Una mobilità sostenibile I moderni sistemi economici dipendono, come è noto, dalla disponibilità di energia, sia per il loro funzionamento sia per il loro sviluppo. Tuttavia, le diverse forme di energia non si equivalgono, ma si differenziano per economicità, fruibilità ed efficienza rispetto all’uso finale. Tra le fonti energetiche disponibili (fonti fossili, come il petrolio, il gas naturale, il carbone, e fonti rinnovabili, come l’energia solare, eolica, idrica), nessuna è in grado di soddisfare per intero le necessità energetiche della società, strettamente correlate ai principali mercati corrispondenti: il mercato della fornitura di calore (o di freddo), quello della mobilità e dei trasporti e quello dei servizi accessori (meccanici, elettronici ecc.). Bisogna dunque introdurre forme di energia che assicurino un miglior collegamento tra la disponibilità di fonti energetiche e la particolare utilizzazione richiesta: è in questo ambito che i vettori energetici giocano il loro ruolo cruciale. Il vettore energetico è una forma di energia secondaria, che si presta ad essere trasportata (spesso tramite apposite reti) fino al luogo di utilizzazione: è costituito da una sostanza trasportabile in grado di rilasciare con facilità l’energia in essa contenuta (come nel caso dei combustibili solidi, liquidi o gassosi, il vapore, l’acqua calda ecc.) o dall’elettricità (energia elettrica), il vettore che attualmente meglio permette di sfruttare il proprio contenuto energetico. L’elettricità può essere prodotta da svariate fonti primarie, in relazione alle necessità dell’utente finale. In alcuni casi non è necessario introdurre un vettore energetico, in quanto la fonte primaria è sufficientemente versatile: ad esempio, il gas naturale è capace di riscaldare le case, alimentare gli autoveicoli ecc., ma non è sempre la forma di energia più adatta per ogni impiego (non viene utilizzato nella aviotrazione e nei trasporti marittimi, mentre è impiegato nella autotrazione, ma solo in percentuale limitata). In questi ultimi anni, l’idrogeno è stato posto al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica come possibile stella polare di un nuovo futuro energetico. Tanta attesa è sicuramente dovuta al fatto che il ricorso alle fonti fossili viene individuato come una della principali cause di inquinamento, sia su scala globale che locale. L’idrogeno (che se bruciato produce solo acqua) viene percepito come la soluzione definitiva per affrancarsi dalle fonti fossili e dalla economia al carbonio. Inoltre, l’idrogeno ha uno stoccaggio almeno in linea di principio più semplice rispetto a quello dell’energia elettrica e potrebbe rappresentare una soluzione per il problema dell’intermittenza con cui l’energia elettrica viene generata dalle fonti rinnovabili. L’idrogeno non è presente in natura allo stato libero, bensì in forma combinata e per di più in molecole molto stabili come acqua, metano, idrocarburi superiori ecc.; per produrre tale vettore energetico, ovvero per estrarlo da queste molecole, è quindi necessario spendere energia proveniente da fonti primarie. Tra i vantaggi principali dell’idrogeno sono da ricordare la combustione assai pulita (al massimo solo qualche emissione di ossidi di azoto) e la possibilità di impiego diretto nelle celle a combustibile (fuel cell), insieme a metanolo ed etanolo. Le celle a combustibile sono dei dispositivi energetici estremamente efficienti, dal rendimento energetico così elevato dal compensare, almeno parzialmente, l’energia spesa nello stadio di generazione dell’idrogeno. Nel prossimo articolo proseguirà la descrizione del vettore energetico idrogeno: produzione, trasporto e distribuzione, stoccaggio, uso finale, prospettive. Ing. Jacopo D’Andria
