Netsuke - n. 16 - September 2010

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Arte Orientale n. 16 - Settembre 2010

Netsuke

La Galliavola Arte Orientale Via Borgogna, 9 - 20122 Milano tel. +39 0276007706 - fax. +39 0276007708 www.lagalliavola.com info@lagalliavola.com


Cari Amici, è con piacere che desidero condividere con voi la gioia della nascita del mio secondo nipote, Luca, nato il 30 settembre, e ringraziare ancora una volta mia figlia Carla del bellissimo regalo che mi ha fatto. L’estate è stata prodiga di nuovi contatti con diversi collezionisti che si sono messi in comunicazione con la nostra galleria al fine di proporre i loro pezzi, anche se purtroppo non sempre di nostro interesse. Fra tanti alti e bassi, è finalmente emersa il mese scorso una straordinaria collezione romana, composta da netsuke e okimono, prevalentemente in avorio e acquisita durante gli anni ’60 da importanti mercanti internazionali. Approfittando di questa opportunità non comune e incoraggiati da alcuni amici, a cui rinnoviamo i nostri ringraziamenti, abbiamo organizzato per il prossimo novembre un meeting interamente dedicato ai netsuke. Come troverete adeguatamente segnalato all’interno del Bollettino, si tratta della prima edizione, con la speranza e l’intento di rinnovare l’appuntamento nei prossimi anni. Il programma è molto semplice: sabato 13 novembre ci incontreremo in galleria, dove Bruno Asnaghi ci intratterrà con una “chiacchierata” su come riconoscere i netsuke attraverso le loro epoche storiche. Al termine, il rituale aperitivo e la presentazione della collezione romana, durante la quale potremo avvalerci dei sagaci commenti di Asnaghi. Speriamo, dunque, di potervi ospitare durante questa interessante occasione di incontro e di confronto. Il nostro Bollettino si apre con l’articolo Questioni di patina nei netsuke in avorio di Bettina Schindler, nostra ormai abituale collaboratrice e amica. All’interno del suo articolo, si tratterà dunque dell’importanza e delle cause scientifiche della cosiddetta “patina naturale” dell’avorio, simbolo di pregio e di qualità dei netsuke, ma anche delle patine artistiche, applicate per ottenere specifici risultati cromatici: il tutto, sarà quindi supportato ed esplicitato dalle fotografie di alcuni bellissimi netsuke. Dopo l’interessante articolo della Schindler, potrete dilettarvi nella lettura della descrizione di due netsuke della nostra galleria, i Cavalli che pascolano, magnifici esempi, a detta nostra, del settimo segno zodiacale, il cavallo appunto. Della simbologia collegata a questo nobile animale si tratterà nell’articolo a pagina 12 e che riprende la serie di articoli sull’astrologia giapponese. A completare la nostra rivista, il resoconto puntuale e sagace dell’asta della Christie’s dello scorso giugno, nonché la consueta rubrica Dite la vostra… di risposta alle vostre interessanti e stimolanti domande. Un caro saluto a tutti Roberto Gaggianesi Hanno collaborato a questo numero: CARLA GAGGIANESI - ROBERTO GAGGIANESI - ANNA ROSSI GUZZETTI - BETTINA SCHINDLER Fotolito e stampa: Grafiche San Patrignano - Ospedaletto di Coriano - Rimini In copertina e ultima di copertina: Sennin con fiore. Avorio. Prima metà del secolo XVIII, non firmato. Altezza cm 12,5. Collezione La Galliavola.


Questioni di patina nei netsuke in avorio di Bettina Schindler

E’ necessaria una breve premessa tecnica per comprendere la differenza fra “patina naturale” e “patinatura artificiale”. L’avorio, o dentina, è il tessuto organico giallognolo, calcificato ed estremamente elastico, comune ai denti di tutti i mammiferi. La dentina, che è una varietà del tessuto osseo filogeneticamente più antica e meno differenziata, costituisce la massa principale dei denti. Attorno alla radice è ricoperta dal cemento, un tessuto elastico mediamente calcificato e più simile all’osso, mentre all’esterno è rivestita dallo smalto che è composto quasi esclusivamente da un minerale, l’apatite e/o idrossiapatite, i cui cristalli sono particolarmente lunghi e Fig. 1 così ben compattati da non lasciare interstizi: per questo motivo essa viene considerata il tessuto animale più duro (durezza 6 ½ della scala di Mohs). La dentina, che si compone di una parte inorganica e di una organica, aumenta di spessore per tutto il periodo dell’accrescimento del dente e la sua mineralizzazione è progressiva, anche oltre il termine dello sviluppo. La frazione inorganica è costituita da cristalli di apatite …. La componente organica è rappresentata in prevalenza da collageno o collagene, una proteina …. La composizione e la struttura dei denti subiscono variazioni più o meno rilevanti da specie a specie1. Fig. 1a

