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Nati 2 volte
IIn un momento di esplicita importazione di generi internazionali, riletti in una chiave del tutto nostrana, il film di Giacomo Cimini va leggermente controcorrente, non facendo dell’italianità la caratteristica distintiva di un processo di reinterpretazione di un materiale preesistente, ma scegliendo di adottare, senza eccessive riletture, quel materiale guardando esplicitamente oltreoceano a un filone di gran voga. L’intenzione è esplicita sin dall’inizio, attraverso le inquadrature su una Milano notturna, i cui grattacieli e illuminazioni urbane rievocano le celebri metropoli statunitensi, una fugace esperienza sensibile tipica degli opening di serie televisive alla CSI, in cui le note di Crazy di Gnarls Barkley ci guidano verso gli interni dello studio radiofonico dove si colloca il personaggio di Richelmy, la cui immagine si rivela dominante sia attraverso i manifesti pubblicitari che lo ritraggono, sia nella sua posizione di superiorità fisica, nei piani alti di un grattacielo che presagiscono la sua vertiginosa caduta, provocata da un personaggio che, non a caso, lo sovrasta non solo metaforicamente ma anche fisicamente.
Nonostante una struttura piuttosto classica, che ricalca i vari cliché e turning point tipici del genere, non mancano delle intuizioni piuttosto interessanti, al di là della loro implausibilità, prima tra tutte la scoperta della vera collocazione dell’auto di Castellitto in un ambiente esplicitamente metacinematografico, in cui Carlo prende parte a un processo di ridefinizione del reale in termini testuali e strutturali attraverso la rivelazione della natura delle immagini del suo passato, ritenute tradizionali flashback per poi svelarsi come filmini di famiglia proiettati su uno schermo, momenti eterni salvaguardati dal flusso tanatologico del tempo, protesi dei pensieri del protagonista che trovano nel cinema, medium spettrale per antonomasia, il loro contesto privilegiato; contemporaneamente, tale scenario rivela non solo le illusioni del cinema ma anche del processo produttivo e realizzativo del film, ambientato a Milano ma girato in studi romani.
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Il talento del calabrone non ha eccessive pretese intellettuali, riflessive e autoriali (forse più produttive), sia in termini visivi che narrativi; non mancano forzature piuttosto attendibili, ma, in generale, si rivela un film abbastanza dilettevole, capace di mantenere costante l’attenzione degli spettatori, pur non lasciando un segno indelebile nella nostra filmografia contemporanea.
leonArDo MAgnAnte
di Pierluigi Di Lallo NATI 2 VOLTE
Origine: Italia, 2018 Produzione: Gianluca Vania Pirazzoli per Time, Oberon Media, Green Film Regia: Pierluigi Di Lallo Soggetto e Sceneggiatura: Pierluigi Di Lallo, Francesco Colangelo, Riccardo Graziosi Interpreti: Fabio Troiano (Maurizio), Euridice Axen (Paola), Rosalinda Celentano (Valeria), Marco Palvetti (Giorgio), Luigi Imola (Giorgio da giovane), Francesco Pannofino (Papà di Maurizio), Gabriele Cirilli (Parroco), Riccardo Graziosi (Bernardo), Daniela Giordano (Mamma di Maurizio), Catena Fiorello (Notaia), Diletta Laezza (Teresa), Umberto Smaila (Avvocato) Durata: 87’ Distribuzione: Zenit Distribution Uscita: 28 novembre 2019
FFoligno, 1989. Teresa è una giovane in cerca della propria sessualità che vive una relazione non soddisfacente con il coetaneo Giorgio, solo per non deludere la famiglia.
Milano, 2018. Teresa è ormai solo un ricordo nella testa di Maurizio, nome che ha acquisito dopo l’operazione. Un ricordo che però riaffiora quando è costretto a mostrare i propri documenti. Per la legge italiana è ancora Teresa, nonostante sia passato del tempo, lavori come infermiere e tutti lo conoscano con il nuovo nome.
La notizia della morte della madre giunta da una telefonata di Don Franco, il parroco di Foligno, costringe Maurizio a fare i conti col passato e a tornare nel luogo che aveva abbandonato molti anni prima.
Dopo il funerale, Don Franco lo mette al corrente dell’eredità che la defunta gli ha lasciato e che potrà riscattare solo recandosi dal notaio. Nell’ufficio notarile scopre però che la madre ha intestato il lascito a Maurizio Di Tullio, ma non avendo documenti corrispondenti, la pratica non può partire e il protagonista è costretto a rimanere più giorni a Foligno per risolvere la situazione.
Il suo avocato fa pervenire le carte necessarie per la ‘nascita’ legale di Maurizio, da consegnare all’ufficio anagrafe. Qui, però, lavora Giorgio, primo e unico ragazzo di Teresa al quale non riesce a presentare il problema per via dell’imbarazzo.
Di ritorno dal lavoro, Giorgio nota le finestre della casa di Teresa aperte e decide di entrare, nella speranza di trovarla. Una volta faccia a faccia, Maurizio non ha il coraggio di rivelare la verità e si finge cugino della stessa per allontanarlo. Sfortunatamente viene
invitato a cena da lui per guardare vecchie foto.
