I Semini 03: La preghiera

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La Preghiera pregare è solo recitare preghiere? I SEMINI


«La vita interiore del giusto che tende a Dio, e che già vive di Lui, è veramente l’unica cosa necessaria (Lc 10,42).

È evidente che per essere un santo non è indispensabile aver ricevuto una cultura intellettuale, e spiegare una grande attività interiore; basta vivere profondamente di Dio. […] “Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?” (Mt 16,26 CEI 1974). Se sacrifichiamo tante cose per salvare la vita del corpo, che dopotutto dovrà morire, come non dobbiamo essere pronti a tutto sacrificare per salvare la vita dell’anima destinata a durare in eterno? E non deve l’uomo amare la propria anima più del suo corpo? Una sola cosa è necessaria, ascoltare la parola di Dio e viverla per salvare l’anima propria. È questa la parte migliore che non può essere tolta all’anima fedele». (R. Garrigou-Lagrange)

Testi utilizzati: Catechismo della Chiesa Cattolica Mov. contemplativo missionario P. de Foucauld, Il cammino della preghiera, Henry J.M. Nouwen, Invito alla vita spirituale Anthony Bloom, La preghiera giorno dopo giorno laparola.net

I SEMINI n. 03


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LA PREGHIERA

«Finché continuiamo a parlare della preghiera come di un modo per riprenderci dalla nostra fatica spirituale o, peggio, per ricaricare le nostre batterie, avremo ridotto la preghiera a un metodo e la compassione a una merce. […] La preghiera è l’essenza della vita spirituale, senza la quale ogni ministero perde il suo significato. È l’adempimento del grande comandamento: amare il Signore nostro Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente. Cuore, anima e mente non possono mai essere divisi tra Dio e il prossimo: Dio è un Dio geloso che vuole il nostro amore senza riserve; ma nel nostro totale e indiviso impegno per Dio, Dio ci si rivela come il Dio del nostro prossimo e rende così il nostro amore per Dio un amore che abbraccia tutti nel tempo e nello spazio». (Henry J.M. Nouwen, Compassion. The Core of Spiritual Leadership, tratto da L’unica cosa necessaria)

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ALCUNI TERMINI CHIAVE

Dal Catechismo della Chiesa Cattolica:

La preghiera è “l’elevazione dell’anima a Dio” […]. Da dove viene la preghiera dell’uomo? Qualunque sia il linguaggio della preghiera (gesti e parole), è tutto l’uomo che prega. Ma, per indicare il luogo dal quale sgorga la preghiera, le Scritture parlano talvolta dell’anima o dello spirito, più spesso del cuore (più di mille volte). È il cuore che prega. Se esso è lontano da Dio, l’espressione della preghiera è vana. Il cuore è la dimora dove sto, dove abito (secondo l’espressione semitica o biblica: dove “discendo”). È il nostro centro nascosto, irraggiungibile dalla nostra ragione e dagli altri; solo lo Spirito di Dio può scrutarlo e conoscerlo. È il luogo della decisione, che sta nel più profondo delle nostre facoltà psichiche. È il luogo della verità, là dove scegliamo la vita o la morte. È il luogo dell’incontro, poiché, ad immagine 1


di Dio, viviamo in relazione: è il luogo dell’alleanza. La preghiera cristiana è una relazione di alleanza tra Dio e l’uomo in Cristo. È azione di Dio e dell’uomo; sgorga dallo Spirito Santo e da noi, interamente rivolta al Padre, in unione con la volontà umana del Figlio di Dio fatto uomo. Nella Nuova Alleanza la preghiera è la relazione vivente dei figli di Dio con il loro Padre infinitamente buono, con il Figlio suo Gesù Cristo e con lo Spirito Santo. La grazia del Regno è «l’unione della Santa Trinità tutta intera con lo spirito tutto intero». La vita di preghiera consiste quindi nell’essere abitualmente alla presenza del Dio tre volte Santo e in comunione con lui. Tale comunione di vita è sempre possibile, perché, mediante il Battesimo, siamo diventati un medesimo essere con Cristo. La preghiera è cristiana in quanto è comunione con Cristo e si dilata nella Chiesa, che è il suo corpo. Le sue dimensioni sono quelle dell’amore di Cristo. Tipi di preghiera (CCC 2626-2639)