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Questa definizione scientifica dell’avorio ci illumina fra le altre cose sul colore, il giallognolo. Infatti, quando l’avorio cambia colore dichiariamo che l’opera ha una “patina”, venendo così ad indicare il cambiamento di tonalità dei materiali a causa del loro invecchiamento. La patina dell’avorio può variare dal giallognolo scuro fino al color marrone chiaro, grazie alla patina naturale che si differenzia specificamente nei netsuke, dalla coloritura, anche se ambedue sono presenti solo in un primo strato dell’avorio2. Nel caso della patina naturale dell’avorio, si tratta del cambiamento della cromia a causa dell’assorbimento e della riflessione della luce grazie ad una foto-ossidazioFig. 2, 2a ne. Il deterioramento della superficie dell’avorio è dovuto a un’assenza dello stimolo della luce, per cui la riflettenza alla stessa assorbe meno e riflette in un cangiamento ottico totalmente differente rispetto alla superficie eburnea non ossidata3. Come si sviluppa in pratica questo fenomeno? Avvaloriamo l’ipotesi portando come esempio la Tigre sotto il bambù (fig. 1, 1a), dove vediamo che il “giallognolo” giunge a tingersi di marrone chiaro. L’opera, che viene creata nel secolo XVIII, indossata ed in seguito esposta in vetrina, durante tutta la sua storia prende luce (ambientale) solo sul lato frontale che continua così a sbiancarsi, mentre la parte a tergo ne rimane priva, comportandone così il cambiamento cromatico e l’ossidazione. La “patina naturale” viene quindi a costituirsi nel tempo (figg. 2, 2a; 3, 3a), al contrario del caso dei netsuke moderni, ove ne possiamo riscontrare la totale assenza4. Poiché le cause che determinano questo processo in maniera concomitante sono differenti fra loro, è indispensabile tenere conto di: A: tempo e luce B: materiale C: modalità di conservazione.

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Fig. 3

A: Più tempo l’avorio viene tenuto all’oscuro più si ossida e tende a divenire marrone5: in un caso estremo esso può, quindi, valere come indicatore d’età. Nei casi come quello della Tigre, la patinatura naturale è avvenuta con equilibrio, poiché la modalità di conservazione, vale a dire esposizione/non esposizione alla luce, è stata regolare. B: A proposito del fattore “materiale”, mi riferisco alla composizione della zanna di cui si è accennato precedentemente: la calcificazione sia della dentina che del cemento fa sì che l’ossidazione avvenga in maniera disuguale; il cemento può rimanere più bianco anche negli avori molto antichi e meno esposti alla luce6. C: La cosiddetta “buona conservazione” è fondamentale per non avere degradi, come la formazione di crettature e spacchi nell’avorio, ma anche per evitare danni da microorganismi (muffe) o ossidazioni di metalli (rame, bronzo, argento, ecc.). Il materiale “avorio” è costituito in modo tale che il suo interno mantiene il perfetto colore “bianco avorio”. Ipotizzando la completa rottura della Tigre, nello spessore interno si troverebbe un perfetto bianco candido. Una caratteristica dell’avorio consta, inoltre, nella straordinaria conservazione anche negli strati sottili ed è bene sottolineare che, quando si parla di “deterioramento grazie alla foto-ossidazione”, non ci si riferisce allo stesso fenomeno delle superfici metalliche, dal momento che l’avorio non è in degrado, non si è ancora rovinato e non è a un livello di declino tale da far pensare alla fase di distruzione della materia. La “patina” nell’avorio è piuttosto sinonimo di pregio, bellezza dell’antico, valore aggiunto, perché segno naturale del passare del tempo.

Fig. 3a

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Fig. 4 - 4a

Per completezza d’informazione, vorrei addentrarmi brevemente nel tema delle patine applicate per ottenere particolari effetti cromatici, parti integranti della creazione artistica. Il Rakan con scimmia della fine del secolo XVIII (fig. 4, 4a, 4b) è un esempio significativo di scultura colorata dall’artista. L’intaglio profondo e i sottosquadri sono colorati fino a diventare neri: caratteristica che si ottiene soltanto tramite coloranti, mordenti, come i succhi vegetali e le imbibizioni nel tè (che ha forte capacità d’ossidazione). Vorrei far notare che in quest’opera vediamo ugualmente anche la patina naturalmente sviluppata nel tempo, sebbene il punto di partenza cromatico non sia più il candore dell’avorio, ma una tonalità più scura. Ritengo inoltre interessante soffermarmi su un altro netsuke simile al precedente (fig. 5, 5a, 5b). Si tratta anche in questo caso di un Rakan con scimmia del secolo XVIII che si presenta con una patina naturale di due colori differenti. Frontalmente è giallo/ bianco avorio con gli intagli scuriti dallo sporco e dal grasso delle mani, sul retro è marrone (color “Terra di Siena bruciata”) interrotto da chiazze di giallo/bianco avorio. Quest’ultimo è un fenomeno tipico della parte esterna della zanna. Poiché lo smalto può essere intagliato con la stessa facilità della dentina, essa viene automaticamente inglobata nel netsuke al momento della sua creazione; l’intagliatore non si rende conto della differenza delle sostanze, anche Fig. 4b

