Job numero 4

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feneal uil in Campania

Poste Italiane S.p.A.-Spedizione in abbonamento postale- D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) art.1, comma 2 e 3, Aut: CNS/CBPA-NA/239/08

PERIODICO DI INFORMAZIONE GRATUITO della FENEAL-UIL CAMPANIA

Anche per oggi non si vola

Anno I, Numero 4 Ottobre 2008

SALVA ALITALIA, PER DECOLLARE I GIOVANI CHIEDONO PIÙ MERITOCRAZIA


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“Le vittime del lavoro” è il titolo di uno straordinario bassorilievo in bronzo realizzato nel 1882 dall’artista Vincenzo Vela (1820-1891), in memoria degli oltre 200 operai morti durante i lavori per il traforo del Gottardo, destinata in origine ad essere collocata all’imbocco della galleria. La collocazione di una copia (l’originale è alla Galleria d’arte contemporanea e moderna di Roma) presso la sede centrale dell’Inail, più di un secolo dopo, vuole essere un monito per il presente e per il futuro: alla inaccettabilità della tragica catena di morti bianche e al quotidiano impegno per preservare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Il 1 maggio 2008 il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inaugurato l’opera con un suo messaggio.


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Job Feneal Uil in Campania Numero 4 - Ottobre 2008 Periodico bimestrale di informazione gratuito della Feneal Uil Campania Testata registrata presso il Tribunale di Napoli (iscr. n. 7 del 29/01/2008) Direttore editoriale: Emilio Correale Direttore responsabile: Carlo Porcaro Editore: Feneal-Uil Campania, Corso Arnaldo Lucci, 121 80142 Napoli Redazione: Dario De Simone Liliana Palermo P.G.Correale Grafica: Antonio Massa, Claudia Noli Contatti redazione: Corso Arnaldo Lucci, 121 80142 Napoli. Tel/Fax: 081-269115 e-mail: job@fenealuilcampania.it sito internet: www.fenealuilcampania.it Coordinamento: PK s.r.l. Stampa: Litografia Buonaurio srl, via Trav. 4 novembre 6, 80026 Casoria (Na) Tiratura: 5000 copie Giornale chiuso in redazione il 3 ottobre 2008

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«Chi detiene il potere apra gli occhi e prenda esempio da Roberto Saviano»

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7 L’editoriale 9 Il filo di job 30 L’inchiesta/ spazi sociali 20 Il racconto RUBRICHE

Aldo Masullo

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Luigi Angeletti

«Bene l’epilogo della vicenda Alitalia. Ma ora il Governo pensi ai salari dei più deboli e dia subito il via alle riforme che servono per far crescere il Paese»

INTERVENTI

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44 L’intervista/ sport Clemente Russo

46 Libri, dischi, film 50 Attualià 51 Consigli fiscali

INTERVISTA A NINO D’ANGELO «Napoli è troppo divisa, io l’ho miracolosamente unita» DALLA SEDE 22 23 24 25

Caserta T. Di Marco Salerno L. Ciancio Avellino F. De Feo Benevento A. Lanzetta

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Anna Rea

«Per contrastare la crisi del nostro territorio si facciano scelte di qualità. Il federalismo è utile perchè responsabilizza gli enti locali»

Pino Moretti

«Su Alitalia evitata una tragedia economica e sociale. Ora si pensi a riformare il modello contrattuale»

Morti bianche

Stampa e cinema si interessano al problema, ma dilagano i luoghi comuni

Energia e rifiuti

Dalla fantascienza un monito ai governi: più attenzione alle politiche ambientali. E per gli alieni del 24° secolo i rifiuti diventano un grande business

Gioventù sfiduciata

Dalla famiglia al mondo del lavoro, passando per la scuola, la nuova generazione chiede più responsabilità e soprattutto più meritocrazia.


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I RIFIUTI VIRTUALI FANNO PARLARE DI “JOB”

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i rifiuti si parla da anni sui mezzi d’informazione locale, nazionale e pure internazionale. Fanno discutere quelli che hanno sommerso mezza Campania, al culmine di un’emergenza che dura da 14 anni, ma fanno parlare anche quelli “virtuali” che il numero di giugno di “Job” ha portato in evidenza. Lo “scoop” dell’emergenza rifiuti anticipata dal videogioco “Sim city” è finita su giornali e siti internet di rilievo, a testimonianza dello scalpore che ha destato la notizia sulle inquietanti similitudini tra ciò che succede nel gioco e ciò che è successo in Campania. “Un videogioco anticipatore”, titola il quotidiano “Roma” in una pagina interamente dedicata all’immondizia; il sito del “Corriere del Mezzogiorno” dedica alla notizia un lungo articolo; la vicenda finisce anche su diversi giornali telematici. “Sim City aveva previsto tutto”, titola “Internapoli.it”, uno dei siti più attenti ai comuni dell’area nordoccidentale del capoluogo partenopeo; “Scoop del periodico Job sul gioco che aveva previsto tutto”, è il titolo scelto invece da “Julienews.it”, sito ufficiale dell’agenzia di comunicazione “Julie”; articolo e foto anche su “Bigol”, sito della press agency napoletana, che spiega nei dettagli il meccanismo del gioco “perverso” dei rifiuti virtuali. Vedi anche il nostro nuovo servizio a pagg. 26-27. 6

ROMA

NAPOLINAPOLI.COM

INTERNAPOLI.IT

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COR

RIER

JULIENEWES.TV

EDEL M

EZZO GIOR NO

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BIGOL.IT


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Muri invalicabili

l’editoriale

Tanti, troppi gli ostacoli che i giovani devono superare. In questo numero gli esempi positivi

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la citazione

ob si è rifatto il look, ha ampliato i servizi, cambiato l’indirizzo di posta elettronica, aumentato il numero di pagine delle inchieste, ma anche quelle dedicate al tempo libero. Perché tutte queste novità? Alla soglia del primo anno di vita che cade nel dicembre 2008, abbiamo pensato che fosse giusto e necessario provare a migliorarsi nella forma e nel contenuto. Il gruppo giovane che realizza questo periodico non riesce a stare fermo, drizza continuamente le orecchie, scruta la realtà che lo circonda e tenta di raccontarvela. Non è un caso, allora, che molti quotidiani e siti internet abbiano ripreso il nostro piccolo scoop sui rifiuti pubblicato nel numero scorso (date uno sguardo ai videogiochi di vostro figlio), e che ora ne abbiamo realizzato un altro (sapete chi sono i Malon?); non è un caso che abbiamo voluto lanciare un dibattito sul merito e la selezione della classe dirigente locale e nazionale nonché un’in-

Venti anni fa si diceva “sono operaio dell'Alfa”, oggi si dice “sono milanista” Renato Manheimer,sondaggista

chiesta snella sugli spazi sociali che il nostro territorio offre ai giovani. Poche opportunità, come potete dedurre dal servizio. La copertina che abbiamo scelto rappresenta, infatti - in tempi di salvataggio di una grande azienda statale come l’Alitalia - le difficoltà che le giovani generazioni incontrano ancora nella società di oggi. Il mercato del lavoro sembra bloccato. La scala sociale sembra fatta apposta per far cadere chi coltiva l’ambizione di salirvi: mancano merito e qualità, questo è il punto. Come garantirli, è difficile dirlo: non tocca a noi. Noi abbiamo, però, fatto emergere alcuni esempi positivi: un gruppo di brillanti cineasti che fanno il verso ai film famosi; i centri di volontariato laico e religioso che compensano le carenze di chi governa il nostro territorio. Al filosofo Aldo Masullo, invece, il compito di illuminarci su quale strada intraprendere per migliorare la classe dirigente. Job, insomma, con questo quarto numero, esce dall’apnea e getta lo sguardo dentro e oltre il mondo politico-sindacale, prende posizione e cerca di rendere più comprensibili quei settori troppo da addetti ai lavori (consultate a tal proposito la rubrica sulle parole della politica).

[CARLO

PORCARO]

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Quel volo leggero della libertà L

a canzone di Giorgio Gaber, che abbiamo scelto a commento di questo numero di Job, credo sia emblematicamente dimostrativa della radicale trasformazione del modo di sentire, di vivere, di partecipare degli italiani, rispetto a quello dell’inizio degli anni ’70. Allora Gaber cantava il suo disappunto per la mancanza di leggerezza in una società che si stava caricando troppo di problematicità e di pesantezze intellettuali, forse per un’eccessiva voglia di cambiamento, presente soprattutto in quella che allora veniva definita “borghesia illuminata”, ma che, attraverso di essa, e, in verità, a suo merito, aveva fatto breccia corposamente nella classe operaia e tra le fasce più deboli ed indifese della popolazione, come anche tra gli studenti, i giovani, le donne. “Anche per oggi non si vola”, concludeva Gaber, perché ormai si rimaneva a terra frenati ed imbrigliati da quell’ingarbugliato pensiero di sinistra, troppo inestricabile per potersi librare nell’aria con leggerezza, presupposto essenziale per volare. Anche allora, quindi, era ben evidente la primaria connotazione della sinistra italiana, che sempre si è autocondannata alla mancanza della necessaria coesione interna, e che perciò ha sempre frantumato ogni possibilità di affermazione maggioritaria nel nostro Paese, spingendo qualcuno a sentenziare,

[EMILIO

spiace sottolinearlo, che la sinistra ha sempre dimostrato così la sua ineluttabile natura perdente. Ma almeno allora, ed anche questo bisogna dirlo, si potevano ricercare le cause esclusivamente sul piano dei valori ideali non convergenti. In ogni caso la sostanziale difficoltà della sinistra italiana ad assumere una funzione di durevole egemonia nel nostro paese risulta essere l’unico elemento di continuità rispetto a quarant’anni fa. In quegli anni, soprattutto chi, fin da allora, non ha mai lesinato il proprio impegno politico e sociale, ben ricorda le ricorrenti ed insistenti discussioni su come parare i violenti tentativi che “le forze del capitale” mettevano in atto per restaurare un ordine sociale più conservatore, utilizzando, ogni mezzo, lecito ed anche occulto, per abbassare il livello della partecipazione, della consapevolezza e della voglia di emancipazione, così prepotentemente mostrato da gran parte della popolazione, quale unica rivoluzione riuscita all’indomani del ‘68. Oggi, con il succedersi delle fasi cruciali della storia recente della nostra Repubblica, a cominciare dal terrorismo, proseguendo, poi, con la crisi economica degli anni 80-90, con tangentopoli, con il riproporsi degli orrori della guerra, con il diffondersi dell’odio razzista, verso il diverso e verso lo straniero, e soprattutto con l’avvento e l’invasività

CORREALE]

della televisione commerciale, supporto primordiale dell’attuale “berlusconismo”, quella restaurazione conservatrice, tendente all’appiattimento culturale, e all’annullamento di quelle conquiste democratiche della gente, può dirsi compiuta. Possiamo dire, non senza sofferenza, che quella leggerezza cantata da Gaber, pudicamente accomunata ad una strana cosa, ad una carezza non del tutto desiderata, non solo non ha mai potuto diffondersi, né sortire effetti, ma addirittura si è mostruosamente trasformata ed oggi è penosamente identificabile con il vuoto assoluto. Un vuoto di ideali, di valori che abbiano una pur minima parvenza di nobiltà. Un vuoto che è il prodotto della manipolazione delle coscienze trattate “come cera molle” nelle mani dei poteri forti. Il quadro che ne abbiamo ricavato, purtroppo chiaro ed evidente solo agli spiriti liberi, è quello di un paese a libertà limitata, con un Governo demagogico ed antipopolare con il sostanziale consenso del popolo, senza un’opposizione catalizzatrice della insofferenza della gente e organizzatrice della reazione democratica. L’effetto penoso è che nella nostra società, in ogni dove, anche laddove non dovrebbe essere così, prevale e si afferma sempre la mediocrità a danno della qualità.

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l’intervento

«Recessione e riforme, il governo si muova» S

Il segretario nazionale Uil, Luigi Angeletti: «Bene l’accordo su Alitalia, ecco le nuove priorità» egretario Luigi Angeletti, dal 15 al 17 settembre si è svolta, a Roma, la settima Conferenza di Organizzazione della Uil. Il tema centrale dell’appuntamento è stato riassunto in uno slogan secco e inequivocabile: “la Uil, il Lavoro”. È questo ormai il leit-motiv dell’organizzazione? «Certo. Lo abbiamo già detto tante volte: noi continuiamo a credere nell’articolo 1 della Costituzione che, come è noto, ci ricorda che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Noi dobbiamo sconfiggere il conservatorismo e contribuire alla realizzazione di una politica che si ponga l’obiettivo di far crescere l’economia. E questo è possibile solo valorizzando il lavoro perché è il lavoro che può consentire al nostro Paese di

La buona politica consiste nel ridurre le tasse su salari e pensioni e nel trovare un accordo sul nuovo contratto

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tornare a crescere». Anche in questa occasione hai sollecitato la soluzione del vero problema economico del nostro Paese: la bassa produttività e i bassi salari. «Questa è la realtà e questi sono i nostri problemi che dobbiamo risolvere contemporaneamente: per contrastare il rischio di una recessione, bisogna far crescere la produttività e contemporaneamente il reddito dei lavoratori dipendenti. E ciò è necessario non solo per una questione di giustizia sociale ma perché un aumento della produttività e dei salari avrebbe ripercussioni positive per la competitività del nostro sistema economico e per il mercato interno». E anche la ricetta continua ad essere sempre la stessa… «Noi pensiamo che una buona politica consista nella riduzione delle tasse solo sui salari e sulle pensioni e nel fare un accordo per un nuovo sistema contrattuale che consenta la crescita dei salari reali dei lavoratori grazie all’aumento della produttività. Un discorso, questo, che vale sia per l’impresa sia per il pubblico impiego». A tal proposito, mentre scriviamo, è in corso una difficile trattativa per la riforma del sistema contrattuale. Chi legge avrà già conosciuto l’esito

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di questa vicenda che vede i Sindacati su posizioni non omogenee. Ma, al momento, qual è la sua idea in merito alla metodologia e al merito della questione? «Io credo che non avevamo alternative ad un buon accordo. L’alternativa sarebbe la rassegnazione, sarebbe lasciare inalterata l’attuale condizione senza preoccuparci di difendere le persone che rappresentiamo e che ci chiedono di attivarci perché i loro salari aumentino. Ma noi non vogliamo, non possiamo e non dobbiamo rassegnarci. Ed è per questo motivo che non subiremo veti». Altro tema particolarmente scottante è quello relativo al destino di Alitalia. Alla proposta della cordata di imprenditori italiani che intendevano rilevare la compagnia di bandiera, in un primo momento non avevano aderito la Cgil e le sigle degli autonomi e la Cai aveva ritirato la propria offerta. «Con il ritiro dell’offerta da parte


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l’intervento

della Cai, siamo stati per alcuni giorni di fronte alla prospettiva concreta di una catastrofe sociale per i lavoratori: non si sarebbe parlato più di condizioni di lavoro ma di posti di lavoro. Ma sarebbe stata una catastrofe anche sindacale: questa vicenda mi ha ricordato quella di circa trent’anni fa alla Fiat». Nelle ultime ore ci sono stati tentativi disperati per provare a rimettere insieme i cocci. La sua proposta alla fine ha trovato la condivisione anche degli altri soggetti in campo. «Sì. Io pensavo che tutti i lavoratori di Alitalia dovevano decidere del proprio futuro: a loro spettava valutare se accettare o respingere il piano della Cai. Le decisioni che riguardano i posti di lavoro non possono essere assunte solo dai sindacalisti, tanto più in Alitalia dove questi sindacalisti non sono votati dai lavoratori. E poiché, al punto in cui eravamo arrivati, molte migliaia di persone rischiavano di restare per strada senza alternative e senza futuro, ribadisco che i lavoratori dovevano a dire sì o no a quel piano. E la Cai era tenuta a considerare vinco-

lante il voto di quelli che potrebbero diventare i suoi lavoratori». Indipendentemente dall’esito della vicenda Alitalia e della riforma della contrattazione, in queste settimane il sistema delle relazioni industriali nel nostro Paese è comunque destinato a mutare. Ma - in attesa che la cronaca ceda il passo alla storia e per cambiare argomento - ciò che invece non sembra cambiare è l’attitudine della politica a incidere sulle vicende dell’economia. Cosa ne pensa? «Intanto vorrei chiarire che noi ci interessiamo della vicenda politica non perché intendiamo dare consigli o giudizi ma proprio perché i problemi del Paese sono sempre gli stessi, restano irrisolti e ci riguardano molto da vicino. Il principale nodo da sciogliere, non ci stancheremo mai di ripeterlo, è quello della bassissima crescita dell’economia. Ciò determina scarsa disponibilità di posti di lavoro ben pagati, salari tendenzialmente più poveri degli altri Paesi, scarsità di risorse necessarie al funzionamento dei servizi pubblici, dalla sicurezza alla

scuola, dalla ricerca alla sanità. La riduzione delle entrate conseguente alla stagnazione dell’economia congiunta all’irrisolta questione dell’evasione fiscale non fanno che aggravare, per noi, le conseguenze della crisi finanziaria mondiale e dell’incombente recessione. In questo modo, anche il nostro debito diventa un fardello sempre più pesante da sopportare, con l’enorme quantità di miliardi di euro che bisogna pagare ogni anno per i tassi di interesse. Perché il Paese si risollevi non possiamo pensare di affidarci alla buona sorte o al solo impegno dei cittadini e delle imprese: è necessaria una buona politica». E qui torniamo a bomba e il cerchio si chiude: cosa deve fare allora la politica? «Deve fare le riforme: dal federalismo, alla scuola, alla giustizia; riforme importanti che, se fatte bene, produrranno vantaggi per il nostro Paese nei prossimi anni. Ma, intanto, occorre subito una buona politica economica che contrasti i rischi di una probabile recessione. E qual è la buona politica economica, lo abbiamo già detto». (A.P.)

