IM n. 206

ANNO 25 - NUMERO 206 - GIUGNO - SPED. IN ABB. POST. 45% - ART. 2 C.20/B LEGGE 662/96

FONDATA NEL 1996

IL MONDO-UNIVERSO DELLE MOTOCICLETTE

Direttore Responsabile Giuliano Latuga direzione@businesscar.it Redazione Silvia Gironi redazione@isomotori.it Hanno collaborato Bruno Berselli, Ufficio Tecnico e Omologazioni A.R.E. s.r.l.

Fabio Bergamo Bruno Berselli Giordano Biserni Alfredo Giordani Vinicio Paselli Corrado Poli Federica Confalonieri, Manuela Bina, Carlo Alberto Meinero, Federica Biassoni (Unità di Ricerca in Psicologia del Traffico, Università Cattolica di Milano) Grafica e impaginazione Enrico Cigolla enricocigo@gmail.com Web Tatiana Tinti t.tinti-grafica@businesscar.it Promozione e pubblicità Tel. 051.60.14.990 Registrazione N°6591 del 02/08/1996 Tribunale di Bologna

COLLAUDI - REVISIONI - OMOLOGAZIONI - ALLESTIMENTI

SOMMARIO 5 |

L’editoriale di Giuliano Latuga

La pandemia fa le sue vittime anche nel settore automotive e delle revisioni

9 |

Dall’ufficio tecnico

Modifiche dei veicoli senza il collaudo da parte dell’UMC. L’importanza del primo passo

16 | L’esperto risponde Che cos’è e a cosa serve il filtro antiparticolato, un dispositivo paradossale

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| Il Mondo-Universo delle Motociclette

Parte 1

40 | Obiettivo zero vittime Camionisti stanchi: il 60% in Europa guida in condizioni pericolose

42 | Icaro 5.0 nuove tecnologie automotive PNRR e vecchi ambientalisti

46 | Nuove proposte di legge per il nuovo C.d.S. Sbirri pikkiati 2020

50 | Psicologia del traffico Realismo ingenuo: la guida tra realtà e videogioco

54 | News automotive Anche l’asfalto inquina

58 | News automotive Il filtro antiparticolato benzina, il test ADAC N. 206 - 2021 - isomotori.it

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l’editoriale di Giuliano Latuga

disegno di Mario Barbieri

La pandemia fa le sue vittime anche nel settore automotive e delle revisioni

Per mancanza di semiconduttori ci sarà un calo di produzione di 3,9 milioni di veicoli nel 2021; dal maggio 2020 sono ripartiti i corsi per ispettori delle revisioni auto e moto, già sospesi dal 2018, ma gli allievi sono in attesa di esame di abilitazione.

del settore automotive non è finita qui, la pandemia sta ancora portando risultati pessimi in questo mondo e la miopia degli organi di Governo penalizza ulteriormente il nostro settore.

Ho letto un articolo dal contenitore blog dedicato al salone dell’Autopromotec per il quale è prevista la riapertura nel 2022 ed ho estrapolato alcuni dati allarmanti.

Dall’articolo si prende atto che la crisi dei semiconduttori porterà a una

La crisi dei chip porterà secondo AlixPartners, società di consulenza globale, a una perdita di circa 110 miliardi di dollari di ricavi.

perdita di circa 110 miliardi di dollari di ricavi e alla mancata produzione di ben 3.9 milioni di veicoli.

Sono oramai oltre 3 anni che non si abilitano nuovi ispettori per le revisioni dei veicoli.

Se a gennaio si stimava una riduzione di circa 2.2 milioni di veicoli e 61 miliardi di dollari di perdite, ora i dati sono decisamente più preoccupanti. La

Gentili lettori, per le difficoltà di recupero N. 206 - 2021 - isomotori.it

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businesscar.it

la tua auto aziendale defiscalizzabile al 100%

nuova “fotografia” è stata scattata da AlixPartners, società di consulenza globale, che ha diffuso le sue ultime previsioni sui costi dell’attuale carenza di semiconduttori per l’industria dell’automotive mondiale.

continuerà la sua marcia verso veicoli elettrici, sempre più connessi e autonomi.

Ma la priorità assoluta per le aziende, in questo momento, è mitigare al meglio gli effetti a breve termine di questa crisi, utilizzando tutte le leve possibili, dalla rinegoziazione dei contratti alla gestione tattica della produzione, alla gestione delle aspettative di clienti e investitori.

L’importante è essere proattivi e dotarsi di buone informazioni e analisi”.

“La crisi dei chip indotta dalla pandemia è stata aggravata da eventi che normalmente sono problemi routinari per l’industria automobilistica, come un incendio in un importante impianto di fabbricazione di chip o la siccità a Taiwan “ ha commentato Dario Duse, managing director e Emea co-leader per l’Automotive e Industrial practice di AlixPartners. “Tutto questo è ora divenuto un problema importante per il settore che sta parzialmente recuperando il crollo dei volumi del 2020; sarà fondamentale oltre che gestire la crisi nel breve termine anche continuare a costruire resilienza della catena di approvvigionamento a lungo termine attraverso un ruolo più attivo nella gestione delle forniture di molte materie prime e della logistica”.

Quando sostengo che per intervenire su un autoveicolo oggi non basta un meccanico, forse non basta nemmeno un meccatronico, ci vorrà un “meccsupertronico”.

Visto il rapido incremento da gennaio a maggio, non sono da escludere numeri ancora peggiori che potrebbero colpire l’intero settore.

Me ne ero reso conto, recentemente girando per concessionarie di camper della regione Emilia Romagna, i quali titolari o venditori si lamentavano di aver già venduto tutto il budget 2021 e che i prossimi ordini potranno essere ripresi solo l’anno prossimo, con la conferma della ripresa della produzione.

Corrado Belicchi, director della practice Automotive e Industrial, ha aggiunto: “Oggi in un veicolo ci sono fino a 1.400 chip, e questo numero non farà che aumentare man mano che l’industria N. 206 - 2021 - isomotori.it

Anticipavano che si prevedono rialzi di costi di listino sensibili ed evidenti.

Infatti, diversi costruttori hanno già 6

200xCento.com l’airbag fiscale dell’auto aziendale

fabbrica Renesas Electronics, uno dei produttori di semiconduttori per l’industria dell’auto, e una “guerra commerciale” tra i vari produttori.

annunciato una possibile estensione della crisi dei semiconduttori anche al 2022. Questa previsione sottolinea come sia fondamentale una profonda revisione dell’intera catena di produzione dei semiconduttori, non più in grado di rispondere a una domanda in continuo aumento.

Concludo con una esortazione al nuovo ministro dei Trasporti: “Gentile Ministro, che cosa serve affinché inizino gli esami degli allievi dei corsi di formazione per l’attività di ispettore delle revisioni suddivisi in Modulo A e B per quelli che aspirano alla abilitazione di effettuare le revisioni agli autoveicoli fino a 3,5 t e Modulo C per quelli oltre le 3,5 t?

Il tutto, restando solamente nell’ambiente automotive, crescerà esponenzialmente all’aumentare delle immatricolazioni di vetture (e io dico delle autocaravan) elettrificate e non.

Il motivo è legato al numero di componenti a bordo: un’automobile ibrida richiede un numero di chip fino a 10 volte in più rispetto a un modello a benzina.

I corsi sono cominciati oltre un anno fa, dopo un blocco di oltre 2 anni dovuto all’applicazione del DM 214/2017 che di fatto da maggio 2018 ha bloccato tutto il comparto.

L’attuale contingenza ha messo in luce una situazione da sempre precaria.

Ci sono centinaia di operatori che non possono lavorare per mancanza di questa abilitazione e conseguentemente centinaia di centri di controllo che sono teoricamente parzialmente fermi per mancanza del requisito dell’ispettore abilitato, ma per molti di loro è stata la morte commerciale da molti mesi.

La produzione di semiconduttori è quasi sempre in emergenza, visto che è legata a possibili impennate di richieste per dei nuovi device o non prevedibili tendenze del mercato.

L’aggravante che ha portato all’attuale crisi è dovuta in parte alle chiusure parziali causate dalla pandemia, andando così a ridurre la produzione di chip rispetto alla normalità.