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Fig. 5 - 5a

perché l’aspetto cromatico è uniforme. Solo grazie alla patina naturale è possibile scorgere la diversità degli strati eburnei: si può affermare che lo smalto “è inossidabile”. Inoltre abbiamo in questo bellissimo netsuke la possibilità di capire da quale parte della zanna sia stato ricavato: osservando la superficie della base, dove si trova il secondo himotoshi, si vedono i cerchi concentrici e gli spacchi/crettature corrispondenti ad essi, che riportano alla sezione orizzontale della zanna nella parte esterna. Si consideri come ulteriore esempio il Rakan su roccia sempre del secolo XVIII, a patina naturale (fig 6, 6a, 6b). All’interno della vasta gamma di netsuke, per ogni opera, espressione artistica ed epoca si possono ipotizzare svariati interventi messi in atto dagli artisti per ottenere un determinato risultato cromatico. Come si è visto, oltre all’invenzione originale, le opere vengono influenzate dal colore, dal tempo e dalla reazione variabile del materiale rispetto alla conservazione e alla luce. Voglio considerare, in questo unico contesto, anche l’usura. I due Rakan con scimmia ne sono un esempio chiarificatore. Sono opere molto usurate dalle mani di chi li indossava, di chi li ha collezionati: dall’abitudine di indossare, usare, toccare frequentemente e indistintamente i netsuke consegue una superficie consumata e trasformata dell’avorio, poiché le untuosità e l’acidità della pelle umana creano una patina unica, che si Fig. 5b mescola anche con lo sporco e con la polvere.

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Fig. 6 - 6a

Ne deriva un altro aspetto: per l’odierno collezionismo di netsuke antichi la patina è sacra e da conservare, vale a dire è intoccabile. La famigerata pulitura, che nell’arte occidentale è la costante pietra della discordia, qui non è neanche presa in considerazione. E’ forse l’unico settore in antichità in cui siamo certi che il valore della patina è più grande del materiale di cui il netsuke è fatto. E’ la vita “simbiotica” di tutti questi elementi che, attraverso la patina (simbolo di pregio), determina il valore speciale dei netsuke antichi. 1

VANdA RoLANdI - ANNA BRAjkoVIC, L’avorio. Tipologia e Analisi, in “Eburnea diptycha” a cura di Massimiliano david, Bari 2007, Edipuglia. 2 Se non è sufficiente l’esame visivo è solo grazie ad un prelievo di una sezione trasversale (cross section) e ad una conseguente ricerca chimica che possiamo capire la causa di una qualsiasi patina artificiale. 3 Secondo consultazioni con Ing. Maurizio Seracini di Editech, Firenze. 4 Il colore non può essere considerato come unico criterio di datazione del netsuke. 5 Vedi parte di un pentadittico imperiale: L’Imperatrice Arianna. Costantinopoli inizio secolo VI. Inv. n. 24 C. Firenze, Museo Nazionale del Bargello. 6 Pisside in avorio, Orfeo con gli animali. oriente, secc. V-VI d.C. Inv. n. 22 C. Firenze, Museo Nazionale del Bargello. *I netsuke alle figure 1, 2, 3, 4 appartengono alla collezione Bruno Asnaghi. I netsuke alle figure 5, 6 sono della collezione La Galliavola.

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Fig. 6b


La Galliavola Arte orientale Vi invita al primo meeting

Milano Netsuke 2010 Sabato 13 Novembre 2010 Via Borgogna 9 - Milano

ore 10.00 Benvenuto ai partecipanti ore 10.30 Introduzione di Roberto Gaggianesi ore 10.45 Bruno Asnaghi: Come riconoscere un netsuke del 1700, del 1800 e oltre‌ ore 12.00 Esposizione e vendita di un’importante collezione romana di netsuke, inro e sagemono. Aperitivo Ăˆgradita una conferma: 02 76007706 - info@lagalliavola.com


Cavalli che pascolano Due straordinari netsuke in avorio della scuola di Kyoto, rappresentati nella postura classica del cavallo che, in piedi, sta pascolando. Si possono classificare come opere eseguite tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800, il primo dei due è più stilizzato con lunghe zampe e zoccoli molto ravvicinati tra loro, con una folta criniera, le orecchie aderenti e nascoste in questa, il lungo collo che scorre sulle zampe anteriori quasi fino a confondersi; l’altro, intagliato in modo più naturalistico, con un andamento tendente al tondeggiante, ha le zampe proporzionate al corpo muscoloso, il collo con la lunga criniera e le orecchie ben visibili ed evidenziate. I due cavalli hanno la criniera, la coda e gli zoccoli colorati ad inchiostro, al fine di far risaltare le raffinate incisioni dei crini. Queste colorazioni si sono sbiadite in più punti o addirittura sono state cancellate dalle manipolazioni e dagli sfregamenti avvenuti nei Fig. 1 duecento anni della loro vita, creando un fascino insuperabile che li rende irraggiungibili da qualsiasi riproduzione successiva. Entrambi sono stati scolpiti con grande abilità per permettere che, nonostante la problematica stabilità, uno per l’altezza e l’altro per il peso, entrambi stiano perfettamente in equilibrio in posizione stante. Il cavallo stilizzato (fig. 1, 1a, 1b) è alto ben 75 mm e la datazione si potrebbe far risalire alla seconda metà del 1700. Non è firmato, come spesso si riscontra nei netsuke di questa epoca. L’himotoshi, nella parte retrostante (fig. 1a), è naturale e ricavato tra la coda e l’incavo delle zampe, con foro di entrata molto grande per alloggiare il nodo della cordicella. La patina, morbida e naturale, assume la colorazione di un giallo più intenso con macchie brune nella parte posteriore, quella meno esposta alla luce Fig. 1a