Benedizione, adorazione, domanda, intercessione, azione di grazie (ringraziamento) e lode. 1. Benedizione e adorazione. La benedizione esprime il moto di fondo della preghiera cristiana: essa è incontro di Dio e dell’uomo; in essa il dono di Dio e l’accoglienza dell’uomo si richiamano e si congiungono. La preghiera di benedizione è la risposta dell’uomo ai doni di Dio: poiché Dio benedice, il cuore dell’uomo può rispondere benedicendo colui che è la sorgente di ogni benedizione. L’adorazione è la disposizione fondamentale dell’uomo che si riconosce creatura davanti al suo Creatore. Essa esalta la grandezza del Signore che ci ha creati e l’onnipotenza del Salvatore che ci libera dal male. È la prosternazione dello spirito davanti al «re della gloria» e il silenzio rispettoso al cospetto del Dio «sempre più grande di noi». L’adorazione del Dio tre volte Santo e sommamente amabile ci colma di umiltà e dà sicurezza alle nostre suppliche. 2. La preghiera di domanda. Il vocabolario della supplica è ricco di sfumature nel Nuovo Testamento: domandare, implorare, chiedere con insistenza, invocare, impetrare, gridare e perfino «lottare nella 4


preghiera». Ma la sua forma più abituale, perché la più spontanea, è la domanda: proprio con la preghiera di domanda noi esprimiamo la coscienza della nostra relazione con Dio: in quanto creature, non siamo noi il nostro principio, né siamo padroni delle avversità, né siamo il nostro ultimo fine; anzi, per di più, essendo peccatori, noi, come cristiani, sappiamo che ci allontaniamo dal Padre. La domanda è già un ritorno a Lui. Il Nuovo Testamento non contiene preghiere di lamentazione, frequenti invece nell’Antico Testamento. La domanda del perdono è il primo moto della preghiera di domanda (cf. il pubblicano: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”, Lc 18,13). Essa è preliminare ad una preghiera giusta e pura. La domanda del perdono è l’atto preliminare della liturgia eucaristica, come anche della preghiera personale. La domanda cristiana è imperniata sul desiderio e sulla ricerca del Regno che viene, conformemente all’insegnamento di Gesù. Nelle domande esiste una gerarchia: prima di tutto si chiede il Regno, poi ciò che è necessario per accoglierlo e per cooperare al suo avvento. 3. La preghiera di intercessione. L’intercessione è una preghiera di domanda che ci conforma da vicino alla preghiera di Gesù. È lui l’unico intercessore presso il Padre in favore di tutti gli uomini, particolarmente dei peccatori. Intercedere, chiedere in favore di un altro, dopo Abramo, è la prerogativa di un cuore in sintonia con la misericordia di Dio. Nel tempo della Chiesa, l’intercessione cristiana partecipa a quella di Cristo: è espressione della comunione dei santi. Nell’intercessione, colui che prega non cerca solo «il proprio interesse, ma anche quello degli altri» (Fil 2,4), fino a pregare per coloro che gli fanno del male. 4. La preghiera di ringraziamento. L’azione di grazie caratterizza la preghiera della Chiesa, la quale, celebrando l’Eucaristia, manifesta e diventa sempre più ciò che è. In realtà, nell’opera della salvezza, Cristo libera la creazione dal peccato e dalla morte, per consacrarla nuovamente e farla tornare al Padre, per la sua gloria. Il rendimento di grazie delle membra di Cristo partecipa a quello del loro Capo. 5. La preghiera di lode. La lode è la forma di preghiera che più immediatamente riconosce che Dio è Dio! Lo canta per se stesso, gli rende 5


gloria perché EGLI È, a prescindere da ciò che fa. È una partecipazione alla beatitudine dei cuori puri, che amano Dio nella fede prima di vederlo nella gloria. Per suo mezzo, lo Spirito si unisce al nostro spirito per testimoniare che siamo figli di Dio, rende testimonianza al Figlio unigenito nel quale siamo adottati e per mezzo del quale glorifichiamo il Padre. La lode integra le altre forme di preghiera e le porta verso colui che ne è la sorgente e il termine: «un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui» (1 Cor 8,6).

