Film n. 22 aprile - giugno 2022/Parte 1

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CENTRO STUDI CINEMATOGRAFICI Anno XXVIII (nuova serie)Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento postale 70%DCBRoma

Anno XXVIII n. 22 aprile-giugno 2022

Trimestrale di cultura multimediale

Edito

dal Centro Studi Cinematografici

00165 ROMA - Via Gregorio VII, 6 tel. (06) 63.82.605

Sito Internet: www.cscinema.org

E-mail: info@cscinema.org

Aut. Tribunale di Roma n. 271/93

Abbonamento annuale: euro 26,00 (estero $50)

Versamenti sul c.c.p. n. 26862003 intestato a Centro Studi Cinematografici

Si collabora solo dietro invito della redazione

Direttore Responsabile: Flavio Vergerio

Segreteria: Cesare Frioni

Redazione:

Silvio Grasselli

Giancarlo Zappoli

Hanno collaborato a questo numero:

Pierfranco Allegri

Elena Bartoni

Claudia Bersani

Carlo Caspani

Milo Cavadini

Alessio D’Angelo

Giallorenzo Di Matteo

Giandomenico Domenicano

Robin Gianinazzi

Fabrizio Moresco

Sarah Simic

Maria

Giancarlo

Eleonora

Pubblicazione realizzata con il contributo e il patrocinio della

Direzione Generale Cinema

Ministero

Stampa: Joelle s.r.l.

Vitiello
Antonietta
Zappoli
Zoratti
Cultura
della
Via Biturgense, n. 104 Città di Castello (PG) SOMMARIO L’ombra del giorno 1 Un eroe 2 Tapirulàn 3 La promessa - il prezzo del potere 5 Belliciao 6 Il sesso degli angeli 7 Stringimi forte 9 Takeaway 10 Piccolo corpo 11 Notre-dame in fiamme 12 L’ultimo giorno sulla terra 15 La notte più lunga dell’anno 16 La crociata 17 Ghiaccio 18 Luigi proietti detto gigi 19 Lettera a franco 20 Mancino naturale 22 Parigi 13arr. 24 Corro da te 25 Storia di mia moglie 28 Nostalgia 30 Masquerade – ladri d’amore 31 La scuola degli animali magici 33 Koza nostra 34 Parigi, tutto in una notte 36 Sì, chef! – La brigade 37 Leonora addio 39 Il peggior lavoro della mia vita 42 Gagarine - proteggi ciò che ami 43 Amanti 44 American night 46 C’era una volta il crimine 47 Generazione low cost 49 L’accusa 50 Alla vita 52 …Altrimenti ci arrabbiamo! 53 Gli amori di anaïs 55 Hope 56 Con chi viaggi 58 Il muto di gallura 59 Il legionario 61 Hill of vision 62 Belgravia 64 Sissi 69 FILM SERIAL In copertina In
Al centro Sissi
In basso Un eroe di Asghar Farhadi, Francia 2021. Progetto grafico copertina a cura di Jessica Benucci (www.gramma.it)
alto L’ombra del giorno di Giuseppe Piccioni, Italia 2021.
(serial) di Sven Bohse, Germania-Austria 2021.

L’OMBRA DEL GIORNO

LLuciano, claudicante ex reduce di guerra, gestisce Anisetta Meletti, un ristorante elegante della piazza principale di Ascoli Piceno. Ad aiutarlo vi sono il cuoco Giuseppe e l’inserviente Maria.

Siamo nel 1939 e un giorno sulla porta del locale compare una giovane, Anna, che chiede di poter lavorare. Una volta assunta, la ragazza si distingue per il suo lessico “di chi ha studiato” e per le sue doti organizzative diventando sempre più importante e indispensabile per Luciano che tutte le sere si offre di accompagnarla a casa. I fascisti, tra cui il camerata Lucchini “Osvaldo”, sono abituali avventori del ristorante e senza troppo preavviso si riservano il locale per festeggiare la ricorrenza della fondazione del movimento del 23 marzo. Anche in quell’occasione Anna si fa notare ricordando loro come nel programma originario del fascismo fosse previsto anche il voto alle donne.

Il locale, nonostante tutto, sembra essere colpito marginalmente dal contesto storico come se le importanti vetrate attutissero anche i colpi di quanto sta accadendo: l’alleanza con Hitler e la guerra alle porte. A segnare gli eventi sono le coreografie di ballo delle Giovani Italiane e le scritte “questo negozio è ariano”. Anna, preoccupata, dichiara in lacrime a Luciano la sua origine ebraica e di chiamarsi in realtà Ester. Anche Luciano, dopo una visita inattesa della sua ex fidanzata, si racconta e finalmente si lasciano andare ad una notte di amore e di passione.

Corrado, figlio di una signora che lavorava nel ristorante, inizia a dare una mano come cameriere.

Dopo qualche giorno compare Emile, il marito di Anna, che chiede a

Luciano di nasconderlo in cantina per un breve periodo; questi sconvolto e deluso le intima di andarsene il prima possibile.

Anna confida la presenza di Emile a Giovanni che da subito accetta di darle supporto e anche Luciano, dopo uno scambio con il rifugiato, accetta di tenerlo nascosto nel ristorante fino a quando non troverà una sistemazione più sicura. I controlli da parte dei fascisti si fanno sempre più serrati, Osvaldo si presenta al locale con le foto dei “ricercati”, tra cui Emile Costa, interrogando sia Anna/Ester che Luciano che ovviamente non parlano.

Corrado piano piano inizia a cambiare e ad affiliarsi al fascismo.

Scoppia la guerra, Hitler conquista Parigi e i tempi si fanno sempre più grigi. Un gruppo di fascisti con Osvaldo e l’ex fidanzata di Luciano una sera si fermano a festeggiare al ristorante e, terminata la cena, Corrado chiede di seguirli ma viene invece lasciato a piedi. Rientrato nel ristorante, in cantina scopre Anna con Emile e cerca con un’arma di costringerli a denunciarsi. Luciano interviene e gli chiede di far finta di niente ma Corrado non cede e alla fine Luciano lo uccide. Con l’aiuto di Giovanni fanno sparire tutto e insieme buttano il cadavere nel fiume. Mentre la madre di Corrado, Elsa, va al locale a cercare il figlio, Luciano fa accordi con un peschereccio per far partire Anna ed Emile e i fascisti si apprestano a fare una perquisizione. Al locale non trovano Emile perché ospitato a casa di Luciano ma Giovanni viene arrestato e portato al fronte. Verso la fine non è più Luciano che guarda, protetto, dalle vetrate del ristorante ma la folla che scruta dentro a segno di una vulnerabilità ormai evidente.

di Giuseppe Piccioni

Origine: Italia, 2021

Produzione: Riccardo Scamarcio per Lebowsky con Rai Cinema

Regia: Giuseppe Piccioni

Soggetto e Sceneggiatura: Giuseppe Piccioni, Gualtiero Rosella, Annick Emdin

Interpreti: Riccardo Scamarcio (Luciano), Benedetta Porcaroli (Anna), Lino Musella (Osvaldo), Valeria Bilello (Amelia), Waël Sersoub (Emile), Sandra Ceccarelli (Madre di Corrado), Vincenzo Nemolato (Giovanni), Costantino Seghi (Corrado), Antonio Salines (Professore)

Durata: 125’

Distribuzione: 01 Distribution

Uscita: 24 febbraio 2022

Si avvicina il giorno della fuga, Luciano ed Anna si dichiarano il reciproco amore e la sera dopo, vestito in uniforme fascista, Luciano riesce a condurre la coppia, Anna ed Emile, nel luogo accordato per la fuga. Negli addii Anna si fa promettere da Luciano di scriverle e aver cura di proteggersi. Lui, dopo che l’imbarcazione si è allontanata, toglie dalla divisa le mostrine ele getta a terra.

L’ombra del giorno ha il pregio di far passare con semplicità diversi livelli di lettura e di piani senza farlo avvertire allo spettatore che si ritrova magicamente in quegli anni, nel caffè Anisetta Meletti, senza accorgersene, e come il protagonista abbassa piano piano le difese e svela la realtà del fascismo, ovvero ciò che si cela nell’om-

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L’

bra del giorno e nelle belle parate coreografiche. I dialoghi riescono sapientemente ad essere schietti nel non detto e delicati nelle dichiarazioni più esplicite grazie anche ad una grande coppia Scamarcio-Porcaroli che duettano abilmente con una densità interpretativa e un’armonia che ricorda quella del ballet-

to classico. Piccioni come in Fuori dal mondo ha una capacità straordinaria nel riuscire a trasmettere la sensazione ovattata di ritiro dalla vita e dalle cose del mondo e di come, la vita stessa, un incontro, gli eventi possano riattivare pensieri e sentimenti e ridare la forza e l’esigenza di esserci e manifestarsi

con tutta la propria vulnerabilità, rischiando tutto. Potrebbe bastare ma nel film assume un valore non solo esistenziale ma anche storico nel dare ulteriore essenza alla resistenza e a ciò che ha significato: un risveglio delle coscienze.

di Asghar Farhadi UN EROE

Origine: Iran, Francia, 2021

Produzione: Asghar Farhadi Production (Asghar Farhadi), Memento Films

Production (Alexandre Mallet-Guy)

Regia: Asghar Farhadi

Soggetto e Sceneggiatura: Asghar

Farhadi

Interpreti: Amir Jadidi (Rahim), Mohsen

Tanabandeh (Bahram), Fereshteh Sadr

Orafai (Radmehr), Sahar Goldoust (Farkhondeh), Maryam Shahdaie (Malileh), Ali Reza Jahandideh (Hossein), Ehsan

Goodarzi (NadeaLi), Sarina Farhadi (Nazanin), Farrokh Nourbakht (Salehi), Saleh Karimai (Siavash)

Durata: 127’

Distribuzione: Lucky Red

Uscita: 3 gennaio 2022

IImpossibilitato a saldare il debito contratto con l’ex cognato Bahram, Rahim Soltani sconta la sua pena in carcere. Farkhondeh, la nuova compagna di Rahim, gli racconta di aver trovato per strada una borsa contenente diciassette monete d’oro. Rahim decide di utilizzare il congedo di due giorni per convincere il suo creditore a ritirare la denuncia consegnandogli il ricavato

della vendita delle monete. Dopo una valutazione dell’oro, inferiore a quella sperata, Rahim cambia idea; decide di non vendere le monete e di restituirle alla legittima proprietaria. Appende degli annunci, lasciando come contatto il numero del penitenziario. Pochi giorni dopo la fine del congedo di Rahim, la prigione riceve la telefonata di una donna che lo convince di essere la proprietaria della borsa che le viene quindi restituita. Il direttore del carcere ritiene che il gesto di Rahim debba essere reso pubblico e raccontato in televisione come esempio di redenzione, a testimonianza del successo dei programmi culturali e sociali rivolti ai detenuti. Un carcerato mette in guardia Rahim: il direttore sta utilizzando la sua storia per distogliere l’attenzione dei media da un caso di suicidio avvenuto nella prigione. Rahim diventa una celebrità e viene insignito di un “Diploma di merito”.

Grazie alla fama raggiunta, spera di uscire dal carcere, tornare a casa da suo figlio, di cui ha la custodia, e sposare Farkhondeh. Un’associazione di beneficienza organizza una raccolta fondi per aiutarlo a ripagare il debito. Nonostante Bahram non creda a Rahim e all’onestà delle sue azioni, sotto la pressione dei media, del carcere e dell’associazione, accetta di ritirare la denuncia. Rahim potrà tornare in libertà e, per aiutarlo a ripagare il debito, gli viene of-

ferto dalla prefettura un lavoro. Iniziano a circolare delle voci che insinuano che Rahim abbia messo in scena il ritrovamento e la restituzione delle monete. Per poter procedere all’assunzione, gli viene chiesto di dimostrare l’avvenuta restituzione della borsa. Dopo vane ricerche, la proprietaria delle monete risulta irrintracciabile e Rahim chiede a Farkhondeh di fingersi lei. Nel mentre giunge alla prefettura un messaggio in cui Rahim dichiara, prima ancora del congedo, di essere in possesso del denaro per risarcire Bahram. La credibilità di Rahim viene meno e non viene ritenuto degno dell’impiego. Esasperato dalla situazione e convinto che sia stato Bahram ad ostacolarlo, Rahim si reca nella copisteria del cognato e lo aggredisce. Lo scontro viene ripreso dalle telecamere di sicurezza; nel video appare anche Farkhondeh. Quando Nazanin, figlia di Bahram, minaccia di diffondere il video, l’associazione, per non perdere di credibilità, decide di destinare il denaro raccolto ad un’altra causa.

Rahim vuole solo recuperare il suo onore e spiega con onestà alla responsabile dell’associazione quanto accaduto. Grazie all’insistenza di Farkhondeh, l’associazione rilascia una dichiarazione ufficiale in cui comunica che è stato lo stesso Rahim a rinunciare ai soldi raccolti in suo nome per pa-

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gare la cauzione di un uomo condannato a morte.

Il video dell’aggressione a Bahram viene pubblicato. Un funzionario del carcere propone a Rahim di realizzare un nuovo video per riscattarsi, facendo leva sulla balbuzie del figlio.

Dopo aver accettato, Rahim cambia idea e obbliga l’uomo a cancellare il video.

Accompagnato dal figlio e da Farkhondeh, Rahim fa ritorno in carcere.

IIl percorso dell’eroe Rahim Soltani inizia sulle rovine della tomba di Serse, simbolo della grandezza del passato della Persia. Le sue gesta e la sua caduta vengono raccontate nel trafficato e rumoroso presente di Shiraz. Qui è spesso nascosto da impalcature, ringhiere e vetri e, nonostante abbia lasciato il carcere, continua ad essere imprigionato dal giudizio altrui. Negli ultimi fotogrammi sembra sentirsi libero: Rahim, tornato per scontare la pena, tiene fisso lo sguardo su un uomo che si ricongiunge ad una donna e si allontana. Un’immagine di speranza, uno squarcio di quello che potrebbe essere il suo futuro, ora che è più consapevole e vicino a dei giusti valori. Non l’epilogo,

TAPIRULÀN

EEmma è una psicologa che riceve i propri pazienti on line mentre si tiene in forma sul tapis roulant. C’è chi si scandalizza per quella che ritiene una mancanza di attenzione e rinuncia alla consultazione. C’è chi, come Gaia, vorrebbe cambiare il proprio aspetto fisico ma si ritrae non appena viene messa in discussione dalla terapeuta. C’è chi sbaglia e crede di essere en-

bensì l’inizio della storia che ci era stata promessa.

Il titolo pronostica il racconto di una figura pura, scevra di qualsiasi intento opportunistico. I personaggi descritti sono invece torbidi, ordinari e attenti sempre più alla reputazione e ai propri interessi piuttosto che alla moralità delle proprie azioni. Mai così intransigente, l’autore non risparmia nessuno; non si tratta di un solo dramma intimo e personale ma di una tragedia collettiva e pubblica, alimentata dai mass media.

Vincitore al Festival di Cannes del Grand Prix, Un eroe è un’esemplare sintesi dello stile cinematografico e del pensiero di Asghar Farhadi. L’analisi psicologica e sociologica dei sentimenti e dei valori che la filmografia del regista iraniano porta sui nostri schermi viene messa in crisi dalle diverse prospettive sulla verità esposte nel suo nono lungometraggio. La precisione nella sceneggiatura si scontra con la spontaneità delle riflessioni e delle opinioni dei personaggi che la abitano. Dopo la breve parentesi europea, Farhadi torna a girare in patria e, sebbene allarghi la propria indagine dal privato, al pubblico, al politico, non viene raggiunto da nessuna rivelazione conclusiva, nessuna verità assolu-

ta. In Un eroe non troviamo sensazionalismo, solo vita.

Tutto appare organico, nonostante l’estrema cura nella costruzione dell’immagine.

Un ritmo incalzante ci trascina nelle cause delle vittime e dei carnefici per farci comprendere le azioni degli uni e degli altri. Ogni personaggio ci fornisce intenzioni meritevoli e universali con cui giustificare le proprie azioni, condannate invece dai valori ideali e razionali della società.

Più aumentano le bugie, più cresce la nostra empatia. Più le azioni sono buone, più rigido è il nostro giudizio. E siamo così coinvolti in questo giallo da non accorgerci che stiamo incriminando non Rahim, Bahram o Farkhondeh ma noi stessi e i nostri valori. Il bisogno di redenzione, di un percorso di crescita morale, ci ha spinto ad attribuire una linearità alla storia, smentita magistralmente dalla circolarità della realtà: Rahim e con lui tutti i nostri giudizi tornano in carcere. Ancora una volta non è stato possibile resistere e compiere l’eroico atto dell’imparzialità dello sguardo. Atto che solo un vero appassionato dell’essere umano e delle sue mancanze come Asghar Farhadi è riuscito a realizzare.

trato in una chat erotica. C’è chi, Davide, vorrebbe prescrizioni di psicofarmaci che lei non è autorizzata a firmare. C’è chi, Fabio disegnatore di fumetti, maniacalmente le chiede di poterla contattare a un orario precisissimo. Arriva poi una chiamata da una certa Chiara a cui non risponde. Quando si decide a farlo veniamo a sapere che si tratta della sorella che non vede da ventisei anni. Non appena le viene detto che il padre sta mo-

Origine: Italia, 2021

Produzione: Stefano Bethlen per Milano Talent Factory

Regia: Claudia Gerini

Soggetto e Sceneggiatura: Antonio Baiocco, Fabio Morici

Interpreti: Claudia Gerini (Emma), Claudia Vismara (Chiara), Stefano Pesce (Lorenzo), Maurizio Lombardi (Fabio), Corrado Fortuna (Max), Lia Greco (Gaia), Fabio Morici (Marco), Marcello Mazzarella (Dante), Antonio Ferrante (Padre di Emma), Anita Kravos (Laura)

Durata: 91’

Distribuzione: Milano Talent Factory

Uscita: 5 maggio 2022

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di Claudia Gerini

rendo per leucemia dichiara il suo disinteresse per la cosa e chiude la comunicazione.

In un’altra giornata, dopo la chiamata di Max, con cui ha avuto tre rapporti sessuali che però non vuole trasformare in relazione, riceve quella di Lorenzo che ha tentato, senza riuscirci, di tagliarsi le vene. Lei gli confessa di averci provato nel passato quando si era sentita completamente sola e cerca di sostenerlo moralmente. Lui però chiude la comunicazione. Nella chiamata che riceve da Marco, il coordinatore del servizio di assistenza psicologica, a cui ha segnalato il tentato suicidio, viene rimproverata perché c’è una lamentela sul fatto che parla con i pazienti correndo sul tapis roulant. Lei gli contrappone tutti i commenti positivi, ricorda che è sempre disponibile e che correre l’aiuta a concentrarsi. Arriva poi una chiamata da Anna, una donna che ha un marito violento ma si colpevolizza chiudendo la linea quando Emma le dice di aver compreso che le percosse si stanno facendo sempre più frequenti. Le sedute di Emma, controllate da un computer, continuano e lei ogni tanto osserva dalle vetrate ampie del suo appartamento la vita che continua al di fuori mentre ormai non esce quasi più. Un altro paziente, Gianni, le racconta di avere provato attrazione per Simone, un ragazzo. Teme di non essere accettato come gay. Mentre Marco continua ad avvisarla sul rischio di una diminuzione di rendimento lei apprezza i vantaggi dei dati che il visore, grazie al quale vede i pazienti, le comunica su di loro.

Lorenzo, dapprima arrabbiato perché lei gli ha inviato un soccorso sanitario, le rivela i motivi del suo disagio: era uno skipper che aveva abbandonato l’attività alla nascita della figlia. Un giorno, essendo lui in ritardo, la ragazza era andata via con un’amica ed era morta in un incidente. Ora lui si sente colpevole dell’accaduto. Anche il ginecologo di Emma finisce, via video, con il confessarle la sua profonda solitudine e lei gli suggerisce di tornare a suonare il pianoforte. Gianni ora ha provato, per gioco, a truccarsi e gli è piaciuto. Emma lo invita a uscire truccato. Davide la chiama in preda a un attacco di panico, lei lo aiuta a tranquillizzarsi e poi fa in modo che lui le riveli la verità: ha ucciso un ragazzo ed è scappato. Emma lo fa riflettere sulla necessità di costituirsi. Mentre i pazienti tornano a cercarla e Lorenzo diventa quasi seduttivo invitandola a uscire con lui, si rifà viva anche Chiara che le rivela la necessità di un trapianto di cellule staminali per il padre. Lei è incompatibile, Emma potrebbe invece forse non esserlo. Emma non intende fare nulla per il padre e reagisce molto duramente con la sorella. Le dice che lui si è fatta un’altra famiglia (Chiara è una sorellastra) e lei si è sentita di troppo e se ne è andata.

Chiede una notte di ‘incremento di dopamina (cioè sesso) a Max e si sente dire da Gaia che si farà rifare il seno. Fabio, a cui lei aveva proposto di provare a distinguere il suo atteggiamento ossessivo-compulsivo da quando si comportava in modo normale inventando un suo doppio disegnato, le mostra che è riuscito a uscire accompagnato da una testa gigante disegnata del suo doppio che si chiama Doc.

Intanto Anna, che continua a non riuscire a staccarsi dal marito, viene aggredita da lui in diretta ed Emma le invia i soccorsi. Poco dopo Marco le annuncia che

la sua attività viene monitorata perché il suo rendimento si è abbassato.

Gianni la chiama dopo esser stato aggredito in strada perché riconosciuto come gay mentre la madre di Davide le telefona insultandola perché il figlio si è costituito su sua sollecitazione rovinandosi la vita.

Chiara le rivela che ha sentito la sua mancanza e noi scopriamo che Emma se n’era andata da casa perché era stata abusata dal padre. Era accaduto stranamente una sola volta ma per lei era stato comunque un trauma terribile. Lo racconta a Lorenzo cercando anche una possibile giustificazione. Lei assomigliava moltissimo alla madre morta. Decide però di andare in ospedale a dire al padre ciò che ha provato senza però rivelarlo alla sorella con la quale si allontana in un parco per riprendere il rapporto. Intanto il ginecologo è tonato a suonare, Lorenzo è ripartito in barca, Gianni ha fatto outing, Gaia si è fatta un tatuaggio e Fabio ha trovato un editore per il suo nuovo fumetto con Doc come protagonista.

L’opera prima di Claudia Gerini come regista rivela innanzitutto una più che interessante dote di osservatrice dello spazio inquadrato dalla camera. Perché la location in cui si sviluppa l’azione resta fissa ed è l’appartamento della protagonista che viene esplorato con movimenti di macchina e inquadrature sempre diversi che non danno mai la sensazione della ripetitività. Quando siamo ‘fuori’da esso ci ritroviamo in altri spazi chiusi (stanze di altri alloggi o auto). Questo significa saper sfruttare al massimo le limitazioni da Covid offrendo al contempo la descrizione di caratteri (quelli dei pazienti) per pennellate brevi e con una progressione misurata dedicata a quello di

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L’

Emma. Della quale è facile individuare la causa del disagio nei confronti del padre molto prima della rivelazione ma è interessante seguire il rapporto che instaura con chi ha, seppure a distanza, un rapporto con lei che deve essere, al contempo, ancora di salvezza e persona su cui scaricare le proprie tensioni. La metafora della

corsa da ferma è efficace perché riassume quella che è diventata la vita della protagonista. Attiva e al contempo statica. Impegnata a suggerire agli altri cosa fare e come comportarsi e legata alle valutazioni di un computer che invece dice a lei se è più o meno adeguata per gli standard fissati per l’allenamento. Ovviamente la

LA PROMESSA - IL PREZZO DEL POTERE

CClémence è sindaca di una città nella banlieu parigina il cui contesto sociale è dominato da crisi, sfruttamento e povertà. Al termine del suo secondo mandato, percependo la fine della sua carriera politica, Clémence decide di adempiere alle promesse fatte durante i dodici anni di sindacato. In particolare quelle riguardanti il complesso di appartamenti decadenti chiamati Les Bernardins, residenza di molti lavoratori e famiglie di basso ceto sociale.