Non Le pare che in questo periodo storico sia una responsabilità grave che si sta assumendo nei confronti dei propri cittadini?”

A questo si è aggiunto l’incendio alla N. 206 - 2021 - isomotori.it

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dall’ufficio tecnico

omologazioni e progettazione unici esemplari dei veicoli (art.75 C.d.S.)

Modifiche dei veicoli senza il collaudo da parte dell’UMC. L’importanza del primo passo.

La circolare del MIT con protocollo n. 5350 dello scorso 12 febbraio ha per Oggetto “Art. 78, Codice della strada – semplificazioni”.

delle officine di autoriparazione che eseguono le modifiche nell’ambito delle relative competenze;

Ulteriormente chiarita dalla circolare con protocollo n. 7526 del 3 marzo 2021, in essa si considera il Decreto 8 gennaio 2021, il quale identifica le modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli per le quali, fermo restando l’aggiornamento della carta di circolazione, non è più richiesta la visita e prova presso i competenti Uffici del Dipartimento; inoltre:

stabilisce le procedure per l’aggiornamento della carta di circolazione;

individua le modalità di vigilanza da parte degli UMC per le attività rientranti nel campo di applicazione del decreto.

Il campo di applicazione del decreto riguarda le seguenti modifiche (citiamo testualmente qui e anche nel seguito dell’articolo): 1.

specifica i requisiti per l’accreditamento presso gli Uffici della Motorizzazione Civile (UMC)

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sostituzione del serbatoio GPL del sistema di alimentazione bifuel o monofuel;

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debbono accreditarsi presso l’UMC territorialmente competente, con la sottoscrizione del disciplinare allegato come facsimile al decreto stesso.

2. installazione gancio di traino sui veicoli delle categorie internazionali M1 ed N1; 3. installazione doppi comandi per veicoli da adibire ad esercitazioni ed esami di guida;

4.2. centralina comandi servizi;

Ad ogni officina accreditata, l’UMC assegna un codice identificativo meccanografico, utilizzando la procedura già in essere per gli allestitori, senza consegnare le credenziali di accesso. Tale codice è formato da sei caratteri alfanumerici: i primi due riportano la sigla della provincia ove ha sede l’officina.

4.3. inversione dei pedali acceleratore-freno nella configurazione speculare a quella originaria;

Riguardo alle competenze operative delle officine di autoriparazione, il MIT ha fornito la tabella in basso nella pagina.

4.4. spostamento leve comandi servizi (luci, tergicristalli, etc.);

Per gli interventi effettuati l’officina deve rilasciare una dichiarazione di esecuzione dei lavori a regola d’arte, in base al facsimile fornito dal decreto, e deve annotare in ordine progressivo, in un apposito registro con pagine numerate e preventivamente vidimato dall’UMC, il numero di targa e il numero di telaio del veicolo, il nominativo dell’intestatario, il tipo di modifica e la data in cui è stata eseguita la modifica stessa.

4. installazione dei seguenti adattamenti per la guida dei veicoli da parte di conducenti disabili: 4.1. pomello al volante;

4.5. specchio retrovisore grandangolare interno; 4.6. specchio retrovisore aggiuntivo esterno.

Le officine abilitate a eseguire le modifiche alle caratteristiche costruttive o funzionali sono quelle di autoriparazione, di cui alla Legge 5 febbraio 1992, n. 122, le quali

Tipo di modifica (rif. tab. A del DM)

Abilitazione officine di autoriparazione

1 sostituzione serbatoio GPL

SÌ

NO

NO

2 gancio di traino veicoli M1 ed N1

SÌ

NO

NO NO

3 installazione doppi comandi

SÌ

NO

4.1 pomello al volante

SÌ

SÌ

4.2 centralina comandi servizi 4.3 inversione dei pedali acceleratore-freno nella configurazione speculare a quella originaria 4.4 spostamento leve comandi servizi (luci, tergicristalli, etc.)

4.5 specchio retrovisore grandangolare interno

SÌ

NO

SÌ

NO

NO

SÌ

NO

NO

SÌ

SÌ

NO

4.6 specchio retrovisore aggiuntivo esterno

SÌ

SÌ

NO

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Stiamo parlando di un documento di questo tipo:

attestazione dei lavori dell’officina accreditata; certificazione di origine dei componenti installati; certificato di conformità (se previsto).

L’aggiornamento della carta di circolazione rispetto alle modifiche effettuate, è eseguito dall’UMC competente e consiste nell’emissione di un tagliando adesivo, da applicare sulla carta di circolazione del veicolo, che riporta: i dati variati o integrati conseguentemente alle modifiche apportate;

Il decreto prevede che la domanda di aggiornamento della carta di circolazione possa essere presentata dall’intestatario del veicolo interessato presso l’UMC territorialmente oppure presso uno studio di consulenza automobilistica di cui alla Legge 8 agosto 1991, n. 264, che disciplina le attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto.

In attesa dell’allineamento e dell’implementazione delle procedure informatiche, la procedura potrà essere attivata solo presso l’UMC. In ogni caso, la domanda di aggiornamento, da presentare entro 30 giorni dal completamento dei lavori, deve essere redatta sul modello denominato TT 2119 e a essa vanno allegati:

attestazione del versamento di € 10,20 sul conto corrente postale 9001;

attestazione del versamento di € 16,00 sul conto corrente postale 4028; N. 206 - 2021 - isomotori.it

il numero identificativo dell’officina che ha eseguito i lavori.

La circolare in esame avverte che, per consentire il necessario adeguamento delle procedure alle disposizioni innovative introdotte dal decreto, occorrerà prevedere una fase transitoria durante la quale possa aver luogo la coesistenza delle due diverse procedure per l’aggiornamento della carta di circolazione: quella preesistente con visita e prova e quella introdotta dal modificato Articolo 78 del Codice della strada.

Abbiamo parlato di questa circolare e del contenuto del decreto trattato perché l’argomento rappresenta un primo passo in una direzione che speriamo sia compiutamente intrapresa al più presto e in modo più deciso.

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BRUNO BERSELLI Ufficio tecnico A.R.E. srl

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l’esperto risponde

Manutenzione e riparazione auto

Che cos’è e a cosa serve il filtro antiparticolato, un dispositivo paradossale.

Cos’è il filtro antiparticolato

Sapere come fare una buona manutenzione del proprio mezzo oltre a fare risparmiare denaro garantisce la sicurezza personale.

Il filtro antiparticolato (spesso indicato con le sigle DPF o FAP) è un dispositivo di post-trattamento dei gas di scarico presente su tutte le vetture diesel Euro 4 e successive.

Il nostro centro di revisione nel 2016 è stato al centro di un servizio televisivo a cura di “Le Iene” proprio sulla pericolosità di questo dispositivo.

La sua funzione − come suggerisce il nome − è quella di ridurre le emissioni di particolato, ovvero di tutti quei residui microscopici derivati dalla combustione del gasolio comunemente noti come PM10 (si tratta di sostanze volatili altamente inquinanti, composte, appunto, da particelle di dimensioni pari o inferiori a 10 micrometri).

Infatti abbiamo fornito una consulenza al conduttore del servizio dal titolo “Le polveri sottili uccidono”, Luigi Pelazza, presso il nostro centro, ancora visibile sul sito della trasmissione o sul canale YouTube.

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Alla scoperta del filtro antiparticolato, cos’è e come funziona il filtro che garantisce l’efficienza delle moderne vetture diesel.

garantisce un’autonomia media di circa 70.000/80.000 Km. Nonostante ciò, il FAP tende a saturarsi ben prima di tale “traguardo” − solitamente ogni 10-15 ore di funzionamento, che equivalgono a circa 300-1000 Km (a seconda della vettura e dei percorsi effettuati).

Come tutti i filtri, tuttavia, anche DPF e FAP possono raggiungere un livello di saturazione tale da compromettere l’efficienza del motore: per questo è importante conoscerne il funzionamento e curarne la manutenzione periodica.

Per questo, ogni filtro DPF è dotato di un sistema di pulizia automatizzato che elimina il PM10 eseguendo un’ulteriore combustione, grazie all’aiuto di postiniezioni di gasolio.

È importante sapere cos’è il filtro antiparticolato perché può aiutare a capire se ha ancora senso acquistare un’auto diesel.

