Riviera nº 10 del 03/03/2019

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vetrina

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Ormai da molto tempo viene spontaneo coniugare alcune iniziative “antindrangheta” al processo di Salem in cui 19 donne furono condannate al rogo perché avevano confabulato col demonio, e inoculato il malocchio a due bambine. Nella cupa notte delle streghe sono sfilati i testimoni “invasati” che avevano visto le corna del diavolo esattamente come gli inquisitori di Marina di Gioiosa o di Siderno (o di mille altri posti) hanno visto la coda della ndrangheta ovunque in quei Comuni.

La lunga notte delle streghe In Calabria è stata imposta una nuova “religione” in nome d’una falsa legalità! Falsa, perché scissa dalla carne viva della Costituzione. Falsa, perché imposta dal blocco sociale dominante sui cittadini genuflessi a cui non è consentito avere dubbi. Pena l’ira funesta dei custodi delle Leggi

ILARIO AMMENDOLIA Negli stessi giorni in cui il TAR Lazio certifica che i cittadini e gli amministratori di Marina di Gioiosa sono stati vittime di un grave e oggettivo abuso di potere da parte della Prefettura di Reggio Calabria e del Ministero degli Interni, l’ex sindaco di Siderno Pietro Fuda riceve un avviso di conclusioni di indagini in cui si ipotizza il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Due casi diversi tra loro ma mi sia consentita una considerazione: che strana gente sono questi ndranghetisti! Brigano per un seggio al consiglio comunale di Marina di Gioiosa, confabulano per infiltrarsi in quello di Siderno, non trascurano neanche il più piccolo Comune della Locride ma non si occupano del fiume di euro che, secondo Le Iene, si inabisserebbe tra le acque limacciose dell’ospedale di Locri. Premetto che diffido sempre dello scandalismo e sono contrario alle pubbliche gogne contro le persone. I processi sommari, soprattutto se condotti in televisione, spesso sputtanano innocenti e coprono i veri responsabili dei disastri. Dopo questa premessa aggiungo che se anche il 50% delle cose dette dalle Iene fossero vere ci troveremmo con una spesa di poco inferiore a un

milione di euro per ogni posto-letto all’ospedale di Locri. Roba da far rabbrividire la sanità svizzera e quella svedese messe insieme. Eppure non c’è nulla da fare, le coppole storicamente non si accorgono di nulla di quanto succede nella sanità locridea intente come sono a infiltrarsi in luoghi che spesso gestiscono la fame, trascurando quelli in cui scorre la ricchezza. Oppure, per dirla con linguaggio degno da noblesse oblige, questi ndranghetisti hanno più culo che anima! Perché fintanto che ci sarà l’antindrangheta alla foggia di “Di Bari”, non c’è pericolo per le cosche. Un prefetto che visita l’ospedale di Locri dopo il servizio delle Iene! Ma vi rendete conto? E i sindaci che si prestano al gioco in un clima di subalternità politica e culturale rispetto ai responsabili politici e istituzionali del disastro. Non entro nel merito delle loro scelte ma… non è l’assemblea dei sindaci che avrebbe dovuto discutere e votare i bilanci dell’Asp di Reggio? (che non viene approvato dal 2012?) E non tocca al Prefetto la vigilanza sugli organi istituzionali? Aggiungo che nelle stesse ore in cui il pre-

fetto veniva ricevuto con tutti gli onori, Vestito rientrava nel suo Comune in un clima di perfetta solitudine istituzionale. Ormai da molto tempo mi viene spontaneo coniugare alcune iniziative “antindrangheta” al processo di Salem in cui 19 donne furono condannate al rogo perché avevano confabulato col demonio, e inoculato il malocchio a due bambine. Nella cupa notte delle streghe sono sfilati i testimoni “invasati” che avevano visto le corna del diavolo esattamente come gli inquisitori di Marina di Gioiosa o di Siderno (o di mille altri posti) hanno visto la coda della ndrangheta ovunque in quei Comuni. Dinanzi a questi fatti non mi scandalizzo né mi indigno avendo visto e raccontato da decenni casi ben più gravi che hanno stritolato una infinità di vite umane e fatto a pezzi la Legge e la democrazia. Senza neanche scalfire la ndrangheta e mentre i criminali fanno da padroni nelle nostre campagne e nei nostri paesi. Ma nessuno lo dice perché in Calabria è stata imposta una nuova “religione” in nome d’una falsa “legalità”! “Falsa” perché scissa dalla carne viva della Costituzione. “Falsa” perché imposta dal blocco sociale dominante sui cittadini genuflessi a cui non

è consentito avere dubbi. Pena l’ira funesta dei custodi delle Leggi. Contemporaneamente le messe solenni e i fiumi di incenso sparsi da televisioni, giornali e da notabili asserviti hanno il compito di non far vedere che stiamo adorando il “vitello d’oro” e non il Dio di Mosè. Un idolo che pretende di salvare un sistema marcio e mafioso facendo finta di combattere la ndrangheta. Il Garantismo è un sentire alto e nobile ma da solo non basta! Occorre andare “oltre” il semplice garantismo perché la ndrangheta e la criminalità non nascono come i funghi dopo la pioggia ma sono frutto del “sistema” dominante che sacrifica la dignità deboli sull’altare del privilegio. E non ci può essere lotta al crimine che non sia lotta non violenta di un popolo per un’alternativa democratica a questo sistema istituzionalmente marcio e intrinsecamente mafioso. Abbiamo il dovere di costruire un “oltre” e che sia anche un sogno e un progetto politico capace di mettere in discussione il “liberismo” selvaggio e il capitalismo trionfante, la società dei disuguali, la secessione dei ricchi, la colonizzazione della Calabria. Senza quest’oltre resteremo prigionieri dell’eterno presente!


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attualità

“Lande desolate”: sospesi fondi europei per 130 milioni

Bruxelles sospende il pagamento di 130 milioni di euro di fondi POR alla Regione Calabria. Tali fondi andavano a ricoprire anche i lavori per l’impianto sciistico di Lorica, le operazioni di riqualificazione di piazza Bilotti a Cosenza e l'aviosuperficie di Scalea. Tre opere finite al centro dell’inchiesta “Lande desolate” della Dda di Catanzaro, indagine nella quale era stato coinvolto lo stesso governatore della Regione, Mario Oliverio, finito all’obbligo di dimora. Ma il problema non è solo Oliverio. La ragione del blocco dei fondi da parte della UE sarebbe infatti da ricercarsi nel fatto che i dirigenti che gestiscono il POR 2014/2020 sono in massima parte gli stessi che hanno gestito anche il POR 2007/2013, su cui ricadono i casi indagati dalle forze dell’ordine. Ecco perché Bruxelles avrebbe inviato una missiva decidendo di sospenderne via precauzionale i pagamenti per 6 mesi nella speranza di capire nel frattempo cosa sia stato fatto con i fondi concessi in precedenza. Il congelamento del finanziamento diventa un problema non da poco. L’autorità di gestione delle risorse, che resta l’UE, ha inviato alla Calabria il documento chiedendo una serie di chiarimenti, elencati dal direttore generale del Dipartimento Politica regionale e urbana della Commissione Europea Marc Lemaìtre. Chiarimenti che potrebbero tranquillizzare Bruxelles e far ripartire i fondi, qualora il quadro fosse in regola. L’UE chiede infatti di espletare dei controlli accurati sulla veridicità e altri interventi, tra cui rivedere le dichiarazioni sullo stato di avanzamento dei lavori, sull’eventuale completamento di questi e fornire un rapporto che includa lo stato dettagliato di ogni infrastruttura e lavoro pubblico ammesso al cofinanziamento del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. L’autorità locale che certifica la situazione attuale, il cui lavoro sarà supervisionato da ispettori della Commissione, dovrebbe confermare che la spesa eventualmente ritenuta irregolare verrà detratta dal programma di finanziamento, spiegando anche come si intende intervenire su eventuali irregolarità identificate. L’UE chiede inoltre se la Regione conferma “il ritiro del progetto ‘Aviosuperficie di Scalea’”, e “l’esclusione delle operazioni su Lorica e piazza Belotti”. Se le misure richieste non venissero seguite il rischio per la Regione Calabria è di vedersi bloccare definitivamente i pagamenti. La questione è esplosa martedì in consiglio regionale, perché i componenti delle opposizioni erano in possesso della lettera di Marc Lemaìtre e hanno chiesto spiegazioni ad Oliverio. Questi, presente in aula, nel proprio intervento ha fatto solo un vago cenno alla lettera sostenendo che comunque si riferisce al programma 2007/2013, la gestione precedente al suo mandato. Fausto Orsomarso, di Fratelli d’Italia, ha commentato così il caso: “Non entriamo nella vicenda giudiziaria ma avendo avuto sentore di questa lettera contestiamo i numeri trionfalistici utilizzati costantemente da Oliverio per descrivere la propria opera. Abbiamo anche dubbi sulle ricadute che sul territorio hanno le opere in oggetto”.

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Il grillino che non ti aspetti L'indignazione è un'ottima reazione di fronte a qualunque problema: serve a far sembrare che ci si mette in azione anche se non si fa nulla di concreto. C'è gente che ci ha campato e ci campa… e ovviamente ci fa politica. Purtroppo l'indignazione è anche un sentimento intermittente, oggi è grande, domani assente, e quindi difficilmente garantisce rendite di posizione. Quello che tutto sommato i 5 Stelle stanno sperimentando è proprio l'intermittenza dell'indignazione. Del resto, se, come diceva Giovenale, indignatio facit versum, difficilmente permette di andare oltre i meri voli pindarici dell'invettiva che mette insieme neoliberismo, familismo amorale, corruzione, inquinamento e, se serve, complotto giudaico-massonico (cit. Lannutti). Ogni tanto qualche idea più organica servirebbe, soprattutto se si parla di elezioni regionali e locali in cui la gente non si può innamorare della faccia pulita vista da Barbara D'Urso, ma deve scegliere il vicino di casa o il compaesano, magari chiudendo un occhio sulle sue debolezze. Dalla cucina della Premiata Trattoria Di Maio, lo chef Casaleggio e i suoi aiuto-cuochi stanno lavoran-

do a una straordinaria novità: apertura alla società civile (con liste dei soliti professori, giornalisti, avvocati, militari ecc.) e abolizione del vincolo dei due mandati a livello locale. Una ricetta che detta così ricorda la Forza Italia del 1994, benché senza Berlusconi… Ed è questo il Grillismo che non ti aspetti e che potrebbe avere esiti sconcertanti. In Calabria chi potrebbe entrare in queste liste civiche di prestati alla politica a tempo indeterminato? È facile immaginare che si tratti di persone che la politica la fanno da sempre in contesti in cui è mascherata da merito o da servizio, come università, ordini professionali, associazioni, magistratura, pubbliche amministrazioni ecc. Tutti contesti che comunque da noi funzionano poco. Temiamo comunque che questo faccia perdere parecchio smalto al Movimento: del resto, prefiggersi partecipazione e democrazia diretta significa anche permettere a persone distanti dalle élite sociali di accedere alle istituzioni (in questo senso, quelli che danno a Di Maio del "bibitaro" gli fanno un complimento); affiancare ai militanti storici, nomi provenienti dai soliti ambienti di rincalzo

della classe politica sarebbe contraddittorio con questo spirito e farebbe segnare il passo, rendendo i 5 Stelle un semplice veicolo su cui qualcuno può salire per accedere finalmente alla stanza dei bottoni, ma per rinnovare le vecchie prassi. Questa scelta può almeno rivelarsi utile in termini di aumento dei suffragi? Attirare consensi, che non siano di mera protesta o di pura opinione, richiede o di candidare nomi già noti e prestigiosi o di andare a pescare tra i soliti traghettatori di voti: sia i primi che i secondi sono estremamente volubili e difficilmente dopo aver dato un contributo in termini elettorali potrebbero essere ricondotti alla disciplina ferrea che caratterizza il Movimento. Se poi si volessero proporre nomi totalmente nuovi ben pochi voti si aggiungerebbero a quelli della lista principale dei 5 Stelle. Ci troveremmo quindi di fronte a un bivio, come già accaduto anche a Forza Italia in passato: o accontentarsi di risultati non entusiasmanti o scontare il maggior successo elettorale con una minor coesione del gruppo eletto in coalizione. Ovviamente c'è sempre anche il rischio di perdere capra e cavoli… Gog&Magog

BOVALINO

Il vento porta via un pezzo di lungomare Superata l’emergenza maltempo dello scorso fine settimana, lunedì mattina si è passati alla conta dei danni. È stato soprattutto il vento a creare disagi e, anche se la costa calabrese più colpita è stata quella tirrenica, il versante ionico non è certo uscito illeso dalla perturbazione. Uno dei danni più gravi, anzi, si è registrato proprio nella Locride e, per la precisione, a Bovalino, dove grandi mareggiate hanno fortemente danneggiato il lungomare provocando danni per circa 1 milione di Euro. Il “moto ondoso anomalo”, come definito dagli esperti che hanno studiato il fenomeno, ha infatti letteralmente scavato le fondamenta del lungomare provocando un cedimento strutturale che ha interessato circa 200 metri di passeggiata e che ha convinto l’Amministrazione Maesano a chiedere lo stato di calamità. Nonostante la macchina burocratica sia stata fatta partire piuttosto rapidamente, restano tuttavia le preoccupazioni per le ripercussioni che questo evento calamitoso potrebbe avere sulla stagione estiva. Il tratto più colpito, infatti, è il cuore nevralgico della bella stagione, dato che si trova in corrispondenza dell’installazione degli stabilimenti balneari.

RIACE

Accolto in parte il ricorso di Mimmo Lucano È stato accolto in parte, dalla Cassazione, il ricorso della difesa del sindaco sospeso di Riace Domenico Lucano contro l'ordinanza del riesame di Reggio Calabria che lo scorso 16 ottobre gli aveva imposto il divieto di dimora a Riace. In particolare, i supremi giudici hanno “annullato l'ordinanza impugnata limitatamente al reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente di cui al ‘T’ della rubrica e alle esigenze cautelari e si rinvia per nuova deliberazione su tali punti al tribunale di Reggio Calabria sezione riesame”. Il resto del ricorso è stato respinto.

Lucano, intanto, continuerà a risiedere a Caulonia Marina, a pochi chilometri da Riace, in attesa del nuovo verdetto dei giudici di merito. “Nessun commento al momento. Devo parlare prima con i miei avvocati per capire bene i termini della sentenza della Cassazione. Dopodiché valuterò se dire qualcosa”. Mimmo Lucano, contattato dall'ANSA, non vuole ancora esprimersi sulla sentenza. “Sono questioni delicate - aggiunge - e voglio prima capire dai miei legali cosa é stato concretamente deciso dalla Suprema Corte”.