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«Contrastare la crisi con scelte di qualità»

l’intervento

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[ANNA REA]

(segretaria generale Uil Campania)

i è stato chiesto di guardare alla città di oggi, alla Napoli ed alla Campania della crisi e poi, mi è stata posta dinanzi , quasi come un percorso “obbligato”su cui segnare il futuro, una parola: qualità. Condivido molto l’approccio ai problemi pensando alla qualità degli interventi, dei comportamenti che è mancata e che invece serve urgentemente ed è l’unica chiave di volta per il vero riscatto di Napoli e della Campania. Guardando alla città e alla regione così come si presentano oggi, non c’è bisogno di affondare la testa tra le righe delle inchieste di Panorama o di rimanere imbambolati dinanzi alle foto shock dei quotidiani, per catturarne la drammatica realtà. Napoli ed il resto del territorio, i problemi mai risolti, i disagi, le paure e le innumerevoli emergenze sono sotto gli occhi di

Tra tanti disastri, dalla disoccupazione ai rifiuti, c’è una degenerazione diventata silenziosa

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tutti coloro che ogni giorno vivono, lavorano e sperano (o si disperano) in questa città e nel resto della regione . Parlo di Napoli, in primis, non perché sia il pezzetto più importante della Campania, e comunque vale la pena ricordare che Napoli e la sua provincia rappresentano come popolazione più del 50% della regione, hanno la densità abitativa più alta della regione, che è tra le più alte d’Europa, hanno il tasso di occupazione tra i più bassi d’Europa e i livelli di produttività di due terzi inferiori rispetto alla provincia di Milano; ma parlo di Napoli perché in questa città capoluogo, ex capitale del Sud, terza città del Paese, sembrano concentrarsi tutte le contraddizioni, le problematiche e le emergenze del resto della regione. Questo avviene in maniera palese, eclatante, tanto che neanche la più banale quotidianità riesce a mantenere un suo decoro, riesce a stringersi in una sua parvenza di normalità, basti pensare alle strade- gruviera impercorribili della città, agli eterni cantieri , ai quartieri decadenti del centro storico, all’insicurezza mai emarginata. Quotidianità che si fa specchio lampante di una realtà “più silenziosa”, di una spirale degenerativa più generale della città, quella che viene misurata con le percentuali delle

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statistiche o attraverso la pressione alta del malcontento popolare: malavita organizzata, disoccupazione, emigrazione giovanile, lavoro nero, PIL in ribasso, bassa produttività, servizi allo stadio brado. Non è un quadro volutamente oscuro e pessimistico della realtà partenopea, non è semplicemente il mio punto di vista: ma è l’istantanea di una città in evidente crisi. Se si fossero fatte scelte di qualità per la crescita di Napoli, forse non avremmo risanato tutti i quartieri della città, ma avremmo potuto vedere finalmente il volto di Bagnoli, senza identità da 15 anni; non avremmo risolto totalmente il problema della disoccupazione, ma avremmo potuto dare la possibilità a buona parte dei nostri giovani di restare qui, di investire al Sud il proprio futuro; se si fossero fatte scelte di qualità, forse non avremmo bonificato tutta la Campania, ma di certo non avremmo permesso che lo scandalo


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l’intervento spazzatura facesse il giro del mondo. Adesso il gioco del se e delle ipotesi non serve a nulla, come non servono a nulla i “j’accuse” o i “mea culpa” frettolosi di chi avrebbe dovuto coscientemente prendere le decisioni buone al momento giusto, né servono i rimpasti all’ultimo minuto o le critiche solitarie di chi s’innalza a paladino della città quando, fino ad oggi, non indossava nemmeno i panni di chi decideva ( nel bene e nel male) per essa. La qualità oggi più che mai è importante per Napoli, per la Campania, ma anche per il resto del Paese. In un mondo globale dove la competizione tra Stati e territori si gioca o sul costo del lavoro con l’ingresso di tanti Paesi che ieri erano in via di sviluppo o sulla qualità del prodotto, delle tecnologie e delle conoscenze. L’Italia su questo segmento qualitativo deve lanciare la sua sfida essendo tra l’altro dipendente dall’importazione di materie prime e nessuno può lontanamente immaginare che la nostra sfida possa essere sul costo del lavoro mettendo la lancetta della storia di un grande movimento sindacale indietro di decenni. Proprio sulla conoscenza, sulla tecnologia, sulla qualità l’Italia ha perso il treno e questo la porta ad essere tra le economie mondiali a fronte di una forte crisi finanziaria ed economica tra le più vulnerabili. Questo lo penso ancor di più rispetto a questa oramai famigerata e sempre più attuale, con un Governo tutto Nordista, “questione meridionale”. Basta con i finanziamenti a pioggia che servivano solo ad alimentare pura assistenza e/o vecchie e nuove clientele. Eppure è in Campania che abbiamo grandi eccellenze industriali come Alenia Aerospazio o Fiat Auto; sono in questa regione allocati tanti centri di ricerca di settori avanzati nel campo della biotecnologia, del-

l’agroalimentare; sono stati sperimentati - primi in Italia - i Centri di Competenza inventati dall’ex assessore regionale e poi ministro Nicolais; sono campan 7 Atenei universitari dislocati in tutte le province. Pur tuttavia continuiamo ad avere una disoccupazione a due cifre e migliaia di giovani laureati ogni anno prendono la via del Nord oppure dell’estero, purtroppo trasferimenti non momentanei vista l’incapacità di questo territorio di attrarre investimenti. Siamo stati purtroppo invasi dalla nascita a funghi di centri commerciali che nella migliore delle ipotesi hanno rappresentato investimenti sbagliati, visto il basso consumo conseguente ai bassi salari ed al reddito familiare. Cosa fare? Ad azioni dequalificate sevono azioni di qualità ma soprattutto servono comportamenti e di conseguenza una classe dirigente di qualità. Ben venga anche una nuova legge sul federalismo che possa servire all’assunzione di responsabilità di chi amministra; e si sanzioni chi amministra male senza che i propri errori si scaricano sulla collettività come accade in Campania a proposito del disastro sanità. A proposito di qualità, inevitabilmente mi saltano alla mente il lavoro, le condizioni dei giovani precari, i loro contratti, i loro salari e mi viene in mente la qualità della vita delle migliaia di famiglie monoreddito, dei pensionati e di tutte quelle fasce più deboli, che sono le prime vittime di questo insistente caro vita (proprio in questi giorni le nostre associazioni di consumatori sono scese in piazza per lo “sciopero della pagnotta”). A Napoli, fanalino di coda persino del Mezzogiorno in produttività e ricchezza, ogni problema nazionale , normale, sembra quasi insinuarsi come una nuova piaga difficile da rimarginare ,

Dico sì al federalismo al Sud perchè responsabilizza gli amministratori locali, in particolare sulla sanità una nuova emergenza da scongiurare. Allora, inevitabilmente le sorti di una città, di una regione, sono principalmente nelle mani di chi è chiamato a governare, a decidere, a prendersi le responsabilità sul futuro e sullo sviluppo sociale ed economico della città. E’ nella politica, nella classe dirigente, nell’imprenditoria, nei luoghi di cultura, nel sindacato che bisogna ritrovare la qualità; la capacità di guardare a lungo e di rispondere con coraggio e responsabilità alle reali esigenze dei cittadini, così come è necessario riuscire a mantenere in vita tutto ciò che di qualità già esiste sul nostro territorio o che potrebbe diventarlo. La Uil è senza dubbio per le scelte di qualità nel lavoro, nell’occupazione, nella produttività e nella vita quotidiana di ogni lavoratore e di ogni cittadino.

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l’intervento

«Alitalia, ha vinto la linea riformista» «Servono vettori europei in grado di reggere il mercato internazionale»

[PINO MORETTI]

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(segretario generale Feneal-Uil nazionale)

ella vicenda Alitalia si riflettono molte delle incertezze che stanno caratterizzando la vita economica e sociale del Paese, anche se la sigla delle confederazioni dimostra ancora una volta senso di responsabilità. Anche in questo caso, va notato senza polemica, è stata la parte più autenticamente riformista a scegliere con decisione la via di un negoziato basato su dati concreti, realistici e non su impostazioni massimalistiche. Naturalmente si deve voltare pagina, per non ripetere un cammino carico di errori e responsabilità da addebitare soprattutto alla politica e al 14

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management, a partire dalla gestione che è stata fatta dell’azienda negli anni passati fino ad arrivare al fallimento della trattativa con Air France. Ma, fortunatamente per il Paese, la tragedia economica e sociale che il fallimento della trattativa con Cai avrebbe significato è stata evitata. Io giudico estremamente importante il fatto che tutto il sindacato confederale sia riuscito a chiudere in maniera unitaria questa vertenza, considerato che la soluzione cui si è giunti era l’unica prospettiva possibile nella situazione in cui Alitalia versava. Questo segnale, che il sindacato ha inviato al Paese, fa


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l’intervento giustizia anche di quelle critiche che puntano a dipingerlo come un soggetto sociale superato ed incapace di sintonizzarsi con le vere esigenze del Paese. Ma dimostra anche quanto sia importante un ruolo sindacale attento non solo alla contrattazione, ma anche ai risvolti sociali e politici delle vicende economiche. In realtà penso che il nodo resti quello di avere dei vettori “europei” in grado di reggere ad un mercato internazionale sempre più aggressivo. Con il marchio Alitalia ancora in campo questa prospettiva può essere gestita meglio mentre sul piano dell’immagine l’Italia ha evitato ancora un contraccolpo negativo che, specialmente per il nostro turismo già in sofferenza, sarebbe stato davvero pesante. Una lezione per il sindacato, naturalmente, c’è sempre. In realtà il sindacato italiano, quello confederale, deve recuperare il massimo di libertà e autonomia per esprimere proposte ed iniziative in grado di far valere una efficace difesa dei diritti e delle esigenze del lavoro dipendente. In questo senso, appare ancora più importante l’appuntamento negoziale con la Confindustria per il rinnovo del sistema contrattuale. Riformare il modello contrattuale del ’93 - che a sua volta contiene elementi ancora più antichi, maturati nel contesto degli anni ’60 oggi non proponibile - è divenuta,

Estendere anche ad altri settori l’esperienza straordinaria della bilateralità che riduce le divisioni

oramai, una condizione indispensabile per garantire il potere d’acquisto delle retribuzioni e un passaggio fondamentale per recuperare produttività. Tutto questo diventa ancor più necessario di fronte ad una crisi dell’economia dalle proporzioni sempre più fosche e ad una recessione, sostanzialmente in atto, che coinvolgerà anche il nostro settore, già penalizzato dalla crisi del comparto immobiliare e dalle scelte sbagliate che il governo ha effettuato negli ultimi tempi, come il taglio di investimenti in opere pubbliche che aumenta la distanza che ci divide dal resto dei paesi più industrializzati del mondo. Nell’accordo il modello che si prospetta è molto vicino a quello applicato in edilizia, prevedendo che i contratti nazionali esplicitino le materie che devono essere contrattate a livello territoriale e aziendale. Dobbiamo cercare di costituire un sistema che dia la possibilità, sia al livello nazionale che sul territorio, di portare a casa dei risultati positivi sia per quanto riguarda la produttività che per quanto riguarda le prospettive economiche e occupazionali dei vari settori. I lavoratori e le famiglie italiane hanno bisogno di vedere crescere le retribuzioni dopo un lungo periodo di erosione delle stesse e delle pensioni, mentre cresce il costo della vita anche per effetti esterni al nostro sistema, come testimonia il balzo impressionante delle materie prime nel mondo. Inoltre, noi siamo portatori di una

esperienza straordinaria quale quella della bilateralità. Se siamo riusciti ad avere minori divisioni sindacali, è dovuto anche al fatto che siamo uniti alle altre due organizzazioni sindacali da una quotidianità di gestione degli enti che cementano un tessuto di relazioni obbligato dalla bilateralità stessa. Dunque, mi auguro che la bilateralità non costituisca un ostacolo al raggiungimento di un’intesa con Confindustria sulla riforma del modello contrattuale, dal momento che persistono pareri contrari all’estensione di tale sistema in altri settori. Ciò mette in luce, sicuramente, quanta distanza ancora c’è sull’idea di come il sindacato debba riformarsi, passando da un sindacato tutto antagonista e conflittuale ad un sindacato che, invece, determini modelli di partecipazione come lo stesso sistema bilaterale rappresenta. Questo indica un percorso di lavoro assai impegnativo per la nostra organizzazione che va vissuto esaltando alcune delle nostre migliori peculiarità: una identità chiara, una aggiornata cultura riformista, una rigorosa capacità di autonomia.

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l’intervento

«Inflazione vera emergenza, ora nuova contrattazione»

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[DAVIDE SARNATARO]

(segretario Uil Campania)

l peso che hanno assunto tariffe e prezzi sui cittadini, con le sempre maggiori ripercussioni sulle tasche di lavoratori e pensionati, sta diventando uno dei problemi principali del Paese. La situazione di grave crisi economica che si è creata negli ultimi anni a cui è seguita una crescita dei salari fra le più basse d’Europa, fa sì che per tutto il mondo del lavoro questo peso stia diventando sempre meno sopportabile. Per queste ragioni tutto il movimento sindacale si è interrogato su come far cambiare direzione al processo in atto e recuperare un potere d’acquisto che si è andato sempre più assottigliando. Per questi motivi, è stato importante che la Uil, con la Cgil e la Cisl abbiano iniziato una discussione seria sulle linee di riforma della contrattazione. L’obiettivo è la tutela ed il miglioramento del reddito dei lavoratori sia attraverso una mi-

Dipendenti a reddito fisso e pensionati si impoveriscono. A Napoli poi le tasse locali sono le più alte d’Italia

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gliore regolazione del sistema contrattuale su due livelli, per tutelare il potere d’acquisto delle retribuzioni e per redistribuire la produttività. In questo senso sulla parte economica diviene necessario recuperare l’attendibilità della natura di inflazione a cui fare riferimento ed ancora il sostegno del salario a critreri credibili, ma soprattutto realistici. Ma anche attraverso un welfare solidaristico ed efficiente, un sistema di prezzi e tariffe trasparente, socialmente compatibile, in grado di frenare la ripresa dell’inflazione ed, in particolare, un sistema fiscale equo che preveda una forte riduzione della pressione fiscale sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e sulle pensioni. In particolare è davvero incredibile l’impennata dei prezzi, non solo più della benzina, ma anche dei beni di prima necessità, come pasta e pane, che si è avuta negli ultimi mesi. A Napoli e provincia, poi, queste problematiche s’intrecciano con un tasso di inflazione fra i più alti del Paese e con tariffe e tasse locali fra le più alte che in ogni altra regione, a cui non corrispondono però servizi di qualità, come ad esempio in sanità, nel settore ambientale, come nel caso della tassa dei rifiuti, fra le più esose d’Italia. Ma non è l’unico esempio che potremmo fare: a

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causa dei debiti della sanità campana abbiamo infatti l’addizionale Irpef al massimo consentito dalla legge, l’accise sulla benzina e la tassa di bollo sul possesso dell’auto più alte delle altre regioni, e rispetto a queste abbiamo pure il ticket sui farmaci. La Uil Campania da tempo - per queste ragioni che abbiamo elencato - ha iniziato una forte azione tesa a realizzare una maggiore equità sociale, anche perché fra l’altro vale la pena ricordare che queste tasse locali per l’ottanta per cento vengono pagate da lavoratori dipendenti e pensionati. A queste azioni sono seguite anche iniziative e mobilitazioni idonee a sollecitare l’attenzione su determinate problematiche, ma è solo l’inizio: bisogna far sì che si riduca al più presto la forbice sempre più larga fra ricchi e poveri, che oggi inglobano buona parte del mondo del lavoro, per riprendere a far girare un’economia sempre più sostenibile e dinamica.


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l’intervento

«Napoli, avanza una cultura imprenditoriale propositiva»

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[AMBROGIO PREZIOSO]

(Presidente ACEN)

apoli vive un momento difficile, è innegabile, ma sussistono tuttora potenzialità ed eccellenze. Sono molti i dati che potrebbero essere richiamati a comprovare i risultati che continuano a registrarsi. Analizziamo, ad esempio, il settore alberghiero: 13 nuovi hotel hanno avviato l'attività nel capoluogo partenopeo tra il 2007 e il 2008, nonostante i flussi turistici verso le città d'arte - e verso Napoli in particolare - registrino una flessione. Dal rapporto Svimez 2008 emerge la contrazione del dato produttivo e, benché nel corso della relazione di Bankitalia si sia suggerito di non far riferimento a luci ed ombre, in quanto le seconde appannano le prime, le luci evidenziano un reticolato di progetti e azioni che i privati stanno proponendo in materia di riqualificazione urbana (34 PUA per oltre 1000 ettari). Anche nei servizi pubblici si possono riscontrare ta-

Porto Fiorito

lune positività: nel verde Napoli realizza la migliore performance tra le metropoli italiane; in sei anni il verde pro capite è cresciuto del 451% e, a differenza di tutte le grandi aree del Mezzogiorno, non si sono registrate interruzioni nell’erogazione dell’acqua. Il sistema delle imprese, in questo contesto, evidenzia un costante spirito d'intrapresa. L'impegno della classe imprenditoriale è stato anche rimarcato dalla brillante iniziativa dell'ex presidente di Confindustria, Antonio D'Amato, che pochi mesi fa ha creato un corridoio di "luce mediatica" per la nostra economia, mostrando ai giornalisti di tutto il mondo che la Napoli che produce è ricca ed efficiente, vive di alta professionalità e di etica della responsabilità. Va altresì sottolineato, purtroppo, che la criminalità organizzata continua a frenare l'espansione economica del Mezzogiorno, drenando ingenti capitali altrimenti disponibili. Sebbene tra mille difficoltà, insomma, si fa strada una cultura imprenditoriale aperta e propositiva, consapevole che la finanza pubblica non va considerata ancora di salvataggio e che l'imprenditore è l'unico, vero artefice del proprio successo, e che deve avere come riferimento e confronto il mercato. Senza farsi troppo coinvolgere dalle recenti, talvolta strumentali, polemiche politico-amministrative, si può ripartire,

dunque, lungo un percorso che punti a tesorizzare gli sforzi sostenuti dalle parti sane della città, promuovendo un rilancio complessivo, mettendo a frutto quanto di meglio il Meridione e la nostra Napoli sono in grado di offrire. A partire dalle risorse professionali che i nostri atenei universitari forgiano, continuando a lavorare efficacemente in formazione e ricerca, insistendo su un piano infrastrutturale e di trasporti, con il migliore utilizzo dei fondi resi disponibili dall'Unione Europea per i prossimi sei anni. Sono certo, quindi, che se sapremo progettare ed agire insieme, istituzioni (superando la talvolta lenta macchina burocratica), apparati produttivi, sindacato ed ogni sano attore del territorio - guardando alla crescita nel medio e nel lungo termine - potremo restituire a Napoli, grande area urbana che si affaccia sul Mediterraneo, quel livello di competitività, di slancio compatto e di visibilità a cui tutti tendiamo.

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«Serve l’etica della responsabilità» il colloquio

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Aldo Masullo, filosofo e sindaco di Napoli mancato, sferra un duro colpo alla classe dirigente locale: «Il territorio è malato, non chiudiamo gli occhi» una delle cosiddette voci critiche della sinistra campana. Uno dei più grandi “nemici” del concetto di appartenenza. Aldo Masullo ha fatto sentire spesso la sua voce nel corso degli ultimi anni e quasi sempre l’ha alzata contro il centrosinistra campano. Anche quando ha parlato di politica non ha mai smesso di farlo con quella impronta tipica del filosofo. Che per molti è una grande risorsa, per altri, per i critici, è il più grande limite. Sono i critici che accusano gli intellettuali di essere lontani della realtà. Pur rimanendo sempre molto indipendente, è stato eletto ripetutamente in Parlamento prima negli anni ‘70 nelle liste del Pci e poi verso la fine degli anni ‘90 con l’Ulivo. Quell’Ulivo che poi si sarebbe “trasformato” in Partito Democratico. E proprio in occasione delle elezioni dei rappresentanti del nuovo soggetto politico si è consu-

Roberto Saviano fa quello che ognuno di noi dovrebbe fare. In particolare coloro che detengono il potere

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mata la grande rottura. Più significativa dell’astensione alle Comunali del 2006 perché il professor Masullo si era sempre espresso positivamente sull’idea di un nuovo partito. E invece non andò a votare in segno di protesta contro quelli che ha indicato come “vecchi” simboli del potere De Mita e Bassolino, come ostacoli ad un rinnovamento della classe politica in Campania.

Il mancato ricambio è spesso alla base di scarse competitività e qualità. Ma perché nella politica e in generale nelle Istituzioni c’è così poca qualità? «Credo sia l’inevitabile conseguenza di un processo durato molti decenni durante il quale, per una serie di ragioni e spinte, la società si è allontanata dalla consapevolezza del necessario rigore che andrebbe applicato in ogni campo. Si è abbandonata al lassismo».

Lei ha più di 80 anni. In tanto tempo non crede che in questa terra si potesse perdere maggiormente quella mentalità feudale dell’appartenenza? «Lo dico da sempre, ma il dato di fatto è che la liberazione non è avvenuta. Così come è mancata sempre la necessaria apertura verso il nuovo. Veniamo da una situazione culturalmente

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arretrata, derivante da una tradizione tardo feudale che ancora resiste, che si basa sulla facile conquista e sulla protezione del privilegio anche ricorrendo alla reciproca assistenza. In questo modo viene limitato il valore personale. Per questo la nostra situazione è ancora più grave: noi già partivamo da un punto iniziale svantaggioso, gli altri sono andati avanti e noi pur non peggiorando non abbiamo mai colmato questo ritardo. Il resto del mondo va avanti, si sviluppa, noi magari restiamo allo stesso punto in termini di quantità, ma di fatto perdiamo in qualità». Cosa fare per incentivare la buona società civile ad interessarsi delle vicende che riguardano tutti? «È la domanda che tutti si pongono, ma alla quale c’è una sola risposta: è necessaria la nostra volontà. Ma la volontà può derivare solo da una presa di coscienza: dobbiamo renderci conto che se non cambiamo tutti, se non assumiamo un atteggiamento più responsabile, a pagare è l’intera comunità. In tanti ragionano ancora secondo la logica di “salvarsi” mentre gli altri vanno in rovina. È una questione di coscienza». Napoli aveva appena superato la crisi acuta dei rifiuti, ma si è nuova-


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il colloquio mente trovata sulle prime pagine dei giornali per colpa di certi pseudo tifosi violenti. Qualcuno però parla ancora di accanimento mediatico. «Non credo proprio a questa ipotesi e non capisco cosa ci si possa guadagnare dal sospettarlo. Come in tutte le malattie sistemiche, come la nostra, più tardi si ricorre al risanamento e più è probabile che nuovi mali ci colpiscano». A proposito di malattie sistemiche

del nostro territorio, cosa pensa della vicenda umana e professionale dello scrittore Roberto Saviano? «Credo che sia un ottimo esempio di assunzione di responsabilità. Rappresenta quello che ognuno di noi dovrebbe fare. Saviano l’ha fatto nel suo campo, nel suo lavoro. È auspicabile che chi detiene più potere faccia altrettanto perché inciderebbe ancora di più sulla vita della comunità occupando ruoli di maggior rilievo e maggiore responsabilità». Lei però aveva la possibilità di arrivare al potere: si è mai pentito di non essersi candidato nel 1993? «No. Nella maniera più assoluta. Non mi candidai perché ero convinto che nella mia posizione sostanzialmente isolata sarei stato schiacciato dalle forze negative prima di poter fare un primo passo».

E chi poi è andato al potere ha fatto la stessa fine? «I risultati che cosa dicono? Credo

QUANDO SI TORNA AL VOTO?