Tale processo, noto come rigenerazione, avviene grazie a un iniettore ausiliario che introduce il gasolio direttamente all’interno del filtro anti-particolato.

Come funziona il filtro antiparticolato?

Quest’ultimo raggiunge, così, una temperatura superiore a 400 °C − sufficiente a trasformare il PM10 in particelle più piccole (PM2.5) e, secondo quanto appurato dal servizio delle Iene, molto più pericolose.

Come avrete già intuito, il FAP auto non è altro che un filtro metallico installato a valle dei collettori di scarico in tutti i moderni motori diesel. Chiarito dove si trova il filtro antiparticolato, è importante spiegare come funziona il FAP.

Le stesse vengono espulse insieme agli altri gas di scarico.

Questo processo si attiva superando un certo numero di giri motore avendo

All’interno del dispositivo è presente un elemento filtrante in carburo di silicio dotato di canali e celle alveolari, che hanno il compito di trattenere il particolato.

Per assolvere a tale compito la maggior parte degli anti-particolato utilizza uno speciale additivo a base di cerina: una sostanza che favorisce l’aggregazione del PM10 in agglomerati più grandi e facilmente filtrabili.

La quantità di cerina necessaria per questo processo viene prelevata da un serbatoio esterno di 5 litri, che di norma N. 206 - 2021 - isomotori.it

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come idea l’ipotesi di scaricare le polveri grossolane (PM10) trattenute e trasformate dalla rigenerazione in una pezzatura più piccola in strade dove sono consentite velocità superiori ai 50 km/h.

Il FAP, che a differenza del DPF non utilizza la cerina ma sfrutta temperature più elevate durante la rigenerazione, presenta il vantaggio di generare una minore contro-pressione dei gas di scarico − caratteristica, questa, che contribuisce a ridurre la consueta perdita di potenza del motore causata dal filtro antiparticolato durante la fase di rigenerazione.

In sostanza il paradosso è che si raccolgono le polveri in città per scaricarle in campagna!

Le temperature di rigenerazione costituiscono anche la più importante differenza fra le due tipologie di filtro anti-particolato attualmente in uso.

L’assenza di additivi permette inoltre di prolungare gli intervalli di manutenzione; tuttavia, a causa delle temperature d’esercizio più elevate, il FAP ha un’aspettativa di vita mediamente inferiore rispetto a quella della controparte.

Differenza tra FAP e DPF Sebbene vengano spesso utilizzati come sinonimi, i due acronimi con cui comunemente si indica il filtro antiparticolato, ovvero FAP e DFP rappresentano, in realtà, due distinte versioni di questo dispositivo.

D’altro canto, il DPF − grazie alla cerina − è in grado di effettuare la stessa operazione a temperature notevolmente più basse, che garantiscono una maggior durata dei componenti filtranti.

Per la precisione, il DPF (Diesel Particulate Filter) identifica una tipologia di filtro standard comune alla maggior parte delle automobili,

Il rovescio della medaglia, in questo caso, è rappresentato da un impatto leggermente più incisivo sulle prestazioni e dalla necessità di ricorrere al rabbocco periodico dell’additivo.

mentre il FAP (dal francese Filtre à Particules) è una prerogativa esclusiva delle vetture del gruppo Peugeot-Citroen.

Filtro antiparticolato: manutenzione e pulizia

La nota casa d’oltralpe ha infatti realizzato un filtro antiparticolato in grado di funzionare senza l’ausilio di additivi coadiuvanti, a temperature comprese fra i 600 e i 650°C.

Sia il DPF che il FAP integrano un sistema di controllo elettronico che monitora il funzionamento del filtro anti-particolato auto evidenziando possibili guasti o anomalie.

Di contro, il DPF segue una filosofia diametralmente opposta, fondata sull’utilizzo di un additivo a base di cerina capace di abbassare la temperatura di rigenerazione fino a 400°C.

Ciò si verifica soprattutto sui veicoli che praticano prevalentemente percorsi urbani e tragitti brevi − durante i quali il filtro non ha la possibilità di raggiungere la temperatura necessaria a completare la rigenerazione.

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In tali casi, il filtro anti-particolato auto può intasarsi e provocare singhiozzamenti, vistose perdite di potenza e l’accensione di una spia di segnalazione o di avaria sul cruscotto.

Per la ricarica dell’additivo, invece, è sempre necessario rivolgersi a un meccanico in grado di provvedere al corretto riempimento del serbatoio del DPF.

Per prevenire l’intasamento e la rottura precoce del filtro antiparticolato, dovrete dunque ricordare di circolare fino al termine di ogni ciclo di rigenerazione e di rispettare gli intervalli di manutenzione previsti dal costruttore.

Quanto costa pulire o sostituire un filtro antiparticolato?

Le spese per la manutenzione del FAP auto variano a seconda della sua tipologia e della necessità, o meno, di ricaricare il serbatoio dell’additivo.

In linea di massima, il costo della pulizia del DPF va dalle poche decine di euro di un kit fai-da-te fino ai 400-500 euro di una pulizia professionale (comprensiva di ricarica) effettuata presso l’officina di una concessionaria. La sostituzione del filtro antiparticolato auto comporta invece esborsi più onerosi, che possono oscillare da 500 a oltre 5000 euro, in ragione della vettura, del tipo di ricambio (originale o aftermarket) e del costo della manodopera.

Qualora vogliate risparmiare la spesa di un professionista e cimentarvi personalmente nelle operazioni di pulitura del filtro, potrete acquistare un classico kit di pulizia FAP e pulizia DPF, composto da un detergente e da un additivo per il risciacquo.

Per effettuare la pulizia FAP e la pulizia DPF vi sono pochi passaggi da seguire:

1.

collegate la cannula in dotazione alla bomboletta A (detergente)

2. a motore spento e freddo, spruzzate il contenuto all’interno del filtro antiparticolato attraverso il manicotto d’ingresso

E’ superfluo ricordare che un cattivo funzionamento di questo dispositivo porta durante la revisione all’esito di sospensione obbligatoria dalla circolazione sino a che non si è riparato il sistema di scarico dei fumi.

3. lasciate agire il prodotto per qualche minuto 4. ripetete la stessa operazione con la bomboletta B (risciacquo) 5. infine, effettuate un giro con la vostra auto per favorire l’eliminazione di eventuali residui.

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PARTE 1

IL MONDO-UNIVERSO DELLE MOTOCICLETTE Il Mondo delle motociclette è un vero e proprio universo che fin dalla sua nascita continua ad evolversi incessantemente da un punto di vista stilistico, meccanico e tecnologico.

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S

embra incredibile che un mezzo di trasporto dotato semplicemente di due ruote, un motore, un manubrio e una sella su cui siede il conducente, possa avere avuto ed ancora oggi stia vivendo una costante e continua evoluzione che appare senza fine.

Le motociclette, dunque, a differenza di altri veicoli, che non si sono evoluti nel corso del tempo, procedono imperterrite nel loro percorso di perfezionamento: sempre più belle ed elaborate esteticamente, con linee ricercate ed innovative e profili spiccatamente aerodinamici, più ricche di sistemi di sicurezza, con motori sempre più prestazionali. La risposta a questo processo evolutivo, sta nel fatto che nella moto convivono due anime: quella romantica e quella tecnica.

Essa rappresenta sentimentalmente il destriero che l’uomo contemporaneo cavalca coraggiosamente nel XXI secolo,

Ecco, solo chi comprende fino in fondo la natura dell’essere umano può capire cosa significhi veramente per l’uomo la motocicletta: non un semplice mezzo di trasporto ma uno dei simboli che gli “spiriti liberi” hanno per affermare la loro identità.

In questo mio scritto dunque, avremo una guida completa, come mai fatto prima, per conoscere tutte le varianti che la moto ha avuto dalla sua nascita fino ad oggi: un’utile presentazione per coloro che, giovani o meno, desiderano addentrarsi in questo “mondo-universo” ed orientarsi in maniera più consapevole nella scelta, nel caso vogliano possederne una.

