L'ago di Clusane numero 12

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Pagina ufficiale: L’Ago di Clusane

la redazione

Archetti Alessandra, Belotti Federico, Bertoletti Paola, Bianchi Paola, Bianchi Luigi, Bonardi Bruno, Cancelli Nicoletta, Colosio Laura, Ferrari Deborah, Lopizzo Nicola, Piccinelli Veronica, Regonini Simone, Treccani Carloalberto, Viti Benedetta. Grafica: Andrea Sabadini.

C I R C O L O C u LT u R A L E C L u S A N E N S E di Alessandra Archetti

CLUSANE IN UN CLICK N on pensate male, in questo articolo il termine click non si riferisce a qualcosa di complicato, ad internet o a procedimenti macchinosi da compiere davanti ad un computer o altri marchingegni tecnologici, ma al rumore di una macchina fotografica nel momento in cui scatta. Avrei potuto utilizzare il più moderno termine inglese shot, ma da sempre nell’immaginario di molti la procedura prevede: osservo, inquadro, scatto e il click è il segnale che qualcosa è stato impresso, qualcosa rimarrà nella mente e nella pellicola. Raccontare Clusane attraverso tanti scatti è stato l’obiettivo del secondo concorso fotografico “Clusane, luoghi e persone” indetto in occasione della settimana della Tinca in memoria di Giovanni Gonzini, una delle persone più rappresentative della comunità Clusanense. Sono tante le immagini pervenute che ci hanno affascinato, perché rappresentano Clusane visto nel suo essere paese lacustre, nella costante e imponente presenza del castello

Carmagnola, Clusane colto nel momento di un tuffo dal pontile o nello sguardo fiero di chi osserva i frutti di una giornata di lavoro. Questo concorso è stato l’occasione per noi aderenti a L’Ago di Clusane di premiare le foto, che secondo il nostro giudizio, illustravano meglio il paese, ma anche per dare l’occasione alla comunità stessa di raccontarsi! Girando tra le numerose foto esposte in sala civica, si narra come in un grande libro il passato, il presente e perché no, scorci del futuro di Clusane; per coloro che non vivono quotidianamente sulle sponde del nostro lago, ogni scatto è una scoperta, una cartolina da conservare, come scritto anche da uno dei tanti visitatori. Sono state proposte sfumature diverse e siamo consapevoli che magari qualcosa involontariamente è sfuggito; l’atto di osservare e scattare una fotografica è anche il punto di partenza per un viaggio con la fantasia. Clusane è portatore di memorie e immagini che fanno parte del nostro immaginario collettivo, ma che spes-

Numero 12 Ottobre 2014 so diamo per scontato: la giostra che ha accompagnato le nostre infanzie da molti anni a questa parte, i luoghi-tappe del nostro paese, l’immagine della Clusanina e dei “suoi” uomini che l’accompagnano. Il concorso si è sviluppato attraverso Facebook dove con i “like” espressi dagli iscritti alla nostra pagina, sono stati votati due fotogrammi, due istanti: lo scorcio di Clusane visto in uno specchietto di un’auto quasi fosse un ricordo prezioso, un arrivederci speranzoso e nell’altro il tempismo nel catturare il momento in cui un fulmine si scatena nel corso di una partita a “portine” all’oratorio. Tra effetti tecnici e colori sapientemente utilizzati, foto abilmente studiate, oppure scattate sull’onda di un’emozione, ogni immagine ha suscitato nel visitatore un ricordo o ha permesso di scoprire un punto di vista diverso di alcuni particolari del nostro paese. Ci auguriamo di poter replicare questo concorso … Clusane ha sicuramente tanto altro da raccontare!

“La fotografia è una cosa semplice. A condizione di avere qualcosa da dire.” - Mario Giacomelli -


