Film n.10 aprile/giugno 2020

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paura che possano avere delle ripercussioni fisiche. Lara entra a far parte della compagnia in seguito al miglioramento della sua prestazione. Una sua compagna, le chiede il motivo per cui non si fa la doccia con loro, spingendola a lavarsi insieme alle altre, sebbene Lara mantenga le mutandine e cerchi di coprirsi il petto. Durante un pernottamento fuori città con la compagnia, in albergo le compagne costringono Lara a spogliarsi per mostrare loro il pene, giustificando la loro curiosità con il tentativo di metterla a suo agio, come lo sono loro ogni volta che si spogliano davanti a lei. Umiliata, Lara fugge e torna a casa, fingendo un mal di stomaco per non preoccupare il padre. Le fasciature col nastro adesivo provocano un’infezione ai genitali e, dal momento che il fisico di Lara è eccessivamente sotto stress, il medico si rifiuta di aumentare le dosi della terapia ormonale, come richiesto dalla ragazza, che continua le prove senza la fasciatura, non concentrandosi totalmente per paura che la calzamaglia possa far risaltare i genitali. La ragazza inizia a frequentare il vicino di casa, usando delle scuse per farsi ospitare; una sera, fingendo di aver dimenticato le chiavi, si dirige nel suo appartamento e i due iniziano a baciarsi ma, quando il ragazzo tenta di spogliarla, Lara si allontana. Il rapporto col padre diventa più conflittuale dal momento che Mathias vuole comprendere i turbamenti della figlia, chiusa in

se stessa per non pesare ulteriormente sulla sua famiglia. Le prove diventano sempre più dure, tanto che Lara sviene e sbatte la testa; risvegliatasi nel suo appartamento, si accorge che Mathias ha chiuso la porta di casa a chiave per costringerla al riposo forzato. Il medico vieta di continuare le prove per evitare uno stress ulteriore che potrebbe compromettere la terapia, per cui la ragazza abbandona la compagnia. Una mattina, mentre Mathias è fuori con Milo, Lara chiama in anticipo un’ambulanza per poi evirarsi con un paio di forbici. Trasferita urgentemente in ospedale, i medici riescono a salvarla e la ragazza si risveglia accanto a suo padre. Tempo dopo, Lara, divenuta definitivamente una donna, cammina per strada più sicura di sé e della sua identità. L’esordio di Lukas Dhont si basa su un articolo del 2009 inerente alle problematiche legate al fisico biologicamente maschile di una ballerina transgender, con cui il regista entra in contatto per la scrittura del film; nonostante il tema trattato sia cinematograficamente abusato, le modalità con cui Dhont descrive il personaggio di Lara sono notevoli, focalizzandosi principalmente sull’ordinario e sull’antispettacolare, scelta efficace per un’approfondita indagine psicologica, priva di pietismo o di edulcorata retorica. La narrazione alterna sequenze brevi focalizzate sulla quotidianità di Lara durante la sua vita domestica, le terapie e le prove in accademia, in cui la protagonista è seguita da una macchina da presa a mano, soprattutto nelle significative sequenze di ballo, in cui Dhont riesce a restituire il suo turbinio emotivo, rendendo la danza una concretizzazione del suo tormento, scelta poetica

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che si allontana da un’elementare retorica esplicativa come le grossolane inquadrature sul ghiaccio in frantumi per esprimere l’inquietudine della protagonista del recente Zen sul ghiaccio sottile di Margherita Ferri, film a tematica LGBT presentato a Venezia nella sezione Biennale College. Ragguardevole Victor Polster, ballerino dell’Accademia di Anversa, che, con la sua fisionomia aggraziata, si cala perfettamente nei panni di Lara, dando vita a un’interpretazione contenuta anche nelle sequenze più dolorose, in accordo con il blocco emotivo evidenziato dallo psicoterapeuta, basti pensare alle significative sequenze allo specchio, che si configura come veicolo di quella verità dolorosa da cui la ragazza tenta di fuggire. Film rivelazione al Festival di Cannes, Girl è stato scelto per rappresentare il Belgio agli Oscar 2019, nel tentativo di ripetere il successo che la tematica LGBT ha avuto nella scorsa edizione con la vittoria del cileno Una donna fantastica di Sebastián Lelio, sebbene il film di Dhont scelga una direzione visiva e diegetica differente, prediligendo un realismo più spiccato e non concentrandosi sul rapporto che la protagonista instaura con un contesto sociale problematico, preferendo una focalizzazione più intima, tanto che nel film non esistono antagonisti al di fuori di Lara nei confronti di se stessa; Dhont ha volontariamente evitato ricadute in classici episodi di maltrattamento, compresa la sequenza in cui la ragazza è costretta a spogliarsi di fronte alle compagne, non mosse dal fine di bullizzarla, bensì da una curiosità adolescenziale nei confronti di un corpo maschile ancora sconosciuto, nonostante le derive devastanti che l’ignobile gesto avrà su Lara. Leonardo Magnante

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