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FORME DI PREGHIERA PERSONALE

Tra le forme private di preghiera troviamo: • la preghiera biblica, che utilizza direttamente le parole della Sacra Scrittura oppure che parte dalla lettura della Bibbia per poi aprirsi al colloquio personale con Dio, come fa la lectio divina; • il colloquio personale con Dio, che l’uomo può vivere in qualunque tempo e luogo; • il Santo Rosario: è una preghiera completa perché riporta in sintesi tutta la storia della nostra salvezza meditando i misteri della vita di Gesù e Maria e includendo le preghiere del Credo, del Padre Nostro, dell’Ave Maria e del Gloria. In tutte le apparizioni la Vergine Maria ha invitato a recitare il Rosario per la diffusione del bene, per la pace e per ottenere grandi grazie per sé e per gli altri, per la conversione e la crescita spirituale; • la ripetizione, cioè l’atto della volontà che dà inizio ad un ciclo ripetitivo di brevi invocazioni o preghiere ben conosciute, che l’uomo ripete dentro di sé fino a formare un tappeto morbido e robusto sul quale l’anima si “stende” per poi entrare nella contemplazione; • la meditazione: è il fluire o il sorgere di pensieri che vengono suggeriti, stimolati, ispirati dalle fonti più diverse, come ricordi, incontri, discorsi, letture, fatti, immagini, simboli. Essendo immenso il bacino di spunti per la meditazione, essa è probabilmente la forma di 6


orazione più praticata di ogni tempo; • la contemplazione: è la forma di preghiera considerata più santa, in quanto comunione stessa con il Santo, essendo stata definita dall’uomo la santità come la natura stessa di Dio; la contemplazione è la presenza viva di Dio nell’uomo che ispira direttamente pensieri, parole, immagini, azioni, per cui nella contemplazione l’uomo vede ciò che Dio vede, sente ciò che Dio sente, fa ciò che Dio fa; • il culto delle immagini, fondato sul fatto che l’immagine sacra subito richiama alla mente la persona divina rappresentata e diffuso, oltre che nelle chiese, specialmente nei luoghi dove le chiese e i luoghi di culto pubblico sono lontani; • la vigilanza, cioè l’atteggiamento interiore dell’uomo che vigila sui suoi pensieri, discernendo quelli buoni da quelli malvagi per coltivare quelli buoni e rinnegare, dissolvere, dimenticare quelli malvagi. Pratica

Quando ti metti a pregare, puoi usare queste cinque forme principali di preghiera: a. Confessione di peccati. Vedi i Salmi 32; 51; 130. Sii completamente onesto. Esaminati con Romani 12:9-21; 1Corinzi 13:4-7; Galati 5:22. b. Lode e adorazione. Vedi i Salmi 145-150. Concentrati su Dio, la sua persona e le sue qualità. c. Ringraziamento per la bontà e le benedizioni di Dio: il cibo, vestiti, la salute, amicizie, la salvezza, il perdono, la pace, benedizioni spirituali, eccetera. Potresti usare per esempio il Salmo 103 oppure inni e canti di ringraziamento. d. Preghiera per te stesso. Porta i propri bisogni al tuo Padre celeste: decisioni, rapporti, preoccupazioni, crescita spirituale, eccetera. Chiedi i frutti dello Spirito (Galati 5:22). e. Intercessione per gli altri: famiglia, amici, vicini, colleghi, la tua chiesa, la tua città, il paese, i leader politici, missioni, cristiani per7


seguitati, eccetera. Se hai problemi nel concentrarti, spesso aiuta pregare ad alta voce. Anche pregare in posizioni diverse può aiutare: inginocchiato, seduto, con mani alzate, camminando, ecc. Per riflettere: 15 minuti è l’1% di 24 ore. Non è il tempo minimo che vorresti trascorrere con il Signore?