Ma quando si torna a votare per Comune e Regione? È la domanda che si fanno in tanti, in troppi forse. Dimentichiamo in fretta che alle urne ci siamo recati appena due anni fa per eleggere il sindaco di Napoli e un anno prima per scegliere il governatore. La verità è che, tra amministrative, politiche e referendum, gli italiani vengono chiamati a esprimersi troppo spesso. Il voto è ormai una pratica inflazionata, svilita poi dalla creazione delle cosiddette liste bloccate (i vertici di partito decidono chi deve rappresentarci, eliminando lo strumento della preferenza). Ma vediamo effettivamente quando ci ritroveremo nuovamente con la tessera elettorale in mano: le Europee si terranno la prima settimana di giugno 2009 in contemporanea con le Provinciali; il Comune di Napoli scade nella primavera 2011, la Regione nel 2010 (anche se Bassolino fosse eletto in Europa, avrebbe sei mesi di tempo per optare tra il nuovo incarico a Strasburgo e la guida della Campania).

che siano ben peggiori di quanto potessero aspettarsi i più pessimisti». Un duro affondo, non c’è che dire, su cui riflettere. Masullo era e resta un punto di riferimento per la sinistra che non vuole ripiegarsi su se stessa, che non persegue il potere per il potere e intende governare la realtà senza perdere valori e ideali. Dario De Simone

UNA VITA TRA FILOSOFIA E POLITICA

Avellinese di nascita, 85 anni, Aldo Masullo ha trascorso gli anni degli studi a

Nola. Apprezzato filosofo, è stato uno dei “pionieri” della fenomenologia che ebbe modo di studiare durante la sua esperienza in Germania negli anni ‘50. Negli

anni ‘70 è stato eletto prima alla Camera e poi al Senato nelle liste del Pci come indipendente; dal 1994 al 2001 nuovamente a Palazzo Madama nei Ds. Pur im-

pegnandosi in politica, è sempre rimasto legato agli ambienti universitari e ha

pubblicato numerosi testi. Nel’93 sfiorò la candidatura al Comune di Napoli. job - feneal uil campania / ottobre 2008

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Giovanni delegato alla Conferenza di organizzazione il racconto

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5° PUNTATA

a sensazione che avvertiva Giovanni, appena entrato nella grande sala dei congressi dell’hotel Royal, già affollata da tantissima gente a lui sconosciuta, non fu piacevole. Anzi addirittura lo impauriva, perché richiamava il suo vissuto, ormai molto lontano nel tempo, ma mai rimosso dai suoi ricordi, come sempre accade a chi non sa dimenticare quel maledetto primo giorno di scuola. Giovanni aveva sempre provato amarezza per quel ricordo e ancora provava vergogna per non essere riuscito ad appar-

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tenere a quel mondo, dove tutti gli altri bambini gli sembravano migliori di lui e dove la loro allegria e la loro spensieratezza gli sembravano sempre un dispetto, anzi un insulto alla sua triste condizione di vita, troppo invasa dalla violenta ignoranza familiare. Si sentiva estraneo. Questo fu il motivo del suo rifiuto di prendere sul serio lo studio e, quindi, del suo abbandono della scuola. Non era, però, mai riuscito a nascondere a se stesso, come neanche alla sua maestra, che comunque lo aveva in amorevole e preoccupata considerazione, una

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particolare attrazione per il sapere e quella curiosità che è tipica dei bambini dotati di spiccata intelligenza. Non poteva, però, lasciarsi travolgere ancora una volta, da quel triste ed ingiusto destino da cui si era riscattato, emancipandosi con la dignità conquistata con il lavoro. Così Giovanni si scosse per togliersi da dosso quella sgradita sensazione legata al suo passato, aiutato fortunatamente dal presente che gli subentrò con la visione del gruppo di amici e compagni della sua Federazione, evidentemente già a loro agio in quell’ambiente, che festosamente gli stava venendo incontro e con i quali subito cominciò a scherzare. Giovanni era, dunque, lì anche per liberarsi finalmente degli antichi complessi e, perciò, la sua elezione a delegato di Napoli alla Conferenza di organizzazione nazionale della Feneal Uil, non solo lo aveva inorgoglito, ma gli aveva fatto montare, accanto alla naturale aspettativa per un’occasione così importante, anche la forte determinazione di assorbire il massimo possibile da questa, forse irripetibile, esperienza. E, infatti, si mosse pochissimo dal suo posto, intento com’era ad ascoltare tutto quanto il dibattito. E non rimase deluso. Anzi, per questa sua vigile partecipa-


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il racconto

nelle precedenti puntate...

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Giovanni torna a casa a capo chino e deve dire alla famiglia che è stato licenziato. Per fortuna troverà conforto nella comprensiva moglie Rita e poi deciderà di andare alla Feneal Uil per essere aiutato. Giovanni torna a casa con l’animo più leggero. Ma per strada incontra Don Salvatore, l’uomo che gli aveva insegnato il mestiere, mentre fruga tra i rifiuti perché da due anni ha perso il lavoro. Giovanni lo invita a seguirlo al sindacato

zione, si lasciò coinvolgere emotivamente, che per lui era l’unico modo per manifestare il suo primordiale spirito critico. E si appassionò fino al punto di avvertire un sommesso e pudico entusiasmo per le chiare e convincenti argomentazioni esposte sia nel primo intervento di saluto ai convenuti, poi nella relazione introduttiva, poi ancora nell’intervento della segretaria regionale confederale ed, infine, del segretario generale della Uil Luigi Angeletti che, visto e sentito da vicino, gli sembrò subito molto più bravo e simpatico di quanto non sembrasse per televisione. Giovanni si sentiva soddisfatto perché capiva che stare lì non era un caso, né poteva essere l’effetto di circostanze fortuite, ma stava lì perché la sua sensibilità, il suo senso di giustizia, il suo modo di concepire il lavoro, la qualità della vita, e le sue stesse aspirazioni per un futuro migliore, per sé e per i suoi figli, non potevano che stare lì, insieme a tutte quelle persone, che poteva anche non conoscere, ma ora sapeva bene che pensavano e sentivano come lui. Cominciò, poi, il succedersi degli interventi dei delegati, secondo un ordine, che non sembrava affatto casuale, di rappresentanza delle realtà più significative del sindacato. Ad ascoltarli tutti, così diversi nelle inflessioni dialettali,

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Giovanni assiste ad una riunione del Consiglio generale della Feneal Uil. È lì che trova non solo un aiuto concreto e preziosi consigli ma anche un’atmosfera amichevole. E così, Giovanni s’iscrive al sindacato…

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E’ passato qualche mese e Giovanni, che intanto è diventato rappresentante sindacale in un cantiere, riceve la visita di Don Salvatore che torna da Milano dove sta lavorando e sta notando tutte le differenze rispetto a Napoli.

che non tutti riuscivano a celare, ma anche così tendenziosi verso problematiche territoriali e argomentazioni localistiche, a Giovanni subito si rischiarò il quadro, ora fin troppo dettagliato e certamente non proprio positivo, di un’Italia molto complessa e molto contraddittoria, anche all’interno del Sindacato. Giovanni, in fondo, aveva intimamente acquisito dentro di sé, proprio a partire da quei sofferti ed indimenticati anni scolastici della sua infanzia, il concetto banale di Patria, che poi nel corso della sua vita, aveva sempre accomunato, se non addirittura identificato, con i valori della solidarietà

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e dell’uguaglianza. Ora, proprio lì, alla Conferenza di Organizzazione del suo sindacato, proprio tra la gente con cui aveva una così evidente sintonia di pensiero e di orientamento politico sui valori della tutela e dei diritti dei lavoratori, proprio lì, appunto, stava avvertendo per la prima volta il disagio della diversità, anche profonda, tra italiani e italiani, tra modo di pensare e di vivere al nord, differenti dal sud, frantumando così l’idea che il nostro potesse essere un solo popolo, con un solo sentire. Leone di Sant’Anna

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dalla sede - caserta

«Da nove anni in campo per garantire sicurezza»

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di TOMMASO DI MARCO (segretario Feneal Uil Caserta)

l settore dell’edilizia, prima di altri settori, ha investito nel valore della bilateralità, interpretando le relazioni tra l’impresa e il sindacato soprattutto come una risorsa. Gli effetti positivi della bilateralità trovano attuazione attraverso una oculata collaborazione nella gestione amministrativa degli Enti ed è per questo che in provincia di Caserta si è sviluppato un corretto sistema di relazioni industriali tra costruttori ed FLC nel quale si è sviluppato un laboratorio di soluzioni atte ad aiutare sia le imprese che i lavoratori. Ed in questo contesto è stata posta una particolare attenzione alle problematiche della sicurezza sui cantieri. Il Comitato paritetico territoriale (Cpt), in questi nove anni di attività, ha impresso una fortissima accelerazione per il raggiungimento della sua “mission” attraverso il potenziamento del’assetto organizzativo (oggi 9 unità e

Più confronto e semplificazione per raggiungere gli obiettivi dei nostri Cpt

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2 collaboratori) che ha permesso di rafforzare l’azione di consulenza e di offerta formativa sia in termini qualitativa che quantitativa. L’esperienza dei Cpt nell’edilizia rimane uno dei punti di riferimento più avanzati nel mondo del lavoro attivo. Le parti sociali, quando hanno deciso di dar vita al Cpt, hanno concordato sulla priorità della salute e della sicurezza. Sappiamo che è un lavoro che richiede impegno e che non dà risultati immediati. Tuttavia, in questi anni, abbiamo potuto constatare che grazie al nostro lavoro è cresciuta mediamente la sensibilità delle imprese; molte hanno innalzato la soglia di attenzione. Sviluppare, diffondere e concretizzare una cultura della prevenzione e della sicurezza rimane ad oggi, al di là degli interventi normativi specifici e degli adempimenti ad essi connessi, una scommessa impegnativa e stimolante. In questi anni tutti hanno svolto un lavoro diffuso, spesso sotterraneo, in provincia di Caserta. E’ un lavoro che facciamo quotidianamente e che ha anche riscontri importanti. Spesso le aziende che contattiamo rispondono in maniera positiva alle nostre sollecitazioni, troviamo un adeguato ascolto da parte degli addetti alla sicurezza. Con queste imprese vogliamo conti-

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nuare a dialogare, a far crescere la cultura della sicurezza, ad affiancarle nel percorso di crescita dell’impresa. E’ un concetto che in questi ultimi tempi va prendendo piede in maniera positiva anche grazie alla sensibilità avuta in questi ultimi tempi dai vertici delle organizzazioni sindacali. All’inizio è stato molto difficile far comprendere gli scopi statutari dell’ Ente in quando ci si individuava come un ulteriore soggetto sanzionatorio che interferisse nell’attività lavorativa. Con il passare del tempo e con la costante opera di propaganda effettuata le imprese ed i lavoratori hanno riconosciuto al nostro Ente quel ruolo di consulenza, promozione e diffusione di una cultura della Sicurezza. Ma servono soprattutto azioni nuove. La sovrapposizione delle competenze dei vari enti, preposti ai controlli, spesso diventa un intralcio. Non accresce la sicurezza, non scoraggia il lavoro sommerso e nero, danneggia talvolta l’attività delle imprese in regola. Bisogna semplificare i controlli, creare sinergie vere fra gli enti, coordinare l’attività di ispezione con azioni mirate e incisive.


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dalla sede - salerno

«Noi stiamo affondando e la politica parla»

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di LUIGI CIANCIO (segretario Feneal Uil Salerno)

iamo di fronte ad un’emergenza democratica, economica con un indebitamento per le famiglie italiane senza pari. La mancanza cronica del lavoro, l’insufficienza dei ticket (mancata mensa), i prezzi dei generi di prima necessità fuori controllo e fuori portata per i monoreddito, tasse altissime e rediti bassi per chi lavora, imprenditori onesti che vanno fuori mercato a discapito dei truffaldini e le tv che impongono argomenti e priorità da discutere. Non è possibile che deve essere Famiglia Cristiana, a cui va il nostro plauso, a sollevare alcuni temi. Per questo sono interessato a capire cosa intende fare la delegazione dei deputati di Salerno (eletti senza preferenze) dei democratici, qual è il programma per la Provincia e come intendono affrontare i nodi irrisolti del territorio o se sono solo interessati ad alchimie e bilancini per la composizione del partito che (per adesso) non c’è, anche perché il governo centrale continua ad occupare poltrone mentre blatera di federalismo e poi impone scelte dall’alto. Poi penso alla spocchia che buona parte della Giunta provinciale mostra (e continua a mostrare) su questioni che riguardano il territorio… mentre Sagunto viene espugnata a Roma si discute. Evidentemente non ci

si rende conto che la destra in Campania si è rafforzata ed a Salerno abbiamo il Ministro delle pari opportunità che aveva riferito come spettasse a lei, il giorno di San Matteo, alzare il panno per svelarci il candidato della destra alla Provincia. A festa del Santo patrone passata, invece, della scelta per il candidato alla Presidenza della Provincia ci siamo ritrovati con un’autorità portuale decisa dal Ministro. Non ci resta

Le famiglie sono in stato d’emergenza, ma a Roma si continua ad occupare le poltrone

che piangere. Chiudo con una notizia di cronaca un po’ datata: intorno all’anno mille il poeta Firdausi, uno dei maggiori autori e narratori persiani - ancora oggi la sua tomba è visitata da tanti iraniani che non sono invasi dal fanatismo islamico - scrisse l’epopea del suo mondo. Leggende, storie, cantate e narrazioni tramandate oralmente ricordavano che Firdausi nel suo Shahnama (il libro del Re) scrisse una grande epopea

dei popoli iraniani. Le sue fatiche durarono oltre trent’anni. I suoi versi fecero il giro di tutto il Paese. Non c’era fuoco, accampamento o incontro in cui le sue storie e poemi non echeggiassero. Così in tutte le case, anche le più umili, le madri raccontavano ai propri bambini le epopee descritte da Firdausi. Al momento di ricevere il dovuto, il suo mecenate, il sultano Mahmoud di Gazni, invece di pagarlo in oro, così come gli aveva promesso e pattuito, lo pagò in argento. Allora il poeta divise sprezzatamente la somma tra il guardiano del bagno del luogo ed un venditore di bibite e si dileguò. Dopo poco compose un poema di satira sull’avarizia e i difetti del sultano. Intanto col passare del tempo sempre più artisti ed artigiani, prendendo spunto dal poema Shahnama e dai racconti, avevano iniziato a decorare piastrelle ed arazzi. Solo allora il mecenate, prendendo atto del lavoro fatto dal poeta, decise di riparare al torto che gli aveva arrecato. Inviò a Tùs, dove Firdausi ormai anziano si era ritirato, una carovana di cammelli con un carico prezioso di indaco ma mentre la spedizione entrava nel paese incrociò un funerale che usciva dall’altro lato: era quello di Firdausi.

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dalla sede - avellino

«Entrare in cantiere con il piede giusto»

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di FRANCO DE FEO (segretario Feneal Uil Avellino)

na importante novità contrattuale sancita dal rinnovo del contratto nazionale dell’edilizia, siglato il 18 giugno 2008, permetterà un’innovazione nel campo della formazione preventiva dei lavoratori al primo ingresso nel settore delle costruzioni. L’art. 91 del CCNL, “Formazione Professionale”, prevede l’obbligo per le imprese edili di avviare a formazione preventiva i lavoratori “prima del primo minuto di lavoro” nel settore allo scopo di rendere edotto il prestatore sulle problematiche organizzative del cantiere e sugli obblighi relativi alla sicurezza. Saranno 16 ore di formazione per avviare la costruzione di un bagaglio di esperienza formativa che dovrà seguire il lavoratore in tutta la vita produttiva per incorporare la cultura della sicurezza e la tensione personale al lavoro sicuro. I corsi di formazione pre-ingresso saranno gestiti dalle Scuole Edili e dovranno arricchire il glossario personale, con esplicitazioni approfondite delle mansioni che generalmente caratterizzano il lavoro in un cantiere. Scavare, movimentare mezzi e materiali, imbracare, impastare, tagliare, demolire, armare e disarmare, funzione ed uso dei ponteggi, uso della corrente e gli interventi di emergenza; saranno questi gli elementi tecnici che dovranno essere studiati e compresi dagli allievi in formazione. Saranno conoscenze tecni24

che elementari trasmesse da docenti con elevata esperienza teorica ed operativa maturata sul campo; sarà sicuramente un apprendimento che contribuirà a ridurre gli incidenti sui cantieri. Otto ore per l’organizzazione del cantiere ed altre otto ore per la sicurezza, per fortificare la cultura personale di ogni singolo lavoratore e per trasmettere il messaggio forte e determinato: rivendicare sempre la dignità del lavoro. Una formazione contestuale, fatta di professionalità di cantiere e di appre-

Nuovo contratto, sedici ore di formazione per la tutela dei lavoratori

stamenti per la sicurezza con specifico riferimento ai concetti di rischio, protezione, organizzazione della prevenzione, diritti e doveri dei soggetti aziendali (imprenditore, tecnici e gli stessi lavoratori). La normativa contrattuale, rispetto alle finalità ed agli obblighi degli operatori del settore, trova puntuale conferma nell’art. 37 del Decreto 81/2008 che sostanzialmente impegna il datore di lavoro ad assicurare a ciascun lavoratore

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una “formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza”, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento ai concetti di rischio rispetto alle mansioni ed alla sicurezza. Nella conferenza stampa del 25 settembre, con il Formedil Nazionale e le Scuole Edili provinciali, è stata lanciata una campagna di grande informazione sulle innovazioni contrattuali e legislative; è stato proposto un percorso formativo dei “nuovi lavoratori” del settore basato sull’apprendimento delle “nozioni-chiave del mestiere” e delle “parole-chiave della sicurezza”. In questa fase il confronto a più voci con gli enti ispettivi (Asl, Dpl, Inail, Inps), le imprese ed i consulenti del lavoro dovrà essere intenso per monitorare il settore e per realizzare, con il concorso delle Casse Edili, l’obiettivo del percorso formativo che prevede l’acquisizione “del sapere, con l’informazione”, “del saper fare, con l’addestramento”, “del saper essere, con la formazione”. Come Feneal di Avellino assicureremo un’intensa partecipazione negli enti paritetici, Cassa Edile e Centro per la Formazione e la Sicurezza, per consentire la piena realizzazione degli obiettivi contrattuali, per la tutela dei diritti e per contribuire alla difesa della vita.


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dalla sede - benevento

«Un intervento sistematico nel settore edilizio»

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di ANDREA LANZETTA (segretario Feneal Uil Benevento)

l Patto Formativo Locale delle Costruzioni, attivo da ormai due anni a Benevento, è un esempio riuscito di partenariato locale che coinvolge le parti sociali, il sistema bilaterale del settore e le istituzioni con in testa il Ministero del Lavoro. Un modello originato dalla costruzione di un ampio sistema partecipativo che vede il sindacato tra le organizzazioni protagoniste dell’innovazione, per immettere il settore edile sulla strada del cambiamento, per valorizzare il lavoro e, di conseguenza, modernizzare, far crescere e rendere competitivo il sistema delle imprese. Fondamentale nell’attività del Patto Formativo è il ruolo dell’Osservatorio, concepito come strumento di ricerca e analisi del comparto e suddiviso in tre sezioni: economica, mercato del lavoro, analisi dei fabbisogni formativi. La parte economica si concretizza attraverso lo studio del settore che punta a definire il contesto economico-produttivo della provincia di Benevento. Per questo, un gruppo di lavoro ha analizzato i temi dell’organizzazione strutturale delle imprese, il loro mercato, le aspettative di breve e lungo periodo, i punti di forza e di debolezza dell’edilizia nel territorio. Strategicamente efficace è l’analisi dei fabbisogni formativi promossa in più fasi all’interno del progetto e condotta

seguendo un doppio livello di indagine: conoscere i fabbisogni formativi delle imprese per i propri dipendenti e indagare sulla necessità di qualificazione e di aggiornamento degli stessi imprenditori. Una fase sviluppata e gestita sotto la supervisione dell’Isfol e della Facoltà di Economia dell’Università del Sannio che ha coordinato l’aspetto statistico. I risultati ottenuti consentono di progettare interventi formativi coerenti con le necessità emerse. Ripetere periodicamente l’indagine, in modo da aggiornare i fabbisogni e, conseguentemente, la formazione da praticare, è sicuramente il percorso che le parti sociali intendono seguire. Un progetto nel settore delle costruzioni non poteva tralasciare il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro. Su questo versante, due su tutti sono gli interventi definiti dal progetto, i “criteri minimi del cantiere etico” ed il “Codice di Condotta”. Azioni concrete di sensibilizzazione orientate soprattutto verso le imprese per contrastare i fenomeni che troppo spesso coinvolgono drammaticamente i lavoratori. Riguardo al cantiere etico, attraverso la collaborazione degli enti pubblici di vigilanza (ASL, INAIL e DPL), è stato predisposto un volume che raccoglie i 12 punti chiave per la messa in sicurezza di un cantiere. Il Codice di Condotta, invece, è

stato pensato come declinazione della Responsabilità Sociale d’Impresa, ed è uno strumento volontario che le aziende si impegnano ad adottare attraverso la sottoscrizione di un patto con il Cpt di Benevento, ente capofila del progetto. L’intesa comporta l’adesione ad un percorso virtuoso in grado di sviluppare livelli sempre maggiori di sicurezza e di innovazione. Alle imprese che rispettano il Codice di Condotta viene rilasciato un “bollino di qualità”. Da segnalare, infine , il lavoro realizzato con la Borsa Lavoro (recepita anche nel nuovo Contratto Nazionale). Si tratta della prima esperienza di incontro tra domanda e offerta di lavoro nel settore edile organizzata in Italia (per iscriversi: www.pflsannio.it). Ad oggi la Borsa Lavoro conta più di 150 iscritti e 10 imprese che hanno fatto richiesta di forza lavoro e hanno incrociato e selezionato i curricula inseriti nella banca dati del sistema. Una bella soddisfazione per Feneal, Filca e Fillea di Benevento che insieme all’Ance hanno voluto scommettere su un progetto così articolato, incentrato sull’innovazione per modernizzare il settore e avviare un serio discorso sulla qualità del lavoro e della formazione calibrata sulle reali esigenze del mercato. Un modello da imitare, che fa scuola non solo nel territorio ma anche nel resto d’Italia.