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politica

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L’amministrazione di Marina di Gioiosa ha pagato il conto per qualcosa che non era riconducibile alla sua responsabilità. Alla luce della sentenza del TAR Lazio, che ha annullato lo scioglimento del consiglio comunale, ci domandiamo come possa essere accaduto e quale perverso, kafkiano meccanismo si sia innescato per produrre una deflagrazione così potente, per decidere di sparare con i cannoni contro le zanzare.

Il Prefetto che ha firmato la richiesta di scioglimento si fiderà, ora, di noi dopo averci gettato in pasto al discredito? Ci attribuirà la considerazione e il rispetto dovutici? Saprà spogliarsi dalla convinzione che non siamo i “compagni di merende” per i quali ha chiesto e ottenuto l'impeachment?

La Calabria e le logiche di potere da pollaio

E quindi uscimmo a riveder le stelle SERGIO M. SALOMONE*

In tempi nei quali una notizia viene archiviata l'attimo successivo a quello in cui viene resa nota, quella relativa alla reintegrazione nelle funzioni dell'Amministrazione Comunale di Marina di Gioiosa Jonica è superfluo dire che, dopo una settimana, sia in avanzato stato di decomposizione. Queste righe, pertanto, sono indirizzate ai pochi che ancora non ne siano a conoscenza o, conservandone memoria, vogliano approfondirla. Comincio subito col dire che, per assurdo, per me che sono pienamente immerso nella vicenda in quanto consigliere eletto in quella Amministrazione, l'esito della sentenza comunicataci venerdì scorso non è mai stato in discussione, pervicacemente radicato, come sono, nella convinzione che la presenza di un giudice non sia prerogativa esclusiva di Berlino. Anche perché, va detto, il teorema

montato e l'insieme degli addebiti a nostro carico -di un'aleatorietà sconcertante - e il certosino, coscienzioso

e, per certi versi, dunque, “facile” lavoro di smantellamento compiuto dall'avvocato Francesco Macrì, più

che indurre a sperare in una conclusione favorevole, me ne davano certezza. Questo pur avendo da subito espresso ai miei colleghi il convincimento che fosse, comunque, nostro obbligo difendere e riaffermare nelle sedi appropriate la nostra dignità vilipesa. Per rispetto ai nostri figli, alle nostre famiglie e a chi ci aveva votati, certo come ero e sono che la storia personale di ognuno di noi testimoniasse da sola della considerazione nella quale tenevamo gli ambienti ai quali incauti untori avevano, scriteriatamente, ritenuto di accostarci. La sentenza del TAR, dunque. Anche il più superficiale, sprovveduto, ingenuo dei lettori che ne prendano visione non può non avvertire un senso di turbamento nel rendersi conto della ineluttabile, totale sconfessione con la quale vengono rigettate, una ad una, tutte le singole contestazioni. E non occorre essere giureconsulti


MARIA GIOVANNA COGLIANDRO on riesco a farmi un'idea neppure pallida di cosa sia diventata la nostra gente, un'umanità che, svilita e mortificata dal sospetto, è stata ridotta a immagini terrificanti come quella di un grido nero, racchiuso dentro al petto, dove implode. L’annullamento dello scioglimento di Marina di Gioiosa Ionica e di Lamezia è la riprova che la criminalità è diventata una straordinaria operazione di marketing giudiziario a scapito della tenuta psicologica e morale di intere comunità. Una legge, quella sugli scioglimenti dei comuni, nata per combattere la delinquenza organizzata è diventata uno strumento di potere per combattere avversari politici e piccole lobby. Logiche di potere da pollaio. Quando la legge inquina i mezzi in nome dei fini, fa strame delle garanzie, calpesta i diritti dei singoli, insegue verità fittizie, cosa resta della democrazia? Cosa resta della legalità? Cosa resta della libertà? “Non c’è libertà senza legalità” – sosteneva Piero Calamandrei. Ma la legalità non è solo quella ristabilita quando si arresta uno ‘ndranghetista, è anche quella che viene a mancare quando si fa torto a un semplice cittadino. E la legge sugli scioglimenti, lo abbiamo ribadito più volte, di torti ai cittadini ne ha fatti, e anche troppi. Continuando di questo passo, che esempio si pretende di dare alla nostra gente? Sono stati presi a modello i metodi della criminalità – arroganza, abuso di autorità e smania cieca di far fuori chiunque si ponga di intralcio – e sono stati resi funzionali per raggiungere opinabili obiettivi che si pre-

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tende di far rientrare nel quadro di un’azione moralizzatrice, sempre più evanescente. Finti maniaci del rigore, con le loro spettacolari conclusioni preventive, hanno condannato i cittadini di questo territorio a convivere con la mafia e la prassi pervasiva del malaffare. Più volte abbiamo sottolineato che la legge sugli scioglimenti dei comuni sia da rifare ma nessun parlamentare calabrese dei vecchi partiti, che fosse di destra o di sinistra, ha mai preso di petto il problema. Ci rendiamo conto che è dovuto arrivare Salvini perché si mettesse mano alla legge? Viviamo in una terra in cui si gioca a inventarsi il crimine e di fronte a quello reale ci si volta dall'altra parte. Inventarsi il crimine sta diventando un incredibile sollazzo, ma davanti a queste logiche perverse non bisogna mai rinunciare a difendersi, sebbene si sia ben consapevoli che vi siano attacchi concepiti anche in previsione di una precisa difesa. Il guaio è che non riusciamo a immaginare una vita che sia con noi onesta dopo tutte queste disonestà scrupolosamente consumate. E personalmente mi assale lo sconforto se ripenso a una confessione fattami non molto tempo fa da un politico di esperienza: “Quando un comune è controllato dalla ‘ndrangheta, stranamente se ne stanno alla larga pure le istituzioni – polizia, carabinieri, finanza, prefettura – perché è la ‘ndrangheta a controllare i rapporti con queste ultime e a farne le veci. Se la ‘ndrangheta non c’è, ognuna di queste istituzioni porta avanti un pedaggio: chi vuole la moglie sistemata, chi il nipote… funziona così e, lo so, è una vergogna”. Sarebbero costoro a dover ristabilire la legalità? È chiaro che ogni generalizzazione è deleteria e lungi da me voler gettare tutti nello stesso calderone. Temo, però, che dopo la politica, oggi più che mai, a causa di condotte poco limpide, si rischi di perdere la fiducia in quelle istituzioni che ancora continuavano ad apparire immacolate. E se il crollo della fiducia nella politica ha avuto come conseguenza il populismo, cosa genererà la perdita della fiducia nel resto delle istituzioni, prime tra tutte quelle che dovrebbero assicurare la giustizia?

Ho scritto al Papa ed è successo il miracolo

ROSARIO VLADIMIR CONDARCURI

atomistica di tutti gli episodi considerati ai fini dell'adozione del provvedimento dissolutorio, tenuto conto dei ravvisati vizi di travisamento dei fatti e di illogicità della valutazione dei presupposti, non è possibile ricavare la sussistenza di quegli elementi concreti, univoci e rilevanti idonei a configurare la compromissione del buon andamento o dell'imparzialità dell'amministrazione comunale e la presenza del condizionamento da parte della malavita organizzata.”, come possono un ministro e un prefetto della Repubblica avere deciso di prendere una decisione così grave? Possibile che siano stati leggeri tanto da incorrere in questa totale sconfessione da parte del Tribunale Amministrativo? Da quali collaboratori si sono fatti consigliare? Quanto a sproposito il loro zelo si è spinto oltre e ha ignorato il ragionevole dubbio che dovrebbe essere la bussola per chi ha la responsabilità di presiedere a questi fatti? Per chi è, come il sottoscritto, un tifoso delle Stato, la vicenda è paradossale oltre che per le ricadute sulle persone che ne hanno subito l'impatto, per il danno al paese e alla democrazia - che già sono motivo di sconcerto - perché non riesco a immaginare in quali condizioni saremo chiamati a svolgere il nostro compito.Il Prefetto che ha firmato la richiesta di scioglimento si fiderà, ORA, di noi dopo averci gettato in pasto al discredito? Ne avrà l'umiltà per farlo in un mestiere nel quale dell'umiltà non se ne conosce il concetto? Ci attribuirà la considerazio-

ne e il rispetto dovutici? Saprà spogliarsi dalla convinzione che non siamo i “compagni di merende” per i quali ha chiesto e ottenuto l'impeachment? Risponderà alle chiamate del sindaco o continuerà a negarsi come fece durante il periodo in cui ci teneva sotto osservazione (o, dovrei dire?, tiro)? Ci garantirà le tutele costituzionali con la stessa solerzia ed equanimità che ha usato per scioglierci? E noi, soprattutto, ci sentiremo liberi di attuare le nostre politiche e tranquilli nel farlo sapendo di non potere sbagliare nemmeno per sbaglio dal momento che già, senza avere sbagliato, abbiamo, fino a sentenza, sbagliato? Non sono interrogativi di poco conto. Al contrario dovrebbero essere la base dalla quale partire per una revisione ragionata della legge che governi la materia. Degli innocenti, NOI, abbiamo pagato il conto per qualcosa che non era riconducibile a nostra responsabilità e, lasciatemelo dire, alla luce della sentenza del TAR, mi domando, CI DOMANDIAMO, come possa essere accaduto e quale perverso, kafkiano meccanismo si sia innescato per produrre una deflagrazione così potente, per decidere di sparare con i cannoni contro le zanzare. Mistero! È pur vero che Marina di Gioiosa, nella sua storia, ha conosciuto più di un commissariamento ma questa cosa non significa, sic et simpliciter, che a Marina di Gioiosa la commistione tra chi fa politica e la delinquenza organizzata sia un dato

imprescindibile. Certamente non lo è per quel che riguarda NOI! Sulla questione centrale avrei finito ma qualcosa ai miei compaesani non posso non rimproverarla. Dicevano i Latini, in cauda venenum. C'è un film, si intitola Selma, la Strada per la Libertà, che parla della marcia organizzata da Martin Luther King nella primavera del 1965 da Selma, appunto, a Montgomery in Alabama, per reclamare il diritto al voto dei neri d'America. La cosa di quel film che più mi ha colpito è un passaggio del discorso funebre che il pastore protestante ha pronunciato per l'uccisione da parte della polizia bianca del militante Jimmie Lee Jackson e che potrebbe essere tranquillamente adattata al vento che spira nella nostra cittadina. No, non è: I Have A Dream. Egli dice, rivolgendosi ai neri presenti in chiesa: - Jimmie è stato ucciso non solo dalla polizia. Sul grilletto c'erano gli indici di tutti quei neri i quali, mentre gli altri fratelli manifestavano e rischiavano la libertà e la vita per loro, se ne stavano beatamente a osservare senza muovere un dito o, addirittura, godendo per quanto accadeva loro”. Ecco, allora, Gioiosani, fratelli, Popol mio, mi verrebbe da dire con Alberto da Giussano, vediamo di non commettere ancora lo stesso errore che condanna questo bellissimo paese a essere succube sia del malaffare, sia di chi lo combatte. * Consigliere comunale di Marina di Gioiosa Ionica

per sentire aleggiare, leggendo tra le righe, una domanda inquietante: se alle argomentazioni contenute nella relazione prefettizia addotte a giustificazione dello scioglimento dell'organo di governo di Marina di Gioiosa Jonica il Giudice Amministrativo risponde con rasoiate del tipo “gli atti impugnati richiamano alcune vicende che risultano essere travisate o solo parzialmente descritte, sicché la loro valenza, seppure in termini puramente indiziari, ne risulta compromessa”; o “in punto di fatto, non si riscontrano comportamenti omissivi negligenti ascrivibili agli uffici comunali”; o, ancora, “analoghi travisamenti si riscontrano in relazione alle vicende collegate alle concessioni per la gestione di stabilimenti balneari… si osserva come non si sia tenuto conto dei notevoli ritardi nel riscontro (da parte della Prefettura ndr) delle richieste di informazioni, mentre i provvedimenti di revoca (attuati dal Comune ndr) sono stati assunti entro tempi compatibili”; o “nel settore degli spazi pubblici era presente in realtà, da numerosi anni, una totale inerzia non colmata neppure nel periodo in cui l'Ente era stato sottoposto ad altro commissariamento e la nuova amministrazione non era restata inerte ma aveva introdotto numerose iniziative di risanamento sicché non appare corretto ricavare da questo elemento un indice attuale sintomatico della debolezza e della capacità di condizionamento degli amministratori odierni ricorrenti”; o, infine, “Il Collegio ritiene che da una lettura complessiva e non

La notizia di oggi è di quelle straordinarie, di quelle che ti fanno pensare che bisogna combattere per i propri diritti, che la verità trionfa sempre, che quando operi nel giusto non devi temere niente e nessuno. Il Tar del Lazio ha annullato gli scioglimenti dei comuni di Lamezia Terme e Marina di Gioiosa Ionica. Dopo più di un anno torna la democrazia nelle due cittadine calabresi. Purtroppo, in questo caso, l’ingiustizia è stata compiuta da chi dovrebbe garantirla, da uno Stato sordo, che ha scelto di abbandonare questa parte d’Italia ad alcuni burocrati mediocri, che non hanno altra iniziativa se non la repressione, anche con la bugia, anche con l’inganno. Mi viene da pensare che il Papa abbia letto la mia lettera e parlato della nostra condizione al Signore, che si è immediatamente attivato per realizzare un miracolo, per far tornare il sorriso e la fede a molti cittadini di Marina di Gioiosa Ionica. Penso che il prefetto di Reggio Calabria, a questo punto, dovrebbe iniziare a recarsi in chiesa cercando di scongiurare un secondo miracolo ancora più clamoroso e sicuramente definitivo per la sua opera di criminalizzazione di un popolo, colpa di cui non si potrà mai più liberare, né lui né quelli che come lui cercano di tenere questa terra sotto scacco. Anche la terna commissariale che amministra il comune di Siderno, visto che orami sono enormi i danni che sta creando, dovrebbe pensare di farsi un esame di coscienza. La gente inizia a essere consapevole di quello che sta succedendo, dei motivi che stanno alla base di queste scelte, la gente è stanca, rivuole il proprio futuro, non le vostre bugie.