LE DIREZIONI DELLA PREGHIERA:

In su: loda e adora Dio. Dietro: ringrazia Dio per quello che ha fatto. Dentro: prega per te stesso e i tuoi bisogni. Attorno: prega per la famiglia e amici. Fuori: prega per la città, la nazione e il mondo.

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LA PREGHIERA NEI VANGELI (testi tratti da: Il cammino della preghiera, Mov. Contemplativo missionario P. de Foucauld)

Gesù ha parlato molto di preghiera. Aveva promesso che Dio risponde sempre ad una richiesta fatta con fede, e tutta la sua vita pubblica è una documentazione di questa realtà, rispondendo sempre al grido 4 d’aiuto di chi aveva fede (Maria a Cana, il cieco di Gerico, il centurione, la cananea, Giairo, l’emorroissa, Marta sorella di Lazzaro, il papà del bambino epilettico, i dieci lebbrosi…). Egli ci ha anche lasciato alcune lezioni sulla preghiera. Ci ha insegnato: 8

che mai dobbiamo pregare per apparire (Mt 6,5) a non fare i parolai, condannando il verbalismo vuoto (Mt 6,7) a pregare con fede (Mt 21,22) che dobbiamo perdonare prima di pregare (Mc 11,25)


- a essere costanti e perseveranti nella preghiera ( Lc 18,1) Gesù ha raccomandato molto di pregare, per far fronte alle lotte della vita. Sapeva dei nostri problemi, e come rimedio per la nostra debolezza ci ha consigliato la preghiera: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto (Mt 7,7)”. Gesù ha comandato di pregare per difenderci dal male: “Pregate, per non entrare in tentazione” (Lc 22,40). Solo la preghiera ci salva dal cadere; molti non lo capiscono fino a quando arrivano a terra. Esistono situazioni in cui la forza dell’uomo non basta, e la sua volontà non regge più: se vuole andare avanti, l’uomo ha bisogno dell’incontro diretto con la forza di Dio. Dagli esempi nei vangeli, possiamo dire che: • pregare è amare; • pregare è chiedere (con fede e perseveranza); • pregare è ringraziare e benedire; • pregare è richiesta di perdono; • pregare è abbandonarsi completamente alla volontà di Dio. Una struttura simile si trova nei salmi, che si possono catalogare in quattro categorie: salmi di lode e ringraziamento; salmi di adorazione; salmi di domanda; salmi di perdono. Leggendo le preghiere dei grandi personaggi biblici (Mosè, Davide, Salomone, Giuditta, Isaia…) possiamo concludere che l’essenza della preghiera è comunicare con Dio in forma naturale e spontanea, essa è insomma un rapporto sincero, vivo, profondo con Dio; rapporto che si esprime con parole e gesti ma anche con un rapporto silenzioso, col pensiero e col cuore, senza alcuna parola. Dunque, conversare con Dio è preghiera, così come il ringraziare o l’implorare. Ma la preghiera migliore consiste nell’amare. L’amore per qualcuno non sta tanto nel parlare, nello scrivere o nel pensare a quella persona: sta soprattutto nel far qualcosa volentieri per lei, qualcosa che costi, qualcosa che quella persona attende o gradisce molto. Finché a Dio parliamo soltanto, non siamo ancora nella preghiera profonda. La preghiera dovrebbe essere sempre per noi un confronto 9


con la sua volontà, e dovrebbe maturare in noi decisioni concrete per la vita. La preghiera così più che un “amare” diventa un “lasciarsi amare da Dio”.