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(si veda l’articolo Questioni di patina nei netsuke in avorio su questo Bollettino). Un esemplare simile si è potuto ammirare fino a marzo dello scorso anno, esposto nella grande mostra sui netsuke al Museo Poldi Pezzoli di Milano Sculture in palmo di mano e poi riportato sull’omonimo catalogo a pag. 155. Questo appartiene ad una nota collezione milanese e proviene dalla famosa collezione Hindson dispersa dalla Sotheby’s a Londra nel lontano 1969. Lo stesso è riprodotto anche nel volume Netsuke di Bruno Asnaghi, edito da Allemandi nel 1990. Il secondo cavallo (fig. 2, 2a, 2b), realizzato rispettando canoni più realistici, secondo le caratteristiche della razza equina presente in Giappone fin dal quinto secolo d.C., è

Fig. 1b

di dimensioni contenute, muscoloso e con zampe corte, è alto 53 mm e potrebbe essere classificato tra i lavori dei primi anni del 1800. Non è firmato. Nella parte retrostante è presente appena sopra la coda, quasi in posizione centrale, un bell’himotoshi, (fig. 2b) con foro di entrata, a sinistra, di dimensioni maggiori, caratteristico del periodo. Anche in questo netsuke la patina è naturale, molto calda e assume una colorazione gialla leggermente più decisa nella parte retrostante, per effetto dell’ossidazione da mancanza di luce (vedi articolo sopracitato di Bettina Schindler sulle patine). Due cavalli a soggetto molto simile sono pubblicati su Netsuke di Bruno Asnaghi con datazione metà XVIII secolo, di cui uno firmato Mitsuharu.

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Settimo segno zodiacale: Il cavallo Corrisponde ai Gemelli dello zodiaco occidentale. Il cavallo è un segno complesso la cui valenza simbolica attraversa trasversalmente la cultura di tutto l’estremo oriente nelle sue religioni, tradizioni, miti e leggende. Ne troviamo le prime tracce nella religione Induista che assegna al Kalki, l’avatar dal cavallo bianco, la rappresentazione della finale liberazione dell’uomo e il ritrovamento della propria natura divina. Questo avatar giunse in Giappone dal Tibet attraverso la Cina, fondendosi con le locali credenze e assurgendo quindi alla sacralità attraverso Amaterasu, la dea del Sole (simbolo associato al cavallo), della quale, nella religione shintoista, l’Imperatore è diretto discendente: per questo motivo egli è sempre rappresentato in sella ad un cavallo bianco. Nella credenza popolare, il cavallo è strettamente correlato con la fecondità e pertanto riveste un ruolo importante nella vita sessuale. A tale proposito Robert Van Gulik, noto studioso olandese, ci racconta che nell’antica cultura giapponese il fallicismo era molto popolare (fu proibito ufficialmente solo nel 1868) ed il termine UMA (cavallo) stava ad indicare la potenza del membro virile, oltre ad essere sia uno pseudonimo molto in uso tra le prostitute sia la definizione usata dal popolino per il ciclo mestruale. Ma ritorniamo ai piani alti per ricordare che nell’antico Giappone le cerimonie nuziali si tenevano abitualmente verso sera mentre i daimyo (la più alta nobiltà), per propiziare la fecondità, celebravano i loro matrimoni nell’ora del cavallo: le nove del mattino. Infatti la figura del cavallo, rappresentato in piedi con le zampe vicine tra loro, è simbolo di fecondità, oltre che un modo astuto di sfruttare la forma della zanna, se realizzato in avorio. Nella leggenda, nella storia e nella vita degli eroi il cavallo è spesso in primo piano. Quindi un netsuke a forma di cavallo può rimandare ad una moltitudine di significati. Può essere un’allusione o l’illustrazione di una storia famosa, può rappresentare un talismano o una mascotte, un augurio di fortuna o di successo in affari di cuore.

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Nella concezione giapponese, un cavallo che saltella rappresenta una vita parsimoniosa ma anche libera e vivace, sebbene pronta ad assolvere ai propri doveri. Se invece è rappresentato con il suo cavaliere è certamente un’allusione alla storia di Oguri Hangwan, famoso cavaliere che, come tramanda la leggenda, riusciva a stare su di un tavolo di go con il suo cavallo sulle quattro zampe. Un netsuke che rappresenti due uomini sui rispettivi cavalli richiama alla memoria la Kamo no Keiba (corsa dei cavalli di Kamo) che si svolge annualmente in ricordo della festa religiosa Fig. 2 indetta dall’imperatore Kimmei (540-571) per propiziare gli dei che avevano causato un devastante taifun: la corsa prevedeva la competizione tra due cavalieri, uno vestito di bianco e l’altro di rosso. Se invece ci si imbatte in un netsuke che rappresenta un cavallo completamente bardato e con una sella a tre posti, chiamata sombokojin, occorre tener presente che Sombokojin è anche il nome del dio della cucina e pertanto il netsuke altro non è che una raffigurazione di questa deità. Curiosa, infine, è anche l’associazione del cavallo al nostro “capro espiatorio”. Nell’antico Giappone, il 16° giorno del sesto mese, nel corso di una festa celebrativa, le donne che avevano commesso adulterio negli anni precedenti poterono confessare i loro peccati ai sacerdoti e questi peccati furono espiati castigando un cavallo bianco. Fino ad allora la punizione, che consisteva in una buona dose di bastonate, era inflitta alla donna adultera ma, da quel momento, la bastonatura del cavallo bianco divenne la simbolica punizione per l’adulterio … e povero anche il cavallo.

