L'ago di Clusane numero 1

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Dicembre 2011 Numero 1

Gli articoli: • Clusane in Franciacorta? • L’angolo dell’educazione • Le avventure di Tintin: il segreto dell’unicorno

L’ago di Clusane Cos’è questo “Caffè”? Cos’è questo "Caffè"? È un foglio di stampa che si pubblicherà ogni dieci giorni. Cosa conterrà questo foglio di stampa? Cose varie, cose disparatissime, cose inedite, cose fatte da diversi autori, cose tutte dirette alla pubblica utilità. Va bene: ma con quale stile saranno eglino scritti questi fogli? Con ogni stile, che non annoi. E sin a quando fate voi conto di continuare quest’opera? Insin a tanto che avranno spaccio. Se il pubblico si determina a leggerli, noi continueremo per un anno, e per più ancora, e in fine d’ogni anno dei trentasei fogli se ne farà un tomo di mole discreta: se poi il pubblico non li legge, la nostra fatica sarebbe inutile, perciò ci fermeremo anche al quarto, anche al terzo foglio di stampa. Qual fine vi ha fatto nascere un tal progetto? Il fine d’una aggradevole occupazione per noi, il fine di far quel bene, che possiamo alla nostra patria, il fine di spargere delle utili cognizioni fra i nostri cittadini, divertendoli, come già altrove fecero e Steele, e Swift, e Addison, e Pope, ed altri. Ma perché chiamate questi fogli "Il Caffè"? Ve lo dirò; ma andiamo a capo. Con queste parole nel Giugno 1764 veniva presentato al pubblico "Il Caffè", testata creata dai fratelli Verri a Milano. Aiutandoci con queste poche righe presentiamo oggi il nostro giornale che raccoglie le intenzioni di un piccolo gruppo di giovani amici e che attraverso questi fogli vogliono raccontare del proprio tempo e della propria comunità (intesa non solo

come la piccola comunità di un quartiere o di un paese ma, dati i tempi, intesa come la comunità allargata contemporanea), un giornale nè di parte nè di partito che ha come unica ambizione quella di essere una voce per tutti coloro che lo vorranno. "L'ago", interpretato nelle sue diverse possibili letture, vuole essere spazio di confronto e di scambio di idee di un' opinione pubblica in grado di prender parte alla vita della comunità, con passione e dedizione. Una comunità attenta al presente e con lo sguardo rivolto al futuro. Con questi propositi scriveremo il nostro giornale, in maniera semplice e chiara, senza badare ad inutili scandali. Sarà un giornale scritto da giovani ma non solo per giovani, sarà un'esperienza che speriamo possa essere di ispirazione a tutti coloro che vorranno aiutarci o contribuire alla vita di questo progetto, sarà un' esperienza importante per noi e per la nostra comunità, sarà come un pungolo che con la sua puntura ci terrà svegli per non lasciarci cadere, come purtroppo spesso accade, nella sonnolenza dell'indifferenza.

Carloalberto Treccani


L’ago di Clusane Clusane in Franciacorta?

Locandina dell’incontro “Clusane in Franciacorta?”

" La Franciacorta era una zona strategica in quanto luogo di transito dei commerci tra Brescia, il Lago d’Iseo e la Vallecamonica "

Lo scorso 24 ottobre presso l'auditorium “Chiesa Vecchia di Clusane”, si è tenuto un dibattito dal titolo: “Clusane in Franciacorta? -Storia, politica e territorio di ieri e di oggi-”. A questo incontro sono intervenuti il professor Gabriele Archetti, il professor don Giovanni Donni e il professor Tino Bino. Perché è stata organizzata questa serata? Per conoscere le relazioni storiche e culturali che legano Clusane al suo contesto territoriale: non solo quindi il Lago, ma anche la Franciacorta. I primi due relatori si sono occupati di presentare un quadro storico dell’evoluzione di questo territorio, partendo dall’origine (incerta) del nome Franciacorta. Il toponimo “Franzacurta” compare tradizionalmente per la prima volta in un’ordinanza dell’ottavo libro degli Statuti di Brescia dell’anno 1277 e allude probabilmente alle Curtes Francae, ovvero ai principali centri abitati dell’area dell’arco morenico (Borgonato, Nigoline, Torbiato, Timoline, Colombaro, Clusane, Adro, Cremignane) che godevano di franchigie (curtes francae), cioè l’esenzione dal pagamento dei dazi di trasporto, perché deputati al controllo delle strade e bonificatori dei territori. La Franciacorta era una zona strategica in quanto luogo di transito dei commerci tra Brescia, il Lago d’Iseo e la Vallecamonica. Per questo, si riteneva importante il controllo di questo territorio. Nel XI secolo Clusane è una realtà indipendente, lo testimoniano il suo castello e le decime (tasse) pagate direttamente al suo signore; ma un secolo dopo, quando la chiesa riprende il controllo sul territorio, Clusane perde potere: lo si deduce dal fatto che i suoi presidi non sono oggetti di particolare lavoro di ristrutturazione. L’invasione dei Visconti nel XIV secolo porta all’organizzazione del territorio franciacortino in diverse quadre: quella di Chiari, quella di Gussago e quella del Lago (di cui Clusane entra a far parte). Tale suddivisione rimane anche nelle successive dominazioni.