GRADI E TAPPE DI CRESCITA DELLA PREGHIERA La preghiera, come la vita biologica, è fatta di tappe di crescita. Un bambino deve prima imparare a tenere la penna in mano, poi imparerà a fare dei segni, e infine a scrivere. Così il cammino di preghiera: se c’è metodo e perseveranza, c’è sviluppo e crescita graduale. Se non ci sono né metodo né perseveranza, la crescita e lo sviluppo si sbloccano. Trascurare 5 la preghiera e sperare di avere comunque risposte o benefici da Dio è come sperare di raccogliere frutti abbondanti da una piantagione trascurata e abbandonata a se stessa. La preghiera sembra avere cinque tappe di crescita, come una montagna da scalare. 1. Prima tappa: la tappa “parole vuote”. Potremmo non considerarla preghiera, non merita questo nome, ma è così tanto diffusa che siamo costretti a includerla: i rosari malmenati, le messe con disinteresse, i sacramenti fatti senza cognizione di causa, le comunioni e confessioni fatte per routine sono abitudini molto diffuse. Tante persone restano legate a questo tipo di preghiera per tutta la vita, e qualcuno è arrivato a dire che “il verbalismo è il cancro della preghiera. Il cancro non si cura con una iniezione: ci vuole un intervento chirurgico o le somministrazioni di sostanze che attacchino i tessuti malati. Ci vuole coraggio: la prima cura è esserne inorriditi. Chi non si sente malato non ne esce”. 2. Seconda tappa: la preghiera monologo. Quando cioè pregando, di tanto in tanto ci si ricorda che si sta parlando con Dio e si fa un po’ di attenzione a quel che si dice. Ma Dio non è ancora sentito vicino, non è una presenza, è chissà dove, lontanissimo, nella stratosfera… Il monologo è un parlare a se stessi, porta poco beneficio all’anima, 10


non ci mettiamo ancora in contatto con Dio e rischia di far addormentare la coscienza. 3. Terza tappa: il dialogo. Finalmente siamo approdati alla preghiera: quando sappiamo instaurare un dialogo con Dio, allora preghiamo. Quando Dio diventa per noi una persona viva, presente, che si vede, ci ascolta, ci ama, allora la preghiera si fa calda, apriamo a Dio il nostro cuore con fede, e lo ascoltiamo. La differenza con le due tappe precedenti è enorme: prima c’eravamo solo noi, ora comincia a esserci anche Lui, noi e Lui, Lui e noi. I nostri problemi ora sono influenzati da Dio, che può guarirci e trasformarci. Per arrivare a questa tappa è necessario perseverare e imparare a concentrarsi su Dio. 4. Quarta tappa: ascolto. Raggiungere questa tappa richiede un certo sforzo, partendo dalla purificazione e dalla mortificazione del proprio orgoglio. Dobbiamo diventare veri e sinceri, fare la verità dentro di noi: metterci davanti alle nostre miserie, dire pane al pane e vino al vino. Dobbiamo comprendere la realtà delle nostre miserie personali e metterci con schiettezza davanti a Lui nella nostra povertà… solo allora Dio potrà irrompere e “parlare”. Dio non può parlarci finchè non abbiamo imparato a toglierci le maschere dal volto. Quando Dio ci parla, ci fa vedere i problemi in una luce nuova. Ci apre a nuove possibilità che non avevamo considerato (o che non volevamo considerare), e muove la nostra volontà verso una direzione ben precisa, come fosse attratta da una calamita. Si percepisce ciò che si deve fare e si ha la forza per farlo: è Dio che ci ha toccati. 5. Quinta tappa: amore. È la vetta della preghiera. Quando la preghiera si fa semplicità assoluta perché diventa amore, diventa vita vissuta. Quando la preghiera diventa un abbandono totale alla sua volontà. Quando la preghiera diventa donazione, azione, offerta di sé. Quando le parole non servono più, perché basta guardare a Lui e con un semplice sguardo si coglie tutto, si fa tutto, si dà tutto. Sulla vetta della montagna si arriva per poi ridiscendere poco dopo, non ci si piantano le tende. L’ebbrezza e l’intensità di quei momenti passano, ma una volta ridiscesi resta il ricordo della vetta per ricordarci 11


