cinque giorni. Tra i luoghi imperdibili metterei Viterbo, Bomarzo con il Parco dei Mostri e tutta la

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filiera dei giardini manieristi: Villa Lante a Bagnaia, Palazzo Farnese a Caprarola e infine Vignanello con il Castello Ruspoli. Sicuramente merita la visita anche Tuscania, con le due basiliche: San Pietro e Santa Maria Maggiore. Così come Tarquinia: le tombe etrusche, il Museo Nazionale Etrusco e lo stratosferico borgo medioevale. È davvero splendido, una sorpresa. Noi parliamo sempre di San Gimignano ma Tarquinia ha un sistema di torri meraviglioso. Se la si guarda dalla valle del Marta è un colpo d’occhio unico. Poi c’è tutta la zona del lago, da Bolsena a Montefiascone, passando per Capodimonte. Sul litorale, immancabile sosta è Vulci e il suo parco archeologico. Nel periodo natalizio non bisogna perdere delle vere e proprie magie, impreziosite dai suggestivi presepi viventi. Qui le mete più belle sono sicuramente Civita di Bagnoregio e Sutri. Infine, a tutti consiglio un bagno alle terme di Viterbo”. Raccontaci il posto più bello da vedere secondo te. “A una guida non potete chiedere questa cosa. È come chiedere a quale figlio vuoi più bene. Diciamo che il giro che mi piace fare di più è quello dei giardini. Da Bomarzo con il Parco dei Mostri, dove Antonio Rocca ha fatto un bel lavoro di studio e ha aperto una strada di attenzione importante, a Villa Lante, Caprarola e Vignanello”. Ma che turismo c’è nel Viterbese? “Noi abbiamo la fortuna di avere turisti bellissimi, fantastici. Preparatissimi o comunque curiosi. Perché per

venire nella Tuscia, questa landa semisconosciuta, devi essere curioso, disposto ad approfondire e mi ritengo una guida fortunata perché ho, in genere, gruppi molto belli. Li vedi che sono proprio soddisfatti. Oggi anche nel Viterbese di turismo ce n’è, si può fare, di qualità e sostenibile”. Tre scatti fotografici da portare a casa? “Civita di Bagnoregio, Bomarzo e la loggia di Palazzo Papale a Viterbo. Sono tre scatti di grande suggestione. La faccia simbolo dei Mostri di Bomarzo è in grado di stregare, soprattutto i più piccoli. La loggia dei Papi, con quella leggerezza delle colonnine che tiene su un grande blocco massiccio di peperino, sembra un ricamo. Civita lascia a bocca aperta. Me ne accorgo quando vado lì con i gruppi: la gente arriva al Belvedere, da dove la vede per la prima volta, e gli manca davvero il fiato. Anche qui a Viterbo succede quando girano l’angolo del ponte del duomo e si trovano davanti Palazzo Papale. Capita che hai 50 persone e proprio si sente l’effetto ‘wow’”.

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natale a viterbo centro storico

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itinerari

viterbo

A tutta Tuscia, Viterbo on Roma e Avignone, Viterbo è l’unica città al mondo a potersi fregiare del titolo di città papale. Il tour inizia da piazza San Lorenzo, la piazza del Duomo e del Palazzo dei Papi, per intenderci. Siamo sul Colle di San Lorenzo, il luogo dove sono state individuate le tracce più antiche di insediamento della città. Ed è qui infatti che troviamo alcuni blocchi di peperino, proprio all’ingresso della piazza, che risalgono all’epoca etrusca. Entrati nella piazza l’elemento che più degli altri coglie l’attenzione è il “merletto” di pietra della Loggia del Palazzo dei Papi: sembra proprio un ricamo nel cielo. Una bellezza unica che ha conquistato cuori e menti. Anche di grandi registi come Orson Welles che ha girato in questa piazza scene del suo Othello.

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Al Palazzo dei Papi nasce la storia del Conclave Ogni volta che muore un papa e i cardinali ne scelgono uno nuovo si riattualizza una procedura, quella del Conclave, che forse non tutti sanno essere nata a Viterbo. Proprio all’interno di Palazzo Papale, sede appunto del primo e più lungo conclave della storia (la sede papale rimase vacante dal 1268 al 1271), i cardinali, riuniti per l’elezione del futuro papa, non riuscivano a mettersi d’accordo a causa soprattutto delle pressioni politiche che determinavano forti scontri tra di essi. La popolazione viterbese, stanca ed esasperata dalle lungaggini, spinse le autorità locali a un intervento nei confronti del concilio per accelerare l’elezione del nuovo Pietro. Raniero Gatti, capitano del popolo, li rinchiuse cum clave all’interno della sala delle riunioni, ne fece scoperchiare il tetto e arrivò fino al razionamento dei rifornimenti alimentari per ridurre i cardinali a pane ed acqua. Questo determinò un’accelerazione dei lavori che porto all’elezione di papa Gregorio X Visconti, autore della bolla Ubi Periculum, contenente le prime norme scritte che faranno da base a quel regolamento conclavistico che ancora oggi è in vigore.

Da Palazzo dei Papi a San Pellegrino Passando attraverso piazza della Morte, si arriva nel cuore del quartiere medioevale San Pellegrino, uno dei più grandi in Italia e in Europa. Qui ci sono laboratori artistici, alcune botteghe e ristoranti. Da qui sono partite ceramiche anche per la Casa Bianca: destinatario Barack Obama. Nella piazza principale del quartiere si affacciano la chiesa di San Pellegrino, il bellissimo Palazzo degli Alessandri (XIII secolo) e il Museo della Macchina di Santa Rosa che conserva ed espone, per lo più, alcuni bozzetti degli enormi baldacchini (alti 30 metri e dal peso di 5 tonnellate) portati a spalla dai forti e devoti Facchini di Santa Rosa nel corso dell’ultimo secolo. La bellezza del luogo è unica. Anche qui sono venuti a girare tanti film. Tra gli ultimi anche la serie televisiva I Borgia. Il trasporto della Macchina di Santa Rosa è l’evento religioso più importante della città, nato per rendere omaggio alla sua Santa: ogni anno, il 3 settembre cento Facchini portano la macchina dalla Chiesa di San Sisto fino al Santuario. Le bellezze della città però non finiscono qui e sono veramente tante: le chiese, le fontane, i musei, l’elegante piazza delle Erbe (se vi ricordate I Vitelloni, fateci un salto), per citarne alcune. Poi c’è Palazzo dei Priori, con i suoi affreschi e, per chi ama il benessere, la tappa obbligata sono le strutture termali intorno alla città.

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monti cimini

La selva delle meraviglie Caprarola ui Monti Cimini si trova il punto più alto del territorio viterbese: la famosa faggeta. A pochissimi chilometri dal Capoluogo una fitta distesa di faggi accoglie scoiattoli e altri piccoli animali, appassionati di passeggiate nella natura e runner di ogni età che sfruttano il percorso ginnico in alcuni dei tanti sentieri a disposizione. Questo è il cuore dei Monti Cimini. Questi ultimi nascono da una catena di vulcani il cui picco più alto è il Monte Cimino (1.053 m s.l.m.) e anche il Lago di Vico, che vanta il primato di altitudine tra i bacini lacustri italiani (507 m s.l.m.), ha origine vulcanica. Insomma questa, millenni fa, era una zona di fuoco e lapilli e oggi è un’area fertile e rigogliosa.

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Ma non c’è solo natura. Ci sono castelli, ville e giardini storici. Uno dei gioielli di queste lande è Palazzo Farnese di Caprarola, residenza tardo cinquecentesca dei Farnese. Fu Jacopo Barozzi da Vignola che trasformò l’iniziale progetto di una fortezza in vera e propria residenza. Di pianta pentagonale, con cortile centrale circolare, il Palazzo si presenta come uno dei più preziosi esempi di arte tardo rinascimentale: al suo interno stanze completamente affrescate da grandi artisti dell’epoca (come i fratelli Zuccari, Antonio Tempesta, Jacopo Zanguidi detto il Bertoja, Giovanni Antonio da Varese). All’esterno i bellissimi giardini all’italiana e il Parco del Palazzo con fontane, giochi d’acqua e sentieri nel bosco che portano fino alla Palazzina del Piacere, residenza temporanea, nei secoli fino ai giorni nostri, di nobili, principi (tra gli ultimi Carlo d’Inghilterra nel 1995) e presidenti (Luigi Einaudi dal 1948 al 1955). Ma Caprarola non deve la sua eccellenza solo ai Farnese. Viene, infatti, anche considerata come la “capitale” della Nocciola Gentile Romana D.O.P. Ci sediamo in un tipico ristorante del posto per mangiare zuppa di castagne e funghi ma prima di ordinare facciamo una telefonata al nostro amico Flavio Verzaro, esperto di vini, per farci consigliare cosa bere da queste parti. È così che assaggiamo dei vini della cantina sociale di Vignanello mentre Daniela, la nostra guida, ci racconta qualcosa anche su questo posto e sul meraviglioso Castello Ruspoli con i suoi giardini. Un altro gioiello: Soriano nel Cimino. La poesia di questi luoghi ha ispirato moltissimi intellettuali come Pirandello, che scelse di vivere per un periodo a Soriano, e Pasolini, che acquistò una torre nella frazione di Chia. Altro innamorato del posto era Fabrizio De André. Qui a Soriano impossibile perdersi il Castello Orsini. Anni fa, all’interno di questo maniero, realizzò una mostra horror Dario Argento in persona. Forse fu scelto questo posto perché la leggenda parla di un fantasma che fa da custode al castello. Perdendosi tra i vicoli antichi, si possono ammirare le tipiche case in tufo con i caratteristici profferli (scale esterne in pietra, come a Viterbo), fontane a fuso e la celebre Fonte Papacqua adiacente al magnifico Palazzo Chigi Albani. Il periodo dell’anno ideale per visitare Soriano è forse quello in cui si svolge la tradizionale Festa delle Castagne, prodotto tipico alla base di molti piatti locali. E, a proposito di giardini all’italiana e di castelli, a poca distanza da Caprarola e Soriano c’è Vignanello, con il meraviglioso Castello Ruspoli e l’incredibile labirinto immerso nei bellissimi giardini del maniero. Se siete amanti del carnevale, non perdetevi invece Ronciglione, un’altra cittadina ricca di storia, con la bellissima fontana degli unicorni, che rimandano ai signori di un tempo: i Farnese. Questo è il luogo del Carnevale più importante della Tuscia. Ogni anno viene festeggiato tra balli, sfilate di carri e mascherate.