La palazzina, fatiscente e pericolosa per tutti i residenti, sarà il fulcro principale per il piano di recupero del suo team, che si batte attivamente per ricevere i fondi di restauro dallo Stato.

Il team in questione è composto da Naidra, la sua pupilla dalla forte moralità e il leale collaboratore Yazid, cresciuto in un contesto paragonabile a quello per cui lotta.

Tuttavia, la negligenza passata del sindacato di Clémence non fa che rendere più difficile i nuovi affari e una lettera di protesta proveniente dall’edificio rischia di compromettere l’intera campagna.

Il testo della missiva, scritto da Michel Kupka, dà voce agli inquilini scontenti sottomessi da estorsori e proprietari corrotti, che di fronte a immigrati e rifugiati non

vedono altro che un’opportunità per mantenere il controllo e riempirsi le tasche.

In attesa di seri cambiamenti, Michel e il resto degli affittuari si rifiuteranno di pagare le esorbitanti tasse imposte dallo Stato. Tuttavia, ciò non fa altro che scoraggiare qualsiasi possibilità di ricevere i tanto attesi fondi, rendendo l’intera operazione non conveniente.

Aumenta la posta in gioco nel momento in cui Clémence si trova di fronte la possibilità di ricoprire la posizione di ministra a Parigi, risvegliando quell’ambizione che per molto tempo era riuscita a contenere.

Imporsi in questa professione significa disimparare i valori morali che la contraddistinguono, per rispondere a figure che notoriamente hanno più a cuore l’impegno a soddisfare il primo ministro piuttosto che il benessere dei cittadini.

Quando l’offerta viene inaspettatamente ritirata, la prospettiva di un ritiro dalla vita politica non appare più così desiderabile. Al fine di mantenere la propria carriera a galla, Clémence si propone per un terzo mandato come sindaca, venendo meno alle promesse fatte ai suoi colleghi, in particolare alla pupilla Naidra, che da tempo attendeva il proprio turno per realizzare una campagna politica.

camera indugia sulla persona della Gerini la quale però non sfrutta mai, neppure nell’unica scena di sesso, il proprio aspetto fisico preferendo puntare su una varietà di sentimenti che attraversano il suo volto e di cui ha già dato prova in film come Mancino naturale.

Giancarlo Zappoli

di Thomas Kruithof

Origine: Francia

Produzione: France 2 Cinéma

Regia: Thomas Kruithof

Soggetto e Sceneggiatura: Jean-Baptiste

Delafon, Thomas Kruithof

Interpreti: Isabelle Huppert, Reda Kateb, Naidra Ayadi, Jean-Paul Bordes

Durata: 98min

Distribuzione: Notorious Pictures

Uscita: 3 marzo 2022

I componenti dell’intero team, sconcertati e delusi dall’imminente cambiamento della loro leader, non possono fare altro che allontanarsi e dedicarsi alle proprie carriere.

MMostrato per la prima volta al pubblico di Venezia alla 78º edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, La Promessa è un dramma politico sorto all’alba della tragedia del Grenfell Tower del 2017 e rappresenta un rigido ma convincente sguardo all’azione politica nel contesto della sicurezza pubblica.

I soggetti rappresentati sono coloro che giocano con il potere, at-

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traverso conversazioni studiate e caute parole fra colleghi.

Il rischio di apparire moralizzante o paternalista sfiora più volte la narrazione, nonostante Kruithof tenti di abbandonare ogni illusione, rappresentando la facilità con cui, dall’alto, si può distogliere lo sguardo, soprattutto di fronte alla prospettiva di un proprio guadagno.

Questo conflitto si sviluppa in particolar modo all’interno della figura di Clémence, interpretata da una tenace e misurata Huppert, al bivio fra la scelta di mantenere la propria integrità e credibilità o abbandonarsi alla propria ambizione.

Chi osserva questo turbamento sono i suoi colleghi e amici, in

particolare Yazid, interpretato da Reda Kateb, la cui performance, all’altezza di quella di Huppert se non più coinvolgente, riporta umanità alla narrazione, permettendoci di respirare anche nel rigoroso ritmo del film.

I due personaggi danno teatro a un gioco di cenni e sguardi, una relazione che coinvolge e cattura, che riflette brillantemente la dinamica di fiducia fra cittadini e politici e si danneggia quando anch’essa viene messa alla prova.

Un film dal ritmo veloce a tratti confusionario, dominato da conversazioni piatte che per la prima metà falliscono nel vincere l’interesse del pubblico, La Promessa può trovare il suo palco d’elezione

nel piccolo schermo, in cui la mancanza di direzione passa in secondo piano.

Sebbene nel mare di film politici-sociali francesi Kruithof sia riuscito a creare qualcosa che riesce a distinguersi, rimanendo fedele alla serietà e rifiutandosi di cadere esageratamente nel dramma, la visione ingenua del contesto sociale in cui il film è ambientato non permette di considerarlo come niente di più che una discussione speranzosa ma fine a se stessa, guidata più dai personaggi che dal tema di cui tratta, che non mette in atto provocazioni di alcun tipo.

di Gennaro Nunziante BELLICIAO

Origine: Italia, 2022

Produzione: Lorenzo Mieli per Fremantlemedia Italia, Vision Distribution

Regia: Gennaro Nunziante

Soggetto e Sceneggiatura: Gennaro Nunziante, Amedeo Grieco, Pio D’Antini

Interpreti: Pio D’Antini (Pio), Amedeo Grieco (Amedeo), Lorena Cacciatore (Elettra), Rosa Diletta Rossi (Aurora), Nicasio Catanese (Giulio), Giorgio Colangeli (Il Sindaco Enzo Paladino), Gegia (Madre di Pio), Pinuccio Sinisi (Padre di Pio), Filippa Lagerback (Se stessa), Saverio Raimondo (Fumagalli)

Durata: 106’

Distribuzione: Vision Distribution

Uscita: 1 gennaio 2022

IIn un centro per il recupero di meridionali che hanno vissuto al Nord Pio e Amedeo conducono le sedute invitando i presenti a raccontare le loro esperienze. Vista la difficoltà e l’emotività che emergono, decidono di rompere il ghiaccio raccontando la loro storia. A Sant’Agata di Puglia i due erano dei bambini speciali. Pio leggeva “Il Sole 24 ore” mentre Amedeo voleva visitare tutti come

medico in erba. Una volta diplomati le loro strade si sono separate perché Pio ha deciso di andare a Milano dove in breve tempo si è laureato in Economia ed è diventato un imprenditore di successo con tanto di fidanzata influencer.

Vent’anni dopo la sua partenza torna con lei in Puglia pensando che Amedeo sia diventato un luminare della medicina mentre invece ha solo un negozio di articoli sanitari ed è assessore in Comune. Il Municipio ha presentato un progetto per cui ha chiesto un finanziamento ed è proprio Pio a essere stato incaricato di verificarne le potenzialità. Decide per il finanziamento ma chiede un interesse del 15% che risulta essere troppo alto. Amedeo viene quindi inviato a Milano per tentare di convincerlo ad abbassarlo. Non sa però che presso gli uffici di vendita on line di Pio è in corso un’ispezione della Guardia di Finanza. Gli crea poi anche qualche problema con l’influencer vegana

facendole assaggiare in diretta un prodotto alimentare realizzato con il sangue del maiale. Ottiene comunque un ribasso degli interessi al 9%.

Pio lo porta a fare acquisti spingendo perché compri i prodotti più cari salvo poi scoprire che le sue carte di credito sono state bloccate e quindi tocca ad Amedeo pagare. Nel frattempo l’influencer lo ha lasciato perché Amedeo, scoperto che Pio aveva messo in casa di riposo entrambi i genitori ancora attivi, li fa uscire e glieli porta nell’abitazione. Nonostante i tentativi di essere sempre sulla cresta dell’onda (ivi compresa la presenza a una festa che l’ex compagna ha organizzato per risalire nel gradimento dei followers) la situazione di Pio precipita. Gli viene sequestrata l’auto e svuotato l’appartamento.

Intanto Amedeo ha attirato l’attenzione di una commessa (anche lei del Sud) che è andata a trovare

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eleonora Zoratti

lui e Pio facendosi accompagnare da un amico gay che è subito attratto da quello che pensa sia un ricco. Ormai ridotto sul lastrico Pio cerca di impiccarsi ad una delle piante del Bosco verticale dove abita ma precipita al piano di sotto.

Ricoverato trova la vicinanza solo dell’amico Amedeo che lo riporta al paese. Da lì partiranno per una nuova impresa: riportare al Sud tanti di quelli che si erano trasferiti a Milano per ‘recuperarli’ a una vita priva di stress e aria inquinata. Nel frattempo avremo scoperto che Amedeo era stato informato fin dal suo arrivo da Alexa (la vigilante domotica) della situazione finanziaria della società di Pio.

LLe polemiche nate in seguito alle trasmissioni televisive di Felicissima sera relative agli interventi decisamente non politically correct di Pio e Amedeo non hanno per nulla intaccato la

IL SESSO DEGLI ANGELI

IIl regista e attore principale interpreta Don Simone, un prete fiorentino con molto spirito d’iniziativa ma a cui nulla sembra andare per il verso giusto. I problemi finanziari e la mancata collaborazione da parte degli altri membri della parrocchia e del vescovo impediscono la realizzazione di progetti per avvicinare la nuova generazione alla religione (dai tornei di tennis ai concerti di musica leggera durante le messe).

Inoltre il previsto ma mai prevenuto crollo del tetto della chiesa a causa delle infiltrazioni d’acqua sembra mettere definitivamente fine al suo entusiasmo.

loro presa sul grande pubblico se si considerano i dati al box office del film. Uscito il giorno di Capodanno (in proposito va ricordato che il primo che decise di uscire con un film in un giorno considerato del tutto privo di appeal commerciale come il 1° gennaio è stato Claude Lelouch, il film dopo tre settimane di proiezione ha incassato 2.736.395 € facendo registrare 393.726 spettatori, venendo proiettato su 383 schermi e incassando il primo giorno 489.739 €. Il duo, grazie alla regia di un esperto in materia come Gennaro Nunziante con questo film (che non è il loro primo ma è quasi come se lo fosse) si candidano a diventare i Ficarra e Picone della Puglia. Sanno infatti (a differenza che in tv) come limitare l’irruzione nei campi minati della correttezza per arrivare a un pubblico cinematografico da feste natalizie senza però rinunciare a una verve polemica capace di colpire nel segno. Perché è vero che del contrasto culturale Nord/ Sud è ricca la storia del nostro ci-

nema ma in questo caso la satira è tarata su un ambito specifico. Il mondo preso in giro è quello degli arricchiti che provengono dal Sud e che si milanesizzano disprezzando le proprie origini in un contesto come quello contemporaneo in cui a questo si aggiunge la necessità di apparire sui social.

Il contraltare ‘pugliese’ rappresentato da Amedeo è finalizzato a far esplodere, grazie a una finta ingenuità che è sottesa da una forte malizia, il massimo numero possibile di contraddizioni senza moralismi ma con una dose misurata di vetriolo.

di Leonardo Pieraccioni

Origine: Italia, 2021

Produzione: Levante con Rai Cinema

Improvvisamente torna la speranza: suo zio Waldemaro, morto da poco, gli ha lasciato in eredità una proficua attività in Svizzera, precisamente a Lugano. Recatosi nel luogo assieme al sacrestano Giacinto, scopre che l’attività in questione è un sontuoso bordello, il cui aspetto tanto lussuoso ed elegante così lontano da quelli italiani, inganna il nostro protagonista, convinto che lo zio gestisse un rinomato albergo. Nella loro permanenza faranno la conoscenza di Lena, che gestisce il posto, divenuta in poco tempo amica di Simone, e delle altre ragazze, tra cui spicca Margò, la prostituta che ha catturato il cuore di Giacinto.

Regia: Leonardo Pieraccioni

Soggetto e Sceneggiatura: Filippo Bologna, Leonardo Pieraccioni

Interpreti: Leonardo Pieraccioni (Don Simone), Sabrina Ferilli (Lena), Marcello Fonte (Giacinto), Massimo Ceccherini (Zio Valdemaro), Gabriella Giovanardi (Margò), Eva Moore (Ameriga), Maitè Yanes (Bella), Valentina Pegorer (Alessia), Giulia Perulli (Mimì), Alessio Scali (Finizio), Vincenzo Salemme (Antonello Rovincello), Bruno Santini (Notaio Bacci)

Durata: 91’

Distribuzione: 01 Distribution

Uscita: 21 aprile 2022

Pieraccioni colloca il fulcro comico del film in una lunga e prolungata serie di fraintedimenti

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ed equivoci che si concluderà con l’accettazione da parte di Don Simone della dura realtà, tanto opposta ai suoi principi da parroco.

Scoperto il fatto, ha inizio il secondo ciclo di situazioni più o meno comiche, con il protagonista che ora deve cercare di tenere nascosta la sua identità di prete e impedire che l’arrapatissimo Giacinto rovini la loro casta reputazione. Il tutto mentre lo zio Waldemaro appare in visioni al nipote, al fine di spingerlo a cadere nelle tentazioni sessuali.

La settimana trascorre tra passeggiate per la città, chiacchierate con le ragazze e prediche che il nostro allestisce sperando di convincerle a cambiare mestiere. Il conflitto interiore di Don Simone è talmente imprevedibile da portarlo a chiedere volontariamente, nonostante i discorsi appena menzionati, di accogliere i clienti all’entrata del locale, spinto dalla curiosità.

Giunto il momento di tornare a Firenze viene a sapere da una coppia di anziani venuta a visitare il luogo che il bordello un tempo era una scuola d’infanzia, e che l’edificio è da sempre stato destinato a questo uso. All’ultimo decide quindi di accettare l’eredità e riaprire la scuola, aiutando inoltre le ragazze a intraprendere una nuova vita, protette dal Signore, come ci ricorda nell’ultima scena.

Con una trama del genere nemmeno Verdone dei tempi d’oro sarebbe riuscito a trarre un film in-

telligente. La sospensione dell’incredulità in un’opera del genere è legittima, ma se le assurdità diventano talmente numerose che la storia narrata non potrebbe in nessun modo avere luogo si perde il senso stesso della commedia o, visto il palese intento di Pieraccioni, di un film satirico, che dovrebbe invece basarsi sulla società reale.

Già dai primi venti minuti bisogna accettare il fatto che lo zio di Don Simone abbia scelto l’unico prete tra tutti i suoi parenti a cui demandare l’attività postribolare, e che il nipote non venga a sapere in nessuna maniera in cosa consista l’eredità. Considerando la sua professione, è quanto meno curioso che nessuno lo abbia avvertito. Ma fino a qui si tratta di licenze di sceneggiatura comprensibili, in quanto non vanno a intaccare la natura comica del prodotto, anzi servono a costruire la situazione iniziale.

Una delle scene peggio costruite è l’arrivo di Don Simone e Giacinto al bordello. La domanda che sorge è banale ma inevitabile: come fa a essere così stupido da non accorgersi del posto in cui si trova?

Quando un personaggio per renderlo divertente viene tanto forzatamente esagerato, diventa impossibile riderne, perché è solo un modo pigro di costruire le situazioni. Per esempio, Villaggio con Fantozzi ha creato un personaggio assurdo, ma che faceva e fa tutt’ora ridere perché basato su comportamenti reali; un servilismo e una paraculaggine che, se pur ridimensionati e in altri contesti, accomunano quasi tutti. L’assurdità di Don Simone invece, soprattutto in questa scena, è basata unicamente su una stupidità fuori dal comune che non riguarda lo spettatore, e se Pieraccioni pensava che ci riguardasse allora diventa pure offensivo e

fastidioso. Lo scambio di equivoci e fraintendimenti tra le prostitute e il prete che è convinto di trovarsi in un bar viene tirato per le lunghe. Il tutto accompagnato da musichette e montaggio adatti a YouTube, le quali dimostrano come gli autori non avessero l’intenzione di realizzare qualcosa di impegnato.

Il personaggio di Don Simone non evolve e i suoi rari cambiamenti di opinione sono talmente rapidi da non essere affatto giustificati, come la sua improvvisa scelta di accogliere i clienti all’entrata del bordello. Al di là del rischio di poter essere riconosciuto da chiunque (cosa che accadrà con un suo collega parroco che a quanto pare apprezza a tal punto le prostitute ticinesi da farsi Firenze-Lugano appositamente). Tale richiesta non è per nulla in linea con il personaggio che fino a poco prima voleva convincere le ragazze a cambiare vita. Ci sono poi le passeggiate per Lugano e tanto altro. Non sono che fiacchi tentativi di raggiungere i novanta minuti attorno a una storia che ne richiederebbe dodici.

Il personaggio viene presentato come un parroco devoto che vede nell’eredità dello zio l’occasione per redimere queste povere ragazze. La cosa assurda è che appunto, nonostante diventi amico della gerente e familiarizzi con il luogo, il personaggio non ha il minimo cambiamento e alla fine del film riesce comunque nel suo intento di far chiudere il locale (tra l’altro, senza mai chiedersi se le ragazze siano d’accordo o meno).

Un uomo che costringe delle prostitute a cambiare lavoro, perché a parer suo non è la vita adatta a loro, è mostrato da Pieraccioni come un redentore, nonostante egli stesso le sessualizzi per tutto il film.

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C

STRINGIMI FORTE

CClarisse, vaga al buio in casa sua, visiona delle polaroid come un puzzle, poi fa i bagagli e lascia nella notte il marito Marc e i due figli, Lucie e Paul, che stanno dormendo. Poco dopo si reca da un’amica che ha una stazione di servizio e le annuncia la sua intenzione di fare un viaggio per vedere il mare. Da subito si intuisce un clima di dolore e lo stato di malessere di Clarisse; qualche indizio in merito arriva dal dialogo in cui esplicita che sono passati due mesi e mezzo e che continua a vederli, ci si domanda se sia l’abbandono della famiglia o qualcosa di più tremendo da cui non si può tornare indietro. Clarisse in macchina ascolta la cassetta della figlia che suona il pianoforte. Proprio in quel momento, in casa, Lucie si esercita al pianoforte, scrive alla madre e il piccolo Paul gioca. In parallelo si vede il viaggio di Clarisse e il quotidiano dei ragazzi e di Marc che sembra cercare con loro l’uscita di casa della madre. Lucie dice al padre di aver cercato di contattare quest’ultima senza trovarla; Clarisse contemporaneamente si ferma nei bar e dopo aver bevuto racconta a tutti della sua fuga da casa e di aver dimenticato il telefonino. Durante un impegno di lavoro come guida turistica, attacca verbalmente un cliente del gruppo perché aveva rimproverato il proprio figlio ed emerge sempre di più la sua disperazione.

Vengono mostrati alcuni ricordi della protagonista: una stazione sciistica in montagna, qualcuno la chiama per chiederle informazioni e i cani annusano gli effetti personali dei suoi ragazzi per le ricerche, una frase la lascia atto-

nita: “per ritrovare i corpi si dovrà attendere la primavera” dice alla trasmittente il personale addetto al soccorso. La sua macchina ricoperta di neve di fronte all’albergo in montagna riporta il flashback della sera in cui ha conosciuto Marc e di come si sono innamorati, mentre in un adesso imprecisato il marito si guarda allo specchio e commenta il suo corpo nudo ingrassato mentre la figlia bussa alla porta del bagno reclamando gli elastici per i capelli.

Clarisse ritorna a casa, ma è vuota, i letti sono fatti ed è evidente ormai l’assenza del disordine di chi prima la abitava; come per inerzia però Clarisse non si rassegna e si reca alla scuola di musica dove andava a lezione la figlia.

Un lavoro di traduzione la porta di nuovo in viaggio, si ferma in un albergo dove stanno per arrivare dei musicisti, un uomo nella hall guarda un video su Martha Argerich, Clarisse gli si avvicina spinta dal desiderio di contatto, in modo delicato gli sbottona la camicia e mette le proprie mani sul suo petto per sentirne il calore e i battiti. Immagina la figlia cresciuta suonare il pianoforte con i capelli bianchi e pettinata come la famosa pianista. Il tempo è passato e i figli sono in cucina che fanno colazione con il padre, c’è un dialogo immaginato tra lei e Marc in cui lo guida nella cura dei ragazzi e poi ricorda la loro ultima notte d’amore in montagna.

Siamo in primavera, nella stazione sciistica in cui le avevano detto che avrebbero dovuto aspettare la primavera per ritrovare i corpi, lei si guarda intorno e immagina Marc costruire per Paul una casa sull’albero e ridistribuire gli spazi della casa per dare a Lucie una stanza tutta per sé.

di Mathieu Amalric

Origine: Francia, 2021

Produzione: Laetitia Gonzales, Yaël Fogiel, Felix Von Boehm per Les Films Du Poisson, in coproduzione con Gaumont, Aarte France Cinéma, Lupa Film

Regia: Mathieu Amalric

Soggetto: dalla pièce teatrale di Claudine Galea

Sceneggiatura: Mathieu Amalric

Interpreti: Vicky Krieps (Clarisse), Arieh Worthalter (Marc), Anne-Sophie Bowen Chatet (Lucie), Sacha Ardilly (Paul), Juliette Benveniste (Lucie, adolescente), Aurèle Grzesik (Paul, adolescente), Aurélia Petit, Erwan Ribard (Agente immobiliare), Samuel Mathieu (Collega di Marc), Cuca Bañeres Flos (Cameriera dello chalet)

Durata: 97’

Distribuzione: Movies Inspired

Uscita: 27 gennaio 2022

Le immagini dei luoghi e dei tempi, fantasia e realtà si scontrano sempre di più, una ragazza che somiglia alla figlia alla scuola di musica è in realtà Juliette e lamenta le persecuzioni di Clarisse; è il segno di un tempo che chiede di andare avanti. Nella stazione sciistica arriva implacabile il disgelo primaverile e rivela per la protagonista i corpi dei cari e con esso anche il dramma e tutto il dolore della verità che fino ad allora poteva essere ancora occultata e sottaciuta. Nuovamente a casa Clarisse sul letto guarda le polaroid, riordina i giochi e mostra la casa ad un agente immobiliare.

L’epilogo è quindi un mosaico di ricordi che possono essere portati anche in una casa nuova e in un nuovo tempo per sé.

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SStingimi forte, adattato liberamente da una pièce teatrale di Claudine Galéa (“Je reviens de loin”) è un piccolo capolavoro con una brillante e ben riuscita sceneggiatura che si articola grazie al montaggio intrecciato perfettamente tra il presente, l’immaginato e i ricordi che piano piano affiorano, coprendo e scoprendo le carte come nella sequenza iniziale delle polaroid. La colonna sonora, con brani al pianoforte di Chopin, Debussy, Rameau, Ravel,

Beethoven, Mozart, Rachmaninov segnala il clima malinconico della protagonista e funziona quasi come un ulteriore dialogo o una voce fuori campo.

