Scala del mistero

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CLASSE 2°A

LA SCALA del

MISTERO Editrice: Santa Marta


Non c’è alunno del Santa Marta che non si sia chiesto con curiosità e inquietudine dove porti la scala collocata subito dopo la portineria all’inizio del corridoio di destra. Fu così che un giorno la 2°A decise di porre fine al mistero. Escogitò un piano infallibile per scoprire cosa si nascondeva in fondo a quei gradini vietati a tutti gli alunni. Del resto correvano delle strane voci. C’era chi sosteneva che lì sotto venissero inviati in casi eccezionali alcuni ragazzi. Ognuno di loro era ritornato cadaverico, bianco in volto come un vampiro, incapace di emettere alcun suono, avanzando insicuro con lo sguardo perso nel vuoto. Solo dopo qualche ora incominciava a riprendersi ma nessuno, proprio nessuno, aveva mai raccontato nulla di quanto gli era accaduto, di cosa aveva visto o sentito . Venerdì 13 Novembre gli 11 ragazzi della 2°A erano in fibrillazione, adrenalina allo stato puro. Confusi tra la folla di genitori e fratelli che arrivano a scuola alle ore 16 per portare a casa i bambini della scuola elementare , i nostri 11 approfittarono per nascondersi nei più svariati angoli dell’istituto. Qualcuno era rintanato nel bagno del secondo piano,qualcuno era mimetizzato dietro i PC dell’ aula di informatica, uno nell’armadio della classe 2A ,uno nella biblioteca di suor Giacinta ed era in preda ad un attacco di panico. Mai vista la biblioteca? Il luogo del terrore: ogni scaffale delinea un labirinto poco illuminato per via delle tapparelle socchiuse. L’ambientazione ideale per un film horror.

Lo squillo della campana delle 18 che invita le suore ad andare in cappella era il segnale atteso. Trascorso qualche minuto, come zombie richiamati dal rintocco della mezzanotte, uscirono dai lori nascondigli


silenziosi, quatti quatti senza provocare alcun rumore. “Qui moriamo tutti” sussurrò Giorgio soffocato da un coro di “SSSSTTTTT!” Si ritrovarono nell’atrio dei distributori di merendine e, senza proferire parola, come da piano prestabilito, si incamminarono strisciando contro i muri. Ad ogni angolo, Tommaso si affacciava furtivo per controllare che i corridoi fossero sgombri. Alle 18 e 18 erano lì, davanti alla porta della scala del mistero. Dal vetro smerigliato filtrava solo il buio. Tutto era zitto. Non una parola. Non un sussurro. Non un rumore. Francesco si appollaiò come un falco sulla sedia della portineria per tenere sotto controllo il video delle diverse telecamere di sicurezza, pronto per lanciare un eventuale allarme. I volti degli 10 erano in continuo movimento come se fossero assaliti da un nugolo di zanzare nel tentativo di controllore se qualcuno li stesse osservando. Il corridoio era libero. Si poteva passare alla fase b del piano. Toccava ai due Davide il compito di aprire la porta. “The Pozzi” eroicamente appoggiò la mano sulla maniglia, la spinse con decisione ma fu “Novati The grytted” a spalancarla. Buio. Buio. Buio. Si riusciva a vedere solo buio. Mattia accese la torcia del telefono e cercò di fare luce. Bisognava cominciare a scendere lungo i primi scalini. “La morte, vedo tutti morti!”. Era sempre Giorgio a parlare. E le femmine? Dove erano finite nel frattempo?