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itinerari

lago di bolsena

Acquapendente, la Gerusalemme d’Europa, il punto di partenza della nostra nuova avventura alla scoperta di un angolo della Tuscia sicuramente tra i più suggestivi. Qui si parla dei Pugnaloni, la tradizione che ricorda la cacciata di Federico Barbarossa. Sono dei grandi mosaici di fiori esposti durante la festa della Madonna del Fiore che si svolge la terza domenica di maggio. Leggenda vuole che due contadini avrebbero assistito alla fioritura di un ciliegio secco e l’evento miracoloso fu interpretato come segnale divino per insorgere, impugnando pungoli e attrezzi da lavoro, per cacciare l’imperatore. Ogni anno diversi gruppi competono nella realizzazione dei Pugnaloni, che vengono fatti sfilare in processione, per essere infine premiati nella piazza del paese. Acquapendente è la prima sosta della Via Francigena nel Lazio: qui si trova la Basilica del Santo Sepolcro che custodisce, all’interno della meravigliosa cripta romanica, il sacello con le reliquie dell’Aula del Pretorio di Gerusalemme, le pietre che, secondo la tradizione, sarebbero state bagnate dal sangue di Cristo durante la Passione. È proprio per questo motivo che Acquapendente è detta la “Gerusalemme d’Europa”. Tra i posti più magici della zona Torre Alfina e il bosco di Biancaneve. Sì, proprio di Biancaneve. È il Bosco del Sasseto chiamato così dal National Geographic. Il suo aspetto incantato ricorda le fiabe. Rotolando verso Sud prima di arrivare nei pressi del Lago di Bolsena, doverosa la deviazione per Civita di Bagnoregio. Famosa e conosciuta in tutto il mondo come “la città che muore”, Civita negli ultimi anni è tornata a splendere ed oggi è una città che vive. Sorge al centro della valle dei Calanchi con i quali compone uno dei paesaggi più incredibili d’Italia e del mondo. Accedere al paese è una esperienza mistica che non potete lasciarvi scappare. Il borgo ha una atmosfera suggestiva, sembra quasi fermato nel tempo e immutato da secoli. Da Civita ci si sposta a Bolsena e ci si avvicina

foto © Manuel Gabrielli

Bolsena, Civita di Bagnoregio e la Gerusalemme d’Europa

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al lago. Da non perdere, qui, la Rocca Monaldeschi della Cervara, la Basilica di Santa Cristina, le affascinanti catacombe e la cappella del Miracolo Eucaristico. Immancabile una passeggiata sul lungo lago. Altro paese degno di nota è Montefiascone. Prima di arrivare al borgo immancabile una sosta alla chiesa medievale di San Flaviano, con una struttura molto particolare che vede la sovrapposizione di due chiese, di cui quella inferiore abbellita da pregevoli affreschi realizzati per lo più tra XIV e XVI secolo. A Montefiascone è legata anche la leggenda di Johannes Defuk e del vino Est! Est!! Est!!!. Poi c’è la Rocca dei Papi, una fortezza medievale posta a guardia del lago, scelta come residenza da diversi pontefici, come Martino IV che vi trovò la morte perché, come ci racconta anche Dante, era ghiotto delle anguille del lago di Bolsena e ne fece indigestione. Qui un magnifico belvedere sul lago e le sue isole. Poi Marta, un piccolo borgo di pescatori e

buongustai: non si può evitare di assaggiare un buon bicchiere di Cannaiola, il vino locale. Salendo nel paese si arriva al Santuario della Madonna del Monte, fulcro della più importante festa religiosa del paese, la Barabbata, che si svolge il 14 maggio di ogni anno per festeggiare il risveglio della natura. Un evento scandito da un tradizionale corteo in cui sfilano i Caseghi, i Bifolchi, i Villani, i Pastori tutti accompagnati da carri allegorici trascinati da buoi. Da Capodimonte, altro piccolo gioiello del bacino lacuale, partono i battelli per andare a conoscere più da vicino l’Isola Martana e l’Isola Bisentina, i due piccoli gioielli del Lago di Bolsena. Infine Gradoli, dove, all’interno del bellissimo Palazzo Farnese che domina il borgo medievale ha sede proprio il Museo del Costume Farnesiano, con un ricco repertorio di abiti, realizzati sulla base di attenti studi filologici, che ricostruiscono l’evoluzione del costume presso le corti dei Farnese nel periodo compreso tra il XV ed il XVII secolo.

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il litorale

Dal mare alla Tuscia

l litorale inizia da Tuscania, anche se mancano ancora tanti chilometri prima di vedere l’azzurro delle onde del Tirreno. È qui però che ci sono alcune delle bellezze più “curiose della Tuscia”. Oltre il bellissimo rosone di Santa Maria Maggiore, al colore delle mura e ai vicoli in cui perdersi, a Tuscania non ci si può dimenticare di andare a trovare il “caca anime”. All’interno del Giudizio Universale, affresco del XIV secolo di Donato e Gregorio di Arezzo, la figura più celebre e curiosa è appunto l’inquietante “Cacànime”. Avete capito bene, dentro la chiesa romanica di Santa Maria Maggiore c’è un mostro infernale che mangia i dannati e poi li espelle. A pochi passi sul colle svetta poi la chiesa di San Pietro, uno dei migliori esempi di architettura romanica in Italia: la sua facciata, in cui campeggia il maestoso rosone, può definirsi un compendio del simbolismo religioso medievale e il suo interno ci travolge con un fortissimo senso di misticismo e di sacralità. Scendendo nella cripta sembra quasi di ritrovarci in una “foresta di colonne”: suddivisa in nove navatelle da colonnine di reimpiego di epoca romana, conserva ancora qualche lacerto di affresco medievale e l’immagine dei santi patroni della città, Secondiano, Veriano e Marcelliano. Questo ambiente e il resto dell’edificio sono stati set per molti capolavori della cinematografia italiana e celebri pellicole internazionali, per ricordarne alcuni: Othello di Orson Welles, Uccellacci e Uccellini di Pasolini, L’armata Brancaleone di Monicelli, Romeo e Giulietta di Zeffirelli, mentre la scena finale di Lady Hawke con Michelle Pfeiffer è stata girata in un ambiente ricostruito in studio ispirandosi alla chiesa di San Pietro. Da Tuscania si arriva a Tarquinia e Montalto, le due principali cittadine del litorale viterbese. La prima tappa è la visita alle tombe della necropoli di Monterozzi a Tarquinia, che conserva straordinari e rari esempi di pittura del mondo antico. Poi c’è un gioiello imperdibile: il Museo Archeologico Nazionale

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foto © Sante Cerica

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con sede nell’elegantissimo Palazzo Vitelleschi. Ma la Tuscia non è solo la terra degli Etruschi: ancora oggi, infatti, viviamo immersi in incantevoli contesti medievali. Tarquinia stessa racchiude l’antico borgo di Corneto, costellato di alte torri e antiche chiese, come la mirabile Santa Maria in Castello (XII/XIII secolo), sullo sperone occidentale della rupe, dove sorgeva il nucleo più antico della città medievale. A pochi chilometri da Montalto e Tarquinia c’è il Museo Archeologico di Vulci che ha sede nel bellissimo Castello dell’Abbadia, una fortezza (il cui aspetto attuale è riferibile al XII secolo) che, come dice il nome stesso, nacque su un antico nucleo monastico benedettino sorto a difesa del vicino ponte, oggi chiamato popolarmente “ponte del diavolo”. Il Museo espone i reperti archeologici rinvenuti nell’area vulcente, in particolare dalla necropoli, nel corso degli ultimi secoli. Tutto intorno il Parco Naturalistico ed Archeologico di Vulci, situato tra i territori di Montalto di Castro e Canino, dove un meraviglioso paesaggio naturale, caratterizzato per lo più da ulivi, racchiude tesori archeologici tutti da scoprire.

Tra le novità più interessanti del 2018 c’è senz’altro Passione a Pedali, un modo per scoprire il patrimonio paesaggistico e naturalistico dell’Alto Lazio in sella a una bici. Il progetto nato dalla passione per le due ruote e dall’esperienza pluriennale di Daniele Bifulco nei tour e viaggi in bicicletta, intende essere il punto di riferimento per il cicloturismo nella Tuscia. I tour sono disegnati per essere pedalati anche dai non esperti grazie ad un accurato studio dei percorsi e all’uso di biciclette a pedalata assistita di alta qualità. Fra gli itinerari e i luoghi interessati Viterbo, il Lago di Bolsena, Civita di Bagnoregio, la Via Francigena e i Monti Cimini. È già possibile prenotare il proprio tour dal sito

www.passioneapedali.com

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natale a viterbo provincia

ACQUAPENDENTE

GRADOLI

BOLSENA

CAPODIMONTE MARTA

TUSCANIA

VULCI

TARQUINIA

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CIVITA DI BAGNOREGIO

MONTEFIASCONE

BOMARZO

SORIANO NEL CIMINO

VITERBO

CAPRAROLA

VETRALLA

RONCIGLIONE

CIVITA CASTELLANA

CALCATA CAPRANICA SUTRI

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natale a viterbo cciaa

Qualità nella tipicità: il marchio Tuscia Viterbese è servito Perché a Natale preferire le eccellenze agroalimentari e artigianali artistiche del territorio.

prodotti enogastronomici rappresentano sempre di più la spesa natalizia di maggior consistenza per le famiglie italiane. Ma se si ha la possibilità di vivere o trascorre le vacanze natalizie nella provincia di Viterbo, perché non cogliere l’opportunità per preferire le eccellenze agroalimentari e di artigianato artistico locali? E come riconoscerle? A tal proposito la Camera di commercio Viterbo nel 2003 ha istituito il marchio collettivo Tuscia Viterbese con l’intento di valorizzare e promuovere quei prodotti che posseggono determinati requisiti di qualità e tipicità. Oggi, infatti, non è più sufficiente porsi sul mercato con prodotti di qualità, certificati DOC, DOP o simili marchi di difesa: è necessario distinguersi, farsi conoscere, comunicare valori aggiunti, meglio ancora se riferiti a un determinato territorio, alla sua cultura e al suo ambiente. L’iniziativa è stata subito accolta e condivisa dall’Università degli Studi della Tuscia, dalla Provincia di Viterbo, da tutte le associazioni di categoria e dagli ordini professionali.

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Il marchio collettivo Tuscia Viterbese opera secondo precise strategie di marketing che consentono di raggiungere mercati più vasti, anche internazionali, non sempre alla portata delle piccole e medie aziende locali. Inoltre ha una doppia valenza: da un lato aiuta la promozione di prodotti e servizi, identificandoli sotto la stessa origine, rappresentata dal territorio viterbese; al tempo stesso i prodotti a Marchio Tuscia Viterbese promuovono il territorio, conferendo ad esso la qualifica di ambiente propizio per lo sviluppo di tipicità caratterizzato da peculiarità paesaggistiche in forza delle quali è possibile ottenere produzioni ad alta specificità territoriale. L’identificazione dell’origine della produzione rappresenta una potente leva di marketing, soprattutto

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per quanto riguarda i beni agroalimentari, in quanto il consumatore si sente più rassicurato laddove riesce a individuare, sia nominalmente sia territorialmente, i soggetti responsabili della produzione. Tale rassicurazione è ancora più forte se l’identificazione dei soggetti viene garantita da un ente terzo, senza fini commerciali propri, con un ruolo istituzionale ben riconosciuto, quale è la Camera di commercio. Il marchio collettivo Tuscia Viterbese è dunque un marchio d'attacco che favorisce concretamente gli obiettivi di profitto aziendale, diffonde la conoscenza del territorio viterbese, agevola l'attrazione turistica, sollecita investimenti esogeni con conseguenti benefici economici per tutta la comunità. I prodotti e servizi per i quali attualmente sono stati predisposti i disciplinari rispettati da oltre 240 aziende che si fregiano del Marchio Tuscia Viterbese sono: carni bovine, ovine e suine; ceramiche artistiche; coniglio verde leprino di Viterbo; prodotti caseari; miele della Tuscia; olio extra vergine di oliva DOP “Canino” e DOP Tuscia; patata dell’Alto Lazio; prodotti da forno e pasticceria; cavolfiore; prodotti biologici; vino DOC e IGT; prodotti ittici del lago di Bolsena; nocciola dei Cimini; prodotti Alta Tuscia; ciliegia della Tuscia; chiocciola della Tuscia. A questi si aggiungono alcuni servizi come alberghi, aziende agrituristiche, ristoranti, botteghe del gusto e distributori. Altri prodotti e servizi sono in fase di accreditamento da parte del Comitato di gestione e di controllo del marchio collettivo Tuscia Viterbese.