di Federico Belotti

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e vicende del passato sono tutte inevitabilmente affascinanti. In particolare, quando queste trattano di luoghi che viviamo o di persone che conosciamo, destano ancor più interesse. Ricordo quanto mi stupì mio nonno descrivendomi il padre pescatore. Mi raccontò come durante le lunghe giornate in barca, suo padre, come gli altri pescatori, beveva direttamente dal lago utilizzando la cosiddetta paletta. Nonostante la paletta fosse lo strumento normalmente utilizzato per svuotare la barca in caso di pioggia, veniva utilizzata anche per questo secondo scopo, ed addirittura c’era una vera e propria tecnica che consisteva nello schiaffeggiare l’acqua superficiale preventivamente, in modo da spostare gli eventuali corpuscoli in sospensione, per poi con un altro colpo veloce prelevare l’acqua. Molti potrebbero non trovare minimamente significante questo racconto, io invece restai stupito per un semplice fatto: una volta l’acqua del lago si beveva. Oggi come oggi, le qualità di potabilità sono più che lontanamente raggiungibili, eppure non sono passati tantissimi anni. Come mai stiamo vivendo questo repentino peggioramento delle condizioni del lago? Luogo comune rimane quello di incolpare le vecchie generazioni, od ancora quello secondo il quale il lago ha sempre posseduto una naturale propensione per il ristagno degli inquinanti. Fortunatamente c’è chi si è interessato, ed indagando direttamente con metodi scientifici il nostro lago, ci ha permesso di sfatare tutti quei miti basati sulle convinzioni popolari. Uno dei precursori che si occupò di questa materia fu proprio Francesco Salmoiraghi, che tra il 1897 e il 1898 descrisse la geologia delle zone limitrofe al lago e studiò accuratamente pag. 2 L’ago di Clusane

i meccanismi di variazione lacustre. Esattamente sessant’anni dopo, furono Giuliano Bonomi e Marco Gerletti ad integrare il quadro, fornendo quella che fu la prima “carta d’identità del lago”. Già loro notarono come il nostro bacino presentasse le caratteristiche tipiche riconducibili ad uno stadio primitivo di eutrofizzazione. Per eutrofizzazione si intende un eccesso di sostanze come nitrati e fosfati, che innescano un processo biologico di proliferazione degli organismi vegetali (alghe e micro alghe). Questo squilibrio comporta durante la fase di biodegradazione un aumento dell’ attività batterica, che a sua volta, impone un alto consumo d’ossigeno disciolto nell’acqua. In pratica, durante la decomposizione delle alghe, eccessivamente sviluppate a causa dei nitrati, l’ossigeno sottratto alle acque del lago determina a lungo andare la morte dei pesci. L’eutrofizzazione perciò è uno degli indicatori che denota lo stato di inquinamento di un corpo idrico, dato che viene causata dai nitrati e fosfati contenuti nei fertilizzanti, nei detersivi e negli scarichi civili (fogne…). Nella nota conclusiva della relazione del 1957 si legge “Possiamo invece chiederci, con una punta di realismo, se, nel quadro della generale eutrofizzazione dei nostri laghi prealpini, il lago d’ Iseo mostri qualche sintomo in questo senso. In realtà alcuni indizi sono da considerarsi con interesse: l’elevato contenuto in nitrati, e la non elevata ossigenazione delle acque ipolimniche, la abbondantissima fauna macrobentonica profonda ... È quindi ragionevole attendersi che il lago d’ Iseo presenti in un futuro relativamente prossimo le ormai classiche modificazioni chimiche e biologiche che si sono verificate in altri laghi; è da sperare che si possano su questo lago, quanto

prima, svolgere delle ricerche atte alla documentazione dell’ evoluzione trofica (livello d’ossigenazione), fornendo nel contempo le indicazioni per pianificare una difesa delle caratteristiche naturali del lago” . Consultando i dati ricavati durante i vari prelievi nell’ arco degli anni, si nota come il peggioramento riguardo agli inquinanti presenti nel lago e contemporaneamente alla successiva diminuzione della percentuale d’ossigeno contenuta in acqua, abbia subito un notevole incremento negli ultimi sessant’ anni. Nonostante l’ipotesi di un inquinamento ristagnante da lungo tempo venga meno, rimane primaria la necessità di trovare un rimedio in grado di porre fine all’ immissione di certe sostanze nel lago e che nel contempo possa garantire un graduale riavvicinamento all’ormai perso naturale ciclo biologico. In questi ultimi anni, oltre al continuo prelievo di campioni ed al conseguente monitoraggio dei parametri vitali del bacino, si è parallelamente inaugurato uno studio che potremmo definire ambizioso. Ponendosi come obiettivo l’individuazione delle fonti di inquinamento e la descrizione accurata del meccanismo di ricambio dell’ acqua all’ interno del corpo idrico, tale studio è riuscito a rispondere a molte domande che in precedenza parevano inspiegabili. Per quanto riguarda le fonti di inquinamento, oltre ai detersivi ed ai fertilizzanti che seguendo il ciclo delle acque piovane vengono condotti al lago, non trascurabile rimane la quantità di materiali organici contenuti nel fiume Oglio. Questi sono principalmente dovuti dall’ immissione degli scarichi sia civili che industriali nel fiume, che pur venendo trattati, non comportano danni laddove la velocità di scorrimento dell’ acqua è elevata, ma non rimangono altrettanto inerti dove la velocità dell’ acqua diminuisce permettendo il deposito delle particelle trasportate. Per quanto compete il meccanismo di riciclo e di ossigenazione dell’acqua, si è accertato che il lago per rigenerare completamente le acque al suo interno, impiega molto più tempo rispetto al passato, e che questo ciclo ha sempre subito un rallentamento nel procedere degli anni. Ciò in parte giustificherebbe