Pagina 2 di 4 Il prof. Tino Bino ha proposto, invece, alcune riflessioni socio-economiche sul territorio della Franciacorta e sul ruolo che attualmente Clusane potrebbe rivestire. La Franciacorta deve essere in grado di valorizzare il proprio patrimonio territoriale e culturale, partendo dalla conoscenza storica ma anche riconsiderando le dinamiche economiche che hanno caratterizzato quest’ultimo secolo. Ora la Franciacorta si vuole proporre con l’immagine del Vino: una produzione che può fare la qualità di questo territorio ma che sicuramente ha poco a che vedere con le sue tradizioni culturali ed economiche. Nel XX secolo l’economia franciacortina si è infatti sviluppata grazie alle cave di sabbia e ghiaia e quindi al ”mercato del mattone”, mentre il vino prodotto era solo per l’autoconsumo. L’imprenditorialità di alcuni agricoltori nel creare un’immagine identitaria di questo territorio attraverso la produzione del vino ha offerto però l’occasione per conservare parte del territorio agricolo. Se la Franciacorta vuole salvaguardare il proprio paesaggio ora deve essere più coraggiosa e smettere di consumare territorio. Ma la vera scommessa è quella di riscoprire i propri centri storici, di valorizzarli dal punto di vista culturale sia per migliorare la qualità di vita dei residenti, sia per proporre un turismo sostenibile come quello collegato all’albergo diffuso e agli ecomusei. Clusane ad esempio potrebbe proporre musei locali che ricordano le tradizioni legate alla pesca, ma anche all’agricoltura. Ripensando alle parole dei tre relatori, alla completezza delle argomentazioni da loro proposte ho provato a riflettere su quale possa essere il nostro ruolo per lo sviluppo della nostra area. Per ricostruire un rapporto con il territorio e promuoverne le peculiarità è indispensabile che tutti noi che viviamo quotidianamente questo paesaggio riscopriamo il valore della sua storia e delle sue tradizioni.

Paola Bianchi


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L’ago di Clusane

L’angolo dell’educazione

Non è possibile parlare di un tema così ampio come quello dell’Educazione, se non si cerca di sbocconcellarlo e renderlo più concreto e pratico, così da cogliere quanto nell’oggi può esserci utile. Tempo in cui i grandi esperti sottolineano come l’Educazione sia un’arte poco praticata, prendendo di mira la maleeducazione che si sviluppa sin dai primi anni di vita di un bambino evidenziandosi poi in maniera più tangibile in tanti adolescenti e giovani. Si potrebbe, a questo proposito, dire davvero tanto: prima di inoltrarmi in tematiche “bollenti” desidero però partire dalle origini. Ho scelto come origine, una definizione di Educazione, che ci permetta di esplorare la profondità di contenuti racchiusi in questa parola. “ L’educazione è un rapporto-processo intenzionalmente strutturato in forza del quale la persona investita di responsabilità educative (morali, giuridiche, politiche, …) mira a far conseguire all’educando determinati traguardi di crescita.” All’interno di questa definizione ritroviamo dei concetti chiave che meritano una ulteriore spiegazione e approfondimento. Cosa significa, infatti, che l’Educazione è un “ rapporto-processo”? Significa che, all’interno del processo educativo, deve esistere un rapporto tra un “io” e un “tu”; un rapporto che, quindi, lega due persone. Se questo “rapporto” non si crea, vuol dire che uno dei due soggetti interpellati non è idoneo a creare quel tipo di rapporto. Un rapporto educativo, infatti, si sviluppa, si modifica, subisce variazioni temporali: è quindi un processo, perché non è mai statico, ma dinamico, in cambiamento. Se tale cambiamento non avviene il rapporto può divenire distruttivo e soprattutto sterile,

perché viene meno il presupposto di aiutare l’Altro. È bene però sottolineare che questo rapporto può esistere solo se è “intenzionale”, perché deve esserci la volontà di intraprendere questo cammino. In genere è la persona adulta a decidere di strutturare intenzionalmente un rapporto educativo per aiutare un’altra persona. Ciò sottolinea l’importanza che l’Educatore abbia una conoscenza profonda della propria Identità, per potersi assumere le Responsabilità affidatagli dall’Educando.

Veduta di Clusane sul Lago

Assumersi le Responsabilità di cui sopra, quelle educative, non è cosa da poco, anzi. È essenziale che l’Educatore si assuma le sue responsabilità perché, altrimenti, il rapporto degenera, fino alla strumentalizzazione dell’Educando. Vorrei, tra l’altro, ricordare che l’Educazione non si occupa solo di apprendimento. Ci sono un’infinità di obiettivi e di fini che rientrano nel tema dell’educazione. Tutti questi hanno un’unica radice in comune: la crescita dell’Educando. Questa crescita si compone di diversi obiettivi da raggiungere, dai più semplici, ai più complessi. L’Educatore deve quindi avere coscienza delle proprie responsabilità per creare un percorso con l’Educando che lo porti alla crescita e alla maturità educativa. Sarà quindi dovuto anche ad Educatori poco “responsabili” l’alto tasso di maleeducazione dei giorni nostri?

