La Pagina Giugno-Luglio 2021

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1996 2021

YEAR ANNIVERSARY

Numero 186 Giugno 2021

Fisioterapia e Riabilitazione

Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

Zona Fiori, 1 - Terni - Tel. 0744 421523 - 0744 401882 www.galenoriabilitazione.it Dir. San. Dr. Michele A.Martella - Aut. Reg. Umbria DD 7348 del 12/10/2011


Giugno 2021

STRADA DI VALENTINO

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Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni. Redazione: Terni, Via Anastasio De Filis, 12 Tipolitografia: Federici - Terni

AMELIA SUPERCONTI V. Nocicchia; ARRONE Marcello Frattesi, P.zza Garibaldi; ASSISI SUPERCONTI S. Maria degli Angeli; CASTELDILAGO; NARNI SUPERCONTI V. Flaminia Ternana; NARNI SCALO; ORTE SUPERCONTI V. De Dominicis; ORVIETO SUPERCONTI - Strada della Direttissima; RIETI SUPERCONTI La Galleria; SPELLO SUPERCONTI C. Comm. La Chiona; STRONCONE Municipio; TERNI Associazione La Pagina - Via De Filis; CDS Terni - AZIENDA OSPEDALIERA - ASL - V. Tristano di Joannuccio; BCT - Biblioteca Comunale Terni; COOP Fontana di Polo Via Gabelletta; CRDC Comune di Terni; IPERCOOP Via Gramsci; Libreria UBIK ALTEROCCA - C.so Tacito; Sportello del Cittadino - Via Roma; SUPERCONTI CENTRO; SUPERCONTI Centrocesure; SUPERCONTI C.so del Popolo; SUPERCONTI P.zza Dalmazia; SUPERCONTI Ferraris; SUPERCONTI Pronto - P.zza Buozzi; SUPERCONTI Pronto - V. XX Settembre; SUPERCONTI RIVO; SUPERCONTI Turati.

www.lapagina.info www.issuu.com/la-pagina Info: 348.2401774 - 328.2112594 info@lapagina.info

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pag. 3. 5. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 16. 18. 18. 19. 19. 20. 22. 23. 23. 27. 31. 32. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40.

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PENSARE A TERNI

M.Colonna

Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.

ACQUASPARTA SUPERCONTI V.le Marconi;

G. Raspetti

FARE RETE - Interviste

DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Direttore editoriale Giampiero Raspetti Grafica e impaginazione Provision Grafica Editrice Projecta di Giampiero Raspetti 3482401774 - info@lapagina.info www.lapagina.info

DOVE TROVARE La Pagina

PROVVEDE MAGA MAGO'

L.Santini

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R. Ruscica, C. Santulli, G. Porrazzini, M. Scarpellini,

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BMP elevatori su misura Ottica MARI L'orienteering A. Melasecche PIERA Salute e Bellezza // VIVO GREEN In Afghanistan le bambine non ridono più F. Patrizi AESTETIKA Una massiccia dose di cultura E. Squazzini CMT Orti in città V. Iacobellis Fattori che aumentano il rischio di cancro al seno L. Fioriti Adolescenza e scoperta della femminilità G. Porcaro La protesi d'anca V. Buompadre AUDIBEL Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni INNOVAZIONI TECNOLOGICHE IN CHIRURGIA Lo caffè metorològgicu P. Casali VILLA SABRINA - residenza protetta VANO GIULIANO Poesie di Maristella Marinelli PAPIGNO maggiordomo della Valnerina A. Marinensi Il tempo sospeso

R. Venanzi

SIPACE Group // LENERGIA EC + PROVISION NOME NERO Romanzo di Massimo Colonna Non eravamo allergici V. Grechi ARCI POLINO - Festa del Patrono

Oggi La Pagina ha ancor più bisogno di sostegno da chi l’ha sempre letta con piacere e da chi si impegna, non solo a parole, per il futuro di Terni. (IBAN IT66X0622014407000000000993). Grazie, Giampiero Raspetti.

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STRADA DI VALENTINO UN ITINERARIO PER SIMBOLI TRA ANTICO E MODERNO

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Loretta SANTINI

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ono molti e interessanti gli itinerari che rivelano monumenti, palazzi, pitture, storie di Terni, tutti notevoli e importanti. Il professor Raspetti, nell’ambito dell’operazione di rivalutazione di San Valentino, ha indicato un percorso, che chiama Strada di Valentino, dedicato al Patrono che, partendo dalla Stazione Ferroviaria, giunge fino alla Basilica del Santo. Di questo percorso particolare e circoscritto ho voluto indicare quello che è, a mio parere, il carattere saliente, cioè quello di una città dove l’antico nucleo storico è segnato dalle trasformazioni dell’era postindustriale e dove antico e moderno convivono e si integrano in una singolare commistione nelle piazze, nei palazzi, nelle strade: ovunque è possibile leggere un percorso per simboli che racconta il passato e si proietta nel futuro. Lungo un asse che va dalla Stazione a Ponte Romano si allineano monumenti-simbolo dall’impatto visivo indiscutibile accomunati da un filo conduttore che, per la valenza del loro significato, segnano il percorso storico della Terni industriale. La nascita delle grandi fabbriche dell’800 è simboleggiata dal maestoso reperto archeologico della Grande Pressa, un gigante di ferro che, posto davanti alla Stazione, ricorda ai Ternani l’eco poderosa dei suoi colpi sull’acciaio. Industrializzazione ha significato acqua per l’energia, acciaio, lavoro dell’uomo, elementi questi sinteticamente rappresentati nella Fontana di Piazza Tacito. La Lancia di Luce di Pomodoro svetta all’estremo opposto di questo asse viario e occhieggia con il busto di Tacito, lo scrittore forse originario di Terni. L’obelisco, con la sua sovrapposizione di strati di metallo grezzo, poi levigato fino a divenire luce ed energia, è un inno all’acciaio e al lavoro. Anche corso Tacito è un simbolo della fase dell’industrializzazione: il taglio della strada

venne realizzato nel 1870 abbattendo i palazzi del nucleo storico per congiungere il centro originario alla stazione (1866), allora situata in aperta campagna. Poi sorse piazza Tacito e le altre arterie che segnarono l’espansione della città al di fuori delle antiche mura che per secoli ne avevano delineato il profilo. Lungo l’arteria cittadina conosciuta come Strada Nuova, tra palazzi ottocenteschi, spicca la Palazzina Alterocca con deliziosi inserti liberty: la potemmo definire il simbolo della grande imprenditorialità ternana perché questa fu la prima sede della Tipografia di cartoline di Virgilio Alterocca. Il cuore della città resta quello delle piazze storiche: piazza della Repubblica e piazza Solferino, che furono l’antico foro della romana Interamna Nahars e poi della medievale Platea columnarum, centro nevralgico della vita politica e sociale. Vi è però, uno spazio allargato che, per contiguità, per legami storici, urbanistici, è parte integrante del nucleo storico: è l’area che comprende le adiacenti piazze Europa e Ridolfi e corso del Popolo, un complesso di spazi aperti dove, nel vuoto lasciato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, la città ha ritrovato una nuova identità integrando antico e moderno -spicca isolato e maestoso il Palazzo Spada e le chiese di San Salvatore e di San Giovanninoevidenziando significativi brani architettonici dal ‘500 all’800 (i palazzi Montani, Morandi Rossi, Seganti D’Annibale e la Casa Giocosi) ed elementi strutturali di più recente acquisizione, come il bazzaniano Palazzo delle Poste, il restaurato Palazzo Comunale e gli elementi di arredo urbano di piazza Europa. L’ex Palazzo Comunale, oggi sede della Bibliomediateca, è connubio tra antico e moderno: antica è la bellissima sala XX Settembre con i suoi arconi ogivali; modernissima la Torre che, nel ricordare l’antica torre dell’Orologio simbolo della municipalità cittadina, esprime la volontà di proiettarsi nel futuro dando vita ad una nuova industrializzazione, quella telematica. Al di là del Nera, oltre le antiche mura che circondavano la città, il percorso non può che concludersi con la basilica di San Valentino che conserva le reliquie del Santo patrono di Terni. La chiesa, in periferia rispetto al centro urbano, sorse presso un cimitero cristiano lungo il confine tra lo Stato longobardo e lo Stato della Chiesa. Proprio per questo fu protagonista dello storico incontro tra papa Zaccaria e il re Liutprando quando quest’ultimo donò alcuni territori al Pontefice (742) segnando l’inizio dello Stato Pontificio.



Giampiero RASPETTI

E CHI PROVVEDE? MAGA MAGÒ?

Roma, università La Sapienza, facoltà Matematica, specializzazione Analisi Numerica. Si effettuavano studi e ricerche, in laboratorio, con i primi calcolatori, grandi come armadi, e si risolvevano problemi inediti ed eccezionali, impiegando tempi smisurati rispetto a quelli di adesso. Si veniva a capo anche di sistemi di cento equazioni, relativi a problematiche di grande intensità, visto che per ottenere soluzioni si dovevano scovare e poi rappresentare cento incognite dello stesso fenomeno, cioè cento suoi aspetti salienti e variabili. Si tratta di situazioni fenomeniche percepite con l'intus legere e interpretate con metodi rigorosi, molto diversi da quelli abituali in chi, di fronte a qualsiasi fatto, riesce solo ad assorbire una o due apparenze, le più vistose, cementando così certezze granitiche da poter poi, all'occorrenza, essere difese solo con spranghe di ferro (divelte dagli armadi!). Io non finivo mai di scoprire subordinate, scarnendo fino all’estremo limite la conoscenza del fenomeno e metabolizzavo così che, ad eccezione di quelle matematiche, le sicure verità erano tante e quella vera per tutti difficilmente perseguibile. Mi sembrava di vivere il futuro! Ribadisco però che, rispetto a quanto ora avviene, quegli armadi computerizzati erano soltanto dei giocattolini! Con l’editoriale di maggio ho cercato di mettere in guardia nei riguardi delle grandi difficoltà che il futuro presenterà, soprattutto per la nostra città. Scrivevo: “Si può adesso chiaramente osservare come le cosiddette rivoluzioni adducano conseguenze durate dapprima millenni, poi secoli, poi solo decine di anni. Attualmente il problema è molto diverso e, per tutti noi, drammaticamente accelerato! Adesso i cambiamenti si sviluppano e generano ripercussioni nei brevissimi periodi: un mese o, anche, solo qualche giorno! Se non saremo in grado di capire e di utilizzare bene, almeno in parte, la grandissima rivoluzione in atto, saremo destinati ad operazioni minime, di pura sopravvivenza”. È stato, il mio, un appello rivolto a persone di buona volontà affinché non siano costrette ad interessarsi dei problemi solo dopo il classico amen, con una situazione alfine così deteriorata da inibire tentativi di soluzione. Il mio sconcerto è dovuto al fatto che, di fronte ad un numero enorme, esorbitante di negozi chiusi e di attività commerciali marcite, non si levi una voce, un monito, una chiamata a raccolta, da parte di persone responsabili, ovunque siano, ad unire forze di qualsiasi orientamento politico. Forse, però, l'unico sprovvisto di avvedutezza, a Terni, sono proprio io, convinto appunto che tutti i cittadini perdenti lavoro debbano invece, proprio da codesti responsabili, essere guidati ed aiutati. Dal momento che molte professioni e molti mestieri sono destinati a scomparire nell’arco di pochi anni, occorre al più presto scovare chi avvii orienti indirizzi organizzi coloro che dovranno trovare una nuova collocazione lavorativa. Le responsabilità sono tutte reali e non eludibili!

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Molte capacità umane sono sostituibili da automa (dal greco αὐτόμα, che si muove da sé) e da robot (dal cèco ròbot, derivato a sua volta da robota, lavoro meccanico, affine al tedesco arbeit, lavoro). Le attività che sopravviveranno saranno relative a quelle nostre versatilità che i mezzi meccanici non hanno ancora e, si spera, non potranno mai avere! L’insegnamento, ad esempio (in presenza, non in DAD) è una di queste. La succinta rassegna che segue consentirà migliori riflessioni in merito alla situazione veramente temibile in atto. Sono già attivi treni automatici per metropolitana che, in quanto serviti da sistemi di intelligenza artificiale, non necessitano di presenza umana per essere guidati. Sparisce, da tempo, l'addetto alla biglietteria ferroviaria. Casse automatiche sostituiscono in gran parte gli attuali cassieri. Anche i consulenti dovranno tirare la cinghia perché sono sempre più numerose le persone che decidono di confrontare, online, polizze e contratti. Ugual sorte per le agenzie immobiliari. Parte del lavoro dei camerieri viene sostituito da tablet ai tavoli che permettono al cliente di fare un ordine in maniera completamente autonoma. Ricordate il lettore di contatori? Sapete già che non c’è più! C’è, al suo posto, un calcolatore collegato alla centralina domestica. Anche l’operaio generico è sostituito, in gran parte, da macchine computerizzate; in Cina la Shenzhen Evenwin Precision Technology (progetta e produce componenti elettronici) ha rimpiazzato il 90% dei suoi operai con robot, aumentando non solo il ritmo di produzione, ma diminuendo drasticamente gli errori. Il postino suona né due né una sola volta, da tempo non consegna la posta, semplice o raccomandata, perché tale compito appartiene adesso a quella elettronica; si prepara anche per noi, per pacchi vari, la consegna effettuata da droni. Cuochi robot sono già in funzione in alcune catene di fast food e, secondo la Moley robotics (fondata 2014, sede Londra), il robot non solo cucina pasti completi, ma ti dice quando gli ingredienti devono essere sostituiti, suggerisce piatti in base ai prodotti gastronomici che hai, impara cosa ti piace e pulisce poi tutto. I taglialegna-boscaioli sono sostituiti in buona parte da macchine efficientissime. Anche per barbe e capelli c’è invasione, online, di macchinette a poco prezzo che funzionano, però, notevolmente bene. Per scarpe, vestiti, oggettistica varia, osservo che siamo invasi, in tutti i media, da modelli vari e a prezzi così bassi da far crollare l'attuale mercato. Di tutto l'usuale conosciuto oggi, rimarrà solo quello che manterrà una qualità altissima. Sopravviverà chi potrà fornire oggettistica particolare, artistica o artigianale, e prodotti locali, enogastronomici in particolare. La nostra città era, in questo, molto ricca e conosciuta e dovrà, per vivere, tornare agli antichi fasti.