Come in Film blu (Trois couleurs: Bleu) - di Krzysztof Kieslowski nella trilogia dei colori, c’è un viaggio metaforico e poetico che segna un difficilissimo percorso elaborativo di un lutto impossibile, quello di una madre e una moglie verso tutta la sua famiglia che passa però in questo caso da un immaginario distorto. Nei pri-

mi piani e nella bravura dell’attrice Vicky Krieps si legge bene il racconto di quel dolore struggente di chi sente la colpa di non aver potuto salvare le persone a cui tiene di più, in cui scorre insita nel legame la promessa impossibile di proteggere e accudire sempre. Il limite umano tradisce e la protagonista immagina i propri cari imparare a stare senza di lei per poter accettare il vuoto dello stare lei senza di loro.

di Renzo Carbonera TAKEAWAY

Origine: Italia

Produzione: Italia, Germania

Regia: Renzo Carbonera

Soggetto e Sceneggiatura:

Interpreti: Carlotta Antonelli, Libero De Rienzo

Durata: 95 min.

Distribuzione: Fandango

Uscita: 20 gennaio 2022

IIl film si apre con un montaggio alternato che presenta una ragazza che corre lungo una strada di montagna e dei corridori in pista per una competizione, sul quale appaiono i titoli di testa. In seguito, compare un suono intradiegetico, e sentiamo in sottofondo il discorso di una radio relativo al fallimento di una banca inglese, che annuncia il problema della crisi economica che resterà sullo sfondo dell’intera pellicola (da no-

tare il discorso durante una cena, quando i genitori della protagonista parlano della possibilità di vendere il terreno di famiglia).

Da queste prime immagini di pregenerico si deduce che la protagonista sta facendo un percorso di riabilitazione per poter tornare a gareggiare. L’allenatore - nonché amante - della protagonista, pur di farla tornare a vincere le gare sportive, convince il padre a sostituirle le benzodiazepine con altre pastiglie. Il costo di un ciclo di questi nuovi inibitori è di 10.000 euro, cifra non irrisoria per una famiglia di umili origini, che tuttavia accetta di contribuire all’acquisto. Ben presto la ragazza comincia a vomitare. Sono forse le pastiglie a stancarla e a danneggiarle lo stomaco. A crampi e altri dolori fisici si aggiungono repentini sbalzi d’umore, che contribuiscono al crescendo di tensione drammatica…

Un giorno, per motivi di lavoro, torna al paese un ex sportivo che veniva allenato dal compagno della ragazza che si scoprirà aver vissuto una situazione analoga a quella della protagonista per quanto riguarda l’assunzione di doping. “sono i genitori a far prendere quel-

la merda ai figli” dice l’allenatore al ragazzo durante un’accesa discussione che culmina in lite (lo picchia e gli dice di partire, anche per paura che seduca la sua compagna). Il ragazzo va ad avvertire la protagonista di lasciar perdere con le sostanze dopanti. La ragazza torna a gareggiare ma durante una mezza maratona (20km) si sente male e si ferma dopo 14 km.

L’allenatore non accetta l’accaduto e le propone un altro ciclo di doping da 10.000 euro. Nel frattempo, lei scopre di essere incinta (era più probabilmente questa la causa del vomito).

Un mattino, il fornitore di sostanze dopanti va sotto il loro negozio per chiedere i soldi del secondo ciclo all’allenatore (preso a credito data l’indisponibilità finanziaria). Il responsabile non li ha e lo manda via dopo avergli dato il solo contante che aveva in tasca, una miserrima parte confrontata alle migliaia di euro di debito. Alla ragazza viene infine data una pillola abortiva (che lei sceglie di non assumere).

La vittoria nella competizione è sua, ma la pressione è troppo

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alta e il senso di colpa cresce in lei, il che la spinge ad autodenunciarsi per doping, come possiamo sentire da una radio nel salotto della casa dei suoi genitori, che ascoltano con rassegnazione la notizia.

Il film si chiude - così come era cominciato - con una radio che dà la notizia del fallimento di un’altra banca (italiana questa volta, la crisi ha raggiunto la penisola) e dell’autodenuncia per doping da parte della protagonista.

PICCOLO CORPO

SSiamo nei primi del ‘900 in un’isola del Nordest, Agata con estrema sofferenza partorisce in casa una bambina morta. La donna, ancora convalescente, si rivolge al prete della comunità di pescatori perché battezzi la piccola, ma questi respinge la richiesta. Oltre alle sofferenze del parto, la donna non si rassegna alla condizione della figlia che, non essendo battezzata, secondo la concezione teologica del cattolicesimo sarà destinata a vagare nel limbo.

Un uomo suggerisce ad Agata di recarsi in Val Dolais, dove ci sarebbe una chiesa in cui risvegliano i bambini nati morti per il tempo necessario a dare un nome alla figlia e farla riposare in pace.

Agata si mette in viaggio con una piccola scatola di legno sulle spalle in cui giace la figlia ma, non conoscendo la strada, si perde nelle montagne. Un personaggio ambiguo, Lince, si offre di aiutarla, ma alla prima occasione la vende come balia.

Destinata a una famiglia di ricchi della città, Agata viene rapita e, nel tragitto, subisce l’assalto di alcuni banditi, tra cui una donna

L’atmosfera plumbea e nebbiosa del paese di montagna (che costituisce la scenografia naturale nella quale si svolge l’intero racconto), abbinata alla dominanza di colori freddi (azzurro, grigio), contribuisce alla desolazione dei rapporti tra personaggi. I ruoli sono ben definiti e coerenti allo sviluppo narrativo - nonostante in alcuni casi la prestazione attoriale sia mediocre.

I movimenti di camera sono fluidi ed eleganti, a campi lunghi e totali piuttosto statici e distanti dalla

scena si alternano mezze figure e primi piani supportati da inquadrature ravvicinate e decisamente più movimentate, così da contribuire alla frenesia di alcune sequenze.

Per quanto concerne il suono, si ha sovente una musica elettronica che funge da leitmotiv durante i momenti della corsa della protagonista.

Il film ha inoltre un ottimo ritmo di montaggio e presenta una tematica finora poco trattata.

Origine: Italia, Francia, Slovenia 2021

che si rende conto del suo scopo della donna e le permette di scappare, inseguita da Lince.

Il ragazzo crede che Agata conservi i suoi averi nella scatola di legno e Agata, senza smentirlo, concorda di cedergliela se lui la porterà a destinazione, ma solo al termine del viaggio.

Tra i due gradualmente si stabilirà un rapporto di fiducia e di amicizia, soprattutto quando arriveranno nel paese di Lince e Agata scoprirà che quest’ultimo è in realtà una ragazza ripudiata dalla famiglia.

Le ferite del parto non ancora rimarginate rendono Agata molto debole, Lince chiede aiuto ad alcune donne che si prenderanno cura di lei e le forniranno il supporto necessario per arrivare alla chiesa, chiedendole in cambio i suoi bei capelli lunghi.

La leggenda vuole che nessuna donna sia mai tornata viva dal santuario, così anche Agata cade con la sua bambina nel lago gelato nell’ultimo tratto che la separa dalla meta. Lince però porterà a termine la missione per entrambe, dando la possibilità alla piccola di ricevere un nome e di poter finalmente elaborare anche il proprio medesimo lutto.

Produzione: Nefertiti Film, Rai Cinema, Tomsa Films, Vertigo

Sceneggiatura: Laura Samani, Marco

Borromei, Elisa Dondi

Interpreti: Celeste Cescutti (Agata)Ondina Quadri (Lince)

Distribuzione: Nefertiti Film

Durata: 89’

Uscita: 10 febbraio 2022

IIl film è un’epopea drammatica sul ruolo della donna, sulla maternità e sulla responsabilità che questa comporta. Il viaggio dell’eroe, questa volta già consapevole di un legame indissolubile tra madre e figlia - in cui vige il sodalizio tra donne - è decritto come l’unica possibilità di aiuto e comprensione. Il limbo della piccola è contemporaneamente quello di Agata e di Lince, sperdute nel

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L’

lutto perinatale, alla ricerca di un riconoscimento di sé e del proprio dolore come madri e come donne. Intorno a loro c’è una società selvaggia e senza scrupoli, incapace di redenzione e conforto. Sembra non esserci più umanità, tutto è pagato a caro prezzo; solo l’essere portatori di un’esperienza e un

di Jean-Jacques Annaud

Origine: Francia, Italia, 2022

Produzione: Ardavan Safaee, Jérôme Seydoux per Pathé Films, TF1 Films

Production, Wildside, Repérage, Vendôme Production

Regia: Jean-Jacques Annaud

Sceneggiatura: Jean-Jacques Annaud e Thomas Bidegain

Interpreti: Samuel Labarthe (comandante Gontier), Jean-Paul Bordes (comandante Gallet), Mickaël Chirinian (Laurent Prades), Jérémie Laheurte (primo sergente Joël), Maximilien Seweryn (sergente maggiore Reynald), Dimitri Storoge (comandante Francis), Xavier Maly (Monsignor Charley), Chloé Jouannet (caporalmaggiore Marianne), Pierre Lottin (tenente Alexandre), Jules Sadoughi (sergente maggiore Jordan), Benoît Tachoires (padre Boulanger), Vassili Schneider (caporale Sandro), Ava Baya (recluta Marie-Eve), Nathan Gruffy (recluta Victor), Sébastien Lalanne (comandante Marcus), Satya Dusaugey (colonnello Roland).

Durata 110 min

Distribuzione: Vision Distribution

Uscita: 28 marzo 2022

15 aprile 2019, Lunedì Santo. Un uomo di colore arriva all’ingresso della canonica della cattedrale di Notre-Dame per prendere servizio come sorvegliante addetto al sistema antincendio. All’esterno, inizia una nuova giornata di lavoro anche per gli operai addetti al rifacimento della guglia centrale sul tetto. Dai pullman scendono gruppi di turisti appartenenti a razze, religioni e nazionalità diverse che, accompagnati da guide di ogni lingua, visitano l’interno e i tetti della cattedrale.

destino comune, quello dell’essere donne, porta con sé la speranza, un sodalizio capace di cura.

Laura Samani, a cui è stato assegnato il David di Donatello per il film - opera prima -, fa un uso del campo lungo in modo quasi poetico in cui si esprime una condizione esistenziale di fortissi-

ma presenza nella solitudine più estrema.

Il film ha una sceneggiatura misurata nella costruzione dei silenzi e dei dialoghi in cui rivela sapientemente un femminile che è archetipico ed estremamente moderno.

NOTRE-DAME IN FIAMME

Ore 18.00: mentre il sorvegliante neo assunto deve adattarsi a un prolungamento del turno di lavoro fino alle 23, per assenza del collega che avrebbe dovuto rilevarlo, gli operai sul tetto concludono la loro giornata; nella navata centrale inizia per i fedeli la messa cantata, ma la campana elettrica che dovrebbe segnalarne l’inizio non funziona.

Ore 18.17: scatta l’allarme antincendio. Mentre i fedeli vengono fatti evacuare, gli addetti salgono sul tetto per un controllo che però è senza risultato: sembra trattarsi di un falso segnale dovuto all’impianto obsoleto e frequentemente guasto, come accade già da tempo. In realtà, nel sottotetto è presente del fumo, e quando alle 18.35 scatta un nuovo allarme, esso viene azzerato mentre i fedeli fanno ritorno alla cattedrale.

Ore 18.42: l’incendio c’è davvero, è nella “foresta” di travi che sovrasta la navata centrale. Sul lungo Senna, una turista impegnata a ritrarsi in un selfie con il telefonino vede uscire il fumo e avverte i pompieri, il cui centralino è alle prese con le solite emergenze di ordinaria amministrazione (un micio in pericolo sul tetto...). I comandanti Gallet e Gontier dei Pompieri di Parigi ricevono anch’essi segnalazioni dell’incendio da video e foto sui

social media, che potrebbero essere scambiati per uno scherzo, mentre in realtà il fumo è ormai visibile addirittura dalle finestre dell’ufficio del sindaco della città, Annie Hidalgo.

Ore 18.45: i pompieri entrano ufficialmente in allarme. In quello stesso momento, a Versailles, Laurent Prades, intendente della basilica di Notre-Dame, sta per prendere parte all’inaugurazione di una mostra quando riceve un messaggio che lo spinge a precipitarsi di nuovo a Parigi, in un viaggio pieno di peripezie e contrattempi dai risvolti perfino tragicomici.

Ore 18.51: dalla caserma di Poissy, a 850 metri dalla cattedrale, partono i primi equipaggi composti da pompieri uomini e donne, veterani e reclute, mentre all’interno della basilica c’è una nuova e precipitosa evacuazione dei fedeli. Solo una bambina, sfuggita al controllo della mamma, si ostina a rientrare per accendere davanti alla statua della Madonna un cero che decora con un elastico per i codini dei suoi capelli. Intanto, mentre i loro mezzi si dibattono nelle strettoie del traffico parigino, i pompieri si preparano scambiandosi chewing gum per allentare la tensione, e nella cattedrale piove letteralmente fuoco dalla guglia.

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Maria antonietta Vitiello
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Ore 19.02: le fiamme vive adesso sono pienamente visibili. Davanti alle porte chiuse di Notre-Dame, il capitano dei pompieri Marcus effettua una prima valutazione dell’incendio; sul ponte che scavalca la Senna il pubblico di parigini e turisti assiste attonito, mentre il Presidente Macron segue le riprese televisive e i soccorsi avanzano lenti per il traffico. Una volta giunti alla cattedrale, i vigili del fuoco devono poi affrontare ogni genere di difficoltà e ostacolo, quasi che Notre-Dame voglia combattere chi cerca di salvarla. Scale e passaggi angusti, interventi alla cieca nel fumo denso, perdite alla colonna secca che alimenta gli idranti e che, vecchia e mal mantenuta, fornisce poca pressione ai getti destinati a spegnere le fiamme. Contemporaneamente, il piombo delle lastre del tetto si scioglie per l’enorme calore e cola fuso dai gargoyle sui marciapiedi, quasi addosso ai soccorritori, mentre nella navata centrale continuano a piovere fiamme.

Faticosamente, uomini e mezzi si concentrano sull’Île de la Cité, dove viene installato un doppio posto di comando dei pompieri all’esterno della cattedrale. L’arciprete monsignor Charley e la conservatrice Céline, responsabile delle numerose opere d’arte custodite nel tempio, insistono per il recupero almeno della reliquia più importante: la Corona di spine di Cristo, esposta in una teca color rubino nella navata centrale. Seguendo le loro indicazioni, i vigili del fuoco intervengono e recuperano quello che credono essere l’oggetto di culto, tra la commossa soddisfazione generale; ma spetta proprio al cappellano dei pompieri Boulanger, presente tra i suoi uomini, rivelare che non si tratta della vera reliquia, bensì di una copia.

Ore 20.00: i telegiornali della sera di tutto il mondo diffondono

a livello globale la notizia del disastro, ed Emmanuel Macron decide di recarsi personalmente a Notre-Dame. Mentre l’evacuazione dei pompieri impegnati sul tetto è resa difficile da ostacoli e rischi di ogni genere, lo staff del Presidente giunge a uno dei due posti di comando dei pompieri, quello “finto” creato apposta per non intralciare il lavoro operativo del punto di comando vero, dove l’analisi della situazione appare scoraggiante: la direzione del vento è cambiata a sfavore delle azioni di spegnimento, la temperatura delle fiamme è salita a 1200 gradi e l’intera struttura in pietra della cattedrale è a rischio di crollo.

Nel frattempo Laurent Prades, giunto finalmente a Notre-Dame da Versailles superando una serie di ostacoli e incidenti di percorso, si rivela risolutivo per il salvataggio delle reliquie conservate nella cattedrale in fiamme. Dopo una vera caccia al tesoro nella canonica tra armadietti, pannelli portachiavi e cassetti, il sovrintendente trova la chiave della cassaforte che custodisce la vera Corona di spine, un’ampolla con il sangue di Cristo e un chiodo della Crocefissione. Recupera poi fortunosamente il codice di apertura e mette in salvo i reperti. Intanto, dopo lunga attesa, arriva all’esterno anche Colossus Rex, robot semovente cingolato che rappresenta l’ultima arma a disposizione dei pompieri parigini per cercare di controllare l’incendio: arma senz’altro più efficace del tweet inviato dagli Stati Uniti dal presidente Donald Trump, che suggerisce un bombardamento d’acqua sulla chiesa con aerei antincendio.

Nemmeno Colossus, però, si dimostra risolutivo e viene fatto ritirare, mentre dell’acqua cola come una lacrima sporca di fuliggine sulla guancia della statua di Notre-Dame. Tempo scaduto, sembra, e crollo imminente: ma uno dei sottufficiali all’esterno

della cattedrale lancia la proposta di salire sul campanile della facciata facendo scorrere in alto delle manichette che permettano di effettuare un attacco finale disperato alle fiamme che divorano il tetto. È una vera e propria missione suicida, per la quale non mancano però i volontari: col tacito assenso del presidente Macron, al comando del colonnello Michelon e dell’ambizioso tenente Alexandre, i vigili del fuoco salgono fino alle campane di Notre-Dame e innalzando le manichette dell’acqua lungo la facciata, tra scale che bruciano e voragini aperte sulle fiamme, si arrampicano fino a raggiungere il cuore dell’incendio.

Mentre all’esterno la folla radunata prega e canta inni religiosi, l’acqua degli idranti fa vibrare le campane, fino a quando la voce del colonnello Michelon comunica via radio dal campanile nord che il fuoco è spento, Notre-Dame è salva, non ci sono vittime o feriti, tutte le opere d’arte sono state messe al sicuro

A cavalcioni su una trave, uno degli eroici volontari si rilassa sfilandosi l’autorespiratore; due giovani reclute, ai piedi della cattedrale, si restituiscono il chewing gum condiviso ore prima a bordo della loro autopompa; il guardiano neoassunto che ha aperto la narrazione del film torna finalmente a casa; in un appartamento, la bambina che tanto aveva insistito per accendere il cero davanti alla Madonna, dà un bacio alla mamma: al mattino dopo

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l’incendio, sotto la statua, la sua candela arde ancora, sempre circondata dall’elastico fermacapelli dei suoi codini.

TTre anni dopo l’incendio che ha devastato la cattedrale di Notre-Dame, esce Notre-Dame in fiamme, kolossal francese girato con tecnica IMAX, diretto da Jean-Jacques Annaud e destinato alle piattaforme di noleggio televisive. L’intento esplicito è quello di una narrazione realistica e celebrativa dell’evento, che pone al centro del racconto il coraggio e la dedizione dei veri eroi della vicenda, i Pompieri di Parigi, seguendo le regole classiche del cinema di ricostruzione storico-cronachistica per famiglie. Da qui la scelta del regista (La guerra del fuoco, Il nome della rosa, L’amante, Sette anni in Tibet, Il nemico alle porte) di procedere secondo scelte narrative semplici ed efficaci: una corposa introduzione che delinea la situazione in cui va a prepararsi l’evento disastroso, una cronologia dei fatti scandita da titoli in cui le ore fanno da cronografo visivo per lo spettatore, una miscela di ricostruzione cinematografica e uso di documenti televisivi dei telegiornali, perché, come ricorda una citazione nei titoli di testa dello scrittore Antoine Rivaroli, “tutto è vero senza che nulla sembri verosimile”.

La prima mezz’ora di film è destinata a ricordare, se mai ve ne fosse bisogno, l’importanza religiosa, culturale e artistica di Notre-Dame per tutto il mondo; allo stesso tempo, dispone gli elementi di ambiente e narrazione che assumeranno puntualmente risvolti drammatici nello svolgimento degli eventi: selfie, scintille, spazi angusti, lavori in corso, oggetti d’arte... In seguito, la cronologia temporale scandita dai titoli in sovrimpressione segna l’inizio e il dipanarsi del dramma, in cui la

cattedrale diventa contemporaneamente ambientazione e antagonista dei personaggi destinati a lottare in essa, contro di essa, per salvarla.

In una struttura di docu-fiction europeo, che si tiene al riparo dagli eccessi del thriller catastrofico, Annaud sceglie fin da subito di mantenere l’anonimato delle figure che man mano occupano la scena, rendendole così simboli più che protagonisti, con poche eccezioni: i due comandanti Gallet e Gontier dei Pompieri di Parigi, il. curatore di Notre-Dame Laurent Prades, il sindaco Annie Hidalgo ed Emmanuel Macron. Se i primi tre sono rappresentanti esemplari dello Stato preposti alla salvezza del monumento in pericolo, i due politici compaiono nella parte documentaristica e reale del film, tratta dai telegiornali e dalle riprese ufficiali degli accadimenti. A Prades, che comunque è interpretato volutamente come gli altri da un attore non famoso, spetta addirittura uno dei ruoli di alleggerimento del racconto, con le peripezie della sua anabasi da Versailles a Parigi che, alla fine, ne sottolinea comunque l’attaccamento e la dedizione al proprio incarico, vera e propria missione paragonabile all’impegno spirituale delle due figure religiose che compaiono successivamente: l’arciprete della cattedrale Monsignor Charley (nella realtà Chauvet) e il cappellano dei Pompieri Boulanger (nella realtà Fournier: da fornaio a panettiere, nel gioco delle ridenominazioni...), impegnati a salvare i tesori artistici e spirituali minacciati dalle fiamme.

Tutti gli altri comprimari si presentano anonimi o con nomi modificati: giovani o maturi, reclute o esperti esprimono in modo indiscutibile coraggio, spirito di corpo e impegno al di là del dovere: questo sia nell’affrontare i pericoli di spazi angusti, fiamme, soffocamento, addirittura piogge di piom-

bo fuso dai gargoyle del tetto e di fuoco nella navata, sia nel prodigarsi per portare a salvamento, tra i beni più preziosi conservati nella cattedrale, quella Corona di spine di Cristo che diventa simbolica “pars pro toto” dell’intera Notre-Dame.

Se la tecnologia si dimostra in diversi momenti insufficiente (allarmi in cortocircuito, tubi degli idranti che perdono, super robot che si arrendono), o fuorviante (l’ossessione dei selfie e della Rete fa pensare agli inizi a un fake o a uno scherzo), il fattore umano è quello che, anche in questo film, ha per Annaud un ruolo preponderante e decisivo. Eroi anonimi, i Pompieri di Parigi si sostengono spalla a spalla, si accontentano di pochissimo per riprendersi (una bottiglia d’acqua, una gomma da masticare). Soprattutto, sanno trovare la soluzione coraggiosa che risolve la situazione più drammatica e la volge al lieto fine: il monumento religioso più simbolico di tutta la città, protagonista di espressioni artistiche letterarie, pittoriche, musicali, cinematografiche, è salvo con tutti i suoi tesori d’arte al sicuro, destinato a essere ricostruito e salvaguardato, mentre sui lungo Senna e i ponti il pubblico assiste partecipe in un momento di preghiera spontanea. Ciascuno canta nella propria lingua, per tutti c’è lo stesso coinvolgimento commosso rivolto a una cattedrale che è simbolo di una città, una cultura, un mondo.

Come ricorda il regista “la realtà si è dimostrata più appassionante di qualunque invenzione cinematografica.” Con queste premesse, anche il sottofinale del cero che arde, simbolo di fede ingenua e speranza, riesce a non essere lezioso e fuori tono, rispettando i canoni più espliciti di quel cinema per famiglie di cui si parlava all’inizio.

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L’ULTIMO GIORNO SULLA TERRA di Romain Quiro

Origine: Francia, 2020

IIl film si apre con un minimale segmento animato, nel quale una voce infantile narra che in un futuro prossimo l’essere umano ha scoperto una nuova luna rossa che contiene un’energia apparentemente infinita. Si inizia quindi a scavare e ad abusarne al punto che la luna, dotata di una propria volontà, vuole vendicarsi schiantandosi sulla terra e facendo estinguere l’umanità.