Per consultare l’elenco delle aziende a Marchio Tuscia Viterbese: www.tusciaviterbese.it

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natale a viterbo slow food

A Natale mangia local per regalarti un clima migliore Slow Food propone la campagna “Menu for change”.

e festività natalizie offrono l’occasione per famiglie e amici per ritrovarsi intorno a tavole imbandite per gustare menu preparati con cura e riscoprire le ricette della tradizione. Non sempre, però, si è consci che essere più attenti alla provenienza del cibo può significare contribuire a regalarsi un clima migliore. Su questo aspetto da alcune settimane Slow Food – l’organizzazione internazionale fondata da Carlo Petrini promotrice del cibo buono, pulito e giusto – ha lanciato il progetto “Menu for change” con l’intento di stimolare i consumatori ad acquisti più consapevoli. Sempre più spesso, infatti, ricorriamo ad alimenti che percorrono lunghissime distanze in aereo, via mare, su rotaie anziché arrivare direttamente dai campi; a cibi confezionati o refrigerati in celle con un grosso dispendio di energie; a prodotti che non sarebbero naturalmente disponibili nel luogo in cui sono venduti. In alcuni casi è inevitabile (caffè e cacao, ad esempio), ma spesso si tratta di cibi che potremmo trovare anche vicino a casa.

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Conoscere e privilegiare le produzioni locali, sostenibili e di piccola scala è cruciale per mitigare l’impatto del clima sull’ambiente. I cibi locali sono anche più freschi, più buoni e fanno bene alla salute! Sceglierli significa consumare meno energia, produrre meno emissioni e ridurre gli sprechi. Inoltre coltivare molte varietà, ciascuna adatta a condizioni climatiche diverse, permette di salvare la produzione in caso di

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cambiamenti ambientali, oltre a garantire una dieta più ricca di gusto e più nutriente. Cosa si può fare concretamente? Qualche esempio concreto: scegliere il mercato contadino più vicino o una piccola azienda locale; privilegiare i cibi del territorio e di stagione; riscoprire le ricette della tradizione del proprio Comune; regalare prodotti tipici locali di cui si è certi della qualità e genuinità. Inoltre sotto l’albero possiamo mettere un dono speciale: l’iscrizione a Slow Food per un anno. n regalo originale per diventare soggetti attivi dei tanti progetti Slow Food presenti nel mondo come: Presìdi, Arca del Gusto, orti, rete dei cuochi, comunità del cibo. Ma anche per sostenere le campagne per un’agricoltura libera dagli Ogm, raggiungere lo spreco zero, a favore di un consumo consapevole di carne e di pesce, a favore del latte crudo, contro le monoculture e l’uso dei pesticidi e fertilizzanti. Inoltre si possono tutelare la biodiversità alimentare, proteggere migliaia di produttori di piccola scala e, come consumatori, scegliere in modo diverso, consapevole. Il prezzo della tessera annuale di Slow Food è 25 euro; fino a 30 anni, 10 euro.

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Per ulteriori informazioni contattare la Condotta di Slow Food Viterbo e Tuscia (tel. 331.9031439 335.318537 / Pagina Facebook “Slow Food Viterbo”) o visitare il sito www.slowfood.it

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natale a viterbo in tavola

Natale con Lucia Celestini, tra tradizione e innovazione Le ricette e la vitalità di nonna Lucia, una vera amante dei fornelli e della buona cucina. Simone Carletti razie alla sua passione ha vinto molti premi che l’hanno portata negli anni ad essere molto conosciuta a Viterbo. In particolare a Pianoscarano, dove con il suo Monte Bianco ha stracciato la concorrenza nella gara di dolci della Festa dell’Uva per 6 anni, prima di decidere di lasciare qualche briciola e qualche premio anche gli altri concorrenti.

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Un po’ come chi vince un Mondiale di calcio e il giorno dopo smette di giocare, è uscita dalle scene da vincente. Ma i suoi piatti, che hanno fatto impazzire anche Davide Mengacci e che l’hanno portata a trionfare a Cuochi senza frontiere, continuano a vivere e a far godere come dei matti amici e parenti. “Ricordo che la mia casa – ci racconta Lucia – era piena zeppa di pentole. Mia madre cucinava spesso e ricordo a Natale i piatti a base di anguilla e baccalà. Non c’erano mica i moscardini o le vongole come adesso! Mangiavamo l’anguilla arrosto o in umido con uvetta e pinoli, il baccalà e la pasta col tonno”. E si friggevano le verdure di stagione, come i broccoli. “Ora invece è molto diverso, si trovano addirittura i carciofi e si frigge anche l’agnello a Natale, ai miei tempi non era così”. Ma ben vengano le novità, perché Lucia è una sperimentatrice. “Il mio segreto in cucina? Non ho segreti! La cucina è fatta di errori e di piccoli passaggi: a volte quando consiglio una ricetta poi mi dicono che non era come quando l’avevo fatta io”. Certo, perché basta

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poco perché i due piatti sembrino due cose diverse. “Se io facessi due tegami, con gli stessi ingredienti e lo stesso procedimento, alle fine verrebbero due sapori diversi perché basta fare un soffritto per qualche secondo in più o in meno e il sapore cambia, ad esempio”. Quando le chiediamo dei piatti per riempire un menù natalizio abbiamo l’imbarazzo della scelta… ci sarebbe da sfamare un esercito! Le ricette che ci racconta sono frutto della sua passione per i fornelli e della sua grande voglia di sperimentare. Il grande insegnamento di Lucia è proprio questo: che tradizione e innovazione possono andare a braccetto e che la cucina è questione di attimi e intuizioni.

LA RICETTA

Fettuccine alle nocciole con guanciale e timo Quantità per 4 persone 3 etti di farina 0 2 etti di farina di nocciole 5 uova 3 etti di guanciale tagliato fino 2 etti di nocciole frullate a grana grossa timo fresco, sale, pepe, olio, una cipolla piccola e un piccolo aglio. Procedimento

La cena di Natale antipasto: carpaccio di polipo con rughetta, condito con olio e limone primo: fettuccine col tonno, come da tradizione, o minestra di ceci e castagne secondo: spigole lesse condite con salsa verde (prezzemolo, pinoli e un pezzo di aglio) e maionese fatta in casa dolce: Monte Bianco, dolce a base di castagne e panna.

Per le fettuccine: unire la farina bianca e quella di nocciole, fare la classica fontana e impastare. Per il condimento: fare un soffritto di aglio e cipolla, poi aggiungere il guanciale e il timo e farlo rosolare fino a renderlo croccante. Cuocere le fettuccine in acqua bollente e scolarle al dente prima di saltarle in padella con il guanciale. Una volta pronto, servire sul piatto e spolverare con la granella di nocciola. Buon appetito!

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natale a viterbo bere bene

La Tuscia, una terra in fermento Crescono le cantine ma soprattutto cresce la qualità. Carlo Zucchetti

BOLLICINE Est! Est!! Est!!! di Montefiascone DOC Spumante Brut Cantina di Montefiascone (Trebbiano, Roscetto, Malvasia) Una cantina cooperativa che sta velocemente recuperando il passo. Uno charmat lungo. Una evoluzione del classico vino reso famoso dal Servo Martino, sommelier ante litteram. Di facile beva. Per iniziare un aperitivo. Prima di cena.

na qualità diffusa grazie a un atteggiamento nuovo da parte dei vignaioli. Curiosi di sperimentare, avidi di conoscenza, desiderosi di confronto. Alla base un territorio vocato. Con sfumature differenti. Catturate dal vino e rese nei calici. Un territorio che alla dorsale vulcanica avvicina i terreni calcarei e limosi della Teverina e quelli argillosi, sabbiosi e calcarei della costa tirrenica. Microclimi diversi. Influenzati dal mare e dai laghi. Protetti dagli Appennini. I vigneti possono esprimere al meglio la vocazionalità del terreno e le caratteristiche delle cultivar. Il ritorno forte ai vitigni storici ha contribuito a rafforzare la fiducia in un territorio che può dare tanto. Continua il lavoro sull’Aleatico da parte di Antonella Pacchiarotti (Grotte di Castro), Andrea Occhipinti e La Carcaia (Gradoli). Incentivando altri produttori ad intraprendere questa strada. Il Grechetto a cui Sergio Mottura ha aperto le porte del successo, conferma un rapporto armonioso con il territorio. Si moltiplicano le cantine che investono su questo vitigno scontroso nel portamento ed elegantemente complesso nel calice. Trappolini ne ha fatto il bianco di punta dell’azienda. Biglietto da visita per Tenuta La Pazzaglia. Si moltiplicano le cantine a Castiglione in Teverina oltre alla storiche Fattoria Madonna delle Macchie e Paolo e Noemia D’Amico, si affermano il Bottaccio, Doganieri Miyazaki e Papalino. Il Roscetto recuperato dalla Cantina Stefanoni (Montefiascone) oltre che nella cittadina falisca viene prodotto da Podere Grecchi (Vitorchiano). Questo fa riscoprire l’Est! Est!! Est!!! di Montefiascone con altre nuove aziende che affiancano le Antiche Cantine Leonardi, Villa Puri e Mazziotti (Bolsena). Fortunatamente la Falesco ha lasciato qui una produzione importante compreso il suo vino di punta il Montiano. Fermento anche a Tarquinia dove, oltre all’affermata Tenuta Sant’Isidoro, si è imposto all’attenzione

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enoica un giovane vignaiolo: Marco Muscari Tomajoli. Si conferma Ronci di Nepi. La nouvelle vague dei vini naturali non ha lasciato indifferenti i nostri produttori. Oltre agli storici Le Coste e Marini Georgea (Gradoli), Maurizio Rocchi (Tuscania), Trebotti (Castiglione in Teverina) e Cristina Menicocci (Fabrica di Roma), unica produttrice vegan e biodinamica della Tuscia, conosciuti e apprezzati, si è ormai ritagliato una buona fetta di mercato, anche internazionale, Podere Orto (Acquapendente). Si stanno facendo conoscere i giovani de Il Vinco (Montefiascone) e Cantina Ortaccio (Latera). San Giovenale (Blera) con i suoi due Habemus si è rapidamente affermato tra le migliori cantine in Italia. Anche le realtà cooperative, la Cantina di Montefiascone e i Viticoltori dei Colli Cimini (Vignanello) stanno, significativamente, cambiando passo. Irrompono le bollicine di Vigne del Patrimonio (Ischia di Castro) in collaborazione con l’Università di Viterbo. Non a caso il DIBAF (ex Facoltà di Scienze e di Agraria) con i corsi di laurea, in particolare quello in Tecnologie Alimentari ed Enologiche, propone un’offerta formativa tra le migliori in Italia. Un dinamismo diffuso. Acquapendente ritorna al vigneto in particolare con Cordeschi. Ad Orte si impone all’attenzione Ciucci. Si riconosce nei produttori che hanno scelto di trasferirsi nella nostra terra per la qualità del Terroir e della vita: Terre di Marfisa (Farnese). Si scorge nei giovani che tornano a credere in una viticoltura di qualità nella Tuscia. Nel prepotente ingresso delle donne a cominciare da Le Lase (Vasanello). Si vede soprattutto nelle aziende che ogni anno allungano l’indice della nostra guida La Tuscia del Vino. In uscita con la terza edizione, questa annuale ricognizione mostra un’immagine della Tuscia vivace. Di carattere. Una Tuscia che ci piace nella consapevolezza del suo valore e, soprattutto, nel calice.

Roscetto Metodo Classico Brut Famiglia Cotarella (Roscetto) Per la Famiglia Cotarella il Roscetto è il vitigno bianco d’elezione. Ne fanno, infatti, anche una versione ferma ed una da seduzione. Fresco ed intrigante. Complesso ma di grande beva. In poche parole vulcanico. Almeno 36 mesi sui propri lieviti. Brut Rosè Alarosa Vigne del Patrimonio (Pinot Nero) Una giovane azienda innamorata delle bollicine. Tanto da venire ad Ischia di Castro per farne tre etichette. Tutte Metodo Classico. Fragrante. Predominante, ovviamente, la rosa. Di ottima beva. Vulcanico. Almeno 24 mesi sui propri lieviti.

ABBINAMENTO

In abbinamento alla ricetta di Nonna Lucia:

Grechetto Civitella d’Agliano I.G.T. Poggio della Costa Sergio Mottura Monsieur Grechetto firma il suo vino bio per eccellenza. Meglio una annata di qualche lustro. Dà il meglio di sé dopo alcuni anni. In forma almeno fino alla maggiore età. Un vino elegante. Complesso. Tannini accennati, utili per pulire il grasso del guanciale. Nuances di nocciole. Sapido e vulcanico. Un finale amaricante per pulire adeguatamente il palato.