Fig. 2a

Bibliografia ASNAGHI BRUNo, Netsuke, Milano, 1990, Allemandi Editore. DUCRoS ALAIN, Netsuke. Art, magie et médicine, Vol. I , 2006, Editions Cum Turri. MoRENA FRANCESCo (a cura di), Netsuke. Sculture in palmo di mano. La raccolta Lanfranchi e opere da prestigiose collezioni internazionali, Milano 2008, Silvana Editoriale. WEBER V.F. , Ko-ji Ho-ten, Parigi, 1923.

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Per gli appassionati di arte giapponese, segnaliamo l’interessante e attesissima asta della collezione di Edward Wrangham, che va ad inserirsi all’interno dell’annuale settimana dell’Asian Art in London. Questa asta speciale andrà ad arricchire la manifestazione londinese, in aggiunta al Netsuke Symposium dell’International Netsuke Society come già segnalato nel nostro bollettino di giugno 2010 Il nostro amico Neil Davey, Senior Consultant del Dipartimento d’Arte Giapponese della Bonhams, nonché curatore dell’asta, ci ha regalato un’appassionata e incisiva descrizione di Edward Wrangham, ambientalista, collezionista e studioso: Ho conosciuto Ted Wrangham da quando ho cominciato ad occuparmi di commercio di arte giapponese, sul finire degli anni ’50, quando ero ufficiosamente apprendista di suo zio, William Wilberforce Winkworth. A quei tempi, egli era già un affermato e affidabile collezionista e, quando lo conobbi meglio, realizzai che si trattava indubbiamente di uno dei più edotti collezionisti del suo tempo. Come è noto, la collezione di arte giapponese di Ted Wrangham (1928-2009) ebbe inizio quando, a 8 anni, suo nonno Stephen Winkworth gli regalò quello che sarebbe divenuto il suo primo netsuke: da quel momento la sua ricerca e la sua collezione non si arrestarono mai, passando dai netsuke agli accessori per spade, alle lacche, per finire poi con gli inro, la sua grande passione. Sono orgoglioso di averlo conosciuto e soprattutto sono onorato di avere oggi l’opportunità di aiutarlo a dividere, come lui avrebbe certamente voluto, la sua collezione tra altri collezionisti simili a lui.

Netsuke in legno del XVIII secolo, raffigurante un cane accovacciato, di soli 3 cm di altezza, che rappresenta il pezzo forte della vendita ed è stimato 20.000 - 25.000 sterline. Questo netsuke fu creato da Masanao, uno dei più importanti e stimati intagliatori di netsuke e, osservando l’incantevole oggetto qui proposto, non è difficile capirne il motivo.


La Collezione di Arte Giapponese di Edward Wrangham Martedì 9 Novembre 2010, New Bond Street, Londra 10.30 & 14.30

Rakan, Sennin, animali fantastici e lo zodiaco all’interno dell’arte giapponese: l’interesse di Edward Wrangham fu veramente immenso ed eclettico. La sua intera collezione di capolavori dell’arte della miniatura giapponese, creata in decenni (dal 1936 allo scorso anno), comprende oltre 1000 inro, oggetti d’arte in lacca, armi e netsuke, che riflettono la raffinatezza degli interessi di quello che viene considerato l’ultimo dei grandi collezionisti britannici. La collezione non è spettacolare solo per la quantità di oggetti raccolti ma anche per la loro qualità, il loro materiale e il loro contenuto: essa costituisce, infatti, la più ampia e meravigliosa collezione, mai data all’asta, di inro di un singolo privato.

London Suzannah Yip Neil Davey Noriko Nezu +44 (0) 207 468 8368 japanese@bonhams.com


Parigi: 8 giugno 2010

Asta Christie’s: quando gli esperti non riescono a convincere ... Nella prestigiosa sede parigina della Christie’s, in Avenue Matignon, martedì 8 giugno si è tenuta la vendita primaverile di Art d’Asie che comprendeva in prevalenza oggetti cinesi, ormai settore trainante di ogni catalogo di vendita, e nella parte iniziale, come ormai accade da qualche tempo a Parigi, hors-d’oeuvres di arte giapponese comprendente anche un nutrito gruppo di netsuke raggruppati in 75 lotti. Le perplessità che avevamo espresso circa l’esperienza degli esperti della Christie’s parigina si sono di nuovo manifestate e, pur riconoscendo l’attenuante della ormai onnipresente crisi economica che per la verità lenisce e giustifica, spesso a sproposito, molte defaillances che nulla hanno a che fare con questa, ci meraviglia ancora che la casa madre non sia in grado di fornire un supporto (da Londra?) a due ragazze che improvvisamente si sono trovate ad avere a che fare con un settore che non conoscono o almeno non a sufficienza. Lotto 14 Ecco come si può spiegare, almeno in parte, il flop della sezione netsuke di questa tornata d’asta: con 75 lotti in vendita hanno trovato un acquirente solo il 30%, cioè 27 lotti. Esamineremo qualche vendita, rammaricandoci, magari, di non essere stati presenti in sala per poterne approfittare. Lotto 14 - Netsuke in avorio, Shoki, secoli XVIII-XIX, altezza cm 7,5, valutato 800/1.200 euro e venduto a 1.875. Già la partenza è maldestra, il menzionato Shoki altro non è se non Kan’u il generale cinese, riconoscibilissimo dalla lunga barba lisciata con un mano e la grande alabarda nell’altra. Pazienza. Lotto 16 - Netsuke in avorio, Kanzan e Jittoku, secolo XVIII, altezza cm 7, con una valutazione di Lotto 16 3.100/4.100 euro rimane invenduto.