In linea generale, le caratteristiche tecniche che distinguono le moto nelle varie tipologie con cui esse vengono classificate, riguardano: la forma o il design della motocicletta; le sue dimensioni; la collocazione del motore, la sua cilindrata (va dai 40 cc delle Minimoto per arrivare a 2.500 cc nelle Power Cruiser più potenti) e la disposizione stessa dei cilindri; l’altezza della sella e la forma del manubrio; la posizione di guida che assume il conducente; le dimensioni e la forma degli pneumatici; l’utilizzo a cui esse sono destinate ossia in pista, in strada per tragitti brevi o per lunghe percorrenze, ed ancora fuori strada, ecc.

Non posso esimermi, in ultimo, e dunque è mio dovere – considerato che mi occupo di sicurezza stradale – esortare i bikers, neofiti Yamaha Concept Motoroid – Streetfighter con o esperti, a guidare sempre nel motore elettrico rispetto di loro stessi, tenendo in debita considerazione i limiti fisici, così pieno di conflitti e contraddizioni. psichici ed emotivi che il corpo umano, per Ogni motocicletta ha un suo fascino, una natura, non può oltrepassare: la strada, sua anima; ogni uomo attratto dalla sua ahinoi, è già satura di insidie, cerchiamo magia è spinto ad inforcarla e ad amarla tutti insieme di controllare il rischio a cui fondendosi con essa, dando modo alla sua personalità, che è alla continua ricerca esse ci espongono, evitando di essere noi stessi il pericolo primo e maggiore per il di purezza e distinzione, di esprimersi. nostro essere in vita.

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Minimoto replica

Cuscar Minicross Freedom 50 cc

Minimoto

anni ed è obbligatorio l’uso del casco; sono soggette ad omologazione sulla base di specifiche normative della Comunità Europea (marcatura CE) e sono parificate ai Miniquad che hanno quattro ruote e motori a scoppio con cilindrata da 50 a 150 cc. Il sistema di raffreddamento è ad aria per quelle aventi una potenza inferiore ai 10 cavalli, mentre è a liquido per quelle che ne sviluppano più di 10.

Le Minimoto sono delle vere e proprie motociclette in scala ridotta; in Italia per mano artigianale prendono vita verso la metà degli anni ’70, e sul finire degli anni ‘80 entrano in commercio come giocattolo per bambini facendo più tardi il loro ingresso nel mondo agonistico.

Si distinguono in Minimoto da corsa e da cross: dotate di motore a scoppio, possono essere utilizzate soltanto in pista e su circuiti dedicati, e su aree non aperte alla circolazione stradale. Le dimensioni standard delle Minimoto da corsa sono: lunghezza 100 cm, altezza 60 cm, peso 20 kg. Le Minicross dette anche “Pitbike” sono leggermente più grandi: lunghezza 125 cm, altezza 85 cm, peso oltre 20 kg. I motori delle Minimoto sono a ciclo due tempi e vanno dai 39 a 50 cc; quelli a quattro tempi vanno da 90 a 110 cc.

Le Minimoto superano abbondantemente i 50 km/h di velocità; la loro guida è vietata ai minori di 14 N. 206 - 2021 - isomotori.it

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Alcuni modelli di Minimoto sono omologati per la circolazione stradale come l’Insanity prodotta in Germania da oltre 10 anni: dotata di fanali, targhino e specchietti retrovisori, ha una cilindrata di 50 cc e raggiunge la velocità massima di 45 km/h come tutti i ciclomotori.

Non mancano le “minimoto giocattolo” definite “babymoto” che sono invece elettriche con batteria ricaricabile: realizzate perlopiù in plastica sono destinate ai bambini aventi una età inferiore ai 14 anni, (per i bambini fino a 3 anni non devono superare gli 8 km/h); in commercio ci sono anche i Miniquad elettrici.

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Ciclomotore Il Ciclomotore può considerarsi una bicicletta a motore: esso infatti è la versione moderna del bicimotore.

A lanciare il primo ciclomotore sul mercato è stata l’azienda parigina Werner che depositò il brevetto il 7 gennaio 1897. In Italia inizia a diffondersi dalla fine degli anni ’60 col boom economico. Esso si presenta a due o tre ruote con motore endotermico di cilindrata non superiore a 50 cc; sviluppa la velocità massima di 45 km/h e può trasportare solamente il conducente. Risulta dotato anche di altri tipi di motore, come quello elettrico ma non deve superare la soglia di 4 KW di potenza. Nella forma tradizionale ricorda le biciclette; anche gli scooter di piccola cilindrata rientrano in tale categoria; alcuni ciclomotori

Un ciclomotore riprendono la linea delle moto sportive come nel caso della Aprilia RS-50. Il ciclomotore viene detto anche motorino o cinquantino; può essere guidato dopo aver conseguito il patentino AM a partire dai 14 anni di età o con altre patenti di guida superiori ad esso. Il quadriciclo leggero noto come Minicar è assimilato al ciclomotore.

Un curioso Piaggio Si in versione Cross N. 206 - 2021 - isomotori.it

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Motobici Sachs Miele di 98 cc risalente al 1935 – Prodotta in Germania

Motoleggera Il termine Motoleggera, ormai in disuso in Italia, veniva utilizzato per indicare un motociclo avente una cilindrata inferiore ai 100 cc.

Tale tipo di motocicletta che vede la luce verso la metà degli anni ‘20 è caratterizzato da un assetto turistico, una struttura esile dal peso estremamente ridotto, può trasportare conducente e passeggero, e si distingue dal bicimotore per l’assenza dei pedali (detto anche motobici).

Dal 1928 al 1933 il suo utilizzo è regolato da apposite norme: per la legislazione dell’epoca, infatti, la motoleggera è considerata “piccolo motociclo”, e può essere guidata solo da 18 anni in su e con la patente di guida. Dal 1934 viene catalogata come motociclo vero e N. 206 - 2021 - isomotori.it

proprio. Negli anni ’70 la cilindrata viene aumentata fino a 150 cc consentendo ai suoi possessori di poterla guidare in autostrada. Oggi il termine viene usato per indicare i motocicli fino a 125 cc di cilindrata e potenza fino ad 11 KW.

Una rarissima foto della motoleggera prodotta dalla italiana APE Motore due tempi – cilindrata 98 cc – Anno 1925 32

Moto da donna o ecclesiastica La moto da donna è costituita da un telaio ribassato (a culla aperta) così da favorire il suo utilizzo alle donne che indossano la gonna o al personale ecclesiastico che veste con abiti lunghi come la talare sacerdotale.

La prima moto da donna viene realizzata nel 1894 dalla azienda tedesca Hildebrand e Wolfmüller che è la prima fabbrica al mondo a mettere in commercio dei motocicli. Anche la Singer nel 1903 lancia la sua moto da donna: l’azienda inglese soddisfa la richiesta della signora Muriel Hind che chiede di vedere realizzata una moto che può essere guidata agevolmente dalle donne che indossano la gonna.

A partire dal primo decennio del ‘900 anche altre aziende europee avviano la produzione di tali moto, vista la domanda del pubblico femminile e di un folto numero di sacerdoti. Negli anni ’60 l’uso dei pantaloni da parte

Sparta MB 50 ciclomotore per donna del 1959 con motore Pluvier di 48 cc

delle donne e l’ingresso del clergyman nell’abbigliamento sacerdotale portano ad una forte riduzione della domanda di tali moto.

Oggi la tipologia di moto più usata dalle donne è quella degli scooter; quelli a ruote alte ricordano maggiormente lo stile della moto da donna che ha segnato un’epoca nella storia della motocicletta.

Ciclomotore da donna 48 cc della Motom del 1962 N. 206 - 2021 - isomotori.it

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Tubone Cricket

Gilera Bullit 50 cc

Tubone

ammortizzatori, sella biposto con schienale, tachimetro. Nel 1973 arriva il Negrini Speedway. Gli anni ’80 decretano il successo del tubone; sono tanti in Italia i produttori di moto a costruire il loro modello: la linea diventa più sportiva e le dotazioni sono più ricche, compaiono anche i “tuboni carenati” come il Fantic Fast. I più famosi restano il Califfone della Rizzato, il Malaguti Fifty, il Gilera Cb1, l’MZV Cobra, il Peripoli Oxford, il Gilera Bullit, il Motron GTO, l’Atala Master, ecc. A partire dagli anni ’90 con l’avvento degli scooter il tubone esce di scena.