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foto © Manuel Gabrielli

natale a viterbo dolci coccole

Casantini, generazioni dolciarie Manuel Gabrielli al 1969 la famiglia Casantini ha la sua sede storica a via Cairoli e qui abbiamo intervistato Virginio Casantini, insieme alla sorella seconda generazione di pasticceri viterbesi. Lui l’uomo del pan di spagna, dei bignè e della pasta sfoglia, lei la parte artistica delle creazioni, anche quest’anno cureranno la fabbrica del cioccolato presso il Caffeina Christmas Village.

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Dolce più tipico di Viterbo? Purtroppo il Viterbese, nella tradizione dolciaria, non ha un vero e proprio prodotto tipico. Spacciamo i tozzetti come tipici ma alla fine sono una rivisitazione del cantuccio. Il maritozzo tipico Viterbese in verità è romano. Se andiamo a vedere le vecchie ricette di pasticceria sono scopiazzate qua e là. Forse il pangiallo è uno dei dolci più tipici viterbesi, che di fatto è una pasta frolla ricchissima di frutta secca e candita. Ogni zona ha la sua variante, per esempio Terni con il Pan Pepato, ma da noi si chiama Pan Giallo per quella tradizione che lo voleva ricoperto di zafferano, che conferiva quella colorazione d’oro che andava ad arricchire il centro della tavola. Oramai la colorazione gialla non è più in uso ed è rimasto solo il nome. Il prodotto tipico di Casantini invece? Diciamo che siamo diventati famosi nel viterbese per la lavorazione del cioccolato, soprattutto quello artistico, tanto che abbiamo organizzato presso la Chiesa di S. Egidio 5 edizioni di una mostra personale che si chiama Chocolart. Negli ultimi anni, sovrapponendosi Chocolart al Christmas Village, abbiamo deciso di “congelare” la cosa e forse la riproporremo per Pasqua. Quella del cioccolato è una vostra sperimentazione o frutto della frequentazione di corsi? Noi facciamo continuamente corsi con maestri che hanno anche nomi a livello nazionale quali Leonardo di

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Carlo, Antonio Capuano. Preferiamo, piuttosto che andare a fare i corsi, far venire il tecnico da noi per adattare il lavoro alla struttura: un conto è un face to face un altro andare in una sala con altre 10 persone. Poi anche io mi diletto a tenere corsi per le basi della pasticceria e vedo che la difficoltà più grande è quella di fare domande perché si ritiene che la domanda possa essere trovata stupida. Ma sono dell’idea che non esistano domande stupide ma solo risposte perché ciò che io do per scontato, perché lo faccio da 10 anni tutte le mattine, per te potrebbe non essere così. A proposito di dolci tipici e cioccolato, cosa sai dirci del pesce di Sant’Andrea? È una tradizione tipicamente Viterbese in quanto esistono solo un altro paio di città in Italia che hanno questa usanza, trasferita principalmente poi al pesce d’aprile. Non possiamo parlare di un dolce tipico perché alla fine è solo una trasformazione della cioccolata. Comunque è un rimando alla tradizione del Sant’Andrea pescatore e, a differenza di quanto molti pensano, è una ricorrenza che si “presenta” nella notte tra il 29 ed il 30 quindi andrebbe acquistato il 29. Anche in provincia non è dappertutto conosciuto, in alcuni paesi ancora non hanno idea di cosa sia. Parlando di tipicità del periodo? Se ci sono dei dolci che mi piace preparare sono proprio quelli della tradizione natalizia. Di torroni e panettoni vado molto fiero, sarà anche perché, parlando di gusti personali, sono anche i miei dolci preferiti. Però anche qui il torrone duro ricoperto di zucchero è il torrone romano, si chiama proprio così, quindi anche se lo facciamo a Viterbo da 200 anni non sarà mai un prodotto nostro. Il panettone inutile dirlo. Comunque prepariamo ogni anno varie tipologie di torroni, quello morbido e quello duro. Al cioccolato op-

pure nocciolato fatto di cioccolato gianduia e nocciole. Ciò che viene meno ritoccato e personalizzato è il pandoro che accontenta un po’ tutti perché non ha canditi e uvetta. Invece sui panettoni ci sbizzarriamo con gusti sempre nuovi e quest’anno vorrei provare per la prima volta mandorla e albicocca. È un paio d’anni che lo facciamo al pistacchio oppure fichi secchi e noci, poi ovviamente al cioccolato. Per chi volesse fare un dolce a casa? Potrebbe fare dei baci di dama perché la ricetta è molto semplice in quanto le dosi sono tutte uguali.

LA RICETTA

Baci di dama

100 g di burro 100 g di mandorle 100 g di zucchero 100 g di farina doppio 0 Si impasta tutto, si fanno delle sferette, si cuociono in forno a 180° per 10-15 minuti a seconda delle dimensioni, si uniscono con un po’ di cioccolato ed ecco il bacio di dama.

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natale a viterbo mise en place

Anche la tavola ha il suo stile Consigli per una mise en place tra Medioevo e modernità. Manuel Gabrielli

olenti o nolenti in questo periodo si fa presto a cadere nel pacchiano, soprattutto a tavola, così abbiamo ritenuto opportuno andare controcorrente, cercando di farci raccontare, da chi si è sempre contraddistinto per la sobrietà, cosa scegliere a tavola per l’oramai vicino dicembre 2017. Chi meglio di Emanuele Fioretti e Luigi Maria Buzzi, gestori de Il Richiastro uno dei ristoranti più apprezzati della città, distintosi negli anni per aver unito, con semplicità, antico e moderno:

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“Certi elementi sono irrinunciabili per creare l’atmosfera necessaria e anche noi siamo ricorsi ad un diffuso rimando al colore rosso e agli immancabili addobbi realizzati appositamente con rami di abete e vischio, piante tipiche di questo periodo e, nel caso dell’ultima, tradizionalmente di buon augurio. Abbiamo però deciso di caratterizzare la nostra tavola con un oggetto che rimandasse ad un passato medievale, al quale la nostra città è legata in maniera indissolubile. Per questo motivo è stata presente in tavola sia a Natale che a Capodanno la vera “forchetta” medievale. All’epoca, infatti, la forchetta come oggi la conosciamo non era molto utilizzata, così le famiglie più povere non potevano permettersi altro che non fosse uno “zeppetto” di legno appuntito con cui infilzare i pezzi di carne o cibo più grandi. Oltretutto tradizionalmente tutto ciò che è appuntito è considerato come un oggetto porta fortuna, pensiamo a chiodi e cornetti, un motivo in più per tenerla vicino tra la fine di un anno e l’inizio di un altro. onostante le occasioni di Natale e Capodanno richiedessero un allestimento più fastoso non abbiamo voluto abbandonare totalmente la semplicità che da sempre caratterizza Il Richiastro e quindi abbiamo mantenuto le consuete tovagliette di carta paglia, inserendole però in un contesto più elegante. Il ricorrente motivo medievale è stato proposto anche nel menù di fine anno, con piatti realizzati utilizzando esclusivamente ingredienti in uso e presenti all’epoca. Quindi niente patate, niente pomodori e qualsiasi altro ingrediente che sia arrivato successivamente dalle Americhe, un’altra idea simpatica e facilmente realizzabile anche a casa.

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Sempre per augurare un felice anno nuovo, soluzione che utilizzeremo sicuramente anche per la prossima occasione, abbiamo fatto in modo che ognuno dei nostri clienti avesse un cartoncino rosso su cui scrivere dei pensieri, ciò che avrebbe voluto lasciare nel 2016 e ciò che si sarebbe augurato per il 2017, per poi gettare queste parole nel fuoco. E dobbiamo dire che per qualcuno ha funzionato.”

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Visitando la città medioevale di Viterbo, passeggiando nelle stradine interne alle mura cittadine, si possono incontrare antichi e maestosi palazzi di famiglie nobili medioevali, con annesso uno spazio aperto ma riservato, che serviva a celare le attività del casato agli occhi dei passanti: un richiastro. Il magnifico palazzo Mazzatosta di via dell’Orologio Vecchio ne è uno splendido esempio con il bel profferlo, la scala esterna che, in questo caso, porta al piano nobile, e, nascosto su via della Marrocca, il richiastro da cui prende il nome il locale che oggi ha sede in questo spazio. La conduzione dell’osteria è a carattere familiare: Giovanna, Cesare, Emanuele e Luigi propongono un menù in cui i sapori dei piatti nascono dalla stagionalità dei prodotti del territorio e dalla reinterpretazione di ricette di antica memoria. Una cucina che prende spunto anche da ricette medioevali e nella sua semplicità in grado di soddisfare tutti i clienti che, immersi in un ambiente particolare e impregnato di storia, arte e cultura, ne conservano un ottimo ricordo.

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foto © Manuel Gabrielli

natale a viterbo cocktails

Mixology: ritorno alle origini Manuel Gabrielli

he siate frequentatori abituali di bar o meno è possibile che ci abbiate fatto caso, queste attività sono sempre di più e il servizio che offrono sempre più sofisticato. Oggi nascono programmi televisivi dedicati e sui social, come Instagram, fioccano immagini di bicchieri particolari e creazioni estrose. Il mondo del bar negli ultimi anni è radicalmente cambiato e in che modo ce lo siamo fatto spiegare da Manfredi, barman e titolare, insieme al fratello Orlando, di Al Settantasette, uno dei bar più apprezzati di Viterbo con sede al numero 24 di via San Pellegrino.

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Raccontaci, quando è iniziato a cambiare il tuo lavoro? Difficile fissare un punto per quanto riguarda la rinascita dei cocktail e del mestiere del barman ma da qualche anno quella che è avvenuta nei bar è una vera e propria rivoluzione. Se l’importanza del buon mangiare e del buon bere non sono mai passati di moda, lo stesso non si poteva dire per il mestiere della miscelazione di bevande alcoliche. Pensiamo al barman elegante in gilet e farfallino dei film un po’ retrò, quello dell’albergo di lusso o di un casinò a cui Sean Connery, nella veste di James Bond, avrebbe chiesto un vodka martini

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“agitato… non mescolato”. Forse in un albergo della catena Ritz-Carlton le cose dall’epoca non sono molto cambiate, ma non è la stessa figura che avreste trovato dietro al bancone di un bar cittadino qualche anno fa. Che cosa è successo esattamente? Complice internet, programmi televisivi dedicati e perché no, la crisi economica, il mestiere del barman è stato reinventato e sono state recuperate dal passato gestualità, strumenti e soprattutto una considerazione del cliente che erano andate purtroppo perse. Il barman moderno si è riappropriato del ruolo di mixologist, maestro della miscelazione e della presentazione di cocktail e il cliente è oggi più che mai al centro dell’attenzione. È così che oggi sul bancone troverete pinze, scalpelli per la frutta, fiamme, bacche, spezie, affumicatori, campane di vetro e dietro una persona dal vestiario ricercato ed elegante pronto a dedicarvi, per il tempo necessario alla realizzazione del cocktail, un’attenzione pressoché totale. È stranamente rivoluzionario, perché è un’innovazione che affonda le sue radici nel passato. E dal punto di vista del cliente?