Gli operatori turistici subiranno una notevole flessione perché oggi la maggior parte delle persone organizza il proprio viaggio in maniera del tutto autonoma, grazie al web che permette, facilmente, la prenotazione delle strutture alberghiere e dei mezzi di trasporto. L’editoria cartacea subisce forte crisi. L’amato (da me sicuramente!) cartaceo, sarà sostituito dalla editoria digitale. I quotidiani tradizionali hanno, già da tempo, affiancato alla stampa usuale quella online e così avviene anche per i libri cartacei, sostituiti appunto a prezzi nettamente inferiori, da e-book. Molti edicolanti chiudono edicola e la tradizionale figura del giornalista cambia completamente perché le notizie possono essere messe in rete, adesso, da chiunque. La pubblicità di prodotti e servizi si sta spostando sempre più su canali web e su social network. È in corso, anche se maldestramente, da alcuni anni, una sorta di credito d’imposta, per le aziende che si pubblicizzano su testate locali come La Pagina, per allungare un po' un destino ormai segnato. La cartamoneta, una delle più potenti astrazioni create dalla cultura umana, ci lascia. Altri i congegni per gli scambi commerciali, altri e diversificati i marchingegni e gli apparati del malaffare. Si allarga, probabimente, la rosa dei complici e dei prestanome, anche di livello apicale. Anche l'agricoltura beneficerà della introduzione di mezzi automatizzati. La nuova strategia di lavoro, l’agricoltura digitale (particolarmente favorevole proprio per le nostre terre) si basa su tecnologie di erogazione servizi attraverso la rete, colloqui cioè tra amministrazioni e aziende agricole di tutto il territorio nazionale, che renderanno il futuro agricoltore in grado di lavorare in maniera autonoma, ma assistita. I sindaci delle nostre città e dei nostri borghi, grazie soprattutto alla digitalizzazione, hanno una ricchezza enorme nelle loro mani, si tratta solo di capirlo e di consultarsi con persone colte e capaci! I supermercati subiranno ulteriori modificazioni. Si sa da decenni che si sarebbero trasformati in magazzini locati di periferia, dove tutto costa meno e dove serve solo prendere l’ordine, incartare, consegnare, ma la periferia è oggi distante, neppure sta, a volte, nella tua nazione e nemmeno nel tuo continente. C’è già, adesso, una crescita esponenziale della spesa online a casa tua. Apri lo smartphone, ti colleghi, hai davanti a te il supermercato di fiducia, ogni oggetto con prezzo ed eventuale sconto del momento. Compili la tua lista, annoti giorno e orario della consegna (in un intervallo di due ore), paghi ... fatto!

E pensare che c’è ancora chi, in maniera del tutto giocosa, continua a pensare di erigere supermercati nel centro cittadino! Il commercio al dettaglio è il settore in cui la digitalizzazione innesca un vero processo di desertificazione. Sono ormai anni che una crudele (ma resistibile) moria di attività, commerciali in particolare, imperversa. In tutti questi anni non si è ascoltato grido o cenno di preoccupazione, se non da parte di qualche associazione e organizzazione sindacale mancanti però di capacità, per quello cui si è assistito, di redigere progetti di cambiamento e di aggiornamento. Addirittura, da parte di taluni, si è suggerito l’incremento delle auto al centro città e lo stare sempre aperti, anche quando il covid terrorizzava. Altri responsabili non hanno visto, non si sono accorti, hanno fatto finta di niente: fingere che la nostra sia una città fiorente per la quale sia sufficiente svolgere la normale amministrazione. Ma la città, intanto, sparisce e della normale amministrazione non sa proprio che farsene. Sono conosciutissimi alcuni graffianti precetti di saggezza popolare, come quello di Orazio: Ut pueris olim dant crustula blandi doctores, elementa velint ut discere prima, trasmesso poi sinteticamente e semplicemente come crustula pueris, volendo significare l’offerta di un contentino (crustula, dolcetto, zuccherino) per raggiungere uno scopo, quello, nel caso delle Satire, di far presto ad apprendere l’alfabeto. Si conosce anche la frase tradizionalmente attribuita a Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena: Se non hanno più pane, che mangino brioche. Oggi si ripetono gli stessi antichi e gloriosi adagi. Così, di fronte al problema enorme e al rischio catastrofe di una città depressa e morente, non si cerca di risolvere, tutti insieme, il gravissimo problema, ma si diffondono, tranquillamente, dolcetti o brioche: alcune strade asfaltate o aggiustate, quattro lucette e due o tre cattedrali nel deserto. E la città è tutta qui! Si fa credere, insomma, che qualche ripulitura e un po’ di regalini ad una piccolissima, ingenua, parte della cittadinanza, riescano a costituire una città. È come cercare di persuadere i sempliciotti di lungo corso che una montagnola di sassi possa già costituire una casa o che un insieme di parole emesse alla rinfusa configuri una argomentazione logica ed intelligente! Dote, quest'ultima, invece, di moltissimi cittadini ternani che non confidano più, da tempo, in chi darebbe fondo, magicamente, a proprie energie e ricchezze per perseguire il loro bene. Cari concittadini, tutti vogliono il vostro bene. Tenetevelo stretto!

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L’ORIENTEERING NON CI FA MAI

PERDERE LA STRADA, NEPPURE NELLA VITA!

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Alessia MELASECCHE alessia.melasecche@libero.it

otrà sorprendere i più, ma l’Orientamento è una disciplina sportiva vera e propria, con tanto di gare e di Federazione (in Italia, la FISO, Federazione Italiana Sport Orientamento, https:// www.fiso.it/). Nata all’inizio del XX secolo nei paesi del Nord Europa, premia chi riesce ad esplorare con sicurezza un territorio sconosciuto, orientandosi nel minor tempo possibile, fino a raggiungere un obiettivo prestabilito dopo aver efficacemente transitato per tutti i punti di controllo previsti. È sicuramente un modo piacevole e salutare per trascorrere del tempo all’aria aperta, soprattutto nei mesi primaverili ed estivi, non solo in un periodo come quello attuale in cui è importante il pieno rispetto del distanziamento sociale. Naturalmente, prima di cimentarvisi ed iniziare a peregrinare in boschi e terreni sconosciuti, armati solo di carta e bussola, dato che i moderni sistemi tecnologici tipo il GPS sono assolutamente vietati, occorre un po’ di preparazione e di esperienza, da acquisire in sicurezza sotto la guida di istruttori qualificati, per evitare di trovarsi in situazioni pericolose. Si può praticare in diversi modi: a piedi, oppure in mountain bike, sugli sci, o anche correndo, a cavallo, in canoa, etc. I corsi teorico-pratici per acquisire le conoscenze di base e trasformarsi in un buon orientista esordiente non richiedono molto tempo. Gli istruttori insegnano a leggere le mappe e ad utilizzare la bussola, entrambi strumenti fondamentali che guidano nell’individuazione dei diversi punti di controllo previsti lungo i tracciati. La mappa fornita ai partecipanti al momento della partenza contiene informazioni dettagliate della zona in cui ci si muove, con indicazioni sui dislivelli e con i riferimenti sul percorso. Quando invece si partecipa a una gara si parte secondo un preciso scaglionamento e la prestazione di ciascun concorrente è cronometrata per arrivare a compilare una classifica di arrivo.

Questa disciplina va facilmente a braccetto con tante altre passioni. Chi è appassionato di corsa campestre o su strada, chi va in mountain bike o ama i trekking in montagna è il miglior candidato a diventare orientista e si trova in partenza con un allenamento fisico ottimale. Chi ama la fotografia troverà nuovi spunti per le sue foto, in luoghi sconosciuti ai più. A volte vengono organizzate anche specifiche gare di fotoorienteering. Oggi l’orienteering è apprezzato in molte nazioni, compresa l’Italia, anche in virtù della sua stretta correlazione con la sostenibilità ambientale. Per dare un’idea della dimensione del fenomeno serve forse ricordare che la gara più famosa è l’O-ring, grande evento svedese a cui partecipano circa 20.000 corridori in rappresentanza di più di 40 nazioni, che gareggiano per 5 giorni nelle varie fasi della competizione, ma ve ne sono molte altre. L’orienteering è una disciplina completa. Oltre a richiedere una certa preparazione fisica impegna la mente e sviluppa lo spirito di osservazione. È adatta a tutti, almeno a livello amatoriale: è proposta spesso ai ragazzi in età scolare perché, oltre all’esperienza del contatto con la natura, è un’attività multidisciplinare che, nel caso specifico, può favorire lo spirito di gruppo e l’attitudine a lavorare in squadra. Come dire, non solo uno sport, ma una vera palestra di vita!

L’orienteering è una disciplina completa. Oltre a richiedere una certa preparazione fisica impegna la mente e sviluppa lo spirito di osservazione.

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In Afghanistan le bambine non cantano più P

Francesco PATRIZI

er capire cosa sia successo in Afghanistan, dove più di 50 studentesse sono morte in un attentato lo scorso 7 maggio, bisogna partire dai negoziati intrapresi dall’amministrazione Trump con i talebani. Il gruppo terrorista che tiene in pugno il paese si è formato quarant’anni fa proprio grazie agli USA che, per ricacciare oltreconfine l’invasore sovietico, formarono sul territorio dei giovani miliziani poi divenuti fondamentalisti islamici e alleati di Al Qaeda. Trump aveva promesso il ritiro dell’esercito dall’Afghanistan e la pace tra il governo nazionale e i talebani, ma per fare ciò occorreva riconoscere la vittoria di quest’ultimi, che già amministrano gran parte del paese; con abile mossa diplomatica, gli americani hanno riconosciuto la transizione dei talebani da organizzazione terroristica a forza politica; da parte loro i talebani hanno aperto un ufficio diplomatico a Doha, in Qatar, dove si sono svolti gli incontri che hanno portato, l’anno scorso, ad un accordo: loro rinunciano alle armi, il governo afgano li riconosce come forza politica, gli americani ritirano l’esercito dal paese. Far cambiare mentalità ai fondamentalisti è però un’altra cosa. L’Afghanistan è un paese a maggioranza islamica con una cultura fortemente repressiva nei confronti della donna, il governo in carica, pur non applicando la sharia come i talebani, ha proibito alle ragazze di età superiore a 12 anni di cantare in pubblico durante le cerimonie in cui siano presenti degli uomini.

I talebani gestiscono quasi tutte scuole coraniche del paese, le madrassah, dove insegnano il Corano in arabo (testo scritto in una lingua che gli afgani non parlano e che è vietato tradurre!). Il ministro per l’Educazione Mohammad Hanif Atmar ha detto che i talebani si servono dell’istruzione come arma per il terrorismo e ha finanziato l’apertura di alcune madrassah dove si studia anche informatica e lingue straniere. La bomba esplosa il 7 maggio ha colpito una di queste scuole. I talebani si sono affrettati a dire che non sono responsabili, ma è difficile credergli. L’obiettivo scelto non è solo un modello di istruzione troppo moderno e aperto alle donne, ma è anche un istituto frequentato dal gruppo etnico degli hazara, uno dei più perseguitati del paese; qualcuno ricorderà che il bambino del Il cacciatore di aquiloni era hazara. Durante questi anni, molti hazara sono usciti dal paese e si sono arruolati nelle truppe sciite che hanno combattuto al fianco del presidente siriano Bashar al-Hassad contro le forze dell’Isis; le truppe del sedicente Stato Islamico sono composte da sunniti e, all’inizio della guerra in Iraq e in Siria, erano sostenute da Al Qaeda e dai talebani. L’attentato potrebbe dunque avere una duplice valenza di vendetta politica e non fa ben sperare riguardo agli accordi di Doha. Al di là delle considerazioni strategiche, il pericolo numero uno per l’Afghanistan resta, sempre e comunque, l’emancipazione della donna.

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Viviamo in un mondo che cambia

Una massiccia dose di CULTURA C

Enrico SQUAZZINI

i vorrebbe in questo momento storico più di ogni altra cosa. Come un potente vaccino capace di contrastare un degrado culturale che, incrementandosi nel tempo, nel terzo millennio si è trasformato in un devastante morbo. È stato capace di degradare, quasi completamente, la capacità di discernimento dei valori indispensabili al mantenimento degli equilibri all’interno di una compagine sociale che ogni giorno si fa sempre più articolata. Il grado di miopìa ormai sembra tale da impedire la messa a fuoco dei gravi problemi che potrebbero trascinare l’intera umanità sul ciglio di un baratro del futuro. Ritengo sia diminuita, sotto la soglia di guardia, la capacità di analisi dei problemi basata sull’ampio respiro, sulla visione allargata alla comprensione dei meccanismi generali. Abbiamo ritenuto più proficuo adottare il metodo della trasformazione immediata del dettaglio in legge universale, così da fornire una risposta immediata ai dubbi. Come una magia, in un contesto quasi miracolistico. In un mondo vario se cerchi una cosa specifica stai sicuro che la trovi! Una dinamica perversa che oltre a non aver nulla a che spartire con la scienza, “oggi tanto di moda”, tende a divenire fucina di risposte errate, inattendibili, senza senso e completamente avulse dalla logica. Le “fake news”, che in lingua sembra una cosa moderna e al passo con i tempi, ma che tradotto in termini “leggeri” significa “le ultime cretinaggini”, sono sparate a raffica da emeriti deficienti e finti sapienti. Sempre più spesso osannati da uno stolto pubblico, altrettanto insipiente, che pretende di essere esperto di tutto pur di partecipare al dibattito e disposto a riconoscere come scienziato colui che la spara più grossa. Un’autentica gara al più stupido ed inetto! Ecco la diretta conseguenza del degrado culturale. Questo sì che lo possiamo decriptare in un bellissimo e colorato grafico statistico! Oggi sono divenuti tutti scienziati, ci avete fatto caso?! Ormai, chiunque si ritiene in grado di leggere ed interpretare, come fossero semplici quotidiani di informazione, i lavori dei ricercatori specialisti pubblicati nelle riviste scientifiche. Del resto, non è un caso se chi non sa leggere tali articoli tende ad interpretare quanto riportato come una verità assoluta e definitiva! Insomma siamo in un caos totale, completamente allo sbaraglio. Per non parlare di chi ancora vede la famosa luce in fondo al tunnel. Secondo me, a questo punto, potrebbe anche essere il treno che ci sta piombando contro a grande velocità. Forse dovremmo smetterla di fare gli idioti e mostrarci più misurati. La scienza è scienza, con le sue regole imprescindibili e, soprattutto, i suoi tempi e non può essere piegata a seconda degli interessi del momento. È un gioco troppo pericoloso. La pretesa che tutto si possa piegare alle nostre condizioni, al servizio dei nostri tempi e, ancor peggio, dei nostri interessi, rispecchia una profonda ignoranza, sintomo del degrado culturale. Tale atteggiamento sfrenato al ribasso prelude al sostanziale fallimento nella gestione delle faccende umane, attuali e future. Promuovere con urgenza la riacquisizione di uno spirito critico ed intelligente, incrementare la capacità di comprendere le cose del mondo cambiando l’atteggiamento predatorio nei confronti di quanto abbiamo intorno, è l’unica speranza di un futuro migliore. Ritenere funzionale il ragionamento opposto volto all’immediato vantaggio politico o di temporanea fama potrà solo accelerare il tracollo. E sono sicuro che non sarà colpa di alcuno scienziato degno di questa prestigiosa definizione.