Henri W. R., un ricco scienziato, è determinato a distruggere la luna rossa prima che possa avvenire la catastrofe. Suo figlio Paul è inoltre un bambino particolare,sembra infatti che abbia assimilato dei poteri dalla luna incombente che consistono in visioni future che non lasciano intendere nulla di buono qualora il piano del padre fosse portato a termine. Henri allora somministra al bambino un antidoto che fa sparire le visioni, in modo tale che una volta grande sia proprio Paul a intraprendere la missione per distruggere questa minaccia.

Il film effettivo comincia con Paul, ormai cresciuto e destinato alla missione. Il futuro del pianeta è nelle sue mani e tutto il mondo dipende dalle sue azioni. Paul si è però risvegliato dalla droga del padre e ha capito che la cosa giusta da fare è accettare le conseguenze delle azioni irresponsabili dell’essere umano. Fuggito alla missione, è ora ricercato ovunque, soprattutto dal pericoloso fratello Eliott, seguace del padre, che come lui ha ricevuto dei poteri dalla luna, ovvero delle pupille modificate che entrando in contatto visivo con qualcuno permettono a Eliott di penetrare nella sua mente e portarlo al suicidio.

Nella fuga Paul si reca in un negozio per le batterie del suo veicolo, incontra così Elma, una ragazzina che presto sospetta che il cliente possa essere l’astronauta ricercato Paul W. R., e cerca di estrapolargli più informazioni possibili. La verità viene tragicamente a galla quando le tracce di Paul portano Eliott al negozio di Elma e a uccidere suo padre.

Senza più un posto dove stare Elma si unisce a Paul e si rivela molto utile, oltre che sostenitrice dei suoi scopi.

Da questo punto il viaggio di Paul ed Elma, ricco di scene d’azione, combattimenti con i ricercatori e con la polizia, mentre alle loro calcagna Eliott uccide chiunque li abbia incontrati, è alternato ad analessi in bianco e nero che narrano l’infanzia di Paul, mostrando gli eventi riassunti cronologicamente all’inizio.

Eliott li raggiunge e tenta il tranello psicologico con il fratello, il quale invece resiste e lo uccide con un colpo di pistola. A questo punto Paul sembra voler soddisfare il padre e intraprendere il viaggio per salvare il pianeta, ma inaspettatamente (almeno per il padre) ordina alla navicella di non avvicinarsi alla luna e di autodistruggersi. Il film si chiude con la luna rossa che lentamente si allontana e risparmia l’umanità, mentre Elma guarda il tutto dalla Terra.

L’ultimo giorno sulla terra ha un modo innovativo di trattare elementi ormai classici del genere. Da un inizio semplice e simile a molte altre opere fantascientifiche evolve in una trama complessa e articolata con una narrazione che si svolge parallelamente sia nel presente sia nel passato. Uno dei maggiori meriti da riconoscere al

Produzione: Romain Quirot, Christophe Toulemonde, Hicham El Ghorfi, Fannie

Pailloux, Frantz Richard, Grégoire Melin

Regia: Romain Quirot

Soggetto e Sceneggiatura: Romain

Quirot, Laurent Turner

Interpreti: Jean Reno (Henri W.R), Hugo Becker (Paul W.R), Lys Oussadit-Lessert (Elma), Paul Hamy (Eliott W.R), Philippe Katerine (Lo speaker radiofonico), Bruno Lochet (César), Emilie Gavois-Kahn (Simone)

Durata: 90’

Distribuzione: Notorius Pictures

Uscita: 20 gennaio 2022

regista è quindi la sua maestria nell’esporre i molteplici elementi della storia perché bastava davvero poco per rendere il tutto confuso o poco credibile; le scene dell’infanzia in bianco e nero contribuiscono a caratterizzare i personaggi in modo originale ed efficace mentre la narrazione prosegue.

Il film è ricco di riflessioni sulla natura umana che non sfociano mai nella retorica ma che hanno la loro potenza nell’impatto visivo, in quanto il futuro desolante propostoci parla da sé.

L’ambientazione è significativa e sono molto credibili gli avanzamenti tecnologici rappresentati. Siamo di fronte a un’umanità che si rinnova per abitudine anziché per bisogno, senza che i reali problemi della società vengano risolti: le automobili fluttuano ma vanno ancora a batterie (cosa che causa grossi problemi al protagonista); i cartelli pubblicitari, così come la radio, sono identici ai nostri con la sola aggiunta di futili ologram-

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L’

mi. Non è casuale che nell’ambito delle armi e della violenza i rinnovamenti siano stati molto più efficaci: si pensi al fluido che Paul immette nel braccio per migliorare la sua mira con la pistola.

Le scene d’azione sono il punto forte della pellicola: ben posizionate, donano un ritmo incredibile e tolgono al film quella seriosità pedante riscontrabile in molte opere del genere, dimostrando così che si possono trattare tematiche importanti e fondamentali pur mantenendo caratteristiche del cinema “mainstream” d’intrattenimento. Nelle scene interne la camera a mano trasmette benissimo la claustrofobia, la confusione e la costante fretta e consapevolezza che il tempo a disposizione è poco; ad aumentare l’ansia è soprattutto la luna rossa che è sempre sullo sfondo nelle scene esterne.

Non da meno le prestazioni attoriali: le interpretazioni di Hugo

Becker e Lya Ouassadit Lessert (nel film rispettivamente Paul ed Elma), se pur nei panni di personaggi che non spiccano per originalità, non cadono mai nello stereotipo. Notevole anche la mimica di Paul Hamy (Eliott), sulla quale si basa tutta la potenza e la pericolosità del personaggio quando gioca con le menti delle vittime.

Il finale è perfetto. Non c’è nulla di eroico e pomposo nella scelta di Paul, e nemmeno nel desiderio di vendicarsi del padre, solo un sincero sacrificio coerente con quello che ha professato fino a quel punto. La cosa più interessante è la suggerita volontà propria della luna che si allontana dopo il sacrificio di Paul; un’entità che sovrasta l’umanità e che la tiene sotto controllo, rappresentativa di tutte le risorse che l’uomo ha a disposizione e di cui abusa sempre, con la differenza che questa volta prende il sopravvento fino a quan-

do l’essere umano, tramite Paul, raggiunge la consapevolezza dei propri sbagli.

Un ultima nota di merito va alle splendide musiche country e blues che, con la loro semplicità e bellezza, creano un contrasto apprezzatissimo con la violenza sullo schermo, e agli effetti speciali che sono oggettivamente spettacolari.

Gli elementi che stonano rispetto all’alta complessiva qualità del prodotto: i personaggi sono piuttosto scontati, così come i dialoghi messi loro in bocca non hanno nulla di memorabile. Poco funzionale poi il character design dei poliziotti (o chiunque fossero quelli alla dogana), che consiste in tuta e casco abbastanza ridicoli che li fa sembrare usciti da Star Wars. Parecchio fuori luogo considerando il realismo e la plausibilità fantascientifica del resto del film.

LA NOTTE PIÙ LUNGA DELL’ANNO

Origine: Italia, 2021

Produzione: Sandro Bartolozzi per Clipper Media con Rai Cinema, in collaborazione con Sky

Regia: Simone Aleandri

Soggetto: Andrea Di Consoli

Sceneggiatura: Andrea Di Consoli, Simone Aleandri, Cristina Borsatti

Interpreti: Mimmo Mignemi (Sergio Cammarata), Ambra Angiolini (Luce), Luigi Fedele (Johnny), Francesco Di Napoli (Damiano), Michele Eburnea (Enzo), Nicolò Galasso (Pepè), Massimo Popolizio (Francesco Iaquinta), Alessandro Haber (Saverio), Anna

Ammirati (Isabella), Antonio Petrocelli (Giuseppe), Massimo De Francovich (Presidente), Aglaia Mora (Felicia), Matteo Carlomagno (Filippo Cerverizzo), Pascal Zullino (Carmine Ruocco), Fabio

Pompili (DJ X), Pedro Sarubbi (Santino Iavarone)

Durata: 90’

Distribuzione: Vision Distribution

Uscita: 27 gennaio 2022

IIl film si svolge tra il 21 e il 22 di dicembre (solstizio d’inverno) quando il sole tramonta intorno alle ore 16.30 e sorge all’indomani alle 7.30.

In una stazione di servizio, il proprietario cerca il suo cane Nerone. Una donna, Luce, sta tornando a casa dal proprio padre molto malato che trascorre il suo tempo a guardare programmi sulla pesca, per lui grande passione e filosofia di vita.

Luce, ormai quasi cinquantenne, lavora come cubista in una discoteca e durante questa notte cerca di smettere, stanca di tutta la situazione. Il proprietario le chiede di appartarsi con un cliente a cui deve dei soldi. La donna inizialmente accetta ma poi scappa e solo il pro-

prietario della stazione di servizio riesce a darle conforto, mentre il padre di lei con la valigia se ne va a pescare per un’ultima volta.

Johnny cena con i propri genitori che gli chiedono di partecipare a un quiz televisivo vista la sua preparazione culturale, si reca poi dalla sua ex insegnante con cui ha una relazione clandestina da molto tempo. La donna è sposata e il marito, rientrando più o meno consapevolmente, non li scopre solo perché indugia sulla soglia. Il ragazzo ha così il tempo di rifugiarsi mezzo nudo sul balcone della casa. Riuscirà a scappare con la macchina di lei a e rifugiarsi anch’egli nella stazione di servizio per una coperta e delle sigarette. Dopo

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di Simone Aleandri

poco tornerà a lasciarle la macchina a cui darà fuoco, chiudendo il cerchio con il rientro a casa a dormire come se nulla fosse.

Tre ragazzi vanno su una giostra facendosi le canne, per divertirsi decidono di prendere in prestito il carro funebre dell’impresa di famiglia di uno di loro. Nel corso della notte proveranno a entrare nella discoteca in cui lavora Luce ma vengono respinti all’ingresso.

Sulla strada del ritorno investono il cane Nerone, e di fonte al menefreghismo dei compagni, Damiano - uno dei tre ragazzi - inizia a litigare con gli altri perché sente il peso di una condizione senza futuro e li sprona a prendere coscienza della necessità di un cambiamento.

Un assessore fa una riunione con lo staff che sta curando la campagna elettorale e a un certo punto viene raggiunto da un uomo che gli annuncia che verrà arrestato la mattina successiva. Si rivolgerà quindi a un politico locale per avere

LA CROCIATA

Abel rientra a casa e nota che non c’è più il monopattino di Joseph, il figlio tredicenne; insieme alla moglie Marianne lo interroga, scoprendo che ha venduto di nascosto i loro oggetti più preziosi: bottiglie di vino pregiate, una collezione di orologi, un abito di Dior, i libri antichi del nonno, anelli, giacche e gemelli.

Joseph vagamente spiega loro che gli introiti serviranno a finanziare un viaggio in Africa ma che tutto ciò richiede la massima segretezza.

La coppia, che manifesta inizialmente stupore e panico, con pazienza cerca di comprendere la progettualità del figlio che, con estrema serietà, chiarisce loro la necessità di fare qualcosa per il pianeta, perché anche lui vorrebbe “avere dei figli ed essere un buon padre”.

“protezione” ma senza esito. Dopo averlo comunicato alla famiglia, cerca conforto spirituale in una chiesa.

Una lunga notte, quindi, nella quale si intrecciano questi spezzoni di vita, accumunati anche solo lateralmente da uno snodo, una stazione di servizio in una città di provincia come Potenza.

IIl film mantiene un ritmo blando intervallato dallo spostarsi da una storia all’altra, sviluppate in parallelo.

Questa struttura sottolinea il messaggio del film: una condizione (quella di una provincia meridionale italiana) che vorrebbe disperatamente trovare uno sviluppo e soprattutto un’evoluzione senza riuscirci, rimanendo invece incastrata nel solito vortice. I personaggi infatti cercano di ribellarsi alla propria condizione senza trovare un’alternativa in un intreccio tra un ambiente che non fornisce

molte possibilità e un atteggiamento rassegnato in partenza.

Sono apprezzabili alcune scelte stilistiche come le inquadrature dall’alto, i colori tendenti allo scuro con delle note fluo (capelli blu di Luce) e le pennellate di alcuni personaggi ma la sceneggiatura non regge con dei salti poco convincenti.

L’idea poteva essere valida ma la realizzazione non è all’altezza; da segnalare comunque la convincente interpretazione di Ambra Angiolini nel ruolo di Luce.

Origine: Francia, 2021

Una sera Joseph porta i genitori bendati in un bosco fuori Parigi per mostrare loro finalmente il progetto: un sistema di pompaggio dell’acqua nel deserto del Sahara per contrastare la sparizione di specie e risanare l’ambiente.

Dopo che la polizia li scambia per pedofili e li porta in commissariato, la coppia si vedrà costretta a confrontarsi con il tema, i loro valori, il tempo passato, le ipocrisie e la loro unione.

Marianne si ritroverà completamente nell’iniziativa del figlio e andrà in Africa in sua vece, Abel, invece, sarà toccato solo dal confronto con gli anni che passano.

Un breve film di un’ora e sei minuti, una favola moderna sull’annosa questione climatica che ha il

Produzione: Why Not Productions

Regia: Louis Garrel

Soggetto e Sceneggiatura: Jean-Claude Carrière, Louis Garrel, Naïla Guiguet (collaborazione)

Interpreti: Laetitia Casta (Marianne), Joseph Engel (Joseph), Louis Garrel (Abel), Ilinka Lony (Clotilde), Julia Boème (Lucile), Jérôme Lhomond (Lionel Dray), Audrey Lhomond ( Clémence Jeanguillaume), Lazare Minougou (Tassista), Farid Bouzenad (Capo della Polizia), Basilis Athanassiadis (Agente di Polizia), Patrice Trohel (Agente di Polizia), Oumy Bruni Garrel (Giovane attivista), Gloria Deparis (Giovane attivista), Emiliano Laurenti (Giovane attivista), Mathieu Maricau (Giovane attivista), Moustapha Mbengue (Guida nel deserto), Maïmouna Gueye (Moglie della guida), Sokhna Diallo (Figlia della guida), Mohamed Kane (Figlio della guida), Béatrice Michel (Evangelista), Hadidiatou Sakhi (Evangelista), Myriam Sif (Turista danese)

Durata: 106’

Distribuzione: Movies Inspired Uscita: 5 gennaio 2022

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Maria antonietta Vitiello
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grande merito di adottare un duplice sguardo: quello dei ragazzi attivi e militanti e quello degli adulti, inizialmente scettici e poi clamorosamente divisi in posizioni molto e per nulla attive (Marianne e Abel).

Un film che percorre due generazioni non mancando di sottolineare le dinamiche amorose tra i ragazzi e tra gli adulti, tema caro a Luis Garrel già ne L’uomo fedele.

Garrel volutamente utilizza la sceneggiatura di Jean-Claude Carriére, favola ecologista utopica e profetica, sia per lanciare degli spunti di riflessioni sulle ipocrisie adulte sia per alleggerire un tema importante che tocca e angoscia tutti e lascia allo spettatore il possibile miraggio di un cambiamento ancora possibile.

di Fabrizio Moro GHIACCIO

Origine: Italia, 2021

Produzione: La Casa Rossa con Tenderstories

Regia: Alessio De Leonardis, Fabrizio Moro

Soggetto e Sceneggiatura: Fabrizio

Moro, Alessio De Leonardis, Alec Von Bargen

Interpreti: Vinicio Marchioni (Massimo), Giacomo Ferrara (Giorgio), Claudio Camilli (Pisciasotto), Beatrice Bartoni (Elisabetta), Sara Cardinaletti (Floriana), Valerio Morigi (Sfascio), Lorenzo Grilli (Blond), Flaminia Cuzzoli (Margherita), Vittorio Emanuele Propizio (Michelino), Lidia Vitale (Maria), Mauro Cremonini (Giovannone), Matteo Ballesio (Marco)

Durata: 96’

Distribuzione: Vision Distribution

Uscita: 7 febbraio 2022

QQuesto debutto alla regia del cantautore italiano si apre con una panoramica della periferia romana di fine anni Novanta mostrando poi il cadavere di un uomo colpito da un proiettile. Il film mette subito in chiaro le tematiche che intende trattare accompagnando il tutto con un monologo su quanto l’ambiente in cui si vive influisca sulla scelta personale tra bene e male, e sulla difficoltà di affermare la strada che ogni singolo individuo decide di prendere senza influenze esterne. La macchina da presa si concentra poi su Giorgio, il protagonista, un giovane appassionato di boxe ma che non dedica abbastanza tempo all’allenamento,

come gli rimprovera il suo allenatore Massimo, passando gran parte del suo tempo a vagabondare e a cercare di non farsi divorare dalla malavita del luogo.

Nelle scene successive il film alterna la vita quotidiana di Massimo a quella di Giorgio. Del primo scopriamo che è un ex pugile sposato e con due figli piccoli e che ha probabilmente deciso di rinunciare alla boxe per passare più tempo con la famiglia. Comunque non riesce a rinunciare alla sua passione; tanto da svegliarsi alle quattro del mattino per chiedere al gestore della palestra di aprire in anticipo solo per lui. Giorgio nel frattempo sembra avere grossi problemi con la mafia locale; veniamo infatti a sapere che suo padre è morto ucciso dai mafiosi (si intuisce che il cadavere iniziale è il suo) e che ha lasciato al figlio una montagna di debiti. La mafia ha quindi intenzione di far pagare a Giorgio tutti gli errori del padre. Il resto del tempo lo passa cercando invano distrazioni con gli amici e con la sua ragazza, ma soprattutto con la madre, distrutta dal lutto e preoccupata per il futuro del figlio.

Massimo ha a cuore il destino di Giorgio e decide di aiutarlo sia nella boxe, diventando suo allenatore e facendogli raggiungere un livello che gli permettà di parte-

cipare a incontri di professionisti, sia economicamente, cosa che farà arrabbiare parecchio la moglie, la quale considera Giorgio uno sconosciuto che non merita i risparmi della famiglia. Lo screzio tra i due si risolverà in breve quando Massimo le canterà una canzone sotto il balcone. Gli allenamenti intanto proseguono e Giorgio diventa anche amico intimo della famiglia di Massimo, venendo invitato a pranzo e diventando quasi un idolo per il figlio, che stima la sua devozione nella boxe. Lo ammira al punto da chiedere per regalo la stessa felpa di Francesco Totti che indossa lui e, siccome quella di Giorgio è rovinata e non ha più la t centrale, decide di rimuoverla anche dalla sua nuova.

Nel frattempo la mafia propone a Giorgio un accordo: tutti i debiti spariranno se al terzo round di un incontro con un pugile che rende conto a loro Giorgio cadrà volontariamente a terra lasciando passare i dieci secondi per far vincere l’avversario. L’incontro ha luogo e Giorgio, incoraggiato da Massimo e dagli altri suoi ammiratori, decide di ribellarsi e, spinto anche dalla rabbia per la slealtà sportiva dell’avversario, lo stende definitivamente.

Tutti festeggiano il trionfo di Giorgio e il suo ingresso nel mondo dei campionati tranne lui, che

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sa bene che ora la mafia lo cerca e non lo lascerà tranquillo fino a quando non avrà fatto la stessa fine del padre. I mafiosi hanno però come unico segno di riconoscimento la felpa che Giorgio indossa costantemente dall’inizio del film, la già citata Totti senza la t, e lo confondono quindi con Massimo che ha preso quella del figlio per uscire a correre. Il film si chiude con Massimo ucciso in strada da un proiettile nella schiena, ultima vittima degli errori commessi dal padre di Giorgio.

IIl film risulta senza dubbio godibile, dotato di un buon ritmo e chiaramente mosso da passione e amore per il mondo e le tematiche proposte da parte degli autori. Se la regia non è delle migliori nelle scene interne (caotica e claustrofobica la scena del litigio tra Massimo e la moglie) è invece notevole in quelle più movimentate, come lo splendido incontro di pugilato verso la fine del film o il colpo di scena finale.

LUIGI PROIETTI DETTO GIGI

EEdoardo Leo ha presentato in anteprima il suo documentario alla Festa del cinema di Roma 2022, uno spettacolo evento dedicato a un grandissimo della nostra scena.

Leo ha svolto pian piano il filo misterioso che parte da quando a tre anni Proietti recitò la sua prima poesia dai gradini dell’altare della chiesa di un paesino dove si trovava la famiglia.

Da allora le prime esperienze con la chitarra, era ancora liceale, nelle serate dei night della dolce vita romana. Poi l’incontro con i registi Cobelli e Quartucci, il pri-

Tutto questo non basta però a distrarre lo spettatore dalla sconcertante banalità narrativa. Chi ama i film sul pugilato non può non considerare Ghiaccio come una pallida copia del meraviglioso Fuori dalle corde di Fulvio Bernasconi (facilmente recuperabile su PlaySuisse), e se invece si considera l’ambiente e la tematica generale della periferia romana i titoli si sprecano.

Per chi mastica il genere è quindi impossibile non anticipare tutta la trama dopo i primi venti minuti. La costruzione di tutti i personaggi è sorretta da un paio di aggettivi di caratterizzazione e i dialoghi sono talmente pomposi e retorici da sembrare a volte parodistici di questo tipo di cinema. Sono davvero troppe le frasi fatte e già sentite messe in bocca ai protagonisti per renderli credibili allo spettatore. Il film non è poi aiutato dall’interpretazione principale, monotona e macchiettistica, di Giacomo Ferrara.

Purtroppo non si percepisce nemmeno l’amore del protagonista per lo sport. Il film si concen-

tra troppo sul successo e la gloria come obbiettivi assoluti e Giorgio, soprattutto nelle parti finali, sembra una macchina che agisce solo in virtù di questo senza mai che ci sia un suo momento di crisi o di indecisione su ciò in cui crede. C’è troppo tempo dedicato alla voglia di diventare campione mentre invece l’allenamento e la crescita effettiva del protagonista vengono liquidati in cinque minuti e una canzone nelle parti iniziali della pellicola; da quel punto in poi non c’è evoluzione nei personaggi. Per donare più umanità a Giorgio sarebbe stato opportuno approfondire di più il suo rapporto con la madre per evitare di far cadere anche quest’ultimo nello stereotipo.

mo gradino di un’affermazione seria come professionista e come uomo, a seguire il primo spettacolo in Rai dedicato ai bambini, tratto dal Don Chisciotte.

La svolta fondamentale è data dall’incontro con il regista Calenda e il gruppo 101 attivo nella ricerca e politica teatrale con cui Proietti studia testi d’avanguardia e approfondisce il rapporto con il pubblico con cui apre dibattiti e confronti ogni sera dopo lo spettacolo.

L’incontro non fortunato con Gregoretti e con Tinto Brass per il film L’urlo.

A seguire il colpo di fortuna: Modugno rinuncia al ruolo in Al-

Origine: Italia,2021

Produzione: Italian International Film, Alea Film, Rai Cinema, Edoardo Leo, Paola Ferrari, Federica Lucisano, Fulvio Lucisano

Regia: Edoardo Leo

Soggetto e Sceneggiatura: Edoardo Leo, Marco Bonini

Durata: 100’

Distribuzione: Nexo Digital

Uscita: 3 marzo 2022

leluia Brava Gente e Proietti se ne impossessa creando con Rascel un duo straordinario. Da qui è una galoppata, ancora e sempre il Sistina, Fatti e Fattacci con la Vanoni e La cena delle beffe con Bene.

La definitiva ed esplosiva consacrazione avviene con A me gli oc-

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di Edoardo Leo

chi, please: duemila persone ogni sera al Teatro Tenda di Roma per uno spettacolo non pubblicizzato mai visto fino ad allora sulle scene italiane.

Naturalmente Febbre da cavallo. Chi non ha visto questo film almeno dieci volte!