l’aumento della concentrazione delle sostanze dannose e darebbe risposta anche alla mancata “riossigenazione” dell’ acqua. Molti ora si chiederanno come sia possibile che il ciclo di ricambio possa variare, visto che potrebbe sembrare influenzato solo dal rapporto tra acqua entrante e quella uscente; in realtà è molto più complicato di come appare, basti pensare che, oltre al rapporto tra entrata e uscita, il ciclo all’ interno di un lago viene influenzato da una miriade di variabili che possono essere: il vento, le variazioni di densità, la rotazione terrestre, le differenze di temperature, i flussi d’acqua, le velocità dei flussi, e molte altre. Grazie alle ricerche effettuate, è stato possibile individuare il principale responsabile del rallentamento dei flussi lacustri: la differenza di temperatura. Quando il sole illumina lo specchio d’acqua, trasmette una quantità di energia media di circa 400GWh (periodo estivo) che comporta un riscaldamento medio di 0.26°C al giorno per i primi venti metri d’acqua. A sua volta l’acqua riscaldata, essendo meno densa, tende a “galleggiare” al di sopra dell’ acqua più fredda(e quindi più densa), imponendo che il riscaldamento avvenga principalmente per il primo substrato, e creando così due nuclei d’acqua separati. L’esistenza di questi due strati implica in primo luogo che lo strato inferiore denoti un’evidente difficoltà ad ossigenare l’acqua, e ciò è facilmente deducibile confrontando i dati: nel 1973 la quantità di ossigeno per litro era di 6.8mg, mentre nel 2002 alla stessa profondità (200m) la quantità si attestava attorno ai 0.1mg per litro. I dati recenti affermano che la quantità di ossigeno limite per la vita della maggior parte della fauna ittica si ferma ad una quota di circa 120 metri. Un altro problema causato dalla separazione degli strati d’acqua così suddivisi sono i moti convettivi che vengono a prodursi al loro interno ottenendo una difficile circolazione e un conseguente rallentamento della velocità di scorrimento. Nonostante le cause di questa interazione siano ancora oggetto di studi, le prime ipotesi riconducono il comportamento eccessivamente rapido di acquisire calore della porzione meno

profonda del lago nuovamente all’eccesso di sostanze inquinanti, le quali, velocizzando il processo di riscaldamento, producono una separazione che non permette alla parte più profonda di scaldarsi in modo proporzionale alla profondità come avveniva in passato. Sapendo il ruolo fondamentale che un lago possiede negli ambiti sociali, culturali, paesaggistici, naturalistici ed economici, l’Unione Europea si è già pronunciata imponendo che tutti i corpi d’acqua superficiale vengano tutelati. Tramite la “direttiva quadro Europea sulle acque 2000/60/CE” è stato fissato il termine (2027) entro il quale “Gli stati membri devono adottare misure per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali, per proteggere, miglio-

rare e ripristinare tutti i corpi idrici al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali” (Nel caso del nostro lago dovremmo ripristinare le condizioni del 1957). Il termine imposto potrebbe sembrare eccessivamente distante, in realtà per i tempi “fisiologici” di ripristino di un lago, non è nemmeno molto. Proprio per questo motivo mi domando: perché nessuno ancora interviene? Le amministrazioni sono a conoscenza dell’obbligo che sono tenute a rispettare? Personalmente spero che gli organi competenti, oltre ad incentivare la sensibilizzazione della popolazione, intervengano concretamente per preservare, in modo lungimirante, quello specchio d’acqua che era, è, e dovrà rimanere il fiore all’occhiello del nostro paese.

“Cartolina di Clusane”

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uando si partecipa ai concorsi fotografici, si va alla ricerca degli scatti più significativi ed accattivanti, che colpiscano subito gli osservatori, si cerca quindi il momento di luce più favorevole (ad esempio al mattino presto, all’imbrunire o dopo un temporale). Per questo concorso mi sono concentrato inizialmente sulla Clusane agricola, documentando la zona adiacente alla chiesa ed al cimitero, fotografando campi, contadini e vigneti; tutte immagini valide per arricchire il mio archivio personale, ma che non rispecchiavano la mia visione di Clusane, cioè un paese in cui il lago e la vita sul lago sono parte integrante. Lo scorso maggio, rientrando da un’uscita in barca per fotografare i paesi che si affacciano sul lago, in condizioni di luce ottimali (cielo terso e sole splendente), dirigendo lo sguardo in direzione della chiesa vecchia, ho “visto” l’immagine perfetta e ho pensato “sembra una cartolina”: barriera galleggiante gialla e nera in primo piano e lo skyline del paese sovrastato da grosse nuvole bianche.Alzo la reflex e scatto! Giuseppe Zanchi