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attualità

Noi lavoratori tirocinanti degli enti locali stiamo vivendo la stessa disparità dei naufraghi del Titanic

Noi lavoratori tirocinanti della Regione Calabria, che da circa un decennio svolgiamo funzioni di manutentori, ausiliari e supporto amministrativo negli enti pubblici locali, esprimiamo la nostra indignazione e denunciamo la palese ingiustizia che continua a perpetuarsi nei nostri confronti a causa di atti amministrativi che determinano azioni volte a generare palesi e gravi situazioni di disparità di trattamento con i lavoratori tirocinanti del comparto giustizia che hanno la stessa funzione e mansione. Premesso che l’obiettivo delle varie manifestazioni di interesse per la presentazione di percorsi di politiche attive è quello di favorire l’occupabilità dei lavoratori, precedentemente inseriti nel bacino dei percettori di mobilità in deroga nel mercato del lavoro, attraverso azioni orientate all’eliminazione dei fenomeni di marginalizzazione di carattere sociale ed economico. Non è possibile che al termine del tirocinio, sulla base del Progetto formativo individuale non ci venga riconosciuta una qualifica, al contrario dei colleghi tirocinanti degli uffici giudiziari del territorio calabrese, ai quali, al termine dell’attività svolta, in base al possesso dei titoli di studio compatibili con le attribuzioni da acquisire, verrà rilasciata una qualifica di “ausiliario” oppure “operatore amministrativo”, che permetterà la partecipazione a eventuali avvisi di selezione per l’avviamento al lavoro di tali figure che potrebbero essere banditi proprio attraverso i Centri per l’Impiego. A parte l’ingiustizia di levarci 300 euro mensili della borsa lavoro per equiparare i tirocini (potevano aumentare l’indennità mensile ai tirocinanti impegnati nel percorso formativo presso gli uffici giudiziari), a noi lavoratori, che per lo più siamo monoreddito, anche il diniego alla partecipazione per eventuali avvisi di selezione, quando le finalità dei tirocini è quella di dare la possibilità, ai lavoratori disoccupati, di essere avviati in percorsi di qualifica, svolgendo anche un’attività lavorativa di indubbia valenza socio-professionale. Parliamo di 4000 lavoratori tirocinanti in tutta la Regione Calabria ormai diventati un pezzo degli Enti pubblici locali. Ci sentiamo il cuore pulsante, non abbiamo mai avuto una lamentela sul nostro operato, non abbiamo mai mancato un turno, mai commesso errori e gli Enti calabresi (il 91% dei comuni) continuano a manifestare l'esigenza di proseguire forme di collaborazione con la Regione Calabria con la finalità di potenziare le attività amministrative e di migliorare il servizio pubblico rivolto ai cittadini, in un contesto normativo e finanziario di forte limitazione alle spese e alle assegnazioni organiche e strumentali, appunto per avvalersi del nostro operato. Denunciamo l’ingiustizia in atto e le differenziazioni di trattamento tra lavoratori dei tirocini formativi che espletano attività totalmente eguali. La discriminazione è una disparità di trattamento che non è giustificata, è ripudiata dall’ordinamento comunitario e italiano. Ma noi lavoratori tirocinanti degli enti locali stiamo vivendo la stessa disparità dei naufraghi del Titanic: anche in quel caso la scelta di chi dovesse sopravvivere e chi no era stata pianificata dall’alto in base alle diverse classi sociali di appartenenza dei passeggeri! Ci chiediamo dunque quale sia la nostra, visto che ad oggi eravamo convinti di essere tutti uguali davanti alla legge! Eravamo convinti che l’uguaglianza non fosse una competenza, ma un principio generale che “taglia trasversalmente” tutto il diritto dell’Unione Europea, che rappresenta ormai la cartina di tornasole circa lo stato di salute dei diritti fondamentali nell’ordinamento interno. La cifra del rilievo della parità di trattamento nell’ordinamento dell’Unione Europea emerge in tutta la sua evidenza nella decisione del 28 luglio 2016, non tanto per il contenuto del dispositivo di quella sentenza, quanto per lo stesso oggetto di essa, la quale consiste nell’assicurare a ogni persona la parità di trattamento in materia di occupazione e impiego, offrendo una protezione efficace contro determinate discriminazioni, in particolare con riferimento all’ «accesso all’occupazione». Non tener conto delle ineguaglianze di fatto significa lasciare pieno gioco ai rapporti di forza. I Lavoratori Tirocinanti degli Enti Locali

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Partito Democratico: è il momento della verità Dalle 8 alle 20 di oggi si voterà per eleggere il nuovo segretario del PD. Viste le posizioni recentemente espresse dai candidati Martina, Zingaretti e Giachetti e la possibilità che la tornata elettorale attiri un numero ridicolo di votanti, mai come in queste ore il futuro del partito sembra essere appeso a un filo. Starà al grande popolo Dem, una volta scoperto cosa ha deciso l’elettorato, rimettere insieme i cocci di un partito dal quale dipenderà il futuro del centrosinistra.

Quella di oggi sarà una giornata elettorale particolare per tantissimi cittadini italiani. I sostenitori del Partito Democratico sono infatti chiamati alle urne per eleggere il nuovo segretario nazionale, che potranno selezionare tra Maurizio Martina, Nicola Zingaretti e Roberto Giachetti. I circa settemila seggi in cui si potrà andare a votare saranno aperti dalle 8 alle 20 presso le sedi dei circoli locali del Partito Democratico di tutta Italia e, versando un contributo di 2 Euro, richiesto ai non iscritti per sostenere le spese elettorali, potranno votare tutti i cittadini italiani di almeno 16 anni o i residenti con permesso di soggiorno valido (nel caso di minori e stranieri, tuttavia, deve essere stata effettuata entro il 25 febbraio un’iscrizione al sito aperto dal PD in occasione di queste primarie, presso il quale gli elettori potranno inoltre verificare in quale seggio dovranno recarsi per esprimere il proprio voto inserendo il numero di sezione presente sulla propria tessera elettorale). Come nelle tradizionali elezioni, poi, i votanti dovranno recarsi ai seggi muniti di Carta d’Identità e tessera elettorale, in questo caso utile proprio a verificare che ci si trovi nel seggio giusto e, sulla scheda che verrà consegnata loro, dovranno tracciare un unico segno su una delle liste collegate ai tre candidati. Votando il candidato segretario si vota automaticamente anche la lista a lui collegata con i delegati che entreranno nell’Assemblea nazionale composta da mille membri. La proclamazione ufficiale a segretario avverrà durante l’Assemblea nazionale prevista per il prossimo 17 marzo e potrebbe essere determinata da un ballottaggio deciso dal voto dei delegati effettuato nella medesima occasione. Benché sulla carta il meccanismo sembri semplice, non sono pochi gli ostacoli che il popolo Dem dovrà superare per raggiungere più o meno indenne la selezione del nuovo segretario nazionale. Il primo di questi blocchi sarà rappresentato anzitutto dall’affluenza che, per quanto dichiarato nei giorni scorsi, farebbe gongolare il PD se si assestasse anche solo sul milione di votanti. In un periodo in cui l’apprezzamento per la grande famiglia del centrosinistra tocca probabilmente il minimo storico, pare infatti un miraggio avvicinarsi anche solo di poco a cifre vicine ai dati fatti registrare in occasione delle ultime primarie del 2017, durante le quali si recarono alle urne quasi 3 milioni di simpatizzanti. Altro scoglio da superare, una volta avute le preferenze, sarà poi trovare un accordo all’interno del partito. Le aspirazioni di unitarietà espresse da Martina e Zingaretti pare infatti debbano scontrarsi con la ferrea filosofia “antiniciucio” sbandierata da Giachetti. «Se vinco - avrebbe infatti dichiarato Martina, - faccio una segreteria unitaria un minuto dopo, anche con Zingaretti e Giachetti. Qui non c'è da dividere ma da unire. È importante che domenica si apra la nuova stagione del PD. Se tocca a me fare il segretario io lavoro seriamente a una lista unitaria per provare a unire le forze di tanti che hanno voglia di far battaglia alle elezioni europee contro l'idea folle che la sovranità la si garantisce con il confine, il dazio, la rottura dall'Europa.

Io rovescio questo argomento». Una mano tesa alla quale Giachetti avrebbe risposto in maniera piuttosto diretta: “Nessuna segreteria unitaria, ma per una semplice ragione: noi siamo in una dimensione di confronto di idee e proposte diametralmente opposte e io non credo agli inciuci. Né nella grande politica, né nella piccola… Se non dovessi vincere rimango dentro il partito a fare una battaglia di minoranza perché la mia posizione politica durante queste primarie è distinta, differente e molto distante da quella di Martina». Una dichiarazione di rottura che evidenzia tutti gli attriti che ci sono tra tra le correnti interne al partito in merito alle politiche future di Matteo Renzi e del resto della compagine. Più squisitamente “Dem”, invece, Zingaretti, che avrebbe affermato quanto segue: «Io credo che costruire le condizioni dell'unità sia un fatto molto positivo, perché nei congressi si confrontano delle idee, poi ci si confronta, le persone decidono e si cercherà di trovare una linea che penso dovrà essere sostenuta da tutti, offrendo la possibilità di farlo». E proprio la ricerca di una sinergia è per il candidato la strada migliore da seguire per dare rinnovate chance di crescita all’Italia, una nazione secondo lui del tutto bloccatasi dalle politiche varate dal governo negli ultimi 9 mesi. «C’è un approccio sbagliato su tanti temi - avrebbe infatti dichiarato Zingaretti. - Penso che ci sia la necessità di rappresentare in maniera giusta temi che il Movimento 5 Stelle ha cavalcato in maniera solo strumentale. Non c'è un problema di alleanze, c'è il problema di capire quale altra strada indicare al Paese». Posizioni difficilmente amalgamabili, dalle quali, nel bene e nel male, il PD post primarie dovrà cercare di ripartire per costruire il proprio futuro e tornare ad essere un’alternativa credibile alle altre forze politiche attualmente dominanti. Parte di questo rinnovamento sarà determinato dagli elettori proprio nella giornata di oggi. Se poi la direzione presa dal partito determinerà la sua rinascita o la sua definitiva morte sarà solo il tempo a stabilirlo… Jacopo Giuca

Infrastrutture per tutti

La riflessione di un nostro lettore in merito all’articolo “Infrastruttur e: il 2019 sarà l’anno della svolta?”, comparso il mese scorso sul nostro settimanale.

Leggendo l’articolo “Infrastrutture: il 2019 sarà l’anno della svolta?”, pubblicato a pagina 2 di Riviera nº 5/2019, si deduce che secondo i rappresentanti della Confindustria, Vincenzo Boccia e Giuseppe Nucera, la Calabria senza delle infrastrutture non riparte. Anche l’Italia non riparte senza delle infrastrutture, dicono i grandi uomini della classe dirigente italiana che sono i più pagati al mondo. Con tutti questi grandi uomini che abbiamo, esistono in Italia circa 25.000 opere pubbliche che sono rimaste incomplete, anzi 25.000 più una se aggiungiamo la strada “Bovalino-Bagnara”. La diga del Menta, inaugurata l’anno scorso a Reggio Calabria, è già vecchia perché era stata iniziata oltre 40 anni addietro. Le cose vanno fatte una alla volta, si completa una struttura e poi si inizia un’altra. Le 25.000 opere pubbliche rimaste incomplete dimostrano che in Italia c’è stata sempre molta approssimazione. La più efficace definizione, in merito ai comportamenti contraddittori italici, è quella di Ennio Flaiano: “La situazione è grave ma non è preoccupante”. Se continuano a dire sempre di sì a tutte le richieste, non sempre prioritarie, delle Regioni, la realtà economica e sociale attuale non migliorerà. Il cattivo esempio è sempre provenuto dall’alto. Le peggiori contraddizioni si sono verificate con i Governi Prodi e Berlusconi perché avevano sottoscritto un patto con l’Europa in base al quale in 20 anni avreb-

bero azzerato il debito pubblico dell’Italia; entrambi, invece di azzerarlo, lo hanno fatto aumentare finanziando progetti, non proprio prioritari, come l’alta velocità ferroviaria nel Centro e Nord Italia e il Mose a Venezia. Nello stesso periodo la Germania rinunciava all’alta velocità ferroviaria, abbassava il proprio debito interno e favoriva l’unificazione del suo popolo abbattendo il muro di Berlino. L’Europa, se fosse stata concreta, non avrebbe dovuto acconsentire all’Italia, che aveva un debito pubblico non ammortizzabile in 20 anni, di entrare immediatamente nell’Euro. La Confindustria, oltre ai maggiori investimenti per le infrastrutture, chiede anche l’abbassamento delle tasse. Un normale ragioniere dello Stato sa che se si abbassano le tasse non si possono fare i maggiori investimenti. Soltanto se togliete le pensioni e chiudete gli ospedali potete fare maggiori investimenti. Con le attuali infrastrutture siamo andati avanti fino ad oggi, in futuro, che saremo meno abitanti (italiani), se riusciremo a mantenere quelle che abbiamo, andremo avanti lo stesso o forse meglio. Preoccupatevi piuttosto di abbassare il debito pubblico, altrimenti esso stesso entro poco tempo si ritorcerà contro tutti e soprattutto contro gli astronomici immeritati stipendi della classe dirigente che da trenta anni continua a ripetere che senza delle grandi infrastrutture l’Italia non potrà ripartire. Antonio Signato

Ro-mimosa Dopo tutto quello che hai fatto a noi creato e ricreato considerato, consigliato e amato, non basta una rosa o mimosa per dire che sei una donna affettuosa. Commisso Pietro


Birrai della R

Locride, unitevi i sono conosciuti grazie alla passione comune per la birra e da allora non si sono più persi di vista. Oggi hanno dato vita a “Blu”, l’inedito progetto promosso da due birrerie indipendenti della Locride, il Bark Beer & Bbq di Gioiosa Ionica e l’Officina Pab (Piccolo Avamposto Birraio) di Locri, che vede coinvolti anche i birrai di Limen, birrificio di Siderno, e J4 di Caulonia.

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Blu è l’acronimo di Birrai della Locride Uniti e si propone di promuovere e valorizzare la filiera della birra artigianale locale. Da sempre Bark e Officina Pab hanno fatto della loro indipendenza – ovvero del fatto di non essere legati ad alcun marchio di birra industriale – la loro forza. Da loro trovi solo l’eccellenza della birra artigianale, soprattutto di quella alla spina che rappresenta, invece, la difficoltà maggiore per i pub legati alle birre industriali, dal momento che sono condizionati da un impianto di spinaggio di proprietà dell’azienda che fornisce loro le birre e che non consente di variegare l’offerta. Bark e Officina Pab, essendo

due pub indipendenti, hanno, invece, un impianto di spinaggio di loro proprietà e decidono di volta in volta cosa attaccare alle spine. Questo significa maggiore libertà di servire il cliente e di assecondarne i gusti diffondendo così la cultura del bere genuino. Stesso intento che ci si propone con il progetto Blu, la cui idea di fondo è che la birra artigianale è per tutti. “L’obiettivo della campagna – spiega Andrea Filocamo, titolare dell’Officina Pab nonché produttore di birra artigianale – è quello di unire le forze per far conoscere a tutti la birra viva, ovvero non pastorizzata e non filtrata, e al contempo sfatare una serie di miti che girano intorno alla birra artigianale: innanzitutto quello secondo il quale la birra artigianale è strana; ed è vero in alcuni casi non sembra neppure birra, ma è anche vero che ci sono delle birre artigianali in linea con quelle categorie a cui è più avvezzo il bevitore di birre industriali, l’unica differenza è che si tratta di birre più saporite, più profumate, più genuine. Birre autentiche con un’anima che rispecchia la personalità di chi le produce. Altro falso mito è che la birra artigianale è solo per degustatori, per fanatici, per radical chic. Non è affatto così, come non è vero

Il Bark di Gioiosa Ionica e l’Officina Pab di Locri hanno dato vita a “Blu”, l’inedito progetto che si propone di promuovere e valorizzare la filiera della birra artigianale locale e che vede coinvolti anche i birrai di Limen, birrificio di Siderno, e J4 di Caulonia.