La scienza è scienza, con le sue regole imprescindibili e, soprattutto, i suoi tempi e non può essere piegata a seconda degli interessi del momento.

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FARE RETE ritorno alla qualità e meno burocrazia

I tre pilastri del commercio del domani

S Massimo COLONNA

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viluppare network (lavoro in rete) con altre aziende del proprio settore, tornare a investire su professionalità specifiche, tutelare le piccole imprese, in particolare per il sistema delle licenze. E sfruttare totalmente le infinite potenzialità dell’e-commerce (commercio con mezzi elettronici). Sono le linee guida che tre imprenditori di Terni, impegnati in settori differenti del tessuto economico locale, si pongono a metà del 2021 per affrontare al meglio le prossime sfide. Uno degli aspetti della vita di tutti i giorni che verrà maggiormente stravolto nel prossimo futuro, non solo a Terni, è proprio quello del commercio. Sia dal punto di vista del produttore, sia dal punto di vista del consumatore. La pandemia, la turbo-digitalizzazione dettata dai tempi, gli effetti delle crisi economiche succedutesi dal 2008: tre elementi che rappresenteranno un mix potenzialmente esplosivo per aziende e consumatori. Sandro Picciolini, titolare della Divania Srl, azienda leader nel settore dell’arredamento in Italia e all’estero; Cristian Spina, responsabile della Sm Inox, che studia, progetta e produce macchinari e serbatoi in acciaio inox; Giorgio Belli, della Sartoria Saia, che firma abiti e camiceria di qualità: tre imprenditori che in questi mesi hanno dovuto riprogrammare il futuro. SANDRO PICCIOLINI - “Una delle chiavi per poter affrontare al meglio le prossime sfide -spiega il titolare dell’azienda fondata nel 1969 dal padre, poi divenuta Divania nel 1995 anche con l’apporto dei fratelli Maurizio e Alberto- è sicuramente il fare rete con le aziende del proprio settore e della propria filiera. Questo è quello che abbiamo sempre fatto come azienda e che crediamo possa rappresentare un valore aggiunto anche nei nuovi scenari che tutti saremo costretti ad affrontare. La nostra azienda si avvale del lavoro di terzisti del territorio locale. Questa impostazione ci permette di tenere un controllo-qualità di livello alto su tutti i componenti. Produciamo tutto internamente e quello che non possiamo produrre lo affidiamo ad aziende umbre.

Poi, lavoriamo con un cluster (raggruppamento) nautico di livello nazionale e operiamo con cantieri in tutto il mondo. Dal locale, quindi, riusciamo ad arrivare al mercato estero, anche grazie alla partecipazione a importanti fiere internazionali, come Montecarlo e Amsterdam. In più, durante il lockdown, abbiamo deciso di investire: quando tutti gli altri erano fermi, abbiamo rischiato. Per questo abbiamo stretto nuove alleanze e collaborazioni, lanciando una nuova collezione di divani e complementi, la linea Horo, con la direzione artistica dello studio Castiglia e associati. L’Italia, e penso anche a Terni, deve tornare a produrre qualità. E per farlo bisogna confrontarsi, non pensare solo al proprio orticello”.

CRISTIAN SPINA - “Terni deve tornare a guardare alle proprie origini” - spiega Cristian Spina che ha fondato, 18 anni fa insieme a suo padre, l’azienda che oggi conta 35 dipendenti. “Terni è nata nel mondo dell’acciaio perché c’erano energia, acqua e soprattutto maestranze. Oggi le imprese sono assetate di tecnici: servono professionalità che sappiano trasformare prodotti. Adesso trovare un saldatore o un tornitore è quasi impossibile. Si sappia che se si avessero 100 saldatori da inserire sul mercato nel territorio ternano, lavorerebbero tutti; se si avessero 50 tornitori, tutti avrebbero occupazione. Sicuramente abbiamo bisogno di tecnici, ingegneri, ma anche di artigiani che possano


produrre un oggetto unico, anche un pezzo di ricambio di un macchinario. Una delle sfide più importanti è colmare il vuoto attuale sulla parte formativa. Occorre riconvertire la formazione dei giovani, lavorare di più sull’orientamento nella fase finale del percorso di studi. Anche perché i ragazzi quando scelgono sono molto giovani. E si consideri che per formare un ragazzo occorrono almeno quattro anni. Questo significa che se non si torna subito a tale impostazione, a fare di più da questo punto di vista, le aziende si ritroveranno in difficoltà e non riusciranno a programmare il futuro con efficacia. Il rischio è quello che le aziende si vedano costrette ad acquistare macchinari all’avanguardia, senza avere però qualcuno che li sappia utilizzare. E la programmazione, per un’azienda che vuole stare sul mercato in maniera competitiva, diventa fondamentale. Questo ce lo ha insegnato, ancora una volta, la pandemia. Durante il lockdown (blocco, isolamento) la nostra azienda ha sofferto molto, anche perché noi lavoriamo con diverse aziende straniere. I calcoli ci indicano che abbiamo perso il 40% del fatturato. Ma abbiamo risposto bene: innanzitutto abbiamo intrapreso subito tutte le misure di sicurezza per i nostri dipendenti, che hanno accolto l’iniziativa nel migliore dei modi. Tutti si sono messi a disposizione e quando abbiamo pensato di tenere a casa gli over 55, nell’ottica della prevenzione, tutti gli altri hanno accettato di dare qualcosa in più per il bene dell’azienda. Dalla crisi abbiamo imparato molto: a rafforzare per esempio il nostro e-commerce per pezzi di ricambio. Oggi non si può fare a meno di essere presenti sul web, è questo un processo irreversibile che riguarda non solo la vendita finale, ma anche la stessa organizzazione interna del lavoro. Penso allo smart working (lavoro agile, da remoto) e alla possibilità di poter organizzare riunioni online (in linea). Altro tema rilanciato con forza dalla pandemia è il green. Sull’ecosostenibilità stiamo portando avanti diversi studi: collaboriamo con aziende che operano nel settore delle energie rinnovabili e possiamo contare su un nostro ingegnere che si occupa esclusivamente di questo settore di sviluppo. In più, le nostre politiche attuali puntano alla eliminazione degli scarti industriali, una cui parte viene anche utilizzata per la sotto lavorazione”.

GIORGIO BELLI - “Serve un tavolo permanente per tutelare le piccole aziende. L’artigianato sta morendo, anche a Terni”. Giorgio Belli lavora da 32 anni nel settore dell’abbigliamento su misura, da venti come privato. Oggi è il titolare del marchio Sartoria Saia. “Anche il nostro settore è stato travolto sia dalla pandemia sia, ancora prima, dalla digitalizzazione del mercato. Oggi ci siamo spostati verso la personalizzazione del prodotto, la customizzazione, e per questo è necessario poter puntare sull’artigianato, sulle maestranze formate. L’Italia deve tornare a intraprendere questa politica: non puntare ai grandi numeri, su cui evidentemente non possiamo competere nei confronti, per esempio, della Cina, bensì puntare sulla qualità, sulle professionalità degli artigiani. Purtroppo, questa tendenza negli ultimi anni è stata invertita, tant’è vero che oggi ci ritroviamo catapultati in uno scenario per cui il grande magazzino si mangia la piccola bottega, magari già stritolata dalle vendite online. Oggi vediamo sempre più grandi magazzini e sempre meno imprese locali. E così l’artigianato sta morendo. Un processo irreversibile? Io dico che servirebbe poter sviluppare meglio le proprie idee, magari anche con un aiuto più efficace agli imprenditori da parte delle istituzioni. Da questo punto di vista, la creazione di un tavolo permanente che lavori in questo senso, a cui dovrebbero prendere parte anche gli imprenditori che realmente vivono questa realtà tutti i giorni, potrebbe essere molto utile. L’ideale in Italia sarebbe poter snellire la burocrazia per poter arrivare a una concretizzazione dei propri progetti in maniera più rapida. Altro grande problema, che accomuna il mio settore a tanti altri, è quello della qualità delle maestranze. All’inizio della mia attività potevamo contare su tre sarti, oggi fatichiamo a trovarne. Il problema è quello della dispersione del know how (sapere come, cioè insieme di saperi e abilità); le conoscenze tecniche non possono più essere insegnate da una generazione a quella successiva, proprio perché i giovani non vengono formati verso questo tipo di professionalità. Per troppi anni, anche nel settore della sartoria su misura, si è inseguito il lusso, salvo poi andare a farsi del male quando ci si è confrontati con sistemi differenti nel resto del mondo. E oggi, se ci pensiamo, i negozi si sono trasformati in camerini per grandi aziende. La piccola impresa invece deve tornare a essere tutelata. Penso anche al sistema delle licenze, dei negozi del centro storico: sarebbe utile riportare le licenze a numero chiuso. Anche perché il mercato territoriale permette la ripartenza delle filiere e dell’indotto. Solo così potremo invertire la tendenza e affrontare con qualche arma in più il prossimo futuro”.

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ORTI IN CITTÀ D

Valeria IACOBELLIS

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urante il mio girovagare tra le pagine Facebook, che riguardano associazioni di volontariato attive nella città di Terni, mi imbatto nel gruppo Orti in città, nato nel 2017 su iniziativa dell’Associazione Millefiori, composto da svariate persone di diverse fasce di età, professioni e culture, che, per passione, si dedicano a coltivare degli appezzamenti di terra, sia per produrre ortaggi per l’autoconsumo, sia per creare occasioni di incontro e scambio di opinioni ed esperienze non solo in ambito agricolo. Mi sono incuriosita e sono andata sul posto a conoscere l’ideatore di questa preziosa iniziativa, il Sig. Osvaldo Facciolo, insegnante di scuola secondaria di Terni, di origini calabresi. Superato il quartiere Cospea, percorrendo Via Narni, all’altezza della zona Polymer, tra palazzi e industrie, si trova inaspettata, proprio al di sotto del colle dell’antico borgo di Collescipoli, una vasta campagna verdissima e quieta, che sembra un’oasi di pace nel bel mezzo del caos cittadino. Alla fine della strada l’indicazione in legno dipinto con la scritta Orti in città ed una fioriera colorata delimitano l’ingresso in questa specie di contea in cui sembra di tornare indietro nel tempo. Osvaldo mi accoglie a braccia aperte invitandomi a fare un giro in quella che ironicamente chiama la sua Repubblica dei millefiori, che somiglia molto agli ecovillaggi che si stanno diffondendo in svariate parti del mondo, per rispondere all’attuale disgregazione del tessuto familiare, culturale e sociale della condizione postmoderna e globalizzata. Mentre camminiamo, Osvaldo mi spiega che prima di questo progetto lui si dedicava prevalentemente all’apicultura, gestendo una fattoria didattica nei pressi di Toano Alto. Ogni anno l’Associazione Millefiori da lui presieduta presentava dei progetti all’interno delle scuole sul tema dell’educazione ambientale, utilizzando come strumento le api. L’iniziativa ebbe un successo enorme, tanto che l’associazione non riusciva a

soddisfare tutte le richieste che pervenivano dalle scuole di Terni. I bambini aderivano con entusiasmo alle iniziative ed ai laboratori didattici sul tema della centralità delle api nell’ecosistema. Nel 2016, a seguito dei terremoti di quel periodo, la struttura dove si svolgeva la fattoria didattica è divenuta inagibile e così l’Associazione Millefiori decise di reinventarsi, ripartendo da un terreno incolto di proprietà del suocero di Osvaldo, esteso quasi un ettaro e mezzo ai piedi di Collescipoli. Ed in quel preciso momento è nato e si è realizzato il progetto degli orti cittadini, quasi contemporaneamente a quello promosso dal Comune di Terni, nato anche questo con lo scopo di assegnare ai cittadini aree da destinarsi alla coltivazione di prodotti agricoli, per favorire l’aggregazione, con lo scopo di tutelare l’ambiente e migliorare la qualità urbanistica dei luoghi interessati. Non sappiamo l’esito dell’iniziativa comunale, di sicuro quella partita dietro l’impulso di questa associazione sta avendo un ottimo riscontro, dimostrato dalla continua richiesta di appezzamenti di terreno da coltivare e di nuovi associati che intendono iscriversi e partecipare attivamente al progetto. Il terreno prima di essere lavorato, suddiviso in porzioni e assegnato a cittadini e famiglie che ne facevano richiesta, è stato per prima cosa fatto analizzare per valutare eventuali percentuali di inquinanti, data la vicinanza con il polo chimico della città di Terni. Miracolosamente il terreno è risultato adatto alla coltivazione, visto che, restato incolto per svariati anni, le erbe e piante selvatiche cresciute spontaneamente hanno impedito il deposito degli inquinanti sul suolo, che è stato quindi opportunamente lavorato e concimato esclusivamente con prodotti naturali. L’associazione infatti ha messo al bando ogni utilizzo di fertilizzanti o concimi chimici per la coltivazione della terra assegnata, che viene concimata esclusivamente con lo stabbio autoprodotto dal gruppo.