Da Giorgio trova la compagna Paula, una donna che aveva conosciuto il giorno prima e con la quale era nato subito un certo feeling. Alla cena partecipano anche Bernardo (che scopre essere collega di Giorgio) e Valeria, con i quali condivide brutti ricordi giovanili, il che rende la serata poco piacevole.
Per risolvere la situazione documenti, il giorno dopo, Maurizio chiede aiuto a Marla, un’attraente transgender che, con una scusa, allontana Giorgio dall’ufficio, lasciandolo interamente in mano a Bernardo. A quest’ultimo Maurizio racconta tutto e lascia il necessario per i documenti, pregandolo di non dire nulla a nessuno.
Nel frattempo Paula nota in strada il fidanzato in compagnia di Marla e, per la rabbia, lo colpisce con un libro in faccia, rischiando di rompergli il naso.
Più tardi, al supermercato, Maurizio incontra Paula, che decide di portarlo tra i ruderi di un vecchio convento di sua proprietà, nel quale la donna sogna di aprire un agriturismo. In questa occasione i due si baciano.
Il giorno dopo, mollato Giorgio, Paula si scusa dell’accaduto con Maurizio e chiede di essere accompagnata da Valeria. Nel tragitto, fermati dalla polizia, l’uomo è costretto a fornire i documenti. Paula scopre tutto, scende dall’auto e fugge.
Quest’ultima, piena di rabbia, rivela tutto all’ex compagno che non la prende bene e si reca alla svelta da colui che credeva il ‘cugino di Teresa’ in cerca di spiegazioni. Ma i problemi non sono finiti. Quella stessa sera, infatti, Bernardo lo ricatta: i documenti in cambio di una prestazione sessuale.
Dopo aver rifiutato in modo violento, Maurizio riprende la documentazione e chiede il favore a Giorgio. Quest’ultimo, nonostante la delusione causatagli dalla scoperta, accetta, ma nei giorni successivi sparisce senza lasciare tracce.
Aiutato da Paula nella ricerca, Maurizio capisce che lo troveranno nella capanna sul lago, luogo segreto dei due da giovani. Giorgio infatti è lì ad aspettarli ma sembra essere molto ferito. Nonostante le spiegazioni lancia i fogli utili ai documenti nel lago, per non far sparire Teresa. Subito dopo rivelerà che in realtà quelle erano copie. In nome del legame con il suo primo amore non avrebbe mai potuto fare un gesto così malvagio.
Tre mesi dopo l’accaduto è solo un ricordo e tutti sono riuniti a tavola all’agriturismo “Nati 2 volte” al quale si presenta anche una misteriosa ragazza che sembra essere la figlia di Maurizio.
NNati 2 volte era una pellicola di difficile realizzazione, non per la complessità tecnica (il film è dei più semplici e non utilizza espedienti particolari) quanto per la delicatezza delle tematiche trattate.
Difatti, l’opera traspone un episodio realmente accaduto a un transgender italiano alle prese con la transizione di genere, in un ambiente, l’Italia, non ancora al passo coi tempi.
A denunciarne l’arretratezza Pierluigi Di Lallo, al suo secondo lungometraggio, che si assume la responsabilità di veicolare un messaggio tanto forte quanto spinoso. La caduta nel cliché e nello stereotipo è dietro l’angolo, ma da questo punto di vista bisogna riconoscere al regista gran cura e attenzione nell’evitare che questo accadesse.
Questa meticolosità, nel voler impartire una morale quanto più autentica possibile, sembra aver però distratto regista e sceneggiatori dall’altra missione fondamentale: confezionare un prodotto il più possibile privo di sbavature.
Il film assume la forma di una commedia degli equivoci nella quale la presenza di tempi comici è spesso fuori contesto e, alle volte, inopportuna in relazione alle vicende estremamente drammatiche vissute dal protagonista, che viene sballottolato qui e là alla ‘conquista’ dei documenti.
La scelta, poi, di ambientare l’opera a Foligno è sicuramente ben ponderata: l’intenzione è quella di mostrare i fatti all’interno di un contesto di provincia (per giunta del centro-sud Italia). Ma la messa in scena non rende l’idea e il paese e chi lo popola risultano essere troppo artificiosi, a partire dai dipendenti comunali, passando per quelli del supermercato, fino ai pescatori locali. Sembra mancare quell’inevitabile provincialismo (non necessariamente in senso negativo) che ci si aspetta. Sintomo di tutto ciò è anche l’assenza dell’accento locale che contribuisce alla creazione di un contesto quasi bugiardo che porta a pensare che sarebbe stato indifferente ambientare tale film a Foligno o altrove.
La scelta di Fabio Troiano come protagonista si rivela azzeccata. Anche se quest’ultimo non ha il ‘physique du rôle’ risulta abbastanza credibile, diversamente dai personaggi secondari che risultano mal assortiti e, forse perché trascurati in fase di scrittura, privi di una degna caratterizzazione.
Ciononostante le tematiche sono troppo attuali e troppo importanti per essere ignorate e anche pellicole non perfette come questa contribuiscono alla loro diffusione.