Il Tubone è anch’esso un ciclomotore di 50 cc; assume questa denominazione in quanto il telaio è costituito da un tubolare principale monotrave, sotto il quale è collocato il motore.

I primi tuboni fanno la loro apparizione negli anni ’70 ma questo tipo di ciclomotore riscuote grande successo negli anni ’80 per le sue peculiarità tecniche ed estetiche. La struttura a tubone nasce dalla esigenza delle case produttrici di ridurre i costi di produzione: il tubolare non solo fa da telaio ma essendo cavo internamente funge da serbatoio del carburante.

Motoscooter

A rendere appetibile il tubone è il fatto che rispetto ai ciclomotori a presa diretta, esso è dotato di un cambio a tre o quattro marce. La prima casa a interessarsi della costruzione di un tubone è la Testi che nel 1971 lancia sul mercato il modello Cricket con motore Minarelli 4 marce: il Cricket è dotato di forcella telescopica, forcellone con

Il motoscooter noto semplicemente col nome di scooter è caratterizzato da un telaio aperto ed una pedana orizzontale dove il conducente poggia i piedi.

Generalmente è dotato di due ruote con diametro ridotto, ma vi è anche quello “a ruote alte” ossia a diametro più grande di cui è dotato normalmente il ciclomotore. Nella sua più recente

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Skootamota della ABC

Maxiscooter BMW C 650 SPORT

Custom

evoluzione può avere anche tre o quattro ruote.

Il motore, di tipo endotermico o elettrico, è collocato in posizione arretrata – coperto dalla carenatura o dai carter laterali – al di sopra del quale è posta la sella che ospita una o due persone; esso è a due o quattro tempi e la cilindrata varia da 50 ad oltre 800 cc: le cilindrate più alte sono destinate ai Maxiscooter votati al maggiore confort di guida ed alle lunghe percorrenze.

Il progenitore dello scooter è la “Skootamota” prodotta dal 1919 al 1922 dalla azienda britannica ABC; essa non era altro che un monopattino modificato a cui erano stati aggiunti la sella ed il motore monocilindrico di 123 cc, raggiungeva la velocità massima di 24 Km/h. Alcuni tipi di scooter di piccole dimensioni, detti di servizio, sono leggeri e ripiegabili su se stessi ai fini della riduzione del loro ingombro, ed usati come accessori per automobili, camper o imbarcazioni.

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Le moto Custom rappresentano ai massimi livelli ciò che si è detto nella presentazione. Sono i modelli che ai bikers consentono più di tutte le altre, di rendere uniche le loro moto attraverso una personalizzazione estetica, motoristica, ecc.

Storicamente esse derivano dai chopper che in America apparvero negli anni ’50: la leggenda vuole che i soldati americani dal ritorno dall’Europa, alla fine della seconda guerra mondiale, avendo guidato e apprezzato le doti delle moto militari prodotte in Italia, Germania e Inghilterra, vollero riprodurle similmente “chopperando” quelle realizzate negli USA; nacquero così le moto dallo stile “custom”.

Queste moto, in linea generale, si contraddistinguono per una seduta molto bassa e una guida confortevole, le pedane avanzate, uno pneumatico posteriore molto più largo di quello anteriore, un interasse allungato, un manubrio largo ed una forcella più lunga

Yamaha Dragstar 650 Custom ed inclinata che porta la ruota anteriore ad essere maggiormente distanziata dal corpo della motocicletta, lo scarico che corre basso ed orizzontalmente lungo la fiancata, donando alla moto uno stile retrò; a ciò si aggiungono i vari accessori offerti per la personalizzazione e le modifiche che possono essere apportate a livello motoristico ed estetico da aziende specializzate che si dedicano alla customizzazione (basti pensare alle cromature, alle borchie, alle colorazioni, alle decorazioni aerografate, alle borse in pelle, ai gadget vari, ecc.).

Possono trasportare comodamente due persone e sono adatte anche alle lunghe percorrenze. Le custom per antonomasia sono le moto prodotte dalla casa americana della Harley Davidson che ha sede a Milwaukee: per contrastare il monopolio commerciale detenuto dalla casa americana, dagli anni ’90, anche i produttori giapponesi, come Honda, Suzuki, Yamaha, ecc. hanno lanciato le loro custom che in Europa hanno riscosso e riscuotono un buon successo.

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I motori endotermici di cui le custom sono dotate per tradizione, appartengono alla famiglia dei bicilindrici a V; le cilindrate vanno da 125 a 1.800 cc.

Chopper I primi Chopper compaiono negli Stati Uniti d’America negli anni ’50 e ’60, e precisamente in California e Florida.

Il termine “chopper” deriva dall’inglese verbale “to chop” che tradotto in italiano significa “tagliare con l’accetta”.

Tutto parte da degli appassionati che hanno l’idea di tagliare il cannotto del manubrio e di inclinarlo così da allungare la forcella e distanziare la ruota dal telaio. A tale modifica si aggiungono: la trasformazione del telaio che viene tagliato in base alle specifiche del progetto e risaldato, e la eliminazione di alcune parti ritenute superflue esteticamente e che una volta tolte, rendono la moto un esemplare originale.

Per i pionieri del Chopper la moto deve apparire nella sua pura essenzialità: vengono rimossi i parafanghi e le luci 37

Chopper Harley Davidson Shovelhaed del 1978 di posizione e su alcuni di essi viene eliminato anche il freno anteriore.

In tale tipologia di motocicletta le pedane risultano molto avanzate, la sella è bassa (in alcuni casi è eliminata totalmente) e il manubrio assume una forma arcuata e discendente; ruota anteriore, faro e serbatoio sono di ridotte dimensioni; sono presenti diverse parti cromate ed anche la marmitta è modificata o sostituita da altri modelli più elaborati. Per trasportare il passeggero, il sellino è allungato e ad esso si aggiunge la spalliera verticale (sissy bar o sister bar). Negli anni ’60 le motociclette trasformate in chopper erano perlopiù Harley Davidson, Triumph e Honda con motori Flathead, Knucklehea o Panhead.

Dunque i Chopper sono – insieme alle custom che prendono origine da essi – le moto che consentono la massima personalizzazione possibile in ambito motociclistico. In Italia i chopper hanno trovato scarsa diffusione: negli anni ’70, le aziende Fantic Motor e Milani producono dei chopper con cilindrata da 50 a 125 cc.; da menzionare è il Milani Chopper 50 che N. 206 - 2021 - isomotori.it

fu esposto al Salone di Milano del 1971. Agli inizi degli anni ’80 prendono vita le HarleyDavidson Softail Custom prodotte in serie.

Esse sono così denominate in quanto le sospensioni posteriori sono celate sotto il motore trasformandosi in Hard tail, a cui si aggiungono altri particolari: le softail custom sono un’ottima alternativa ad un prezzo più abbordabile, dei chopper di razza. Oggi le moto stile chopper continuano ad essere prodotte da aziende specializzate, su richiesta della clientela a prezzi molto alti: si parte da 25-30mila euro; le moto trasformate in chopper sono principalmente Harley Davidson.

Negli Stati Uniti è diventato famoso per la elaborazione dei chopper, il tuner Jesse Gregory James, protagonista della serie tv Monster Garage. James è titolare della West Coast Choppers, azienda che realizza chopper e personalizzazioni di motociclette prodotte di serie.

Un altro valido produttore di chopper degli Stati Uniti è Paul Teutul, fondatore e titolare della Orange County Choppers con sede a New York, protagonista con suo figlio della sere tv American Chopper.

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CAMIONISTI STANCHI: IL 60% IN EUROPA GUIDA IN CONDIZIONI PERICOLOSE Un’indagine condotta da Trasportoeuropa, la Federazione europea dei sindacati dei trasporti (Etf) ha rivelato che 1 camionista su 3 è stato soggetto a un colpo di sonno alla guida.

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I

l dato fa emergere un quadro inquietante, che contiene notevoli rischi per la sicurezza stradale.

non ha potuto farlo per mancanza di un luogo ritenuto abbastanza sicuro.

Le condizioni di guida e lavoro, evidentemente non sono sempre ottimali.