Francesco le aveva appena avvistate nel monitor. Come da accordi, erano arrivate a scuola entrando dal cancello secondario dell’istituto e ora erano ormai alle spalle dei nostri eroi. Nessuno dei ragazzi della 2^ a voleva perdersi un’ avventura simile, così tutti erano ammassati fuori dalla fatidica porta. Maglie nere, pantaloni neri, scarpe nere, cappello o cappuccio nero, viso bianco. Totalmente bianco, come se il sangue si fosse fermato un po’ prima. Giorgio … No Giorgio no. Sergio allungò un piede, appoggiò titubante la mano sul muro, esplorò con l’altro piede il gradino per rendersi conto della dimensione e proseguire. Adagio adagio superò sette gradini. Dietro di lui un ammasso nero informe lo seguiva. Le femmine erano aggrappate l’una all’altra e trattenevano a fatica i gridolini isterici che avrebbero lanciato a pieni polmoni. Uno lo lanciò per tutti Giorgio che intanto ripeteva ancora “Moriremo tutti!” Nel silenzio risuonavano lo strisciare dei passi e il rimbombo di così tanti cuori. Dopo dieci gradini, la scala svoltava a sinistra e un altro gradino portava dritto alla stanza sconosciuta. Martina richiamò al silenzio: bisognava sentire se lì dentro ci fosse qualcuno. La paura pietrificò le bocche, quasi come per magia. Edoardo all’improvviso spalancò la bocca come se volesse gridare ma non ne uscì alcun suono. Fermo, immobile, puntò con un indice tremante qualcosa appeso alla parete. In un attimo 38 occhi erano fissi lì. Illuminato dalla torcia, appariva un lugubre quadro che ritraeva il volto dallo sguardo vuoto di un ragazzo, sicuramente un alunno. Una vittima? Uno dei tanti che erano passati di lì per punizione? Uno di quelli che, riemersi dalla scala, non avevano saputo raccontare niente? “Ve l’ho detto. Quello è già morto e adesso tocca a noi!” commentò pessimista Giorgio. Immediatamente le femmine cominciarono a fare supposizioni e in un attimo arrivarono alla conclusione che in quel luogo si celasse davvero qualcosa di macabro. Riccardo urlò senza voce e a intermittenza: “Rosse … lì… macchie ... per terra… sangue… rosso sangue...”


Giorgio cadde a terra semisvenuto ma nessuno si occupò di lui perché tutti erano impegnati a stringersi l’un l’altro come per difendersi da un attacco mortale. “AHHHHHH! “ urlò senza freni Alessandro “Una lama!” e Tommaso completò :“Non una lama, un’alpaca!!!” ma questa volta nessuno rise. Il coltello era conficcato nello spiffero laterale della porta, immerso in una sorta di liquido rossastro che Lucia ipotizzò fosse sangue coagulato. Giorgio, che si era appena ripreso, svenne di nuovo.

Non sapeva che il peggio doveva ancora arrivare. Lorenzo guardava curioso Lucrezia che teneva fra le mani un oggetto strano. “Ommammma … oemmegi… ossignur… ma è … è … è….” “Un d-i-t-o!” concluse schifata e insieme inorridita Chiara che si trovava sul fascio di luce di Mattia. Lucrezia allargò le mani di scatto e fece cadere l’inquietante reperto che finì tra le mani di Giorgio. Justin Bieber ,così si crede il Giorgio della situazione, perse definitivamente i sensi. La paura era ora per tutti angoscia. Giorgia lanciò un urlo incontenibile subito seguito da un tonfo che sembrava annunciare una valanga. Alcuni scatoloni caddero per terra e liberarono parte del loro contenuto: una polvere bianca sottilissima. Droga? Cocaina? I ragazzi dunque venivano drogati? Sofia disse: “Lo dicevo io che quelle della prof Mauri non erano caramelle!”. “Io ne ho presa una!” si lamentò con voce piagnucolante Alessandro. “E si vede!” aggiunsero tutti in coro! “Io un po’ l’assaggio” pensò ad alta voce Tommaso. Detto. Fatto. Chissà come mai fra il pensare di fare i compiti e mettersi a farli c’è un oceano, tra il pensare di fare una cavolata e farla trascorre la metà di un


secondo. Tommaso si chinò e immerse la mano nella polvere bianca, la portò alla bocca e la leccò con gusto, con uno sguardo goloso e curioso. “Ma sei fuori?!” lo rimproverò Margherita. Tommaso cominciò improvvisamente a dondolare sui piedi barcollando, gli occhi erano persi nel vuoto, strabuzzati all’indietro. L’iride sembrava sparita e uno strano colore verde acido gli inondava le guance. Era letteralmente sconvolto. Si appoggiò al muro circondato da tutti i compagni. “E’ in overdose” spiegò Sergio scuotendo la testa con aria di disapprovazione. “E’ zucchero!” gridò Tommaso. “No, è Justin Bieber!” sussultò in un millesimo di secondo Giorgio risvegliato dal richiamo di quel nome che gli ricordava il cantante.