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neppure che la birra artigianale è molto più costosa rispetto a una birra industriale: al pub la differenza tra le due si annulla”. Pensare che le birre prodotte da micro impianti artigianali, dove sono utilizzati solo ingredienti di altissima qualità, con una grande sperimentazione delle ricette, costino quanto quelle realizzate dai birrifici industriali, dove la produzione è ormai standardizzata, è un’utopia. Ma bisogna anche considerare che ci sono birre industriali con costi eccessivi. E allora perché scegliere il sapore ormai banale di una birra industriale, quando allo stesso prezzo puoi assaporare una birra in grado di regalare tanto, in termini di aroma, gusto e genuinità. “Perciò – raccomanda Andrea Filocamo – molto meglio bere locale, consumare locale e porre un’attenzione al prodotto di qualità rispetto al prodotto di massa, assolutamente anonimo”. Ci si auspica che sull’intuitiva strada tracciata da Bark e Officina Pab altri birrifici aderiscano in futuro al progetto all’insegna della vera qualità e dell’attenzione per un territorio come quello della Locride che può dare tanto a chi produce e ovviamente anche a chi consuma consapevolmente birra artigianale.


03 MARZO - 10

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I problemi all’ospedale di Locri ci sono e li conosciamo tutti, ma noi vorremmo che oltre al clamore generato da servizi come quello de “Le Iene”, si iniziasse un percorso che porti alla soluzione dei problemi. La puntata del programma Mediaset, infatti, con i suoi clamori e le sue iperboli, non può restare fine a sé stessa, ma deve insegnarci a distinguere le vere criticità da quelle proclamate e indicarci la strada per risolverle davvero. Perché se la polemica che si è venuta a creare non avrà risvolti costruttivi, allora davvero dovremo pensare che tutto questo sia solo la ritorsione di un Ministro alla Salute nei confronti di un Presidente di Regione

Gli sciacalli della marchesa Grillo e i gufi della Locride ROSARIO VLADIMIR CONDARCURI

Domenica e lunedì sera ho visto i servizi delle Iene sulla nostra sanità, come molti cittadini della Locride, ma a differenza di quello che ho letto sui social, mi sono fatto un'opinione diversa. Sono fermamente convinto che di questo servizio si potesse fare tranquillamente a meno, per tanti motivi. Innanzitutto non ha aggiunto fatti nuovi; sono, poi, clamorose le assenze dei veri responsabili del degrado della sanità calabrese (Scura su tutti); non è stata nominata la protesta dei sindaci; si continua a parlare della Locride come se questa terra non faccia parte dell’Italia; ha rappresentato un pessimo giornalismo d’inchiesta, approssimativo, poco informato e con obiettivi precisi da esporre alla gogna mediatica; ultima chicca, si invoca il ministro Grillo come salvatore della patria. A differenza di quello che è stato raccontato dalle Iene, io vado all’ospedale di Locri, porto mio figlio, mia madre e tutte le persone che hanno bisogno. Due anni fa, nella pasqua del 2016, sono stato molto male, la mattina ero andato dal sindaco di Locri per un articolo e Giovanni Calabrese quando mi vide mi disse vedi che sei giallo in viso, corsi in ospedale, giunto al pronto soccorso, un giovane medico mi visito e mi ricoverò. Bravissimo. Detto questo, che non per caso contrasta con le parole di Pasquale Ceratti, persona che stimo ma di cui ho un idea diversa sull’ospedale di Locri, vorrei raccontarvi dove trovo inutile il servizio delle Iene. Con la “Riviera”, abbiamo raccontano da anni i problemi dell’ospedale di Locri, e gli argomenti portati alla luce dal servizio delle Iene sono già noti ai nostri lettori ed ai lettori di quasi tutti i mezzi di informazione della Locride. Certo quando lo dice il giornalista delle Iene è un’altra cosa sembra più fascinoso. Quello che mi dispiace e che a questi problemi non si riesca a trovare rimedio. Nessuna soluzione. Vorrei ricordare la storia di questa decadenza, che parte dal 2007, subito dopo l’approvazione della decreto che cancella le ASL per passare alle 5 ASP (aziende sanitarie provinciali) una per ogni provincia. Dal quel momento come abbiamo scritto 100 volte la direzione strategica è passata a Reggio Calabria, lasciano a Locri solo i direttori sanitari e di dipartimento. Per cui si allontana la testa dal corpo, e si bloccano anche le comunicazioni tra direzione e struttura ospedaliera. Negli anni questo sistema crea delle voragini, dove un medico ed anche un primario non sanno a chi rivolgersi per avere i suoi diritti. Si inizia a passare da un dirigente all’altro senza nessun criterio, nel 2007

il direttore generale era Giustino Ranieri, che ha fatto miracoli, riuscendo a nominare 5 nuovi primari, è che primari, da Pavone in chirurgia a Macrì in ortopedia. Medici valenti che con il cambio del decreto hanno dovuto fare le valigie per andare in strutture più sicure. Infatti Pavone oggi è a Reggio e Macrì è a Catanzaro. Dopo Ranieri arriva la Squillacioti. Nel frattempo la sanità in Calabria (governo Scopelliti) viene commissariata ed il governo Renzi nomina un commissario per la sanità regionale calabrese. L’ingegnere Massimo Scura, mentre Oliverio, nomina i direttori delle varie ASP, in provincia di Reggio nomina Giacomino Brancati. Dopo tre anni di Governo Scura, in un duro scontro continuo con il presidente della Regione Calabria che si oppone in tutti i modi a questa gestione, finalmente nel mese di dicembre viene sostituito da un nuovo commissario generale, Saverio Cotticelli. Questa è in sintesi la storia del morte dell’ospedale di Locri che avrebbero dovuto raccontare le Iene. Ma niente i responsabili individuati dal giovane giornalista sono stati, l’ex direttore dipartimentale dell’ospedale di Locri Domenico Calabrò, oggi non più in carica e il direttore generale dell’Asp di Reggio Pasquale Mesiti, in carica da meno di 12 mesi. Ma che fine hanno fatto Scura e Brancati? E la Squillacioti alla quale abbiamo dedicato molte copertine? Scomparsi. Non riesco a capire perché i veri responsabili dello stato di degrado della sanità reggina sono assenti in questo servizio? Mi viene in mente che i soggetti attaccati dalle Iene sono gli stessi che vengono attaccati in alcuni comunicati dei sindacati locali. I sindacati locali che al contrario vengono indicati da alcuni, eccetto qualche rara eccezione, come una delle cause del degrado dell’ospedale. Altro assente clamoroso, è stato il “sanità day” manifestazione organizzata dai sindaci della Locride il 20 ottobre scorso, che ha coinvolto migliaia di cittadini del territorio e che si è trasformato in un sit in permanente durato 12 giorni con i sindaci in fascia tricolore ha presidiare il nosocomio locrese. Questa manifestazione e il seguente sit-in hanno visto una raccolta di oltre 10 mila firme a sostegno di una piattaforma che individuava le maggiori criticità della struttura. I dieci punti di questa piattaforma erano: Costituzione di un’unità strategica per l’ospedale di Locri; Un ospedale “Spoke” a tutti gli effetti; Rispetto della dotazione dei posti letto; Adeguamento immediato delle risorse umane, tecnologiche e strumentali di ogni Struttura di ricovero; Nomina dei primari in tempi brevi e certi; Copertura del personale medico e paramedico come da pianta

organica; Rigida applicazione del piano aziendale; Efficientamento del Pronto soccorso; Casa della Salute di Siderno; Risoluzione della problematica legata alla risonanza magnetica; Rete dei 118. Forse il giornalista non si è reso conto di essere entrato a far parte di quella schiera di persone che puntualmente cerca di gettare fango su questa terra per aprire nuove porte, anzi portoni, ai soliti predatori che approfittano della debolezza per sviluppare i loro affari. Si caro, questa terra è stufa di essere comandata da commissari e sub commissari, vorrebbe solo poter decidere del proprio destino, in autonomia, che purtroppo da queste parti diventa utopia. Sappi che quando c’è da prendere decisioni importanti spunta sempre qualche servizio giornalistico che nomina a turno la ‘ndrangheta, la corruzione ed il fatto che siamo brutti e cattivi. Nel caso della sanità questi scandali vanno a vantaggio di chi guadagna con le nostre debolezze, con il nostro non essere concreti, il costo? Circa 300 milioni di euro nelle casse della regione Lombardia per le spese sanitarie di ricoveri pagati dalla regione Calabria, commissariata. Questa è la parte che più mi fa incazzare, è la continua ricerca di occasioni per fare cattiva pubblicità, alla Locride, con il contributo dei nostri stessi cittadini, che sembrano godere nel poter dire, che schifo l’ospedale, che schifo questo e che schifo quello. Ascari. Un’inchiesta dovrebbe avere due caratteristiche precise. Prima la verità. La verità in questo servizio è latitante, perché le responsabilità non sono state evidenziate, la storia della sanità in Calabria la conosco bene, i veri responsabili sono stati quelli che ho appena nominato. La seconda è la denuncia, la denuncia deve aiutare a capire le soluzioni per far tornare le cose al giusto senso. Si cari lettori, perché è facile parlare male della Calabria, ancora di più fare un servizio scandalistico sull’ospedale di Locri, grande prostituta usata da tutti. Ma proprio per questo bisogna stare attenti alle strumentalizzazioni, mi è sembrato strano che il servizio delle Iene si chiudesse nell’ufficio del ministro della salute Giulia Grillo, che appare in fine come la salvatrice della patria, mentre ad Oliverio si fa recitare la parte di quello che non risponde, dandogli pure le colpe che invece sono del ministro. Ora mi sembra tutto più chiaro, anche perché mi viene in mente che il 14 gennaio la stessa ministra dichiarava guerra con una diretta facebook da delirio allo stesso presidente della Regione Calabria, minacciando vendetta, che grazie agli sciacalli ha potuto realizzare.

SALE OPERATORIE A CONFRONTO A sinistra la sala operatoria immortalata dal dottore Luigi Brugnano su Facebook, che ha spiegato che quella da lui pubblicata è la vera stanza in cui si effettuano le operazioni chirurgiche, mentre quella ripresa da “Le Iene” (a lato), sarebbe soltanto una delle stanze in cui si installano i pacemaker.


Se tutto questo è normale, allora è stato solo un incubo Gli sviluppi inaspettati della vicenda Ospedale in seguito al servizio mandato in onda da “Le Iene” hanno convinto il sindaco di Locri, Giovanni Calabrese, a spiegare meglio alla cittadinanza la propria posizione e, soprattutto, ad esprimere amarezza per un atteggiamento che sembra voler negare le difficoltà della nostra comunità e lasciare che le cose continuino a scorrere come hanno sempre fatto.

iamo al paradosso: ci sentiamo un popolo offeso e ferito per un servizio giornalistico e preferiamo lasciare le cose così come stanno, sperando che, prima o poi, siano gli altri ad intervenire. Qui a farsi male è solo la comunità che, nonostante l’indignazione, è succube. Perché siamo più preoccupati a non far brutte figure con il resto d’Italia, siamo offesi di più per quello che emerge piuttosto che intervenire e denunciare, insomma, siamo preoccupati della “forma” più che della “sostanza”. Mi sento fuori luogo, a volte, ma non demordo perché l’atteggiamento arrendevole e accondiscendente, l’arrangiarsi, non fa parte della mia indole; a maggior ragione, oggi che, ricoprendo il ruolo di primo cittadino, ho l’obbligo, non solo morale, di difendere la mia popolazione». Sentirsi offesi perché si continua a denunciare, si continua a “scoperchiare” situazioni che per nulla fanno bene al nostro territorio e alla nostra salute, lo trovo paradossale, perché è più comodo “lavarsi i propri panni in casa propria (ma la sanità è di tutti)” piuttosto che denunciare affinché si possa migliorare lo stato dell’azienda sanitaria. Che il sistema sanitario in Italia è malato, che funziona così, che la sanità è soggetta a tagli insensati non è assolutamente giustificabile, non può essere un deterrente, perché un popolo che non si indigna e non si attiva è un popolo perso e succube. In qualità di primo cittadino, come padre di due figli, cittadino locrese che potrebbe avere bisogno di essere curato nel nostro nosocomio, non posso tacere di fronte ad inerzie e incompetenze. Non lo farò e lotterò anche per dare dignità a tutti i professionisti e personale paramedico che oggi lavorano seriamente ma non possono, ahinoi, eccellere. Nessuno ha mai messo in discussione le professionalità esistenti o le buone prassi, poche, esistenti in contrada Verga, nessuno ha voluto deviare le informazioni, perché quando si trattano temi delicati come questo, dove si parla della vita delle persone, ci si guarda bene a “spettacolarizzare” o sminuire. Piuttosto mi indigno quando si scherza con la salute, sottovalutando il problema perché, a priori, c’è da difendere qualche colore politico, o qualche poltrona, mentre le persone soffrono e pagano. Nessuno vuole sminuire quanto ogni giorno viene fatto. Ma i soli sacrifici e gli eroi non portano ai servizi di cui una sanità deve espletare. Se tutto questo non porta a nulla, se tutte le nostre battaglie sono passarelle, se tutti i cittadini si lamentano per niente, se l’ospedale di Locri è solo “una bella sala operatoria” a norma, allora… Oggi sono contento e sereno. E dopo quello che è accaduto negli ultimi anni e negli ultimi giorni, ieri ho avuto una notte difficile… “Mi sono svegliato e mi sono reso conto di aver fatto un sogno brutto, triste, devastante. Un drammatico incubo. È stato bello svegliarsi e scoprire che la realtà è completamente diversa. Ho sognato l’ospedale della mia città, lo storico nosocomio di contrada Verga, in condizioni pietose. Una struttura cadente e fatiscente. Un pronto soccorso spesso affollato come il mercato settimanale. Medici abbandonati alle intemperie “ambientali” del territorio;medici senza cambio turno che responsabilmente rimanevano a lavorare per dodici ore consecutive. In radiologia apparecchiature non adeguate e la Tac funzionante solo nei giorni dispari e in giornate di buone condizioni climatiche. Ho sognato un gastroenterologo solo, abbandonato senza attrezzature e chiuso in una stanza a fare le parole crociate. Ho sognato tanti reparti una volta fiore all’occhiello dell’Ospedale ridotti ai minimi termini e senza un primario nominato con regolare concorso. Ho sognato un tizio pelato, con accento marcatamente cosentino, che distribuiva illegittimi articoli 18 all’ingresso dell’ospedale a pochi intimi medici in fila ad ossequiarlo e a osannarlo. Ho sognato tanti ascensori guasti ed in particolar modo uno che partiva e si fermava all’improvviso. Ho sognato un pronto soccorso con venti pazienti in letti d’emergenza o seduti su sedie di fortuna. Ho sognato che regalavo sei computer al primario del pronto soccorso per consentirgli di poter informatizzare il reparto. Ho sognato i reparti di oculistica e otorinolaringoiatria ridotti a semplici ambulatori. Ho sognato le vie d’accesso all’ospedale sempre aperte anche di notte. Ho sognato delle ambulanze fatiscenti con oltre 500 mila