quanto Dio ci ama. La preghiera ha i suoi alti e bassi, nel cammino di fede si alternano momenti di fervore a periodi di freddezza e confusione, ma bisogna sempre puntare alla vetta per dare un obiettivo alla nostra preghiera: che la nostra vita diventi amore tramite l’unione interiore con Dio, tramite l’abbandono sempre più totale e fiducioso alla sua volontà. (Il cammino della preghiera, Mov. Contemplativo missionario P. de Foucauld)

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UN CONSIGLIO PER I PRINCIPIANTI

(op.cit.) Non è facile riconoscersi principianti, perché a nessuno piace stare nei “posti inferiori”. Eppure, è una tattica sbagliata pretendere di indossare l’abito dell’adulto se si è solo un bambino: si rischia di inciampare, cadere e non camminare più. È principiante nella preghiera: • chi non ha ancora capito l’importanza della preghiera • chi si annoia tremendamente a pregare • chi si smarrisce se non ha le formule scritte o le parole da recitare a memoria • chi considera la preghiera uno dei tanti aspetti della vita cristiana e non quello al primo posto • chi la sente solo come un dovere e non come un bisogno • chi la lascia con facilità • chi la sente come un peso insopportabile • chi la usa come un portafortuna o come moneta di scambio per avere qualcosa da Dio • chi la utilizza come un metodo per sottrarsi ai propri doveri e delegarli a Dio • chi va eccessivamente a caccia di consolazioni sensibili (Il cammino della preghiera, Mov. Contemplativo missionario P. de Foucauld) 12


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LA VERA PREGHIERA

La preghiera è instaurare un rapporto personale con Dio. La preghiera è comunicazione affettuosa con Dio, operata dalla Spirito e sorretta da Lui. La preghiera è un rapporto “Io – Tu”, tra un me e un Te; è un incontro reale tra persone reali, vive, presenti in questo momento. Spesso la preghiera non dà risultati e non ci cambia perché noi siamo robot che ripetiamo a noi stessi e Dio è un qualcosa di lontano, sfumato e indefinito. Finché nella preghiera non c’è la volontà di instaurare un rapporto Io – Tu, non c’è vera preghiera, c’è vuoto e gioco di parole. Chiediamo l’aiuto dello Spirito Santo affinché ci insegni a pregare così come Dio stesso vuole (Rm 8,26). Il cuore della preghiera è l’ascolto.

“Maria, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola. Marta, invece, era tutta presa dai molti servizi… Gesù disse: “Maria ha scelto la parte migliore”. (Lc 10,39) L’ascolto suppone l’aver capito che il personaggio chiave della preghiera non sono io, ma Dio. L’ascolto è il centro della preghiera perché l’ascolto è amore, è attesa di Dio e attesa della sua luce. L’ascolto si può fare quando interpelliamo umilmente Dio su un problema, oppure chiedendo la luce di Dio attraverso la Scrittura. Dio parla anche senza parole. Risponde quando vuole. Dio non parla “a gettoni”, quando lo esigiamo noi, parla quando vuole Lui, normalmente quando siamo preparato per ascoltarlo. Se in noi imperversano il peccato, la cattiva volontà o la menzogna, è difficile sentire la voce di Dio, anzi difficilmente abbiamo il desiderio di sentirla. La preghiera di semplice presenza o “preghiera di silenzio”. Essa è importantissima per educare alla concentrazione profonda. “Venite in disparte con me, in un luogo solitario, e riposatevi un poco” (Mc 6,31). 13