Non sono mancate neanche le sofferenze come quando Proietti fu sostituito senza preavviso come direttore artistico del Brancaccio da Maurizio Costanzo dopo che aveva risuscitato e riportato in alto un teatro praticamente in rovina.

L’ultima parte della vita di Proietti vede la nascita del Globe Theatre, il catalizzatore di una gioia collettiva, di cultura e di amore per il palcoscenico che unisce Proietti e il suo pubblico in un abbraccio scena dopo scena.

Shakespeare tocca l’espressione più alta nel suo essere più popolare e più vicino alla gente.

Lo spazio elisabettiano permette a Proietti di mostrare il teatro nel modo che ha sempre sognato.

“L’incontro con Gigi Proietti è stata una delle cose che mi ha insegnato di più nella mia vita, dal punto di vista umano e artistico. Io non parlo spesso e volentieri della mia vita privata, ma c’è qualcosa di personale in questo documentario. Non racconto solamente il più grande uomo di spettacolo italiano. È una specie di atto d’amore nei suoi confronti, un sentimento di riconoscenza, di ammirazione”.

Il commosso omaggio di Edoardo Leo racchiude tutto ciò che ognuno di noi pensa, nella convinzione dell’amore per il teatro, la cultura e la dinamica della libertà espressiva.

Quello che affascina è il passaggio di Proietti in tutte le forme possibili di spettacolo, in una finalità che è sempre quella, cioè inventarsi, costituire una fascinazione che possa trascinare la gente in quel-

lo che con Proietti è sempre stato, davvero, un atto d’amore.

Il viaggio che Leo ha compiuto nel seguire i mille gradini dello spettacolo raccolti nella vita dell’artista è un modo di accompagnare lo spettatore lungo un percorso di curiosità, ammirazione, arricchimento. Perché è impossibile non arricchirsi quando cogliamo la stessa grandezza in A me gli occhi please, Febbre da cavallo o negli spettacoli al Sistina o al Globe Ecco, il Globe. Leo ha anche detto che “Proietti aveva la capacità di guardare, di fotografare le cose in un modo tutto suo e di illuminarle”. L’invenzione del Globe è proprio un fascio di luce che l’artista aveva lanciato sull’opera di Shakespeare, è Leo a insistere, per toglierla dall’aura santificata ottocento/ novecentesca e scaraventarla nello spazio che era suo: in mezzo alla gente, in mezzo a un pubblico di artigiani e di popolo che andavano in contraddittorio con gli attori e ora fatto di ragazzi con la voglia di conoscere, sapere e sognare.

Una luce che non si spegnerà mai.

FabriZio MoreSco

di Alejandro Amenábar LETTERA A FRANCO

Origine: Spagna,2019

Produzione: Alejandro Amenábar, Fernando Bovaira, Domingo Corral, Hugo Sigman, Movistar+, Mod Produccionesm

Himenóptero, K&S Films

Regia: Alejandro Amenábar

Soggetto e Sceneggiatura: Alejandro

Amenábar, Alejandro Hernández

Interpreti: Karra Elejalde (Miguel De Unamuno), Eduard Fernández (Generale José Millán-Astray), Santi Prego (Francisco Franco), Nathalie Poza (Ana Carrasco Robledo), Fernando Valverde (Generale Miguel Cabanellas), Luis Bermejo (Nicolás Franco), Patricia López Arnaiz (María de Unamuno), Inma Cuevas (Felisa de Unamuno)

Durata: 107’

Distribuzione: Movies Inspired

Uscita: 26 maggio 2022

SSpagna, estate 1936. Durante il colpo di stato spagnolo, le truppe nazionaliste occupano Salamanca e arrestano il sindaco. Il celebre intellettuale e rettore dell’Università di Salamanca Miguel de Unamuno sostiene apertamente il golpe durante un’intervista, perché pensa riporterà ordine nella scriteriata Seconda Repubblica spagnola, suscitando la disapprovazione di due suoi cari amici, il pastore evangelico Atiliano Coco e il socialista Salvador Vila Her-

nández. In seguito, la moglie del sindaco prega Unamuno di intervenire per garantire la sicurezza e la scarcerazione del marito, ma lo scrittore le offre soltanto del denaro, che lei rifiuta. Nel frattempo, nel Marocco spagnolo, una delegazione nazista incontra il generale Francisco Franco, per convincere l’esercito spagnolo a esprimere al più presto un leader unico nazionalista, che renda la Spagna una dittatura autoritaria. Franco è dubbioso, perché il potere risie-

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“L’

de ora nelle mani di una giunta militare a Burgos, ma alcuni militari cominciano a fargli pressione perché accetti i pieni poteri. A Salamanca, il governo di sinistra destituisce dall’incarico di rettore Unamuno a causa delle sue simpatie golpiste, e l’accademico ha un’altra accesa discussione con Coco e Hernández. Unamuno quindi si reca alla casa di Coco con l’intenzione di riappacificarsi con l’amico, ma scopre che Coco non è mai rientrato. Successivamente, il generale José Millán-Astray incontra Franco a Cáceres, mentre la giunta di Burgos reintegra Unamuno come rettore, ma lo incarica anche di scrivere un manifesto ufficiale in sostegno del golpe. Unamuno, però, si rifiuta. La moglie di Coco, intanto, lo informa che il marito è prigioniero dei nazionalisti, perché è massonico e protestante. Hernández cerca allora ancora una volta di convincerlo della natura fascista del golpe.

Intanto Millán-Astray chiede a Franco di mandare truppe a Toledo in sostegno dei nazionalisti asserragliati dentro l’Alcázar, così da sbaragliare i repubblicani che lo assediano. Franco per il momento rifiuta, perché la sua intenzione è attaccare subito Madrid, così da concludere la guerra al più presto. Inoltre, Inoltre rifiuta nuovamente la proposta di assumere i pieni poteri. Poco dopo, però, ordina di sostituire la bandiera repubblicana con quella monarchica, provocando il dissenso della giunta, che non vuole il ritorno del Re. La giunta e Franco si incontrano quindi a Salamanca, dove vengono accolti anche da Unamuno. Lo scrittore cerca di intercedere per il suo amico Coco, ma viene velocemente allontanato. Millán-Astray gli richiede anche di scrivere il manifesto golpista il prima possibile. Durante l’incontro tra i golpisti Millán-Astray esorta ufficialmente la giunta a conferire a Franco la piena autorità, che gli

viene malvolentieri assegnata. Intanto Unamuno, intimidito, è costretto a scrivere e a firmare il manifesto. Franco, ormai divenuto il Caudillo de España, è ispirato da un dipinto di El Cid che osserva in una cattedrale e si convince della necessità di cristianizzare ulteriormente la Spagna, liberandola dal governo socialista e dai ribelli comunisti. Il caudillo decide allora di ordinare la mossa puramente propagandistica di liberare l’Alcazar di Toledo, allungando la guerra ma garantendosi più sostegno tra la popolazione.

Unamuno incontra ancora Hernández, ma questi gli viene arrestato davanti agli occhi dai falangisti. Questa deriva sanguinosa del conflitto fa sì che Unamuno metta in discussione tutta la sua posizione iniziale rivalutando i suoi principi; dopodiché decide di recarsi personalmente da Franco per pregarlo di liberare i suoi amici. Franco, però, si rifiuta e il tentativo fallisce. Durante una celebrazione universitaria, davanti a Millán-Astray e a Carmen Polo, la moglie di Franco, Unamuno condanna esplicitamente e inaspettatamente tutto il regime franchista, rischiando di essere linciato dal pubblico falangista. Unamuno viene licenziato e un testo ci informa che sia il sindaco che Coco e Hernández sono stati, da lì a breve, giustiziati dal regime.

AAlejandro Amenábar è sicuramente uno degli autori più interessanti del panorama iberico, in quanto, nel corso della sua carriera, ha regalato ottime prove di regia travalicando e bypassando diversi generi cinematografici come il thriller, l’horror (Tesis, The Others) o il dramma (Mare Dentro, Premio Oscar al Miglior Film Straniero nel 2005) mantenendo però vivido il suo stile personale che si distingue per

una forte carica emotiva e onirica, anche grazie a una predominanza di temi regolati su diversi piani della realtà. Questa volta però, il regista originario di Santiago del Cile, ci riprova cimentandosi in un’opera un po’ più diversa dal solito, ma non per questo poco intima o coraggiosa, raccontando di uno degli eventi che più hanno segnato il destino della Spagna: la guerra civile (1936-1939) e l’instaurazione del governo franchista. A leggere la biografia dello stesso Amenábar, il dramma della guerra lo ha vissuto inconsciamente ad appena anno di età, quando si è trasferito con la propria famiglia a Madrid per fuggire dal golpe attuato da Pinochet nel settembre del 1973 in Cile, che di fatto ha posto fine alla presidenza del socialista Salvador Allende.

Tuttavia, con Lettera a Franco il regista, non vuole fermarsi alla mera epopea storica, ma sceglie di volgere il proprio sguardo verso una di quelle individualità che hanno in un modo o nell’altro segnato questo drammatico periodo: il celebre scrittore, filosofo e drammaturgo Miguel de Unamuno. Personaggio molto complesso che, oltre a incarnare il punto di vista interno del film, fa riflettere anche su come le idee e le parole possono avere un ruolo determinante per far risvegliare le coscienze di un intero popolo soggiogato da qualsiasi forma di totalitarismo. Eppure, l’uomo si è professato inizialmente a favore delle truppe franchiste, convinto che avrebbero riportato ordine al suo Paese. Forse è que-

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sto quello che traspare nel film di Amenábar che, senza scivolare nell’agiografia, mostra il ritratto dolente di un uomo che ha dovuto fare i conti con i propri errori e combattere la propria “guerra” interiore prima di prendere consapevolezza di come queste situazioni possano essere cambiate, anche se troppo tardi. Infatti, solo quando ha visto arrestati e giustiziati senza processo i suoi due migliori amici, Unamuno ha sollevato il capo tenendo uno dei discorsi più appassionanti contro il regime e mettendo a repentaglio perfino la sua stessa vita.

Il film però non gira tutto per il meglio. La sceneggiatura - scritta a quattro mani da Alejandro Hernández e dallo stesso Amenábarè fin troppo didascalica e pecca di

un’inevitabile verbosità che ne rallenta il ritmo rendendo il tutto poco appassionante, nonostante l’importanza dei temi trattati. D’altro canto però, bisogna apprezzare la monumentale ricostruzione storica e la cura nei minimi dettagli che è evidente in ogni singola scena: dagli ambienti alla fotografia, per poi passare al character design dei personaggi fino al trucco e ai costumi.

Buon cast d’attori: oltre all’ottima interpretazione di Karra Elejalde (Timescrimes, Sotto lo zero), sono degne di nota anche le partecipazioni di Eduard Fernández (Tutti lo sanno), Santi Prego nel ruolo di Francisco Franco e della brava Nathalie Poza (70 Binladens - Le iene di Bilbao).

Le riprese del film, infine, si sono svolte in Spagna, in particolare a

Salamanca e zone limitrofe nel territorio della Castiglia.

Presentato in anteprima mondiale il 6 settembre 2019 alla 44ª edizione del Toronto International Film Festival , Lettera a Franco è stato un gran successo in patria ottenendo ben diciassette candidature ai Premi Goya 2020 e aggiudicandosi cinque statuette ( Miglior regista, Miglior attore non protagonista, Miglior produzione, Miglior scenografia, Migliori costumi ). Il film è una co-produzione tra Spagna e Argentina e distribuito nelle sale cinematografiche italiane da Movies Inspired il 26 maggio 2022 (dopo circa tre anni dalla sua prima uscita).

di Salvatore Allocca MANCINO NATURALE

Origine: Italia,2021

Produzione: Daniele Esposito, Ruggero Agostinelli, Stella Rossa Savino, Riccardo Di Pasquale, Samuel Chauvin per Emma Film, Fenix Entertainment con Rai Cinema in coproduzione con Promenades Films

Regia: Salvatore Allocca

Soggetto: Massimo De Angelis, Emiliano Corapi

Sceneggiatura: Massimo De Angelis, Emiliano Corapi, Salvatore Allocca, Simone Lenzi

Interpreti: Claudia Gerini (Isabella), Alessio Perinelli (Paolo), Francesco Colella (Fabrizio), Alessio Vassallo, Alessandro Bressanello (Gerardo), Katia Ricciarelli (Maria), Massimo Ranieri (Marcello D’Apporto), Federico Tocci (genitore sugli spalti), Siria Simeoni (Valeria), Francesca De Martini (insegnante), Luca Bastianello (direttore banca), Luciano Scarpa (Vittorio), Stefano Scandaletti (Mario), Giandomenico Cupaiuolo (Andrea), Simone La Piana (Mister), Alessia Grande (Luisa)

Durata: 106’

Distribuzione: Adler Entertainment

Uscita: 31 marzo 202

Isabella è una madre vedova che conduce una vita insoddisfacente nella periferia di Latina con

il figlio dodicenne Paolo su cui riserva tutte le speranze per un futuro migliore. Questo perché il bambino è dotato di un talento naturale per il calcio come il suo omonimo Paolo Rossi, idolo del defunto padre, e un piede sinistro straordinario, qualità che lo hanno già reso il giocatore di punta della squadra amatoriale di quartiere in cui si allena. La volontà ossessiva di Isabella di trasformare il figlio in un calciatore professionista la porta, però, a ignorare le chiare difficolt à di Paolo a scuola, dove i voti precipitano a causa del poco tempo per studiare tra un allenamento e l’altro e dove il bambino ha chiare difficolt à a integrarsi con gli altri studenti.

La donna vede però il salto di qualità per la carriera del figlio sempre più vicino, grazie all’avvicinarsi di un torneo che, secondo il viscido e manipolatore agente

sportivo Marcello D’Apporto, potrebbe dare la possibilità al piccolo Paolo di essere notato da qualche talent scout. Ma l’iscrizione ai provini ha costi molto elevati (ben tremila euro) e Isabella è costretta prima a chiedere parte dei soldi ai suoceri di Vicenza che evita dalla morte del marito, e poi a fare un secondo lavoro come hostess di eventi serali.

Non potendo dedicarsi a due lavori e contemporaneamente occuparsi di Paolo, Isabella è costretta a chiedere l’aiuto del nuovo vicino di casa Fabrizio, un impacciato sceneggiatore per la tv, recentemente single, e nel pieno di una causa per questioni di diritti d’autore. L’uomo, interessato a Isabella, accetta di seguire il bambino e, nonostante le prime resistenze, la presenza di Fabrizio fa bene a Paolo: i voti migliorano grazie al suo aiuto e il bambino comincia a usci-

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aleSSio d’anGelo
I

re dal suo guscio con i compagni di classe.

Arriva il giorno delle selezioni e, superate le prime difficoltà, Paolo riesce a piazzare un gol e ad aggiudicarsi un posto tra la rosa dei papabili per il torneo. Per festeggiare e ringraziare Fabrizio dell’aiuto ricevuto durante questi giorni difficili, Isabella porta l’uomo a cena e lui, aiutato da qualche bicchiere di vino di troppo, prova a baciarla sulla porta di casa. Ma Isabella, ancora innamorata del marito, è profondamente ferita dal gesto e se ne va, lasciando un imbarazzato Fabrizio sul pianerottolo.

Il giorno seguente Isabella incontra Marcello, il quale afferma che, nonostante Paolo abbia fatto bella figura con gli esaminatori, questo potrebbe non bastare per assicurargli un posto al torneo e chiede altri tremila euro per convincere amici corruttibili a mettere il bambino in cima alla lista. Isabella, per quanto adirata per il ricatto e le false promesse di Marcello, non può che cedere e promette di trovare il resto dei soldi.

Isabella prova a vendere dei preziosi, tra cui l’orologio del marito, ma i soldi non bastano ed è costretta a offrirsi al suo datore di lavoro Vittorio in cambio del denaro. Quando però la donna scopre dal figlio che Fabrizio ha vinto la sua causa, decide di provare a sedurre il vicino, ma si ferma quando scopre che l’uomo ha rifiutato il compenso che il tribunale voleva attribuirgli in cambio del riconoscimento come autore della serie da cui era stato tagliato fuori. Isabella ammette con Fabrizio di aver provato a sedurlo per denaro, ma questi decide di darle comunque i tremila euro per aiutare Paolo, invitandola però a ripensare le sue scelte di vita.

Il giorno dopo, Paolo non si trova né a scuola né agli allenamenti, e Isabella, con l’aiuto di Fabrizio e dei suoceri, lo ritrova a Vicenza.

Paolo, volendo aiutare la madre e avendo frainteso certe sue affermazioni, si era recato in Veneto per affrontare un amico del padre che credeva avesse rubato l’idea di un locale di successo, dato che Fabrizio gli aveva insegnato che la cosa peggiore da fare a un uomo è rubargli un’idea.

La famiglia è riunita e Isabella rivela finalmente il suo passato a Fabrizio: aveva incontrato il marito a un concerto, si erano innamorati ed erano andati ad abitare a Vicenza fino alla nascita di Paolo. Ma nonostante suo marito avesse dei sogni (tra cui quello del locale), Isabella lo aveva costretto a metterli da parte per il bene del bambino; i tre si erano trasferiti a Latina, dove avevano cominciato una vita insoddisfacente con poche prospettive. Solo vedere giocare Paolo a pallone sembrava dare al marito una parvenza di felicità, ma l’insoddisfazione aveva portato Isabella a cedere alle avances di Vittorio e durante uno dei loro incontri il marito era stato colto da un infarto sul lavoro. Isabella avrebbe così vissuto per anni con i sensi di colpa per aver privato il marito della libertà di seguire i propri sogni e di averlo tradito. Aveva così provato a fare ammenda cercando di trasformare Paolo in una stella del calcio come sognava il padre.

Finalmente è il giorno del torneo, Isabella chiede al figlio se questo è quello che vuole fare. Paolo risponde: “Non lo so, ma io ci provo comunque”. Fuori dallo stadio, Isabella incontra Fabrizio venuto a fare il tifo per Paolo e i due si riappacificano. Il futuro della loro relazione è incerto.

GGirato tra Roma, Latina e Vicenza e sceneggiato dal regista Salvatore Allocca con Emiliano Corapi, Massimo De Angelis e Simone Lenzi, Mancino naturale è prodotto da Daniele Esposito, Rug-

gero Agostinelli, Stella Rossa Savino e Samuele Savino per Emma Film srl e Promenade film sarls. Un pastiche di dramma e commedia che riflette la vita quotidiana ai margini della società, dove uomini e donne non sembrano stare al passo con la vita, dove il calcio giovanile, “una fabbrica di illusioni costellata da personaggi la cui priorità non è sempre la tutela e la formazione dei bambini”, seduce e rovina famiglie con promesse di riscatto e benessere.

Dramedy sportiva con pretese di neorealismo, Mancino Naturale è di certo un film compatto, dotato di uno scheletro di ferro per quanto riguarda la storia, e con attori di talento davanti alla macchina da presa. Claudia Gerini qui porta una delle sue performance più forti per il grande schermo dove i rimandi alla Anna Magnani di Luchino Visconti per Bellissima sono ovvi (un parallelo che in questo film non vale solo per la sua protagonista) e Massimo Ranieri è credibilissimo nel ruolo del disonesto agente sportivo che è carne e carnefice, un ladruncolo che sembra barcamenarsi pure lui alla bell’e meglio in un mondo di squali.

Pur essendo abbastanza banale, l’andamento della storia è quantomeno organico, ma alcuni punti di trama non funzionano granché, il che è deludente considerando il numero (ben cinque!) di sceneggiatori alla macchina per scrivere. Pur avendo delle ambizioni, Mancino Naturale non riesce mai a raggiungerle veramente, o quantomeno a pieno: il film voleva far

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luce sul crudele mondo del calcio giovanile, ma la questione pare solo un pretesto. Vuole puntare i riflettori sull’esistenza travagliata nei quartieri poveri, ma la periferia di Latina è poco più che un tableau.

Apparentemente, poi, il personaggio della Gerini vuole vivere sogni di rivincita attraverso il figlio, ma scopriamo che il discorso è più complesso e vagamente convoluto. Comunque, al di là di tutto questo, Mancino naturale ri-

esce ad assumere una formula collaudata, i topoi e i luoghi comuni della commedia drammatica e a inserirci quantomeno qualcosa di suo.

pierFranco alleGri

di Jacques Audiard PARIGI 13ARR.

Origine:Francia,2021

Produzione: Valérie Schermann per Page

114 - France 2 Cinéma

Regia: Jacques Audiard

Soggetto: tratto dal fumetto ‘Killing and Dying’ (Morire in piedi) di Adrian Tomine

Sceneggiatura: Céline Sciamma, Léa

Mysius, Jacques Audiard

Interpreti: Lucie Zhang (Émilie), Makita

Samba (Camille), Noémie Merlant (Nora), Jehnny Beth (Amber Sweet), Camille

Léon-Fucien (Eponine), Océane Cairaty (Stéphanie), Anaïde Rozam (Leïla), Pol White (Padre di Camille), Geneviève Doang (Karin), Geneviève Doang (Sorella di Émilie),

Lumina Wang (Sandra)

Durata: 106’

Distribuzione: Europictures

Uscita: 24 marzo 2022

EEmilie è un’operatrice telefonica di origini cinesi che vive in un appartamento di proprietà della nonna malata terminale a Les Olympiades, un quartiere residenziale situato nel 13° arrondissement di Parigi. In difficoltà economiche, la ragazza è costretta a fissare un annuncio per un coinquilino, a cui risponde Camille, un giovane dottorando. Nonostante le prime esitazioni di Emilie, a disagio nel condividere

l’appartamento con un uomo, tra i due coinquilini nasce un’amicizia che in poco tempo si trasforma in una relazione sessuale. Ben presto Emilie comincia a provare dei sentimenti per Camille, ma quando una notte viene rifiutata, decide di chiudere in tronco la relazione con il ragazzo. Pochi giorni dopo Camille invita una collega nell’appartamento per un incontro romantico, mentre Emilie si reca a un party dove assume dell’ecstasy e ha un rapporto sessuale con una sconosciuta. Tornata nell’appartamento, Emilie ha un attacco d’ansia causato dalla droga ed esacerbato dal rumore di Camille che fa sesso nell’altra stanza. Il rapporto tra i due va sempre più deteriorandosi, finché un alterco non convince Camille a lasciare l’appartamento.Nora è una trentatreenne tornata all’università dopo dieci anni passati a lavorare come agente immobiliare nella società dello zio, anni segnati da una sordida relazione sessuale tra i due. La donna ha pochi amici e ha enormi difficoltà a integrarsi in una classe formata da ragazzi decisamente più giovani di lei. Una sera decide di andare a una festa universitaria, ma a causa di una parrucca bionda comprata per scherzo, viene confusa con la nota pornoattrice e camgirl Amber Sweet e viene molestata sessualmente da alcuni studenti. Il giorno seguente Nora

è umiliata e derisa dai compagni di corso che credono sia Amber, e poco tempo dopo è costretta a lasciare l’università per le angherie degli studenti.