Attualmente il terreno è suddiviso in due parti da un canale per l’irrigazione di competenza del Consorzio Tevere Nera, che consente l’utilizzo gratuito di acqua ad uso agricolo per la coltivazione degli orti, attraverso una piccola pompa alimentata a benzina che convoglia l’acqua in singole cisterne da 1000 lt., una per ciascuno dei 32 orti. Attraversando un delizioso ponticello posto sopra il canale di irrigazione si raggiunge l’altra parte del terreno in cui si trova una serra per la coltivazione delle piantine dai semi, un giovane frutteto e svariati recinti per gli animali: oche, anatre, pavoni, polli, galline, faraone e germani. Infine le arnie delle api. Ovunque erba verdissima e curata. Si nota anche l’allestimento di un piccolo campo da calcio con le due porte, panchine tavoli e sedie per mangiare, il tutto realizzato con materiale recuperato, tipo bancali o assi di legno di scarto, ma opportunamente riverniciati e decorati con sapienza e amore, al pari dei recinti degli orti, abbelliti da aiuole di fiori colorati. Un piccolo pannello fotovoltaico assicura l’illuminazione notturna dell’area ristoro, allestita anche con un barbecue per cene e feste della comunità soprattutto nel periodo estivo. Lo smaltimento degli sfalci d’erba e residui della lavorazione agricola è garantito da ASM che ha concesso gratuitamente due bidoni per l’organico regolarmente smaltiti. Nel 2018 Orti in Città in collaborazione con la Regione dell’Umbria ha anche organizzato il primo corso pratico di orticoltura riservato agli over 65. I vincitori del bando hanno avuto diritto all’assegnazione gratuita del terreno con la possibilità di gestone dell’orto assistiti da esperti, il tutto presso il sito degli orti urbani dell’Associazione Millefiori. L’associazione opera anche in sinergia con i servizi sociali offrendo la possibilità di lavorare la terra anche a persone affette da disturbi psichici o a ex detenuti, proprio con finalità di recupero, reinserimento, assistenza e cura. Il fulcro delle attività dell’associazione restano comunque i bambini ed il progetto educativo purtroppo interrotto a seguito dello scoppio della pandemia. Tanti i laboratori didattici allestiti grazie al finanziamento di sponsor privati che hanno creduto nel progetto (Ipermercato Conad di Terni, Cosp Tecno Service, Studio di Radiologia Braconi e CMT Cooperativa Mobilità Trasporti) con il coinvolgimento di tutte le scuole elementari della città e anche di qualche scuola per l’infanzia. Da menzionare in particolare il progetto di 3 anni fa Aggiungi un orto a tavola, rivolto ai bambini delle scuole primarie di Terni e patrocinato dal Comune. Grazie al progetto, 200 bambini hanno lavorato prima a scuola,

con la semina, e poi agli Orti in Città modellando i loro orti con grandi risultati, con l’obiettivo di avvicinare le nuove generazioni alla terra. Tuttora Osvaldo preserva due lotti di terreno liberi di 400 mq complessivi per i progetti didattici delle scuole purtroppo sospesi causa covid, sperando di poter riprendere presto questa preziosa attività per il bene della nostra collettività e per la diffusione della cultura ambientale tra i più giovani. Orti in città è soprattutto un esempio virtuoso di comunità, di organizzazione civile creativa, autonoma e solidale, che, condividendo mezzi, saperi e frutti della terra, ricostruisce insieme il senso autentico della vita di relazione, l’amore per l’ambiente in contatto stretto con la natura ed i suoi cicli, in aperta contrapposizione con l’isolamento e la disarticolazione della società moderna.

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Fattori che aumentano il rischio di cancro al seno Nelle donne ci sono vari fattori di rischio. Oltre all’età, figurano sulla lista i seguenti: z se in famiglia c’è un caso di cancro al seno (madre, sorella o figlia);

z nel 5-10% delle donne il cancro al seno è dovuto a predisposizione genetica; z la radioterapia nella zona toracica, ad esempio per il trattamento di un linfoma;

z nessuna gravidanza o gravidanza tardiva, nessun allattamento; z inizio mestruale precoce, menopausa tardiva; z trattamento ormonale pluriennale per i disturbi della menopausa, in particolare per i preparati combinati di estrogeni e gestageni; z pillola anticoncezionale; z sovrappeso, soprattutto dopo la menopausa; z mancanza di movimento; z elevato consumo di alcol e fumo; z è emerso che il cancro al seno ha un’incidenza maggiore nei Paesi con un’alimentazione ricca di grassi. La prevenzione si fonda pertanto sui controlli clinici e strumentali periodici e sui corretti stili di vita.

Direttore Sanitario

Dott.ssa Lorella

Fioriti

Specialista in Radiodiagnostica, Ecografia, Mammografia e Tomosintesi Mammaria

ADOLESCENZA e scoperta della FEMMINILITÀ L’adolescenza è un periodo cruciale della vita soprattutto quando ci si trova di fronte alla scoperta della sessualità. Essa è caratterizzata da complessi cambiamenti fisici e psichici, influenzati da fattori interni ed esterni all’individuo che ne determinano lo sviluppo, con importanti ripercussioni sul benessere, sull’autostima e sul comportamento. Proprio in quanto periodo di transizione dall’infanzia all’età adulta, durante l’adolescenza possono essere attuate azioni e programmi in grado di influenzare positivamente processi decisionali che portino ad evitare rischi per la salute e ad assumere comportamenti e stili di vita protettivi a breve e a lungo termine con effetti benefici sulla propria salute presente e futura. È purtroppo ancora molto comune l’esposizione a fattori di rischio (attività sessuale non protetta). Gli esiti sono le gravidanze indesiderate e un aumento delle malattie sessualmente trasmissibili (MST). Per quanto riguarda le gravidanze, benché le nascite da ragazze minorenni si mantengano abbastanza circoscritte rispetto al numero totale delle nascite, il fenomeno è in aumento in molte regioni italiane e tra le teenager italiane rispetto a quelle straniere. Anche le malattie sessualmente trasmissibili sono in continua crescita. I dati disponibili sugli stili di vita delle ragazze adolescenti evidenziano come particolarmente rilevante, su abitudini e comportamenti, l’influenza derivante dall’utilizzo di internet. A volte l’adolescente si trova nella totale confusione, ha molti dubbi riguardo al sesso e non se la sente di parlare con i propri cari, a volte nemmeno con gli amici. In questi casi potrebbe affidarsi troppo ai social network che a volte riportano informazioni distorte. Bisogna ricordarsi che ci sono sempre degli esperti, medici e psicologi, che possono offrire loro consulenza. Avranno l’ascolto e l’aiuto necessario, con discrezione e rispetto della loro privacy.

DR.SSA GIUSI PORCARO Specialista in Ginecologia ed Ostetricia

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LA PROTESI D’ANCA L’artroprotesi totale di anca è un’articolazione artificiale realizzata con speciali leghe metalliche, materiale plastico (polietilene) e/o ceramica che sostituisce i due capi articolari malati. La protesi totale di anca è composta da una componente femorale lo stelo su cui è inserita una testina che riproduce la testa femorale, realizzata in metallo o ceramica, la quale si articola con la coppa che si fissa all’acetabolo, realizzata completamente in metallo o più frequentemente in metallo alla periferia ed all’ interno in polietilene per articolarsi alla testina protesica (Fig. 1). La fissazione delle due componenti protesiche all’osso adeguatamente preparata avviene con il cemento (tecnica più antica) o a press fit (a pressione) se l’osso è di buona qualità. Indicazione all’impianto di una protesi di anca: al primo posto vi è l’artrosi primaria e l’artrosi secondaria (conseguenza di displasia, conflitto femoro-acetabolare, frattura ...), le artriti (artrite reumatoide, psoriasica, spondilite anchilosante), la necrosi della testa femorale, le fratture del collo del femore (protesi solo femorale o totale). Tipi di protesi: la protesi cefalica sostituisce solo il femore e trova indicazione nelle fratture del collo femorale quando l’acetabolo è ben conservato.

Le protesi totali. Le protesi a risparmio di osso trovano indicazione in soggetti giovani e con osso di buona qualità. - la protesi di rivestimento sostituisce solo il rivestimento articolare lasciando soprattutto al femore gran parte del collo e parte della testa (Fig. 2), - la miniprotesi femorale necessita per l’impianto di asportare la testa e una limitata parte di osso femorale rispetto alla protesi tradizionale (Fig. 3); -la protesi tradizionale (Fig. 4) può avere soprattutto nella componente femorale varie forme per permettere l’adattamento alle differenti morfologie di femore. Su questo tipo di protesi l’esperienza è vasta e i risultati sono buoni nel tempo in un alta percentuale di casi. Rischi. L’impianto di una protesi di anca è un intervento di chirurgia ortopedica maggiore e comporta dei rischi quali: l’ infezione, la trombosi venosa, la lussazione ed altre complicanze post-operatorie (l’incidenza è maggiore in chi è portatore di malattie importanti quali diabete, cardiopatia, insufficienza venosa). La riabilitazione post-operatoria è abbastanza semplice, già dal primo giorno post-operatorio inizia la mobilizzazione dell’arto operato e molto spesso anche il recupero della stazione eretta. Dal secondo giorno inizia la deambulazione con due appoggi.

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Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

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AZIENDA OSPEDALIERA S

LABORATORIO DI UN'ECCELLENZA DELL'O

Dott.ssa Eugenia Cardinali Responsabile del Laboratorio di Scienze Forensi Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni

Il Laboratorio di Scienze Forensi dell’Azienda Ospedaliera di Terni è l’unico centro regionale a elevata specializzazione nelle attività forensi e membro del Gefi (Genetisti Forensi Italiani) e dell’ISFG (International Society for Forensic Genetics). Attività di consulenza per identificazione personale, identificazione di tracce biologiche, riconoscimento o disconoscimento di paternità, studio di rapporti parentali complessi in favore di soggetti privati e per conto della magistratura, sia in ambito penale che civile: queste le attività svolte dal laboratorio. Le novità Il Laboratorio di Scienze Forensi dell’Azienda Ospedaliera di Terni, afferente all’Istituto di Medicina Legale, ha ottenuto per la Sezione di Genetica Forense nell’aprile 2020 l’Accreditamento secondo la norma europea UNI CEI EN ISO/IEC 17025:2018 “Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e taratura” con numero 1830 L. La norma definisce a livello europeo quali siano i criteri che i laboratori devono rispettare per dimostrare competenza tecnica e

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rispetto di un sistema di gestione della qualità, in modo da ottenere risultati di prova professionalmente qualificati e quindi idonei a uno scambio dei dati con i laboratori europei che aderiscano ai medesimi requisiti. Recentemente l’Azienda Ospedaliera, nell’articolazione interna, ha attribuito al Laboratorio l’unità operativa semplice (UOS Laboratorio Forense) individuando quale responsabile del laboratorio la dottoressa Eugenia Carnevali. La storia L’attività del Laboratorio di Scienze Forensi inizia nel 1989 per volontà del prof. Giusto Giusti, titolare della Cattedra di Medicina Legale dell’Università di Perugia presso l’Ospedale di Terni. Da allora il laboratorio, oltre a svolgere attività istituzionali, ha svolto una costante attività di ricerca, sia in campo nazionale che internazionale, inserendosi all’interno della rete dei Centri di Genetica Forense afferenti al GeFI e all’ISFG. Ha inoltre ospitato nel corso degli anni numerosi studenti e tirocinanti ai quali ha garantito una formazione culturale e professionale specifica. L’afferenza del Laboratorio alla sede di Terni dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università degli Studi di Perugia ha costituito un elemento di indubbia qualifica per il laboratorio e, al contempo, la posizione raggiunta dal laboratorio nel panorama nazionale, inserendosi tra i sette centri di eccellenza in ambito di Genetica Forense, ha rappresentato e rappresenta tuttora un elemento di prestigio. Dal 2012 il Laboratorio partecipa annualmente a due controlli di qualità inter-laboratorio (proficiency test) organizzati da società scientifiche internazionali afferenti all’EDNAP (European DNA Profilig Group) che soddisfano i requisiti della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17043. Attualmente il Laboratorio è capofila nell’organizzazione di un Progetto

Collaborativo Nazionale mirato alla messa a punto di una metodica per l’analisi dei livelli di metilazione del DNA finalizzata alla predizione dell’età biologica da traccia nell’ambito di uno dei campi emergenti della Genetica Forense che riguarda il “DNA phenotyping”. La ricerca Nello stesso ambito di ricerca il Laboratorio è stato recentemente selezionato nel panorama italiano per la partecipazione al Workshop europeo “VISAGE Train-theTrainers”, finalizzato alla formazione di soggetti competenti che poi dovranno a loro volta organizzare dei Training Workshop nei paesi di origine. Gli argomenti trattati nell’ambito del DNA phenotyping riguarderanno lo studio genetico per la predizione da traccia biologica di tratti fisici, di origine geografica e di età anagrafica. L’interesse forense nello studio di tali nuove metodiche


SANTA MARIA DI TERNI

SCIENZE FORENSI OSPEDALE SANTA MARIA analitiche risiede nella capacità predittiva del DNA phenotyping che rappresenta un ottimo strumento nel coadiuvare l’attività investigativa. Pertanto nei casi in cui l’autorità giudiziaria non sia in possesso di alcun elemento identificativo, tali indagini contribuiranno a ridurre il numero di potenziali sospettati in ambito penalistico così come risulteranno utili nei casi di ritrovamento di resti cadaverici o tracce di persone scomparse. Le attività Dal mese di luglio 2021 il Laboratorio, in collaborazione con il Centro Studi di Balistica Forense e Sperimentale di Terni, diretto dal Dott. Emilio Galeazzi, condurrà uno studio sulla caratterizzazione e valutazione delle tracce biologiche eventualmente depositate nel corso delle attività di manipolazione di un’arma da fuoco, quali caricamento, pulizia e sparo tenendo in considerazione trasferimenti

secondari e persistenza del materiale biologico nel tempo. Tale ambito di ricerca è fortemente caldeggiato dalla ricerca scientifica internazionale, come evidenziano i finanziamenti stanziati nell’ambito del programma Horizon 2021-2022. Il Laboratorio di Scienze Forensi partecipa, inoltre, a due progetti aziendali. Il primo si inserisce nel percorso assistenziale “codice rosa” per le donne vittime di violenza e consiste nella realizzazione di un protocollo per la gestione dei processi di raccolta dei campioni biologici e attivazione della relativa catena di custodia. Il secondo riguarda l’attivazione delle procedure di costituzione e mantenimento di una catena di custodia oltre alla messa a punto del test cromatografico di conferma per la determinazione del tasso alcolemico secondo quanto disposto dalla Legge n.41 del 23.03.2016.