La preghiera di semplice presenza consiste nel mettersi davanti a Dio eliminando parole, pensieri e fantasie, sforzandosi nella calma di essere presenti a Lui. È una preghiera senza parole, uno sguardo amoroso verso Dio. Uno sforzo di volontà frenare pensieri e immaginazione e concentrarsi su di un unico pensiero: di essere presente a Dio. È preghiera perché è attenzione amorosa a Dio. Santa Teresa d’Ávila, la specialista di questo metodo di preghiera, la suggerisce a quelli che sono “continuamente dissipati” e confessa: “Finché il Signore non mi suggerì questo metodo di preghiera, non avevo mai ricavato soddisfazione o gusto dalla preghiera”, e raccomanda: “non fare lunghe e sottili meditazioni, ma solo guardare a Lui”. La preghiera di semplice presenza è un rimedio efficace contro la superficialità, male radicato nella nostra preghiera. “Meglio una preghiera senza parole che tante parole senza preghiera”. (Il cammino della preghiera, Mov. Contemplativo missionario P. de Foucauld)

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NEL SEGRETO DEL CUORE

Ritirarsi nella solitudine per stare in silenzio, a tu per tu con Dio, è essenziale per la vita di fede. Non è necessario né andare lontano, né trascorrere lungo tempo in solitudine. Meglio 15 minuti ogni giorno, con fedeltà e perseveranza, che mezza giornata ogni tanto, quando “si ha tempo” o “voglia”. Facciamo qui un chiarimento: solitudine, in senso spirituale, non è il sentimento di sentirsi soli, isolati, dimenticati dagli altri e dalla società. La solitudine spirituale è la ricerca di uno “spazio” della giornata che sia tutto per favorire l’incontro tra sé e Dio, tutto dedicato al rapporto a tu per tu con Dio; è un’occasione di profonda ricerca interiore che, tramite un dialogo silenzioso con Dio porta a una maggiore conoscenza di noi stessi, delle nostre ferite, dei nostri limiti, delle nostre miserie, della nostra piccolezza… che di conseguenza ci porta ad avere una giusta considerazione di noi stessi e degli altri, che allora cominciamo a guardare con maggiore solidarietà, compassione e comprensione. 14


La solitudine, intesa in questo senso, avvicina il nostro cuore, il nostro intelletto e la nostra volontà ai fratelli, in primo luogo poiché ci rendiamo conto che non siamo affatto migliori di loro e anzi, anche noi come loro abbiamo colpe, mancanze e debolezze; e soprattutto, in secondo luogo, ci rendiamo conto che ogni fratello è un figlio amatissimo di Dio, che Egli ha comprato a carissimo prezzo (la Croce) e che attende di riabbracciare: questa caratteristica fondamentale è ciò che distingue la carità cristiana dalla filantropia. «La parola solitudine può ingannare. Essa suggerisce l’idea di starsene da soli, in un luogo isolato. […] Ma in realtà la solitudine che conta è quella del cuore: si tratta di una qualità o di un atteggiamento interiore che non dipendono dall’isolamento fisico» (JM Nouwen). «L’uomo entra nella luce e nella vita non quando urla e pretende, ma quando tace e ascolta, quando riflette sull’opera di Dio e sulle sue colpe, quando soprattutto sa riconoscere il suo niente e il tutto di Dio. Allora, e solo allora, incomincia a vedere in Cristo la salvezza di Dio. La nostra salvezza sta nel conoscere Dio. è Lui che illumina la nostra vita; è Lui che perdona, cura e guarisce; è Lui che libera e salva» (Luigi Bracco, Breviario di vita interiore) . «Senza la solitudine è praticamente impossibile vivere una vita spirituale. La solitudine comincia dedicando un tempo e uno spazio a Dio, e a Lui solo. Se crediamo veramente non solo che Dio esiste ma anche che egli è attivamente presente nella nostra vita — come medico, maestro e guida — abbiamo bisogno di creare un tempo e un luogo per rivolgere la nostra attenzione unicamente a Lui. Gesù dice: “entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto” (Matteo 6,6). È importante che alla fine i nostri cuori diventino delle dimore tranquille dove Dio possa abitare, dovunque andiamo e qualunque cosa facciamo. Più ci alleniamo a passare del tempo in solitudine con Dio, più scopriremo che Dio è con noi sempre e in ogni luogo. Allora saremo capaci di riconoscere la sua presenza anche nel bel mezzo delle nostre occupazioni e attività. Nel momento in cui la solitudine delimitata dal tempo e dallo spazio diventa solitudine nel cuore, non avremo più bi15


