La Finestra ottobre 2010

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Editoriale

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uasi ogni giorno nel mondo accadono tragedie di cui ci si dimentica in fretta o che, peggio ancora, passano sotto silenzio. In queste settimane il Cile è balzato agli onori della cronaca per via dei minatori intrappolati a 700 metri di profondità nel deserto dell’Atacama. Ma alla fine del febbraio scorso, al largo della costa del Maule, si è verificato un evento catastrofico che sembra aver lasciato solo flebili tracce nell’opinione pubblica italiana. Non, però, in quella valsuganotta, grazie anche a un giovane laureato di Bieno e alla straordinaria forza di sua madre, i quali assieme – seppure a migliaia di chilometri l’uno dall’altra – hanno saputo mettere in moto la grande macchina della solidarietà trentina. Per chi l’avesse dimenticato, infatti, nella notte del 27 febbraio 2010 il Cile è stato colpito da un terremoto tra i più forti di tutti i tempi, con una magnitudo di 8,8 e una durata di circa tre minuti, che ha generato una potenza distruttiva ben 30mila volte superiore a quella del sisma verificatosi a L’Aquila nell’aprile del 2009. Ne è seguita pure un’allerta tsunami che ha interessato 53 stati; allarme poi in parte rientrato, ma sulle coste cilene i danni cagionati dal maremoto sono stati comunque ingentissimi, così come quelli nelle zone interne. Gli sfollati, secondo le stime del governo, sarebbero più di 2 milioni anche se, probabilmente, il numero è superiore perché le zone più povere del Paese difficilmente entrano nelle statistiche ufficiali. D’altronde in certi quartieri la situazione era già disperata prima dell’arrivo del terremoto. Ad affermarlo è proprio un testimone oculare del sisma, Stefano Micheletti di

Bieno che da alcuni anni vive e lavora in Cile a stretto contatto con la popolazione locale, dove sta mettendo a frutto la propria laurea in Scienze Forestali e Ambientali realizzando progetti di sviluppo improntati alla partecipazione dei diretti interessati anziché, come spesso capita, a un assistenzialismo fine a se stesso. In un Cile che ha scoperto essere molto diverso da quello che sognava in Tesino, Stefano si è trovato ad affrontare, in aggiunta alle avversità quotidiane, anche il dramma del terremoto. Lo ha fatto mettendosi a disposizione della gente e, tramite il commovente interessamento di sua madre, coinvolgendo la comunità trentina che, anche di fronte a questa emergenza, non ha voluto tirarsi indietro. Una storia di vita, quella di Stefano, che come il terremoto forse sembrava destinata a passare in sordina, ma a cui noi dedichiamo la storia di copertina di questo mese nella ferma convinzione che – come sostiene la mamma di Stefano, Nadia Dellamaria Micheletti – «nel mondo vi è un esercito di ragazzi che opera in silenzio per migliorare la vita su questo pianeta, anche se purtroppo pochi ne parlano, forse perché fa più notizia trasmettere l’immagine di una “gioventù bruciata”. Ma la realtà non è sempre e solo negativa. Anche dalle macerie, com’è il caso del Cile, possono nascere tanti fiori e un bel sorriso contagioso». Sottoscriviamo. Buona lettura!

Johnny Gadler, direttore responsabile de La Finestra

Ottobre 2010

Dalle macerie può nascere un fiore


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