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di Paola Bertoletti

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Castello Carmagnola

olge al termine Il recupero, struttul’indagine sul rale, conservativo, castello Carmapuò essere fatto per gnola che ha visto proprietà separate, interessate la famiglia ma solo se queste Bosio, detentrice delsono innervate in un la parte orientale del programma più amcastello e, successipio: la formazione di vamente, la famiglia un Piano generale di Anessi, proprietaria Recupero delle opere dell’ala occidentale. sarebbe stata la via da L’intero castello di Cluseguire per poter parsane e le aree annesse lare di un intervento sono state dichiarate, serio e concreto. secondo il decreto del Durante questi anni 22 aprile 1995, “di indi dibattito, si sono teresse particolarmenavanzate delle linee - TERZA parte te importante” ai sensi guida per la redaziodella legge 1089/1939 ne di un Piano di Ree tutelati dal Ministero cupero di iniziativa per i Beni Culturali e pubblica. Le proposte Ambientali. La richieemerse prevedevano sta di vincolo venne la valutazione della avanzata con urgenza proprietà secondo tre a causa del progressipunti fondamentali: vo degrado in cui verla previsione di un sava l’immobile. Per interesse pubblico, la contrastare il notevodotazione di opporle decadimento, che tuni standards urbaavrebbe rapidamente nistici (aree a verde, portato alla perdita parcheggi, etc..) e la del Bene Culturale, nel valutazione di una de2007 intervenne nuostinazione d’uso, elevamente il Ministero mento fondamentale che, con una ordinanza per permettere una ministeriale, impose il progettazione, poiché recupero statico del senza idee non esiste castello. Oggi, pasnemmeno progettualiseggiando sul lungolatà e senza progettuago di Clusane e volgendo lo sguardo verso il maniero che lità non è possibile prevedere alcuna valorizzazione reale fa da sfondo meridionale al lago, si può facilmente notare e concreta. una frattura stilistica lungo l’asse nord-sud che rimarca la Nessuna delle amministrazioni succedutesi in questi anni diversa metodologia di approccio adottata dalle proprietà. è stata in grado di redigere il piano a cui si fa riferimento. Due interventi di recupero architettonico e strutturale com- Certamente i problemi di carattere giuridico presenti sono pletamente diversi, il primo finalizzato ad un riuso nell’im- tutt’altro che ignorabili. L’area interessata dal vecchio Piamediato, il secondo solo conservativo. Come si è arrivati ad no Regolatore comprendeva le zone circostanti al castelavere due risultati tanto differenti? Una prima spiegazione lo, alcune delle quali di proprietà pubblica, ma l’apparente la dobbiamo ricercare nei vincoli imposti dal decreto del contraddizione della norma si riferiva all’elaborazione di un 1995 e dalle norme tecniche di attuazione del vecchio Pia- piano di iniziativa pubblica per un immobile completamenno Regolatore, secondo cui l’iniziativa doveva essere pub- te privato. blica. Le destinazioni d’uso ammesse, compatibilmente con Diverse fazioni politiche di entrambi gli schieramenti si le strutture storiche, dovevano essere: attrezzature ricetti- sono interessate alla salvaguardia e alla valorizzazione del ve, residenze, attrezzature terziarie e di servizio, attività Castello avanzando interessanti proposte di utilizzo dell’imsociali, culturali e di promozione turistica. mobile per la redazione di un Piano di Recupero: La proposta, ambiziosa, sottintendeva una evidente desti- - utilizzo pubblico permanente della corte interna garannazione Pubblica, ma la carenza di una definizione pun- tendo l’accessibilità da via Ponta, via Gere e via G. Pascoli; tuale sul suo utilizzo, l’assenza di un Piano di Recupero - richiesta di acquisizione da parte dell’amministrazione dell’immobile e la mancanza di un progetto unitario sul comunale di una parte consistente del piano terra, dove palazzo hanno portato le Proprietà a perseguire strade del insediare funzioni pubbliche (sala civica, ufficio per il turismo, sede delle diverse associazioni culturali presenti nel tutto personali.

debito o risorsa?