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Faremo tutti la fine dei Malon? Q

Nella celebre serie televisiva americana “Star Trek” viene raccontata la storia di una civiltà in cui lo smaltimento dei rifiuti è un grande business uando la realtà supera la fantascienza. Una frase che abbiamo sentito spesso negli ultimi anni, soprattutto davanti ad eventi catastrofici. L’emergenza rifiuti in Campania, già “prevista” con tutti i suoi inquietanti dettagli da un noto videogioco, non poteva non invadere anche la fantascienza. In realtà, la storia raccontata alla fine degli anni ‘90 in tre puntate del telefilm “Star Trek Voyager” sembra drammaticamente premonitrice di un futuro più o meno vicino piuttosto che della stretta attualità. Ma è una storia che dovrebbe comunque far riflettere sulle grandi scelte. A scegliere apparentemente molto male sono stati i Malon, un popolo

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alieno incontrato dall’astronave Voyager nella quinta stagione del telefilm. La loro civiltà dà enorme importanza alla ricchezza materiale, ma trascura l’ecologia. I Malon producono una spaventosa quantità di scarti industriali e rifiuti radioattivi pericolosi. Per smaltirli vengono organizzati viaggi verso remote aree dello spazio. Ed è qui, in una zona soprannominata “il nulla”, che la Voyager incontra un enorme cargo che trasporta scorie radioattive. L’equipaggio, guidato dall’intraprendente capitano Kathryn Janeway, scopre che dietro i trasporti si nasconde un gigantesco business, quello dello smaltimento dei rifiuti tossici, una delle più importanti attività della civiltà Malon.

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L’astronave incontrata dalla Voyager appartiene ad una società specializzata che sta sbaragliando la concorrenza perché ha scoperto un passaggio segreto e rapido per una zona dello spazio priva di pianeti: una “discarica” perfetta e facilmente raggiungibile. Per salvare i pochi abitanti di quella regione, avvelenati dalla radiazioni, l’equipaggio propone ai Malon di condividere una tecnologia utile per realizzare impianti di riciclaggio e di trattamento dei rifiuti. Ma il capo della spedizione respinge la richiesta in quanto, se il suo pianeta si dotasse di tali mezzi, la sua impresa di smaltimento fallirebbe in pochi mesi. Come da consolidata tradizione, lo scopo di “Star Trek” è anche quello di sensibilizzare l’opinione pubblica su temi di grandi interesse quali, ad esempio, lo sviluppo di una moderna coscienza ambientale. “Voyager” è la penultima delle cinque serie del telefilm, uno dei più celebri negli Stati Uniti fin dagli anni ‘60. Proprio i protagonisti della prima serie, andata in onda 40 anni fa, inscenarono il primo bacio interrazziale. “Star Trek” ipotizza sotto una chiave molto ottimistica il futuro dell'umanità e si è sempre segnalato per coraggio e rottura degli schemi: a 25 anni da Pearl Harbor


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il fatto e in piena “guerra fredda”, l’ideatore Gene Roddenberry “piazzò” al timone dell’astronave Enterprise un giapponese nato a San Francisco e al suo fianco un giovane tenente russo. Secondo i sociologi, la serie televisiva ha condizionato pesantemente l’evolversi della cultura americana. I maligni indicano “Star Trek” come “organo di propaganda” del Partito Democratico Americano; si diceva che tra i fans vi fosse anche il senatore Bob Kennedy, assassinato pochi mesi prima della corsa alla Casa Bianca. L’ultimo fan di lusso della serie televisiva a venire allo scoperto è stato l’attuale candidato presidente Barack Obama. Nelle 700 puntate del telefilm e nei dieci film andati in onda (l’undicesimo è atteso nella primavera del 2009 e sarà incentrato sulla vita del giovane Spock,

Nel 2350 i terrestri hanno inventato impianti tecnologici per limitare le scorie. Introdotti nel mondo dei Malon farebbero fallire le imprese del settore rifiuti il vulcaniano con le orecchie a punta) vengono affrontati tutti i temi scottanti delle “varie attualità”: negli anni ‘60 il rischio derivante dalle armi di distruzione di massa e le discriminazioni razziali, negli anni ‘80 e ‘90 l’omosessualità, la bioetica e i problemi dell’ambiente, nell’ultima serie il fanatismo religioso e la paura della diversità. Ma proprio una stupenda e lunghissima puntata di “Voyager”, in-

Al lato e in bass il Malon imprenditore del settore rifiuti. A sinistra in basso l’equipaggio della quinta stagione di “Voyager”

titolata “Workforce”, è dedicata interamente al tema dello sfruttamento del lavoro. “Voyager” è ritenuta da una parte degli appassionati la serie più bella e innovativa delle cinque realizzate. Prodotta verso la metà degli anni ‘90, è ambientata in una zona remota dello spazio e narra del lunghissimo viaggio di ritorno verso la Terra di una piccola astronave che si è persa. Acquistata dalla Rai e mandata in onda in orari notturni, la serie è poi passata sugli schermi di La7 dove, di tanto in tanto, viene ancora riproposta insieme con la meno famosa “Deep Space Nine”. Il legame tra presemte e futuro può risultare a tratti inquietante. Il confine tra la finzione e la realtà - soprattutto per chi come noi è ormai abituato a vederne di tutti i colori - è assai labile. Dario De Simone

L’autunno caldo

Dopo un’estate di servizi sul “miracolo napoletano”, sulle strade finalmente ripulite dall’immondizia con

tanto di Vesuvio sullo sfondo finalmente libero dai sacchetti, a Napoli e in Campania si è tornati ai vecchi scenari. Distese di rifiuti nelle periferie e proteste con botte in piazza tra facinorosi infiltrati tra i manifestanti e forze dell’ordine. E’ successo a Chiaiano, fronte caldo della protesta antidiscarica. Berlusconi e Bertolaso (sempre più con un ruolo politico e non più tecnico), comunque, andranno avanti anche perché sul sito della città di Napoli si giocano la credibilità. Tempi dilatati per l’apertura: per i primi conferimenti si dovrà attendere il periodo natalizio. L’altro fronte caldo è quello del Formicoso. In Irpinia non vogliono la seconda discarica dopo che il sito di Savignano Irpino, aperto su ordine del Prefetto De Gennaro, ha già ingoiato l’immondizia di mezza regione contribuendo a fare di Berlusconi il salvatore della patria d’adozione. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre, i militari sono arrivati a Pero Spaccone e hanno delimitato l’area con il filo spinato. I sindaci di Bisaccia, Andretta e di altri undici comuni si sono addirittura incatenati sotto Palazzo Chigi. È un decisionismo che rischia di sfociare nell’arroganza, almeno secondo i comitati civici. E durante la sua nona visita, il 1° ottobre scorso, il premier ha annunciato la costruzione del quinto termovalorizzatore, a Giugliano.

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Disimpegno morale, ecco i motivi

l’indagine

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a cattiva condizione sociale spesso è dovuta alla pessima qualità dei rapporti relazionali. In psicologia, la trasmissione dei valori e dei modelli di vita e comportamento morale vengono fatti risalire alla relazione per eccellenza, quella che si instaura fin dalla nascita tra genitore e figlio. Si sono però avvalorate tesi secondo le quali le norme comportamentali sono trasmesse soprattutto dai sistemi istituzionali, tra queste anzitutto la scuola. È nella scuola che l’individuo, per la prima volta, confronta i valori genitoriali con quelli trasmessi dall’istituzione scolastica, rafforzandoli (se

fonte: sondaggio Anci luglio 2008

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SPAZI I RICREATIVI APERTI

SPAZI CULTURALI

MERITOCRAZIA

IMPEGNO NELLE ISTITUZIONI

PARTECIPAZIONE POLITICA

I DESIDERI DEI GIOVANI

concordi) o criticandoli (se discordi). Quello dell’apprendimento sociale è un fattore estremamente importante, un processo continuo di acquisizione di principi che derivano da diverse fonti e, ovviamente, dall’insegnante prima di tutto. Il tenore di vita culturale sembra davvero rasentare il fondo se paragonato a quello di pochi decenni fa. Alla domanda-sondaggio - È la Terra a girare intorno al Sole o il contrario?circa il 25 per cento degli studenti intervistati ha risposto in maniera errata. Eppure sono passati quasi 500 anni dalla morte di Copernico. A questo punto vien da chiedersi se gli insegnanti abbiano responsabilità in merito. Credo almeno quanta ne abbiano gli studenti. Molti ambienti lavorativi, quello dell’insegnamento in primis, sono stati sottoposti negli ultimi anni, in tempi ristretti, ad una serie di riforme e continue richieste di cambiamenti “dall’alto”. Tutto ciò accresce la condizione di stress psicologico del lavoratore, patologia del nuovo millennio. L’insegnante, così come l’imprenditore oppure l’operaio, sono sottoposti ad una pressione psicologica quotidiana insostenibile e dunque costretti ad attivare meccanismi di autodifesa. Tali meccanismi di natura psicologica possono indurre processi di disattivazione o

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distorsione del controllo della propria morale. Scattano, dunque, atteggiamenti che altrimenti sarebbero considerati dal soggetto stesso inammissibili. I meccanismi di disimpegno morale possono essere svariati, probabilmente i più evidenti sono la diffusione e il dislocamento di responsabilità: non è difficile ritrovare in ambiente scolastico, tra gli insegnanti, pareri del tipo - “È inutile impegnarsi troppo con gli alunni quando gli altri colleghi sono disinteressati a loro” - o - “Non si può pretendere dai miei allievi che abbiano una condotta “modello” se il contesto in cui vive è questo”. E lo studente emula tali atteggiamenti. La nostra sfida per il raggiungimento di una società fondata sull’impegno morale, sul riconoscimento delle proprie responsabilità, su veri ed onesti rapporti sociali, parte da qui; già il semplice atto di essere coscienti di poter “cedere” alle condizioni stressanti è un passo verso una caratterizzazione positiva del rapporto sociale. Per avere un’idea simbolica di quali siano i desideri dei giovani, l’Anci (ssociazione dei Comuni italiani) ha effettuato un sondaggio assai significativo. A lato il risultato: la meritocrazia la richiesta principale. Antonio Massa


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Morti bianche sotto la lente

mass media

Stampa, cinema e fotografia accendono i riflettori sul fenomeno Tra tante verità, molte immagini crude e alcuni luoghi comuni

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’articolo del sociologo Luca Ricolfi, pubblicato sul settimanale “Panorama” di alcuni mesi fa, affronta a viso aperto e senza ipocrisie il tema delle morti bianche. Le vittime in Italia sono tante – è in sintesi l’analisi di Ricolfi – ma sono in netta diminuzione rispetto agli anni scorsi. Un dato confortante? No, ma che serve a trattare l’argomento con la giusta angolazione, senza creare allarmismi. Molto può fare il sindacato – aggiunge il saggista noto per aver bacchettato la sinistra per il suo essere “snob e antipatica” – assicurando più presenza nelle fabbriche e nei cantieri, difendendo i meno garantiti e lottando contro il lavoro nero. Giusto, giustissimo. Ma va raccolto anche l’altro invito che Ricolfi lancia ai media: spiegate veramente come stanno le cose, utilizzate criteri statistici il più possibili oggettivi, non confondete le idee alla pubblica opinione. Perché, dunque, si è creato l’allarme morti bianche? Perché esiste, e dobbiamo tutti lavorare per ridurre i rischi; ma anche perché spesso fa “comodo” alla stampa creare l’allarme che riempe le pagine di appelli, commenti e racconti strappalacrime. Meglio parlare poco e fare opera di prevenzione promuovendo la cultura della sicurezza sui luoghi di lavoro, oltre che assumere nuovi ispettori che vigilino sul rispetto delle norme di tutela della vita del lavoratore.

Sulla tragedia della ThyssenKrupp, l’azienda siderurgica di Torino dove circa un anno fa morirono sette operai in un incendio sviluppatosi all’interno della fabbrica, sono stati realizzati una mostra fotografica (“Chi muore al lavoro”) presso la Fondazione “Sandretto Re Rebaudengo” a Torino, ma anche un film presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Diretto da Mimmo Calopresti, “La fabbrica dei tedeschi”, è più che altro una documentario, una docufiction. La scena finale è particolarmente emozionante, quella in cui si ascolta la tefonata al 118 di un operaio di un altro padiglione, il primo a capire cos’era accaduto all’interno della famigerata Linea 5: «Ci sono alcuni colleghi bruciati, camminano e mi chiedono aiuto», grida a una centralinista che nemmeno riesce a capire l’indirizzo preciso a cui manSono passati 33 anni dall’uscita nelle sale di dare le ambu“Yuppi Du”, uno dei film più significativi tra lanze. Mentre, quelli prodotti e interpretati da Adriano Cesullo sfondo, di lentano. Il dvd che contiene una versione resentono le urla staurata è già in testa alle classifiche e non strazianti delle solo per la pubblicità derivante dalla presenza vittime. Tra gli atdel “molleggiato” al Festival di Venezia. È un tori anche le note film con una trama principale e diverse sottostar Valeria Gotrame, tra le quali la violenza sulle donne e lino e Monica soprattutto le morti bianche: preannuncia ciò che Celentano sarebbe Guerritore. diventato nel corso degli anni. Lui conduce una prima serata del sabato negli anni ‘80 e lancia messaggi contro la caccia a poche ore dalle elezioni. A Venezia è andato in scena anche il commosso ricordo di Graziano Alonso, il tecnico scomparso durante le riprese del film. Qualcuno ha già soprannominato Celentano “Banal grande” per la scontatezza dei temi toccati, ma il poliedrico artista, anche a rischio di essere politicamente scorretto, ha aggiunto che tanti incidenti sul lavoro avvengono pure per l'imprudenza delle stesse vittime.

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l’inchiesta

Luoghi di aggregazione tra impegno e degrado

sport

Secondigliano, campi di calcio dimenticati

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sotto l’occhio dei riflettori da anni la periferia Nord di Napoli. In particolare, da quando è scoppiata la drammatica faida camorristica di Secondigliano. È in quel periodo che in tanti si sono accorti del degrado di una zona della città che conta oltre 70.000 abitanti. Si è sempre parlato molto di alternative alla strada, ma sul fronte delle strutture sportive, la periferia settentrionale è un buco nero. Clamoroso il caso dello stadio di via Hugo Pratt, nel cuore di Scampia: la costruzione è iniziata nel 2000, l’apertura è stata ripetutamente rinviata per una serie di problemi tecnici e burocratici. Ma il 30

caso più emblematico è rappresentato dal campo di viale Lombardia (nella foto), alla Masseria Cardone. I lavori sono iniziati nel 2006: doveva diventare il nuovo campetto in erba sintetica del rione, uno dei più difficili e degradati della città. Ma un anno dopo, il Comune ha finito i soldi e ha chiesto all’impresa esecutrice dei lavori di coprirlo interamente d’asfalto. Niente calcio sull’erba, dunque, ma altre attività autorizzate anche dal Coni. Una beffa per il quartiere anche per un altro motivo: la struttura sorge proprio di fronte alle caserme dell’Esercito che dovevano essere abbattute per far posto al grande stadio di

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Miano, anche quello rimasto solo sulla carta e nelle chiacchiere. I giovani reclamano strutture per giocare e allenarsi. Inutile parlare poi di valenza sociale dello sport, se le istituzioni non investono.


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volontariato

l’inchiesta

Il buon esempio del Rione Sanità

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dispetto del degrado e dei problemi che umiliano la città di Napoli, esistono esempi di volontariato in prima linea. Tra questi, spicca la “Società San Vincenzo De Paoli ”, un’organizzazione cattolica fondata nel 1833 a Parigi dal beato Federico Ozanam insieme ad altri laici, ispirata proprio agli insegnamenti del santo francese. Organizzata secondo una precisa gerarchia, la Società si arti-

cola sul territorio nazionale (e internazionale, la sede centrale è a Parigi) e anche nel nostro capoluogo in Conferenze, comunità che i membri si impegnano a rendere dei veri e propri e laboratori di carità. Le conferenze sparse sul territorio napoletano - generalmente in prossimità dei quartieri più degradati come il Rione Sanità - mettono a disposizione centri di accoglienza, case di ospitalità per persone in difficoltà (tossicodipendenti, anziani, ex detenuti o in libertà provvisoria, donne in difficoltà, madri nubili), mense per poveri, sostegno morale e materiale per famiglie disagiate ed extracomuitari e

assistenza per i carcerati (distribuzione di vestiario e materiale didattico, assistenza legale, organizzazione di corsi formativi e attività ricreative, sostegno alle famiglie in condizioni d’indigenza). Una rete capillare, quindi, che i vincenziani affrontano sempre con impegno e coraggio, restando fedeli al “carisma” della Società che si esprime nel servizio reso al delicato mondo dei poveri e degli emarginati. Una cattedrale nel deserto che prova a restituire dignità a chi l’ha perduta e a chi, purtroppo, non l’ha mai avuta. Il 25 ottobre la San Vincenzo premierà un detenuto del carcere di Poggioreale che si è distinto.

spettacolo

Musica al Plebiscito? No, meglio l’Auditorium

«R

ealizzeremo un auditorium per la musica a Napoli». Questa promessa, da parte dell’allora sindaco Antonio Bassolino, quante volte l’avranno sentita i giovani napoletani e campani? Innumerevoli. In estate l’improvviso spostamento del concertone di Pino Daniele dallo stadio San Paolo (di proprietà del Comune, ma gestito dal Calcio Napoli che temeva danni al campo) a piazza Plebiscito è l’ulteriore testimonianza della mancanza di spazi per la musica. Certo, ci sono l’Arena Flegrea, i teatri, l’Arenile di Bagnoli. Ma un luogo capace di ospitare anche 40mila spettatori? Nei pressi

del Palapartenope hanno aperto la Casa della Musica: nome altisonante per il solito classico tendone per concerti al massimo da 10mila paganti. A Roma hanno costruito l’auditorium: ci suonano le orchestre classiche ma anche star internazionali come Bob Dylan e Patti Smith; è nato e vive per ascoltare musica con l’acustica idonea. Perché qui da noi non è possibile? Lanciamo a questo punto una provocazione (fino ad un certo punto) a Comune di Napoli e Regione: se si costruisse uno spazio ad hoc per la musica live, in un sol colpo sarebbero soddisfatti gli interessi di politici, costruttori, lavoratori ed…elettori.

P.s: ora è rispuntata l’ipotesi auditorium a Bagnoli, dove praticamente si dovrebbe realizzare di tutto: alberghi, case, luoghi ricreativi. Manca la progettualità, in generale. Figuriamoci per la musica e l’arte.

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Ma come parlano i politici italiani?

la bussola

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n politica, spesso si utilizzano termini stranieri o neologismi estranei al linguaggio comune. In pochi ne conoscono il significato. Cerchiamo di fare chiarezza, di indicare la giusta direzione come fa una bussola.

BIPARTISAN Il termine bipartisan ha un’origine anglosassone sia nella forma che nel contenuto: rimanda, infatti, al tradizionale sistema anglosassone con due grandi partiti. In italiano è comparso quando si è cominciato a delineare un sistema politico bipolare favorito dal passaggio dal sistema elettorale proporzionale a quello maggioritario. Una critica bipartisan è, quindi, una critica avanzata da entrambe le coalizioni, quella di maggioranza e quella di opposizione. INCIUCIO Il termine inciucio deriva

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dall’espressione dialettale napoletana ‘nciucio che significa spettegolare parlando fitto ed a bassa voce. È di origine onomatopeica (il nome ricorda il rumore), richiama il ciu-ciu che si percepisce dal chiacchiericcio di due persone. È entrato a far parte dell’italiano gergale del giornalismo politico per indicare un accordo sottobanco, un compromesso riservato tra fazioni formalmente avversarie, ma che in realtà attuano, anche con mezzi ed intenti poco leciti, una logica di spartizione del potere.