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chilometri. Ho sognato che l’ospedale non pagava da anni i tributi comunali e aveva accumulato un debito per oltre cinque milioni di euro nei confronti del Comune. Ho sognato che molti medici erano obbligati a fare turni straordinari massacranti, ma per fortuna loro almeno ben retribuiti. Ho sognato una struttura cadente, non a norma, senza i requisiti minimi. In tutto questo disastro ho sognato un reparto fantastico di pneumologia e mi sembrava di essere al Campus Biomedico. Ho sognato un apparecchio di elisoccorso funzionante anche nelle ore notturne. Poi, mentre sognavo, sudavo e urlavo nel sonno per la disperazione, ho visto una “iena”. Si una iena, brutta e con la barba. Una iena con una telecamera e un microfono. Girava per l’Ospedale, riprendeva e accusava, mentre tutti cercavano riparo. La iena cercava solo le cose negative da fare vedere non immaginando che le cose normali per l’ospedale di locri rappresentassero un’eccellenza da raccontare. Una iena veramente terribile, brutta e faziosa agli occhi dei tanti “ innocenti”. La iena non evidenziava le cose belle, ma solo quelle brutte. Faceva vedere una sala operatoria triste e fatiscente e non faceva vedere quella bella nuova, colorata e luminosa. La iena intervistava l’architetto Galletta, dirigente dell’Ufficio Tecnico dell’Azienda provinciale di Reggio Calabria, che parlava di fatti astrusi o meglio, per alcuni, da non comprendere. Poi la iena incontrava un medico che si era liquidato “per errore” 800 mila euro. La iena era terribile perché sotto tortura obbligava il povero Direttore Generale e Sanitario ad ammettere che l’Azienda sanitaria, della quale è responsabile, non ha un bilancio finanziario da circa sei anni e quindi si può spendere tranquillamente senza alcun limite!! Che brutto incubo!!! Poi mi sono svegliato e per fortuna mi sono reso conto che si trattava solo di un bruttissimo sogno. Ho tirato un sospiro di sollievo e mi è tornata la serenità. È stato bello scoprire che la realtà è completamente diversa. Che l’ospedale realizzato negli anni settanta, dall’intelligente idea di qualcuno di demolire il preesistente castello, è oggi diventato il Policlinico Universitario dell’UNIVERGA. Per fortuna il mio era solo un bruttissimo sogno. Nella realtà tutti i reparti hanno i primari, gli organici al completo e attrezzature all’avanguardia. La radiologia funziona h 24 con strumentazioni ultramoderne e una risonanza magnetica “invisibile” di ultima generazione. E’ stato bello svegliarsi e trovare il pronto soccorso oggi ospitato in locali a norma e accoglienti e tutti i medici felici e sereni di lavorare in questa meravigliosa struttura. Per fortuna nella realtà la cardiologia e l’Utic non sono al quinto piano ma sono state trasferite accanto al Pronto soccorso e alla rianimazione. Ma sono contento che la sala operatoria della cardiologia fatta vedere dalle iena cattiva accompagnata dal primario della cardiologia non è più quella ma un’altra nuova e a norma per come prevede la legge; una sala operatoria ”dedicata” per gli interventi di impianto di pacemaker. Sono contento di aver fatto un brutto sogno e che oggi, il Commissario Scura e il Direttore Brancati, che hanno realizzato con grande impegno e dedizione tutto ciò, siano stato chiamati negli Stati Uniti per esportare il modello Locri e il modello Calabria. Sono strafelice che la iena brutta e cattiva non sia mai esistita e che quindi il “Generale a cinque stelle” abbia confermato – in continuità con l’ottima azione di scura e Brancati - l’ottimo Direttore Pasquale Mesiti e il meraviglioso, abile e incredibile Arch. Giuseppe Galletta che tutte le prestigiose aziende sanitarie italiane e americane ci invidiano e vorrebbero avere. Sono contento per tutto ciò... Era solo un incubo, il mio, un incubo per me e per tutte quelle persone bisognose di avere un ospedale di riferimento in grado di erogare prestazioni sanitarie adeguate. Giovanni Calabrese


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I BRIGANTI

Che Popolo infame che siete!

Tutti assetati di sangue! Tutti ad invocare i ceppi, il publico ludibrio, la gogna, la morte. Tutti a sbirciare chi sarà il prossimo a salire sul carro del condannato. Colpevole o innocente che sia… Vi hanno soggiogato scatenando i vostri peggiori istinti, l'odio, il rancore. Vorreste in catene madri, mogli, figli. Predicate la damnatio memoriae generalizzata. Con la scusante che: "ieri tu hai puntato il dito su di me, adesso tocca a te...", dunque, "eclissati per sempre da qualunque socialità e sconta la pena inflittati dal pubblico del Colosseo”. Vi hanno usato e vi usano per mantenere un potere spropositato, extraparlamentare e incostituzionale. Antico e Rosso come il sangue che inietta gli occhi dei censori e quelli di coloro che si battono il petto col ghigno stampato in faccia. Faccia rigorosamente ammantata di una purezza che non può esistere in Natura, eppure professata come incontestabile! E coloro che dovrebbero difendere i giusti? Sono, al tempo stesso, frutto e servi di questo Moloch abnorme. Che si alimenta delle vostre viscere pavide e contorte e si trincera dietro le vostre coscienze false e insulse. "Ho piena fiducia..." continuano a ripetere tutti. Vittime o carnefici che siano, recitano proni la formula propiziatoria e inefficace. Ma… mai nessuno che si ribelli! Nessuno che si privi dell'aspettativa del prossimo pasto ferale, tanto impetuosa quanto è fallace l'illusione di essere immuni alla tagliola. Che Popolo infame che siete! Che barbari! Non meritate nulla di ciò che ci è stato lasciato! Non ne siete degni! Amedeo Canale

Radici senza terreno Chissà quante volte avrete letto, ascoltato parole, frasi o anche discorsi compiuti o meno che mettevano al centro dei loro contenuti il termine radice. E non per una sorta di approfondimento botanico o di necessità similbiologica per spiegare l’essere nati o l’appartenere ad una comunità in senso lato. Ma perché, come in ogni bel discorso d’occasione, il riferirsi alle radici permette di fare magari bella figura, quando si è a casa, o di definire una cultura, riconoscersi in una tradizione, in un modo di pensare o di fare. Insomma, è vero! Riconosciamolo. Il richiamo alle radici, alle origini di una palingenesi che ci distingue nell’universo mondo è sempre un qualcosa che fa effetto, un condimento che va bene per ogni pietanza se non una sorta di retorica multitasking laddove la calabresità diventa un tratto di orgoglio che si vuole presentare, dichiarare. Ma, al di là del solito stucchevole politichese di circostanza, non è sempre così. Prendiamo un esempio. Un giorno qualunque, in un capoluogo qualunque, ovviamente del Nord Italia, in Piemonte, in una ceri-

monia come tante in cui i premi diventano simboli di un ricordo per riempire un giorno di orgoglio sportivo. Ebbene, diventa quasi normale il richiamo alla regionalità, al sentirsi espressione di una comunità esordendo, come autorità politica regionale, con un “…noi in Piemonte…” o “…noi piemontesi…”. Di certo un sottolineare necessario per dovere e, anche, per identificazione con l’essere parte ed espressione di tali radici comuni. C’era, però, qualche nota che stonava a tali latitudini. Una nota se non di colore quantomeno di forma e di chiarezza, magari dovuta e mai suonata. Quello che, a fronte dei diversi incarichi politici svolti in questa terra del Nord, l’autorità nei suoi happening non avrebbe potuto dimenticarsi o pensare che altri se ne dimenticassero: le sue radici. Così, al termine dei discorsi introduttivi o dei saluti finali ho pensato, nella speranza di fare un gesto di cortesia, di ricordare alla stretta di mano che fosse calabrese come me. Probabilmente tutto questo potrebbe non meravigliare il lettore o, quest’ultimo, potrebbe legittimamente pensare

che in fondo anche questa onirica rappresentazione dell’io nascosto possa rientrare in una sorta di scontato, di normalità. Ma non è così. L’idea delle radici non sottende un distacco dalle società che ospitano culture diverse. Essa è un patrimonio di valori e di tradizioni che ereditiamo e di cui ne siamo portatori man mano che le nostre vite si svolgono nel cammino dell’esistenza. Un’esistenza fatta di quotidiano dove i confini fisici hanno di certo poca importanza. Tuttavia, ci sono confini dell’anima che chiedono di essere compresi e non spazzati via per un vago senso di assimilazione per il quale crediamo di doverci costruire una nuova immagine di noi stessi. Assumere questa forma di pensiero del non ricordo, o del non ricordare, o del non dire significa, trsaferito su piani più concreti, non avere più un contatto con la propria terra e soprattutto, sentirsi non più in dovere di dare un contributo alla sua immagine o al suo successo o per promuoverla dove possibile. Dimentichiamo, e a questo punto credo consapevolmente, che il successo

di una terra di emigrazione è dato dalle “rimesse” dei suoi emigranti che non hanno solo un valore economico, ma morale, etico. La Calabria esprime da tempo le sue radici solo nelle sagre o nelle sue eccellenze da banco pronto consumo, laddove accomuniamo il nostro essere - al termine di ogni ricordo per dovere più che per convinzione - in un piatto di pasta con il ferretto, magari in salsa piccante di Spilinga. Eppure sviluppo, crescita, promozione, passano dalla credibilità e dalla fierezza di manifesatre la propria appartenenza con fatti e con ricordi ogni volta che è possibile. Dimenticare le proprie radici non fa solo seccare un albero, come recita una citazione ormai così inflazionata da non fare più presa. Fa semplicemente disperdere una comunità man mano che il suo disvalore, al di la delle patologie sociali come la criminalità, lo si rinviene proprio nell’abbandonarsi nel non ricordo, nel naturalizzarsi quale inutile e vana necessità di riscatto pensando di poterci sentire sempre a casa nostra in casa altrui. Giuseppe Romeo

L’acqua pubblica e gli sciacalli del profitto Sono passati quasi 8 anni dallo straordinario successo al referendum del 12 e 13 giugno 2011 sull’acqua. L’esito di quella consultazione ha abrogato il tornaconto economico sull’acqua stessa e l’obbligo di privatizzarne la gestione, stabilendo che essa è un bene comune, un diritto inalienabile che niente e nessuno può trascurare o addirittura ignorare.

Il “diritto all'acqua” è stato sancito da una risoluzione dell’ONU nel 2010 e rappresenta un rafforzamento del “diritto alla vita” promulgato dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nel 1948, e come tale va difeso e tutelato. L'acqua potabile, buona per bere e per l’igiene umana, oltre a essere un diritto di ogni uomo, riguarda soprattutto la dignità della persona. Essa rappresenta un bene comune di tutta l’umanità, un bene intoccabile, universale e fondamentale che appartiene a tutti, un bene pubblico che deve essere amministrato con la partecipazione delle popolazioni del territorio. Sono passati quasi 8 anni dallo straordinario successo al referendum del 12 e 13 giugno 2011 sull’acqua, e se le leggi dello Stato vanno rispettate, non di meno deve esserla quella scritta dai cittadini italiani con l’esito di quella consultazione che ha abrogato il tornaconto economico sull’acqua stessa e l’obbligo di privatizzarne la gestione, stabilendo che essa è un bene comune, un diritto inalienabile che niente e nessuno può trascurare o addirittura ignorare. Le regioni e gli enti locali non sono obbligati a far gestire questo bene così prezioso agli “sciacalli del

profitto” per poi farcelo pagare e con prezzi stratosferici. Se si organizzasse l’intero sistema idrico, i più piccoli magari riuniti in consorzio, potrebbero garantire ai propri cittadini un accesso alla risorsa, popolare e sostenibile, se non addirittura gratuito. La politica deve riappropriarsi del suo ruolo di servizio per il bene pubblico, ispirandosi a una condotta di sviluppo di tutto il bene comune. Le grandi società multinazionali stanno imponendo le loro logiche affaristiche, mettendo le mani sull’acqua ovunque nel mondo e in molti paesi europei, i governi stanno subendo grosse e pesanti manovre di lobbying affinché la dichiarino privatizzabile. Purtroppo, bisogna anche ammettere che ancora si è poco sensibili su questa tematica, e ciò non ci permette di coglierne l’importanza essenziale e vitale, portandoci anche a sprecarla e fare un uso scorretto e smodato. Il modello neoliberista che favorisce la mercificazione dei beni e delle attività umane sostenendo più in generale il sistema capitalista, ha generato una gigantesca disuguaglianza per quanto riguarda l’accesso. È giusto che al più presto si prenda in seria considerazione la via indicata dagli italiani

con la importante vittoria dei referendum. È necessario che la politica cambi passo e determini un percorso per dare inizio a una nuova gestione pubblica dell’acqua, capace di garantire il diritto di accesso a questa importantissima risorsa, la condivisione attiva dei Comuni, le politiche di adeguamento ai cambiamenti climatici e la tutela di ciò che ormai è diventato un elemento indispensabile di sopravvivenza. Questa è una battaglia che non si può perdere, con tutte le forze bisogna lottare per vincerla, altrimenti le nuove generazioni rischiano di ereditare una situazione a dir poco disastrosa per cui andranno incontro a un futuro pesantissimo. L’acqua è un diritto umano assoluto e inalienabile che può essere garantito solo con una gestione collettiva e partecipata. Se un giorno si riuscirà a concepire l’idea di universalità dei diritti, che ancora in molte aree del mondo sono negati, e ad essa integrare l’essenzialità e la centralità del lavoro, di un nuovo Stato sociale e tutto ciò che può essere bene comune, si potrà finalmente pensare a un modello produttivo e sociale veramente alternativo. Pasquale Aiello