Oltre la metà dei camionisti europei ha dichiarato di guidare in condizioni di affaticamento; così i colpi di sonno al volante sono piuttosto frequenti, nonostante l’obbligo dei turni di riposo e guida. Ecco i dettagli del sondaggio tra 2861 autisti europei di veicoli industriali ed autobus.

L’Etf infatti precisa che la stanchezza di guida spesso si aggiunge ad altri problemi, quali:

Il 60% dei conducenti di camion dichiara di dover guidare regolarmente nonostante la stanchezza. Circa il 25% (772 autisti) ha affermato di aver rischiato anche di causare un grave incidente. Quasi un terzo dei camionisti (30%) ha ammesso di essersi addormentato al volante e il 52% ha dichiarato che quando voleva fermarsi per riposare

la retribuzione non adeguata alle ore di lavoro,

orari imprevedibili,

nessuna vera pausa,

mancanza di strutture per il riposo,

veicoli non adeguatamente equipaggiati.

Tutti fattori che con elevate probabilità contribuiscono ad aumentare lo stress fisico e mentale al volante di veicoli che possono raggiungere i 18 metri e superare le 30 tonnellate di peso. “E’ un fatto ben noto che la stanchezza del conducente rappresenta un grande rischio per la sicurezza stradale di tutti gli utenti della strada”, afferma una nota dell’Etf. “Tuttavia le misure prese tra i datori di lavoro e a livello politico e legislativo europeo per affrontare questo problema per i conducenti professionisti sono insufficienti”.

Ci auguriamo che almeno i dispositivi ADAS, tra i quali il segnalatore di sonnolenza, vengano montati sui camion con la stessa celerità di come verranno entro il 2022 montati sulle autovetture nuove.

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A CURA DELLA REDAZIONE Fonte SICURAUTO

Icaro 5.0 nuove tecnologie automotive

PNRR

E VECCHI AMBIENTALISTI

Con il Recovery Fund Next Generation EU e il PNRR si renderanno disponibili finanziamenti mai visti prima anche per la mobilità.

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Q

uesta è una buona notizia.

La cattiva invece è che questi fondi hanno stuzzicato gli appetiti delle lobby più tradizionali che producono opere, non solo ad altissimo impatto ambientale, ma anche obsolete.

Più volte siamo intervenuti su queste e altre pagine per sollecitare l’aggiornamento nel modo di pensare le politiche della mobilità e spesso abbiamo rilevato come le posizioni di alcune associazioni sedicenti ambientaliste siano deboli per due motivi. Da una parte sono vecchie ideologicamente. Si riferiscono a un mondo e a dei problemi che non ci sono più e che sono stati sostituiti da nuovi, più urgenti e reali.

Dall’altra parte, alcune delle associazioni ambientaliste più potenti sono in grado esse stesse di imporre la propria politica, soprattutto quando si alleano con i grandi costruttori di opere pubbliche tradizionali. Uno dei dogmi che consente questa pericolosa alleanza riguarda il trasporto pubblico locale e regionale, ma lo stesso potrebbe dirsi per gli inceneritori di rifiuti. Nonostante le tecnologie siano cambiate, si pensa ancora che il nemico da contrastare sia il trasporto privato e che la realizzazione di ferrovie urbane e metropolitane costituiscano la soluzione idealizzata di ogni problema. Le cose stanno diversamente oggi.

Anzitutto, con il Covid ci dovremmo essere resi conto di come la mobilità possa essere ridotta e allo stesso tempo la qualità di vita individuale e dell’economia possano crescere.

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Invece, non si vede l’ora, anche per la mobilità, di tornare a tutto come prima. Nella mia città, oltre a volere realizzare un tram progettato negli anni Settanta, si sta pensando di edificare nuove scuole con ulteriore (antigienica) concentrazione degli studenti e necessità di maggiore mobilità. Si fanno scelte urbanistiche che richiedono infrastrutture ad alto impatto ambientale! Per non parlare del consumo di suolo. Non s’è imparato nulla e quel che si è imparato, lo si vuole dimenticare al più presto. In secondo luogo, l’elettrificazione romperà il collegamento tra inquinamento e congestione: ci potrà ancora essere congestione, ma senza inquinamento dell’aria. L’inquinamento da CO2 prodotto oggi per il 26% dai trasporti diminuirà notevolmente nei prossimi anni anche se dovesse per caso aumentare la mobilità privata. Resterebbero i problemi di congestione e di sicurezza considerato che sulle nostre strade muoiono ancora tremila persone all’anno e se ne feriscono duecentocinquantamila.

Cosa si propone? Una vera politica ambientalista dovrebbe partire dall’idea di dematerializzare e ri-naturalizzare la città. Eliminare, anziché aumentare, le infrastrutture materiali. I sedicenti ambientalisti parlano ancora di “cura del ferro” che starebbe a significare che si devono costruire ferrovie urbane e regionali. È necessario il contrario: eliminare quanto più possibile ferro e cemento e riconciliare le città con la natura. Se ci muoveremo tutti un po’ meno – basta un poco – le infrastrutture materiali

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trova nulla che riguardi la ricerca e lo sviluppo dei controlli automatizzati del traffico che richiedono – essendo innovativi – molta sperimentazione e quindi risorse che darebbero peraltro lavoro a numerosi ingegneri distogliendoli dall’insano desiderio di costruire nuove strade e ponti anziché demolire quelli inutili e ristrutturare e manutenere gli esistenti.

che abbiamo saranno sufficienti e persino sovradimensionate. Questo comprende anche la distribuzione e la produzione delle merci, nonché l’intermodalità. Piuttosto, rendiamo quel che c’è migliore, più efficiente, più comodo.

Le proposte e le scelte del PNRR prevedono che i finanziamenti più cospicui vadano in massima parte alle strutture materiali. I 31 miliardi stanziati per la mobilità sostenibile sono previsti per il 90% all’Alta Velocità e solo per il restante alla logistica e intermodalità: cosa c’è di “sostenibile”? Che senso ha questa sciocca parola inventata negli anni Ottanta e piena di ambiguità? Non si

A parole, il PNRR introduce anche qualche buona idea, ma quando si vanno a vedere le cifre assegnate a ciascuna voce e il dettaglio di esse, sorgono non pochi dubbi sulla reale volontà di innovazione e sulla direzione che essa dovrebbe prendere.

CORRADO POLI

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Nuove proposte di legge per il nuovo C.d.S.

SBIRRI PIKKIATI 2020

2.687 le aggressioni fisiche agli agenti sulle strade, più di 7 al giorno, una ogni 3 ore e mezzo Il 40,3% le aggressioni causate da stranieri, gli ubriachi al 30%, il 15,3% degli attacchi portati con armi proprie o improprie.

L

’aggressività nei confronti delle forze di polizia è rimasta inchiodata anche nel 2020 su picchi elevati.

dell’Ordine pubblico e le altre non conseguenti al controllo del territorio).

Sono stati 2.687 gli episodi registrati dall’Osservatorio “Sbirri Pikkiati”, pochi di più dell’anno precedente. Infatti l’incremento è di sole 5 aggressioni fisiche in più rispetto al 2019, quando furono 2.682, +0,2%. Sono ancora oltre 7 ingressi di agenti e carabinieri al pronto soccorso con aggressioni fisiche refertate ogni giorno, in pratica una ogni 3 ore e mezzo.

Come lo scorso anno. Veramente tante.

Quello che sorprende è il fatto che nonostante una riduzione della mobilità causa lockdown, e un quasi stop dei movimenti notturni dalle 22 alle 05 causa “coprifuoco” da pandemia, e mentre gli incidenti sono diminuiti fra 30 e 40% e la mortalità sulle strade su livelli anche maggiori, le aggressioni fisiche agli agenti durante i controlli su strada e del territorio sono rimaste sugli stessi livelli, anzi qualcuna in più: 2.687 rispetto alle 2.682 del 2019. Come dire che abbiamo circolato molto meno, abbiamo avuto un numero di incidenti in netta diminuzione ma il nervosismo e l’aggressività non sono per niente diminuiti in proporzione, anzi.

Mentre negli anni precedenti al primo posto nelle lesioni patite c’era sempre l’Arma dei Carabinieri, nel 2020 il maggior numero di aggressioni ha riguardato invece la Polizia di Stato, con 1.286 attacchi pari al 47%, percentuale in aumento rispetto allo scorso anno quando toccò il 42,5%; segue l’Arma dei Carabinieri con 1.145 episodi pari al 42%.

