Taranto a metà

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primopiano

Taranto a metà Tempi lunghi e prescrizioni deboli. La nuova Aia delude le aspettative. Ma i dati dell’Istituto superiore di sanità ribadiscono che l’Ilva ammala la città di

Francesco Loiacono one a Taranto rispetto al resto della provincia, con un aumento del 30% per tutti i tumori negli uomini (60% per il linfoma di Hodgk in, più del 100% per il mesotelioma e i tumori maligni del rene) e del 20% per le donne (oltre l’80% per il tumore all’utero e il 100% per quello allo stomaco). Cifre allarmanti che confermano qua nt o t empo si sia già perso, spingendo il ministro della Salute ad annunciare un piano sanitario straordinario e a promettere che l’Aia sarà rivista nel caso il quadro ambientale dovesse ulteriormente peggiorare. Balduzzi, dunque, promette la revisione di un atto g ià “revisionato”. L’Autorizzazione integrata ambientale presentata a ottobre, infatti, sostituisce quella rilasciata ad agosto 2011 dal ministro Stefania Prestigiacomo e giudicata troppo permissiva verso la proprietà dell’Ilva. Fare di più, quindi, era d’obbligo. «Il riesame dell’Aia per l’Ilva – aggiunge Lunetta Franco, presidente del circolo tarantino di Legambiente – avrebbe dovuto tenere maggiormente conto delle legittime aspettative dei cittadini esasperati dalla situazione sanitaria e ambientale». Autu n no e i nver no, dopo un’estate bollente, si presentano insomma molto caldi in riva allo Ionio. Mentre la riconversione dell’acciaieria stenta a partire. n FOTO: © Squillantini/ Imagoeconomica

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Taranto il tempo passa, le soluzioni latitano e la polvere rossa resta nell’a r ia. Nea nche la nuova Autor izzazione integrata ambientale (Aia) per l’Ilva apre la strada alla riconversione dell’acciaieria verso una produzione sostenibile. L’Aia riesaminata e presentata dal ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, lo scorso 18 ottobre in Conferenza dei servizi non sembra, infatti, risolvere i problemi causati dal polo siderurgico. In particolare, non impone l’adozione di filtri a tessuto per l’agglomerato, uno degli impianti più inquinanti, e rinvia la scelta ad un successivo studio di fattibilità. Rimanda inoltre di venti mesi lo stop per il rifacimento dell’altoforno 5, non prescrive misure di abbattimento delle emissioni delle cokerie e per lo spegnimento a secco del coke. Rinvia inoltre l’adozione di misure per la gestione dei rifiuti e delle acque reflue dell’acciaieria. «Seppure questa nuova Aia presenti alcuni passi avanti importanti rispetto al passato, non possiamo accettarne l’incompletezza e il fatto che rimandi a momenti successivi la definizione di alcune soluzioni – è il commento di Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente – La chiusura dell’altoforno 5 non può essere posticipata di venti mesi. E poi manca la previsione di chiusura immediata di alcune batterie delle cokerie e di alcuni altiforni, in evidente e inaccettabile difformità con le prescrizioni della magistratura». Ma gli aspetti negativi non finiscono qui: «Tre anni per la copertura dei parchi

Lunetta Franco, presidente del circolo Legambiente di Taranto

minerali sono un tempo eccessivamente lungo. E la riduzione della produzione di acciaio è un imperativo necessario a limitare le emissioni inquinanti in atmosfera e nel mare – continua Stefano Ciafani – Bisogna adeguare la nuova autorizzazione a tutte le prescrizioni che la procura ha imposto all’azienda con il sequestro dell’impianto di fine luglio». Un sequestro richiesto per porre fine a un’emergenza ambientale e sanitaria in atto da anni, come confermano gli ultimi drammatici dati sulla salute dei cittadini tarantini presentati lo scorso 22 ottobre dal ministro della Salute, Renato Balduzzi, finora assente da tutti i tavoli istituzionali sull’emergenza. I dati del progetto Sentieri dell’Istituto superiore di sanità, che studia l’impatto sulla salute delle zone inquinate – riferiti al periodo 2003-2009 e confrontati a quelli del periodo 1995-2002 – indicano un peggioramento della situazi-

novembre 2012 / La nuova ecologia

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