Una CHIACCHIERATA TRA le vie del paese e il punto di vista tecnico

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paese - ve ne sono ben cinque - ufficio per il commercio, ufficio della polizia urbana ed eventuale centro studi permanente delle attività che ruotano attorno alla pesca e al lago); - reperimento degli standards nel territorio Clusanese escludendo a priori la possibilità di monetizzazione. In particolare valorizzando le aree a verde prospicienti il palazzo e creando una rete di percorsi pedonali; - discrezione delle proprietà riguardo alla destinazione del resto dell’edificio. Durante questi mesi di indagine, ho avuto modo di ascoltare pareri di ogni genere sul tema castello; in una chiacchierata avvenuta con un ristoratore locale è emersa l’importanza di utilizzare gli strumenti giuridici in nostro possesso per consentire la reintroduzione all’interno delle Norme Tecniche di Attuazione del nuovo Piano di Governo del Territorio della cessione dei privati di aree d’utilizzo pubblico. Azioni finalizzate a riconsegnare alla popolazione di Clusane luoghi di forte valore civico: “Garantire sale pubbliche, l’accessibilità del cortile interno e la fruizione del castello lungo i passaggi pubblici esistenti è un’occasione per far conoscere più da vicino le bellezze del nostro territorio affinché si possano sviluppare economie e potenzialità per la popolazione locale.” Un conosciuto geometra clusanese che da vent’anni ha preso a cuore la salvaguardia del castello ha suggerito, in più incontri avvenuti con la popolazione, la seguente modalità di intervento da parte dell’amministrazione Comunale: “Il più grande cancro del castello è che sia privato (…). Tre sono le soluzioni possibili per combattere questa malattia: la prima - acquistarlo come fece Iseo per il Castello Oldofredi, la seconda - espropriarlo se i proprietari non vogliono vendere l’immobile, la terza – cercare di mediare e trovare un accordo tra le parti.” Suggerimenti utopici e tutt’altro che realizzabili: i primi due per mancanza di fondi comunali e statali. L’ultimo punto, visti i rapporti che intercorrono tra le

famiglie, pare sia addirittura più impraticabile delle prime due proposte. In un incontro privato avvenuto con un progettista che ha lavorato sul castello, si è sottolineata la mancanza di base di tutta la questione: “Trent’anni fa si doveva imporre una destinazione d’uso concreta. La norma del vecchio piano regolatore era illegittima. Il progetto di iniziativa pubblica a cui il piano fa riferimento, sottintendeva - e qui l’errore - che la destinazione sarebbe stata pubblica ma non ne definisce la modalità. Una maggiore specificità avrebbe dato chiarezza sciogliendo il vincolo micidiale dei proprietari che si sono illusi di poter fare ciò che volevano.” Il Comune di Iseo avrebbe dovuto esigere e ottenere, prima dell’inizio dei lavori di consolidamento iniziati nel 2008, un dettagliato studio stratigrafico dell’intero manufatto finalizzato alla comprensione delle trasformazioni avvenute durante questi secoli, il tutto per mantenere l’integrità del nostro caro Castello. E’ quindi doveroso per la comunità locale creare un gruppo di persone competenti in grado di studiare l’edificio storico e consegnare un elaborato di ricerca che possa essere utile qualora si decida la modalità d’intervento. Per tutelare il Patrimonio Culturale del nostro territorio, è necessario redigere un Piano di Recupero di iniziativa pubblica dell’edificio del Castello e di tutta l’area di pertinenza, ma, prima, si richiede necessariamente che questo sia preceduto da una indagine preliminare statica, storica ed architettonica da sottoporre alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio al fine di acquisire un parere preliminare riguardo alle modalità di intervento e alle possibili funzioni compatibili. Cosa fare oggi del Castello? Diversamente da quanto citano le Norme Tecniche di Attuazione del nuovo Piano di Governo del Territorio, come architetto mi trovo assolutamente ostile ad una destinazione d’uso repag. 5 L’ago di Clusane