L’Osservatorio ASAPS registra i soli attacchi fisici che hanno provocato lesioni refertate agli operatori di polizia durante i controlli su strada (escluse quindi le aggressioni avvenute nella gestione N. 206 - 2021 - isomotori.it

Seguono gli attacchi alla Polizia Locale con 8,2%: anche in questo caso si segnala un calo rispetto al 9,3% dell’anno prima. Il 3% ha riguardato altri 46

2.687

45.8% 30%

1.286

40.4% 15.3%

Aggressioni fisiche agli agenti

Aggressioni fisiche alla Polizia di Stato

La percentuale di aggressioni al nord

La percentuale di aggressioni portate dagli stranieri

corpi. La percentuale è leggermente superiore a 100 in quanto in alcuni casi nell’aggressione hanno riportato lesioni agenti di corpi di polizia diversi.

Il 45,8% delle aggressioni è avvenuto nelle regioni del nord, il 22,6% al centro e il 31,6% al sud.

Rimane molto Solidarietà totale preoccupante dell’ASAPS alle la percentuale nostre forze di degli stranieri polizia. protagonisti delle aggressioni: 1.085 gli episodi che li hanno visti protagonisti per il 40,4%, in decremento rispetto al 2019 quando la percentuale fu del 48,3%. In 800 attacchi al 30%, l’aggressore è poi risultato ubriaco o drogato. Qui si segnala un leggero decremento rispetto al 31,8% del 2019 e un aumento rispetto al 28,1% dell’anno precedente e al 26,8% del 2017.

La percentuale di aggressioni con arma

(bastoni, oggetti o la stessa vettura utilizzata per travolgere l’agente). Stessa percentuale del 2019.

Concludiamo questo report ancora con la nostra opinione. Ripetiamo che tutto questo avviene nell’indifferenza pressoché totale dell’opinione pubblica e della stessa politica. Posizione pericolosa e ingenua.

Del dilagare della violenza contro le divise sulla strada dovrebbero invece preoccuparsi per primi i cittadini ancor più degli agenti e carabinieri perché, dopo l’argine, ci sono loro quali destinatari e vittime di una violenza sempre più tracotante e ormai, di fatto, quasi impunita.

Su 410 aggressioni, per il 15,3% è stata utilizzata un’arma propria o impropria N. 206 - 2021 - isomotori.it

La percentuale di aggressioni portate da ubriachi

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Psicologia del traffico

REALISMO INGENUO: LA GUIDA TRA REALTÀ E VIDEOGIOCO A volte, quando siamo in auto, capita di non riuscire a decifrare bene la situazione e di trovarci all’improvviso a dover gestire un rischio imprevisto.

P

ensiamo ad esempio a una guida in orario notturno, quando, su una strada poco illuminata ci viene incontro un’auto con un faro rotto: potremmo pensare si tratti di una moto e iniziare un sorpasso.

Solo quando i fari della nostra auto riescono a illuminare la parte non visibile dell’auto che sopraggiunge riusciamo a interpretare correttamente la situazione e a capire che ci troviamo davanti a un’auto e non a una moto.

Ecco un esempio di realismo ingenuo, cioè la convinzione – che tutti avremmo - di una completa coincidenza tra la

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realtà fisica (ciò che è) e la realtà percettiva (ciò che vediamo). Nel nostro effettivo funzionamento le due realtà non coincidono, innanzitutto perché i nostri organi di senso non riescono a raccogliere tutte le informazioni presenti nell’ambiente: ad esempio deve esserci un grado di luminosità minimo, così riusciamo a percepire gli oggetti, altrimenti gli oggetti nella realtà esistono ma noi non li vediamo.

In secondo luogo, a partire da queste informazioni parziali il nostro cervello ricostruisce la realtà, come se si trattasse di un videogioco, che, pur avendo la migliore risoluzione grafica e audio, non corrisponde esattamente alla realtà esterna. Questo rappresenta un problema quando guidiamo, ci muoviamo entro una ricostruzione dell’ambiente che è parzialmente differente rispetto al mondo reale. Ed è così che potremmo trovarci di fronte a una moto che in realtà è un’auto.

La percezione risulta essere quindi uno dei limiti del funzionamento individuale e questo ci porta alla consapevolezza che non siamo infallibili, compreso quando siamo alla guida. E questo vale sia per noi sia per gli altri utenti della strada.

Nel caso analizzato, se ci troviamo sull’auto che ha il fanale rotto, dobbiamo per lo meno accendere i fanali di posizione in modo tale da mettere in evidenza che viaggiamo su un’automobile e non su una moto. Dall’altro lato, è importante non farsi cogliere impreparati se il nostro mondo percepito dovesse cambiare all’improvviso, partendo dalla consapevolezza che i nostri occhi funzionano sempre bene ma in alcune condizioni non riescono a percepire alla perfezione tutte le informazioni che sono presenti nell’ambiente e quindi dobbiamo tenere una guida più prudente.

FEDERICA CONFALONIERI MANUELA BINA CARLO ALBERTO MEINERO FEDERICA BIASSONI Unità di Ricerca in Psicologia del Traffico, Università Cattolica di Milano N. 206 - 2021 - isomotori.it

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n°179 - 2019

News automotive

ANCHE L’ASFALTO INQUINA L’asfalto delle strade è una fonte di inquinamento di non poco conto. Aumenta infatti con l’aumentare della temperatura e con l’usura, causata sia dal caldo che dal transito di veicoli pesanti e suv.

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urante la stagione estiva i particolati nocivi emessi aumentano del 300%.

E’quanto emerge da uno studio di ricercatori della Yale University, Carnegie Mellon University e del Max Planck Institute for Chemistry: ‘Con veicoli sempre più pesanti, il totale di polveri sottili e inquinamento dalla superficie stradale, dai freni e dall’usura dei pneumatici è maggiore delle emissioni dai tubi di scappamento dei veicoli, ma non ci sono normative per controllare il fenomeno.’ (Dr Gary Fuller, professore in misurazione della qualità dell’aria all’Imperial College di Londra) “With heavier and heavier vehicles, the combined total of particle pollution from road surface, brake and tyre wear is now greater than the particle emissions from vehicle exhaust but there are no policies to control this,” (Dr Gary Fuller, senior lecturer in air quality measurement at Imperial College London) Lo studio è stato effettuato dai ricercatori raccogliendo asfalto comune su strade, tetti e passi carrai, e riscaldandolo ad una temperatura compresa tra 40 ° C e 200 ° C in un forno tubolare. E’ stato quindi osservato che le emissioni di asfalto raddoppiano quando la temperatura aumenta da 40 ° C a 60 ° C, cosa che avviene spesso in estate. “(…) i prodotti correlati all’asfalto emettono miscele sostanziali e diversificate di composti organici nell’aria, con una forte dipendenza dalla temperatura e da altre condizioni ambientali”, ha affermato Peeyush Khare, dottorando a Yale e autore principale dello studio pubblicato nella rivista Science Advances .

Le aree pavimentate costituiscono circa il 45% delle superfici nelle città degli Stati Uniti, con i tetti degli edifici che costituiscono un altro 20%, rendendo l’asfalto una parte significativa del paesaggio urbano. I ricercatori hanno confrontato i loro risultati con la formazione della SOA (aerosol organico secondario) a Los Angeles, una città chiave per i casi di studio sulla qualità dell’aria urbana.

Studi precedenti hanno stimato che una parte sostanziale dei composti inquinanti a Los Angeles proviene da fonti diverse dai veicoli. Mentre è probabile che le emissioni dei veicoli a motore diminuiscano nel tempo con l’eliminazione degli inquinatori più eclatanti, i ricercatori affermano che le emissioni di asfalto possono contribuire all’inquinamento atmosferico con l’espansione delle aree urbane e l’aumento delle temperature del cambiamento climatico.

“Abbiamo scoperto che le emissioni dell’asfalto erano fortemente dipendenti sia dalla temperatura che dall’esposizione solare”, ha spiegato Drew Gentner, assistente professore di ingegneria chimica e ambientale a Yale e uno dei ricercatori che hanno lavorato allo studio.