Il gusto e l’esigenza del cliente sono cambiati di pari passo con questo mestiere. Sotto questo aspetto ciò che è avvenuto è una rivoluzione anche culturale. È un mercato sempre più esigente dove vince solo chi riesce a stare al passo con i tempi. I fornitori di materie prime sono oggi quanto mai attenti al reperire prodotti sempre più esotici, per fare in modo che ogni attività possa offrire un servizio il più esclusivo possibile. Forse è anche una questione di globalizzazione ma oggi è possibile trovare, anche al bar sotto casa, selezioni di alcolici fino a non molto tempo fa acquistabili solo in enoteche specializzate. Come fare per avere successo in questo lavoro? Come in tutte le cose bisogna avere tanta curiosità e umiltà nel saper imparare dagli altri. Sotto questo aspetto la formazione è importantissima e non va mai trascurata. Ma soprattutto bisogna parlare con il cliente, il quale deve sentirsi a suo agio e lontano dalle preoccupazioni di tutti i giorni. Questa è, forse, una delle cose più difficili di questo mestiere e anche tra le prime ad essere cambiate con questo rinnovo della professione. Qualche giorno fa in previsione di queste intervista ti abbiamo chiesto di pensare a due cock-

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tail: uno creato dalla tua fantasia per i nostri lettori e un altro più tradizionale, magari da preparare a casa durante le feste, a cosa hai pensato? Per i lettori ho preparato il Cimini’s Carol, canto di Natale della nostra terra a base di Langley’s London Gin infuso con polvere di more dei Monti Cimini essiccate, lamponella dei Monti Cimini e sciroppo aromatizzato naturalmente ai fiori di sambuco. Vi aspetto per provarlo! Come cocktail più tradizionale, vista anche la grande quantità di turisti, non posso non consigliare il 103, cocktail simbolo di Viterbo. Sono passati tanti anni dalla sua creazione e di questo cocktail si sa, con certezza, solo che è stato inventato presso il Gran Caffè Schenardi, purtroppo al momento chiuso. È un classico cocktail da aperitivo ed è facilmente preparabile anche a casa: è sufficiente un bitter a scelta come il Campari, un vermouth bianco secco come il Cinzano o il Martini Dry, del Bianco Sarti e per finire un paio di gocce di angostura da stillare nel bicchiere, il quale dovrebbe essere una coppetta Martini, prima di versare il cocktail. Per quanto si tratti di un cocktail molto conosciuto in città, il dosaggio e le modalità di preparazione non sono comuni a tutti i barman e io stesso lo preparo in varie maniere. In questo caso ho preferito aggiungere alcune gocce di tamarindo al momento della miscelazione nel mixing glass.

103 OH OH OH! - Freddare la coppetta con il ghiaccio - Freddare il mixing glass - 2 gocce di tamarindo nel mixing glass - 1oz Campari - Vermouth Extra Dry ¾ oz - Bianco Sarti ¼ oz - Mescolare bene con il cucchiaio - Togliere il ghiaccio dal bicchiere - Far girare due gocce di Angostura sul bordo della coppetta - Versare il contenuto dal mixing glass alla coppetta filtrando il ghiaccio - Guarnire con arancia

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foto © Manuel Gabrielli

natale a viterbo caffeina

Tutta la magia del Natale nel cuore di Viterbo, ecco il Caffeina Christmas Village Viaggio nel Mondo di Babbo Natale, Mondo Magico e nel Presepe più grande del mondo. affeina Christmas Village è il regno della magia di Natale nel centro storico di Viterbo. Una volta qui è bene lasciare fuori tutto il resto e immergersi in un mondo pensato per regalare emozioni, allegria e momenti di riflessione anche sulle festività natalizie attraverso una grande riproduzione della Natività. Possibile anche incontrare, in carne e ossa, Babbo Natale e scattare con lui una foto.

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a disposizione per poter conoscere i giochi che risalgono ai tempi antichi. Il Christmas Village è il posto dove l’arte artigiana si mostra in tutta la sua bellezza. Qui il Mastro Candelaro plasma bellissime candele per i suoi amici elfi che gli sono davvero molto grati e l’Antica Giostra fa sognare bambini di ogni età girando in un carosello romantico e divertente.

I più curiosi hanno la possibilità di consultare la Biblioteca dei Desideri e, per tutti, tappa obbligata sono le Poste dei Bambini dove si raccolgono e si smistano tutte le letterine indirizzate a Santa Claus.

Elfi e fate aspettano tutti nel mondo magico del Villaggio degli Elfi. Da non perdere il Bosco che non c’è, l’Allegra Fattoria e la grande novità di quest’anno: la Tana del Drago. Qui un terribile drago è a guardia dell'immenso tesoro degli elfi. Soltanto i bambini buoni potranno passare indenni. A Palazzo dei Papi il Presepe al coperto più grande del mondo (850 metri quadrati), con ambien-

Quest’anno il Teatro Incantato è ancora più bello e si presenta come il luogo ideale dove ascoltare le mille storie del bosco. La Taverna del Gioco è invece

tazione medievale e statue a grandezza naturale. Lungo il percorso anche tante attrazioni ad accesso libero: la Fabbrica dei Giocattoli, dove artigiani locali aiutano i bambini a costruire un proprio giocattolo da portare a casa; la Fabbrica del Cioccolato, dove è possibile trovare prodotti di alta pasticceria; la Libreria delle Favole e la Banca dello Zecchiere, qui è possibile coniare una vera moneta del villaggio di Natale. Altro spazio interessante il Cortile dei Burattini, dove prendono vita storie di orchi, streghe e animali fantastici. E per gli amanti del pattinaggio a disposizione il Lago Ghiacciato. Per maggiori informazioni visita il sito www.caffeinachristmasvillage.it e scrivi a caffeinachristmas@caffeinacultura.it.

PREZZI: Biglietto € 15,00 (pacchetto comprensivo di ingresso ai due mondi del Caffeina Christmas Village e al Presepe al coperto più grande del mondo) + diritti prevendita. Sono previsti anche dei pacchetti famiglia 4 persone (2 adulti + 2 bambini) € 55,00 anziché € 60,00 e 5 persone (2 adulti + 3 bambini) € 65 anziché € 75. I bambini al di sotto di 1 metro di altezza non pagano.

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“Per 45 giorni trasformiamo Viterbo in un mondo da sogno” Intervista al direttore artistico Filippo Rossi, nel giorno in cui l’elfo meccanico era in volo dalla Francia per arrivare a San Pellegrino.

iterbo vive per il secondo anno l’esperienza di un villaggio natalizio che cambia volto a una buona parte del centro storico. Per capire qualcosa di più su questo progetto diventato realtà abbiamo incontrato il direttore artistico del Caffeina Christmas Village Filippo Rossi. E mentre parliamo ci racconta di un elfo meccanico, imbarcato da poche ore su un volo in Francia e destinato ad abbellire un angolo, altrimenti rimasto un po’ spoglio, di questa cittadella natalizia…

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Cosa rappresenta per lei il Christmas Village? “Noi ci lavoriamo in pratica durante tutto l’anno, con l’idea di realizzare un mondo da sogno. Un luogo dove lasciare spazio alla fantasia. Ideiamo, progettiamo, realizziamo e alla fine posizioniamo tutto quello che serve per creare davvero una sorta di città parallela. Per me il Christmas Village rappresenta un luogo che concretizza il diritto di ognuno a fuggire dal mondo quotidiano, con i suoi problemi. Rappresenta un diritto alla fuga, almeno per qualche ora”. E cosa rappresenta, secondo il suo punto di vista, per la città di Viterbo? “Un’idea di tutti. La Fondazione con il festival Caffeina prima e ora con il villaggio di Natale punta a incidere e produrre un cambiamento positivo per il futuro della città. Il Christmas Village rappresenta l’idea che Viterbo può diventare attrattiva per migliaia di turisti. Riusciamo a rendere il capoluogo della Tuscia un luogo da sogno, per cui vale la pena prendere un treno, un aereo la macchina e venire. Rappresenta un qualcosa che trasforma la città in un altro mondo…”. Ci racconti come nasce questa idea? “Nasce da chiacchiere tra amici, genitori, mamme. Poi però ci siamo fatti prendere la mano ed è venuta fuori una città nella città...”

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L’attrazione di questa edizione che preferisce? “Mi state chiedendo di scegliere tra dei figli. Essendo il direttore artistico ho visto nascere ognuna delle cose che ora sono nel villaggio. Posso dire che ci sono attrazioni più potenti di altre, ma scegliere è impossibile. Essenzialmente i centri di tutto sono tre: la casa di Babbo Natale, il Villaggio degli Elfi e il Presepe, ma tutto merita”. Da che cosa vorrebbe travestirsi all’interno del villaggio natalizio? E in che panni vedrebbe bene il suo compagno d’avventura e presidente della Fondazione Caffeina Andrea Baffo? “Mi immagino bene nei panni di un elfo, nonostante le mie dimensioni fisiche non si concilierebbero bene, davanti a un focolare a leggere un buon libro. Andrea Baffo invece lo vedrei bene come monaco nel presepe, ha la faccia giusta. Oppure come giullare”. Cosa vi aspettate da questa nuova edizione? “Di sfangarla. L’investimento economico in ballo ci fa tremare le gambe. Verrà tanta gente e speriamo di riuscire ad accoglierla nel migliore dei modi. Mi auguro che l’8 gennaio brinderemo a un grande successo”. Un saluto a chi verrà nel capoluogo della Tuscia per visitare il Christmas Village e uno ai viterbesi. “Ai viterbesi dico che dobbiamo essere orgogliosi di quanto fatto insieme, perché tutto questo l’abbiamo fatto con il contributo di davvero tante persone. Il Christmas Village è un’opera collettiva, è una città intera che si mette in moto per 45 giorni. Abbiamo assunto, per l’intero periodo, 160 persone, senza considerare chi lavora nella squadra di Caffeina stabilmente e i volontari. Ai turisti dico una cosa semplice: benvenuti! Speriamo di riuscire a farvi sentire speciali”.

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natale a viterbo dress code

Che fai a Capodanno? Ma soprattutto: che ti metti? Dritte e spunti di moda per affrontare le feste: esagerare con coscienza, sentirsi a proprio agio sempre. Flavia Ludovisi Che fai a Capodanno?”. Superato lo choc di ogni anno a quest’ora, quando inizia a salire la febbre delle feste, e, stranamente, organizzata la serata del 31 dicembre, ecco un’altra grana: “Okay, ma che mi metto?”. E siamo andati subito al punto, ma troppo avanti, perché prima dell’ultimo dell’anno c’è Santo Stefano, il giorno di Natale, la Vigilia. E quindi pranzi, cene, aperitivi, feste e giocate. Tutte occasioni in cui non ci si veste a casaccio ma, è consuetudine, ci si mette più ‘in tiro’. Il Natale è una cosa seria, certamente non per cosa indossare, ma qui si parla di abiti e accessori. Si gioca, insomma, sulle tendenze del momento. E magari qualcuno, scorrendo queste righe leggere, troverà l’ispirazione. Che poi lo scopo, forse un po’ ambizioso, in realtà è questo. Da tenere sempre a mente, però, l’unica regola vera che troverete in questo testo: l’importante è sentirsi a proprio agio. Non esiste un dress code di Natale, poi. Ma probabilmente tutte vogliono essere eleganti alla cena della vigilia e ai pranzi del 25 e del 26 dicembre.