Infine il Laboratorio sta organizzando, in stretta collaborazione con la direzione dell’Azienda Ospedaliera, un evento informativo in modalità telematica rivolto a medici legali, biologi forensi, giudici e magistrati che si inserisce nell’iniziativa del “GeFI Itinerante”. Lo scopo è quello di dare visibilità al Gruppo dei Genetisti Forensi Italiani ed in particolare alle Raccomandazioni GeFI in materia di indagini di identificazione personale ed accertamenti parentali, di cui la Dott.ssa Carnevali ha contribuito alla stesura. Si tratta del secondo evento dopo quello organizzato presso l’Università Politecnica delle Marche dal Presidente del GeFI, in programma il 25 giugno 2021. Sul sito dell’Azienda Ospedaliera è descritta in dettaglio l’offerta dei servizi dalle Sezioni di Genetica e Tossicologia Forense nonché le modalità di prenotazione, le informazioni e i contatti utili.

ÉQUIPE Dott.ssa Eugenia Carnevali Responsabile del Laboratorio di Scienze Forensi A. Ospedaliera "S. Maria" di Terni Sezione di Medicina Legale, Scienze Forensi e Medicina dello Sport Dipartimento di Scienze Chirurgiche e Biomediche - Università degli Studi di Perugia Tecnico di Laboratorio Dr. De Angelis Roberto Specializzande Dott.ssa Simona Severini Dott.ssa Federica Tommolini Volontaria Dott.ssa Martina Onofri

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Segreteria

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MAXILLO-FACCIALE

PROGRAMMA Moderatori: Proff.ri Antonio Tullio e Paolo Gennaro, Dott. Fabrizio Spallaccia

8:00 Registrazione dei partecipanti 8:30 Apertura dei lavori e Saluto delle autorità 9:00 Il Virtual Surgical Planning in Chirurgia Ortognatica Dott.ri Fabrizio Spallaccia, Valentino Vellone - Terni

10:00 La terapia chirurgica della Sindrome delle Apnee Notturne Gravi Dott. Bruno Brevi – Pisa

10:30 Coffee break Moderatori: Dott.ri Mauro Massarelli, Paolo Balercia, Bruno Brevi

11:00 La ricostruzione mediante lembi rivascolarizzati in chirurgia oncologica Prof. Antonio Tullio – Perugia

11:30 Riabilitazione occlusale nei pazienti oncologici Dott.ri Paolo Balercia, Andrea Balercia – Ancona

12:30 Le Malformazioni Vascolari del distretto Maxillo-Facciale Prof. Paolo Gennaro – Siena

13:00 Tavola Rotonda 13:30 Question Time e conclusione dei lavori 13:50 Compilazione Questionario CON IL CONTRIBUTO NON CONDIZIONANTE DI:

Evento n. 9707-84 n. 6 crediti ECM per n. 100 partecipanti

Resp. Scientifico: Dr. Fabrizio Spallaccia Direttore della S.C. di Chirurgia Maxillo-facciale dell’A.O. “Santa Maria” di Terni

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LO CAFFÈ METOROLÒGGICU L’andru ggiornu, co’ ‘n amicu ch’è ttantu bbràu quantu ‘ndelicatu, semo ‘nnati a ppijacce ‘n caffè llà lu bbarre… ‘émo ‘ccupatu ‘n taùlinu llà dde fòri e ppo’ issu è ‘nnatu a ordina’. Da ‘n do’ stéo lu sintìo a jiacchiera’ co’ lu bbarrista… cerca, pe’ ccurtesìa, de faccelu come se dée!... Lo sai che a ffa’ lo caffè è ‘n’arte? Lu mejo l’ho ‘ssaggiatu a Nnapuli... vène ccucì bbonu perché scìnicono li chicchi fini fini pe’ ffaje tira’ fòri tutte le sostanze e ppo’… lo sai che lu tembu ggiustu pe’ ppreparàllu dée èsse de 25 secondi?... Se è dde meno... quanno lu màcini troppu grossu esce ‘nnacquatu… e sse è dde più vène troppu forte e a vvorde sa de bbruciatu. Ppo’ ‘n’andra cosa… tòcca cerca de capi’ se ttira lu ventu da norde o dda sudde… come lu Sciroccu de ‘sta madina… perché

co’ ‘st’umidità che cce sta… li chicchi se gonviano e è mmejo macinàlli più ggrossi… a ‘llu puntu lu bbarrista che ss’era ‘n bo’ ‘ncitusìtu j’ha dittu… sinti ‘n bo’… amicu mia… a pparte che mme stai a ffa’ pèrde ‘n saccu de tembu e li 25 secondi so’ ppassati ggià da ‘n bèllu pezzu… pe’ bbòna crianza vàtte a mmette a ssede’ che mmo’ te lu porto come lu sò fa’ io… sinnò vàttelu a ppija’ ggiù a Nnapuli!… Doppo ‘n bo’ èccotelu… ciàvéa ‘n’ariaccia che quaci quaci ce rovesciàa ‘ddossu tuttu lo caffè. L’emo ‘ssaggiatu e… l’éa fattu propiu bbonu!… ccucì ho dittu a ‘ll’amicu mia… j’hai parlatu de Napuli e “chìllo bbarista s’appicciàtu comm’ ‘a ‘nu micciàriello”… però t’ha datu retta!... ccucì sciroccatu… de sicuru ce l’ha macinàtu seconno lu “ventu”che ttira.

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• PENSARE PER TERNI •

CASCATA

E SVILUPPO TURISTICO NEL FUTURO DI TERNI Il punto di partenza Sul contesto ternano continua ad aleggiare una patina di “grigiore”, un’immagine triste ed immeritata da tramontato distretto industriale difficilmente rivitalizzabile. Mentre il nuovo spot televisivo regionale presenta magnifiche immagini della Cascata, noi facciamo ancora fatica ad aprirci a nuovi orizzonti di sviluppo. Il turismo è voce fondamentale per l’economia dell’intera regione tranne che per noi. Perché sottovalutare le nostre potenzialità, considerata anche la favorevole posizione geografica? Leolandia docet. La Cascata resta ancora uno spettacolo a ore che irrompe, inaspettato e formidabile, in mezzo ai resti di un’epopea industriale esaltante, che però ha selvaggiamente violentato la grande qualità ambientale del nostro contesto più prezioso ed attrattivo, rendendolo il più degradato: un’enorme cava, ex stabilimenti cadenti, siti inquinati da bonificare, dedali di elettrodotti, un’estesa discarica, tristi borgate, un traffico automobilistico invasivo. L’intervento di riqualificazione realizzato anni addietro non è certo bastato. È un sito visitatissimo, ma si tratta di un turismo ‘di passaggio’, un turismo che ruba una veloce immagine, consuma pochissimi servizi, non muove l’economia locale e lo congestiona nei fine settimana in cui si concentrano le centellinate aperture consentite dall’esasperato sfruttamento idroelettrico. La Cascata costituisce il sito più distintivo ed attrattivo della identità verde del nostro territorio, quel volto nuovo con cui possiamo ripresentarci al mondo; rappresenta una base strategica sulla quale costruire un importante disegno di sviluppo nel settore turistico. Appare però difficile ipotizzare un rilancio ed uno sviluppo di sufficiente portata se non si affrontano quattro imprescindibili temi tra loro strettamente collegati: 1) non si restituisce al sito la qualità paesaggistica e naturalistica che ne avevano fatto tappa obbligata e sosta protratta del Grand Tour azzerando il degrado che lo circonda, in particolare nel tratto a valle; 2) non si ampliano a sufficienza gli orari di apertura; 3) non si comprende la necessità di concepire un’idea di sviluppo più ampia in termini di metodo, territori coinvolti e contenuti da valorizzare; 4) non si avvia una concreta progettualità istituzionale nell’ambito dell’Umbria meridionale e la si materializza in un autentico piano strategico, un organico masterplan di macrosettore, ricorrendo a competenze estremamente qualificate. Letture consigliate: A. Brilli, Il viaggio in Italia, storia di una grande tradizione culturale, Il Mulino L. Bagnoli, Manuale di geografia del turismo. Dal Grand Tour al Piano Strategico, UTET

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Roberto RUSCICA

Il recupero paesaggistico, ambientale e naturalistico Il sito della Cascata, prima dell’avvento dell’industria, costituiva un bene paesaggistico, naturalistico ed ambientale; la rivoluzione industriale l’ha irrispettosamente degradato, ma buona parte della nostra comunità, ancora ferma a luoghi comuni culturali ed immagini divenute abituali, fa, purtroppo, grande fatica a rendersene conto. Il genius loci cui propriamente appartiene il sito, cioè quello della Valnerina, si caratterizza per le sue notevoli valenze paesaggistiche, naturalistiche ed ambientali, fuse in un mirabile equilibrio con le presenze e le emergenze antropiche storiche; gli interventi vanno dunque rigorosamente allineati a questo spirito in modo rispettoso e sostenibile. Va anzitutto ripristinato, per quanto ancora possibile, l’originario ambiente paesaggistico e naturalistico, realizzando il restauro ambientale dell’enorme cava dismessa, delle discariche e dei luoghi compromessi e recuperando le qualità naturalistiche secondo criteri quanto più possibile filologici; vanno urgentemente bonificati gli ex siti industriali, a cominciare da quello di Papigno inserito nel SIN (finanziato), rivitalizzando le presenze più pregnanti. Va assolutamente migliorato il decoro delle aree urbanizzate, a valle ed a monte, riorientandolo in senso green, trasferendo le presenze inopportune e demolendo quelle invasive e degradanti come l’ex Snia Viscosa. Quanto alla viabilità, il cuore del sito in valle va by-passato in galleria, vanno realizzati parcheggi a basso impatto ambientale e sviluppata una mobilità interna alternativa. Va altresì incentivato l’utilizzo dell’approdo ferroviario di Marmore con soluzioni analoghe a quelle brillantemente attuate di recente sulla tratta Perugia-Trasimeno-Chiusi (nuovi treni-bike). Il collegamento tra monte e valle è indispensabile, va però individuata una soluzione ad impatto paesaggistico zero (cioè invisibile) perché non si può infliggere l’ennesima ferita ad un contesto che deve recuperare le già troppe che patisce. Perfetta, invece, l’idea di riattivare un suggestivo collegamento fluviale tra Marmore e Lago di Piediluco. L’ampliamento degli orari di apertura della Cascata La vecchia mitologia locale che esaltava la potenza energetica dalle centrali del nostro territorio in campo nazionale è anacronistica. La disponibilità energetica nazionale supera oggi largamente il fabbisogno, tanto che ENEL ha da anni avviato la dismissione di numerosissime centrali. Pur trattandosi di energia rinnovabile, la totale artificializzazione del sistema fluviale NeraVelino e l’intensivo livello di sfruttamento idroelettrico risultano ormai insostenibili per la nostra comunità, sia per il sottoutilizzo di un bene prezioso per lo sviluppo di un territorio in crisi che per i danni arrecati all’ecosistema naturale. Il tema va costruttivamente affrontato insieme alla Regione, onde individuare soluzioni atte ad assicurare un incremento delle aperture della Cascata e ad alleviare il carico sul lago di Piediluco.


• PENSARE PER TERNI • Il settore turistico oggi I termini turismo e sviluppo turistico rappresentano espressioni divenute terribilmente generiche, prive di significato in un mondo in cui: a) le tipologie di esigenze turistiche dell’utenza sono diventate innumerevoli ed assai diversificate; b) le potenzialità dei territori vanno parallelamente sviluppate in sistemi d’offerta opportunamente diversificati e specializzati; c) le scelte vanno logicamente orientate nei settori in cui ciascun territorio possiede potenzialità distintive e peculiari; d) la politica deve svolgere un ruolo propulsivo quanto ad infrastrutture, programmazione, accesso a linee finanziarie agevolate; e) è indispensabile una politica di comunicazione e marketing, sia territoriale che personalizzata per ciascuna tipologia. L’impulso al macrosettore deriverà, essenzialmente, da quanto si riuscirà a trasformare la Cascata da polo di visita turistica massiva e veloce ad iconico elemento attrattore di un sistema d’offerta turistica integrato, atto a motivare una significativa permanenza in loco con iniziative innovative, impostate su più “settori e percorsi tematici” complementari, nell’amplissimo ventaglio in cui può essere utilizzata la nuova identità verde del nostro territorio. Qualche appunto per uno sviluppo Ci permettiamo di segnalare qualche opportunità. Appare anzitutto opportuno che i Comuni della Valnerina Ternana vadano per primi coinvolti in un percorso di sviluppo che idealmente guarda all’intera valle. Il settore naturalistico di nicchia, partendo dall’orto botanico e dal museo micologico ed ornitologico, può ricomprendere le Gole del Nera, le oasi di San Liberato ed Alviano, la foresta fossile di Dunarobba, il Rio Grande di Amelia ed un circuito sulle tante biodiversità locali. Realizzando nel sito un Museo del Grand Tour (non ne esistono), estensione del Museo virtuale dei Plenaristi, si può sviluppare un turismo della memoria storica atto ad avvicinare un’utenza culturale reindirizzabile ai siti, archeologici e non, frequentati da quel turismo storico (Ponte d’Augusto, Ocriculum, Carsulae,

ponte del Toro) ed alle raccolte museali locali. Restando in quest’ambito, una volta attuata la bonifica e la rinaturalizzazione del sito, nel compendio di Papigno può essere sviluppato un innovativo Museo di Storia dello Sviluppo Industriale su due linee: a) ricostruire l’interessante storia della rivoluzione industriale di Terni, rivisitata nelle vecchie e nuove chiavi di lettura; b) illustrare i più innovativi processi tecnico-scientifici realizzati dall’industria locale, esponendo contestualmente documenti e reperti di archeologia industriale; due tipologie di museo innovative, proponibili soprattutto per un turismo scolastico oggi inesistente. Alla Cascata ed a Piediluco si potrebbero installare altre opere scultoree contemporanee, arricchendo la buona dotazione ‘open air’ della città; collegandosi alle raccolte d’arte contemporanea di Terni e Spoleto e ad iniziative espositive specifiche, si potrebbe attrarre un qualificato turismo di nicchia. La Cascata è stata positivamente sperimentata in occasione di eventi musicali di vario genere. Perché non svolgervi la prossima Festa di Capodanno della RAI invece che nella triste Acciaieria? Il Conservatorio Briccialdi potrebbe inoltre dar vita ad una variegata stagione concertistica nelle locations più attraenti della valle. Il turismo sportivo rappresenta una realtà già evoluta, purtroppo non tutta supportata da adeguata infrastrutturazione, cui si aggiunge l’afflusso turistico per gli sport estremi presente sull’intera valle fino al Parco. Numerosi luoghi possono altresì rappresentare suggestive locations per eventi sportivi outdoor di ogni genere, con utili ricadute d’immagine. La Valle è attraversata da numerosi cammini religiosi, ai quali può riconnettersi quello di San Valentino, che partendo dalla Basilica raggiunge la Valnerina facendo tappa alla Cascata, a Castel di Lago e si conclude nel borgo di San Valentino a Ceselli di Scheggino. Che dire, infine, della gastronomia locale, ricca di infinite materie prime pregiate e di prodotti tipici di grande qualità? Merita adeguata promozione ed una ampia e accattivante showroom nel sito.