CONVERSANDO

GIUDIZIARIA

Un progetto per fa conoscere il mondo di Bacco agli ipovedenti L'Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino Onav e l'Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti - Uici hanno firmato il primo protocollo d'intesa nazionale per una collaborazione più stretta e continuativa tra le due associazioni con l'obiettivo di promuovere corsi speciali di avvicinamento al vino dedicati a ciechi e ipovedenti. Lo annuncia in una nota l'associazione presieduta da Vito Intini. Dopo il successo dei corsi di Verona e Brescia nel 2018, dove il corso speciale riservato ai non vedenti e ipovedenti ha avuto un notevole successo di partecipazione, le due associazioni hanno deciso di confermare la proficua collaborazione. I responsabili del progetto, tra cui Pia Donata Berlucchi, Vice Presidente Onav hanno studiato il primo corso per Assaggiatori di vino comune in tutta Italia dedicato ai soci Uici. Si tratta di moduli composti da 9 lezioni di 3 ore, dove docenti qualificati, gli stessi dei corsi tradizionali Onav, guideranno gli aspiranti Assaggiatori alla scoperta del mondo del vino, supportati dal testo di studio tradizionale tradotto in braille o in formato audio. Anche il costo della partecipazione al corso per ciechi e ipovedenti sarà speciale e ridotto rispetto a quello storico (170 euro). ''Nel nostro programma, stilato proprio recentemente in occasione dell'insediamento del nuovo Consiglio - spiega il presidente Onav Vito Intini - abbiamo inserito ufficialmente un canale preferenziale verso il sociale. Alla base di progetti come questo, c'è la forte volontà di tutti i soci della nostra Organizzazione di promuovere una cultura del vino e del bere consapevole realmente aperta a tutti, che consenta l'abbattimento di ogni barriera". ''La scelta di avviare un collaborazione fra Uici e Onav conclude il presidente UICI Mario Barbuto - nasce dal desiderio di offrire a tutti i nostri associati la possibilità di accedere a un percorso formativo degustativo su una delle eccellenze del nostro Paese, il vino''. Sonia Cogliandro

Le ’ndrine in Lombardia tra “Nord – Sud” e “Cerberus”

FRUTTI DIMENTICATI

Il cavolo gigante di Benedetto Tuscano BRASSICA OLERACEA VARIETÀ ITALICA L. FAM. BRASSICACEE

Benedetto Tuscano di Staiti, detto Fortunato, estremo difensore della pecora Murina ( letteralmente in dialetto calabrese si direbbe “suricigna” ossia del color del topo perché il termine è latino e viene da mus-muris- topo appunto ) , piccola di statura, bianca o nera, che quando invecchia diventa grigia , della capra aspromontana a quattro corna, che miracolosamente si riproduce dalle sue capre rigorosamente autoctone. Esse raramente quando partoriscono, portano alla luce dei piccoli con le caratteristiche particolare ossia con le quattro corna e allora vengono talvolta richiesti, come è capitato anni addietro da parte di un allevatore siciliano che sicuramente a breve rivendicherà alla sua zona la particolarità della razza. A gennaio dell’anno scorso, Antonello Canonico, vignaiolo di San Marco Argentano, comprò un capretto a quattro corna da Fortunato per un suo amico e già alla fine d’ottobre del 2018 esso si accoppiò con due capre di San Marco. Antonello dieci giorni addietro mi avvisò che esso è diventato padre già per la seconda volta ed assieme al suo amico stanno aspettando la crescita delle corna dei piccoli. L’altra operazione portata avanti da Fortunato è quella di diffondere il suo cavolo gigante per salvarlo dall’estinzione e ne racconta la storia. Trent’anni addietro si recò al mercato domenicale che era tenuto a Bovalino Marina ( ora si iene il sabato ) ed andò a salutare un vecchietto da cui comprava le piantine tradizionali per il suo orto, che, gli volle regalare alcune particolari piantine di cavolo, dicendogli che la sua famiglia da sempre utilizzava quel biotipo, che trovandosi in condizioni climatiche particolari, potevano resistere per anni e crescere di anno in anno; bisognava però avere l’accortezza di bagnarle ogni dieci quindici giorni d’estate, quando la siccità eccessiva potrebbe farle morire. Quell’atto fu una specie di lascito morale, oltre che fisico, perché il vecchietto non fu più visto al mercato. Fortunato, vicino al suo ovile preparò l’orto invernale e mise a dimora le piantine, ma vicino alla casa, ubicata in contrada Stabile del comu-

ne di Staiti,ne piantò una del biotipo di cavolo sopra indicato vicino alla casa che trovando le condizioni ideali crebbe e alla fine dell’anno non seccò, sempre sorretta da un po' di acqua per tutto il periodo estivo. Continuò a crescere per sette anni , quando ebbe le sembianze di una menorah, il candelabro della religione ebraica e al tempo della raccolta delle cime della pianta, nell’ultimo anno della sua esistenza, fu necessario usare la scala, perché il cavolo era diventato alto tre metri e mezzo. Un’altra particolarità del cavolo gigante è costituito dal fatto che esso emette in alto numerose cime che si comportano come cavoli broccoli autonomi nelle infiorescenze che, se staccate a tempo dovuto risultano particolarmente dolci e tenere. Barbara Biagini ricercatrice della Statale di Milano, anni addietro, trovandosi ad esplorare il territorio alla ricerca di viti silvestri si trovò in contrada Stabile, per avere delle indicazioni sulle viti che vi crescevano nei pressi e restò meravigliata nel vedere il cavolo dalle dimensioni inusuali e lo fotografò. Erano passati sette anni da quando era stato messo a dimora. A gennaio dell’anno successivo ritornò assieme a Silvano Clemenzi dell’Istituto di San Michele all’Adige e con rammarico non trovò più la pianta, perché era seccata, ma notò che a qualche decina di metri di distanza un’altra pianta di appena due metri e venti di altezza, era nata tra gli interstizi di un selciato, un anno prima, secondo le indicazioni di Fortunato. Una particolarità per coloro che hanno poca voglia di lavorare è costituita dal fatto che la pianta, disseminando i propri semi, si diffonde attorno e cresce con facilità; l’unica fatica è data dal diradamento delle piantine. Ormai essa sopravvive solo presso l’orto di casa di Benedetto Tuscano in contrada Stabile nel comune di Staiti. Con difficoltà si adatta a terreni che non siano ubicati in microclimi particolari; infatti ho donato anni addietro dei semi al defunto Francesco Mezzatesta di Bianco ed egli li disseminò nel suo orto di contrada Lacco del muro, ma i cavoli nati non superarono mai il metro e settanta di altezza, forse perché non vennero bagnati d’estate. Rischio di erosione genetica: altissima. Orlando Sculli

I BRIGANTI

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Nei giorni scorsi la cronaca ha registrato la conferma in Cassazione delle condanne d’appello per alcuni esponenti della ’ndrangheta operanti nell’hinterland milanese. Condanne per associazione mafiosa che derivano dall’ indagine “Cerberus” che arriva fino all’anno 2006, sebbene le misure cautelari siano state eseguite solo nel 2008, è al 2006 che si bloccano le indagini. La genesi dell’inchiesta risale, però, al famoso processo Nord-Sud – celebrato in Milano nei primi anni novanta – la definitiva e conclamata emersione di una organizzazione di stampo ‘ndranghetista, facente capo alla nota famiglia Papalia. Scrive a tal proposito il PM: «Nella prospettazione accusatoria, già fatta propria da questo Ufficio nel proc. pen. n. 30500/04 mod 21, gli odierni indagati avrebbero dato luogo ad una associazione di stampo mafioso quale prosecuzione della consorteria Papalia, i cui componenti furono condannati per il reato di cui all’ art. 416 bis c.p. nel procedimento cd. “NORD – SUD” (p.p. n.443/93 RGNR). Ciò non sta a significare che si intenda dimostrare una contiguità temporale con quella associazione ( le cui vicende risalgono agli anni 80 - primi anni 90), ma che i Barbaro, all’ epoca poco più che adolescenti, abbiano fatto e facciano tuttora leva sulla “ cattiva fama” del nome Papalia. per ottenere commesse di lavoro e lucrosi affari immobiliari». Ed ancora oltre: «Giustamente allontanata la suggestione di volere riconoscere una continuità organizzativa e strutturale tra la associazione colpita negli anni novanta da provvedimenti giurisdizionali ormai definitivi e quella oggi operante, parimenti la pubblica accusa valorizza compiutamente il pedigree mafioso di coloro che attualmente si presentano come appartenenti e prosecutori di una medesima famiglia mafiosa e che indubitabilmente, traggono capacita intimidatoria dalla nota storia criminale della relativa genia. In altre parole, il prestigio criminale del binomio BarbaroPapalia e ben conosciuto e affermato da tempo». In seconda battuta, ed in termini ben più concreti e significativi in relazione all’accertamento dei gravi indizi utili alla emissione del presente provvedimento, «va notato come il presente procedimento rappresenti questa volta veramente la prosecuzione storica – senza soluzione di continuo – delle vicende oggetto del procedimento denominato Cerberus (p.p. n. 30500/04 rgnr a carico di Barbaro + altri per il reato di cui all’art. 416 bis c.p.). In tale ultimo procedimento – che ha già portato alla emissione di una misura cautelare più volte confermata dal Tribunale del Riesame ed alla pronuncia di sentenza di condanna in primo grado – si contestava la esistenza di una organizzazione di stampo mafioso, i cui principali esponenti coincidono con i membri della famiglia Barbaro oggi nuovamente (ed anzi, si potrebbe dire, continuativamente) indagati. Ciò che cambia, sostanzialmente, e il periodo di riferimento e la individuazione dei compartecipi attivi in prima persona nel settore economico di riferimento. Insomma, quella prosecuzione ideale e di “nome” che caratterizza la relazione tra la consorteria oggetto del processo Nord-Sud e quella attuale, diviene – con riferimento al procedimento n. 30500/04 r.g.n.r. – del tutto concreta ed effettiva».


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Secondo Francesca Racco, psicologa e psicoterapeuta di Bovalino, nonché membro dell'Osservatorio Nazionale Adolescenza, non si diventa mai bulli per caso. La ricerca scientifica ci ha ben illuminato su quanto il cervello sia plasmato dalle esperienze quotidiane. I più piccoli imparano per imitazione e oggi si cresce a suon di pane e prevaricazione. Chi è bullo oggi ha fatto esperienze di un vuoto educativo ieri.

società

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Il bullo è figlio di chi parcheggia sul marciapiede

Oggi, il bullo viene spesso dalle buone famiglie, solo apparentemente normali ma che in realtà vivono grandi sofferenze emotive, carenza di valori e vittime a loro volta di una crisi educativa senza precedenti.

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO er troppo tempo il bullismo è stato minimizzato considerandolo un “rito di passaggio”. Ed è così che si sono drammaticamente moltiplicati i casi. È più che mai necessario ammettere che il bullismo sia un problema anche di fronte alle porte chiuse di chi ha scelto di non vedere. Subire atti di bullismo può avere nella vittima conseguenze devastanti sia a breve che a lungo termine. E ad essere responsabili di una giovane vita che va a rotoli non è solo il bullo ma tutti coloro - famiglia, scuola, società - che avrebbero potuto intervenire e non l’hanno fatto. Con l’aiuto della dottoressa Francesca Racco, psicologa e psicoterapeuta di Bovalino, nonché membro dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, proviamo a capire se nostro figlio è un bullo o una vittima

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dei bulli. E come aiutarlo. Come riconoscere un bullo? Prima di tutto bisogna stare attenti a non cadere nell’errore di pensare che il bullo sia per forza un ragazzo particolarmente incline alla violenza o proveniente da un contesto socio economico svantaggiato. Oggi, il bullo viene spesso dalle buone famiglie, solo apparentemente normali ma che in realtà vivono grandi sofferenze emotive, carenza di valori e vittime a loro volta di una crisi educativa senza precedenti. Solitamente il bullo è popolare nel suo gruppo, circondato da chi lo sostiene rinforzando così il suo ruolo, tende a prevaricare gli altri, prende sistematicamente in giro, ride alle spalle degli altri negando e sminuendo la gravità del proprio comportamento. Tende a divertirsi quando l’alto ci rimane male, senza provare senso di colpa. Ha certamente difficoltà ad accettare le regole e vive un senso di onnipotenza che mette in atto con comportamenti di superiorità. Non contempla le diversità e il rispetto del prossimo. Quante forme di bullismo esistono? Il bullismo può avvenire in forma diretta, con minacce, pugni e calci, furti di oggetti e altre prepotenze. Ma esiste anche nella sua forma indiretta, come ad esempio non rivolgendo mai la parola alla vittima ed escludendola dal gruppo, offendendola e parlandone male o prendendola in giro. Il cyberbullismo è, invece, la violenza perpetrata in rete in cui la vittima viene isolata ed esclusa anche dai gruppi WhatsApp, viene insultata all’interno delle chat e presa in giro sistematicamente. A volte vengono fatti dei fotomontaggi o vengono scattate foto o video in momenti ed in situazioni imbarazzanti e inviati ai

vari gruppi. Questo tipo di bullismo ha conseguenze talvolta irrimediabili perché davvero con un semplice click si può rovinare la vita di una persona. Quest’ultima forma vede anche tanti bulli inconsapevoli, che alimentano il fenomeno condividendo o sostenendo il cyberbullo con un semplice like. È vero che oltre al bullo dominante, esiste anche il bullo insicuro? Sì, è vero. Tendenzialmente pensiamo che il bullo sia solo di tipo dominante, sicuro di sé e con un grande bisogno di potere. In realtà, il bullo può essere anche insicuro, con bassa autostima, alla costante ricerca di attenzione. Il bullo insicuro è ansioso e a sua volta può ricoprire il ruolo di prepotente con i più deboli e debole con i più forti. Le vittime preferite del bullo? Spesso a essere presi di mira sono coloro che sono più sensibili, rispettosi delle regole, studiosi o molto bravi a scuola. A volte vengono considerati “sfigati” magari perché non alla moda. Per lo più si tratta di bambini e ragazzi che non riescono a difendersi e che non raccontano nulla agli adulti perché temono di peggiorare la situazione, ed è proprio di questo che il bullo si fa forte. Il bullismo è anche femminile? Sì, negli ultimi anni stiamo assistendo a un incremento del bullismo messo in atto, non solo dalle adolescenti ma anche dalle bambine sin dalle scuole dell’infanzia. Non è raro osservare gruppetti di bambine che tendono a isolare una compagnetta. Personalmente in questi anni ho seguito in psicoterapia moltissime ragazze vittime di svalutazioni e derisioni continue, a opera di coloro che per giunta ritenevano amiche. Esistono dei processi, delle esperienze, delle spinte imitative per cui si diventa bullo? Assolutamente sì, non si diventa mai bulli per caso. Ed è proprio questa la domanda più importante che dobbiamo porci se vogliamo davvero fermare questa crescente emergenza psicosociale. Purtroppo viviamo in una società in cui prevale il conflitto, la competizione e lo scontro a discapito di collaborazione, cooperazione e solidarietà. La ricerca scientifica ci ha ben illumi-