Il piacere... Sembra spesso che le cose siano sempre le stesse, oppure, si cerca qualcosa senza trovarla. A volte può bastare cambiare la prospettiva, l’angolazione da cui guardare la realtà: una sfumatura, un particolare, nuovo, restituisce positività, una (fugace) sensazione di benessere. C’era un signore che, di notte, sotto un lampione guardava per terra dove era la luce dello stesso. Gli si avvicina un altro uomo e gli domanda: ha perso qualcosa? ed il signore: sì, le mie chiavi! E l’altro: è sicuro di averle perse qui? Ed il signore risponde: no, ma è l’unico posto in cui c’è luce. La storiella è una splendida metafora di come, pur senza accorgersene, non si trovi ciò che serve perché si guarda dove si pensa sia più logico o più comodo. Per trovare dobbiamo aprire occhi e cuore ed essere pronti ad accogliere. Quindi, spesso distrarsi dal cercare in maniera ossessiva. L’universo viene messo in moto dai nostri pensieri. P. Franckh ne dà un’idea molto utile: figurarsi l’Universo come una gigantesca ditta di spedizioni dove i nostri ordini (desideri) trovino ascolto. Ciò che è dentro di noi dirige, condiziona ed è influenzato da quel che è fuori. In psicofisiologia si sostiene che si immagina con gli occhi, cioè gli occhi vedono ciò che noi vogliamo che essi vedano, a partire dalla nostra immagine allo specchio, che riflette quella che noi abbiamo di noi stessi e la proietta sullo specchio. L’innamoramento è un altro esempio di come il fenomeno si manifesta. Anche nel campo della scienza, A. Einstein affermò: E’ la teoria a decidere che cosa possiamo osservare, conseguendone che la parte di mondo su cui non abbiamo teoria appare indecifrabile o irrilevante e che i nostri giudizi e le azioni che si producono sono influenzati abbondantemente dalle idee che già possediamo. C’è un piccolo esperimento che avvalora la (suddetta) tesi sull’immaginazione, in modo molto semplice. Si chiama Running horses (cavalli che corrono, Prof. V. Ruggeri), e dimostra che se si vuole riuscire ad immaginare qualcosa in movimento, occorre produrre un movimento oculare. Non è possibile impedire che qualcosa non avvenga; possiamo creare qualcosa, non non crearla. Il pensiero formulato con il non porta a realizzarsi ciò che non desideriamo. In natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma (Democrito, filosofo 470-371 aC). Dice che per l’Universo non è plausibile che qualcosa non diventi. Non si è onnipotenti, ma si può ottenere ciò che si vuole. Sulla nostra strada incontriamo ostacoli (delusioni, dubbi…); il segreto per superarli e continuare a desiderare è contenuto in una preghiera che evoca la calma per accettare ciò che non posso cambiare; il coraggio per cambiare ciò che posso cambiare e la saggezza per distinguere fra le due cose. Energia è la parola chiave: anche in fisica la materia è energia (trasformata in massa). Lo dimostrarono nel 1933 i fisici Marie e Pierre Curie. Un mio paziente ha rappresentato in una brillante metafora la relazione fra paura e piacere, indicandola nell’andare sulle montagne russe al luna park. Nel mio lavoro devi avere il piacere all’incontro intimo con l’altro, amarlo per poterlo capire ed aiutare, mettendo le tue sensazioni, i tuoi pensieri ed intuizioni al servizio della persona che è in difficoltà. Se/quando questa sente che il terapeuta si dà nella relazione è portata a dare/rsi, di più, sviluppando meglio la propria resilienza (capacità di affrontare le difficoltà della vita e superarle uscendone rafforzato). Non c’è da stupirsi che nel percorso fatto insieme anche il terapeuta abbia ricevuto dal paziente e si sia arricchito nell’anima. Dott.ssa Claudia Cardinali Psicologa Psicoterapeuta - Esperta in Sessuologia Clinica