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Il Sennin Jittoku con l’inseparabile amico Kanzan, l’uno con in mano una scopa, l’altro un rotolo manoscritto, interpretano l’allegoria delle due necessità umane: quella materiale e quella spirituale. Il soggetto è tra i più ricercati ed il netsuke è di bella qualità, l’attribuzione al pieno secolo XVIII sembra un po’ azzardata e improbabile ma, come si può constatare in diversi altri cataloghi, sembra che questo soggetto debba essere assegnato d’obbligo all’epoca d’oro. Lotto 17 - Netsuke in avorio, Shoki, secoli XVIII-XIX, altezza cm 12,5, valutato 600/800 e venduto a 1.875 euro. Ci risiamo. E’ sempre il solito Kan’u e non Shoki che, come attributo di riconoscimento, dovrebbe avere uno o più oni che lo molestano e lo sbeffeggiano. E poi, se si giudica e afferma che il netsuke è della fine del 1700, è alto 12,5 cm (vi ricordate il Kirin Meinertzhagen che svettava da suoi 11,5 centimetri di altezza?), si dovrebbe anche riuscire ad intuire che è , almeno, di discreta qualità, come è possibile che lo si valuti solo 600/800 euro? Un vero affare per il compratore e un netsuke buttato via per il malcapitato venditore. Lotto 41 - Netsuke Manju in avorio e metallo argentato, uno Shishi, firmato Yanagawa, secolo XIX, lunghezza cm 6, stimato 1.800/2.200 euro e aggiudicato a 2.250. Un curioso e piacevole manju, ben curato nei particolari: l’himotoshi è rinforzato con metallo argentato. La firma, anche se non molto conosciuta, è incisa su una riserva dello stesso metallo. Generalmente gli intagliatori di questa epoca, cioè dopo il 1850, che usavano i metalli con molta maestria, erano artisti che si erano dedicati alla lavorazione Lotto 17 delle tsuba e poi, in seguito al calo degli ordini, erano passati ai netsuke, in modo particolare ai kagamibuta a cui questo può essere assimilato. Un buon risultato se si considera che questi tipi di netsuke, manju e kagamibuta, hanno generalmente valutazioni leggermente più basse. Lotto 41

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Lotto 42 - Netsuke in avorio, Gama Sennin, secolo XVIII, altezza cm 9,5, stima 2.200/2.800 euro, aggiudicazione a 2.750 euro. Il sennin con la rana sulla spalla, proveniente dalla collezione svizzera Seleger, anche con un restauro ad un piede, dichiarato dalla casa d’aste, e, soprattutto, una banalità quasi imbarazzante dell’opera, ottiene un discreto successo trovando un collezionista che ne ha apprezzato non sappiamo cosa. Mah ... Lotto 55 - Netsuke in legno, cavallo accucciato, firmato Kazutomo, secolo XVIII, lunghezza cm 3,8, stimato 5.500/7.500, rimasto invenduto. Il cavallo è un soggetto molto ricercato e questo, in modo particolare, ha una inusuale postura, due grandi occhi intarsiati in corno biondo e bruno e una buona raffinatezza di intaglio, è per contro, un po’ piccolino, solo 3,8 centimetri. Per quei collezionisti di buona Lotto 55 Lotto 42 memoria, evidenziamo che è tuttora in rete su un catalogo on line di settembre 2005 della The NIO Gallery di Londra, con una datazione diversa e più consona alla firma: metà del secolo XIX. Questo bisticcio non ha sicuramente deposto a favore del nostro cavallino che è rimasto al palo. Lotto 58 - Netsuke in avorio, volpe danzante, secolo XIX, altezza cm 6,7, valutato 2.000/3.000 e aggiudicato e 2.500 euro. Il dramma del teatro giapponese Kyògen con protagonista la volpe, narra come questa avesse la possibilità di assumere le sembianze umane del monaco Hyakuzòsu. Questi era solito apparire ai cacciatori di volpi al fine di dissuaderli dal loro intento. Hyakuzòsu conviveva con tre volpi che lo proteggevano dai ladri e sapevano anche predire il futuro. Questo netsuke raffigura un attore nell’atto di rappresentare, molto semplicemente, con il solo utilizzo della maschera e di una coda posticcia, il noto dramma giapponese. Lotto 63 - Netsuke in avorio, olandese con karako sulle spalle, secolo XVIII, altezza cm 8, valutato 4.000/6.000 euro, non ha trovato compratori. Lotto 58