nato su quanto il cervello sia plasmato dalle esperienze quotidiane. I più piccoli imparano per imitazione e oggi si cresce a suon di pane e prevaricazione. Se non ci fermiamo a riflettere su cosa stiamo insegnando ai nostri figli non potremo mai fermare il bullismo. Ricordiamoci che è prevaricazione quando noi per primi non osserviamo le regole, ad esempio quando parcheggiamo sul marciapiede, quando non allacciamo le cinture, non rispettiamo le file, quando postiamo frasi denigratorie sui social, quando urliamo offendendo chi non la pensa come noi. Chi è bullo oggi ha fatto esperienze di un vuoto educativo ieri. Quali rischi e conseguenze comporta il bullismo? I rischi e le conseguenze possono essere devastanti e lasciare segni profondi per tutta la vita. Sicuramente viene intaccata l’autostima, si perde la fiducia in se stessi fino ad arrivare a sperimentare vissuti di ansia e depressione, che possono esitare in eventi drammatici se consideriamo che una vittima su due pensa al suicidio. Tra le vittime è molto frequente anche l’autolesionismo, per alcuni di loro questa diviene l’unica modalità per gestire il dolore derivante dalle continue angherie e violenze subite. Quali sono i segnali riscontrabili nei bambini e nei ragazzi vittime di bullismo? Spesso manifestano cambiamenti di umore, possono manifestare disagio nell’andare a scuola o nel frequentare le attività sportive, talvolta lamentando mal di testa, mal di pancia e altri disturbi psicosomatici. Tendono a rimanere isolati e non coinvolti nelle attività di gruppo dei pari. Possono inoltre apparire chiusi e pensierosi. Gli adulti devono prestare molta attenzione perché la maggior parte dei soprusi rimane sommersa in quanto bambini e ragazzi non parlano per il timore che la situazione possa peggiorare o per la paura di rimanere senza amici. Attraverso quali interventi è possibile ridurre il disagio della vittima? Il primo passo risiede nel riconoscere il disagio, cosa per nulla scontata, visto che troppi bambini e ragazzi ancora oggi soffrono perché le dinamiche violente vengono definite “cose da ragazzi”. Chi si trova a essere vittima di tanta sofferenza ha bisogno innanzitutto di sentirsi dire e capire che non ha nessuna colpa. La vittima ha bisogno di essere riconosciuta nel suo dolore e non, come spesso accade, di essere quasi trasparente. Perché ricordiamoci che ciò che fa più male è che tutti sanno e nessun interviene. Come recuperare un bullo? Considerando che, per un intreccio di fattori, il bullo ha acquisito una modalità errata di relazionarsi, occorre fornirgli gli strumenti per interagire nel gruppo senza sentirsi superiore. Per fare questo, però, prima occorre un lavoro di riconoscimento delle proprie emozioni e di quelle degli altri. Il bullo ha bisogno di imparare a vedere il punto di vista dell’altro, ma ancor prima ha bisogno di guardarsi dentro per avere contezza delle conseguenze dei propri atteggiamenti e comportamenti. Il primo step è fermarlo e poi spesso occorre un intervento specialistico finalizzato alla consapevolezza emotiva e al ripristino del senso dell’altro. Insomma occorre tirarlo fuori dal ruolo in cui è incastrato perché è anch’egli vittima di se stesso.


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Il Marconi investe sui percorsi di orientamento Il 20 febbraio, gli alunni dell’I.I.S. “G. MARCONI” di Siderno dell’indirizzo “Sistemi Informativi Aziendali” e i docenti: Strangio Soccorsa, Tredici Barbara, Gangemi Antonio e Sanci Rosario si sono recati in visita aziendale a Catania c/o la “Darwin Technologies” una realtà informatica attiva nella produzione di software. L’azienda è nata grazie al talento e alla dedizione di tre studenti universitari. Essa fornisce, soprattutto alle scuole soluzioni software, applicazioni per sistemi mobili e desktop e altri importanti servizi: quali l’assistenza e la formazione in ambito informatico. La “Darwin Technologies” ha lo scopo di far incontrare l’innovazione sociale e quella tecnologica. Il Marconi intende fornire agli studenti quelle competenze necessarie a inserirsi nel mondo del lavoro, alternando ore di studio a ore di formazione in aula e ore trascorse all’in-

terno di un’azienda. Aprire il mondo della scuola al mondo esterno consente di trasformare il concetto di apprendimento in attività permanente. L’Alternanza intende integrare i sistemi dell’istruzione, della formazione e del

lavoro attraverso una collaborazione produttiva tra i diversi ambiti, con la finalità di creare un luogo di apprendimento in cui gli studenti siano in grado di imparare concretamente. Per i giovani questo rappresenta un’opportunità di crescita e di inserimento futuro nel mer-

Coito, ergo sum Voglio una vita spericolata Voglio una vita come quelle dei film Voglio una vita esagerata Voglio una vita come Steve McQueen Voglio una vita che non è mai tardi Di quelle che non dormi mai Voglio una vita, la voglio piena di guai Quando Vasco Rossi, in arte Blasco ormai celebrato divo rockstar, cantava a Sanremo edizione 1983 la canzone-manifesto della sua idea di come valga la pena di vivere la vita, io quasi coetaneo avevo già messo la testa a partito, ero sposato e avevo due figli. Nel sentire le parole della sua “Voglio una vita spericolata” ho pensato si trattasse di un poveretto a cui alcol e droga avevano fuso il cervello. Non ho mai seguito i suoi successi musicali perché secondo me, nonostante potesse essere un buon cantante non era una persona di cui la società dovesse andare fiera. Nonostante il successo resto sempre dell’idea che quella canzone non abbia fatto bene ai nostri giovani che la scimmiottavano. Cattivi maestri venivano definiti nelle stanze della pedagogia, eppure egli aveva persino lasciato la facoltà di economia e commercio per iscriversi a pedagogia, più affine alle sue inclinazioni, e dopo un tentativo di prendere il diploma in un istituto salesiano. In effetti il resto della sua carriera è connotata dal realizzarsi di quanto aveva previsto in quella canzone. Adesso è ricco, adorato e invidiato ma resta pur sempre uno sbandato a cui la società riserva onori mentre mortifica altri che alla loro vita hanno voluto dare un senso diver-

so, più umano. E tanto per stare in argomento ci giunge notizia che un nuovo talento si affaccia all’orizzonte con la pubblicazione di un libro che dovrebbe essere adottato nelle scuole secondarie, ma con qualche omissis potrebbe andar bene anche alle elementari; si tratta dell’autobiografia di Fabrizio Corona dal titolo “Non mi avete fatto niente”. Corona, ben noto, è un altro esempio per i nostri giovani, anch’egli ha avuto una vita di successo sia in fatto di donne che di soldi. Chi non lo invidia per avere visto da vicino la farfallina di Belen! E come non essere venerato dai nostri pretendenti il reddito di cittadinanza per avere in casa la disponibilità di 1,7 milioni di euro, spiccioli per le spesucce correnti. Le sue vicende occupano le cronache ma adesso che la letteratura ha preso il sopravvento speriamo che anch’egli navighi verso nuovi successi. Vi sono alcune anticipazioni giornalistiche del contenuto della sua opera prima che val la pena di riportare come assaggio che servirà da stimolo per correre in libreria. “io ho un magnetismo, guardo una donna e dopo un attimo sono lì che me la faccio. All’hotel Parco dei Principi di Roma arriva una ragazza sudamericana, mi accorgo del suo profumo Chanel, del suo Rolex da 40mila euro, mi guarda, io guardo lei, dopo due minuti cominciamo a scopare come dei pazzi nel bagno dell’hotel”. Talento innato o acquisito? Certo il suo maestro sarà stato il grande Renato. No, non Renè Vallanzasca ma René Descartes di cui ha rimodulato la locuzione Cogito ergo sum nel più confacente Coito ergo sum. Arturo Rocca

cato del lavoro. L’obiettivo della visita è stato quella di far osservare una realtà aziendale operante sul mercato nazionale con una visione orientata all’imprenditorialità. All’arrivo la responsabile ha presentato agli alunni l’azienda illustrando in

maniera chiara e interessante sia l’aspetto teorico che quello pratico. I tutor aziendali hanno fornito le indicazioni operative per l’utilizzo delle applicazioni software coinvolgendo gli allievi nella gestione delle stesse. Il giudizio degli alunni è stato molto positivo; hanno manifestato interesse e partecipazione all’attività proposta; soddisfazione è stata espressa dai docenti per l’impegno profuso da parte dei discenti. I docenti insieme agli alunni ringraziano il Dirigente Scolastico dott. Clelia Bruzzì che con entusiasmo ha stimolato e supportato l’attività; gli allievi infatti si sono distinti in numerose occasioni di crescita culturale e formativa confrontandosi con l’esterno e con realtà importanti stimolati proprio dall’entusiasmo e dal fondamentale supporto che la DS ha rivolto loro.

Il sidernese Antonio Stalteri alla Cerimonia di Inaugurazione dell’anno giudiziario

Durante la Cerimonia di Inaugurazione dell’anno giudiziario 2019, svoltasi lo scorso 15 febbraio presso la Sezione Giurisdizionale d’Appello della Corte dei Conti, era presente anche il sidernese Antonio Stalteri, che in queste foto stringe la mano al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte.


Il GAL continua a presentare nella Locride i bandi per le aziende agricole Archiviati con successo i primi workshop di Ciminà, Samo, Monasterace, Bianco e Mammola, il Gruppo di Azione Locale si prepara svolgere altri quattro incontri. È partita la fase di presentazione al territorio del bando a valere sulla misura 4.1 del PSR Calabria 2014-2020 prevista nel Piano di Azione Locale “Gelsomini” del GAL Terre Locridee. Ricordiamo che tale bando permetterà alle aziende agricole della Locride di presentare i propri progetti entro la data del 12 aprile 2019. Questa fase, necessaria per dare alle aziende le informazioni per seguire le procedure, è stata strutturata con dei workshop organizzati dalla struttura del GAL in 9 paesi della Locride per riuscire a divulgare nella maniera più capillare le informazioni contenute nel bando stesso. Il primo di questi workshop si è svolto a Ciminà presso la biblioteca comunale, ed è stato aperto con i saluti del sindaco Giusy Caruso e del presidente del GAL Francesco Macrì. Si è dunque passati alla parte tecnica, introdotta dalla relazione del responsabile della comunicazione del GAL Rosario Condarcuri, che ha illustrato ai presenti i bandi e le modalità di partecipazione. Sono seguiti gli interventi di Aldo Canturi, membro del Consiglio di amministrazione e sindaco di Bianco e di Luciano Pelle, sindaco di Antonimina. Molte le domande dei responsabili di aziende del territorio che fanno immaginare un’alta partecipazione al bando stesso. A questo primo incontro hanno fatto seguito quelli organizzati a Samo venerdì 22 febbraio, a Monasterace lunedì 25 febbraio, a Bianco mercoledì 27 febbraio e a Mammola venerdì 1 marzo, da intendersi tutti in qualità di seguito dei momenti di partecipazione e animazione che il GAL ha realizzato nel corso del precedente anno e in grado di inau-

gurare una fase operativa che prevede numerose altre iniziative per coinvolgere le aziende agricole del territorio e i tecnici nella presentazione dei progetti. È stato proprio durante questi confronti, infatti, che sono stati presentati anche gli altri bandi, già in visione sul sito web del GAL, che verranno pubblicati formalmente al più presto: misura 6.4.1 dedicato alle fattorie sociali e al tema della diversificazione; misura 4.2.1 relativo a investimenti nella trasformazione, commercializzazione e sviluppo dei prodotti agricoli dell’area; misura 16.2.1 che prevede il sostegno a progetti pilota per l’introduzione di sistemi innovativi nel settore. Altri incontri propedeutici all’arricchimento del programma si svolgeranno a Caulonia martedì 5 marzo, alle ore 17:30, presso FOCS Formazione & Lavoro; a Siderno sabato 9 marzo, alle ore 10:30, presso la sala del Liceo Artistico; a Canolo lunedì 11 marzo, alle ore 17:30, presso la sala del consiglio comunale; a Sant’Ilario dello Jonio mercoledì 13 marzo, alle ore 17:30, presso la sala del consiglio comunale. Il GAL raggiunge questa fase operativa dopo mesi di lavoro e confronto con i tecnici della Regione Calabria che gli hanno permesso, è bene ricordarlo, di essere tra i primi GAL calabresi a vedere pubblicato formalmente un proprio bando. L’entusiasmo del Consiglio di Amministrazione è dovuto proprio al raggiungimento di questo importante risultato, considerando anche che il GAL Terre Locridee è fra i più giovani gruppi di azione locale della Calabria.

Le prossime sei giornate per visitare gratis i musei calabresi vanno dal 5 al 10 marzo. Sarà un'occasione per spingere i cittadini e le famiglie a visitare i nostri bellissimi musei e ammirare le meraviglie in essi custodite.

“Io vado al museo” anche la Calabria aderisce all’iniziativa del Mibac con 20 ingressi gratuiti Anche i cittadini calabresi potranno entrare per 20 giorni l'anno gratis nei 12 musei, siti archeologici statali, parchi e giardini monumentali (per altri 7 siti l'ingresso resta gratuito). Aumentano le giornate a ingresso libero nei luoghi della Cultura statali: sono 8 in più rispetto al passato, scelte in base alle caratteristiche di ciascun museo autonomo o polo museale territoriale. Tra le novità anche l'istituzione della “Settimana dei Muse”' a cadenza annuale e un ticket da 2 euro per i ragazzi e le ragazze dai 18 ai 25 anni, che intendono visitare un luogo della Cultura. “La rivoluzione” è prevista nel decreto firmato dal ministro per i Beni e le attività culturali Alberto Bonisoli lo scorso 9 gennaio, che introduce modifiche al decreto ministeriale numero 507 del 1997 che disciplina le modalità di istituzione del biglietto di ingresso ai monumenti, musei, gallerie, scavi di antichità, parchi e giardini monumentali. A illustrare il contenuto delle nuove disposizioni sono stati il ministro per i Beni e le Attività Culturali Alberto Bonisoli, il Direttore Generale Musei del Mibac Antonio Lampis e la direttrice del Polo museale del Lazio Edith Gabriel, nel corso di una conferenza stampa, a Roma, che si è svolta nell'auditorium del Museo Nazionale degli Strumenti Musicali. Il decreto, entrato in vigore lo scorso 28 febbraio, innova di fatto il sistema delle agevolazioni per l'accesso ai siti statali introducendo: 8 giornate ticket free, scelte dai direttori dei musei autonomi e dei poli museali regionali, in relazione alle specificità territoriali di ciascun sito; 6 giornate a ingresso gratuito durante la #SettimanaDeiMusei - dal martedì alla domenica in tutti musei statali italiani - che quest'anno ricade dal 5 al 10 marzo; e 6 giornate gratuite in concomitanza con le prime domeniche del mese, da ottobre a marzo. Oltre a incrementare il numero delle giornate gratuite nell'ottica di migliorare l'offerta culturale di ciascun museo e agevolarne la fruizione, il decreto si rivolge in particolare alle nuove generazioni. E lo fa istituendo da quest'anno una tariffa di soli 2 euro per i ragazzi e le ragazze dai 18 ai 25 anni. La riduzione del costo dei biglietti di ingresso per i giovani si basa, infatti, su una scelta precisa del ministro, finalizzata ad abbattere gli ostacoli

anche di carattere economico, che spesso rappresentano un deterrente per l'accesso alla Cultura e alla fruizione dei beni culturali. Il Mibac, poi, ai fini di una migliore diffusione delle novità introdotte dal decreto, ha promosso la campagna di comunicazione istituzionale #IoVadoAlMuseo, già partita sui canali social e sulle reti Rai con la trasmissione dello spot istituzionale realizzato dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma per la regia di Paolo Santamaria, l'attivazione del sito www.iovadoalmuseo.it e gli hashtag #IoVadoAlMuseo e #SettimanaDeiMusei. Per ottenere informazioni utili su fasce orarie e giornate a ingresso libero, programmare una visita e andare al museo basterà un semplice click da smartphone, tablet o pc. "Con l'iniziativa Io Vado al Museo andiamo oltre rispetto al passato e aumentiamo l'offerta culturale nel nostro Paese. Le nuove agevolazioni sono il frutto di un percorso, avviato nei mesi scorsi dal Mibac - ha detto Bonisoli, in conferenza stampa - aumentando il numero di giornate gratuite in tutti i musei statali vogliamo migliorare le modalità di fruizione del nostro patrimonio culturale e far conoscere alcuni tesori nascosti o poco noti, ma ugualmente preziosi, come il museo in cui ci troviamo oggi". "Con questo decreto - ha spiegato il ministro - cambieranno fondamentalmente due cose: la prima è che con la Settimana dei Musei sarà identificato un periodo preciso di lancio della stagione museale con tutti i musei statali gratuiti. Quest'anno si svolgerà dal 5 al 10 marzo e sarà un'occasione per spingere i cittadini e le famiglie a visitare i nostri bellissimi musei e ammirare le meraviglie in essi custodite". "La seconda novità - ha continuato Bonisoli - è aver dato la possibilità a ciascun istituto statale di impostare un piano di gratuità sostenibile, migliorando la qualità della offerta e dunque di fruizione dei beni culturali, garantire sicurezza e tutela del patrimonio culturale in armonia con le esigenze del territorio. Con la campagna Io Vado al Museo - ha concluso - intendiamo avvicinare i cittadini, e in particolare i giovani, al patrimonio culturale, fondamento dell’identità culturale italiana"


