I SC I P LI NE& /D PROTAGONISTI/
Olimpiadi Invernali Torino
ELENA ELENABURANI BURANI TREDICI ANNI IN ARIA
di Elena Burani bile. Il mio peso era bilanciato dagli altri quattro interpreti che muovevano la corda dall’altro lato, creando inconsuete dinamiche di movimento. Non posso dimenticare la grande esperienza con NoFit State Circus, che con Bianco mi ha permesso di dirigere un numero collettivo di corde e nel mio solo di giocare con tre corde affiancate. O l’emozione di aver partecipato a tre tour di Luciano Ligabue come unica
NoFitState, Bianco
volo come se l’altalena fosse un trapezio ballant. Dopo essersi nascosto per anni, il circo è tornato a trovarmi ai tempi dell’esame di maturità, quando per ridurre lo stress mi hanno regalato le prime tre palline. Nel 2001 ho preso parte a uno scambio internazionale e sono finita a Madrid, dove ho incontrato tanti artisti alla Scuola di Circo Carampa. Tornata in Italia, ho superato il provino alla Scuola di Circo Flic: uno dei momenti più gioiosi della mia vita, sentivo finalmente di aver trovato la mia strada! Era il 2003, il primo anno di scuola facevi un po’ tutto, e nel mio caso ho approfondito lo studio delle clave e mi sono cimentata nel mano a mano e discipline aeree, per poi scegliere il trapezio come specialità. Finita la scuola ho partecipato alla Cerimonia delle Olimpiadi invernali di Torino - issata coi tessuti a quasi 30 metri con la regia di Finzi Pasca - e nello stesso anno ho iniziato due produzioni molto significative dal punto di vista artistico e per la mia ricerca tecnica. Grazie a queste ho deciso di passare alla corda, di cui mi sono innamorata per la sua essenzialità, che si può adattare alle molteplici espressioni della scena. In Littra, per la regia di Roberto Magro, oltre al solo abbiamo sviluppato un passo a due portato dalla corda che apriva il movimento in orizzontale e verticale. In Invisibile, prima produzione dei 320Chili, ho giocato con due elementi, la corda e un vecchio caschetto da aviatore che poteva cadere in ogni momento. Anche a livello artistico nonostante l’acrobatica aerea fosse la mia dimensione (dove mi sentivo meglio e più forte), è sempre stato fondamentale attingere a più linguaggi per portare in scena l’umano. Per questo non ho mai smesso di studiare e mi sono spinta nel tempo anche verso il clown e il canto. In una dimensione multidisciplinare si muoveva anche la ricerca con i 320Chili. La nostra terza produzione, Ai Migranti, ha rappresentato un ulteriore passo avanti nella ricerca sulle aeree: la corda era lunga 30 metri e si muoveva dentro una carrucola mo320 Chili, Invisibile
Il mio rapporto con ‘le aeree’ non è stato amore a prima vista. La prima volta che ho provato a salire sui tessuti, ai tempi dell’università a Bologna, non sono riuscita a fare più di mezzo metro! Invece alla Scuola di Circo Flic tutto è sembrato più semplice, in un percorso di crescita umana e artistica che da lì ha preso il via. Come dice anche la disciplina Ayurvedica ho scoperto l’aria (Vata) come il mio elemento, ma anche quanto sia fondamentale l’allenamento a terra e il radicamento, per trovare un movimento fisiologico che superi la fatica. E così ho iniziato a studiare danza regolarmente, in Italia e Europa. Più imparavo a muovermi e a trovare la mia libertà di espressione a terra, più risultava intuitivo riportare il movimento in sospensione. L’assenza di figure fisse è sempre stata nutrita da un mio bisogno di libertà. Imparare come non fare fatica in aria, sfruttando lo spostamento del proprio peso, è fondamentale per spezzare le figure e non estinguere, nella forza e fissità, il racconto. Il movimento diventa un ‘tutto’ in cui, ritmo, pause e gesti, sono dettati dalla scelta espressiva e non costretti dalla tecnica. Quest’ultima diventa un mezzo per andare oltre la fatica e interpretare l’attrezzo a favore della propria ricerca artistica. Sono arrivata al circo intorno ai sei anni, quando per gioco mi esibivo in una trasmissione immaginaria in onda dal giardino di casa mia, nella zona delle altalene. Il punto forte delle mie puntate erano i Trapezisti (che poi ero sempre io!). Usavo le corde per fare la capriola avanti e indietro, poi mi lanciavo in
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artista di circo aereo, e di stare sospesa allo stadio di San Siro di fronte a sessantamila persone. Come ogni storia bella anche questa ha un finale, in un cambiamento continuo che rende autentica la vita. Nel 2016 ho deciso di scendere a terra per dare respiro al corpo, dopo 13 anni di ripetizioni intense di questo ‘movimento aereo’. Ricca, dell’esperienza corpo/attrezzo e di un punto di vista a ‘testa in giù’, la mia ricerca artistica e di vita prosegue in altre direzioni. Ma questa è un’altra storia che ci sarà modo di raccontare più avanti!
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