FRANCO TIRATORE La locuzione, rintracciabile in italiano a partire dal 1870, ha origine militare e deriva del francese franc-tireur. Risale alla guerra franco-prussiana e viene usato secondo il significato storico di “combattente” che pratica azioni di guerra contro truppe regolari per evitare l’occupazione o l’evacuazione di centri abitati. I franc tireurs furono milizie volontarie istituite per difendere la Francia in occasione delle invasioni del 1792, del 1815, prima ancora di quella del 1870. Se ne riparlò al termine della Prima guerra mondiale, quando in Germania furono organizzati alcuni Freikorps, per l’appunto “corpi franchi”. Si tratta quindi di un cecchino che, nascosto e dunque imprevisto, provoca danni ad una parte. Poi il termine è

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stato utilizzato nel mondo politico. Le più frequenti manifestazioni dei franchi tiratori si sono verificate in Italia durante l’elezione del presidente della Repubblica o di componenti della Corte costituzionale o del Csm. Il fenomeno, tuttavia, si verifica anche durante le votazioni che riguardano leggi particolarmente controverse. Per limitarne l’incidenza, nel 1988 i regolamenti della Camera e del Senato furono riformati riducendo i casi in cui è previsto lo scrutinio segreto. La riforma fu motivata con la necessità di non confondere i ruoli fra maggioranza e opposizione. STAGFLAZIONE Sembra una brutta parola. E un po’ lo è. Nasce dalla fusione di due “malattie” dell’economia, la stagnazione (non girano soldi) e l’inflazione (i prezzi aumentano). Tale termine è risorto quando l’impazzimento del prezzo del petrolio configurava un “terzo shock petrolifero”, dopo quelli del 1973-75 e del 1979-80. La stagflazione sorge quando l’inflazione proviene dai costi dei prodotti messi in vendita, non dalla domanda da parte dei consumatori. Se provenisse dalla domanda ci sarebbe inflazione, ma non stagnazione. Aumentare i tassi di interesse indebolirebbe sempre di più la domanda senza per questo far abbassare il prezzo del petrolio.


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Conferenza di Napoli: l’intervento di apertura di Emilio Correale

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ompagni e amici, delegate e delegati, invitati, graditi ospiti, “Io sono un eroe perché sopravvivo al mestiere”. Questo è un verso della canzone di Caparezza che abbiamo scelto come una delle colonne sonore di questa nostra Conferenza di Organizzazione. L’eroe è un lavoratore edile, a cui, per lavorare, per vivere, riesce di non morire. Purtroppo, non tutti ce la fanno. Ancora ieri altri sei morti a Catania. Un’altra strage. Siamo indignati per i tanti lutti che, noi sappiamo, si possono evitare. Ma certamente, non possiamo cominciare questa nostra Conferenza senza rivolgere a loro e a tutti i morti caduti sul lavoro il nostro pensiero ed un nostro minuto di raccoglimento. Grazie. È con vivo piacere che do a voi tutti il benvenuto a nome dei lavoratori, degli operatori e dei responsabili delle strutture dalla Feneal Uil di Napoli e della Campania. Come ben comprenderete, questo nostro compiacimento non è formale, ma è dettato dalla smisurata voglia di offrire ancora una volta Napoli, non per quello che oggi appare, così negativamente, ma per quella che veramente è, per le sua storia, le sue bellezze, per l’arte e la cultura, per il rinomato spirito allegro della sua fantastica gente, in verità oggi un po’

comprensibilmente sommesso. Se ne è parlato tanto che non è nemmeno più il caso soffermarsi sulle motivazioni, sulle cause e sulle responsabilità, che hanno indotto la drammatica situazione di Napoli e della Campania. Il malgoverno, le organizzazioni criminali, il malefico intreccio di interessi per lo smaltimento dei rifiuti industriali tossici, l’apatia lazzarona della gente, sempre più pervasa dalla cultura della camorra: tutto vero. Ciò che non potrà mai essere vero è che Napoli voglia rassegnarsi al suo destino, perchè da questa situazione non riuscirà più a risollevarsi. Bisogna convincersi che, pur nella contraddittorietà della sua identità, Napoli mantiene intatte le sue grandi potenzialità che sono una risorsa, per il Mezzogiorno e per l’intero Paese. Deve per questo attivare, prima di ogni cosa, un sicuro ed efficace processo capace di attirare la più ampia partecipazione democratica della popolazione, attraverso l’istituzione di nuovi e più adeguati terminali di aggregazione, che si assumino il compito di ripristinare le ordinarie condizioni civili ed ambientali. Compito che significa, innanzitutto, sottrarre lo spazio vitale alla camorra, fino ad estirparla. E tale spazio deve essere rioccupato dal suo

legittimo titolare, che è lo Stato, che deve farsi vedere e sentire anche qui. Per fare e non solo per apparire e per quello che è giusto che faccia, nulla di più, ma in modo da dar fiato e rassicurare i cittadini onesti, per farli vivere, lavorare, investire e fare impresa, con la certezza di poterlo fare in sicurezza e con la certezza della convenienza. Così Napoli e la Campania potranno distruggere i loro mali antichi, riuscendo a sollevarsi, da sole, senza chiedere né pretendere da altri. Ma, per questo motivo, non dobbiamo far venir meno, a Napoli e alla Campania, il sostegno e la solidarietà dell’Italia intera, che sono i fattori essenziali e decisivi per il loro recupero. E la soli-

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darietà, è bene ricordarlo non è un atto giuridico o una procedura legale, ma è un sentimento di unificazione nazionale e che, come tale, all’occorrenza, può anche essere sentitamente ricambiato, ben sapendo tutti che Napoli è una città solidale. Proprio per questo esprimiamo il più vivo apprezzamento e la nostra gratitudine alla Segreteria e alla Direzione nazionale della Feneal Uil per la scelta di Napoli, quale sede dove tenere la VII Conferenza di Organizzazione. Questa si celebra in uno scenario sociale molto complesso, anche se il quadro politico ha subito una evidente e, credo, non indolore semplificazione. La stagione del dialogo che i vincitori delle elezioni, in modo così fittizio, sembra che volessero imporre a se stessi, in sostituzione del loro tradizionale, ma più sincero, metodo conflittuale, già scricchiola alla prima occasione, quando, e non tanto per galanteria per la presidente di Confindustria, subito si è manifestata la loro vera intenzione di mettere in discussione la sfera dei diritti dei lavoratori. Orari più flessibili, estensione del part-time, abolizione di libri paga e matricola: la “deregulation chirurgica” di Sacconi che cosa è se non una maggiore libertà alle imprese per scrollarsi di dosso la presa del Sindacato? E la stagione del Durc, dell’emersione del sommerso, della lotta al lavoro nero, potrà avere un suo esito finale positivo o è già tramontata? Il nostro Paese ha bisogno di rimettersi in cammino. Deve attivare un processo di vero e duraturo sviluppo e di benessere, che deve riguardare tutti, imprese, lavoratori, cittadini, e non privilegiando una sola parte sociale, semmai in determinate aree del territorio nazionale. Deve produrre di più e meglio, spendendo di meno. Anche noi del Sindacato diciamo così, ma se 34

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qualcuno pensa che produrre di più, spendendo di meno significa aumentare, con una sbagliata concezione della flessibilità, lo sfruttamento dei lavoratori, a cui si deve abbassare la quota dei loro diritti, noi diciamo, invece, che bisogna aumentare la capacità di produrre, ampliando e qualificando i livelli occupazionali, risparmiando sì, ma sull’approvvigionamento delle risorse energetiche e delle materie prime. Si deve abbassare l’indebitamento con l’estero, anche così possono circolare ed essere distribuite più risorse all’interno del nostro paese. Angeletti ha usato qualche giorno fa, a Telese, un’espressione che io ritengo molto felice. Ha detto: non realizzare le infrastrutture nel nostro Paese, impedisce la crescita e il nostro futuro. Noi edili abbiamo più di un motivo per essere d’accordo. Le opere che noi realizziamo significano lavoro per noi, significano miglioramento delle con-

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dizioni di vita dei cittadini, ma, soprattutto, significa dare futuro alla nostra Società e alle giovani generazioni. Ed anche per questo motivo, il Sindacato deve riagganciare il mondo giovanile, con maggiore vigore e convinzione. È un mondo, quello giovanile, troppo stordito da messaggi sbagliati, ma in esso, però, già pulsa in modo evidente, il germe del loro futuro impegno e del loro protagonismo. Il Sindacato deve saper cogliere questa spinta, senza pensare di omologare i giovani a sé stesso,per un rapido invecchiamento, ma facendo esprimere la loro freschezza, la loro capacità innovativa e, soprattutto, assecondando le loro sensibilità. Grazie per l’attenzione. Emilio Correale


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Sintesi della relazione di Antonio Correale

L’obiettivo di questa VII Conferenza di organizzazione è operare un corretto adeguamento del nostro impianto organizzativo, per renderlo attuale e corrispondente alle reali esigenze del mondo del lavoro che rappresentiamo, ma è anche quello di portarlo in avanti, verso obiettivi più ambiziosi, proiettati nel futuro. Nella fase attuale, nella complessità dello scenario presente, abbiamo il dovere di rendere il nostro Sindacato all’altezza dei nuovi compiti che si prospettano, indotti innanzitutto dalla trasformazione del quadro politico e sociale del nostro paese. Il tema centrale è l’essenzialità del ruolo del sindacato, sia nella difesa dei diritti dei lavoratori che nel miglioramento delle loro condizioni di vita, di reddito, di sicurezza e di qualità del lavoro. Per questo, la visione che dobbiamo avere della realtà, per come essa si presenta e per le prospettive che ne sta determinando, non può che essere spietatamente oggettiva e sgombra da ogni condizionamento ideologico. Deve essere, invece, concreta e coerente con la nostra storia e con le nostre tradizioni che affondano significativamente le proprie radici nella tradizione del riformismo italiano. Il sindacato deve mantenere nel suo Dna la tensione verso il cambiamento, nel quale si realizzino stabilità, migliori opportunità e migliori condizioni di lavoro, una convivenza civile basata su regole certe e non su abusi e corruzione, assicurando condizioni di vera si-

curezza sia al lavoro che alla vita quotidiana. La nostra scelta di campo non è in discussione. Così come riteniamo sia fondamentale che tutto il sindacato continui a ragionare ed agire, in questa comune area della sinistra sociale, cercando semmai di interpretare in modo più puntuale le richieste del mondo del lavoro dipendente, senza stancarsi mai di alimentare un rapporto diretto con iscritti e non iscritti. E per sindacato noi intendiamo quello che non rinuncia al valore della confederalità come hanno fatto e, siamo sicuri, faranno anche la Cgil, e la Cisl insieme alla Uil. Non possiamo però essere ciechi di fronte a quella vera e propria rivoluzione che ha determinato uno sconvolgimento delle rappresentanze parlamentari e politiche. Ad esempio è per noi legittimo interrogarsi sul futuro dell’area riformista di matrice laico-socialista, nella sua più ampia accezione, per la lunga militanza di una parte non piccola della nostra esperienza sindacale. Non sta a noi indicare direzioni di marcia alla politica. E’ vero che esiste nel nostro paese una estesa richiesta di protezione a tutti i livelli, cui dare risposte efficaci: protezione contro una criminalità violenta e sottovalutata dalla cultura di sinistra; protezione contro gli effetti della globalizzazione che cambiano regole e giocatori in campo; protezione contro le conseguenze della stagnazione economica e dell’impoverimento allarmante di salari e pensioni; protezione contro il senso di incertezza che si avverte sul futuro del proprio lavoro e soprattutto sul futuro dei nostri figli; protezione contro il potere delle banche e contro burocrazie oppressive e lente, anche quando ci sono di mezzo problemi di salute. Noi

sappiamo bene, guardando al nostro settore, che ci sono e ci saranno tanti lavoratori stranieri che meritano rispetto, accoglienza e il nostro sostegno solidale Ci sono poi problemi di casa nostra che dobbiamo risolvere a casa nostra. Ne cito alcuni: la domanda interna. Anche se il PIL del primo trimestre non è piatto, come si temeva, ma indica una qualche vivacità, resta forte la preoccupazione delle ricorrenti analisi economiche sul fatto che, nel 2008, l’Italia rischi la crescita zero, pure in presenza di una tenuta dell’export italiano, che riesce a tenere a bada anche l’euro forte. Ma se la tasche dei lavoratori e dei pensionati a metà mese sono vuote è illusorio pensare a futuri rosei per produzione e consumi. Ecco perché la battaglia sindacale, quella della Uil in particolare, per rimpolpare i portafogli esausti dei lavoratori e dei pensionati, indica una direzione di marcia senza alternative. C’è da usare la leva fiscale, da proseguire una seria lotta all’evasione, da colpire rendite al riparo da tutto, posizioni di privilegio, come la tassazione su banche e grandi imprese, e lussi ostentati, ma irraggiungibili per il fisco. E vi è la necessita di progettare gradualmente la rivalutazione delle pensioni prima di vedere crescere in modo ingestibile il numero dei poveri nel nostro paese. Con una avvertenza: quella di non dimenticare che molti giovani sono senza un futuro previdenziale certo e che, quindi, occorre pensare a nuovi percorsi previdenziali che affianchino i giovani anche prima del loro ingresso nel mercato del lavoro, nel quale peraltro rischiano di scontare lunghi anni di precarietà e bassi redditi. Le risorse ci sono e vanno trovate nella lotta contro gli sprechi che

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siamo stanchi di vedere elencati sulle pagine di libri di successo, perché così arricchiscono solo gli abili autori, ma continuano ad impoverire la collettività. C’è da costruire un federalismo, non solo fiscale, capace di avvicinare amministratori e cittadini ma senza spaccare definitivamente in due il nostro paese. C’è da rilanciare la domanda interna, anche con ricette tradizionali, ma importanti come le grandi opere, che sono quel cordone ombelicale che manca ancora all’Italia per sentirsi davvero Europa. Il sindacato deve fare la sua parte. Deve essere in grado, speriamo unitariamente, di spingere risolutamente Governo e Parlamento a privilegiare la crescita come terreno di impegno prioritario. Deve chiedere progetti che abbiamo visioni meno anguste del breve periodo. Deve incalzare anche sul territorio l’azione delle Istituzioni. Perché il territorio può tornare ad essere la scena principale di decisioni e svolte profonde. La prospettiva del federalismo e la ricerca di una maggiore concretezza dell’azione di Governo e politica spingono verso questo scenario. Spinge verso questa direzione l’evoluzione della contrattazione e delle relazioni industriali. Spinge verso queste prospettive la ricerca di consenso che dovrà fare i conti, come lo ha fatto nelle ultime elezioni, con una popolazione che non sceglie più in base ad ideologie, ma vuol vedere in faccia coloro cui affidare la rappresentanza delle proprie esigenze e richieste. In questo senso anche la concertazione deve voltare pagina. Giustamente Luigi Angeletti ha posto da tempo la questione di guardare oltre un accordo come quello del luglio ‘93, che non è adeguato a supportare politiche di sviluppo e di rilancio della domanda interna. E sono ancora più inadeguati e sterili i riti assembleari di Palazzo Chigi, che ormai sopravvivono in controtendenza, rispetto a quanto chiedono i cittadini ed i lavoratori. Occorre trovare nuove strade che permettano di legare fasi di concertazione su temi precisi a realizzazioni certe nei tempi e nelle risorse impiegate. Quella fase, iniziata provvidenzialmente per le sorti del nostro paese, nel 1993 ci sembra davvero del tutto esaurita. Questo non vuole dire che non ci sono ragioni per un dialogo serrato a più voci. Ma con nuovi atteggiamenti, nuovi metodi, nuovi strumenti. Altrimenti nei fatti tutto dipenderà da

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quello che sarà in grado di decidere il Governo, che a quel punto assumerà le forze sociali come una sorta di consiglieri, ascoltati ma privi di vero potere d’intervento. L’economia del nostro Paese è dunque il banco di prova più impegnativo che abbiamo di fronte. Senza che la nostra economia torni a respirare aria di sviluppo sarà difficile mettere mano anche alle questioni di carattere civile e sociale. Questo vuol dire innanzitutto cambiare l’Italia. La riforma della contrattazione vede Cgil,Cisl e Uil presentarsi al confronto con una proposta comune. E’ un segno di forza ma anche di buon senso per aprire una pagina nuova che tenga conto dei cambiamenti e chiuda la bocca alle solite invocazioni delle gabbie salariali o della fine del contratto nazionale. E’ un passo coraggioso che risponde anche alle accuse rivolte al sindacato di non sapere innovare, di vivere ancorato a stati di necessità. Su questo punto dovrebbero ragionare i fautori del massimalismo contrattuale che, anche in questa occasione, scalpitano arroccandosi ancora una volta sul fronte del no e del diniego pregiudiziale. Giustamente nella proposta sindacale viene confermato il ruolo del contratto nazionale che deve essere più puntuale nel difendere salari e

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stipendi dal costo vita e continuare a fornire soluzioni per tutti, in termini di diritti e di condizioni normative. Si è rimproverato alla nostra proposta di voler immettere nuovamente strumenti simili alla scala mobile. Questo vuol dire ignorare cosa erano gli automatismi degli anni 80, che annullavano gli spazi rivendicativi, appiattivano le professionalità, alimentavano una inflazione a due cifre. Oggi il problema è molto diverso: la perdita di potere d’acquisto di salari, stipendi e pensioni è sotto gli occhi di tutti e sta diventando un freno essa stessa alla crescita economica. Varrebbe la voglia di dire che la vera scala mobile sta altrove nella crescita vertiginosa dei prezzi a cominciare da pane, pasta, frutta e verdura, per non parlare dei carburanti e delle tariffe locali. Giusto allora attualizzare le modalità degli adeguamenti economici, visto che non si tratta di inseguire il costo vita, ma il carovita. Ma se vogliamo difendere il tenore di vita dei nostri lavoratori e delle loro famiglie, dobbiamo prestare molta più attenzione alla questione delle tasse e tariffe locali. L’abolizione totale dell’ICI, dopo che il Governo Prodi l’aveva già ridotta, e le misure sui mutui sono un primo passo da non sottovalutare. Noi vorremmo


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che gli Enti Locali, per effetto dei tagli di spesa pubblica che ci saranno e dei maggiori compiti derivanti dall’estensione di funzioni statali con il federalismo, non continuassero a produrre balzelli d’ogni tipo che continuerebbero a vanificare ogni sforzo contrattuale sul piano dei miglioramenti economici. Ma la vera novità viene dall’articolazione della contrattazione di secondo livello che, secondo il nostro parere deve, e non sarà facile, davvero essere estesa territorialmente, per raggiungere lavoratori oggi esclusi, ma deve anche esaltare la funzione di quegli accordi bilaterali di cui la nostra categoria è antesignana e che sono un modello più che mai attuale da perseguire. Naturalmente quella sindacale è una scommessa impegnativa: regioni e territorio diventeranno banchi di prova ancora più cruciali per capacità non solo contrattuale, ma anche organizzativa delle nostre strutture. La stessa materia fiscale, che interesserà in base al federalismo sempre di più le regioni, non può essere indifferente anche ai temi contrattuali. Il territorio, con la coabitazione di fattori economici e sociali di vario tipo: dalla miriade di piccole imprese poco o niente sindacalizzate, all’esercito di giovani lavoratori precari. Si aprirà

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insomma una partita sindacale e sociale di grande rilievo alla quale dobbiamo prepararci non solo sul piano dell’adeguamento organizzativo, ma anche impostando una più coerente politica contrattuale. Il rapporto CRESME mette in risalto alcuni dati, molto significativi, che illustrano fedelmente, e quantificano le dimensioni, di quanto asseriamo. Tra questi dati, infatti, proprio il lavoro part-time è stato registrato nel sistema delle Casse Edili con un aumento addirittura del 74,9 %. Questo dato spiega da solo come sia possibile che, a fronte di un aumento dei lavoratori iscritti in cassa edile pari al 16,1 % e, quindi, a fronte dell’aumento dell’occupazione in edilizia, che vede straordinariamente cresciuta la presenza degli stranieri, fino al 43,3 %, risulta, invece, un sensibile calo della media delle ore lavorate fino a 921 ore. Come abbiamo già detto, anche nella trattativa per il rinnovo contrattuale, nessuno ha potuto disconoscere la sostanziale anomalia di questo fenomeno, del tutto improprio per il nostro settore, se riferito, oltre agli impiegati, così massicciamente, anche agli operai. Ora parliamo di noi. La Feneal è dotata di una solida struttura organizzativa che è il frutto dell’attuazione di una ragguardevole, quanto corposa,

progettazione ad essa destinata, che è stata concepita, elaborata ed eseguita in questi sedici anni di appassionata e fruttuosa discussione interna. Con i processi che si sono innescati è aumentata la capacità di produrre consenso, ed è cresciuto il quadro dirigente, che si è potuto esprimere, avendo acquisito una dotazione di maggiore qualità professionale. Oggi possiamo vantare il fatto che siamo l’esatto prodotto del processo che abbiamo attivato all’origine, opportunamente adeguato alle esigenze che, di volta in volta, si sono presentate. Cosi abbiamo potuto realizzare un’opera, non certo facile, e non ancora del tutto compiuta, di riannodamento delle tante specificità della nostra Federazione, per inglobarle dentro una più corretta ed efficace dimensione nazionale. In questo nostro viaggio abbiamo potuto individuare e valorizzare le tante professionalità che si sono presentate ed affermate, ed insieme ad esse e alle tante risorse di cui disponiamo, abbiamo potuto guardare avanti, con fiducia nel futuro, riconoscendo, e considerando preziose, le spinte innovative che si sono manifestate. La stessa titolazione che abbiamo voluto dare alla nostra programmazione organizzativa, ha caratterizzato la particolare fase storica della nostra Federazione, fino a all’ultimo e definitivo Progetto Qualità Feneal, che è stato da noi concepito per dare strumenti e stimolo ad ogni struttura territoriale, ma soprattutto a quelle, più indietro, per crescere sul piano qualitativo e quantitativo. L’intervento di sostegno economico è stato, in sostanza, concepito dalla Federazione nazionale, come un investimento legato ai risultati conseguiti, ed è concesso nel corso dell’adeguamento dell’assetto organizzativo operato da ogni struttura territoriale. La nostra meticolosa riflessione sull’organizzazione, in definitiva, ha portato a sintesi, e a sostanza, i fattori che hanno determinato il successo delle nostre realtà più forti e rappresentative. Tali fattori sono stati attentamente selezionati ed elencati e, dalla loro analisi, abbiamo dedotto il nostro schema di identificazione della qualità organizzativa, capace di innescare i conseguenti processi imitativi. Questo schema, oggi, è generalmente assimilato, avendo superato ogni forma di immotivato scetticismo, ed è il motore dello sviluppo dell’intera nostra Federazione.