Foto Marco Ilari

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UNIVAL: UNIVERSITÀ DELLA VALNERINA L

Carlo SANTULLI

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o spopolamento dell’Appennino, come si sa, è dovuto all’assenza di comunicazioni ed alla contrazione dei servizi, cui purtroppo si aggiunge un’assenza di visione. L’ambientalismo di facciata ha portato ad un aggravamento di questa situazione. Nel caso specifico della Valnerina, la contrazione delle attività agricole e specialmente dell’allevamento, il turismo visto come puramente d’élite e con un rapporto insufficiente col territorio, l’accorpamento delle scuole sotto un unico dirigente per molti plessi con motivi economicistici, sono alcuni fenomeni collegati, il cui effetto non ha tardato a farsi notare. Il risultato è stato quello del depauperamento di un’area che ha tanto da offrire dal punto storico ed etnografico e che rappresenta una cerniera ideale tra la pianura umbro-laziale e le valli marchigiane che parallele tendono al mare Adriatico. Scelte sbagliate nel passato ne sono state fatte tante: da parte mia trovo deprecabile la soppressione del tram TerniFerentillo e della ferrovia Spoleto-Norcia, che anzi in prospettiva avrebbero potuto saldarsi tra loro. Né mi consola, tranne che per la conservazione del sedime ferroviario, il fatto di aver fatto un percorso ciclabile su una parte di quest’ultima e la conservazione di qualche stazione o casello. Sono sempre iniziative di nicchia che nascono sotto il segno di un fondamentale pessimismo, del fatto che la situazione sia ormai irreversibile e che bisogna metterci una pezza, che insomma non si possa fare di più. Dal canto nostro invece, vogliamo essere ottimisti, e

pensare che la Valnerina, invece che destinata a spegnersi, possa rifiorire, e che questo avvenga non chiedendo risorse esterne, ma con le sue proprie forze ed eccellenze. Quello che domandiamo, è un concetto, nuovo per quest’area, che però sta avendo successo nel mondo, anche per lo sviluppo della Rete e delle tecnologie informatizzate. In buona sostanza, proponiamo un’università che sia orientata, concreta, aperta e diffusa. Cosa significano queste quattro parole d’ordine che ci siamo dati? Orientata ci permette di uscire dalla difficoltà che ha effettivamente evitato lo sviluppo delle università, il periodo delle sedi distaccate. La sede distaccata, ed in questo, pur con l’eccellenza dei suoi risultati scientifici, il Polo Ternano, non è in questo diverso, è vista come un’elargizione della sede principale, con l’idea sì di utilizzare le eccellenze locali per lo sviluppo, ma in modo tale che i risultati siano spendibili a favore della casa madre. Ovviamente, occorre essere concreti, nel senso che l’università non va aziendalizzata, anche se può essere di supporto alle aziende locali, e naturalmente anche proporre nuovi sviluppi col concetto degli spin-off e delle start-up. L’università non è un’azienda, ma un incubatore di idee, anche imprenditoriali, nel senso più lato: per esempio, l’accoglienza turistica è un’industria che va organizzata con criteri di sostenibilità e di attenzione a ciò che accade nel contesto mondiale, direi anche di scientificità storica, culturale e territoriale. Nel far questo, saremo aperti a collaborazioni con altri enti


• PENSARE PER TERNI • universitari e di ricerca. Quello che l’esperienza del Covid ha insegnato, lo si sapeva già in realtà, ma si preferisce non notarlo, è che lo sviluppo di qualunque prodotto di ricerca, come può essere un vaccino, ma anche per esempio il nuovo trattamento di una fibra naturale per farne tessuti, costa meno se viene fatto in collaborazione con uno o più enti di ricerca. Il radicamento dell’Unival su territorio si crea, perché essa nasce dal basso, dalle interazioni e dal supporto coi vari comuni; abbiamo ancora la fortuna di averne di autonomi in Valnerina, nonostante le continue pressioni per l’accentramento che ci depauperebbero ancora di più, che sono realmente interessati ed attivi nella rinascita del territorio. E naturalmente l’università si disperde su di esso, non per nascondersi, ma per seminare idee di crescita e di rinascita. Alcuni suggerimenti di tematiche da affrontare sono la conservazione, il restauro e la rinaturalizzazione dell’ambiente montano e delle aree interne, come dei beni culturali, demoantropologici e ambientali in esse, e naturalmente tendendo alla promozione dello sviluppo. In questo si passa dalla storia all’architettura alla gestione aziendale fino alla sostenibilità ed ai nuovi materiali. Tutto questo si inquadrerebbe nell’ambito di ciò che sta realmente avvenendo, cioè la ripresa di filiere della tradizione, le fibre naturali per esempio, con nuova consapevolezza, ed una de-industrializzazione che si potrebbe rivelarsi in realtà l’embrione di una diffusione di attività con spirito contemporaneo pur se radicate nella storia e nella cultura del territorio a livello locale. Un esempio di questo processo è il Museo della Canapa di Sant’Anatolia, che era stato concepito come un’antenna di un museo diffuso, anche a scopo di attività laboratoriali ed in generale scientifiche

condivise. L’Unival beneficerebbe dell’azione ed offrirebbe supporto, in una relazione di mutuo scambio, alle strutture già attualmente presenti sul territorio. Una struttura che fornirebbe appunto supporto a quella cerniera, di cui dicevo all’inizio, tra Tirreno ed Adriatico che la Valnerina costituisce. Intanto noi, parte di un gruppo più numeroso composto da amanti della propria terra, studiosi, progettisti e da Sindaci della valle del Nera, pubblichiamo idee nel presente magazine, ma stia pur certo il lettore che stiamo tutti preparando una documentazione opportuna da presentare al Ministero e che, comunque, renderemo pubblica alla fine dell’estate 2021. Noi ci crediamo!

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TERNI: UNA CORONA DI GEMME Q

Giacomo PORRAZZINI

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uando le istituzioni locali, Comune e Regione hanno predisposto ed inviato al Governo le proposte del territorio, da inserire nel grande Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è andata perduta una grande occasione; quella di suscitare la partecipazione più ampia delle forze sociali e culturali ternane ed umbre, per la definizione di una visione e di una strategia di lungo periodo per il nuovo sviluppo della nostra comunità. Si tratterà di vedere se e come, in fase di attuazione di quanto potrà essere finanziato con i fondi europei, si potrà recuperare una disponibilità al confronto per scegliere gli ambiti prioritari e le finalità generali degli interventi e degli investimenti. Ci sarà, inoltre, un secondo importante appuntamento da non perdere, per un lavoro comune che veda a confronto gli amministratori e le componenti più vive e rappresentative della città: si tratta del processo di revisione ed aggiornamento della strategia nazionale dello sviluppo sostenibile che è prossimo ad aprirsi, anche in preparazione di appuntamenti internazionali che attendono il nostro Paese, sul tema cruciale della sostenibilità. Fra gli obiettivi del Governo Draghi c’è quello di portare avanti tale iniziativa con il massimo coinvolgimento dei territori e delle organizzazioni sociali. C’è da augurarsi e da rivendicare che le istituzioni locali, questa volta, non rinuncino ad utilizzare il contributo di idee che può venire da una partecipazione, ampia e non formale, della comunità, che non può essere ridotta ad una passiva tifoseria di scelte altrui. Da una parte, la pandemia del COVID-19, dall’altra le trasformazioni al nostro modo di concepire il vivere, la forma e funzione degli insediamenti umani, conseguenti all’adozione progressiva di un modello di sviluppo finalmente sostenibile, spingono verso la rinuncia alla città fatta da densità estrema e concentrazione delle funzioni. Se n’è vista tutta la fragilità sanitaria e se ne comincia a percepire la insostenibilità ambientale, climatica, insieme alla criticità sociale. Così, si è aperta a livello nazionale una riflessione approfondita sul ruolo moderno ed indispensabile degli antichi borghi, quali riferimenti essenziali per il ridisegno delle città, per una rinaturalizzazione dei nuclei residenziali, per condizioni di lavoro caratterizzate da maggior benessere, nel tempo della digitalizzazione e del “lavoro a distanza”. L’Umbria è ampiamente dotata di queste straordinarie risorse insediative e culturali

lasciateci in eredità dalla storia millenaria del “cuore verde” del nostro paese. Ben 28 cittadine umbre sono incluse nell’elenco dei borghi più belli d’Italia. Ma si tratta di un elenco che rende conto solo parzialmente del tesoro antico e, potenzialmente, modernissimo di cui disponiamo. Per l’area del ternano, Piediluco, Arrone, Sangemini, Acquasparta. Se guardiamo infatti a Terni per storia e geografia del territorio vediamo emergere una straordinaria e forse unica caratteristica, se consideriamo anche i legami della città con la Valnerina, vediamo emergere la corona di gemme insediative e storico naturalistiche che ne circonda il cuore urbano, di città industriale: Cesi, Collescipoli, Stroncone, Miranda, PiedilucoMarmore, Labro al confine con il reatino, Papigno, Collestatte e Torre Orsina, che aprono, con la Cascata delle Marmore, lo scrigno della Valnerina che accoglie chi vi giunge con Arrone, Casteldilago, Montefranco, Polino, Ferentillo e poi su verso Scheggino, Santa Anatolia di Narco, Borgo Cerreto, per unirsi con Cascia, Preci, Norcia. Più di venti borghi e paesi, di diverse dimensioni, ma con storia, culture, relazione con la natura, potenzialità turistiche assai simili ed integrabili in un grande sistema insediativo e di funzioni territoriali complementari a quelle di Terni città. Questo sistema integrato dei borghi può vivere la sua nuova rinascita se punta su storia, natura, tradizioni culturali e gastronomiche, agricoltura biologica e rigenerativa e modernità legata soprattutto alla connettività per le comunicazioni. Insomma, una fascia di territorio, non solo attraente da visitare, come turisti frettolosi, ma in cui vivere e lavorare, tornando a far vivere quelle mura e quelle storie antiche, ma non dimenticate, con parole e idee che parlano di futuro. Servirà dotare questo territorio del sistema dei borghi con infrastrutture digitali moderne, di sistemi di collegamento con il centro urbano ternano, per avvalersi di servizi essenziali non fruibili a distanza, di una organizzazione turistica unitaria o almeno fortemente coordinata, ma anche di elementi nuovi e strutturali di attrattività e di nuova identità moderna. Da questo punto di vista ed a tal fine si potrebbe ragionare sulla presenza di attività di formazione, di livello universitario, su tematiche che possono avere una stretta attinenza con storia e vocazione del “Territorio degli antichi Borghi”, con uno sguardo attento alla coerenza, ai nuovi valori ed alle esigenze vitali della sostenibilità.


• PENSARE PER TERNI • È aperto, a livello internazionale e in una ottica pluridisciplinare un grande tema: Come nutrire gli esseri umani in modo da tutelarne il benessere con pratiche produttive e distributive capaci di decarbonizzare le filiere di produzione, trasformazione e distribuzione, dando così un contributo sensibile al contrasto della crisi climatica incombente; riscoprendo il valore della qualità, delle filiere corte o cortissime, della nutrizione sana come scienza della prevenzione e del consumo responsabile, della rigenerazione costante dei suoli agricoli, della tutela dei patrimoni idrici e idrotermali, della economia circolare. Il sistema insediativo decentrato, con la valorizzazione, per ciascun borgo, di specifiche funzioni e opportunità, dentro un disegno unitario, può supportare la logistica dei corsi di studio, puntando, per le attività didattiche sulle realtà più grandi e dotate di spazi. Gli indirizzi dei corsi potrebbero caratterizzarsi, in tal modo, per una offerta formativa sulle nuove frontiere della sostenibilità applicata al ciclo del cibo e delle sue tradizioni ed innovazioni, in stretto rapporto con le nuove tecniche di tutela della produzione agroalimentare e di valorizzazione dei tesori del gusto e della qualità della gastronomia locale, riscoprendo e rilanciando la sapienza sedimentata delle tradizioni territoriali. Una offerta che troverebbe il suo sinergico completamento con un corso che guarda ai temi della conservazione, del restauro e rinaturalizzazione dell’ambiente montano e delle aree interne, come dei beni culturali, demo-antropologici e ambientali tuttora presenti in esse e, naturalmente, tendendo alla promozione dello sviluppo, basato su turismo, agroalimentare bio e di qualità e gastronomia locale. Ma anche sul recupero di filiere produttive, oggi di eccellenza, come quella della canapa di S. Anatolia di Narco. Servirà la formazione di competenze nuove ed integrate: dalla storia all’architettura tipica, alla comprensione e tutela del

paesaggio e dei beni naturalistici, fino alla gestione aziendale, vocata alla sostenibilità, all’agricoltura rigenerativa e circolare, protagonista della neutralità climatica e della decarbonizzazione, fino alle nuove tecnologie e nuovi materiali da sperimentare ed utilizzare. La presenza di una tale realtà formativa e sociale costituirebbe un fattore di richiamo turistico, di turismo di qualità di prima grandezza ed anche un forte incentivo a tornare, con la modernità della rete, a vivere e lavorare negli antichi borghi del ternano e della Valnerina. Andare a visitare, a fare vacanza o a vivere dove si studia il buon mangiare, il buon produrre in armonia con la natura e si riscopre la socialità colta di comunità appartate, ma inserite nel mondo, può essere un richiamo che può offrire una nuova vita a questi territori ed alle loro comunità. Naturalmente, una idea fortemente innovativa, come quella di una presenza di istituzioni formative di livello universitario, orientate e diffuse nelle terre dei borghi ternani e in Valnerina, richiede un forte protagonismo delle comunità locali e delle autonome istituzioni municipali che le rappresentano. L’obiettivo primario della iniziativa promozionale del magazine locale La Pagina, che farà seguito a queste brevi anticipazioni, si propone di dare vita ad un Gruppo d’iniziativa in cui Sindaci, forze locali organizzate e singole personalità convinte delle bontà di tale idea, forme di partenariato interuniversitario sovraregionale e publico-privato, mettano a punto un metaprogetto, nel quale indicare base giuridica, soggetti operativi proponenti, indirizzi orientati dei corsi, quadro finanziario, sedi utilizzabili, nelle realtà storico insediativa dei borghi. Potrebbe essere il fattore decisivo, con la sua carica innovativa e culturale, per rilanciare il valore, tutto moderno, degli antichi borghi, dove una visione del nuovo sviluppo decentrato, inclusivo e sostenibile, può trovare una palestra eccezionale per essere testato e realizzato.