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Lotto 63

Lotto 64

Un bel soggetto, estremamente curato, una tromba nella mano destra, l’altra che aiuta il bimbo a rimanere saldo sulle spalle. I capelli ricciuti, e l’estrema eleganza del vestito non sono stati sufficienti a trovare un compratore al nostro olandese. Forse abbassando la stima? Lotto 64 - Netsuke in avorio, olandese con scimmia, secolo XVIII, altezza cm 7,6, anche lui valutato 4.000/6.000 e venduto a 4.375 euro. Dov’è la differenza tra i due? Non tanto negli occhi intarsiati di corno, né, forse, nella patina più morbida, ma crediamo soprattutto nel soggetto: l’ammaestratore di scimmie, generalmente rappresentato da un orientale, adattato ad uno straniero, unito ad una grande qualità degli intarsi ha potuto intrigare un collezionista ad acquistarlo ed a farne, a questo punto, un buon affare. Lotto 86 - Netsuke in avorio, dragone, secolo XVIII, altezza cm 13,3, valutato 3.000/4.000 euro e aggiudicato a 5.250, top lot del settore netsuke! Un dragone arrotolato ad un ken, spada giapponese a doppia lama, con la punta infissa nella gola. Il drago, in particolare se ben intagliato e sviluppato, è un soggetto molto ricercato dai collezionisti: anche questo proviene dalla collezione svizzera Seleger e diremmo che andrebbe classificato, per la sua forma allungata, come un sashi netsuke. Lotto 86 Ed infine una curiosità: questo netsuke lo abbiamo trovato in una vendita Sotheby & Co, a Londra, sul catalogo del novembre 1964, lotto n. 137, venduto per 32 sterline che corrispondevano a 89,60 dollari USA dal grande collezionista Winkworth. Lasciamo ai più curiosi il calcolo se sia stato un buon investimento.

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Aggiornamenti Grazie agli amici francesi dell’Association Franco-Japonese abbiamo la possibilità di parlare ancora, e lo facciamo volentieri, di un netsuke citato nel precedente Bollettino (n. 15), il lotto 211 della Bonhams di Londra. Avevamo commentato il bel netsuke in avorio, due dromedari contrapposti a riposo, firmato Yoshitomo, che a dispetto della rottura, non dichiarata e non fotografata dalla casa d’aste, venne aggiudicato comunque a 7.200 sterline. Gabor Wilhelm, sul Bullettin francese n. 105, Eté 2010, non solo ha fotografato il netsuke allo stato attuale, ma lo ha commentato con grande enfasi: Un netsuke da sogno…la rarità del pezzo vale da sola la sua consacrazione…non dimenticando la rottura delle due zampe anteriori, apparentemente fresca: catastrofica, per alcuni, secondaria e riparabile per altri. Prezzo di aggiudicazione più che meritato. Curioso, a volte, confrontare i giudizi degli esperti e scoprire come possono essere influenzati dal gusto personale o da una semplice intuizione: ad un certo punto mi è sembrato di intravedere (nella espressione di uno dei dromedari) l’ombra di un sorriso. Basta un po’ di poesia…e un po’ di tenerezza. Grazie Gabor.

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Dite la vostra ... Gentile signor Gaggianesi è stato un piacere leggere l’ultimo Bollettino. Gli articoli sono tutti interessanti ma ho particolarmente apprezzato quello sul Kirin di Meinerzhagen. Prima di leggere il suo bollettino le fonti di informazione a cui attingevo erano tutte anglosassoni. Èinteressante trovare punti di vista diversi, leggere qualcosa di dissacrante rispetto ad una certa letteratura divenuta nel tempo molto autoreferenziale ed a mio avviso non sempre in buona fede. Bushell non mi ha sempre convinto anche se gli riconosco di aver fatto uno splendido lavoro nell’aprire, con le sue pubblicazioni (avrebbe dovuto scegliere dei fotografi migliori), il mercato USA: Kurstin tenta di imitarlo ma forse è più grossolano. Giovanni Rimondi Gent.mo dr. Rimondi, innanzitutto mi permetta di ringraziarla vivamente per il suo apprezzamento nei confronti del Bollettino e in particolare nei confronti dell’articolo sul Kirin di Meinertzhagen, che, come potrà facilmente osservare qui di seguito, ha risvegliato l’interesse di diversi collezionisti e studiosi di netsuke. Credo che lei abbia focalizzato pienamente lo scopo ultimo della nostra piccola rivista, ossia la volontà di dotare finalmente i collezionisti italiani di un punto di vista differente da quello suggerito dalle pubblicazioni estere. Sono convinto infatti che, nonostante non possa essere messo in dubbio il maggiore interesse riscontrabile nell’area anglosassone per quanto concerne la sfera dei netsuke, di contro si tratti di tradizioni di collezioni leggermente distanti dal gusto e dalla sfera d’interesse dei collezionisti italiani. È stato muovendo da questo pensiero e grazie all’appoggio e all’incoraggiamento di alcuni amici, che si è dato avvio a questa utopica ed entusiasmante impresa del Bollettino: nel tentativo, se mi consente l’azzardata metafora calcistica, di portare il collezionista italiano di netsuke a raggiungere “la serie A”. •••• Caro Roberto ho ricevuto e letto con grande piacere il tuo ultimo Bollettino. Come sempre ho trovato molti articoli interessanti ed istruttivi, ma dove soprattutto il tuo bollettino si conferma utile, divertente e coinvolgente è nella rassegna che tu e il mitico Asnaghi fatte delle Aste. Aste ormai finite però. Non ti pare che molto più utile, istruttivo e divertente sarebbe leggervi PRIMA delle Aste che voi passate in rassegna? Allora sì ogni vostra parola potrebbe essere una