Nessuna vuole sfigurare. Basta una rapida occhiata nei negozi e sui giornali, allora, per rendersi conto che tra i must have di questa stagione c’è il velluto. È tornato di gran moda ed è un tessuto che riesce a rendere elegante anche il look più essenziale. Una giacca, immaginatela verde, fa la differenza su una camicia bianca. Un vestito, magari midi o corto, a tunica. O anche un paio di pantaloni ampi a palazzo o una gonna a pieghe. Per non dimenticare gli accessori. Dai frontini ricamati e con applicazioni alle borse. Insomma, è peccato non avere un capo di questo genere nell’armadio per ‘affrontare’ le feste natalizie 2017. Non si sbaglia mai, invece, indossando una gonna. Così: midi a tinta unita. E sopra una camicetta fantasia. Comodità ai massimi livelli? La scarpa stringata abbinata. Minimal dal design maschile, decorata, di vernice. L’invasione degli stivali cuissard, poi, non sarà passata inosservata questo autunno. E già, non stanno bene a tutte, ma ‘chi può’ farebbe bene a sfoggiarli. arlando di colori, sarebbe scortese non menzionare quello natalizio per eccellenza: il rosso. Se non un abito in questa tinta, anche se è sempre un’ottima idea, almeno un accessorio è d’obbligo durante le feste. Quest’anno, poi, è un gioco da ragazzi trovare nei negozi il capo giusto perché di tendenza. Anche sulla tonalità del bordeaux, sempre chic e meno ‘chiassoso’ del suo primario. Ma anche l’oro e l’argento vogliono giustamente la loro parte e allora lurex è la parola magica. Di giorno e di sera, perché a Natale si può. Per non parlare di Capodanno. Dipende tutto dal tipo di serata, è chiaro, e se con il nero non si sbaglia mai, è giusto ‘scintillare’ per dare il benvenuto al nuovo anno. Prima ci si decide sul da farsi meglio è, perché si ha più tempo per organizzare le idee. E per comprare subito un paio di calze nuove per non trovarsi senza alle 18 del 31 dicembre. Un classico. Audace e d’impatto: il vestito da avere nell’armadio è corto e color oro. Con un taglio semplice, quasi fosse una t-shirt, così è meno impegnativo e si adatta anche a chi vuole essere meno appariscente. Basterà indossarlo sopra a un paio di pantaloni neri a sigaretta.

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Ah, il nero. All’ultimo secondo, quando il tempo stringe e si è già passato in rassegna tutto il guardaroba, salta sempre fuori quel vestito total black che poi alla fine “non è male” e salva il Capodanno. Ma è doveroso ‘lavorare’ anche sugli accessori e sì, si può esagerare quella sera. Ma senza perdere di vista il buon gusto. E il primo dell’anno? Comincia il conto alla rovescia per i saldi…

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natale a viterbo idee regalo

Tutorial: come sopravvivere ai regali di Natale Michela Di Pietro

copri la nostra selezione per rendere i tuoi regali di Natale adatti ad ogni gusto. La mamma è sempre la mamma si sa e per Natale si merita un regalo speciale, adatto alla sua personalità. Dal poncho caldissimo e double face da indossare sopra il cappotto, sia in tinta unita che a fantasia e per i bijoux non c’è che l’imbarazzo della scelta. Se le piacciono gli accessori che sanno farsi notare, un paio di orecchini eccentrici sono perfetti per sottolineare il look in tutte le occasioni, una scatola portagioie da mettere in bella mostra in camera da letto o un portachiavi coloratissimo. Le mamme più classiche invece, gradiranno sicuramente un foulard a stampa, una comoda vestaglia da camera o una bella borsa di morbida pelle artigianale magari. Sempre ben accetti poi, piccoli soggiorni benessere in località del territorio per rilassarsi e trascorrere del tempo con le amiche.

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Passiamo alla nostra migliore amica, la persona che ci conosce meglio e con la quale possiamo permetterci anche un pizzico di follia. Per un’amica speciale serve un regalo speciale e in questo caso sono i dettagli a fare la differenza. Conoscendo sicuramente i suoi gusti in fatto di abiti, si può pensare a un maglione colorato, magari in lana cotta, perfetto per le sue uscite pomeridiane, o un luccicante paio di scarpe per serate da ricordare. Ampio spazio all’estetica ov-

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viamente: pacchetti massaggi, acconciature all’ultimo grido, tagli di capelli fantasiosi per iniziare al meglio il nuovo anno e, per restare su un grande classico che non passa mai di moda, libri per tutti i gusti. Amori struggenti, comicità sottile, libri di viaggi e di amicizia, perfetti temi per condividere insieme alla nostra amica la passione per la lettura. E se fosse la “nostra lei” sempre gradito un salto in gioielleria. Oppure un fine settimana romantico in Europa, dalle classiche capitale europee a luoghi più particolari: provate Bruges (Belgio). on possiamo dimenticarci del “nostro lui” chiaramente o di un amico e di papà. Che il nostro rapporto sia all’inizio o ormai navighi in acque sicure, scegliere il regalo giusto è sempre un passo molto importante. Dimenticate calzini e ciabatte, puntate sull’originalità. È forse il regalo più difficile da comprare a Natale, se infatti con le donne è facile sbizzarrirsi e trovare regali adatti ad ogni budget, per gli uomini la ricerca si rivela più ardua. Negli ultimi anni però, gli uomini sono diventati esperti conoscitori di lusso, abiti e (udite udite!) beauty e comprare qualcosa adatto a loro si sta rivelando un po’ più semplice del previsto. Il regalo deve essere pensato per i suoi gusti e per le sue esigenze: largo spazio a un look quotidiano very cool, trattamenti estetici e giornate alter-

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native, magari da passare con gli amici, in qualche meta suggestiva con un bel pranzo annesso. Non passano mai di moda, infine, weekend in capitali europee e qualche ultima uscita nel campo della tecnologia. Se poi volete stupire con regali piccoli ma molto sentiti, colleghi di lavoro affezionati, parenti in visita, nonne e vicini di casa, la risposta giusta risiede nel fai da te. I prodotti fatti in casa sono tornati di moda perché in una società di consumi, è proprio il tempo a mancare e riscoprire la bellezza di un regalo fatto a mano vale doppio. Conserve, pane, biscotti natalizi, marmellate preparate con amore e dedizione possono costituire un regalo originale, un pensiero utile e personalizzato per una persona cara. Le protagoniste sono sicuramente le candele che nelle feste natalizie creano l’atmosfera giusta, una piccola luce profumata nelle fredde notti invernali. Se si ama la maglia e l’uncinetto, maglioni o sciarpe di mille colori saranno il dono giusto per un abbraccio a distanza. E, infine, bottigliette di olii essenziali che sapranno alleviare piccoli dolori e forniranno una tenera coccola felice ogni giorno. Regali per tutti i gusti quindi, sentiti, dell’ultimo minuto e assolutamente necessari. Lasciate andare la fantasia e troverete la cosa giusta per voi.

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natale a viterbo viaggi di nozze

Viaggio al Polo Nord, due viterbesi sulle orme di Babbo Natale Il racconto della casa, degli elfi, delle renne e delle slitte attraverso gli occhi di chi c’è stato davvero. Cristina Pomi - Daniele Zinghinì

Chissà come è fatta la terra di Babbo Natale? E la sua casa vera? La Fune e Decarta hanno voluto fare un regalo a tutti i lettori di questo numero speciale, raccontando le renne, gli elfi e il Polo Nord attraverso gli occhi e i pensieri di Cristina Pomi e Daniele Zinghinì. Due viterbesi che questa estate hanno messo piede in uno dei luoghi più magici del mondo, arrivandoci in sella alla loro Moto Guzzi. È stata proprio la casa di Santa Claus una delle tappe più straordinarie del loro viaggio di nozze. ’esistenza di Babbo Natale non è più da tempo un punto interrogativo della nostra esistenza. Superati ormai i trent’anni e con due lauree scientifiche in testa l’attenzione è focalizzata sugli aspetti pratici della vita, ma dopo aver coronato il più grande sogno per due anime che si amano da anni, abbiamo sentito che era arrivata l’occasione perfetta per metterci in cammino inseguendo la costellazione dei nostri piccoli desideri. Una Moto Guzzi V7 classic, ribattezzata la “Poderosa” - che già aveva varcato i confini nazionali portandoci su e giù per i Balcani occidentali fin sulla punta più meridionale dell’Europa continentale -, ancor prima dell’alba di martedì 25 luglio 2017 correva già contro il tempo verso l’estremo Nord. Dopo una settimana con il navigatore impostato a tirar dritto avevamo attraversato Austria, Germania, Danimarca, Svezia e divoravamo chilometri d’asfalto per entrare nel profondo Circolo Polare Artico in piena estate artica. Un’ascesa lunga che ci ha fatto percorrere strade di un’estensione sconfinata e dai paesaggi

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ipnotici. Gli innumerevoli fotogrammi che si sono impressi nella nostra mente sono un continuo susseguirsi di boschi fatti di betulle e conifere dai tronchi esili e allungati, ravvicinati, che schermano i raggi di sole creando atmosfere suggestive. Labirintici, così fitti da perdercisi anche solo con lo sguardo, con macchie di fiori fucsia, l’unico piccolo vezzo della natura. Il passaggio in Finlandia, segnalato in maniera artificiale dall’improvviso e inaspettato allungarsi di un’ora dell’arrivo previsto a Rovaniemi, per effetto del fuso orario, e la scomparsa del guardrail al centro e ai margini delle carreggiate ci ha condotto nel bel mezzo della tundra subartica. Ma poiché non esistono linee di confine in natura ci siamo accorti della mutevolezza del paesaggio solo poco a poco. Sempre meno boschi e più praterie ampie, con arbusti nani, cespugli e pozze di acqua. Cos’era un acquitrino lo abbiamo scoperto lì, sotto i nostri occhi e soprattutto sotto le nostre scarpe impantanate nel tentativo ravvicinato di fotografare sconosciuti quanto meravigliosi fiori lanosi.

Tolto il casco e spenta la moto eravamo noi e l’immensità della natura, maestosa, per dirla tutta, veramente di una bellezza assurda e disarmante. Viva e vibrante, tenace, regina indiscussa di queste latitudini. Ritrovarci lì è stato come rinascere dalla fatica per scorgere un mondo magico del quale avevamo il privilegio di testimoniarne la preziosa unicità. Un silenzio impensabile, pioggia a tratti sottile ma comunque battente, incessante. Un pomeriggio di luglio in piena estate freddo, umido, con poco più di 10 gradi e nell’assurda compagnia delle zanzare. Il colore che dominava il paesaggio era pari al mercurio liquido, essere lì sembrava essere dentro un paesaggio lunare, surreale. L’unico vero riferimento che possedevamo tra le nostre conoscenze, per dire a noi stessi che eravamo veramente arrivati in Lapponia, erano le renne avvistate libere ai margini delle strade e avvicinate ripetutamente per la loro accesa e docile curiosità. Ad accogliere il nostro arrivo a Rovaniemi in tarda serata c’era un sole intramontabile, scorgerlo lì nel no-

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stro orizzonte per ore e ore sempre col suo giallo-arancio intenso è stata una di quelle esperienze, più uniche che rare, che solo dopo averla vissuta ne conosci pienamente il significato e ti rendi conto di cosa rischiavi di perderti se non ti fossi mai spinto fin lassù. Vivere un giorno pieno di luce è come fermare il tempo, puoi fare molte più cose. Che per noi ha significato guidare e godersi il paesaggio per molte e molte ore al giorno, fino a sentire la stanchezza scuoterci il corpo e la mente così sveglia da non riuscire a dormire. er rendere omaggio alla nostra infanzia non potevamo che scegliere di trascorrere la notte all’Hotel Santa Claus, allestito in atmosfera natalizia con decorazioni ovunque come se, facendo un passo dentro l’albergo, fossimo arrivati già a dicembre senza però avere fuori il buio e la neve tipici del Natale. La mancanza di congruenza tra gli elementi interni, quelli esterni e il repertorio delle nostre credenze creava un effetto strano nelle nostri menti, come se inglobare tutte le conoscenze vecchie e nuove fosse laborioso e richiedesse uno sforzo volontario. Dell’ingresso in camera ci hanno colpito tre cose: i peluche e le caramelle sul cuscino - quanto basta per tornare bambini - e l’enorme vetrata utile per gli avvistamenti dell’aurora boreale. Immaginare di ritornare qui in pieno inverno si è tramutato all’istante in un nuovo scambio di promesse, quelle di ritornare per vivere la magia della Lapponia invernale. Il fascino di queste terre è all’altezza di un cuore capace di sognare.