“Condizioni più calde e soleggiate porteranno a più emissioni. Inoltre, in molte località, l’asfalto viene applicato prevalentemente durante i mesi più caldi dell’anno “.

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Gentner ha affermato che sebbene l’impatto delle emissioni dell’asfalto sulla formazione di ozono sia stato minimo rispetto ai veicoli a motore nelle aree urbane, la ricerca sull’asfalto stradale è una parte importante per affrontare l’emergenza climatica. “È un’altra importante fonte di emissioni non di combustione che contribuisce alla produzione di SOA. I prodotti chimici volatili, come i prodotti per la pulizia o le vernici, hanno il maggior contributo complessivo stimato alla SOA di Los Angeles. Quindi, si deve considerare l’intera portata delle fonti di inquinanti reattivi e le differenze regionali quando si prendono decisioni relative alla pianificazione della qualità dell’aria urbana “, ha affermato.

Il dottor Gary Fuller, docente senior in misurazione della qualità dell’aria presso l’Imperial College di Londra, ha dichiarato: “Sappiamo già che le superfici stradali sono una fonte sempre più importante di inquinamento atmosferico. Storicamente abbiamo pensato che l’inquinamento del traffico provenga dagli scarichi dei veicoli. Questo è stato l’obiettivo della politica e i nuovi veicoli devono essere dotati di tecnologie per la pulizia dei gas di scarico.

“Con veicoli più pesanti e più pesanti, il totale combinato dell’inquinamento da particelle dalla superficie stradale, dall’usura dei freni e dei pneumatici è ora maggiore delle emissioni di particolato dallo scarico dei veicoli, ma non ci sono politiche per controllarlo”, ha aggiunto.

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A CURA DELLA REDAZIONE Fonte: Gianni Lombardi, Benzina Zero

di Umberto Romagnoli Via Nazario Sauro, 26 - BOLOGNA cell. +39.338.3323343 - P.Iva 0172931120

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News automotive

IL FILTRO ANTIPARTICOLATO BENZINA, IL TEST ADAC

Le auto a benzina e iniezione diretta hanno l’obbligo di montare il filtro antiparticolato: ma quanto sono davvero più pulite delle auto che non ce l’hanno?

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l filtro antiparticolato è un sistema diventato indispensabile non soltanto sulle auto con motore diesel e sulle auto a benzina dalla norma Euro 5. L’’Automobile Club tedesco ne ha messo sotto i riflettori dei test Green NCAP l’efficacia. Le auto a benzina tradizionali si salvano in extremis, ma non sono così pulite rispetto a quelle più prestazionali.

Sono in discussione le future norme Euro 7 che, oltre ad inasprire ulteriormente il limite delle emissioni, potrebbero portare a un graduale divieto del motore a combustione. L’attuale normativa Euro 6 D-Final impone un valore limite di particolato (PM) e di numero di particolato (PN) di 6 x 10¹¹ per ogni chilometro misurato

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in laboratorio per i motori diesel e i motori a benzina con iniezione diretta.

E sono proprio i motori ad iniezione diretta che, per l’elevata quantità di particolato prodotto, hanno reso necessario un filtro simile ai diesel ma con un funzionamento semplificato.

L’ADAC ha voluto verificare se il filtro antiparticolato funziona davvero, mettendo a confronto le emissioni delle auto a benzina con e senza filtro antiparticolato. I candidati del test al Green NCAP sono i 25 modelli con motore a benzina più venduti in Europa (due dei quali con trazione a metano) e 17 modelli con motore diesel in vari segmenti di veicoli.

La procedura di test Green NCAP si basa sull’attuale procedura di test WLTP (Worldwide Harmonized Light-duty

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ADAC ecotest, emissioni medie di particolato

Emissioni particolato

limite di particelle Euro 6

7 6

10/km

5 4 3 2 1 0

1,8 motore a benzina con iniezione diretta e filtro antiparticolato

7,5 motore a benzina con iniezione a collettore senza filtro antiparticolato*

0.91 diesel con filtro antiparticolato

*per i motori a benzina senza iniezione diretta attualmente non è presente il filtro antiparticolato

Test Procedure) e sul suo nuovo ciclo di test WLTC (Worldwide Harmonized Light-duty Test Cycle). I test Green NCAP vanno oltre i requisiti legali: a differenza della procedura di omologazione, le misurazioni sono eseguite ad una temperatura ambiente più bassa (14 °C invece di 23 °C). Inoltre, viene eseguito anche un ciclo WLTC a -7 gradi °C. In tutti i test di Green NCAP il numero medio di particelle (PN) delle auto con motore a benzina e filtro antiparticolato si mantiene ben al di sotto dell’attuale limite Euro 6 (PN di 6 x 10¹¹ / km), a 14 °C con motore freddo o caldo e con avviamento a freddo a -7 °C. I risultati sono confermati anche nelle prove su strada in percorso autostradale.

medio di particelle emesse dalle auto con motore diesel e filtro antiparticolato.

Ma il risultato eclatante è un altro. La norma attuale esonera le auto con motore benzina a iniezione indiretta (senza filtro) che emettono più particelle dei veicoli con filtro antiparticolato. “I valori limite non si applicano ai motori a benzina con iniezione a collettore!”, afferma l’ADAC. Dai risultati dei test Green NCAP su 136 modelli con motori a benzina e omologazione Euro 6d o Euro 6d-TEMP emerge che il numero medio di particelle (PN) con motori a benzina a iniezione diretta (120 modelli) è molto inferiore (1,8) rispetto ai 16 modelli con iniezione indiretta (7,5) come mostra l’immagine sopra.

Il numero di particelle PN delle auto a benzina con FAP è superiore al numero N. 206 - 2021 - isomotori.it

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A CURA DELLA REDAZIONE Fonte: Sicurauto

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GIORDANO BISERNI Presidente ASAPS

STUDIO LEGALE

AVV. GIUSEPPE LAGANÀ CONTRADA PUNTA RAZZI km 1,22 S.P. 60 | 90700 | RAGUSA

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Guerrini dott. Piersante Specialista in medicina dello sport | Ecografista muscolo scheletrico Mesoterapia antalgica | Direttore Centro Fisioterapico e di medicina sportiva Ambulatorio Sant’Agata sul Santerno

Via della libertà 5 | tel. 3495207717 | tel. 054545517 N. 206 - 2021 - isomotori.it

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esempio allestimento

DETRARRE IL 100% DEL VEICOLO A USO AZIENDALE Autovettura aziendale in regime forfetario o autoveicolo aziendale totalmente detraibile e deducibile? Ora puoi scegliere.

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Autoveicolo per uso aziendale: vuoi continuare a perderci tanti soldi?

Potendo scegliere, lo voglio detraibile e deducibile al 100%

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a anni la trasformazione da autovettura ad autocarro è una delle possibili soluzioni consentite, ma non l’unica o la più efficace, specie se sei un libero professionista.

Esistono una serie di omologazioni, quali quelle di autoveicoli ad uso speciale, che permettono di scegliere la versione ideale del proprio autoveicolo per uso aziendale, evitando così di perderci tanti soldi.

Gli autoveicoli ad uso pubblicitario (pubblycar), tecnologico (technologycar) e officina mobile (workcar) sono, insieme all’autocarro, le risposte più sicure per un’auto aziendale totalmente deducibile per inerenza.

Infatti, la legge impone che i beni (anche quelli mobili) aziendali per essere detraibili e deducibili al 100% abbiano due caratteristiche: 1) Essere strumentali (tutti gli autoveicoli di categoria N1 sono strumentali) 2) Essere inerenti (l’inerenza stabilisce che ogni attività deve avere il suo autoveicolo su misura della propria attività) Ecco perché quattro soluzioni: per usare quella correttamente inerente ad ogni impresa o studio professionale.

Anche il Sole 24 Ore nei suoi opuscoli informativi sulla materia utilizza il marchio Businesscar per definire gli autoveicoli ad uso speciale aziendale deducibili per inerenza.

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Per questo, in collaborazione con un pool di commercialisti esperti, è nata la certificazione di congruità fiscale che, unitamente all’omologazione della trasformazione, garantisce al 100% la detraibilità e la deducibilità di un autoveicolo per uso aziendale.

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