Alla ricerca di un lavoro, Nora viene assunta in una piccola agenzia immobiliare gestita proprio da Camille che ha preso il posto di un parente per arrotondare lo stipendio. Da subito tra Nora e Camille scatta un’attrazione e, nonostante le prime resistenze della donna, i due iniziano una relazione. Intanto Camille ha riallacciato i ponti con Emilie, la quale ha trovato un nuovo lavoro come cameriera e conduce una vita sessuale molto attiva con uomini conosciuti su Internet, pur provando ancora sentimenti per l’ex-coinquilino. Nora, invece, nel tentativo di superare il recente trauma subito all’università, avvicina Amber Sweet, involontaria causa dei suoi problemi, per mezzo di sessioni a pagamento in cam, dove le due discutono dell’incidente e diventano amiche. Intanto, la relazione tra Camille e Nora va sempre più affievolendosi e, dopo un rapporto sessuale in cui Nora domina Camille, i due si lasciano, proprio mentre la nonna di Emilie muore ed è costretta a lasciare l’appartamento. La ragazza rivela a Camille di non sentirsi in grado di affrontare i giudizi della sua famiglia al funerale e l’amico si offre di accompa-

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gnarla. Emilie però si risente della proposta e pone un ultimatum a Camille: o presentarsi al funerale e ammettere i sentimenti che prova per lei, oppure non venire e sparire definitivamente dalla sua vita.

Il giorno del funerale, Nora e Amber (il cui vero nome è Louise) finalmente si incontrano di persona in un parco, ma Nora ha un mancamento. Soccorsa da Amber/ Louise, Nora le chiede di baciarla e l’altra acconsente lasciando intendere l’inizio di una relazione tra le due donne. A Les Olympiades , Emilie si prepara per uscire quando il citofono squilla: è Camille che è venuto a prenderla. Emilie gli chiede scherzosamente il motivo per cui ha deciso di passare e Camille ammette di amarla. Emilie esce per raggiungere Camille chiudendo la porta dell’appartamento dietro di sé.

JJacques Audiard (Il profeta, Palma d’Oro 2015 per Dheepan) firma un romanzo di formazione dalle tinte erotiche che è stato in concorso al Festival di Cannes 2022 e filmato in un chirurgico bianco e nero, con una sceneggiatura scritta dal regista as-

CORRO DA TE

sieme a Celine Sciamma (Ritratto di una giovane in fiamme, Petite Maman) e a Léa Mysius (Ava). Liberamente ispirato ai fumetti dell’artista nippo-americano Adrian Tomine tra cui Summer Blonde (2002) e Killing and Dying (2014), Parigi, 13 Arr. (il cui titolo originale è Les Olympiades, diretto riferimento al quartiere in cui si svolge la vicenda) riesce ad azzerare il vuoto generazionale tra il regista e i protagonisti del film, disegnando con audacia e attenzione il quadro di una generazione, quella dei millenials, allo stesso tempo allo sbaraglio e alla ricerca di una sorta di stabilità, vuoi che sia economica, sociale o affettiva.

Il quartiere residenziale in cui si muovono i tre protagonisti (e in cui, leggenda vuole, Victor Hugo avrebbe scritto il suo capolavoro Les Miserables a cui molti personaggi e situazioni fanno riferimento), è la location perfetta per delineare il disordine interiore dei tre protagonisti e della loro generazione: un rione povero ma dignitoso, abitato in maniera eterogenea da nativi e immigrati, studenti e povera gente, vivace ma segnato dall’occasionale incidente di piccola criminalità.

In tutti i suoi film, i personaggi di Audiard sono alla ricerca di sé e in perenne trasformazione, a volte forzata dalle esigenze e a volte dal desiderio dei protagonisti stessi di essere altro.

In Parigi, 13 Arr. tutti hanno una ragione diversa per cambiare. Emilie è una ragazza che non vuole ancora diventare adulta, vive alla giornata, passa da un lavoro poco impegnativo all’altro e a un amante diverso ogni sera; Camille, al contrario, è austero, severo con se stesso e con gli altri, vuole diventare “adulto” il prima possibile ed evita di fare i conti con un lutto recente; d’altro canto Nora è una giovane donna a cui sono stati negati i migliori anni della vita e vorrebbe tornare indietro, cancellare un trauma e vivere una nuova giovinezza a tutti i costi, fino all’ultimo ignara del fatto di non essere in grado di affrontare gli abusi subiti dallo zio e la propria latente sessualità.

Rimane un mistero la scelta del regista di dividere il film in una struttura a episodi, dal momento che non è funzionale alla narrazione, ma anzi è un disservizio alla visione di insieme.

di Riccardo Milani

Origine: Italia, 2022

Produzione: Vison Distribution, Wildside

UUna moltitudine di scarpe sportive dai colori sgargianti (s)corrono sullo schermo nei primi minuti del film. E poi una serie di brevi scene quasi identiche: l’uomo incontra una donna, la seduce, la porta a letto. Le donne sono diverse ma l’uomo è sempre lo stesso, anche se cambia ogni volta nome e la sua storia. Gianni, questo il suo vero nome, adora

vantarsi delle sue conquiste e sopra ogni altra cosa adora sentirsi chiamare sempre in modo diverso. Gli amici al club gli ricordano che ormai ha 50 anni. 49, puntualizza Gianni, che non ha nessuna intenzione di smettere né di allenarsi né di godersi la vita!

Il giorno dopo, durante il pranzo con l’amico medico, riceve una telefonata che lo avvisa della morte della madre, ma la cosa non lo turba affatto. Al funera-

Regia: Riccardo Milani

Sceneggiatura: Riccardo Milani, Furio Andreotti, Giulia Calenda

Interpreti: Pierfrancesco Favino (Gianni), Miriam Leone (Chiara), Vanessa Scalera (Luciana), Pietro Sermonti (Dario), Piera Degli Esposti (nonna Margherita), Michele Placido (padre di Gianni), Giulio Base (Fabio), Pilar Fogliati (Alessia)

Distribuzione: Vision Distribution

Uscita: 17 marzo 2022

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le arriva infastidito e in ritardo, insensibile e privo di emozioni. Il fratello (gemello) gli lascia le chiavi della casa della madre dicendogli di andare a riprendersi le sue cose. Mentre curiosa fra i ricordi della madre, Gianni ritrova fotografie di lui bambino e scatti di famiglia dove il viso del padre è stato ritagliato. Anche al funerale il padre non c’era. Seduto sulla sedia a rotelle della madre, cantando a squarciagola una vecchia canzone, non si accorge che nell’appartamento è entrata una vicina di casa, una ragazza giovane e bella che evidentemente Gianni da subito cerca di conquistare, usando impunemente l’arma del suo (finto) handicap. La ragazza, Alessia, si presenta: dice di essersi appena trasferita e si dimostra molto disponibile ad aiutarlo credendolo disabile. Gianni, tornato in ufficio, chiede alla sua assistente di procurargli dei vestiti da povero. Il quartiere dove viveva la madre, è in effetti un quartiere semplice, molto diverso dallo stile di vita che lui conduce in quanto direttore di un importante brand di scarpe da running. La parola “Highspeed» che campeggia sul cartellone pubblicitario è in perfetta consonanza con gli obiettivi che Gianni impone anche al suo team: fare sempre di più e sempre meglio. Nel corso di una riunione reagisce con cinismo e senza umanità quando una giovane stagista propone di aprire il mercato delle scarpe sportive ad un nuovo tar -

get, gli atleti delle paralimpiadi. Ritenendola un’idea del tutto assurda, la licenzia in tronco e urla: “Quante scarpe vorrà mai comperare un disabile?”

Qualche giorno dopo Gianni torna all’appartamento della madre per incontrare Alessia che, dopo aver bevuto il caffè con lui, lo invita a pranzo per la domenica successiva, nella casa di famiglia in campagna. Lì Gianni conosce la sua grande famiglia e scopre anche il suo vero obiettivo, quello cioè di fargli conoscere Chiara, sua sorella, pure lei (ma lei per davvero) disabile. Questa scoperta inizialmente delude Gianni, che aveva puntato sulla sorella più giovane, e sembra indispettire anche Chiara, a cui le iniziative della sorella non piacciono. Ma qualcosa li spinge a cercarsi. Gianni si presenta al circolo di tennis, dove lei gioca, e pure a Torino, dove Chiara tiene un concerto come solista. Affascinato dalla sua bellezza e dalle sue tante doti, Gianni la invita a cena dopo il concerto e trascorre con lei una splendida serata, fra le risate per le gaffes nel manovrare la sedia a rotelle elettrica (che ha portato via a un poveretto offrendogli una bella cifra) e l’emozione di un rapporto che diventa sempre più intimo, nonostante Chiara non lo ospiti per la notte nella sua camera d’albergo. Nei giorni seguenti Gianni continua ad incontrare altre donne ma allo stesso tempo non perde l’interesse per Chiara, anche perché in gioco c’è la scommessa fatta con gli amici di sedurre anche lei. Una sera la invita a cena a casa sua, una casa piena di ostacoli: mobili, poltrone, sedie, sgabelli alti ma poi da sotto il tavolo compaiono due tubi galleggianti; magicamente la sala da pranzo si trasforma in una piscina dove i due si ritroveranno nudi. Gianni, non resistendo alla tentazione di

vantarsi con gli amici anche per questa ennesima conquista, scatta un selfie e lo spedisce, felice di aver vinto la scommessa.

Ma dopo questa serata non è più lo stesso, irritato tratta male un’amica che ha fatto una brutta battuta sui disabili e decide di riassumere la stagista che aveva licenziato in malo modo. E poi torna a correre, si sta preparando per la maratona di Roma. Ma sente di dover dire la verità a Chiara, anche se non ci riesce nemmeno quando va a casa sua e lei gli racconta che più di ogni altra cosa sono le bugie a infastidirla.

L’amico medico e la sua assistente personale sono sempre più disturbati dall’atteggiamento di Gianni e insistono perché lui parli a Chiara. Lei vuole conoscere i suoi amici e così si ritrovano a cena in un ristorante dove c’è anche il karaoke e Gianni scopre un altro lato della sua collaboratrice, che si scatena aggressiva e sensuale sulle note di “Like a Virgin”.

Gianni, incapace di affrontare Chiara, decide di andare a trovare il padre alla casa di cura dove risiede. Il padre è ormai anziano e si sente solo. Confida al figlio di aver capito di aver sbagliato con la sua famiglia. Una gita a Lourdes potrebbe aiutarlo a uscire da questa situazione. In verità le dure parole di un prete, che gli parla in privato, fanno desistere Gianni dall’idea di fingersi miracolato. Poco dopo invece, ma solo per salvare Chiara che sta per essere travolta da un camion che arriva a gran velocità, si alza e corre a salvarla. In piedi di fronte a lei, non dovrà spiegarle molto. Chiara non chiede spiegazioni facendogli capire che già sapeva, e il bus ripartirà senza di lui.

Gianni è ormai solo, anche gli amici non lo giustificano più. Torna al cimitero dalla madre, alla quale racconta di Chiara e chiede scusa per non esserle stato vici-

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no. Qualche giorno dopo in ufficio l’assistente gli comunica di avergli inviato le sue dimissioni, ma Gianni ha un regalo per lei (un karaoke casalingo) e sta per presentare una nuova campagna pubblicitaria che sarà Giulia, la stagista licenziata e poi riassunta, a presentare. È tempo di aprirsi ad un nuovo target, quello dei paralimpici. È un uomo diverso ora Gianni, che lascia spazio al team e che ha capito che al traguardo ci si arriva tutti insieme. Il nuovo slogan dice … “Corro da te” e Gianni corre da Chiara, ma Chiara è in viaggio per un concerto, gli dice la nonna. Lui la raggiunge, ferma il pullman sul quale lei viaggia, ma lei gli dice di non aver bisogno di una persona come lui. Qualche tempo dopo, sul percorso abituale di running Gianni si allena spingendosi sempre più al limite, è pronto ormai per la maratona di Roma. Mentre accovacciato riprende fiato, una sedia a rotelle lo raggiunge. Ora Chiara è pronta a ricominciare con lui. Seduti entrambi sulla stessa sedia a rotelle se ne vanno felici. E così siamo all’ultima scena del film: Gianni festeggia i suoi 50 anni attorniato dagli amici e dai parenti. La nonna dice: “Balliamo!” e così si formano le coppie, forse anche nella vita.

FFedele alla trama del film di cui diventa remake, Corro da te si mantiene, per quel che riguarda la trama, molto vicino al film francese Tout le monde debout del regista Franck Dubosc che nel 2018 porta sullo schermo un tema delicato come quello della disabilità fisica utilizzando i toni della commedia. Anche il remake si può definire di fatto come una classica commedia all’italiana ma, malgrado la partenza sia forse un po’ scontata, sorprende e risulta piacevole fino alla fine,

senza mai cadere nel moralismo. Aiuta sicuramente il fatto che il regista Riccardo Milani abbia voluto Pierfrancesco Favino e Miriam Leone nei ruoli della coppia protagonista e, accanto a loro, la brava Piera degli Esposti, alla sua ultima interpretazione, Michele Placido (nei panni del padre), Vanessa Scalera (nel ruolo di assistente), Piero Sermonti (in quello dell’amico medico) e molti altri.

Su tutti è sicuramente Favino a interpretare il ruolo più complesso ed è l’uomo giusto per questo ruolo, perché ti risulta simpatico anche quando onestamente lo prenderesti a schiaffi, perché le donne oggi non le puoi più considerare come oggetti da collezione, oppure perché non puoi credere che porterà via a un anziano la sua sedia a rotelle (che a lui serve per davvero), mercanteggiando pure sulla cifra! Poi pian piano lo vedi perdere sicurezza, dubitare e finalmente, quando sul suo viso compare la prova di un sentimento di vero amore, allora ti risulta ancora più adorabile.

Il ritmo è incalzante sin dall’inizio quando non vedi persone ma gambe correre sulle note di musiche ritmate, trascinanti e coinvolgenti. La prestazione fisica è al centro del film e sembra che solo questo importi: correre e arrivare a risultati e prestazioni sempre migliori. Ma la disabilità fisica non porta all’immobilità, ci racconta questo film. Chiara gioca a tennis e suona il violino, come concertista e solista. Semplicemente lo fa da seduta e ama comperare scarpe, anche se le sue non si consumeranno come quelle di Gianni che lo tradiranno di fronte al prete che capirà subito che lui non è disabile.

Anche il ruolo di Chiara non è quello scontato della donna ferita e vittima delle bugie dell’uomo. Chiara ha saputo accettare

il suo destino innanzitutto e poi ha saputo ricostruirsi e ritrovarsi come nuova donna, ancora più consapevole e comunque bisognosa delle attenzioni di un uomo.

La bella colonna sonora, Piernicola Di Muro sa trovare le giuste note e i giusti ritmi per accompagnare il film adattandosi perfettamente alle circostanze narrate. Accanto a un motivetto scoppiettante e allegro (finché Gianni vive senza scrupoli la sua vita da seduttore seriale) sviluppa, nella seconda parte del film, temi musicali più romantici quando il suo atteggiamento verso la donna che lo porterà alla maturità cambierà il suo modo di essere.

Il film chiude con una scena che riporta ai toni della commedia risolvendo tutto in modo forse troppo veloce e facile: alla festa di compleanno in giardino a festeggiare i 50 anni di Gianni sono tutti presenti, e quando la nonna li invita a ballare, ecco che si compongono le coppie: il fratello di lui con la sorella di lei, il papà di lui con la nonna di lei, forse anche l’assistente e l’amico medico … insomma vince l’amore e la famiglia è riunita.

Malgrado il finale forse esageratamente armonioso, questo film fa bene al cuore e ti fa venire voglia di muoverti, correre e ballare. Non da ultimo anche per l’ambientazione in cui la storia si svolge: un quartiere di uffici moderni e spaziosi, larghe piste da running, splendide immagini di una Torino illuminata di notte, i portici e i palazzi di Piazza San Carlo, una casa dagli arredi raffinati e soprattutto una sala da pranzo che si trasforma in piscina dove le stoviglie galleggiano e i corpi sono leggeri. Una leggerezza che elimina le differenze e unisce le anime.

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di Ildikó Enyedi

Origine:Germania,2021

Produzione: Maren Ade, Jonas Dornbach, Peggy Hall, Janine Jackowski, Ernõ Mesterházy, András Muhi, Mónika Mécs, Pilar Saavedra Perrotta, Flaminio Zadra, Olivier Père per Inforg M&M, Komplizen Films, Palosanto, in Associazione con Pyramide Productions

Regia: Ildikó Enyedi

Soggetto e Sceneggiatura: Ildikó Enyedi

Interpreti: Léa Seydoux (Lizzy), Louis Garrel (Dedin), Jasmine Trinca (Viola), Luna Wedler (Grete), Romane Bohringer (Madame Lagrange), Gijs Naber (Jakob Störr), Ulrich Matthes (Lange), Simone Coppo (Ridolfi), Sergio Rubini (Kodor), Sandor Funtek (Tommy), Joseph Hader (Blume), Udo Samel (Voss)

Durata: 169’

Distribuzione: Altre Storie

Uscita: 14 aprile 2022

TTratto del libro omonimo di Milán Füst e diviso in sette capitoli, Storia di mia moglie racconta la vicenda di Jacques Storr (Gijs Naber), un capitano navale di origini olandesi, e del suo matrimonio con la bella e seducente Lizzy (Léa Seydoux), donna francese che ha sposato per un motivo inconsueto: un amico l‘ha invitato a sposare la prima persona che sarebbe entrata nel caffè in cui stavano sedendo.

1. Su una soluzione pratica a un problema

Primi anni ’20. Jacques Storr è un capitano di nave mercantile con un’impeccabile carriera alle spalle, ma vive una vita poco

soddisfacente e malinconica. Il cuoco di bordo Habib (Nayef Rashed) suggerisce al capitano che la soluzione ai suoi problemi potrebbe essere trovar moglie. Fatto scalo a Minorca, Jacques incontra l’amico Kodor (Sergio Rubini), un piccolo criminale di origini italiane, e gli espone questo progetto: è disposto a sposare la prima donna che entrer à nel caf é . Kodor lo sfida a dimostrarlo. La scelta ricade quindi su Lizzy, una bella ragazza francese, a cui Jacques chiede immediatamente la mano. Lizzy, a sorpresa, accetta senza esitazioni. I due sposi hanno poi modo di conoscersi (e apparentemente di innamorarsi) durante la notte di nozze. Il giorno dopo Jacques riprende il mare e il suo umore è decisamente migliorato.

2. Su quel labirinto noto come vita sociale

Nonostante una lunga assenza, i rapporti tra Jacques e Lizzy funzionano. Dietro insistenza di lei la coppia si trasferisce a Parigi, dove la ragazza ha amici e parenti. Jacques, nonostante le migliori intenzioni, si dimostra inadatto alla vita sociale parigina essendo abituato alla solitudine della nave e del mare, mentre Lizzy al contrario dimostra una considerevole joie de vivre. Un giorno Lizzy riceve una convocazione della polizia: la ragazza racconta al marito di essere stata aggredita da un borseggiatore durante la sua assenza. Jacques va in commissariato per risolvere la faccenda, dove scopre che la convocazione riguarda un incidente stradale causato da Lizzy mentre era in macchina con un altro uomo. Jacques, interrogato dalla moglie sulla convocazione in commis-

STORIA DI MIA MOGLIE

sariato, finge di non conoscere il vero motivo. In un café, Jacques conosce Dedin (Louis Garrel), aspirante scrittore proveniente da una facoltosa famiglia e, osservando gli atteggiamenti intimi dell’uomo con Lizzy, sospetta che si tratti dell’amante di sua moglie coinvolto nell’incidente stradale. I rapporti tra Jacques e Lizzy si deteriorano.

3. Sulla perdita di controllo

Jacques accetta un incarico su una nave di lusso sperando di portare con sé Lizzy e di sanare così il loro rapporto, ma all’ultimo momento la donna decide di non andare. Durante la traversata la nave prende fuoco, ma Jacques riesce a salvare il vascello e i passeggeri grazie al suo sangue freddo e alla sua esperienza. L’impresa consolida la reputazione di Jacques come capitano. Tornato a Parigi, viene accolto freddamente da Lizzy. A un concerto di pianoforte, la coppia incappa in Dedin e i sospetti di Jacques aumentano nel vedere la moglie così affiatata con l’uomo. Con il pretesto di offrire a Dedin un bicchiere, Jacques lo affronta. Ma lo spasimante della moglie sposta abilmente la conversazione sulla carriera del capitano, sui suoi recenti successi e sulla possibilità economiche che lo aspetterebbero ad Amburgo. Jacques segue il consiglio di Dedin e si trasferisce ad Amburgo con Lizzy, che risente del trasloco. Lizzy affronta Jacques e gli chiede il motivo per cui continua a stare con lei. Ne nasce una lite e Jacques passa la notte a bere ma, tornato all’appartamento la mattina dopo, si riappacifica con la moglie.

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4. Sul potere della sensualità

Per compiacere Lizzy, Jacques assume il ruolo del donnaiolo e seduce controvoglia Grete (Luna Wedler), una ricca giovane conosciuta sulla nave dell’incendio e perdutamente innamorata di lui. Tra Jacques e Lizzy si riaccende la passione. Un giorno, Grete prova a offrirsi per la prima volta a Jacques, ma questi la ferma, preso dal rimorso e ammette la propria infelicità. Jacques chiede allora a Grete di sposarlo. La ragazza prima è entusiasta, ma subito dopo realizza che l’uomo non lascerà mai la moglie e rifiuta la proposta. I due si allontanano. Kodor intanto ha fatto i soldi con il traffico di stupefacenti e si è insinuato nell’alta società, dove ha intenzione di truffare i suoi ricchi amici con investimenti fasulli. Propone a Jacques di diventare suo complice e co-dirigente della sua attività. Jacques esita, dal momento che l’impresa manderebbe sul lastrico persone innocenti, ma poi accetta.

5. Sulla ricerca della realtà Durante una conversazione, Lizzy si lascia scappare un commento che porta Jacques a pensare nuovamente che la moglie abbia un amante. Jacques assume un detective privato per cogliere la moglie sul fatto, ma le scoperte dell’investigatore sembrano determinare una volta per tutte la fedelt à di Lizzy. Jacques è finalmente rassicurato, finch é non trova nascosto in una vecchia scatola di fiammiferi di Lizzy un gemello da polso. Ossessionato dalla gelosia, Jacques accetta un misero lavoro da contabile nell’agenzia marittima in cui lavorava come capitano pur di tenere d’occhio Lizzy. Nonostante il ridimensionamento economico, Lizzy continua a condurre uno stile di vita sfarzoso. Alla richiesta di altri soldi, Jacques sbotta con la moglie. Questa, per tutta rispo -

sta, stuzzica in maniera infantile il marito finch é non provoca una reazione violenta: Jacques distrugge lo studio sotto lo sguardo impassibile di Lizzy e fa per strangolarla, ma viene interrotto dal padrone di casa. Lizzy prende dei soldi dal portafoglio di Jacques e se ne va. Lui, lasciato solo nello studio distrutto, scoppia a piangere. Una notte, tornando dal lavoro, si butta nel fiume. Salvato dal tentativo di suicidio, Jacques ha un faccia a faccia con un medico, a cui confida la sua disperazione e la spirale caotica in cui sta precipitando la sua vita, ma questi lo rassicura che tutto ci ò che sta vivendo fa parte dell’esperienza umana.

6. Sul lasciarsi andare

Ancora una volta Jacques e Lizzy si riappacificano. Jacques decide di riprendere il suo vecchio ruolo di capitano e di portare con sé Lizzy in un lungo viaggio verso l’India. Tornato a casa, la trova vuota e decide di andare a un ballo in maschera, dove scopre Dedin insieme a Lizzy. L’uomo intercetta la coppia in fuga sul treno per Parigi, dove i due intendevano farsi una nuova vita sfruttando le azioni dell’attività di Kodor rubate a Jacques, il quale se le fa restituire e costringe la moglie a scrivere e firmare una confessione in cui ammette la sua infedeltà che Jacques userà per il divorzio. Lizzy chiede perdono a Jacques, ma invano: questi lascia il treno, impassibile.