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In occasione della Festa della donna, vogliamo ricordare la marchesa Pellicano che, senza nessuna ostentazione ma con molta umiltà, è riuscita a smuovere le coscienze e a portare un po’ di modernità tra le menti poco aperte della Calabria del 1800.

Clelia Pellicano, la marchesa calabrese che lottò per i diritti delle donne Nel 1908 pubblicò “Novelle Calabresi”, la sua opera più importante. Sono racconti tutti incentrati sulla descrizione ironica e, a volte, critica della realtà di Gioiosa, con i suoi riti e le sue feste religiose, in particolare quella di San Rocco.

Questa settimana parlerò di una donna che non si è mai tirata indietro di fronte agli ostacoli della vita, una donna che con intelligenza e sensibilità, fino all’ultimo giorno della sua vita, ha cercato di concretizzare tutti i suoi obiettivi. Clelia Pellicano nacque a Napoli nel 1873, ebbe una vita breve, ma intensa. Sua madre era Pierina Avezzana, figlia del generale Giuseppe, amico di Garibaldi; suo padre era il barone Giandomenico Romano, giovane deputato del Parlamento italiano nel 1870. Sposò a 16 anni il marchese Francesco Maria Pellicano di Gioiosa Jonica, appartenente ai duchi Riario-Sforza, anch’egli deputato. È stata una delle rare unioni in cui la ragione e il sentimento sono riusciti a trovare una combinazione vincente. Dal loro matrimonio, sono nati sette figli che Clelia allevò, per lunghi periodi, nella tenuta del marito a Gioiosa Jonica, alternando la residenza a Castellamare di Stabia, a Napoli, e nella sua villa a Roma, il cui salotto fu frequentato dai ministri Orlando e Salandra, da intellettuali, scrittori e poeti come Luigi Capuana e Matilde Serao. Rimasta vedova nel 1909, si occupò del patrimonio familiare, dimostrando di essere un’ottima imprenditrice, creando persino a Prateria (una frazione di San Pietro di Caridà, in Calabria) un’impresa forestale. Era un’appassionata amazzone e un’europeista convinta, parlava francese, inglese e italiano, ma la sua grande passione è stata la scrittura, tanto da diventare una giornalista che, a quei tempi, era una rarità per una donna. Fu corrispondente della gloriosa rivista mensile “Nuova Antologia”, fondata nel 1866 a Firenze, poi trasferita a Roma, nella quale collaboravano scrittori come Pirandello. In seguito, collaborò anche con “Flegrea” e alla rivista quindicinale torinese “La Donna”. Scrisse, per quest’ultima rivista, tre reportage da Londra. Come scrittrice, usò lo pseudonimo di Jane Grey (nome di una sfortunata regina inglese, salita al trono dopo la morte di Enrico VIII). Nelle sue opere letterarie analizzò tutti i temi spinosi dell’epoca, ispirandosi al verismo di Verga e all’ironia Pirandelliana; ma nel suo stile c’era anche l’influenza di Flaubert e di Maupassant. I suoi primi racconti vennero pubblicati sulla rivista “Flegrea”, seguirono le novelle come “Coppie” e “La vita in due”, romanzi audaci dove si raccontava le difficoltà del matrimonio, i problemi sentimentali, le incomprensioni e i rapporti con i figli, tra le cattiverie, le ingiustizie e le ipocrisie della società contadina. Nel 1908 pubblicò “Novelle Calabresi”, la sua opera più importante. Sono racconti tutti incentrati sulla descrizione ironica e, a volte, critica della realtà di Gioiosa, con i suoi riti e le sue feste religiose, in particolare quella di San Rocco. Alcune di queste novelle, come “Colpo di stato” e

“Schiava” furono lodate persino da Benedetto Croce. “Novelle Calabresi” è stato riedito dalla Arnaldo Forni Editore di Bologna nel 1987. Donna forte e decisa, ha sempre lottato per vincere le sue battaglie, in particolare quella sui diritti delle donne. Sfruttò, infatti, la sua posizione privilegiata e le sue conoscenze, partecipando a conferenze femministe e a battaglie per il diritto delle donne al voto, all’istruzione, per l’affermazione di una dimensione extradomestica della donna e della rivendicazione del ruolo femminile nella stampa dell’epoca. Degna la sua introduzione augurale a Londra, dove si era recata in qualità di socia delegata del CNDI (Consiglio Nazionale Donne Italiane), per partecipare al Congresso Internazionale femminile che lei chiamava “La nostra alleanza”, sorta fin dal 1902. Era molto orgogliosa di essere rappresentante dell’Italia ed ecco cosa disse, in quell’occasione: “Ricordatevi voi donne d’ogni razza, d’ogni paese, da quelli dove splende il sole

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di mezzanotte a quelli in cui brilla la Croce del Sud, qui convenute alla comune aspirazione della libertà, all’uguaglianza, strette da un nodo di cui il voto è il simbolo, ricordatevi che il nostro compito non avrà termine se non quando tutte le donne del mondo civilizzato saranno sempre monde dalla taccia di incapacità, d’inferiorità di cui leggi e costumi le hanno bollate finora!”. Nel 1910 scrisse la prefazione del libro “La legge e la donna” di Carlo Gallini, opera che sollecitava il Parlamento Italiano ad ammettere le donne al voto. Nel 1912 curò una sottoscrizione nazionale e intervenne, con un contributo personale, per favorire il trasporto e la cura dei malati. Nel 1914 partecipò a un congresso, a Roma, per rivendicare i diritti sociopolitici delle donne e per chiedere una migliore retribuzione del lavoro femminile al pari degli uomini. Esempio di donna coraggiosa e dinamica, capace di trasmettere valori, è riuscita a tracciare, in maniera approfondita, le caratteristiche delle donne calabresi in un’epoca in cui il cosiddetto “sesso debole” stentava a uscire da uno stato di sottomissione culturale e sociale. Non fece in tempo a veder realizzati gli obiettivi di emancipazione e il riconoscimento dei diritti delle donne, per le quali aveva lottato, perché morì giovane, appena cinquantenne, il 2 settembre 1923. La sua grinta, la sua audacia e la sua forza interiore non si sono mai spente, ma sono stati uno slancio in più per continuare le sue lotte, fino al raggiungimento del traguardo finale. Pochi anni fa, in un convegno tenuto a Gioiosa Jonica, sulla figura di Clelia Pellicano, il Presidente del Consiglio Regionale della Calabria, Nicola Irto, ha così parlato di questa donna straordinaria: “Clelia Pellicano ha dato prova con i fatti, in un’epoca e in un territorio certamente complessi e difficili, del valore umano, familiare, intellettuale e anche imprenditoriale della donna. Deve far riflettere che ancora oggi, a quasi un secolo della morte della marchesa, si lavori ancora per un pieno ed effettivo esercizio dei diritti delle donne, per le quali Clelia si batté assumendo il ruolo di pioniera del femminismo che forse è espressione riduttiva rispetto alla poliedricità di questa figura”. La marchesa Pellicano, senza nessuna ostentazione ma con molta umiltà, è riuscita a smuovere le coscienze e a portare un po’ di modernità tra le menti chiuse della Calabria dell’epoca e se noi donne, oggi possiamo votare, possiamo studiare e abbiamo un ruolo nella società, il merito è anche di questa meravigliosa donna che non ha mai abbassato gli occhi di fronte alla prepotenza e l’egoismo maschile, ma ha camminato sempre a testa alta, raccontando il suo modo di vedere la vita e combattendo per realizzare un mondo migliore. Rosalba Topini

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Ultime dalle primarie Marco Schirripa scende in campo assieme al Presidente del Consiglio Regionale Nicola Irto per dare slancio all’ultima fase della campagna elettorale per le primarie del PD.

Ariete Questa sarà una settimana davvero fortunata! Venerdì e sabato potrai godere della luna in congiunzione, che ti regalerà un week-end indimenticabile. Con Venere a favore, inoltre, le questioni sentimentali finalmente potranno risolversi, e per il meglio!

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Consiglieri e primi cittadini Il Consigliere Regionale Orlandino Greco si lascia ritratte in compagnia del sindaco di Palizzi Walter Scerbo a margine di un incontro istituzionale.

Gemelli La tua settimana si prospetta molto positiva dal punto di vista sentimentale, meno da quello professionale. Mercurio sfavorevole non aiuta i tuoi progetti, creando blocchi martedì, mercoledì e giovedì. Venerdì, per fortuna, ci sarà un po’ di recupero.

Essenze africesi Catanzariti, Caracciolo e Pietro Sergi tengono compagnia a uno dei più grandi poeti dell’area grecanica: Gianni Favasulli, autore della splendida canzone “Sugnu africotu”.

Cancro Se in amore stai finalmente riuscendo a tirare un sospiro di sollievo, sul fronte professionale preparati a una vera e propria rimonta! Mercurio favorevole ti aiuta a farti valere: punta tutto sulle giornate fortunate di martedì, mercoledì e giovedì. Leone Ti conviene tirare fuori tutta la tua pazienza: Venere in opposizione la metterà alla prova! Il dialogo col partner rischia di ridursi ai minimi termini e non si esclude la possibilità di una rottura… Lunedì in particolar modo sarà una giornata dura.

Fuga dal consiglio comunale Si abbracciano appena fuor dal comune di Roccella Ionica Attilio e Ninetto. I ben informati ci riferiscono che la loro fuga dal Consiglio Comunale sia stata dettata da un’emergenza che li avrebbe costretti a recarsi a Caulonia.

Vergine Questa non sarà una settimana facile. Dovrai fare i conti con l’opposizione di Mercurio, feroce nelle giornate di martedì, mercoledì e giovedì. Non fare passi azzardati: sul lavoro qualcuno potrebbe metterti i bastoni tra le ruote, non essere impulsivo. Bilancia L’amore è tornato a sorriderti e questa settimana potrai goderti momenti di grande serenità assieme al partner. Attenzione, invece, alle giornate di venerdì e sabato, quando la luna in opposizione potrebbe creare qualche nervosismo in casa o sul lavoro.

Confronto samese Sempre in Aspromonte, il sindaco di Samo Giovanbattista Bruzzaniti ci accompagna in un bar assieme ad altri amici suoi compaesani, che discutono vivacemente dei prodotti della terra.

Foto ricordo con la celebrità Vincenzo Sotira, tornando a Siderno dopo molto tempo, incontra nuovamente uno dei cuochi più famosi della Locride, lo Chef Bucci, con il quale non ha voluto sprecare l’occasione di fare una foto.

Cena itinerante Giudo Mignolli, Antonietta Scriva e Francesco Macrì si fanno fotografare sul romantico autobus adibito a ristorante tipico della Locride in quel di Bianco.

Toro La settimana non comincia nel migliore dei modi: lunedì, infatti, una luna sfavorevole rischia di portare discussioni e litigi col partner. Per fortuna nel resto della settimana andrà meglio. Buone notizie in arrivo sul lavorativo a inizio settimana.

Scorpione La tua sarà una settimana fortunata sotto il profilo professionale e meno sotto quello sentimentale… Venere sfavorevole creerà tensioni col partner e ne risentirai lunedì e domenica, quando la luna ti renderà nervoso… Sul lavoro, invece, buone notizie.

Cooperativa sociale Il Presidente dell’ordine dei commercialisti Ettore Lacopo si fa questa foto con i ragazzi della cooperativa Aspromonte di Samo, intervenuti durante una delle presentazioni del GAL.

Sagittario Le cose in ambito professionale non procedono come avevi immaginato. Niente paura, però! Con Giove in congiunzione, il successo è assicurato. Ti toccherà solo portare un po’ di pazienza… Sul fronte dei sentimenti, invece, tutto procede per il meglio! Capricorno Mercurio ti aiuterà a fare passi avanti in ambito professionale, rendendo i tuoi obiettivi sempre più vicini. Aspettati belle novità nelle giornate di martedì, mercoledì e giovedì. Attenzione invece a venerdì e sabato, che rischiano di essere stressanti…

Acquario Con Venere in congiunzione sarà impossibile resisterti! La fortuna in ambito sentimentale è assicurata… Lunedì avrai anche la luna nel tuo segno per una giornata super-fortunata sotto ogni punto di vista. Anche sul lavoro arriveranno buone notizie.

Giornalismo da bere Una foto di gruppo dei giornalisti della Locride, nella quale possiamo riconoscere Maurizio Nardi, Enzo Lacopo, Emanuela Alvaro, Ilario Balì e Gianluca Albanese.

Pesci Settimana pienissima di successi! Mercurio nel segno ti regalerà fortuna in ambito professionale: riuscirai a ottenere i riscontri che meriti. Fortunatissime le giornate di martedì, mercoledì e giovedì. È il momento di lanciarsi in nuovi progetti!


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