Foto Marco Ilari

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COMMERCIO

REGRESSO, STASI O SVILUPPO? L’AIUTO TECNOLOGICO E DIGITALE RICHIEDONO SINERGIE E DETERMINAZIONE

Mauro SCARPELLINI

Intervenire presto, con chiarezza e senso della realtà. Questo non è solo un appello, ma la necessità che hanno gli operatori commerciali del nostro territorio di realizzare il cambiamento delle modalità di esercitare l’attività per moltissimi prodotti. Aiutare se stessi significa aiutare l’economia del territorio e riceverne un ritorno positivo e crescente. Basta capire ciò che va fatto e farlo. Il presidente della Unione nazionale delle Camere di Commercio Sangalli ha ricordato che La digitalizzazione vale fino a 7 punti di Pil, ma abbiamo ancora un ritardo enorme da colmare. C’è consapevolezza diffusa di questa importanza? I Punti Impresa Digitali realizzati dalle Camere di commercio hanno introdotto in questi anni in Italia oltre 350 mila aziende alle tecnologie abilitanti attraverso migliaia di corsi di formazione e di supporti operativi, ma la pandemia del 2020 e 2021 ha dato un bel colpo al commercio. La crescita dei depositi bancari dalla primavera del

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2020 indica che le famiglie e le imprese hanno ridotto gli acquisti e hanno accantonato 133 miliardi di euro solo nel 2020; un’entità enorme che non ha circolato e non ha avuto effetto moltiplicatore per l’economia nazionale. Le aziende commerciali e artigiane devono recuperare almeno i livelli di vendita e di produttività precedenti. Si prevede una differenza tra le piccole e le micro imprese che usano nuove tecnologie e quelle che ancora non le usano. Il 70% delle prime raggiungerebbe i livelli di produttività ante pandemia già nel 2022, analogamente alla previsione per le medie-grandi imprese. Le seconde, e le imprese familiari, si fermerebbero intorno al 60%. È tangibile l’effetto della maggiore o minore introduzione di tecnologie adeguate, moderne, digitali sia nel lavoro di produzione che di magazzinaggio che di vendita. Non si confonda l’uso delle moderne tecnologie con l’intenso impiego della pubblicità. È risaputo che ogni persona riceve ogni giorno un numero elevatissimo di messaggi attraverso la


• PENSARE PER TERNI • televisione, la radio, la cartellonistica, la stampa, il volantinaggio, il telemarketing, le mailing. Questo insieme di messaggi produce nella testa del ricevente l’effetto marmellata; così è chiamato nel marketing. L’efficacia dei messaggi è molto ridotta e quasi scompare. Quindi non si deve pensare che la pubblicità sia la risposta alla modernizzazione o la supplenza alla digitalizzazione. Si rimane molto perplessi sull’iniziativa già presa dalla Regione Umbria di introduzione di un centro di assistenza a Terni (DigiPASS) finalizzato a mettere a disposizione spazi per promuovere attività di artigianato digitale a favore di imprese e scuole. Rispetto alla rivoluzione digitale e alle necessità di ripresa economica il Centro è come l’asilo infantile rispetto ad un percorso scolastico che arrivi alla laurea. Il mondo è più avanti. Qui occorrono strategie concrete, oggi, finalizzate allo creazione di servizi integrati che possano essere volano per nuovi processi di sviluppo e per l’adeguamento dell’intero settore commerciale e artigianale ai nuovi vincoli di competitività. È urgente che tutte le nostre aziende commerciali si attrezzino e si comportino adeguatamente, riposizionandosi se necessario, utilizzando più canali di vendita se possibile, immaginando nuovi percorsi di approvvigionamento e vendita. A Terni la chiusura del supermercato Carrefour ci dice che lo spazio commerciale si riduce anche per gli operatori non piccoli. Negativa è la cessazione di funzioni della Camera di Commercio di Terni.

Si sarebbe dovuto –al contrario– sviluppare da parte sua un insieme di analisi approfondite che sono mancate in passato. Fino al 2019 il numero di imprese ha un saldo in crescita, ma quell’informazione nulla dice sulla tenuta delle imprese, sulla capacità di reggere il mercato, sulla loro classificazione in aziende che hanno attuato innovazioni e su quelle che permangono su un modello superato. Pur con ogni dovuto rispetto sarebbe opportuno porre meno enfasi alla sagra del panpepato e occuparsi di sollecitare e realizzare una vera sinergia tra settore pubblico e settore privato. Questo quadro deve preoccupare la comunità e la pubblica amministrazione. Una sinergia tra Comune e settore commerciale s’impone. Un dialogo e provvedimenti di supporto sono utili alla ripresa economica e occupazionale. Occorre pensare e realizzare, concorrere allo sforzo che deve riguardare tutti, con ogni mezzo, tecnico, fiscale, normativo, scientifico, formativo. Ne va della qualità del nostro territorio e della sua ripresa in ogni campo. Il piano di rinascita europeo è strumento da non perdere per realizzare un netto cambiamento d’impostazione e realizzazione. Una sinergia con banche e confidi per finanziamenti e garanzia dovrebbe vedere all’opera un assessore preposto a ciò, cominciando dall’accompagnare le imprese a diventare moderne nel senso tecnologico che viene richiesto dalla realtà della concorrenza e dall’utilità economica per il territorio. Insomma, la politica dovrebbe prevenire e guidare; almeno segua, recuperi e non perda le occasioni.

Ho 88 anni, sono nata ad Otricoli e dal ‘59 vivo a Terni. In questo arco di tempo, mi sono diplomata, ho lavorato alle Poste, mi sono sposata, ho avuto un figlio. Nel ‘96, rimasta purtroppo vedova, ho iniziato a dedicarmi a piacevoli passatempi che prima non potevo permettermi: ho spennellato tele, scritto versi e versacci e recitato spudoratamente in pubblico fino ad un anno fa. Ho tanti cari amici e conoscenti che mi hanno sempre sostenuta; adoro mio figlio, mia nuora, mio nipote e credo di essere contraccambiata. Attualmente sto in lista di attesa per la “grande chiamata” che spero avvenga più tardi possibile, Covíd 19 permettendolo! Maristella Marinelli

Tutti i proventi saranno devoluti alla Caritas Diocesana di Terni-Narni-Amelia.

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Storie minute e costumi genuini di un tempo che fu

PAPIGNO

il maggiordomo della Valnerina

S

Adriano MARINENSI

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ono nato a Papigno, il paese mio che sta sulla collina. Dice: Questa è la classica notizia del chi se ne … infischia. Sarà pur vero, però io lì venni alla luce e non posso scrivere diversamente. Invece, vista la sua posizione di primo borgo lungo il fiume Nera, mi sono altrove permesso di assegnare a Papigno il titolo di “Maggiordomo della Valnerina” e custode della Cascata delle Marmore, il mirabile salto d’acqua poche decine di metri più avanti. Dietro il “Castello di Papigno” si legge una storia antica. Curiosità: nel XIII secolo, faceva parte dei possedimenti degli Arroni, feudatari del luogo. Si indebitarono con il Comune di Terni e dovettero cedere il Castello per 2.825 libbre di moneta lucchese. Nel sopramonte sta la “Rocchetta”, i ruderi di uno dei presidi militari fatti costruire dal Cardinale-condottiero Egidio Albornoz nel XIV secolo. In basso, si trova la poderosa Centrale di Galleto, produttrice di energia elettrica pulita che illumina parte d’Italia. Il paese di pietra e la sua natura attorno affascinarono numerosi pittori plenaristi (en plein air). Ecco, proprio a Galleto di Papigno sono nato. Tra il Nera e l’ex stabilimento del carburo di calcio e della calciocianamide, un insediamento industriale ch’era di rilievo. Il concime chimico in polvere (in dialetto, la

cianamite) si sperdeva pure nell’aria ed ha fatto neri i tetti del paese, diventato una sorta di Calimero, il pulcino nero. Ed ha afflitto la coltura simbolo delle pesche (in dialetto, li perzichi), frutta di alta qualità. Il carburo di calcio, in tempo di conflitto mondiale, una applicazione lo rese prezioso. L’energia elettrica andava e veniva. Più andava che veniva. Allora, c’era largo uso della “luce sostitutiva”: candele, lumi ad olio e molta acetilene. La forniva un minuscolo gazometro (la scindilena) funzionante come una caffettiera alla rovescia: il carburo sotto e l’acqua sopra che gocciolava, trasformando il solido in gas illuminante. Nelle campagne, dove l’elettricità non era ancora arrivata, si faceva il baratto: un chilo di carburo, rimediato nella discarica, per un paio di polli oppure una discreta quantità di farina, di salsicce e altri “derivati” dal maiale. Erano tempi di magra, ma anche, su al borgo, di amor proprio paesano: la comare che si mostrava a pelar pollo per dare ad intendere che non mangiava sempre fagioli e pancotto. Proibito severamente ai lavoratori l’asporto dalla fabbrica del carburo di calcio, pure in esigue quantità. Accadde un giorno, nel corso di uno dei bombardamenti di Terni, che alcune bombe colpissero il sito di


stoccaggio; lo spostamento d’aria fece volare le coperture ed una elevata quantità di carburo rimase alle intemperie. In caso di pioggia, si poteva innescare il processo di acetilene con rischio di esplosione. Fu allora che la direzione aziendale dette l’ordine alle maestranze di portar via più prodotto possibile, con grande gioia per i papignesi. Dunque, nacquetti, direbbe Totò, in casa con l’ostetrica di paese (la levatrice). L’abitazione aveva un vasto orto attorno, irrigato dal Canale Cervino, alimentatore della rete idrica nella piana ternana. Tra i predatori dell’orto, un ortottero sotterraneo, la grillotalpa (la singozzara), vorace divoratrice di radici. Avevamo il pollaio, non di rado, visitato dalle donnole (li strozzapurgini), per la disperazione di chi allevava con cura. A debita distanza, là in fondo al seminato, il porcile (lu stallittu de lu porcu). Una dimora isolata, tre camere nel piano di sopra, ampia cucina con camino al pianterreno e accanto al camino, arredo fondamentale, la madia (la mattora). Attaccata ad una parete, la grossa tavola piena di chiodi per appendere pentole, tegami, padelle, mestoli (li sgummeri). Una stanza era adibita al lavoro dell’avo mio, artigiano del legno. A far da comodo, il tavolo di cemento per le cene estive sotto la pergola e, per noi bambini, l’altalena (la piriciangola). Il servizio meteorologico funzionava con i calli dei piedi. Oppure -siccome sopra uno dei colli attorno alla conca, avevano innalzata una grande Croce- “quanno la Croce porta lu cappellu (è avvolta dalle nuvole), lu ternano scappa (esce di casa) co’ l’ombrellu”. Negli anni della fanciullezza, ho vissuto pure in casa di una zia materna, al centro di Papigno. Dimora di lusso a quel tempo, arredata di ampia sala da pranzo con adiacente studio

e biblioteca, servizio igienico con vasca da bagno e riscaldatore elettrico dell’acqua ad immersione. In cucina, la “ghiacciaia”, l’antenata del frigorifero. Il ghiaccio lo forniva il locale fabbricatore di birra (detto birrone). Il vestiario, nero prevalente, era nel rispetto della tradizione: le gonne per le donne, gli uomini con i pantaloni (li carzuni). Alle elementari (oltre non v’era) maschi e femmine separati. In soffitta, da mio nonno, a Galleto, crescevano e si moltiplicavano i piccioni che, giunti allo stadio di commestibili, il predetto falegname -incallito cacciatore com’eraimpallinava, anziché tirar loro il collo. Spesso se ne andava nel bosco, fucile ad armacollo, lui diceva in vernacolo, “a jocchià a le merle”. Uova, polli, galline, papere, tacchini (li billi), qualche tordo, frutta e verdura, tutto dal produttore al consumatore, a chilometri zero e agricoltura rigorosamente biologica. Ubertose erano le piante di albicocche

(le bricocole) e di fichi fioroni (le ficore bruciotte). E il mais in dorate pannocchie (li mazzocchji), che servivano per la polenta mangiata sopra la tavola per fare la pasta (la spianatora). Nessun motore nelle adiacenze: il silenzio, ancora naturale virtù. Per salire in paese, soltanto una pedonale, non troppo assestata e in parte arcigna. Terni stava una manciata di chilometri verso la conca e ci si andava col tram (lu tranve) che percorreva una dozzina di chilometri, tra la città e Ferentillo, servendo i numerosi centri lungo il Nera. Mezzo di trasporto principe a giovamento dei lavoratori dell’Acciaieria e della Fabbrica d’Armi, quando la classe operaia non era ancora andata in paradiso (con l’automobile). Lo usammo pure noi studenti quotidianamente per raggiungere Arrone, dove era stata riaperta la prima scuola media nell’immediato dopoguerra. A testimonianza della tranvia è rimasta la stazioncina oltre il ponte di Papigno (quello immortalato da Camille Corot): la strada ferrata l’hanno smantellata per far posto alle ruote di gomma. Ci fosse stata ancora, avrebbe potuto funzionare da attrazione turistica, così come altrove analoghi “trasporti caratteristici” fanno innamorare i forestieri. Si tratta di uno dei retaggi di vita vissuta che Terni ha perduto sotto la spinta della modernizzazione, in taluni casi, distruttrice quasi quanto le incursioni americane che mezza città rasero al suolo con i “bombardamenti a tappeto”. Veri atti di terrorismo, diretti a colpire le popolazioni civili. Di quegli attacchi aerei senza quartiere, rimase vittima il cimitero di Papigno. Una apocalisse ch’io vidi fanciullo, inorridendo. E quel che vidi, non ve lo posso raccontare. Dico soltanto che fu un’infamia. Si scopron le tombe, si levano i morti …