7 anni dopo

Sono passati sette anni. Jacques ha fatto fortuna con l’attività di Kodor e vive in solitudine a Parigi. Su un tram scorge di sfuggita Lizzy camminare per strada. Volendo assicurarsi di aver visto veramente la sua ex-moglie, contatta una parente che gli rivela che Lizzy è in realtà morta poco dopo il divorzio. Il film si chiude

con Jacques, seduto in solitudine, nella cabina della sua nave.

IIldikò Enyedi (candidata all’Oscar per Corpo e anima) firma questo period drama in concorso al Festival di Cannes 2021 e prodotto da Rai Cinema, WDR e Arte France Cinéma. Dopo la Camera d’oro per Il mio XX secolo nel 1989, Storia di mia moglie segna il ritorno della regista a Cannes, con un passion project (il libro originale di Füst era uno dei preferiti della Enyedi da adolescente) decisamente sontuoso ma che non spicca mai il volo. Il film è costellato di scene interminabili, con un ritmo fin troppo lento, in cui non accade quasi nulla.

Certo, il film non è neanche privo di pregi: Léa Seydoux, ormai una professionista richiesta in tutto il mondo, è credibile nel ruolo di una donna civettuola e manipolatrice, che passa senza difficoltà dall’atteggiamento passivo-aggressivo all’affetto sincero. Ma forse la vera sorpresa è l’olandese Gijs Naber, che interpreta con grazia un protagonista complesso, goffo ma di buon cuore, diffidente ma fedele, maschile ma sensibile.

Pure i valori di produzione sono impeccabili, ma già si sapeva dal momento che Ildikò Enyedi ha consolidato la sua carriera sulla precisione dei drammi in costume. Si potrebbe sospettare o che la regista ungherese si trovi più a suo agio con soggetti originali piuttosto che con adattamenti cinematografici, oppure che il rispetto verso l’opera di riferimento l’abbia portata a essere fin troppo fedele e zelante al ritmo del romanzo. Ma pure i più accaniti fan delle store d’amore d’altri tempi troveranno che niente riesce a giustificare la lunghezza provante di Storia di mia moglie: quasi tre ore.

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di Mario Martone NOSTALGIA

Origine: Italia,Francia,2021

Produzione: Picomedia, Mad

Entertainment, Luciano Stella, Roberto Sessa, Maria Carolina Terzi, Carlo Stella con Rosebud Entertainment Pictures

Regia: Mario Martone

Soggetto: Tratto dal romanzo omonimo di Ermanno Rea

Sceneggiatura: Mario Martone, Ippolita Di Majo

Interpreti: Pierfrancesco Favino (Felice Lasco), Francesco Di Leva (don Luigi Rega), Tommaso Ragno (Oreste Spasiano, detto ‘o Mal’omm), Aurora Quattrocchi (Teresa, madre di Felice), Sofia Essaïdi (moglie di Felice), Nello Mascia (Raffaele)

Emanuele Palumbo (Felice da giovane), Artem Tkachuk (Oreste da giovane), Salvatore Striano (Gegè), Daniela Ioia (Teresa da giovane), Virginia Apicella (Adele)

Durata: 117’

Distribuzione: Medusa Film

Uscita: 25 maggioi 2022

DDopo molto tempo trascorso fra il Libano e l’Egitto

Felice Lasco, diventato un imprenditore di successo, decide di tornare nella propria città d’origine, Napoli - più precisamente nel quartiere dove ha trascorso la sua adolescenza, nel Rione Sanità - per rivedere i suoi affetti e riscoprire il mondo da lui lasciato. Qui incontra sua madre Teresa “la sarta migliore del Rione Sanità”, oramai molto anziana e piena di acciacchi: abita in un basso e accoglie a braccia aperte quel figlio che credeva perduto per sempre. L’uomo inizia ad assaporare l’aria di casa e decide di restare più

a lungo di quanto aveva previsto, mentre riscopre i luoghi, o codici del quartiere e affiorano i ricordi del passato.

Dopo la morte improvvisa della madre, Felice conosce Don Luigi (un prete che combatte la camorra cercando di dare un futuro ai giovani del rione) e instaura un rapporto basato sul dialogo, pur se tra molte reticenze. Un giorno, durante una sorta di confessione (non in via sacramentale, essendo musulmano), l’uomo rivela che, da giovane insieme a Oreste, suo amico d’infanzia, nonché compagno di bravate, ha commesso qualche piccolo crimine, fino a quando, in occasione di uno dei furti compiuti, quest’ultimo ha ucciso il proprietario di una falegnameria.

Don Luigi rimane stupefatto e lo caccia dalla chiesa rivelandogli che Oreste è diventato un boss pericoloso della camorra, noto come’o Malomm.

In seguito, Felice incontra Raffaele, vecchio amico della madre, e lo mette in guardia, esortandolo a scappare da Napoli. L’uomo però, nonostante i segnali intimidatori della camorra, decide di restare e acquistare perfino una casa. Nel frattempo, passa molto tempo con Don Luigi, e decide di aiutarlo raccontando la propria storia di successo alle famiglie del Rione come esempio per i giovani ad allontanarsi dalla criminalità e a indirizzarsi verso la retta via.

Nonostante i continui consigli ad andarsene da Napoli e dimenticare quell’amicizia pericolosa, Felice decide di incontrare segretamente Oreste. Si scopre che l’uomo, ormai invecchiato, vive solo in una casa diroccata e nascosto da occhi indiscreti. Non ha nessun affetto familiare e il mondo malavitoso lo ha assorbito totalmente. Felice

racconta cosa è successo dopo quel fatidico giorno dopo l’omicidio e che non ha mai tradito la sua amicizia nonostante abbia vissuto tanti anni all’estero.

Successivamente Felice invita la moglie a Napoli per farle conoscere finalmente quella città che gli entrata per sempre nel cuore.

Una sera, Oreste, arrabbiato per l’abbandono dell’amico, lo pedina in un vicolo e lo uccide rubandogli i soldi dal portafoglio, all’interno del quale trova una vecchia foto di loro due sulla moto.

“La conoscenza è nella nostalgia: chi non si perde non possiede”. Quale miglior poeta se non Pier Paolo Pasolini poteva introdurci all’interno del microcosmo avvolgente di Nostalgia, l’ultima opera di Mario Martone - adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Ermanno Rea (2016) - che torna sul grande schermo a pochi mesi di distanza da Qui rido io, presentato in concorso all’edizione della Mostra del Cinema di Venezia 2021. Questa volta però, il regista decide di raccontare la sua terra d’origine nella sua veste più umana e malinconica, attraverso gli occhi di un moderno Ulisse che ritorna nella sua Itaca dopo più di quarant’anni trascorsi all’estero. Ma a differenza dell’epopea omerica, non si avverte nessuna voglia di rivalsa verso quei luoghi o quelle persone che lo hanno costretto all’esilio. Il suo è un ritorno pacato e silenzioso, come silenziosi sono i primi minuti seducenti del film e che Martone (ri)propone - seguendo la poetica neorealista di Zavattini - durante quel “vagare” fisico e interiore del protagonista verso il suo vecchio quartiere. Come un estraneo visitatore, guarda, ammira disin-

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cantato ogni squarcio di quella città che per anni aveva amato e che vorrebbe tanto ricordare.

Andando avanti col film, il passato torna poco alla volta alla luce, come una sirena che riemerge dalle profondità degli abissi fino a raffigurare i ricordi sepolti di una giovinezza perduta. I flashback sono mostrati in formato 4:3 (ed evidenziati da una granulosità tipica dei Super 8) e si intrecciano con il presente diegetico di una realtà che sembra essere inalterata: “È tutto come un tempo, non è cambiato nulla, è incredibile!”, come dice Felice al telefono con la moglie rimasta al Cairo (dove lui si è rifatto una vita e fa l’imprenditore).

Quella dipinta da Martone è però una Napoli spettrale, labirintica, tentacolare - con tutti quei vicoli tortuosi, le scale e le sue discese, i muri scrostati, i palazzi corrosi, la ruggine - ugualmente affascinante, ma sospesa in un limbo ancestrale che non permette nessun rinnovamento o evoluzione. Forse è proprio questo il paradigma di una città tanto bella quanto problematica che costringe molti dei suoi “figli” a fuggire senza però abbandonarla definitivamente. Infatti, la “nostalgia” (parola composta dal greco νόστος, ritorno, e άλγος, dolore; “dolore del ritorno”) del titolo, finirà poi per prendere sempre più il sopravvento,

fino ad attirare su di sé quell’anima perduta che per anni ha vissuto lontano dalle leggiadre braccia della dea Partenope…

Come ha detto lo stesso regista: “Mi affascinava l’idea di fare un film non in una città ma in un quartiere […] Ho invitato gli attori e la troupe a immergersi nel quartiere come se fosse un labirinto e a non temere di perdersi. Macchina da presa in spalla, abbiamo cominciato a percorrere le strade come se si trattasse di cinema del reale. Incontro dopo incontro, vita dopo vita, storia dopo storia, abbiamo finito per girare l’ultima scena chiedendoci quale ne era il senso, e non l’abbiamo più trovato. Forse non c’era, forse non c’è. C’è il labirinto, e c’è la nostalgia, che sono il destino di tanti, forse di tutti”.

Ed è difficile immaginare questo film senza la straordinaria interpretazione di Pierfrancesco Favino che da sola vale il prezzo del biglietto. Ancora una volta, l’attore romano suggella tutto il suo talento dando prova di una sensibilità fuori dal comune, plasmando un personaggio dolente, enigmatico e sospeso tra i ricordi di un passato che appare estraneo a se stesso. Tutto ciò è evidente perfino nella cura a ogni minimo dettaglio, a cominciare dall’evoluzione linguistica che passa dall’accento arabo fino a un convin-

MASQUERADE - LADRI D’AMORE

CCosta Azzurra. In una camera d’albergo Adrien scrive un biglietto all’amica Giulia, indicandole un conto bancario sicuro dove è custodita una somma di denaro. Il giovane aspetta Margot, una giovane in stato di gravidanza, che si prepara. Adrien chiede a Margot come sta con un paio di baffi finti. Bussano alla porta, la ragazza

apre, viene colpita da un proiettile e cade a terra. La giovane donna viene condotta con urgenza in ospedale.

Diversi mesi prima. Adrien, giovane ex ballerino che ha lasciato la danza dopo un infortunio e ora aspirante scrittore, vive mantenuto nella lussuosa villa di Martha, ex attrice dalla carriera illustre. A una festa organizzata nella villa, Adrien resta folgorato dalla giova-

cente dialetto napoletano, quasi a indicare metaforicamente l’influsso subito della città di Napoli. Nota di merito anche per un ipnotico Tommaso Ragno, che incarna la parte più malvagia del rione, mostrato quasi come un’ombra di un’anima dannata che si aggira senza pace o redenzione colpendo le menti della povera gente al sol pensiero di udire il suo nome, ’o Malomm.

Emblematica infine, la scelta di girare il film nel ventre di Napoli, più precisamente nel Rione Sanità, uno dei luoghi più caratteristici del capoluogo campano.

Presentato in anteprima mondiale il 24 maggio 2022 in concorso alla 75ª edizione del Festival di Cannes, Nostalgia ha ottenuto una candidatura alla Palma d’oro come miglior film, ha vinto quattro Nastri d’Argento (Miglior regista, Miglior attore protagonista, Miglior attore non protagonista, Migliore sceneggiatura) ed è stato selezionato per rappresentare l’Italia agli Oscar 2023 come Miglior Film Internazionale. Il film è una co-produzione italo-francese e distribuito nelle sale cinematografiche nostrane da Medusa Film a partire dal 25 maggio 2022 e reso disponibile sulla piattaforma Prime Video il 28 novembre dello stesso anno.

aleSSio d’anGelo

di Nicolas Bedos

Origine: Francia,2022

Produzione: François Kraus, Denis Pineau-Valencienne, Jéröme Seydoux per Canal+, TF1

Regia: Nicolas Bedos

Soggetto e Sceneggiatura: Nicolas Bedos

Interpreti: Pierre Niney (Adrien), Isabelle Adjani (Martha Duval), François Cluzet (Simon Laurenti), Marine Vacth (Margot), Emmanuelle Devos (Carole Laurent), Laura Morante (Giulia)

Durata: 142’

Distribuzione: Medusa Film

Uscita: 25 maggio 2022

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ne e bella Margot. La ragazza vive seducendo uomini anziani e ricchi cercando di garantirsi un futuro migliore. Durante la festa, Margot ruba dei gioielli dalla camera da letto di Martha, poi si dà alla fuga usando Adrien e seducendolo in maniera sfrontata. Nei giorni seguenti tra i due giovani nasce una forte attrazione fisica.

La narrazione procede tra salti indietro, in cui si racconta la storia tra Adrien e Margot, e ritorni al presente dove in un’aula di tribunale si svolge il processo a carico dell’immobiliarista Simon Laurenti. A testimoniare sono chiamati, Jean-Charles, l’ex amante di Margot, e Giulia, amica ed ex amante di Adrien, titolare di un ristorante.

Tornando a qualche mese prima, Margot inizia a frequentare Adrien e gli confessa che il suo scopo è incastrare un uomo ricco per garantire un futuro agiato per sé e per sua figlia, la piccola Nina. Il ragazzo presenta Giulia a Margot, la donna gli suggerisce il nome dell’immobiliarista Simon. I tre preparano il piano: Margot dovrà sedurre Simon fingendo di essere una giovane inglese in cerca di una casa per i suoi genitori. Durante il loro primo incontro, Simon mostra a Margot un bellissimo appartamento con terrazza panoramica. Dopo pochi giorni, Margot esce a cena fuori con Simon. Intanto Adrien seduce Carole, la moglie di Simon, che è amica e spesso ospite della casa di Martha. La donna, sulle prime riluttante, finisce per cedere alle avances di Adrien. Margot seduce Simon che lascia la moglie e va a

vivere con lei nel bellissimo appartamento che le aveva mostrato. Adrien e Margot portano avanti il loro piano in contemporanea.

Nella stessa serata, Adrien organizza una cena a lume di candela in un teatro e chiede a Martha di sposarlo mentre Margot dice a Simon di essere incinta e chiede di sposarla. Martha dice di sì ad Adrien mentre Simon dice di no a Margot. Spaventato dall’idea di un nuovo matrimonio a un’età avanzata e dalla dura reazione della giovane, Simon scappa e torna dalla moglie. Disperata, Margot si incontra con Adrien e gli confessa che il figlio che aspetta è suo. Adrien non ne vuole sapere e sposa Martha. Al ricevimento si presenta Margot in stato di alterazione. Quella sera la giovane donna mette in atto il capitolo finale del suo piano. Trascina Simon in una serata movimentata, prima a cena e poi in una discoteca dove continua a farlo bere fino allo sfinimento. Poi convoca Adrien e, mentre Simon è in stato confusionale, si fa picchiare dal giovane amante. Durante la stessa notte, leggendo una bozza del romanzo scritto da Adrien, Martha capisce che il giovane l’ha sempre ingannata.

Si torna al presente. Al termine del processo, Simon viene condannato a quattro anni di carcere per violenza e tentato omicidio ai danni di Margot. Intanto Adrien, dalla piscina di un residence, scrive una lettera a Simon in cui confessa che entrambi sono stati imbrogliati dalla stessa donna. Dice a Simon che lui stesso, ora gigolò al servizio di un’anziana signora, si trova a vivere una vita come se fosse in prigione.

Intanto in Italia, Giulia ha aperto un bellissimo resort a Pitigliano, nella campagna toscana. Margot è con lei con le sue figlie: finalmente ha raggiunto il suo sogno di essere libera, senza uomini. Le due donne si lanciano uno sguardo d’intesa.

“La Costa Azzurra è un luogo soleggiato per gente ombrosa”. La bella citazione da William Somerset Maugham campeggia sullo spiazzante incipit del film. Una coppia giovane e bella, la camera di un albergo di charme affacciata sul mare, uno sparo, una corsa in ospedale.

È l’inizio di una ‘mascherata’, un gioco di false identità, di truffe, menzogne, raggiri: nessuno è se stesso, nessuno forse si conosce davvero. I protagonisti sono a caccia di soldi, convinti che solo il denaro sia il motore capace di condurre verso una vita migliore, almeno in apparenza.

L’apparenza è il vero fil rouge del film: l’apparenza del lusso sfavillante della miglior Costa Azzurra, delle ville con piscina e terrazze mozzafiato, di hotel di lusso, di ristoranti alla moda. Ma anche l’apparenza di personaggi dall’identità sfuggente, mossi solo dalla ricerca del denaro e per questo capaci di tutto, di dissimulare sentimenti, passioni, inclinazioni, perfino accenti.

Regista, attore e sceneggiatore di talento, Nicolas Bedos, alla sua quarta prova da regista dopo il convincente Un amore sopra le righe, il riuscito La belle èpoque e il parodistico Agente speciale 117 al servizio della Repubblica - Allarme rosso in Africa nera, mette la quinta e spinge sul pedale dell’acceleratore confezionando una pellicola eccessiva: “un film sul desiderio, sul denaro, sulla gloria e su tutte le nostre folli illusioni”.

Bedos ha parlato di “omaggio a Nizza e alla fantasia che ispira: feste, follia immobiliare, nostalgia fitzgeraldiana”, una vera “arena in cui si giocano i destini intrecciati dei personaggi”.

Masquerade, sottotitolo italiano Ladri d’amore, mescola continuamente le carte: dramma, thriller, commedia, farsa. La principale sensazione trasmessa dal giro-

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tondo di personaggi campioni di bugie è lo squallore. Da un lato i ricchi e privilegiati intenti a ostentare ricchezza e ozio, dall’altra coloro che vorrebbero rompere la parete di cristallo di quel mondo per entrare a farne parte, succhiando come sanguisughe denaro, gioielli, opere d’arte. Tutto è truffa, inganno, raggiro.

È questo l’aspetto più riuscito del film: restituire la pulsione irrefrenabile dei nostri tempi malati verso il solo raggiungimento della ricchezza, a qualsiasi costo, in un mondo popolato di campioni di cinismo e disposti a usare qualsiasi mezzo. Da abile narratore qual è, Bedos moltiplica i piani della storia, i punti di vista, le possibili versioni dei fatti, i salti nel tempo: verità e menzogna si confondono continuamente assumendo forma liquida.

Quello che non convince è l’eccessiva spinta su forti tinte, soprattutto in alcune scene che trascendono addirittura nel ridicolo (è il caso del primo fatale incontro tra la

maliarda Margot e il gigolò Adrien con tanto di corsa in macchina e godimento finale). Tutto è spinto al parossismo nella seconda parte del film (per una durata un po’ eccessiva di 142 minuti), la truffa, il gioco al bersaglio, il disegno dei due amanti diabolici. Il destino delle pulsioni, potenti e morbose, trova una forma espressiva estrema e qualcuno finisce per farsi male.

Il messaggio finale del film porta con sé una riflessione su un certo tipo di femminilità: offesa, ferita, talvolta anche umiliata. Ecco l’inevitabile trionfo delle due donne ingannate dalla vita e dall’amore in cerca di rivalsa, due manipolatrici assetate di vendetta e soddisfazione personale da sbandierare in faccia allo spettatore. Gli uomini protagonisti di questa storia sono sostanzialmente passivi, trascinati da facili passioni, ingannati e mossi da sensi di colpa che li portano ad accettare una punizione anche immeritata.

Masquerade è una farsa non del tutto riuscita, a cui non bastano

una splendida ambientazione e un cast di star che va da Pierre Niney e Marine Vacth nei panni degli amanti giovani e belli, a Isabelle Adjani nel ruolo della vecchia star del cinema sul viale del tramonto, a François Cluzet (sua l’interpretazione migliore) nei panni dell’imprenditore truffato, a Laura Morante nel ruolo di una ristoratrice italiana. Tutti i personaggi sembrano statuine che si muovono sul lussuoso scacchiere della Costa Azzurra: tutti recitano una parte in un mondo bello fuori ma vuoto dentro, dove tutto si può in apparenza comprare.

Nell’agghiacciante commedia umana messa in scena da Bedos, c’è poco spazio per il sentimento, il legame uomo-donna appare come solo come frutto di un freddo calcolo, un disarmante gioco al massacro, un’inquietante farsa.

O forse lo è la vita stessa, pronta a sfoderare il suo ghigno beffardo nascosto sotto un bel paio di gambe.

LA SCUOLA DEGLI ANIMALI MAGICI di Gregor Schnitzler

Origine: Austria,2021

Produzione: Alexandra Kordes e Meike

MMentre un pulmino con un uomo e un uccello parlante percorre un sentiero di montagna, mamma Elvira e Ida parlano in auto del loro trasferimento imminente nella nuova città e scuola, la Winterstein School.

Ida incontra subito Benni, un dolce quanto imbranato biondino. Durante il primo giorno di scuola Ida trova difficoltà a integrarsi con le nuove compagne, soprattutto Helene, ma trova in Jo, un affascinante ragazzino che le dà una mano, un appoggio. Conosciuti anche il preside Siegmann e l’aiutante Wondraschek, ecco arrivare in

classe la nuova insegnante, Miss Cornfield: insieme al suo stravagante fratello, Mortimer Morrison, consegna a Ida e Benni due animali magici, la volpe Rabbat e la tartaruga Henrietta.

Nel frattempo a scuola stanno avvenendo dei furti: prima il grande orologio nel cortile, poi gli snack di una macchinetta, infine nella stanza del preside.

Ida indaga sui furti per scagionarsi dalle accuse di Helena, in un primo momento con Rabbat, poi con Jo. Nel frattempo Benni, avendo stretto amicizia con Henrietta, si sente abbandonato da Ida, che lo scarica per preparare un compito con Jo. Ida accusa Benni di

Kordes per Kordes & Kordes Film GMBH

Regia: Gregor Schnitzler

Soggetto e Sceneggiatura: Viola Schmidt, John Chambers

Interpreti: Nadja Uhl (Mary Cornfield), Justus von Dohnányi (Heribert Siegmann), Marleen Lohse (Elvira Kronenberg), Emilia Maier (Ida Kronenberg), Milan Peschel (Mortimer Morrison)

Durata: 93’

Distribuzione: Adler Entertainment

Uscita: 28 aprile 2022

aver fatto sparire i suoi orecchini dal banco, il quale va via deluso e arrabbiato con lei. Tornata a casa, Ida discute anche con Rabbat, che scappa dalla finestra e si dirige verso la scuola.

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È notte quando Ida e Benni raggiungono l’edificio scolastico in cerca di Rabbat, che nel frattempo è nello studio del preside con Wondraschek. I due giovani salvano l’animale magico, che coglie Jo sul fatto: è lui il ladro. Fuggito dalla finestra, Rabbat viene visto e inseguito da Ida: i due, rischiata la morte, si salvano grazie alla magia di Miss Cornfield.

L’indomani i tre ragazzi sono con i genitori davanti al preside

di Giovanni Dota

Origine: Italia,2021

Produzione: Pepito Produzioni, Film.Ua, con Rai Cinema

Regia: Giovanni Dota

Soggetto e Sceneggiatura: Giovanni Dota, Anastasiia Lodkina, Giulia Magda Martinez, Matteo Visconti

Interpreti: Irma Vitovska (Vlada Koza), Giovanni Calcagno (Fredo Laganà), Giuditta Vasile (Francesca Laganà), Lorenzo Scalzo (Luca Laganò), Gabriele Cicirello (Gianni Laganà), Vincenzo Pirrotta (Don Tano Soldi), Yulia Sobol (Marya Koza)

Durata: 103’

Distribuzione: Adler Entertainment

Uscita: 19 maggio 2022

VVlada Koza, è una donna ucraina di mezz’età molto buona e gentile. Un giorno, scopre di essere diventata nonna per la prima volta e presa dall’entusiasmo molla tutto e dai Carpazi decide di partire per l’Italia dove vive sua figlia. Una volta giunta in Sicilia, la donna si presenta senza preavviso alla porta di quest’ultima e con estremo

Siegmann: messa in viva voce davanti a tutta la scuola, Ida racconta di tutto ciò che ha visto di bello nelle persone della Winterstein School. Jo confessa, ma l’intervento di tutti i compagni nel cortile fa ritornare il preside, che voleva espellerlo, sui suoi passi.