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Il risveglio nel paese di Santa Claus e nell’albergo a lui ispirato non è stato lento e senza vincoli come quello tipico della notte di Natale. Dalla vetrata della nostra camera la luce del mattino è entrata fin troppo presto. Per varcare il parallelo 66˚ 32’ 35’’, che segna ufficialmente l’ingresso nel Circolo Polare Artico occorre

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arrivare nei pressi del Villaggio di Babbo Natale, a 8 chilometri da Rovaniemi. Un luogo immerso nella natura, di estensione contenuta, con costruzioni interamente in legno massiccio e in cantiere dei lavori di ampliamento delle strutture ricettive. Stanno realizzando degli igloo di vetro per i turisti, così che possano trascorrere le notti polari sotto il cielo illuminato dalle scenografiche aurore boreali. Sale un po’ di invidia per chi arriverà qui in inverno, che assaporerà la magia del luogo in prossimità del Natale e potrà scivolare in sella ad una slitta trainata da renne tra i boschi completamente innevati. Un giro tra i negozi di souvenir di ogni genere che si susseguono e poi l’ingresso al Joulupukki Santa Claus. Avvertiamo un po’ di timore addentrandoci in un’atmosfera suggestiva creata da luci soffuse e dalle gradazioni di rosso che rintracciamo ovunque intorno a noi. La sensazione generale è caotica e indefinita, ingranaggi enormi di un orologio sono sospesi e incastrati perfettamente nell’architettura e nell’arredo del palazzo. Alle pareti, in piccole nicchie, sono ritratti gli elfi aiutanti di Babbo Natale e ovunque sono appesi quadri che ritraggono Santa Claus alle prese con semplici attività quotidiane. Proseguendo scorgiamo un enorme camino in pietra, con i regali ben disposti e un’infinita collezione di letterine scritte di pugno dai bambini di tutto il mondo. Tutti i sogni e le speranze dell’infanzia sono custoditi qui, in questo luogo sperduto e capace di contenerle tutte. Una lussuosa scalinata conduce al piano superiore, dove slitte di varie epoche sono in esposizione e un lungo corridoio porta alla stanza dove Babbo Natale accoglie i suoi ospiti per scattare una foto ricordo del magico incontro.

Qui persone di varia nazionalità aspettano pazientemente in fila il proprio turno mentre guardano dai monitor sospesi chi sta già incontrando Santa Claus. Anche noi ci accodiamo e nell’attesa catturiamo i discorsi dei bambini presenti, alle prese con il grande dilemma se Babbo Natale esiste o no. C’è chi ad 8 anni è fermamente convinto che non esiste davvero e si vuole rifiutare di fare una foto con un uomo mascherato e chi, con i capelli bianchi in testa e le rughe in volto, aspetta pazientemente di varcare la soglia per abbracciarlo. Per i più curiosi possiamo assicurare che Babbo Natale esiste davvero e che è circondato da numerosi aiutanti; nel suo ufficio postale c’è un continuo gran da fare ma ci si mettono d’impegno. e stavate pensando di scrivergli una lettera ricordatevi che non è mai troppo tardi, c’è sempre una strada per poter esaudire i nostri desideri e ogni momento è quello giusto per mettersi in cammino.

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E così noi siamo pronti a ripartire in sella alla nostra Poderosa, fuori c’è l’estesa Lapponia da scoprire e ci attendono nuove mete, nuovi sogni da raggiungere. L’intramontabile estate artica ci condurrà fino a Capo Nord, per affacciarci a strapiombo sul Mare Glaciale Artico sotto il sole di mezzanotte, e poi ci accompagnerà ad avvistare balene ad Andenes, nell’arcipelago di Vesterålen e subito dopo a scoprire le giurassiche isole Lofoten. Ci sarà quando dormiremo ad Ongajok Mountain Lodge, nella tradizionale casa dal tetto d’erba, in compagnia delle renne e anche quando resteremo incantati ai piedi della Cattedrale Artica a Tromsø. Scenderemo lungo i fiordi della Norvegia e il buio tornerà a sottrarre ore alla luce ma questa estate artica è destinata a restare, nei nostri ricordi, veramente intramontabile.

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natale a viterbo storia dell’anno

Un segno di speranza per i malati oncologici Elena Rolfo, la viterbese che ha fatto nascere TUeaMORE.

“Gli occhi che hanno versato lacrime sanno vedere molte più cose”

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con questa frase nella mente che parliamo con l’avvocato Ugo Maria Rolfo, leggiamo il materiale che ci invia, riflettiamo. Nei giorni di Santa Rosa di questo 2017 ci imbattiamo in quella che riteniamo essere una storia straordinaria, con la convinzione che lo sia davvero. Straordinaria come Elena Rolfo. Donna, madre, medico, viterbese. E scavando nella nostra memoria ce la ricordiamo anche Elena, ce la ricordiamo con la sua mitezza e il sorriso tra i corridoi del Ruffini. Purtroppo la malattia l’ha strappata all’affetto dei suoi cari. Però da Elena è nato un fiore di quelli che ti fissi a guardare. Tanto sono capaci di meravigliare e che aprono il cuore. La dottoressa Elena Rolfo è la presidente onoraria di Tueamore. Lo è dal 2016, da quando è nata questa avventura straordinaria che cammina nelle scarpe e ha gli occhi dell’avvocato Ugo Maria Rolfo, dell’ingegnere Antonello Cherubini, delle dottoresse Margherita Moretti e Laura Rolfo. “Il progetto Tueamore nasce da un sogno di Elena – medico geriatra – una donna del tutto “normale”: la figlia, la sorella, la madre, la moglie che tutti voi avete accanto. Era grata della sua vita, era entusiasta della sua professione, era orgogliosa delle sue due splendide creature. Ha sempre avuto la capacità di trasformare ogni esperienza in un’opportu-

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nità di crescita interiore. E proprio durante il suo personale percorso di malattia nelle tante chiacchiere, promesse e confidenze con me e i miei cari ha constatato, ictu oculi, che non tutti i cittadini possono usufruire delle strutture d’eccellenza, poiché alcune regioni non garantiscono gli stessi standard qualitativi, e ciò comportando che non tutti i malati possano affrontare i costi vivi degli spostamenti e dei soggiorni nei luoghi di cura prescelti – che sono a carico interamente dei pazienti! E allora in un silenzioso e indimenticabile pomeriggio invernale, dove il candore della neve si confondeva con la purezza del suo animo, le dissi che io e altri tre giovani professionisti, più o meno trentenni, eravamo pronti a impegnarci per trasformare questa sofferenza in un’opportunità d’amore e di solidarietà – proprio come ci aveva insegnato! Da quel momento la parola “tumore” si schiuse divenendo Tueamore”.

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ono queste le parole scelte da Ugo Rolfo, presidente della Onlus, per raccontare la storia straordinaria. In Italia ogni anno circa 800mila malati si spostano sul territorio nazionale per poter accedere alle migliori cure. Purtroppo i costi da affrontare per vivere distanti da casa sono molto alti e spesso inaccessibili. Per aiutare chi ha bisogno, la onlus Tueamore avvicina i pazienti oncologici, che devono raggiun-

gere i migliori ospedali per la propria patologia, alle strutture ricettive vicino ai centri d’eccellenza.

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inora tueamore.org ha raccolto 49 strutture con un totale di oltre 900 posti letto gratuiti o a prezzo simbolico e ha pagato oltre 300 notti ai pazienti con difficoltà economiche. La piattaforma internet Tueamore realizza l’incontro fra la “domanda” (malati oncologici e loro familiari che necessitano di spostarsi sul territorio nazionale per accedere a visite specialistiche, cure, indagini strumentali, interventi chirurgici ecc., nei luoghi di cura liberamente scelti) e l’offerta solidale (case d’accoglienza, b&b, alberghi, case vacanze, agriturismi, case private) in modo da ottimizzare l’organizzazione degli spostamenti e incentivare il paziente a riferirsi a centri di eccellenza, senza impedimenti economici. L’obiettivo della piattaforma è quello di assicurare la reale possibilità di accesso alle cure oncologiche e di garantire realmente a tutti i cittadini la possibilità della prognosi migliore. Sempre nel 2017 la famiglia Rolfo, in collaborazione con l’Ordine dei medici di Viterbo, ha istituito un premio in onore di Elena per incoraggiare giovani medici iscritti all’Ordine di Viterbo ad approfondire gli studi della geriatria. Per conoscere meglio il sogno di Elena visita il sito tueamore.org. DECARTA NATALE 2017



natale a viterbo la fune

Persona dell’anno 2017 Torna l’ormai tradizionale classifica di fine anno dedicata a chi si è distinto, nel bene e nel male, nel panorama cittadino.

n po’ come Time Magazine: la redazione de La Fune per il terzo anno consecutivo ha deciso di individuare la persona dell’anno. Come ormai da tradizione tutto il lavoro di selezione, motivazione ed esclusione si sviluppa online su lafune.eu.

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che, secondo noi, è la persona la cui presenza e il cui operato hanno lasciato il segno più evidente su Viterbo e la Tuscia.

persone reali, ma anche la personificazione di problemi e dinamiche che riguardano Viterbo e la Tuscia.

In questo spazio speciale vi presenteremo i sei finalisti, che si contenderanno il titolo di persona dell’anno 2017. Non si tratta di un premio però, né materiale né immateriale, nemmeno di un riconoscimento, ma semplicemente di una indicazione di quella

Non per forza positivo, come quando Time indicò Martin Luther King, neanche per forza negativo come quando invece indicò Adolf Hitler: semplicemente un segno. Proprio come fa il settimanale d’oltreoceano, al quale ovviamente ci siamo ispirati, se così si può dire. Insomma decliniamo su Viterbo quello che Time fa su scala mondiale. Nella lista non ci sono solamente

Nella short-list ci sono, in ordine sparso: “il capitano” capranichese Luca Pulino, il sindaco di Bagnoregio Francesco Bigiotti, i politici Giovanni Arena e Andrea Egidi, Leonardo Bonucci e il padre fondatore di Caffeina Filippo Rossi. Ecco le motivazioni, in breve, per i 6 candidati a essere la Persona dell’anno 2017. Per scoprire il vincitore potete seguire La Fune (www.lafune.eu).

Francesco Bigiotti

Luca Pulino

Filippo Rossi

Il sindaco di Bagnoregio sta scrivendo una storia meravigliosa per la terra dei Calanchi. Il suo dono è la consapevolezza e la capacità, naturale, di sapersi muovere in maniera intelligente e funzionale nel mondo d’oggi. Il punto più alto del 2017 l’ha toccato portando l’immagine di Civita a rappresentare l’Italia alla Fiera Internazionale del Turismo di Londra. Non si contano neanche più i passaggi televisivi sui canali nazionali e sulle principali televisioni mondiali. Ora sta lavorando per organizzare al meglio l’accoglienza turistica, consapevole che gli occhi dell’Unesco sono puntati su Civita. Tra i successi di quest’anno: aver messo a sistema i flussi dei crocieristi di Civitavecchia (da sempre considerata in Tuscia impresa impossibile) e l’aver coniato un modello riconosciuto sempre più ad alti livelli: il modello Civita.

“Il capitano” è l’autore del libro E il meglio deve ancora venire!. Questo quarantenne di Capranica sta diventando sempre di più un simbolo della voglia di vivere. Costretto nel letto dalla Sla non ha smesso mai di sperare e intorno a sé ha raccolto il meglio dei giovani della Tuscia. Una figura gigantesca che è diventata un simbolo di una generazione di “guerrieri” etruschi. Dal portierone blerano Giuseppe Iacomini al ronciglionese Giovanni Bartocci, che proprio in queste settimane è tornato da New York (dove ha aperto un ristorante da paura: Via della Pace) con un assegno da 1.500 dollari per combattere la Sla. Pulino è diventato, soprattutto quest’anno, il paladino di chi sta portando avanti una battaglia.