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È il faro che illumina il naturale processo di trasformazione e di rinnovamento degli assetti organizzativi. Il Progetto Qualità Feneal, in definitiva, non solo ha appassionato il nostro quadro dirigente, ma ha anche prodotto un dibattito interno di così elevato spessore, tale da essere, esso stesso, una dimostrazione della qualità acquisita. Con questa Conferenza di Organizzazione Nazionale intendiamo portare avanti e migliorare ulteriormente i risultati raggiunti, fissandoci, il chiaro obiettivo di estendere la qualità e la buona organizzazione in ogni nostra diramazione territoriale. Lo scenario che prefiguriamo, con questa ulteriore accelerazione, infatti, dovrà comportare una vigorosa strutturazione dinamica delle Federazioni provinciali, che sono il cuore pulsante del nostro Sindacato, per metterle in grado di radicarsi sempre più fortemente nella categoria, ed anche nella specifica realtà territoriale, ma soprattutto per dotarla della strumentazione necessaria a renderle protagoniste per i nuovi compiti che deriveranno dalla riforma della contrattazione concordata da Cgil, Cisl e Uil. Voglio ricordare, a questo punto, come, in questi anni, abbiamo insistentemente discusso su come strutturare la nostra Federazione, per adeguarla opportunamente alle nuove competenze istituzionali derivate dal lento processo federalista che è in atto nel nostro Paese. Abbiamo discusso molto sulla necessità di ridefinire, in modo più appropriato, le funzioni destinate al coordinamento regionale. Il dibattito che si è acceso ha appassionato l’intera Federazione ed ha fatto registrare posizioni ed orientamenti articolati, spesso ispirati da diverse, anche se mai contrapposte, sensibilità. Sono già state prese delle decisioni con le relative delibere votate in Direzione.

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Tali delibere sono il fondamento essenziale del lavoro che è in atto, in cui è impegnata la Commissione Statuto. Lavoro che sarà portato a termine con la celebrazione del prossimo Congresso della Feneal. Il principio ispiratore che come sempre abbiamo voluto individuare per il conseguimento del migliore risultato possibile, è quello della concretezza flessibile, perché, come sempre, riteniamo che l’esito di un ragionamento collettivo, portato a sintesi, non potrà mai essere rigido e slegato dalla particolare realtà di riferimento. Esso dovrà tenere conto delle specificità territoriali e delle intrinseche capacità di conseguirlo da parte del quadro attivo sindacale. La Commissione Statuto, nel positivo lavoro fin qui svolto ha ormai chiaramente individuato le regole basilari, da condividere e rispettare, con cui tracciare le coordinate utili a costruire il nostro nuovo modello organizzativo ed attuare le relative politiche amministrative e le gestioni delle risorse economiche, sulla base della certificata e trasparente rendicontazione. Ferme restando le modifiche statutaria apportate dal Comitato Centrale a Reggio Calabria, la Commissione Statuto ha concentrato la propria attenzione a quei casi riferiti a quelle strutture organizzative, a qualsiasi livello territoriale, che pur godendo di buona salute, ma ne è stata messa in discussione la conduzione, o a quei casi in cui sono subentrate ragioni di incompatibilità con le regole statutarie vigenti, sempre riguardanti chi ne detiene la responsabilità, per tali strutture si potrà procedere, con specifica deliberazione della Direzione nazionale, all’attivazione di procedure di reggenza, concepite nella provvisorietà concordata, senza che si debba provvedere, così, all’azzeramento forzato degli organismi statutari.

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Sarebbe questo un modo più giusto e perciò sicuramente più efficace ed accettato, di superare sia il ricorso il commissariamento ad acta, per la labilità degli effetti producibili, che il commissariamento ordinario, per questi casi, troppo severo. Intanto per noi è sempre auspicabile che lo sviluppo organizzativo e politico delle Federazioni provinciali avvenga attraverso i normali processi della nostra democrazia interna. È fondamentale, perciò, che la costituzione dei gruppi dirigenti provinciali, avvenga sulla base della positiva ed accertata capacità di conduzione politica ed organizzativa dei suoi componenti, che cresce e matura, non soltanto consolidando l’esperienza sul campo, ma anche, attraverso gli opportuni percorsi formativi, acquisendo professionalità e conoscenza che, messe insieme e proiettate nel tempo, identificano la qualità. I gruppi dirigenti, in sostanza, devono costituirsi, contenendo, già al loro interno, il germe del rinnovamento, tale da favorire, sulla base di regole certe e ispirate alla più cristallina trasparenza, il naturale ricambio. L’attenzione che abbiamo sempre dimostrato per la valorizzazione del personale politico di cui disponiamo, proprio perché esso è l’attore principale della nostra funzione, ma anche perché la qualità che dimostra è il nostro valore aggiunto, ci ha suggerito lo slogan di questa nostra Conferenza di Organizzazione: COSTRUIRE IL PRESENTE, PROGETTARE IL FUTURO. Con questo titolo della nostra Conferenza, in sostanza, intendiamo dire che nessun modulo organizzativo e nessuna progettazione, a cominciare dal PQF, avrebbe potuto avere un esito così efficace, positivo e vincente, se non avessimo tenuto conto del fattore qualitativo riguardante direttamente le persone, che lavorano, si appassionano, vivono, in modo così dedicato, nella nostra Organizzazione. Ci siamo preoccupati, perciò, di garantire agli uomini e alle donne della Feneal le condizioni più favorevoli nell’esercizio della propria missione sindacale, atte ad assicurare la costante presenza nei luoghi di lavoro, per stare strettamente a contatto con i lavoratori che rappresentiamo e, più


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generalmente, con l’intera categoria. Abbiamo, poi, dettagliato i compiti che riteniamo primari, nello svolgimento delle funzioni di tutela e di rappresentanza dei lavoratori, da parte di tutti i componenti del quadro attivo della nostra Federazione. La Feneal deve essere sempre di più l’organizzazione che riesce ad entrare dentro ad ogni problema; deve riuscire a capire, fin nel profondo, le esigenze delle persone che si affidano ad essa, per razionalizzarle e codificarle; deve, in definitiva, arrivare al cuore della gente che rappresenta, per conoscere e sentire come vive e soffre, e deve vivere e soffrire con essa, fino al raggiungimento del risultato. Questa nuova capacità, quindi, non deve avere soltanto una sua connotazione di tipo organizzativo, ma deve specificare l’evoluzione della nostra identità di uomini e donne che, così, interpretano i propri compiti di rappresentanza del mondo del lavoro, alla luce della moderna visione del riformismo laico e progressista, che, per noi, deve essere sempre meno astratta ed eli Entrando, a questo punto, a conclusione del mio rapporto,nel merito dei dati numerici che ci riguardano diciamo subito che la Feneal Uil cresce e consolida la propria rappresentatività nel settore delle Costruzioni. La positiva attuazione dei nostri progetti organizzativi ci ha consentito di realizzare alcuni risultati di grande rilievo, che, come sempre sono consultabili nella documentazione consegnata a voi tutti, perfettamente in linea con la nostra consolidata trasparenza. Oggi, e a merito di tutti, rappresentiamo nel settore edile il 20,77% della categoria, raggiungendo il considerevole traguardo di 121.099 lavoratori iscritti con delega attiva, che, per la Feneal, risulta il picco massimo di iscritti nel settore, mentre solo 15 anni fa gli iscritti erano neanche la metà. Nel 2007 la Feneal aumenta complessivamente le proprie adesioni del 17,01% sul 2006. Tale incremento scaturisce da un +16,58% di iscritti nel sistema Casse Edili, e da un +22,18% nel sistema Edilcasse. Nella Federazione l’intero apparato è formato da oltre 400 quadri sindacali, che operano a tutti i livelli dell’organizzazione, dove va segnalata una significativa presenza di quadri giovani e soprattutto un aumento del numero delle donne e degli immigrati. Circa 1.895 sono i nostri rappresentanti sindacali nei luoghi di

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lavoro (ripartiti, secondo i nostri dati 2007, 1.200 in edilizia, 350 nel legno, 110 nel Cemento, 165 nei Laterizi e 70 nei Lapidei); 11.990 negli impianti fissi a cui si devono aggiungere altri 4.000 lavoratori che sono iscritti al nostro Sindacato, pur essendo collocati al di fuori dei cicli produttivi, perché in cassa integrazione o in mobilità, per un totale complessivo di 137.089 iscritti reali. Sono numeri importanti, che da soli bastano a spiegare la vera sostanza della nostra Federazione, che è il risultato dell’ottimo lavoro di qualità realizzato in modo diffuso su tutto il territorio nazionale. Ciò anche perché abbiamo rilevato, e non soltanto come dato statistico, che il livello qualitativo dei quadri espressi dai settori ad impianto fisso è alquanto positivamente predisposto alla gestione e alla conduzione delle funzioni sindacali. Abbiamo sempre inteso che non deve mai essere confusa la natura essenziale del nostro essere sindacato, con i mezzi che utilizziamo per esprimerci. Anche se sappiamo bene che l’efficienza dei nostri servizi vuol dire saper stare in una serrata competizione nella quale sono presenti, attivi e determinati numerosi altri attori. Se il federalismo andrà avanti l’obiettivo di poter contare su buoni servizi diverrà ancora più importante. Questa nostra impostazione, che deriva, così come per le altre categorie, dal rapporto instaurato direttamente con i lavoratori, ha spesso impattato la necessità di rendere più armonici i rapporti confederali e più equilibrata la concezione della confederalità. L’equilibrio richiamato è quanto mai opportuno per creare le necessarie sinergie sempre utili nella acquisizione e,

soprattutto, nella conservazione del consenso. Con questa logica di sistema intendiamo affrontare il problema della continuità della tutela, che deve sempre accompagnare chi ci esprime il proprio consenso, a cominciare dalla fase iniziale della ricerca del lavoro, fino all’assistenza nel passaggio alla condizione di pensionato. In definitiva, si sta ragionando sulla opportunità di realizzare le condizioni della più giusta e continuativa tutela degli iscritti durante l’intero arco della loro vita. È nostro dovere, quindi, conquistare e mantenere consolidato il rapporto di fiducia dei lavoratori nel loro Sindacato. Questo modo di confidare nel proprio Sindacato da parte dei lavoratori, appartiene al patrimonio storico ed anche culturale della Feneal che probabilmente non ha termini di paragone, a questo livello, in altri settori dell’industria. Orgogliosamente possiamo dire, quindi, che c’è molta Feneal in questa concezione dell’appartenenza ed è questo il motivo per cui dobbiamo continuare a rendere più visibile la nostra presenza organizzata tra i lavoratori. “Dove c’è una grande volontà non possono esserci grandi difficoltà” disse uno che di politica se ne intendeva e che rispondeva al nome di Niccolò Machiavelli. E la volontà di guardare avanti non manca certo alla FeNEAL e al suo gruppo dirigente, anzi continuerà ad essere la sua forza. Con i nostri uomini, con le donne, i delegati di cantiere, i rappresentanti sindacali unitari, per la sicurezza, i dirigenti a tutti i livelli, tutti protagonisti del futuro che stiamo progettando, avendo costruito così saldamente il nostro presente.


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l’intervista

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l’artista

Nino D’Angelo racconta il successo di Piedigrotta: «La città è troppo divisa, circola un po’ di razzismo»

È

un fiume in piena. Una slavina di passione, entusiasmo, voglia di vivere e cantare. È il Nino D’Angelo di oggi, nonno sereno e artista completo, reduce dal grande successo della seconda edizione della Festa di Piedigrotta, di cui è stato direttore artistico. Ha riunito in pochi giorni sullo stesso palco di piazza Plebiscito - davanti ad una folla immensa e festosa - un’icona partenopea Sophia Loren, un tenore internazionale dello spessore di Josè Carreras, i cantanti neomeolodici che tanto piacciono al popolo. Quello stesso popolo che lo stesso ex “caschetto biondo” riesce ad avvicinare miracolosamente alla borghesia. «Io vengo dipinto come l’anello di congiunzione tra le diverse fasce sociali della città? Magari, rispondo. Ci provo. Se ci sono riuscito con la festa di Piedigrotta che ho diretto organizzandola in pochissimo tempo a disposizione, sono davvero contento». Da uomo e artista appagato, D’Angelo coltiva il sogno 40

di vedere la sua città «unita, compatta, non divisa in tante fazioni come sempre», ma lui stesso è consapevole che la strada in tal senso è lunga, lunghissima, forse interminabile. Come l’orizzonte: più ti avvicini, e più si allontana. Ma Nino D’Angelo non perde la sua anima da scugnizzo “cresciuto”: a “Job” si racconta spaziando dalla musica alla politica, confessando che a se stesso chiede “solo” di rimanere «la voce dei signor nessuno». E non è certamente poco per chi, una volta vinti alcuni pregiudizi (le sue canzoni non sempre riuscivano ad andare in onda sulle principali stazioni radiofoniche italiane), si è fatto strada anche nei piani alti della musica italiana. Da tre anni, poi, ricopre - anche in questo caso con successo tributato sia dalla critica (ah, i giornalisti come sanno essere cattivi e volubili) che dal pubblico che riempie ogni settimana il piccolo teatro di Forcella. Nel cuore di Napoli, dove Nino è voluto benc come un benia-

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mino. Del resto, il Trianon si chiama teatro del popolo. Nel cartellone 2008-2009 - in basso i nomi e le date degli spettacoli - sono previste personaggi di grande spessore e tradizione artistica come Luigi De Filippo, Carlo Giuffrè e Leopoldo Mastelloni, ma anche comici popolari come Oscar di Maio, Alessandro Siani e Paolo Caiazzo. D’Angelo, è reduce dal grande successo ottenuto dalla seconda edizione della Festa di Piedigrotta. Che bilancio traccia da questa esperienza vissuta in prima persona, come direttore artistico e come protagonista della serata cluo al Plebiscito? «È stato un grandissimo successo, siamo andati secondo me ma anche stando a sentire i commenti, ben oltre le più rosee aspettative. Almeno considerando l’esito della Festa l’anno scorso quando ebbero molto tempo per prepararla. Io, invece, ho avuto poco tempo: fino all’estate non


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l’artista era ancora sicuro che la seconda edizione si sarebbe svolta, figuratevi un pò. Eppure ci siamo riusciti. Non ci credevo neanche io che sarebbe andata alla grande». Ha messo in moto il suo ingegno, ma anche le sue conoscenze nel mondo dello spettacolo. Ci racconti qualche retroscena? «Diciamo che mi sono inventato due ospiti di grande spessore come Sophia Loren e Josè Carreras, che ho invitato a cantare le canzoni della tradizione napoletana. Mi pare un ottimo risultato, sono veramente soddisfatto dell’esito di questa manifestazione che ha una storia antichissima e un valore simbolico per l’intera città». Però c’è stato un atteggiamento un po’ snobistico nei suoi confronti e nei confronti della Piedigrotta, vista come manifestazione del popolino: è una sensazione giusta o no? L’haa avvertita o no? «Per la verità, e lo dico proprio io che sono figlio dello snobismo di Napoli, in quest’occasione non ho sentito più di tanto atteggiamenti snobistici. Ad ascoltare in massa Carreras non c’era certo solo la Napoli popolare, in piazza Plebiscito ho visto una città unita. Direi: finalmente unita come non mai. La borghesia era al

fianco delle fasce sociali più umili. Devo riconoscere che ho avvertito come non mai la vicinanza della gente. In questo senso, considero questa Piedigrotta un grande successo personale e collettivo». Insomma, D’Angelo è considerato sempre più l’anello di congiunzione tra le diverse anime di Napoli? Mette d’accordo quasi tutti? «Se così fosse, per me sarebbe un grandissimo complimento. Magari. So solo che io ho sempre preso le “mazzate” prima degli altri, gli artisti che sono venuti dopo di me hanno trovato la porta della casa già buttata a terra…». Può già anticipare, a questo

Non subisco più i pregiudizi di una volta. Ormai ho preso le mazzate per fare strada agli altri dopo di me punto, se sarà anche l’anno prossimo alla guida artistica della Piedigrotta o è ancora presto per dirlo visto che dipende dalle decisioni degli enti locali? «Non lo so ancora, in questo momento. Però è difficile trovare un personaggio che sia popolare quanto me. Ho cercato di coinvolgere tutti in questa esperienza a metà tra passato e futuro: l’anno scorso, per esempio, il cardinale Sepe, per esempio, si era lamentato che la Curia non era stata coinvolta in una manifestazione che ha anche un valore religioso. Io sono

l’intervista

andato a parlare con lui, proprio per spoliticizzare la festa e coinvolgere tutte le anime della città». Sembra di capire che ritiene di aver contribuito a rilanciare l’immagine di Napoli in un periodo a dir poco difficile: è così oppure un singolo evento musicale non può fare più di tanto? «Mi limito a dire che Napoli sta riaccendo i suoi motori, che erano praticamente fusi. La macchina, quindi, non si poteva accendere più per andare in moto. La città si presentava, se vogliamo utilizzare un altro esempio che rende l’idea, come un moribondo a cui improvvisamente si riaccendono mente e cuore. Ora, intendiamoci, serve l’ordinarietà per Napoli e i napoletani: il posto di lavoro, la sicurezza, la vivibilità. Sono queste le vere priorità da tener sempre presente, ma un bel evento può dare una mano a rilanciare l’immagine di un tesoro come la nostra Napoli». Che cosa si è inceppato negli ultimi anni, dal suo osservatorio? «Il punto è quello di cui abbiamo discusso prima: Napoli ha mille facce, tra di noi circola anche un po’ di razzismo: questo è il punto che più mi addolora». Si riferisce all’ostracismo nei suoi confronti tanti anni fa? «Beh, se esistono quartieri come Vomero e Secondigliano…mi sembra naturale che la città non sarà mai una sola. Io mi vanto di essere quello che sono, me lo sono guadagnato lavorando sodo in tanri anni. Poi penso in maniera un po’ cinica: di che ci meravigliamo?. È da secoli così, diciamoci la verità. Cambia poco negli anni, veneriamo il re di turno e poi siamo bravi a buttralo giù.

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Grandi nomi della tradizione canora e attoriale nel cartellone 2008 del Trianon. Ecco il programma: Dal 24 ottobre Il sindaco del rione Sanità Carlo Giuffrè Dal 14 novembre La scampagnata dei tre disperati e Francesca Rimini Giovanni Esposito Tonino Taiuti Con la partecipazione di Antonio Casagrande Dal 5 dicembre Metti una sera con…Leopoldo Mastelloni Leopoldo Mastelloni Con la partecipazione di Lara Sansone Dal 25 dicembre D’Angelo canta Bruni Nino D’Angelo Dal 23 gennaio 2009 Angelarosa Schiamone Gloriana Con la partecipazione di Oscar di Maio Dal 13 febbraio 2009 Quaranta… ma non li dimostra Lugi De Filippo Dal 6 marzo 2009 Più di prima Alessandro Siani Dal 3 aprile 2009 Liberi tutti Paolo Caiazzo

Ma la domanda provocatoria che a questo punto pongo io è: una coscienza i napoletani ce l’hanno ancora?». Sono parole amare le sue, indicative di rimpianto e delusione nei confronti della classe politica che ha governato il nostro territorio. «Nella sinistra che è andata al governo nazionale negli anni passati prima che tornasse al potere Berlusconi, ci ho creduto tanto, lo ammetto con grande sincerità. Poteva e doveva fare molto di più, dare la svolta che in tanti aspettavamo. Invece, siamo rimasti delusi: perchè non dirlo apertamente? Tutti gli elettori di sinistra meritavano una vera svolta che invece non c’è stata». Passiamo ad un’altra tua grande passione: il calcio e quindi il Calcio Napoli. Sta andando molto bene quest’anno nelle prima giornate di camoionato. Come valuti l’accostamento tra Diego Armando Maradona e Ezequiel Lavezzi? «Andiamoci piano, ragazzi. Lavezzi è un grande giocatore, ma come lui ce ne sono altri 30-40 nel mondo.