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in Valnerina nel tempo sospeso

in Valnerina nel tempo sospeso

Remigio Venanzi

Remigio Venanzi

IL TEMPO SOSPESO

2021

Remigio VENANZI

raccontato in dialetto polinese tramite testimonianze fotografiche di inestimabile valore

Fosca con i lupetti Tulle e Riccio

Un tempo vuoto, riempito di sole paure, questo poteva essere il periodo della pandemia: relegati in casa, fuori dai nostri ambiti usuali, con i rapporti sociali praticamente azzerati e tante persone anziane che, a causa di questo virus, ci hanno lasciati portando con loro la memoria. È in questo tempo che nasce l’idea del libro “in Valnerina nel tempo sospeso”. I suoi cardini fissati in tre elementi: 1. La piazza come luogo d’incontro sostituita con quella virtuale di un profilo social; 2. La memoria, che rischia di perdersi, recuperata attraverso vecchie foto in bianco e nero, sgualcite, sbiadite, spesso ingiallite, ma vere e leali; 3. Le persone di oggi e quelle di ieri che in questa piazza virtuale si incontrano e confrontano recuperando la memoria che rischiava di perdersi in maniera definitiva. Una sorta di esperimento sociale perfettamente riuscito, incentrato sulle

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persone e sui luoghi di un piccolo centro della Valnerina: Polino. Poco più di 220 residenti, il Sindaco che idea il profilo social e più di 70 persone che postano foto risalenti anche a inizi ‘900 e circa 7.000 interazioni tra like e commenti. Oltre 500 antiche foto, fatte di volti, luoghi, lavoro, mani e scarpe e scarponi spesso rotti, ma sempre buoni, dalle quali prende vita il libro. Tornano a vivere, nella memoria collettiva, i luoghi e le persone. Grazie a questo lavoro la memoria non si è persa, è proiettata in avanti, testimone del tempo che fu. I grandi di oggi che qui si sono ritrovati bambini di ieri e, di nuovo, sono tornati a parlarsi, annullando tempo e distanze. I volti dei nonni bambini nel viso dei ragazzi di oggi. Poi, i discendenti dei polinesi emigrati in America nel 1905 che, grazie a questa esperienza, postano: “… ho fatto amicizia con cugini che non sapevo esistessero. Ho imparato i nomi dei fratelli e dei cugini dei miei nonni. Ho visto le foto dei miei parenti… Così la distanza scompare, un oceano è vaporizzato, e

una pandemia è stata messa da parte per portare gioia alla mia famiglia”. Toni Baldorossi -Kernersville USA È così che il tempo “sospeso” ha creato un valore nuovo, fissando la memoria e proiettandola oltre il nostro vissuto. Autore del libro è Remigio Venanzi, Sindaco del Comune di Polino. È anche autore di: Impresa Etica (socio/ economico), Pietre Silenti (storico), Guida al territorio di Polino e al museo dell’Appennino umbro, ha curato la grafica e l’adattamento dei testi della pubblicazione: “Gli anziani sulle panchine a raccontarci storie antiche” (antropologico), ha collaborato alla realizzazione del libro “Com’Eravamo”, è coautore di Terni, la città dell’oro. Scrive su diversi periodici. Il ricavato del libro sarà interamente destinato al restauro degli affreschi rupestri dell’Eremo di Sant’Antonio di Polino. Nel libro anche la vera storia di “Tulle, Riccio e Black, i tre lupetti di Polino”.


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Esce“NomeNero”, il nuovo romanzo di Massimo Colonna.

Online anche il nuovo sito, i canali social ufficiali e la web community.

Ne esce un romanzo multistrato, poliedrico, frammentato, che punta ad accompagnare il lettore in un’esperienza di lettura immersiva, che parla a ognuno di noi. “Il nostro cervello -racconta l’autore- è già predisposto ad affrontare narrazioni non lineari, perché lo fa di continuo, tutti i giorni. La scrittura non lineare punta a rappresentare storie attraverso una struttura narrativa complessa, come complessa è la narrazione della propria realtà che ognuno di noi fa a se stesso. L’idea è di riproporre questi stessi procedimenti di autorappresentazione, basati sui meccanismi psicologici della condensazione e della destrutturazione. L’obiettivo è creare una piattaforma di significati su cui il lettore potrà poi posare la propria esperienza di vita. Le narrazioni tradizionali puntano a creare una zona di comfort intorno al lettore, in modo che possa immedesimarsi il più possibile con personaggi e contesto. La scrittura non lineare non seduce il lettore dicendo: “Ehi, ascoltami, io sono come te e voglio portarti in un posto dove tu vuoi andare”; ma piuttosto lo incalza chiedendo: “Ehi, io vado in un posto che tu non conosci, vieni con me?”. In contemporanea all’uscita del libro, l’autore lancia il nuovo sito internet (massimocolonna.it) e gli account ufficiali Facebook e Instagram, in collaborazione con l’agenzia letteraria Emmebuzz Servizi Editoriali e l’associazione culturale “La Penna Rossa”. Da oggi online anche la web community “Scrivere il surreale” (a cui è possibile iscriversi gratuitamente dal sito ufficiale) per poter partecipare alle attività dell’agenzia letteraria insieme all’autore, tra cui anche i corsi di scrittura creativa basati sulla scrittura non lineare. Per info: info@massimocolonna.it

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i intitola “Nome Nero” il nuovo romanzo di Massimo Colonna, giornalista e scrittore umbro che torna al pubblico dopo il successo del suo romanzo d’esordio “Il sogno finisce all’improvviso” (Letteratura Alternativa Edizioni), nel 2018 selezionato per la Fiera internazionale del libro di Francoforte e protagonista al Salone del Libro di Torino. Con “Nome Nero”, pubblicato e già disponibile sul circuito Amazon, sia in formato cartaceo che digitale, Colonna si rilancia nell’ambito del surreale e racconta la storia di una famiglia che denuncia di essere stata rapita dagli alieni. Il lavoro di analisi di due agenti specializzati in casi di abduction, attraverso sedute di ipnosi regressiva, fa emergere un passato familiare cupo e la presenza di un misterioso essere. Sullo sfondo, ipnotiche teorie sul significato della vita raccontate da diversi senzatetto. In “Nome Nero”, l'autore sfrutta esaurientemente il potenziale immaginifico del surreale, trascinando il lettore in mondi che solo in apparenza non esistono. Per farlo, prende per mano il lettore attraverso una narrazione non lineare, divenuta ormai il suo marchio di fabbrica: il testo infatti, accanto a una linea narrativa classica, sfrutta l’utilizzo di altri elementi narrativi, come misteriosi scritti postumi, storie basate su destrutturazione e condensazione psicologica, tesi di laurea mai pubblicate, teorie a metà tra realtà e irrealtà.

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NON ERAVAMO ALLERGICI F Vittorio GRECHI

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ino agli anni ‘50-’60 del secolo scorso c’erano ancora molti contadini in Italia, in prevalenza iscritti alla Coldiretti, associazione fondata da Paolo Bonomi nel 1944 e chiamata in gergo giornalistico la “bonomiana”. I bambini allora erano in grande numero e nei giorni festivi si divertivano ad aiutare la famiglia. D’inverno, quando tutti i grandi erano a raccogliere le olive, si strappava dai muri l’abbondante erba parietaria e si dava alle golose galline al di là della rete del pollaio. Fuori della rete, fin dove arrivavano col collo attraverso le larghe maglie, non c’era un filo d’erba manco a pagarlo oro! Quando a maggio si falciava il fieno a mano con la falce fienaia, detta in dialetto “lu fargione”, bisognava portare il pranzo agli uomini nel campo. Una donna portava la canestra di vimini piena di cibarie in testa, poggiata sul cercine, e i bambini a seguire, uno con un fiasco di vino e l’altro con un bottiglione d’acqua. C’era sempre un piccolo litigio tra loro perché entrambi volevano portare il vino e non l’acqua. Alla fine, dopo lunghe discussioni, l’accordo veniva raggiunto: il più grande aveva diritto di scegliere! Il piccolo allora non vedeva l’ora di avere un fratellino per fare rivalsa su di lui! Il bello veniva quando il fieno doveva essere girato con la forca di legno in modo da farlo asciugare da entrambe le parti. Ognuno aveva la propria forca di legno e i bambini ci tenevano molto alla loro che era ovviamente più piccola. Quando il fieno era diventato asciutto e crepitante sotto il sole di maggio, bisognava fare le “pagliarozze” che non erano altro che mucchi di fieno a forma di piccoli pagliai, atti ad essere trasportati fin sull’aia dove doveva ergersi il grande pagliaio. Si infilava un lungo, ma non molto spesso, tronco di salice sotto la “pagliarozza”, finché non usciva dall’altra parte, poi si passava una corda doppia sopra il fieno che veniva legata ben stretta da ambo le parti del tronco, in modo da non perdere il carico. Alla fine un’altra corda collegava il tutto al gioco sostenuto da due vacche che partivano lentamente trascinando il fieno fin sull’aia. Lì si scioglievano le corde e si ripartiva per un altro trasporto. Una volta riempita l’aia di fieno e in attesa di costruire il grande pagliaio, i bambini di ogni età ci salivano sopra per poi rotolare verso il basso riempiendosi i capelli di pagliuzze. Il profumo del fieno provocava qualche starnuto, ma nessuno ci faceva caso. Stessa cosa quando si raccoglievano le fave secche. Venivano portate sul piazzale sterrato davanti casa e abbacchiate dagli uomini usando

ciascuno un abbacchiatore. L’abbacchiatore era fatto da un bastone con circa mezzo metro di corda legata sulla punta di esso e alla quale era legato un altro bastone più corto. Roteando pericolosamente in aria il bastone più corto lo si faceva poi cadere sopra il mucchio di fave secche in modo da rompere il guscio nero e liberare le fave bianche in esso contenute. Questo metodo comportava la produzione di molta polvere e quindi si respirava l’aria piena di pulviscolo che provocava qualche starnuto. Separate le fave dai gusci, venivano messe nei sacchi di juta e conservate in un solaio posto sopra la stalla. Il solaio era fatto di tavole e coperto con un basso sottotetto di tegole a vista. I pomeriggi estivi rendevano il posto infuocato, ottimo per seccare definitivamente le fave. Ma ottimo anche per i bambini che, non temendo il caldo, andavano a sdraiarsi sopra le balle di fave per giocare a carte o per leggere i fumetti di Pecos Bill o gli Albi dell’Intrepido, mentre gli uomini riposavano sdraiati sopra cappotti militari all’ombra della grande quercia. Ai bambini veniva qualche foruncolo sugli stinchi e sulla schiena, ma nessuno ci faceva caso. Se i foruncoli provocavano prurito si bagnava il dito con la saliva e ci si strofinava sopra oppure si andava alla fontana a bagnarli con l’acqua fresca.


CON

ARCI PUOI

‘Con Arci Puoi’: prende il via la raccolta del 7x1000 dell’Irpef (5+2x1000) per sostenere i Circoli Arci, colpiti da una crisi senza precedenti, e per la sopravvivenza di spazi indispensabili di socialità, solidarietà e cultura in tutta Italia. Sono queste le principali novità della campagna 2021 di Arci. Da quest’anno infatti si potrà destinare ad Arci, oltre il consueto 5x1000 dell’Irpef per le attività di carattere sociale, anche il 2x1000 per quelle culturali. È stata infatti introdotta la possibilità aggiuntiva di destinare nella dichiarazione dei redditi 2021 il 2x1000 dell’Irpef in favore di una associazione culturale come Arci previa l’iscrizione negli appositi registri. Il 5x1000 e il 2x1000 offrono quindi due possibilità, che non sono in alternativa tra loro né con il 2x1000 ai partiti politici, che possono essere espresse insieme. Di fatto un 7x1000 che sarà destinato al sostegno dei Circoli che, dopo un anno di chiusure forzate e riaperture condizionate dalla pandemia, rischiano la chiusura definitiva. Oggi sono proprio quei Circoli ad avere bisogno di aiuto, piegati da mesi di chiusure e attività sospese, dalle spese fisse che non sanno più come affrontare e da una crisi economica dalla quale il settore dell’associazionismo in particolare è stato duramente colpito e lasciato senza strumenti con i quali contrastarla. Per questo con il 5x1000 e il 2x1000 ad Arci, inserendo nella dichiarazione dei redditi il codice fiscale 97054400581 (codice che trovate anche sulla tessera ARCI), darai un sostegno concreto ai Circoli. Una mano tesa per aiutare chi aiuta, per poter dire ancora una volta che con Arci Puoi e che Potrai ancora in futuro.


Festa del Patrono Sant'Antonio da Padova Sfilata delle CANESTRE

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Domenica

Giugno 2021

BANDA MUSICALE di Polino

ore

17.00

Degustazioni Gratuite di Ricette e Preparazioni locali con i prodotti delle Aziende del Territorio.

ore

18.00

Esibizione delle New Lady Spartanes Majorettes

“Degustazioni di Aziende del Territorio Gratuite” Musica e tanto divertimento


Articles inside

Il tempo sospeso R. Venanzi

2min
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NOME NERO Romanzo di Massimo Colonna

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Non eravamo allergici V. Grechi

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ARCI

1min
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PAPIGNO maggiordomo della Valnerina A. Marinensi

5min
pages 32-33

Ottica MARI

8min
pages 5-7

BMP elevatori su misura

3min
pages 3-4

Poesie di Maristella Marinelli

2min
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In Afghanistan le bambine non ridono più F. Patrizi

2min
page 10

Orti in città V. Iacobellis

5min
pages 16-17

Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni

5min
pages 20-21

Una massiccia dose di cultura E. Squazzini

2min
page 12

CMT

6min
pages 13-15
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