Benedetta Viti

"L’Educatore deve avere una conoscenza profonda della propria Identità, per potersi assumere le Responsabilità affidatagli dall’Educando "


L’ago di Clusane

Pagina 4 di 4 Le avventure di Tintin: il segreto dell’unicorno

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La redazione: Bianchi Giancarlo Bianchi Luigi Bianchi Paola Bonardi Bruno Lopizzo Nicola Mutti Cristina Pedemonti Giovanni Treccani Carloalberto Viti Benedetta

Una breve premessa: voglio che questo angolo del giornale sia dedicato ogni mese all’evento cinematografico, musicale, letterario o videoludico più interessante, originale od innovativo in grado non dico di rivoluzionare ma almeno di aprire nuove strade ed orizzonti nel suo campo. Ho scelto questo film principalmente per tre motivi; il primo è l’ampio utilizzo che fa della tecnologia denominata “Motion capture”, il secondo il ritorno di Steven Spielberg alla regia dopo tre anni dedicati a produzioni televisive di culto e il terzo è il connubio con il misconosciuto fumetto belga omonimo. Quella del “Motion capture” è una tecnica utilizzata in vari ambiti tra cui anche il settore videoludico e che, tramite una serie di sensori estremamente piccoli posizionati sul corpo e sul volto degli attori, permette di catturare le espressioni facciali oltre che il movimento del corpo e di registrarli grazie a software appositi in grado di ricreare personaggi animati capaci di sorridere, piangere, parlare e muoversi proprio come i loro interpreti umani, spesso attori famosi. Con le avventure del giovane reporter creato dalle matite del belga Hergé siamo andati oltre a ogni esperimento effettuato in questo campo, superando persino la tecnica raggiunta nel mega-kolossal “Avatar”. Per la prima volta senza il sottotesto fantastico che comunque legava tutti i film precedentemente legati al motion capture, abbiamo a che fare con personaggi che recitano sul serio rubando le espressioni in modo realistico agli attori che si sono prestati a dare volto e mimica fisica all’interpretazione permettendo al film di andare oltre l’etichetta di “Cartone animato in 3D”. Spesso ci si dimentica di avere a che fare con un mondo ricreato al computer. L’uso del motion capture in un film del genere permette di ricreare l’immaginario del fumetto a cui si ispira mantenendone intatti il fascino, i colori e le dinamiche che altrimenti sarebbe stato difficile ricostruire in studio senza perdere le sfumature della recitazione di attori in carne e ossa. Jamie Bell, passato alla storia come Billy Elliott, è Tintin un giovane e brillante reporter con doti innate nel cacciarsi nelle avventure più

improbabili e nel risolvere misteri accompagnato dal suo fido scudiero, il cagnolino Milù. Nel corso dell’avventura finirà trascinato dagli eventi tra splendide città, insidiosi deserti e oceani immensi cercando di scoprire quale sia il segreto dell’unicorno citato nel titolo e quale tesoro si nasconda dietro la ricerca ossessiva di tre modellini di velieri da parte del cattivo Rackham il Rosso interpretato dal bondiano Daniel Craig. Compagno di avventure oltre che bizzarro alcolizzato inguaribile e personaggio centrale della vicenda il capitano Haddock ben realizzato sulle movenze del veterano del motion capture Andy Serkis che è già alla sua quarta esperienza importante con questa tecnica dopo il lavoro come Gollum nella saga de “Il signore degli anelli”, di King Kong nell’omonimo remake e dello scimpanzé a capo della rivolta ne “L’alba del pianeta delle scimmie”. Intorno ai protagonisti ci sono tutta una serie di figure riuscite più o meno comiche come i due imbranati e baffuti poliziotti Dupond e Dupont che verranno sicuramente amati anche dai più giovani. Il film risulta divertente e godibile, un vero spettacolo per gli occhi che fa sognare grandi e piccini e che immerge per quasi due ore in avventure come ultimamente non se ne vedono sul grande schermo. Un filo di nostalgia per le grandi avventure mai volgari e ricche di mistero della grande Hollywood del passato pervade l’intera costosa operazione cinematografica che Steven Spielberg ha messo in piedi con la collaborazione alla produzione di Peter Jackson (regista della saga de “Il signore degli anelli”) e con l’idea di realizzarne una trilogia con un eventuale passaggio in cabina di regia di Jackson nel secondo episodio. Un film importante e consigliato con parecchie scene imperdibili e personaggi che rimarranno nella memoria, nella speranza che possa avvicinare i suoi spettatori anche allo splendido fumetto da cui è tratto che in Belgio è considerato un vero e proprio culto con un museo completamente dedicato a Tintin a Bruxelles. Nicola Lopizzo


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