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Maradona era unico, è un grande errore fare il paragone tra i due giocatori, esattamente come se mi paragonassero al grandissimo Sergio Bruni. Lui era il più grande. Piuttosto credo che Hamsik diventerà un campione: devo fare i complimenti a Marino e De Laurentiis per aver dato vita ad una società nuova e competitiva. Stanno lavorando bene e dobbiamo dargli fiducia». Però, c’è stata la grana tifosi. Un brutto episodio, quello del treno Napoli-Roma. «Io mi sento un vero ultras azzurro. Cioè quello che porta i bambini allo stadio sciarpa al collo. I teppisti sono

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tutta un’altra cosa, non c’entrano niente con la tradizione degli ultras dello stadio San Paolo. Soprattutto fuori Napoli, questa differenza devono tenerla ben presente». A proposito della passione per i colori azzurri, ma com’è andata al concerto svolto a settembre in quel di Salerno quando hai cantato “Napoli Napoli”, quella col ritornello “il ragazzo della curva B”? «Mi hanno accolto bene, molto bene. Ho letto che qualcuno mi avrebbe fischiato: è vero, ma erano quattro su centinaia che mi osannavano. Quella

Lavezzi come Maradona? Non scherziamo: è come se mi paragonassero al grandissimo Sergio Bruni

ANTEPRIMA: “LE ALI” SU RAI UNO

Agli inizi di novembre, in prima serata su Raiuno, arriva “Le Ali”, la nuova fiction targata GoodTime. Il protagonista è il giovane attore napoletano Ciro Esposito (nella foto dal sito www.raifiction.it): interpreta il sottotenente Gianfraco Paglia, che il 2 luglio 1993 scampò miracolosamente ad un attentato in cui persero la vita tre soldati dell’Esercito italiano in missione di pace. Nel tentativo di mettere in salvo i compagni, Paglia fu colpito da tre proiettili, uno al braccio, il secondo ai polmoni, il terzo alla schiena che gli trancia di netto due vertebre. La diagnosi immediata fu tetraplegia: Paglia, ora parlamentare Pdl, è infatti costretto sulla sedia a rotelle. La storia di un eroe dei nostri tempi. Ma la vicenda di Paglia è molto di più. È la storia esemplare di un uomo che non ha voluto arrendersi di fronte

canzone è un mio successo, e la canto a Palermo come a Mantova. Posso mai non cantarla a Salerno? Se qualcuno ha voluto sollevare polemiche, ha fatto male perchè io non cambio a seconda della città dove vado a cantare». Carlo Porcaro

alla più impietosa delle evidenze e che ha deciso di combattere fino in fondo la sua battaglia più dura, una battaglia che sembrava perduta in partenza. Dopo anni di cure, sofferenze ed un lungo percorso riabilitativo, Paglia ha inaugurato una nuova esistenza. È rimasto nell’Esercito per continuare a partecipare alle missioni di pace in Paesi stranieri ed oggi conduce una vita normale, ricca di affetti, interessi, emozioni. Il film racconta la sua storia, il suo viaggio attraverso il dolore e la sua rinascita. Tutte le tappe di quella straordinaria impresa che gli ha consentito di riprendere possesso della sua vita. Tutto il faticoso cammino che ha percorso con l'aiuto della sua compagna, della famiglia, degli amici, della sua irriducibile determinazione e di un paio di ali. Ali per esistere, per sognare, per continuare a guardare in faccia il futuro dei nostri tempi. Esposito lo interpreta magistralmente in compagnia tra gli altri di Remo Girone, Tosca D’Aquino e Sergio Friscia.


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l’intervista

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' uno dei medagliati di Pechino. Ma non uno dei tanti. Forse perché di Clemente Russo, 26 anni, non ti dimentichi facilmente. Non se lo dimenticheranno le donne che costantemente scrivono nei forum e l'hanno già incoronato come nuovo sex symbol dello sport italiano. Ma soprattutto non se lo dimentica il telespettatore comune. Se non provenisse da una realtà come quella della provincia di Caserta, dove si pensa soprattutto a lavorare

chi è Clemente Russo

Russo, l’argento sfacciato diventa talpa

piuttosto che a come parlare, penseresti che dietro di lui ci sia una società di comunicazione che ne studia con attenzione tutte le dichiarazioni. E invece dietro il "bisonte" di Marcianise, medaglia d'argento olimpica dei pesi massimi, c'è solo la spontaneità di chi da oltre un decennio faceva sacrifici per arrivare a quel traguardo. "Fino ad oggi abbiamo giocato per le noccioline, ora si fa sul serio", aveva detto dopo l'ennesimo incontro vinto in una delle sue

dichiarazioni più suggestive. Talmente spontaneo da non mascherare in alcun modo l'amarezza per quella medaglia d'oro sfumata contro Chakhkiev. Un peccato perché Clemente aveva già battuto il russo ai Mondiali del 2007. A pochi giorni dalla cerimonia inaugurale, aveva risposto seccamente al ministro Giorgia Meloni che aveva chiesto di boicottare l'evento in segno di protesta nei confronti della Cina che non rispetta i diritti umani. Poi l'incontro ufficiale a Roma e lo scambio di doni e di complimenti. Il ministro ha anche apprezzato una frase del pugile che aveva invitato «i giovani a non buttare via la propria vita». Nelle prossime settimane, parteciperà anche al reality “La Talpa” su Italia 1. Clemente, hai fatto pace col mini-

Clemente Russo, 26 anni, nato a Marcianise, è cresciuto nella palestra "Excelsior". E' detto il "bisonte" per la struttura fisica e per il modo in cui affronta l'avversario. Attualmente in forza alle "Fiamme Oro" della Polizia di Stato, ha vinto negli ultimi quattro anni tutto quello che c'era da vincere: un titolo mondiale a Chicago nel 2007, un titolo europeo nel 2006, i campionati militari e i Giochi del Mediterraneo. 44

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l’atleta

l’intervista

stro delle politiche giovanili Meloni? «Ma noi non abbiamo mai litigato. C'è stata una diversità di vedute in un certo momento su un certo argomento, ma questo può capitare e non è nemmeno il caso di ritornarci sopra». Che paese hai visto? Sei rimasto impressionato dall’organizzazione in Cina? «L’organizzazione era favolosa, c'era tutto quello che un atleta vorrebbe. La gente era disponibile, le strutture perfette. Credo che il vero limite sia stata la lingua: lì i tassisti non sapevano neanche una parola d’inglese».

Avete conquistato medaglie importanti, mentre i “campioni” del calcio hanno fatto una pessima figura. Però loro sono tornati in Prima classe e voi in quella Economica... «Mi sembra assurdo che si parli di queste cose in questi termini. La verità è che molta gente ignora come funziona lo sport, non conosce i problemi delle federazioni».

Perché non ce lo spieghi? «Funziona così: sono le rispettive federazioni che fanno i biglietti aerei. Per i ragazzi della Nazionale di calcio li ha comprati la Federcalcio che ha altre disponilità, ha un altro tipo di budget. Io non ci vedo nulla di male: se uno ha una certa somma in tasca, la spende come meglio crede. La nostra federazione non ha neanche i soldi per pagare i pugili, ma noi queste cose le capiamo perfettamente. Io ho viaggiato benissimo in classe economica».

Pochi mesi prima della partenza per Pechino avevi detto che una medaglia d’oro olimpica vale come dieci titoli mondiali. Quella d'argento quanto vale?

«Un po’ meno, diciamo che vale tre o quattro titoli mondiali. Comunque, io sono deciso a riprovarci tra quattro anni».

Vieni da una terra difficile. Però se non fossi nato nella capitale della boxe forse non ci saresti arrivato all’argento... «Per quanto riguarda il pugilato mi sento davvero fortunato. E' vero, questa è la capitale della boxe e io devo ringraziare la gente che mi è stata vicina e mi ha permesso di arrivare a quella medaglia. Però io ringrazio di essere nato qui anche al di là della boxe: questa terra non è brutta come tutti dicono, anzi. A me piace tanto stare qui». E cosa avresti fatto a Marcianise se non fossi riuscito in questa strada? «È difficile dirlo. Forse avrei fatto il cavallaro...».

In quella terra non c’è molto da fare per chi vuole emergere. Pensi mai ai tanti giovani che crescono con poche speranze? «Tutti i giorni ci penso, ma non mi limito a pensarci. Cerco di dare il mio contributo. Sto lavorando proprio per loro grazie al rapporto con la palestra Excelsior, la mia prima “casa”. Cerco di essere da esempio per tutti. Non si può descrivere la soddisfazione di essere fermato per strada da ragazzi che dicono di voler diventare come me». Dario De Simone

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IL VENTO DELL'ODIO ROBERTO COTRONEO Giulia e Cristiano appartengono a quella generazione che visse l’infanzia nell'euforia collettiva dei primi anni Sessanta, in un paese che coltivava l'illusione di avere saldato i conti con il passato. Molti anni dopo, Giulia acquista la casa dove abitava Cristiano - ormai latitante da decenni - e facendo dei lavori di ristrutturazione trova nascosto in un tramezzo uno sconvolgente memoriale che li riguarda entrambi. Riesce a farlo avere a Cristiano, il quale capisce di non avere scampo: deve tornare per affrontare il passato. Giulia e Cristiano ripercorrono le loro vite, le loro scelte, il rapporto forte che li ha legati e contrapposti ai rispettivi padri - uomo del Pci quello di Giulia, uomo di destra quello di Cristiano -, in una dinamica generazionale complessa e dolorosa. Ed entrano, e noi con loro, in quel cono d'ombra che è tanto parte del nostro recente “passato prossimo": strategia della tensione e lotta armata.

SENZATERRA EVELINA SANTANGELO, Gaetano è un ragazzo di un remoto paese della Sicilia, un paese sconciato dall'abusivismo e da tanti altri mali. Molti lì sono emigrati in Germania alla ricerca di una vita più dignitosa. Tra questi, il padre di Gaetano che, operaio specializzato in una grossa azienda tedesca, vorrebbe tirare fuori il figlio da quella palude. È tornato in paese per questo. Vuole aprire un bar in Germania, vuole che Gaetano l'aiuti, che magari si prenda una laurea lì. Gaetano però non ha nessuna intenzione di seguirlo; il ragazzo infatti ha soprattutto un timore: quello di finire come i tanti immigrati che sbarcano sulle spiagge vicine, «morti di fame» che hanno perduto, insieme alla terra, la loro dignità e qualsiasi prospettiva di riscatto. Così è stato anche per Alì, un nordafricano che, espulso dal proprio paese, ha scelto la clandestinità e l'anonimato. E’ in un'azienda che produce ortaggi, gestita da un boss della zona, che s'incrociano i destini di Gaetano e Alì. Le due vicende umane, quella di Alì e quella di Gaetano, finiscono così quasi per sovrapporsi e diventare una lo specchio dell'altra. Alì è un «senzaterra», in balia del suo destino d'immigrato. Gaetano è uno che crede di averla una terra, solo che, a poco a poco, non può fare altro che sentirsela sfarinare sotto i piedi.

PAOLO GIORDANO - LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI

Tra i numeri primi (quelli divisibili solo per uno e per se stessi), ne esistono alcuni speciali che i matematici chiamano “primi gemelli”, cioè due numeri primi separati da un unico numero (tipo 11 e 13, 17 e 19). Non è solo una regola di un manuale di algebra, ma anche il principio ispiratore dell’ultimo romanzo vincitore del Premio Strega 2008: “La solitudine dei numeri primi”, scritto da Paolo Giordano, un brillante trentenne di professione fisico. I personaggi del libro, Alice e Mattia, sono proprio come i numeri “primi gemelli”: vicini, ma mai abbastanza per toccarsi davvero; Alice, vittima dell’egoismo del padre che la vorrebbe una sciatrice perfetta, resta coinvolta proprio con gli sci in un incidente invalidante: un’andatura claudicante la accompagnerà per tutta la vita, impedendole di sentirsi “normale”; Mattia è uno studente brillante, ma ha una sorella disabile che per lui rappresenta un motivo di vergogna e umiliazione davanti ai suoi coetanei a tal punto che preferisce abbandonarla nel parco e non portarla con sé alla festa del proprio compagno, firmando così la sua perenne condanna a morte: un’esistenza segnata dal vuoto e dal rimorso. Le loro vite si incroceranno, scoprendosi tanto vicini quanto lontani. Alle normali esperienze dei loro coetanei bambini, poi adolescenti e infine adulti, entrambi risponderanno rifugiandosi nella solitudine che si sono inflitti. Quest’opera prima di Giordano merita il successo riscosso? Per lo stile accattivante e scorrevole sì, per la storia un po’ banale, no. (G. C).

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ELIO E LE STORIE TESE STUDENTESSI

Ironico, musicalmente parlando elevato e ricco di ospiti,anche se ci vorrebbero altri cento aggettivi per descrivere “Studentessi” l’ultimo lavoro del gruppo Elio e le Storie Tese. Ben ventidue tracce di viaggio musicale,si spazia dal progressive, “Plafone”, al pop “Gargaroz”,al metal ”Heavy Samba” . Ospiti di ogni tipo si sono prestati per questo lavoro del gruppo milanese, da Irene Grandi a Maurizio Crozza fino al telecronista sportivo Guido Meda presente all’interno di “Supemassiccio”. Non manca l’impegno nel sociale, “Parco Sempione” è il manifesto di un tema che sta a cuore da molti anni al gruppo, ovvero l’abbattimento del “Bosco di Gioia” a Milano. Ventidue tracce adatte a tutti i gusti musicali, che grazie a musicisti di elevato spessore,quali appunto gli “Eelst”, farà ridere, riflettere, e non solo. Ascoltare per credere. (C.L.)

dischi

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RADIOHEAD - IN RAINBOWS

In Rainbows è il nuovo lavoro in studio del gruppo Radiohead. Successore di Hail to the Thief si propone come nuovo punto di svolta per l’ormai sempre più innovativa band di Thom Yorke. Innovazioni a partire dal prezzo di lancio su internet scelto addirittura dai fan per i primi giorni del lancio del cd. Per quanto riguarda le tracce coesistono a perfezione momenti di elettronica e di dolcezza con dei testi sempre più sensibili e alienati. La prima traccia “15 Step” è l’esempio della convivenza tra elettronica e rock, con un dolcissimo giro di chitarra su un travolgente ritmo di drum machine. All’interno del disco si trovano brani dove chitarre distorte avvolgono

film

A PROVA DI SPIAFRATELLI COEN Prendi la regia dei brillanti fratelli Coen, fai recitare la parte dello svitato a Brad Pitt e quella del playboy imbranato a George Clooney, intreccia la trama sullo stile di Tarantino e si ottiene "Burn after readingA prova di spia". Un film senza pretese, ma che prende lo spettatore sin dall'inizio. Il messaggio è, in fondo, politico: c'è una società in cui tutti hanno sogni alimentati dal bisogno di apparire (le memorie dell'ex spia, gli interventi di chirurgia estetica per la donna che si lancia in storie cercate via internet) e il mix finale è entusiasmante. I Coen non cercano di farti dimenticare gli attori famosi, ma ti fanno appassionare ai loro personaggi. Una commedia che prende in giro lo spionaggio.

l’atmosfera, vedi “Bodysnatchers”, e momenti di grande atmosfera emotiva, per citarne due su tutte “Nude” e “Reckoner” . Assolutamente la sintesi di queste mescolanze è l’ultima traccia “Videotape”, che rilascerà nelle orecchie degli ascoltatori non poche atmosfere oniriche. (C.L.)

UN GIORNO PERFETTO - FERZAN OZPETEK Sempre in una casa, in una famiglia, in un dramma a più volti, ma questa volta senza un briciolo di speranza o ottimismo. Il regista italoturco Ferzan Ozpetek, per il nuovo film “Un giorno perfetto” tratto dall’omonimo romanzo di Melania Mazzucco, ha provato a uscire dai suoi clichè (mondo gay, calore umano, sentimenti, angoli casalinghi, vite che svoltano all’improvviso) ma ci è riuscito solo in parte. La storia di due sposi separati, con epilogo tragico, non viene affatto raccontata: come se la bozza di sceneggiatura fosse rimasta colpevolmente piegata su se stessa. Ottima l’interpretazione di Isabella Ferrari, improbabile invece il ruolo affidato al pur bravo (in altri film) Valerio Mastrandrea. Ozpetek indugia poi eccessivamente nella carrellata di camei di interpreti di spessore, come l’attrice-feticcio Serra Yilmaz, Stefania Sandrelli, Monica Guerritore e Angela Finocchiaro (personaggio angelico-salvifico che forse meriterebbe maggiore spazio nel cinema italiano).

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VINILE a casa... ... INTERNET in auto

NUOVA VITA Al VINILE

Finalmente è arrivata la soluzione più semplice per riversare i nostalgici ed impolverati Lp in vinile sul proprio computer. Arriva, infatti, sul mercato mondiale il giradischi Usb. Se avete negli scaffali di casa vostra un Battisti d’annata o un Renato Zero tutto piumato, potete riascoltare i loro vecchi dischi. Lo standard universale Usb, che ha da tempo occupato un’ampia fascia nello sviluppo delle nuove periferiche sempre più all’avanguardia, fa un salto nel passato. Grazie al programma in dotazione, basta collegare il giradischi al pc per poter digitalizzare i propri brani

e realizzare Cd audio in pochissimo tempo. Lo stesso pacchetto software permette anche di convertire tutte le tracce del vinile in mp3. Look accattivante e tecnologia anti-skating per una centratura ottimale della puntina, regolazione del volume in uscita, permette di suonare (e quindi di convertire) sia i 45 giri che i 33 giri. Disponibile in varie versioni, più o meno professionali, il giradischi Usb viene prodotto da diverse aziende di tecnologia e facilmente reperibile nei negozi di elettronica, musica ed informaticao

NAVIGARE…IN AUTO

Dal 2009 in auto si potrà giocare online, scaricare musica, leggere e-mail, insomma si potrà guidare e contemporaneamente navigare in internet. Molte case automobilistiche sono alle prese con lo sviluppo di nuove tecnologie che per l’anno prossimo renderanno possibile la “connessione” alla rete nella propria vettura. La prima ditta a tagliare il traguardo sarà Chrysler, seguirà la Bmw. Il sistema su cui punta Chrysler è stato elaborato dalla compagnia Autonet Mobile sfruttando la tecnologia 48

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WiFi ad alta velocità. Internet sta diventando onnipresente: le prime auto con web incorporato offriranno agli utenti una nuova dimensione, un nuovo stile di vita, proiettati sempre più verso ciò che all’uomo pigro non basta mai: il comfort. Il lato dela sicurezza non è da sottovalutare, il nuovo servizio si potrebbe rivelare fonte di distrazioni per il conducente, ma Autonet Mobile precisa che la navigazione online sulle quattro ruote è pensata esclusivamente per i passeggeri. Loro, insomma, possono distrarsi mentre il conducente guida. Una cosa è certa: il consumatore tende sempre più a sottrarsi alle classiche logiche di mercato e si costruisce da solo i programmi da vedere. Sia il dove che il quando. Le grandi multinazionali saranno costrette ad adeguarsi anche a questo nuovo modo di consumare notizie, musica e tv.


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Gli “sciacalli” del web

The Jackal spopolano su internet con feroci videoparodie. Premiati al Neapolis Film Festival, si sono trasformati in produttori

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’ uno dei fenomeni mediatici del momento. Anzi, lo era. Perché il fenomeno “The Jackal” non può più essere archiviato come una delle tante meteore che popolano il variegato mondo di internet. Quello che differenzia questi cinque ragazzi della provincia di Napoli da tutto il resto del panorama telematico è quel pizzico di professionalità che s’intravede già dai primi video che contengono alcune celebri ed esilaranti parodie. E non è casuale quel premio vinto al Neapolis Film Festival. Perché non si coinvolge per caso in un cortometraggio ironico uno come Alessandro Gassman nel ruolo di supereoe allo stato “pericolosamente” gassoso. Loro ci sono riusciti. Si chiamano Simone Russo, Enrico Nocera, Mariano Navarra, Francesco Capaldo, Alfredo Felaco e Ciro Capriello. E sono una banda di veri e propri... “sciacalli”, come dice anche il nome del gruppo “The Jackal”. Anche se negli ultimi tempi stanno girando alcune pubblicità per siti internet (strepitosa quella che promuove uno dei portali per incontrare l’anima gemella), è sempre l’ironia feroce a caratterizzare i loro video. E infatti è in arrivo una piccola “frecciata” al calcio italiano, quello degli scandali recenti targati Moggi, e ai celebri film del genere poliziesco.