protocollata agli atti il 31/08/2010, “al fine di evitare che il progetto (…) si riduca ad un mero assemblaggio delle pur legittime proposte delle due Proprietà”. Se per qualche fortuita ragione, l’intero castello venisse considerato nella sua integrità, trovando una mediazione tra i detentori del Palazzo, allo stato di fatto ci troveremmo con un altro problema tutt’altro che irrilevante. Con le casse statali vuote, sarebbe complesso trovare i fondi per la gestione di spazi lasciati in cessione pubblica, come richiede il PGT. La situazione attuale di crisi economica renderebbe non impossibile, ma complesso qualsiasi investimento per creare un Polo attrattore che, nella mia idea progettuale, affiancherebbe alle proposte sopraccitate, sale civiche, biblioteca, Alto medioevo (XI sec) presenza di un castrum della famiglia Longobarda ludoteca, centro congressi e la posdei Conti di Mozzo. sibilità di creare una foresteria di Nel XIV secolo, gli Ysei o Oldofredi costituiscono una struttura lusso ai piani alti con relativi servizi fortificata rendendo l’edificio più simile a una fabbricato militare. annessi. Un intervento di questa naNel XV secolo risulta essere di proprietà della famiglia Malatesta. tura richiederebbe anche un nuovo Nel 1412 viene assorbito come proprietà della Repubblica di Venezia. progetto viabilistico e la previsioNel 1428 la Repubblica di Venezia lo dona al suo capitano Francesco ne di opportuni spazi a parcheggio di Bussone detto il Carmangola. (anche per autobus) da trovare sul Nel 1432 il Carmagnola viene giustiziato per tradimento e il palazzo viene territorio. La fattibilità di un internuovamente incamerato dalla Serenissima. vento di questa natura renderebbe la Nel XV secolo viene acquisito dalla famiglia Sala. Nei secoli successivi viene diviso in quattro proprietà: previsione di un piano economico di Cordarelli, Maggi, Soncini e Lana. rientro a lungo termine. InvestimenFine anni ‘70 Stato di abbandono del castello. to non proprio alla portata di tutti. 22 aprile 1995 decreto di vincolo sul castello ai sensi della legge Fruibilità e Bellezza, Antico e Con1089/1939. temporaneo… Apparenti contrad2007 ordinanza Ministeriale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. dizioni che, se non prese in consi2008 inizio dei lavori di restauro. derazione, rischiano di portare alla 2009 Atto di Convenzione tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali perdita dei patrimoni di pietra. Si e Luigi Bosio sull’apertura al pubblico del castello. tratta di scelte, proficue o conservatrici, che possono trasformare il Nostro Bene più grande in una semplice bellezza architettonica lontana dall’identità del luogo a cui apparOriginariamente il palazzo risultava fortificato con la presenza di un profondo tiene. Nell’immaginario collettivo, fossato (visibile ancora oggi) e di un ponte levatoio sul lato occidentale. queste parole, assumono un signifiPresenza di poche finestrature denotano un primo impianto di difesa. cato astratto, di sottrazione, come Si presume inoltre che sul tetto vi fosse una merlatura. se esse possano trasferire un diritto Nel XV secolo l’edificio viene trasformato in residenza fortificata secondo nelle mani di un Ente, causando la i canoni rinascimentali con la realizzazione di loggette, archi, colonne e affreschi. perdita del valore più grande: quello Nei secoli XVI e XVII il palazzo viene continuamente modificato rispetto fatto da chi quotidianamente pensa alla struttura originaria a seguito di vari passaggi ereditari. al suo paese fatto da un lago e da un castello. L’attenta lettura del passato attraverso le stratificazioni storicoarchitettoniche è l’unico strumento Attualmente è riconoscibile la struttura principale dell’edificio a pianta che consente la corretta ricerca di quadrata, lo spazio occupato dal fossato, l’ingresso principale sul lato un nuovo futuro. La vera trasformaoccidentale (dove avrebbe dovuto trovarsi il ponte levatoio) la posterla zione la dobbiamo compiere noi, di(o porta secondaria posta sul lato orientale dell’edificio) con il ponte in pietra. ventando genitori di un luogo che fa Di notevole interesse risultano gli spazi attigui al castello: parte della nostra vita. Come disse il 1. Le aree situate sul lato prospiciente il lago; 2. Le aree in prossimità dell’ingresso principale ; premio Nobel per la letteratura Ber3. L’ampia area verde sul lato orientale. trand Russell, “L’umanità è una sola Di notevole interesse risulta essere l’impianto urbanistico formatosi intorno famiglia con interessi comuni. (…) al castello attestatosi su via Risorgimento con percorsi che conducono al palazzo. La collaborazione è più importante della competizione.”

sidenziale. Al contrario, ritengo che spazi per attività culturali, sociali, di promozione turistica e piccolo commercio dell’artigianato locale, possano essere un punto di forza e di attrazione per Clusane. Partendo dal presupposto che l’edificio è privato e che nemmeno un ricambio generazionale potrebbe giungere ad un accordo tra le due proprietà, finché la questione rimane tale, dobbiamo solo auspicare che il Bene rimanga preservato. Si chiede, quindi, all’Amministrazione locale di monitorare tutti gli interventi che verranno eseguiti in futuro sul castello. Come cita la relazione dell’ingegnere Pagani,