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Dite la vostra ... guida preziosa ed insostituibile, sia per chi vuole semplicemente capire e quindi godere di più, sia per chi potrebbe essere invogliato a partecipare all’asta. Mi sembra già di sentirti obiettare che è praticamente impossibile far coincidere la data di pubblicazione del tuo bollettino con le date delle principali aste internazionali. Ma poiché ormai tutte le Case d’asta presentano con largo anticipo i loro cataloghi in Rete, tu ed il mitico Asnaghi potreste regalarci la vostra lettura critica degli stessi cataloghi sempre in Rete e con un ragionevole anticipo. Adesso è un po’ più difficile dire di no, vero? Ma so che ci riuscirai lo stesso. Con affetto Franco Bellino •••• Caro Franco, come sempre pungente e prodigo di idee! Vengo dunque a risponderti per contraddirti, come da te anticipato. Il nostro Bollettino, nonostante stia riscuotendo successo anche all’estero, è stato creato principalmente per i collezionisti italiani, affinché potesse essere uno strumento di informazione, nonché una spia letteraria, di quello che accade nel mondo dei netsuke al di fuori del nostro bel Paese. Da qui l’interesse verso le aste proposte all’estero, con le loro caratteristiche e i loro gusti. Come giustamente intuisci, però, non è cosa facile riuscire a rendere concomitanti la pubblicazione del Bollettino e le date delle aste, senza poi considerare il dilatamento dei tempi per quanto concerne la pubblicazione dei cataloghi: a prova di ciò basti considerare la vendita della Collezione Wrangham che, prontamente segnalata a suo tempo sul bollettino, a fine settembre non è ancora stata adeguatamente fornita del catalogo online. Oltre a ciò, non ti nascondo le mie perplessità nel commentare e segnalare oggetti avendoli visionati solo a video: ritengo che sarebbe, da parte mia, un comportamento azzardato e poco professionale. •••• Gentil Signor Gaggianesi Grazie ancora per l’invio del bollettino n. 15 che è da considerarsi storico: un assolo sul “mio netsuke n. 1”. Fine di una leggenda? Se fine sarà lo stabilirà sicuramente il tempo e un serio intento da parte dei collezionisti di demitizzare un casus creato ad libitum. Trovo il taglio della sua indagine ragionato e ben documentato: è la stura per una critica artistico-radicale su un Kilin che per un secolo è stato decretato come un Kirin, netsuke originale. Una leggenda, appunto. Quanto sto per scrivere parrà, come lei ama a volte dire, una giusta cattiveria. Le assicuro che questo sentimento, ancorché giusto, non mi appartiene: tendo sempre alla

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Dite la vostra ... ricerca del vero e, argomentando l’arte, del verosimile. Null’altro. A lei va il merito di aver rotto un tabù dimostrando acume e coraggio, in difesa dello stato dell’Arte. Ovviamente, ça va sans dire, come è d’uso dire dai “cugini d’oltralpe” per analoghe situazioni: on s’attirer une affaire. In effetti, nessuno, ma proprio nessuno tra esperti o attacché di turno, ha mai osato sollevare il velario su questo Kilin che, seppur di buona fattura e bella presenza, resterà sempre un’opera ibrida. Per amatori e collezionisti si pone una domanda d’obbligo: è stato per mancanza di dottrina, sprovvedutezza o mera esaltazione laudativa? Sia come sia, sul piano morale andava corretta: lei l’ha fatto e ciò è encomiabile. Mi auguro possa essere letto da tanti: amatori e connaisseurs, italiani e stranieri. Concludo. Posso con tutto il rispetto, la stima e l’amabilità che nutro per tutto ciò che, con Frederick Meinertzhagen, ha contribuito alla conoscenza dell’arte Netsuke, capire il suo giovanile engoùment per questo suo particolare netsuke. Sono disposto a capire un po’ meno la sua propensione a non mutare parere dopo un quarantennio ma ciò può essere pure comprensibile: a settant’anni non sempre risulta facile recedere dai propri convincimenti, potrebbe apparire una sconsacrazione di se stessi. Non è invece accettabile il mancato “cambio di registro” da chi, dopo di lui, ed a vario titolo, è venuto a contatto dell’opera e da buon ultimo l’attuale possessore Mr. Kurstin. Sarò sincero, come sempre: il maggior fastidio proviene dai partecipanti al giubileo, accorsi al suono dell’olifante, speranzosi forse di un do ut des? Mah. Chiedendo indulgenza a tutti quelli che non la dovessero pensare come me, mi è grata l’occasione per salutarla cordialmente. Bruno Asnaghi Caro Asnaghi, innanzitutto la ringrazio per questa lettera, che viene ad arricchire e stimolare l’argomento Kirin. Lei, però, mi attribuisce cortesemente tutto il merito di un articolo che, come per modestia non dice, è stato dato alla luce dopo le innumerevoli discussioni e i molteplici confronti che lei ed io abbiamo avuto nei mesi passati. Èdunque più che evidente quanto sia corretto che le si attribuisca un’importante quota di meriti, ma, intendiamoci, anche di critiche, qualora se ne dovessero presentare.

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La Galliavola Arte Orientale Via Borgogna, 9 - 20122 Milano tel. +39 0276007706 - fax. +39 0276007708 www.lagalliavola.com info@lagalliavola.com


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