Diritti Umani Durante tutto il ‘600 in Inghilterra si produce uno scontro duro e cruento tra Sovrano assoluto e Parlamento, che si conclude con la nascita del primo stato costituzionale della storia (1689). In questo periodo vengono approvati alcuni documenti di grande importanza non solo per le conquiste delle libertà politiche e civili degli inglesi ma anche per la storia della cultura politica europea e americana. Nel 1628 il Parlamento presenta al sovrano Carlo I una Petizione dei diritti che ribadiva, contro la politica fortemente assolutistica del re, alcuni diritti e alcune libertà tradizionali che risalivano alla Magna Charta: nessuna tassa senza il consenso del Parlamento, nessun arresto dei cittadini senza l’autorizzazione del magistrato (diritto di Habeas Corpus), nessun processo ai cittadini nei tribunali speciali. Carlo I firmò la petizione ma non la rispettò e ciò gli costò la testa. Fu infatti ucciso alla fine della prima rivoluzione inglese (1649), ma la presentazione stessa della petizione stava a confermare che ormai il diritto alla libertà personale era una conquista della coscienza civile dei cittadini. Infatti, quando il sovrano Carlo II, nel tentativo di restaurare l’assolutismo, aveva proceduto a molti arresti arbitrari, nel 1679 il Parlamento approvava l’Habeas Corpus, una tappa essenziale 8° per la costruzione del moderno stato di diritto, cioè di uno stato in cui i diritti e le libertà personali dei cittadini sono riconosciuti come inviolabili. Fin da prima della Magna Charta l’Habeas Corpus era un ordine scritto con il quale il giudice ordinava alle guardie del re di condurre, entro tre giorni al massimo, una persona da questi detenuta di fronte al giudice stesso (il giudice abbia il corpo o, letteralmente, possiedi il tuo corpo). Esso non è una semplice dichiarazione o impegno del re, ma un ordine specifico indirizzato agli agenti di polizia e ai magistrati: i primi presentino immediatamente al giudice l’arrestato e il giudice giudichi entro pochissimi giorni la legalità dell’arresto. In caso di inadempienza erano previste multe fortissime. Il potere del re veniva fortemente ridotto ed egli era responsabile non più soltanto davanti a Dio, ma davanti alla legge, cui era, come tutti, sottoposto. Il documento che però riassume in sé le conquiste in fatto di diritti è il Bill of Rights (legge dei diritti), nel 1689, cioè al termine della seconda rivoluzione inglese, quando, cacciato Giacomo II, il nuovo sovrano Guglielmo III d’Orange sottoscrive il Bill, trasformando la monarchia inglese da assoluta in costituzionale: per la prima volta un monarca accettava di vedere il proprio potere limitato da precise leggi del Parlamento e i cittadini inglesi potevano contare sul riconoscimento di alcuni fondamentali diritti. Ecco alcuni degli articoli, che sono preceduti dalla dichiarazione che il Bill è emanato dalla Camera dei Lords (aristocratici e clero) e dalla Camera dei Comuni (borghesia) in rappresentanza piena e libera della Nazione: 1) il preteso potere dell’autorità regia di sospendere le leggi o la esecuzione delle leggi senza il consenso del Parlamento è illegale. 4) un’esazione di denaro per la corona... senza il consenso del Parlamento... è illegale. 5) la leva o il mantenimento di un’armata nel regno, in tempo di pace, senza il consenso del Parlamento, è illegale. 8) le elezioni dei membri del Parlamento devono essere libere. 9) la libertà di parola, di discussione o di procedura in seno al Parlamento non può essere intralciata o messa in discussione. Dell’importanza si è detto, ma quali sono i limiti di questo documento? Esso è più volto a ribadire e definire i diritti tradizionali degli inglesi piuttosto che dichiarare i diritti naturali di tutti gli uomini, anche se sotto la monarchia costituzionale ci sono le idee liberali del filosofo John Locke, che hanno come fondamento il giusnaturalismo. Dobbiamo aspettare il secolo successivo perchè si giunga a una dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. La borghesia inglese ha fatto dei grandi passi in avanti, ma è ferma ai limiti dei suoi interessi di classe: niente suffragio universale maschile e niente repubblica, niente stato laico, come invece nel 1647, durante i dibattiti di Putney, i Levellers Prof. Marcello Ricci (livellatori) inglesi avevano sostenuto e tanto meno niente terra a chi lavora, come sostenevano gli Zappatori.
10