Poi subito svenne nuovamente. A questo punto l’istinto da assaggiatore che Davide aveva allenato quotidianamente per anni esplose. Il suo sguardo si incollò fisso sulla macchia rossa che in quell’istante Mattia aveva senza saperlo illuminato. Prima che Pozzi lo fermasse, Davide aveva già gustato, ingerito e assimilato quello che si pensava fosse sangue. “ A regà, ma questa è marmellata!” All’istante il gruppo delle femmine si avventò sul mostruoso dito appartenuto a chissà chi con un fondato sospetto: cos’era in realtà? Davvero un dito mozzato? I maschi nel frattempo erano impegnati nello spaccio di … zucchero a velo. Con un gesto di estremo coraggio, Sofia assaggiò il dito. Dito?! Dito o pandispagna? Uno squisito pandispagna decorato. Restava un ultimo indizio che poteva giustificare tanto mistero: il coltello. Con grande perplessità i 19 cercarono di trovare soluzione. Il coltello aveva delle tracce rosse sulla lama, tracce … assolutamente deliziose. Ancora la stessa domanda: dannatissimo sangue o succulenta marmellata?


A quel punto era possibile formulare un’ipotesi. Lo fece Alessandro. “Se la droga è zucchero a velo, se il sangue è marmellata, se il dito mozzato è pan di Spagna qui siamo di fronte a una pasticceria, altro che giallo!!!”. Proseguì Martina che aggiunse: “ Tutto ha inizio con un libretto sulla scrivania della preside, poi finisce con il dolce”. Sergio, rimuginando con il mento fra le dita e lo sguardo volto verso l’alto, pensieroso, disse: “E se in realtà tutto fosse un premio? Se il libretto fosse dalla preside per una nota di merito e non per un castigo?” Gli risposero Pozzi e Francesco, che cominciarono a battibeccare tra di loro. Franceso gli aveva raggiunti. “Eggià … e tornano tutti pallidi e sconvolti?” “Ma noi non lo sappiamo se tutti, proprio tutti sono tornati in quelle condizioni.” “Piano piano...proviamo a ricostruire la scena del … delitto.” “O della scorpacciata?” “Dunque potrebbe succedere così: un alunno viene convocato in presidenza per un premio. La preside lo affida alla bidella che lo accompagna fino al termine della fatidica scala, lo invita poi ad aprire la porta e lì trova una tavola imbandita con dolci e ogni squisitezza.” “Non ho ancora capito però perché sono pallidi e sconvolti!” “Beh ma se tu finissi nel regno dei dolci, non ti faresti una grande abbuffata? Per me qualcuno ha fatto così e si è ritrovato con nausea e pallore in volto.” Pozzi alla fine esclamò: “Ma va, non è possibile! Non capisci proprio niente!” e diede uno spintone al povero Francesco, che perse l’equilibrio e andò a sbattere contro un armadio. Le ante si aprirono e rivelarono un ben di dio di dolci, torte e prelibatezze. Ecco svelato il mistero! Giorgio concluse in maniera saccente: “Ecco, io l’avevo capito fin dall’inizio!” Tommaso intervenne immediatamente: “Ma cosa stai dicendo, se sei svenuto più di dieci volte?!”. Tutti scoppiarono in una fragorosa risata. Il finale non è proprio quello di un giallo, ma piuttosto quello di un film per bambini troppo fifoni per reggere la paura. I ragazzi della 2A però avevano imparato una cosa: nella loro scuola tutto funziona in modo originale, dalla presidenza si passa direttamente in pasticceria!


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