Com’è nata la vostra idea? «E’ nata nel 2000 quando frequentavamo il liceo. Coltivare questo interesse ci ha permesso di evolverci prima in un gruppo in grado di produrre parodie, poi anche spot e corti di livello professionale, che hanno acquisito molta visibilità grazie al mondo di internet (www.thejackalweb.it). Diciamo che siamo la prova vivente di come avvicinare la passione alla volontà di creare qualcosa di nuovo».

Come conciliate lo studio con tutto questo? «Non è certo facile: nel gruppo c’è chi studia recitazione, chi scenografia, chi comunicazione. L’esperienza maturata in questi campi viene trasportata nella nostra attività aiutandoci a migliorare, ma il prezzo da pagare è notevole per conciliare studio e lavoro».

Tanti giovani come voi vivono il dramma del precariato: sperate di sfuggire a tutto questo attraverso questa passione? «No, perché viviamo a Napoli e non ci creiamo facili illusioni. Dall’altro lato, però, è anche vero che il mercato delle videoproduzioni sta cambiando negli ultimi anni, amalgamandosi alle esigenze degli utenti di internet, am-

biente da cui siamo partiti e cresciuti. Speriamo di dimostrare come da una terra umiliata dalla realtà criminale che la opprime possa anche arrivare qualcosa di buono ed innovativo».

Però uno dei vostri video più apprezzati e cliccati, la parodia di “Io sono leggenda” è incentrato proprio sull’immondizia... «Nella zona in cui abitiamo (l’estrema periferia nord di Napoli, ndr) l’emergenza era così grave che non po-

tevamo non parlarne. Abbiamo sicuramente sfruttato l’onda mediatica, ma abbiamo respirato così tanti veleni in questi anni che abbiamo guadagnato il diritto di parlare di immondizia. E poi l’ironia con cui abbiamo trattato l’argomento non ha nulla a che fare con quelle speculazioni facili alle quali assistiamo ormai da mesi su tutti i canali televisivi e sui giornali di mezzo mondo». Dario De Simone


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Una crisi economica mondiale, dopo quella famosa del 1929, si prospetta in queste settimane. A settembre, la borsa americana di Wall Street è stata sconvolta cambiando irrimediabilmente il volto della finanza globale. Vi è stata una successione di notizie, una più clamorosa dell’altra, che ha disorientato operatori e investitori (compresi i piccoli risparmiatori) e l’opinione pubblica mondiale, sempre più vicini a una crisi di panico: il salvataggio pubblico dei colossi del credito ipotecario Freddie Mac e Fannie Mae, il fallimento di Lehman Brothers, il matrimonio forzato di Merrill Lynch con Bank of America, la nazionalizzazione del gigante assciurativo Aig, il divieto delle vendite allo scoperto, il tentativo di sbloccare a colpi di liquidità il mercato monetario paralizzato. Ora il governo americano, con le elezioni presidenziali alle porte (4 novembre), sta studiando un piano per evitare la recessione. Gli effetti sull’Italia dovrebbero essere minimi, essendo le banche italiane meno propense a concedere mutui senza le necessarie garanzie. 50

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Dopo settimane di trattative convulse, la cordata di imprenditori messa in piedi dal premier Silvio Berlusconi e i sindacati hanno trovato l’accordo per Alitalia. Cgil, Cisl, Uil, Ugl, i sindacati piloti e le sigle autonome hanno firmato il piano della Cai (compagnia aerea italiana) per la nascita della nuova Alitalia. Anche Avia e Sdl, che rappresentano la maggior parte di steward e hostess, dopo l’ultimo round di trattative, hanno dato il loro via libera. Nelle prossime settimane, si deciderà se ed in che modo alla nuova società parteciperà un partner straniero,

Un po’ di Napoli sbarca a Los Angeles. Gomorra, il film di Matteo Garrone tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano, è stato designato dall’Anica (associazione produttori cinematografici) per rappresentare l’Italia agli Oscar. “Sono contento di questa designazione - ha commentato lo stesso Saviano - in America capiranno che raccontare non è diffamare, ma resistere”. Il film di

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AirFrance o Lufthansa. Sul destino di Alitalia, si sono scontrati Pdl e Pd: due visioni contrapposte per risolvere un problema che si trascina da 20 anni. Evitato il fallimento, per gran parte dei lavoratori inizia comunque una fase di sacrifici.

Garrone ha battuto gli altri quattro candidati: Il divo di Paolo Sorrentino, Giorni e nuvole di Silvio Soldini, Tutta la vita davanti di Paolo Virzì e Cover boy di Carmine Amoroso. Il best seller di Saviano, penna bagnata nel sangue della cronaca delle nostre terre, ha già vinto il Grand Prix al festival di Cannes. Bisognerà ora attendere il 22 gennaio per sapere se Gomorra è riuscito ad entrare nella rosa delle nomination per l’Oscar straniero che sarà assegnato il 22 febbraio a Los Angeles.


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consigli fiscali

Premi di produttività e straordinari: niente Irpef Ecco a chi si applica PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STUDI FENEAL UIL CAMPANIA

STRAORDINARI E PREMI DI PRODUTTIVITA’, IMPOSTA SOSTITUTIVA IRPEF DEL 10% E’ stato introdotto, in via sperimentale, e limitatamente al periodo compreso tra il 1 luglio 2008 e il 31 dicembre 2008, una imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali, regionali e comunali del 10% da applicare, entro i limiti di 3mila euro lordi, sulle somma erogate dal datore di lavoro. Si applica per: prestazioni di lavoro straordinario periodo 1/7/2008-31/12/2008 prestazioni di lavoro supplementare periodo 1/7/2008-31/12/2008 (solo contratti a tempo parziale stipulati ante 29/5/2008) incrementi di produttività e redditività legati all’andamento economico dell’impresa.

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AMBITO SOGGETTIVO: Comparto: settore privato Reddito: lavoro dipendente di cui all’articolo 49 del TUIR (no redditi assimilati, collaborazioni continuative, lavori a progetto) Limite: reddito 2007 non superiore a euro 30.000 (se più rapporti, sommatoria dei redditi); non si contano redditi diversi da quelli di lavoro dipendente. IL LIMITE DI 3.000 EURO si computa al lordo della ritenuta del 10%; si riferisce solo a somme erogate in denaro (i compensi in natura sono non può essere superato nemmeno in presenza di più rapporti di lavoro; concorrono tutte le somme erogate per lavoro straodinario, supplementare e premi si produttività; costituisce un tetto massimo (eventuali importi eccedenti scontano tassazione ordinaria);

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ADEMPIMENTI DEL SOSTITUTO D’IMPOSTA UNICO DATORE DI LAVORO CHE HA RILASCIATO IL CUD PER L’ANNO 2007: L’imposta sostitutiva si applica in via automatica, in presenza delle seguenti

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condizioni: il lavoratore non abbia chiesto espressamente l’applicazione dell’imposta ordinaria anche sulle somme “agevolabili”; il reddito del lavoratore non abbia superato nel 2007 l’importo di 30.000 euro.

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DIPENDENTE NON IN FORZA PER L’INTERO 2007 è necessario che il lavoratore attesti per iscritto al nuovo datore di lavoro l’importo del reddito conseguito nel 2007;

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DIPENDENTE IN FORZA NEL 2007 CON ALTRI RAPPORTI DI LAVORO DIPENDENTE deve attestare per iscritto l’importo del reddito conseguito nel 2007, in aggiunta a quello erogato dal datore di lavoro cui spetta l’applicazione dell’imposta sostitutiva, come anche nel caso in cui il lavoratore, che è stato assutno nel corso del 2007, non abbia percepito in detto anno altri redditi di lavopro dipendente.

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la gita

È

una delle tante perle della provincia della zona del Taburno. Sant’Agata de’ Goti, 12.000 abitanti, sorge in un’ampia gola sul fiume Isclero, tra la valli Telesina, Caudina e di Maddaloni. Prende il nome dalla Santa patrona del paese, festeggiata con suggestive celebrazioni il 5 ottobre; la specifica si riferisce invece alla presenza di una colonia di Goti, le tribù germaniche che si spinsero molto a Sud nel V secolo. Al di là dei Goti, Sant’Agata ha una lunga storia e conserva ancora monumenti molto antichi. Ha subito l’influenza di diversi popoli soprattutto in epoca medioevale, la presenza dei quali è riscontrabile anche nelle strutture architettoniche. Suggestiva la Chiesa dell’Annunziata, alla quale è annesso l’ospedale San Giovanni di Dio, fon-

dato all’inizio del XIII secolo. Sant’Agata, per la sua fortunatissima posizione geografica, presenta anche qualche veduta mozzafiato, come il panorama sul ponte Martorano dal quale si vedono tutta la valle dall’alto e il fiume Isclero. Per gli appassionati di storia antica, è immancabile la visita al monastero delle Redentoriste, all’interno della chiesa di Santa Maria di Costantinopoli; nell’edificio è conservata un’epigrafe funeraria di 2000 anni fa. Non è l’unico “ricordo” dell’età imperiale. In realtà, l’intera Sant’Agata è un museo a cielo aperto nel quale si può tornare indietro nel tempo. Il Municipio, varie volte ristrutturato, si trova nell’ex convento francescano costruito intorno al 1280. In un chiostro si trova l’epigrafe che ricorda addirittura la visita di San

Francesco d’Assisi. Molti dei monumenti furono seriamente danneggiati dal devastante terremoto del 1456. Nonostante ciò, alcuni sono perfettamente conservati. Il paese, così come tutta la zona, è famoso per la produzione di olio e vini. Nelle aree circostanti sono numerosissime le strutture agrituristiche aperte nel corso degli ultimi anni. A Sant’Agata si coltiva la mela annurca citata anche in un celebre libro da Plinio il Vecchio. Il prodotto ha recentemente ha ottenuto il marchio IGP (Indicazione geografica protetta). Per arrivare a Sant’Agata de’ Goti: dall’autostrada A1 uscire a Caserta Sud, proseguire in direzione Maddaloni, imboccare la Fondovalle Isclero e percorrerla per 8 chilometri fino all’uscita in località Capitone. Sant’Agata dista 35 chilometri dal capoluogo Benevento.


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la gita

A

pochi chilometri da Montella, nel cuore della Comunità montana Terminio-Cervialto, sorge Bagnoli Irpino, una delle località più suggestive della provincia di Avellino. È un paesino camaleontico, capace di cambiare aspetto nel corso delle varie stagioni. Prende il nome dal latino “Baniolium” (piccolo bagno) con evidente riferimento al Lago del Laceno, una delle più importanti attrazioni dell’area sia in primavera che, soprattutto, in inverno con gli impianti sciistici frequentati da migliaia di appassionati. Le cime del Rajamagra sono invece tra le mete preferite dei veterani del trekking soprattutto nella stagione primaverile. In estate appare suggestivo il borgo medioevale, una vasta area formata da piccoli vicoli che consente di immergersi nel passato come in un film d’epoca. Tra i monumenti storici, numerosissimi in varie zone del paese, spiccano il Castello Normanno, risalente ai tempi di Federico II, la torre civica con la fontana del Gavitone e la Chiesa Madre. Bagnoli custodisce ancora i ruderi di un vecchio insediamento longobardo, risalente addirittura al VII secolo, visitato da tanti appassionati di antichità. Il paese, così come tutta l’Alta Irpina, è celebre soprattutto per la cucina. Per molti esperti, Bagnoli è la terra dei tartufi. In particolare, è diffuso il tartufo nero, giudicato

impietosamente il parente povero del celebre tartufo bianco di Alba. A fine ottobre (quest’anno dal 24 al 26), Bagnoli Irpino diventa teatro della Sagra del tartufo e della castagna, una delle più famose in provincia di Avellino. Per arrivare a Bagnoli Irpino, percorrere

l’autostrada A16 fino al casello di Avellino Est, poi imboccare la Variante Est di Avellino fino all’ingresso della statale Ofantina Bis, percorrerla per 24 chilometri fino all’uscita di Bagnoli Irpino.


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La Reggia di Caserta, patrimonio mondiale

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uando nel 1994 Napoli fu sede del G7, la conferenza dei Capi delle maggiori potenze mondiali, la Reggia di Caserta conobbe un’enorme popolarità in tutto il mondo perché fu ammirata in tutto il suo splendore attraverso il mezzo televisivo che fece conoscere a tutti una delle residenze dei Borbone abitata fino al 1860, cioè fino all’Unità d’Italia. Ma la sua storia è antica. La sua realizzazione ad opera dell’architetto Vanvitelli inizia nel 1752 nella fertile pianura casertana, lontano dalla costa partenopea. Si costruisce contemporaneamente un acquedotto nella valle di Maddaloni per portare acqua in zona e perché si prevedeva anche la realizzazione di un enorme giardino con vasche e fontane. Con il lavoro di 2000 operai - dieci anni dopo - è completato l’acquedotto e la facciata del Palazzo. L’accelerazione e il termine dei lavori avverrà in seguito all’eruzione del Vesuvio del 22 ottobre del 1767 perché il Re Carlo III, spaventato, fugge dalla Residenza di Portici e farà ultimare la Reggia casertana per potervi risiedere al più presto. Carlo III aveva l’ambi54

zione di gareggiare con i Re di Francia che possedevano la Reggia di Versailles, considerata la più bella d’Europa: si spiegano così l’enormità della costruzione, i materiali pregiatissimi, la ricchezza degli arredi. Oltre alle sale di rappresentanza, numerosissime, tra cui la sala del Trono e quella del Consiglio, sono rimaste intatte le stanze abitate dal Re e dalla regina, complete di letti, cassettoni, tavoli, lampadari, poltrone, sedie sono rimaste intatte e perfettamente arredate persino le stanze da bagno. Ci sono anche oggetti di particolare interesse e bellezza, frutto dell’intelligenza di artigiani napoletani, come un lampadario a dodici bracci a cui si avviticchiano piccoli pomodori per ricordare la fertile terra campana e un orologio svizzero a forma di gabbia con all’interno un piccolo uccellino imbalsamato. In tutte le

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sale ci sono numerosi dipinti che ricordano le battaglie, le opere, i personaggi della casa di Borbone. Come da tradizione napoletana, il Re volle nella sua casa un bellissimo presepe che oggi conta oltre 2000 pezzi nonostante i furti avuti nel corso dei secoli; lo si può ammirare in un’apposita sala, e costituisce, da solo, un capolavoro di arte presepiale del 700 napoletano che non ha uguali. Ma la cosa più straordinaria di questa bellissima Reggia è il

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la nostra storia

I BORBONE, L’INDUSTRIA, IL SUD

Durante il regno di Ferdinando di Borbone dal 1830 al 1860 (Unità d’Italia) la costa orientale del golfo di Napoli diviene sede di importanti iniziative industriali ad opera di imprenditori anche stranieri. Già da tempo, da Portici a Castellammare erano presenti ben 168 mulini e pastifici, lanifici e canapifici a cui i corsi d’acqua e i canali artificiali assicuravano la forza motrice. A Torre Annunziata dava sicuro lavoro anche la Real Fabbrica d’Armi importante anche dal punto di vista tecnologico. Nel 1832 venne realizzato il ponte sul Garigliano nei pressi di Minturno, primo ponte sospeso a catenaria di ferro, esempio di architettura industriale all’avanguardia in Europa dal punto di vista tecnicocostruttivo, testimonianza dell’altissimo livello dell’ingegneria napoletana.

1833

giardino che copre un’intera collina con piante bellissime, fontane, statue di marmo, talmente grande che un apposito piccolo bus accompagna i visitatori. Dalla cima della collina scende un fiume alimentato da cascate che la divide in due parti e con la sua acqua dà origine a cascatelle che si intrecciano nelle numerose vasche poste lungo il suo percorso, nelle quali statue di animali marini, di uomini e donne rappresentanti elementi della natura sono usate come fontane e creano spettacolari giochi d’acqua bellissimi soprattutto di sera quando le fontane vengono sapientemente illuminate. Non c’è da stupirsi se i grandi Capi di Stato del G7 rimasero senza parole di fronte alla bellezza e all’eleganza di questa magnifica reggia borbonica che in quell’occasione ricordò a tutto il mondo la ricchezza culturale della Campania. La Reggia è anche patrimonio dell’Unesco.

foto: Agostino De Maio

: ai Granili, presso il ponte della Maddalena viene fondata l’azienda meccanica Macry e Henry 1834-37: la Società Industriale Partenopea fonda a Sarno una filanda che impiega 600 operai 1838: Napoli è la prima città italiana con illuminazione pubblica a gas 1840: a Pietrarsa,presso Portici il Reale Opificio Meccanico impiega 1050 operai per la costruzione di locomotive, massimo centro di produzione metalmeccanica.

1840 1845

: viene inaugurata la ferrovia Napoli-Portici 1843: prima nave da guerra a vapore d’Italia varata a Castellammare

: prima locomotiva a vapore d’Italia costruita a Pietrarsa. 1845: si svolge a Napoli il congresso degli scienziati italiani ,moltissimi provenienti dal Regno di Napoli,le cui Università erano le migliori d’Europa 1852: il Re inaugura il primo bacino di carenaggio in muratura d’Italia. 1852: primo telegrafo elettrico in Italia, testimoniaro da un documento recentemente trovato

1853

: il primo piroscafo del Mediterraneo per l’America è della Società Sicula Transatlantica e impiega solo 26 giorni, si chiama “Sicilia”

Da questi semplici ed elementari dati possiamo capire che lo sviluppo del Regno Borbonico aveva un suo disegno logico: industrializzare le zone costiere servite anche da numerosi porti che erano stati precedentemente resi efficientissimi e moderni . Il Re affida la documentazione di quanto da lui fatto per la portualità del suo Regno al pittore di corte Filippo Hackert che puntualmente ha rappresentato con precisione fotografica i porti di Siracusa, Manfredonia, Castellammare, Palermo, Messina, Gaeta, Trani, Otranto, Barletta, Taranto. Questi bellissimi dipinti, importanti dal punto di vista artistico ma anche dal punto di vista storico sono conservati nella Reggia di Caserta nella cosiddetta Sala dei Porti, dove esiste anche il dipinto del varo della nave Partenope autentico gioiello della Marina Borbonica.

Liliana Palermo

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tabelle retributive NAPOLI

TABELLA PAGA LAVORATORI EDILI IN VIGORE DAL 1 GIUGNO 2007

INDENNITA’ DI MENSA OPERAI € 3,92 giornaliere = 0,49 orarie IMPIEGATI € 84,77 Nel caso di istituzione servizio mensa l’impresa concorre nella misura di 3/4 fino ad un massimo di € 4,13 INDENNITA’ DI TRASPORTO OPERAI: € 2,16 giornaliere = € 0,27 orarie IMPIEGATI € 46,71 mensili

AVELLINO

TABELLA PAGA LAVORATORI EDILI IN VIGORE DAL 1 GIUGNO 2007

Indennità di mensa = € 66,00 mensili Indennità di trasporto = € 1,92 per ogni giornata di effettiva presenza

BENEVENTO

TABELLA PAGA LAVORATORI EDILI IN VIGORE DAL 1 GIUGNO 2007

INDENNITA’ DI MENSA OPERAI € 3,80 giornaliere = 0,475 orarie IMPIEGATI € 82,175 Nel caso di istituzione servizio mensa l’impresa concorre nella misura di 3/4 fino ad un massimo di € 4,13 INDENNITA’ DI TRASPORTO OPERAI: € 2,462 giornaliere = € 0,307 orarie IMPIEGATI € 53,24 mensili

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CASERTA

TABELLA PAGA LAVORATORI EDILI IN VIGORE DAL 1 GIUGNO 2007

INDENNITA’ DI MENSA OPERAI € 3,76 giornaliere = 0,47 orarie IMPIEGATI € 82,72 Nel caso di istituzione servizio mensa l’impresa concorre nella misura di 3/4 fino ad un massimo di € 4,13 INDENNITA’ DI TRASPORTO OPERAI: € 2,00 giornaliere = € 0,25 orarie IMPIEGATI € 44,00 mensili

SALERNO

TABELLA PAGA LAVORATORI EDILI IN VIGORE DAL 1 GIUGNO 2007

INDENNITA’ DI MENSA OPERAI € 4,80 giornaliere = 0,60 orarie

INDENNITA’ DI TRASPORTO OPERAI: € 2,24 giornaliere = € 0,28 orarie

edili tabelle retributive job - feneal uil campania / ottobre 2008

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L’inaugurazione della nuova sede del Cpt (Comitato Paritetico Territoriale) nella palazzina Cosenza a Napoli, progettata da Luigi Cosenza

il

nostro nuovo indiriz z o è:

job@fenealuilcampania.it


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