Caffeina man. È figura che “spacca”, nel senso che divide. O lo odi o lo ami. E Viterbo si è polarizzata in questo. Carattere complicato, voglia di fare, istrionismo etrusco, capacità di visione politica. Uomo del “conflitto d’interessi” a Palazzo dei Priori ma anche demiurgo di mondi che hanno reso diversa Viterbo: Caffeina, Christmas Village e in ultimo Teatro Caffeina. Il 2017 è stato, nel bene e nel male, anche il suo anno. La sua presenza sulla città di Viterbo non passa inosservata. Capace di usare la comunicazione, non a caso si tratta di un giornalista, è riuscito a incidere nel dibattito cittadino. Con la campagna elettorale alle porte in tanti si stanno arrovellando il cervello per capire che mossa farà sulla scacchiera di Palazzo dei Priori.

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Giovanni Arena

Andrea Egidi

Leonardo Bonucci

Rigenerato dagli anni, costretto in purgatorio lontano dalle cronache a causa della mancata elezione in Consiglio comunale nel 2013, l’ex vicesindaco di Giulio Marini ha avviato un lungo percorso di avvicinamento alla tornata elettorale del 2018, riunendo i fedelissimi e provando a ricomporre il centrodestra, con l’handicap però di aver spaccato nettamente il proprio partito, Forza Italia. Sembra possa essere il naturale candidato di quell’area, ma si sa che spesso chi entra papa, poi esce cardinale. Quel che conta, in questa rubrica, è quanto ha pesato ciascuna figura nel proprio campo e Arena ha avuto un ruolo da assoluto protagonista.

Ha (ri)vinto il congresso del principale partito della provincia di Viterbo, il Partito Democratico, arrivando ad un terzo mandato consecutivo tirandosi però addosso una marea di critiche. Egidi infatti sembra aver fatto un doppio salto mortale passando in pochi mesi dalle più dure critiche immaginabili a Giuseppe Fioroni e all’amministrazione comunale di Viterbo, all’alleanza congressuale con il primo e alla condivisione della Federazione con il vicesindaco Luisa Ciambella, divenuta presidente dell’assemblea cittadina. Il 2017 però è anche un po’ il suo anno: conquistare il Pd per la terza volta consecutiva non è cosa da poco.

È passato dalle stelle alle stalle in pochi mesi, ma rimane sempre il più forte sportivo viterbese degli ultimi decenni. Ha chiuso la prima parte del 2017 volando: sesto scudetto consecutivo con la Juventus, seconda finale di Champions League in carriera e trasferimento incredibile al Milan con tanto di fascia di Capitano. Da lì per Bonucci inizia però un periodo negativo tra club, al Milan raccoglie molte critiche, e Nazionale, con la quale non riesce a centrare la qualificazione ai Mondiali di Russia 2018. Poche settimane di buio però non possono cancellare un recente passato radioso e un futuro di sicuro protagonismo. Bonucci rimane un simbolo dello sport viterbese e di lui alla fine se ne parla e se ne parlerà sempre, finché non appenderà gli scarpini al chiodo. E poi magari ancora, chissà.

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natale a viterbo presepi

Vieni a vivere la Natività in una piccola Betlemme sospesa sulla Valle dei Calanchi l Presepe Vivente di Civita di Bagnoregio è un’emozione da provare almeno una volta nella vita. Qui il tempo sembra voler fare un bel regalo e per una qualche magia, che da queste parti diventa credibile, si ha davvero la sensazione di trovarsi nella Betlemme dell’anno zero. La stampa nazionale e internazionale, ormai da qualche anno, considera Civita uno dei borghi più belli d’Italia. E il Presepe Vivente, realizzato dal dinamico Comitato Croce Rossa Italiana di Bagnoregio e Lubriano e dal Comune di Bagnoregio, è all’altezza delle più sofisticate aspettative.

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L’antico borgo offre un’ambientazione unica, che riproduce un paesaggio non comune e dove il tempo sembra essersi fermato. Passaggio obbligato è un ponte, sospeso nel vuoto e circondato dal panorama mozzafiato della Valle dei Calanchi. Quindi l’accesso

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all’antico paese, costruito su uno sperono tufaceo, e la sensazione viva di essere in un sogno. ieci scene diverse che, come in un mosaico, ricostruiscono i giorni della nascita di Gesù. Il suq arabo, il castrum romano, Erode, le residenze nobiliari, la tribù beduina, gli artigiani al lavoro, i magi, i pastori, il lazzaretto e naturalmente la Natività. Un intreccio di colori, emozioni, bellezza.

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Ogni anno gli incassi del Presepe Vivente si trasformano in un progetto. Due anni fa venne acquistata un’ambulanza, a disposizione della popolazione di Bagnoregio e tutta la Teverina. Lo scorso anno un mezzo speciale che ha permesso l’attivazione di un servizio di trasporto disabili a Civita. Un mezzo che ha reso possibile abbattere una barriera architettonica formidabile, di quasi 600 metri.

L’appuntamento in queste feste è per i giorni del 26 e 30 dicembre e 1, 6 e 7 gennaio, dalle 16.30 alle 19. Info e aggiornamenti sulla pagina Facebook: “Presepe Vivente Civita di Bagnoregio”.

DECARTA NATALE 2017


Il Presepe Vivente a Corchiano accende le notti di Natale

l Presepe Vivente di Corchiano è un vero e proprio spettacolo teatrale all’aperto. Si svolge ogni anno, da Natale all’Epifania, all’interno del suggestivo Monumento Naturale delle Forre, ai piedi dell’antico Borgo medievale. Quando il pomeriggio si fa buio il presepe si accende con la luce dei fuochi delle torce e riporta gli spettatori indietro nel tempo, a 2000 anni fa. Dalle tribune, alte sulla balconata naturale del vecchio Borgo, si assiste alla rievocazione della notte di Natale. Le grotte scavate nel tufo sono quinte e fondali del villaggio di Betlemme, coi suoi fuochi, i commerci, i soldati romani a cavallo, i pastori e le greggi, i Re Magi. La voce narrante della rappresentazione è quella di Gigi Proietti, la colonna sonora è di Nicola Piovani, i personaggi che danno vita al presepe sono gli abitanti di Corchiano, nei costumi d’epoca. L’appuntamento con la 48esima edizione dell’evento inizia al tramonto di ogni giorno festivo: 25, 26, 30 e 31 dicembre, e ancora l’1, il 6 e il 7 gennaio: dalle 17,30 in poi i visitatori potranno apprezzare la scenografia ricca ogni anno di nuovi e sorprendenti scorci. Il Presepe Vivente di Corchiano è l’unico a poter contare su un Gesù Bambino vero, l’ultimo nato in paese. La tradizione del “bambinello” si tramanda da una generazione all’altra: chi ha avuto il ruolo di Gesù Bambino qualche anno fa, oggi consegna suo figlio alle cure di Maria e Giuseppe perché sia a sua volta protagonista di uno dei presepi più emozionanti del Natale. Dopo tanti anni, il Presepe Vivente torna nella sua naturale ambientazione originaria, il centro storico del borgo, fatto di vicoli e di piazze illuminate a festa. Dall’8 dicembre in poi le antiche cantine del centro storico, una rete di cunicoli sotterranei “picchiati” nel tufo, verranno riaperte; tutti i fine settimana un Mercatino di Natale proporrà i prodotti dell’artigianato e della gastronomia locale: olio, vino, nocciole, caldarroste. Nei giorni di spettacolo saranno organizzate visite guidate alla scoperta dei luoghi più suggestivi di Corchiano: l’antico Borgo medievale, con le sue antiche case affacciate sugli strapiombi, i suoi vicoli stretti, le piazze raccolte e le Forre, canyon angusti e profondi incisi da un torrente. È difficile restare indifferenti alla bellezza del Monumento Naturale delle Forre: si cammina lungo l’acqua, in fondo alle gole di roccia, tra massi coperti di muschio, profonde caverne e sorgenti. Lungo i sentieri sono visibili le tracce dell’uomo: vie “tagliate” nel tufo, ripari preistorici, la necropoli falisca della Caprareccia, l’antica mola, la centrale idroelettrica dei primi del ’900. Abitata dalla notte dei tempi, Corchiano ha origini antichissime. Lungo il Rio Fratta, una serie di ripari in grotta testimoniano la presenza dell’uomo già in epoca paleolitica. Fu città falisca, l’antica Fescennium, alta su un pianoro difeso da due fiumi. Del periodo falisco conserva ancora sepolture eleganti, opere importanti di ingegneria idraulica. Appena fuori Corchiano, in località Madonna del Soccorso, sono visibili le tombe rupestri. Particolarmente suggestiva è la profonda strada tagliata nel tufo, conosciuta come Cava di Sant’Egidio, alta più di 10 metri, che conserva sulle pareti un’iscrizione etrusca.

foto © Mario Santoro

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natale a viterbo curiosità

La vera storia della Bella e la bestia si è svolta sul lago di Bolsena Quella che vi raccontiamo è un'antica vicenda che ha ispirato una delle favole più famose del mondo.

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mmaginateli affacciarsi sul lago di Bolsena, dalla loro casa a Capodimonte presso la corte del principe di Parma. La Bella e la bestia sembra siano esisti davvero, o almeno da una storia vera sarebbe arrivato il centro, l’asse, di questa famosa favola europea. Ma chi era “la bestia“? Il suo nome è Pedro Gonzales e siamo nel ’500. Oggi definiremmo Pedro una persona affetta da ipertricosi, una malattia estremamente rara e che iniziò a essere studiata, da un punto di vista scientifico solo nella seconda metà dell’Ottocento. L’ipertricosi comporta la crescita abnorme di peli sull’intero corpo, faccia compresa. Nel Cinquecento una persona con questa malattia era in realtà considerata un selvaggio. La pelosità, infatti, era il tratto distintivo dei selvaggi di cui aveva favoleggiato l’Ariosto nell’Orlando Furioso, molto letto nelle corti d’Europa e diffuso in forma orale anche presso le classi contadine. Inoltre Pedro aveva anche altre “carte in regola” per poter essere definito in quel tempo un selvaggio.

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Fece la sua comparsa in Europa all’interno di una gabbia, portato in dono al matrimonio del re di Francia Enrico II con Caterina de’ Medici. Era stato catturato a Tenerife e faceva parte dell’etnia dei Guanci, l’ultima a piegarsi alla colonizzazione spagnola delle Canarie. La notizia dell’arrivo del selvaggio alla corte di Francia fece rapidamente il giro del continente. Il re decise di educare questo “singolare” essere umano come un cortigiano. In poco tempo Pedro divenne colto, educato e sensibile.

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questo punto entra in scena Caterina de’ Medici, che si mette in testa di trovare una moglie al selvaggio, con l’obiettivo di generare una dinastia di selvaggi al servizio del re di Francia. Caterina scelse di persona la sposa: bella e robusta. Dall’unione nacquero due primi figli che rappresentarono una delusione per la regina: non avevano un pelo. Il terzo e il quarto invece ereditarono l’aspetto del padre. All’epoca le corti si divertivano a competere tra loro anche nella collezione

di animali esotici. Avere con sé addirittura dei selvaggi rappresentava elemento di vanto e prestigio. Iniziarono a circolare per l’Europa diversi quadri raffiguranti Pedro e i suoi figli pelosi. Da questa storia avrebbe tratto origine la favola de La Bella e la bestia, che inizia a circolare in Europa proprio nella seconda metà del ’500. Ma come arriva sulle sponde del lago di Bolsena questa strana famiglia? Con la rovina della dinastia Valois, venne ceduta dalla corona francese ai principi di Parma. Ranuccio Farnese riconobbe a Pedro dignità e rango di gentiluomo, chiedendo in cambio qualche esibizione pubblica. La famiglia “di mostri” finì quindi sulle sponde del lago di Bolsena, nella Capodimonte che all’epoca era sotto il dominio dei principi di Parma, i Farnese. Tutta questa storia è stata ricostruita da Roberto Zapperi nel libro L’ incredibile storia di Pedro Gonzales e dei suoi figli (Donzelli Editore, pagg. 181, euro 21,50).

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