NOTE STORICHE: •

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NOTE ARCHITETTONICHE: •

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NOTE URBANISTICHE: • • •

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di Nicoletta Cancelli

LA SCUSA PER SMETTERE DI COMBATTERE

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entocinquant’anni in cinque. Sono voce, chitarra, basso, batteria e pianoforte. Sono Francesco, l’altro Francesco, Giuseppe, Enrico ed Ottavia; lei, la caratterizzazione romantica del gruppo dopo il suono attraverso le sue dita. Sono i KARENINA, nome importante che riporta i più saggi alla letteratura russa moderna di Tolstoj, mentre i più ingegnosi a loro, a questa miriade di suoni, di trame musicali. A loro, solo a loro, i KARENINA. “Scomparire in 11 semplici mosse” è stato l’album sotto il suggestivo nome di Triste Colore Rosa, nel

2010 e astuzia vuole che non abbiano rispettato il titolo di quel disco. Curioso è che fu proprio “Madame Karenina”, uno dei primissimi pezzi dei TCR, che non veniva mai suonato dal vivo. Mentre loro aggiungevano purezza alla forma delle loro canzoni e l’evoluzione di un percorso per mezzo della musica avveniva, abbandonarono il nome TCR per il più completo KARENINA. Una nuova identità, un nuovo inizio, la consapevolezza di non essere più quelle persone ed un disco, nel 2011, “Il futuro che ricordavo”.

Come ho scattato la mia fotografia

B

uongiorno, sono Mattia Prandelli, abito a Clusane e lavoro come cameraman in emittenti televisive. Era una mattina di marzo ed ero a Clusane per realizzare un sevizio televisivo per un emittente locale riguardante i vecchi lavori tradizionali. Dopo essere stati a visitare la lavorazione della sardina in una piccola azienda del paese, siamo stati accompagnati dal proprietario a vedere il laboratorio del sig. Tonino, esperto maestro d’ascia locale che si dedica alla costruzione delle nostre splendide tipiche imbarcazioni da pesca. Come ho messo piede nel laboratorio, sono rimasto incantato dalla maestria con la quale Tonino (con alcuni aiutanti) si muovesse intorno alla barca con il martello di legno in mano a correggere e “picchiettare” le assi stesse dell’imbarcazione. Da buon appassionato di fotografia, appena finite le riprese televisive, sono corso in auto a recuperare la mia reflex e, tornato all’interno, ho iniziato a scattare. Ho realizzato una sequenza di circa trenta scatti con angoli e pose differenti, cercando di cogliere la spontaneità dei mio soggetto.La luce che entrava nel laboratorio quella mattina era quella tipica delle mattine invernali nebbiose e umide, cosa che per me è risultata positiva, perchè illuminava con perfetta diffusione l’interno del laboratorio. Le fotografie sono state scattate a luce ambiente con una Nikon D90 e un’ottica 12-24 mm Sigma. Mattia Prandelli

Preceduto dall’Ep “Verso” ecco fra noi il capolavoro assoluto: VIA CRUCIS. La raffinatezza del loro suono è la stessa che li aveva contraddistinti come TCR, ma qui ha raggiunto un alto livello di perfezione. La sperimentazione del suono, fortemente voluta dal gruppo, la ritroviamo sugli arrangiamenti, nei testi, poesie di un certo spessore, nella struttura delle canzoni. Le copertine dei dischi non peccano mai di eccentricità, di intemperanza. Sono sempre composte, ricercate, mai banali. L’ultima è opera dell’artista Roberto Pesenti. L’ha tradotta in realtà nel modo più vero: ascoltando il disco. Ma ascoltare, stavolta, è capire. C’era un divano che era la parte per il tutto e c’è un sipario che racconta la loro storia attraverso molte altre. Via Crucis è un viaggio ideale dove la partenza e l’arrivo coincidono, legate da un filo invisibile e tragico. È un viaggio emozionale che racconta in modo denso e graffiante il nostro Paese degli ultimi vent’anni. È anche un viaggio del corpo e della mente che, virtualmente, ripercorre l’Italia, scendendo e risalendo, dove partenza e ritorno si ricongiungono e nell’immaginario tracciano i punti di un percorso concretizzato nella forma di un coltello. (Se non ci arrivate acquistate la loro maglietta: è più semplice). È questa l’espressione che simboleggia bene il tema di Via Crucis: l’Italia dei suoi peccati, della contraddizione e dell’ indecisione. L’Italia della crisi attuale e delle sue tragiche condizioni e la donna che indistintamente è raffigurata in copertina è proprio lei. L’Italia. Ungaretti, oggi, ringrazierebbe.