IIspirato ai libri per bambini di Margin Auer La scuola degli animali magici, questo è un effervescente film d’avventura per i più piccoli: condito da canti di gruppo e animali pensanti e parlanti, soddisfa quella ricerca di valori fondativi nella prima educazione post infantile.

Il bisogno, la ricerca e poi la gestione dell’amicizia dividono il film in tre macro sequenze, duran-

te le quali gli alunni della Winterstein avranno non pochi grattacapi: avere cura dell’altro, così come di sé stessi, non è facile, ed è una lezione che metaforicamente il regista Gregor Schnitzler, con la collaborazione del direttore dell’animazione Tomer Eshed, ha provato a comunicare nel racconto proposto.

Racconto che ha delle potenzialità tra narrativa e forza dei riferimenti che lo ispirano, da Calvin e Hobbes a Winnie the Pooh, passando per i richiami visivi a La volpe e la bambina, sebbene risulti decisamente più convincente sul piano tecnico che sull’impianto narrativo stesso, circoscritto a un target comunque infantile.

GiandoMenico doMenicano

KOZA NOSTRA

stupore la figli la accoglie in casa, Ma nel suo tentativo di essere premurosa, Vlada finisce per risultare invadente, tant’è che sua figlia, stanca di continue attenzioni, decide di mandarla via.

La donna quindi, si ritrova nel bel mezzo dell’entroterra siciliano completamente sola e senza neanche un soldo in tasca. Poco dopo, si incammina sul ciglio della strada per cercare un posto dove dormire ma viene investita da un’auto. Credendola morta, i responsabili dell’incidente, decidono di portarla a casa loro per decidere cosa fare. Questi ultimi sono in realtà una nota famiglia mafiosa del posto, i Laganà. Dopo aver scoperto che la donna è ancora viva, Don Fredo, il capo clan, in accordo con i suoi tre figli Luca, Gianni e Francesca, decidono di tenere nascosta agli occhi della donna la verità dell’organizzazione criminale spacciandola per un’impresa di pulizie e la

assumono come governante della casa.

Nel frattempo Don Fredo, recentemente uscito dal carcere, deve risolvere alcuni problemi debitori con Don Tano. Quest’ultimo, per sanare i rapporti tra di loro, esorta l’uomo a sbarazzarsi della mafia nigeriana del paese (incentrata sulla prostituzione) che ostacola i loro affari.

Grazie a Gianni, si scopre che quest’organizzazione criminale, nota come “blackaxe”, si riunirà tra qualche giorno per praticare di notte un sabba di iniziazione tra gli affiliati. I tre fratelli decidono quindi di assistere di nascosto durante questo evento per scoprire chi si cela dietro il volto del boss nigeriano; purtroppo però, succede un imprevisto e vengono scoperti ritrovandosi nel bel mezzo di uno scontro a fuoco. Arrivati a casa, i tre vengono inseguiti da uno di

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loro ma riescono a ferirlo e decidono di legarlo e tenerlo nascosto per farsi dire i segreti della loro organizzazione.

Qui Vlada scopre la verità della famiglia e sconvolta, decide di fuggire. Poi però, dopo aver letto una lettera nascosta nella moglie di Don Fredo, capisce che in realtà i figli sono bravi ragazzi ma sono stati forzatamente catapultati all’interno di un mondo mafioso che non condividono. La donna quindi decide di aiutare la famiglia Laganà e di trovare un modo più “onesto” per fare soldi. Gianni propone di creare un giro di affari con le prostitute tramite dei siti di incontri online. Don Fredo quindi, invece di uccidere il criminale nigeriano che hanno rapito, sancisce un accordo con loro in cambio di un gruppo di prostitute.

Nel frattempo, Don Tano, sentendosi escluso e tradito dalla scelta adottata dalla famiglia Laganà, li minaccia di morte se non si sbarazzeranno dalla blackaxe del paese. Qui Don Fredo scopre che Vlada è la nuora di un poliziotto (ovvero il marito di sua figlia) e secondo il sistema mafioso non ci possono essere legami con la polizia e decide di portarla con sé e ucciderla nonostante i figli siano contrari. Arrivati in un posto isolato, l’uomo impietosito, non uccide la donna e la invita ad andarsene a casa.

Vlada, rimasta sola, non ha nessuna alternativa se non quella di ritornare a casa da sua figlia e raccontarle cosa è successo; in seguito, Luca, Gianni e Francesca scoprono che Vlada sta bene e le chiedono aiuto. Si scopre in realtà che Don Tano ha inscenato questa guerra tra i Laganà e la mafia nigeriana per sbarazzarsi della concorrenza e impadronirsi così di tutti gli affari criminali del paese. Don Fredo quindi decide di allearsi con i nigeriani: iniziano uno scontro a fuoco con la banda di Don Tano; quest’ultimo però riesce a fuggire

e prende in ostaggio Vlada e la piccola Sasha (la figlia di Francesca) dirigendosi nella loro casa.

In seguito, Don Tano viene avvelenato ingerendo delle polpette che credeva commestibili (in realtà contenevano veleno per topi) e Luca, credendolo ancora vivo, gli sferra tre colpi di pistola prima di svenire. Arrivata la polizia, viene indicato il colpevole dell’omicidio, proprio Luca, mentre Don Fredo sembra essersi dileguato.

Qualche tempo dopo, la famiglia Laganà (alleata con i nigeriani) ha ormai avviato il proprio fiorente giro d’affari con i siti per incontri ideato da Gianni. Francesca è diventata la Boss della famiglia, mentre Luca è in carcere spacciando false storie sull’uccisione di Don Tano pur di strappare consensi e rispetto tra i mafiosi.

Si scopre infine, che Don Fredo vive nascosto all’interno della casa di Vlada.

Come più volte accade, non sempre la commistione di uno o più generi cinematografici può produrre opere alquanto originali e irriverenti. Koza Nostra (il gioco di parole del titolo con il nome della protagonista è già tutto un programma), rientra perfettamente in questi parametri, presentandosi come una commedia parodistica ai limiti del kitsch che ruota attorno a una donna ucraina alle prese con l’ennesima famiglia mafiosa al centro di una guerra tra clan. Purtroppo però, nonostante i toni comici e dissacranti della vicenda, il film è fiacco e scorre su binari già ampiamente percorsi senza proporre nulla di nuovo.

Eppure tali binali dovevano essere elementi ben noti al giovane regista napoletano Giovanni Dota (nato e cresciuto a Ponticelli, un quartiere della periferia napoletana, e diplomatosi in regia al centro sperimentale di cinematografia di Roma nel 2019), in quanto ci

si aspettava qualcosa di più dopo l’ottimo mush-up (tra gangster movie & comedy) nel corto Fino alla fine che aveva suscitato molti apprezzamenti nei vari festival. Ma, come si sa, il passaggio dal corto al lungometraggio non è affatto semplice, e si notano inevitabilmente tutti quei difetti che possono caratterizzare un’opera prima, soprattutto sul piano strutturale. La sceneggiatura infatti, è fin troppo didascalica e senza particolari colpi di scena, mentre la regia di Dota - nonostante sia apprezzabile la sua aspirazione verso un cinema americano più pulp - non riesce minimamente a infondere quel cambio di ritmo di cui necessita la storia, risultando eccessivamente patinata e poco cattiva come dovrebbe. Ciò è evidente anche sul piano comico, fallendo anche il tentativo di virare verso lo humour nero. Il film non fa ridere, presentando stilemi ripetitivi, con protagonisti piatti e stereotipati al punto che le loro battute risultano pressoché banali e caratterizzate, oltretutto, da una messiscena poco convincente. Si passa continuamente da situazioni di assoluta goliardia a quelle più sdolcinate senza una soluzione di continuità. E non aiuta nemmeno l’inserimento metaforico di dinamiche familiari interne come lo scontro tra eredità genitoriali incarnate da don Fredo e le idee pseudo-femministe o velatamente progressiste di sua figlia Francesca.

Tra le note positive, bisogna segnalare la buona prova in terra italiana di Irma Vitovska, regina della tragicommedia in Ucraina,

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C

vera e propria star dell’Est europeo che riesce a infondere la giusta vena ironica al suo personaggio senza mai scivolare nella macchietta. Mentre non possiamo dire la stessa cosa per la restante parte del cast, quasi tutti fuori parte e inascoltabili tranne Maurizio Pirrotta nel ruolo del boss Tano e Maurizio Bologna in quello di Fifì,

di Catherine Corsini

Origine:Francia,2021

Produzione: Elisabeth Perez per France 3

Cinéma, Le Pacte, Auvergne-Rhöne-Alpes

Cinéma

Regia: Catherine Corsini

Soggetto e Sceneggiatura: Catherine Corsini, Laurette Polmanss (collaborazione), Agnès Feuvre (collaborazione)

Interpreti: Valeria Bruni Tedeschi (Raf), Marina Foïs (Julie), Pio Marmaï (Yann), Aissatou Diallo Sagna (Kim), Caroline Estremo (Pat), Jean-Louis Coulloc’h (Laurent), Camille Sansterre (Élodie), Marin Laurens (Adrien), Ferdinand Perez (Eliott), Clément Cholet (Tirocinante), Ramzi Choukair (Hamza), Norman Lasker (Djalil), Chamaïl Kahaloun (Blandine), Cécile Boncourt (Blandine), Yannik Landrein (Loïc), Djanis Bouzyani (Tirocinante )

Durata: 98’

Distribuzione: Academy Two

Uscita: 10 marzo 2022

RRaf (Valeria Bruni Tedeschi) e Julie (Marina Foïs), rispettivamente fumettista ed editrice, sono una coppia borghese parigina in procinto di separarsi dopo dieci anni di convivenza e nonostante la presenza in casa di un figlio adolescente (nato da una precedente relazione di Julie). La causa dell’allontanamento è principalmente il carattere ossessivo e insicuro di Raf, che esplode in scenate e scatti d’ira alla prima difficoltà. Dopo l’ennesimo litigio, Raf scivola per strada e si frattura il gomito mentre cerca di raggiungere Julie che si sta dirigendo a lavoro.

unico personaggio divertente del film.

Le riprese, si sono svolte - in piena pandemia di COVID-19 (2020) - nel villaggio ucraino di Zamagora (Ivano-Frankivs’k), situato nei Carpazi, e in Italia, nel Lazio, tra Roma e Rocca di Papa, e in Sicilia, in particolare nel ragusano, a Chiaramonte Gulfi e Sampieri,

frazione marinara di Scicli, e a Portopalo, in provincia di Siracusa.

Il film è una co-produzione italo-ucraina Pepito Produzioni con Rai Cinema e distribuito nelle sale cinematografiche nostrane da Adler Entertainment

aleSSio d’anGelo

PARIGI, TUTTO IN UNA NOTTE

Yann (Pio Marmaï) è un camionista precario e in difficoltà economiche che è rimasto ferito a una gamba per un proiettile vagante esploso dalla polizia mentre partecipava a una protesta dei Gilet Gialli a Parigi.

Raf e Yann, diametralmente opposti per background economico e sociale, si ritrovano insieme in un pronto soccorso sovraffollato, fatiscente e con poco personale. I due si scontrano immediatamente a causa dei loro caratteri difficili e delle loro visioni politiche: Raf una volta manifestava, da giovane aveva partecipatoa molte manifestazioni, ma a causa del benessere economico in cui adesso vive ha perso la spinta ideologica e reputa i Gilet Gialli poco più che violenti e fascisti. Yann, d’altro canto, proviene da una famiglia povera, di origine proletaria, dove tradizionalmente tutti gli uomini fanno o hanno fatto i camionisti, vive nei sobborghi e la sua è una lotta per la sopravvivenza.

Julie arriva all’ospedale per assistere la sua futura ex e incrocia un vecchio amico d’infanzia, Laurent (Jean-Louis Coulloc’h), un cameriere vedovo venuto anche lui per manifestare coi Gilet Jaunes. L’uomo è in ospedale per accompagnare un’amica che è stata ferita durante una carica della polizia.

Intanto la situazione all’ospedale si fa sempre più caotica: lo staff,

nonostante le buone intenzioni e la professionalità, non riesce a sta dietro al numero sempre crescente di malati e feriti, la struttura stessa si regge a malapena in piedi. Raf, Yann e Julie, resisi conto della situazione, decidono di dare man forte quanto più possibile, assistendo il personale oberato di lavoro, tra cui l’altruista e premurosa infermiera Kim (Aissatou Diallo Sanga), aiutando i malati più gravi e cedendo posti letto ai più bisognosi. Così tra Raf e Yann i rapporti si distendono fino a trasformarsi in un’improbabile amicizia.

La situazione precipita definitivamente quando l’ospedale viene preso d’assedio dai manifestanti inseguiti dalla polizia e i medici proteggono i feriti dalle forze dell’ordine facendoli entrare e rifiutandosi di stilare una lista dei pazienti provenienti dalla manifestazione. Nel caos, peggiorato dall’utilizzo di fumogeni che mandano nel panico i feriti e il personale all’entrata, l’amica di Laurent ha una crisi respiratoria e uno dei pazienti del reparto psichiatrico entra in crisi e si barrica nella camera di Raf e Yann tenendo in ostaggio Kim. Yann e Raf, però, riescono a convincere il paziente ad arrendersi salvando così la vita a Kim che, nonostante

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le insistenze della polizia, decide di non sporgere denuncia contro il suo aggressore.

Si avvicina l’alba e lentamente il caos all’ospedale si placa. Julie e Raf, dopo una simile esperienza, si riappacificano e decidono di dare al loro rapporto una seconda chance. Usciti finalmente dal pronto soccorso, si dirigono a casa passando per le strade di Parigi segnate dalle sommosse.

Yann, intanto, a forza di cedere il posto ad altri pazienti, non può più aspettare di essere assistito dal momento che deve riportare il camion e fugge dalla struttura per non perdere il lavoro. Fuori dall’ospedale viene intercettato da un poliziotto in tenuta antisommossa che, pur avendolo riconosciuto come un manifestante, decide di lasciarlo andare. A causa della ferita alla gamba, Yann perde il controllo del camion e si schianta, finendo per essere riportato all’ospedale con ferite più gravi di prima, assistito dall’infermiera Kim, che non se n’è ancora andata nonostante il suo turno sia finito da ore.

PPresentato in concorso al Festival di Cannes 2021, Parigi, tutto in una notte (titolo originale La

SÌ, CHEF! - LA BRIGADE

CCathy Marie è una sous chef quarantenne, innamorata del suo lavoro e con un grande sogno: aprire un ristorante stellato. Le cose però iniziano presto a non andare secondo i suoi piani. Lavorando per la chef star Lyna Deletto, dopo una lite sulla guarnizione di un piatto, Cathy sbatte la porta e si licenzia dal ristorante. In cerca di un nuovo lavoro, la donna accetta con riluttanza un lavoro da dipendente

fracture) è una satira politica che non trova mai un vero equilibrio tra le sue aspirazioni di cinema verità e le impostazione e il linguaggio prettamente teatrali. La “frattura” che dà il titolo al film è una metafora che si traduce in più elementi della storia: lo strappo tra due classi sociali rappresentato dai due protagonisti, Raf e Yann, lei artista borghese radical chic che rimanda direttamente alla regista Catherine Corsini (pure nello sfortunato incidente che fa da evento scatenante del film, avvenuto proprio nel periodo delle sommosse), lui camionista proletario e precario che lotta per una vita migliore. Ma lo “strappo” è anche tra Stato e popolo: il film si svolge durante le sommosse dei gilet jaunes del novembre 2018, scesi in piazza per protestare contro il governo Macron e le sue riforme fiscali che sono ricadute sulle classi medie e lavoratrici, soprattutto a causa dell’aumento dei costi della vita e del carburante. La location claustrofobica del film, un ospedale pubblico fatiscente, vuole essere un’ulteriore metafora di un governo (quello francese) sempre più inefficiente e incurante delle necessità delle classi più fragili, ma il gioco di

rimandi è talmente ovvio da risultare insincero.

Pure la questione dell’etica, altro tema centrale del film, risulta fasullo e artefatto: il cast corale di infermieri che lavorano senza sosta per assistere i malati nonostante la scarsità del personale, la mancanza di strutture adeguate e le angherie della polizia funzionerebbero se i suoi personaggi non fossero così dolorosamente mono-dimensionali. Le ambizioni di Parigi, tutto in una notte sono tante e nobili, ma mancano della sincerità di esecuzione e di linguaggio di altre filmografie che esplorano la povertà contemporanea, come quelle di registi del calibro dei fratelli Dardenne (Due giorni e una notte), di Stéphane Brizé (la trilogia del lavoro con Vincent Lindon) o di Ken Loach (Io, Daniel Blake, Sorry We Missed You).

Origine:Francia,2022

in una sperduta località nel nord della Francia. Arrivata sul posto, la donna apprende che l’impiego offerto è quello di chef per la cucina di un centro di accoglienza di migranti minorenni. Il primo impatto con una realtà del tutto nuova lascia Cathy spiazzata. Dopo il colloquio con Lorenzo Cardi, il responsabile del centro, la donna pensa di rifiutare. Ma poi, convinta anche dall’amica Fatou e attratta dalla prospettiva di uno stipendio regolare, decide di accettare. Nel

Produzione: Liza Benguigui per Odyssée, France 3 Cinéma, Apollo Films

Regia: Louis-Julien Petit

Soggetto e Sceneggiatura: Louis-Julien

Petit, Liza Benguigui, Sophie Bensadoun

Interpreti: Audrey Lamy (Cathy Marie), François Cluzet (Lorenzo Cardi), Chantal Neuwirth (Sabine), Chantal Neuwirth (Sabine), Fatou Kaba (Fatou), Chantal Neuwirth (Sabine)

Durata: 97’

Distribuzione: I Wonder Pictures

Uscita: 7 dicembre 2022

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di Louis-Julien Petit

centro è accolta e assistita da Sabine, tuttofare che tiene sotto controllo i ragazzi. I primi giorni sono molto difficili: abituata a lavorare con i tempi e le disponibilità dei ristoranti, Cathy finisce per servire il suo primo pranzo con grave ritardo. I ragazzi hanno tempi ristretti tra tutte le attività quotidiane e devono mangiare rigorosamente in una fascia oraria ristretta. Lorenzo propone a Cathy di farsi aiutare dai giovani ospiti che sono disponibili a imparare cose nuove

Il piccolo Gus Gus è incuriosito dal lavoro di Cathy e cerca di seguirla per collaborare con lei. Tra gli ospiti più ostili verso la donna c’è Djibril, giovane calciatore che aspira a sfondare nel mondo del pallone. Il ragazzo non sembra interessato a unirsi agli altri suoi compagni per imparare qualcosa in cucina. I primi giorni i ragazzi si rivelano disastrosi, alcuni di loro non sanno neanche cosa sia un pelapatate. Col passare del tempo Cathy riesce a coinvolgerli sempre di più, facendoli anche partecipare alla raccolta dei prodotti della terra. In breve i ragazzi riescono a fare squadra fino a diventare una “brigata” capace di agire tutti insieme ai comandi della chef. Anche tra Djibril e Cathy si instaura un legame. Durante una partita di calcio Cathy si rivela un’accesa tifosa del ragazzo.

L’unione fa la forza anche di Cathy che decide di riconquistare l’orgoglio perduto partecipando a un celebre reality di cucina. La giovane chef non fatica ad arrivare in finale in cui deve vedersela con un

rivale per la vittoria di un cospicuo premio in denaro.

La serata della finale che prevede lo svolgimento in due ristoranti separati per ognuno dei due chef in gara, Cathy stupisce tutti lasciando la scena ai ragazzi della sua brigata. La prova si risolve in un appello a favore del rilascio del permesso di soggiorno per i migranti clandestini minorenni. La “brigata” si esibisce in una perfetta performance culinaria.

Cathy ha compiuto la sua missione e qualcuno dei suoi ragazzi riesce a coronare il suo sogno.

CCon il termine “brigata di cucina” si indica l’insieme di tutto il personale di cucina, sia apprendisti che operatori qualificati, che opera nella preparazione professionale dei pasti. La “brigata di sala” è invece il personale addetto al servizio in sala.

Si deve al celebre cuoco francese Auguste Scofffier, noto come “cuoco dei Re, Re dei cuochi”, questa classificazione in forma piramidale del personale di cucina e di sala.

Una colorata e variegata “brigade” del terzo millennio è la protagonista di questa commedia sociale, genere amato dal regista Louis-Julien Petit fin dal suo primo film, Discount (2014) e poi proseguito con il convincente Le invisibili (2018), altra storia di riscatto sociale che ruota attorno a un gruppo di donne senza fissa dimora e con cui ha iniziato una fruttuosa collaborazione con Audrey Lamy, attrice che ha fortemente voluto anche come protagonista di questo Si, Chef!.

Per sgombrare il campo da equivoci, non si tratta dell’ennesima pellicola ambientata nel fortunato universo delle cucine stellate, regno di tanti chef che popolano piccolo e grande schermo negli ultimi anni. Niente liti tra chef e sous chef (o almeno, solo una a inizio film che fa da motore alla fuga della protagonista dal ristorante stellato dove lavora), niente battibecchi per pre-

parare una salsa o per accontentare capricciosi clienti vip o inflessibili critici gastronomici.

“Si, Chef!” (titolo italiano aggiunto all’originale La brigade) è un grido che unisce gli aspiranti cuochi di tutto il mondo, ma qui la brigata agli ordini di una volitiva ‘chef de cuisine’ è tutta particolare: un gruppo di minorenni immigrati in attesa di permesso di soggiorno ospiti di un centro di accoglienza.

L’idea di occuparsi di una realtà del genere era balzata da tempo nella testa del regista, da sempre interessato alla questione dell’integrazione in tutte le sue forme. Decisivo è stato l’incontro con la sceneggiatrice e documentarista Sophie Bensadoun che aveva in mente di scrivere un film sul tema dell’integrazione dei minori stranieri non accompagnati attraverso la cucina. È stato Petit a trovare la giusta storia originale grazie a Catherine Grosjean, insegnante per corsi di cucina professionalizzanti a cui sono iscritti migranti minorenni. Ecco lo spunto per una storia interessante: la contrapposizione tra giovani con un background difficile e un personaggio singolare come la chef dal carattere forte Cathy Marie. Questa piccola grande donna è infatti capace di integrare due universi: la cuoca testarda messa ai margini della cucina stellata costretta a mettere in pausa la sua vita per lavorare nel difficile contesto di un centro per migranti. Proprio grazie alla scoperta di qualità che ignorava di possedere, come un insospettabile talento pedagogico, la donna realizzerà il suo sogno, diventando chef sì, ma a modo suo.

Si, Chef! - La brigade gioca su un fondo amaro e sul tema della sottomissione doppiamente coniugato: da un lato l’insofferenza della sous-chef rispetto al ‘giro’ ufficiale della cucina stellata e dall’altro quello dei giovanissimi migranti che devono fare i conti con la legge francese che li obbliga al rimpatrio se la radiografia delle loro ossa

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