DI LUGLIO

di G. Ungaretti Quando su ci si butta lei, Si fa d’un triste colore rosa Il bel fogliame. Strugge forre, beve fiumi, macina scogli, splende, È furia che s’ostina, è l’implacabile, Sparge spazio, acceca mete, È l’estate e nei secoli Con i suoi occhi calcinanti Va della terra spogliando lo scheletro.

pag. 7 L’ago di Clusane


di Deborah Ferrari

AMORE DISABILE - SECONDA PARTE -

dedicato a Super G e ai ragazzi dell’I.T.A.S. Pastori di Brescia

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el numero precedente, dopo aver identificato la terminologia e la legislazione specifica attualmente in vigore, abbiamo ripercorso brevemente le tappe evolutive e sociali affrontate dalle persone disabili sino al giro all’adolescenza. In questa ardua fase, gli adolescenti con disabilità spesso si dimostrano desiderosi di costante incoraggiamento da parte dell’adulto, sia nello svolgimento dei compiti sia in ambito emotivo, segno di forte dipendenza e di un’unica ambizione: rendere felice l’adulto stesso. Il disagio e l’inadeguatezza che di frequente caratterizzano il percorso evolutivo impediscono il naturale sviluppo della persona disabile, ostacolando la comunicazione, provocando scarso interesse e poca motivazione, labilità dell’attenzione, indifferenza alla realtà circostante, rischio di isolamento sociale, difficoltà ad operare in modo valido associazioni, discriminazioni, analisi e sintesi. Nella ricerca di una nuova identità e dell’autonomia, durante l’adolescenza è fondamentale la funzione del gruppo dei coetanei: il gruppo, per il senso di appartenenza che fornisce, esercita da un lato una funzione di protezione, e dall’altro, aiuta ad emanciparsi dai genitori e fornisce il contesto e il sostegno necessari ad apprendere nuove capacità sociali, indispensabili per l’ingresso nel mondo adulto. L’esperienza di integrazione nella scuola superiore è per lo più accessibile solo a coloro che hanno un deficit intellettivo lieve, ed è in questo contesto che per il ragazzo disabile è possibile orientare sé stesso verso un personale progetto di vita, pur nella difficoltà di affrontare i problemi legati al suo deficit, fatto che appesantisce la gestione della sua “progettualità” di vita e l’aspirazione ad una sfuggente quanto dolorosa “normalità”. La FASE ADULTA, nell’ambito della disabilità, è la più buia da un punto di vista socio-culturale: gli interventi educativi diminuiscono per intensità, il percorso integrativo scolastico si è concluso e il disabile, pur seguito e assistito, non è più stimolato come in precedenza. I cambiamenti non sono più così rapidi ed evidenti e la persona disabile percepisce una sorta di “blocco del divenire”. pag. 8 L’ago di Clusane

Anche a causa del pregiudizio sociale, il disabile è identificato come un eterno bambino, dipende anche economicamente dalla famiglia, non è addestrato a gestire da solo il proprio corpo, non può vivere naturalmente la propria sessualità perché non è considerato un adulto. Egli rimane passivamente coinvolto nell’immagine sociale di sé stesso ed essere come gli altri vogliono che sia diventa una facile risposta esistenziale datagli da coloro che gli stanno intorno. Venendo meno gli interventi educativi e terapeutici operati nell’età evolutiva, il primo problema è affinare le capacità degli educatori che operano nelle comunità di affrontare lo sconforto, il dolore e il senso di impotenza vissuto dal disabile. In età adulta, la persona disabile nel pieno sviluppo corporeo ha raggiunto anche il pieno sviluppo sessuale, ma questo è un tema scomodo da affrontare: per lui o per lei, identificato/a come eterno bambino/a, non c’è futuro progettabile, e il fatto che non presenti esigenze sessuali è spesso una tranquillità per tutti. Negare la sessualità significa negare una parte consistente delle emozioni , in quanto essa è il luogo dove mente, corpo e relazione si innestano fortemente tra loro. Correndo il rischio di vivere da “parassita”, legato ad una precaria condizione di dipendenza totale, egli è condannato alla frustrazione, alla solitudine, all’annichilimento. Tuttavia, se buona parte dei problemi sopra esposti è di natura sociale, culturale, educativa, è possibile cercare di risolverli, dando la possibilità alla persona disabile di vivere una vita dignitosa e felice, rimuovendo dal percorso dell’esistenza quegli ostacoli che gli rendono impossibile ancora oggi la piena realizzazione di sé. Vogliamo provarci? Arrivederci al prossimo numero! Se siete interessati, reperite in rete i cortometraggi “Cinquanta di questi giorni” italiano, toccante, e “Aglaée”, francese, di Rudi Rosenberg, premiato ai MYFFF. Scatenerànno dibattiti e riflessioni a profusione. Buona visione!


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