sogno di appartarci: saremo in grado di vivere la vita spirituale in ogni luogo e in ogni momento. Perciò la disciplina della solitudine ci rende capaci di vivere attivamente nel mondo, pur rimanendo sempre alla presenza del Dio vivente» (JM Nouwen).

9 PREGHIERA E COMUNIONE CON GLI ALTRI «La disciplina della solitudine non si regge da sola ed è intimamente connessa con la disciplina della comunione. La comunione intesa come disciplina è lo sforzo di creare uno spazio libero e vuoto tra le persone, dove possiamo praticare insieme la vera obbedienza. Attraverso la disciplina della comunione noi evitiamo di aggrapparci l’uno all’altro per paura e solitudine e liberiamo uno spazio per rimanere in ascolto della voce liberante di Dio. Può suonare strano che si parli della comunione come di una disciplina, ma senza disciplina la comunione diventa una parola “amabile”, che richiama una realtà sicura, familiare ed esclusiva piuttosto che uno spazio in cui si può ricevere una vita nuova e portarla alla sua pienezza. «Se siamo riusciti a discernere lo Spirito vivificante di Dio al centro della nostra solitudine e dunque siamo stati capaci di affermare la nostra vera identità, possiamo anche riconoscere quello stesso Spirito vivificante che ci parla attraverso il nostro prossimo. […] La comunione ha poco a che fare con la reciproca compatibilità. Un’uguale educazione, il temperamento o l’appartenenza a una determinata condizione sociale possono tenerci insieme, ma non costituiranno mai il fondamento della comunione. La comunione ha il suo fondamento in Dio che ci chiama all’unità e non nell’attrazione reciproca delle persone» (JM Nouwen). Un importante insegnamento: per la comunione con i fratelli non sono necessarie le parole.

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DIFFICOLTÀ E IMPEDIMENTI ALLA PREGHIERA SILENZIOSA

- Specialmente all’inizio, durante i primi giorni o le prime settimane, «potremmo avvertire la sensazione che stiamo semplicemente perdendo tempo», oppure proviamo un tale disagio nello stare soli e in silenzio che «siamo costantemente tentati di scappare. Una via di fuga è sognare ad occhi aperti o semplicemente addormentarsi» . - Stare in silenzio e in solitudine ci mette faccia a faccia con i nostri drammi personali: per questo esso ci spaventa e vorremmo evitarlo. Anzi, spesso le distrazioni esterne e la cosiddetta “mancanza di tempo” non sono che scusanti per guardare in faccia i nostri problemi interni, le nostre preoccupazioni, le nostre ferite, e anche, i “conti in sospeso” che pensiamo di avere con Dio! «Non appena rimaniamo soli, senza altre persone con le quali parlare, senza libri da leggere o televisione da guardare e senza telefonate da fare, in noi subentra il caos […]. Dopo esserci liberati delle distrazioni esterne, spesso ci capita che le nostre distrazioni interiori [i nostri dubbi più reconditi, le nostre ansie, le paure, i brutti ricordi, i conflitti irrisolti, le rabbie i desideri impulsivi] si facciano presenti con tutta la loro forza. […] Non deve sorprendere se troviamo difficile rimanere soli. Il porci di fronte ai nostri conflitti interiori può rivelarsi troppo doloroso e insopportabile per noi» . - Un’altra difficoltà è dovuta al fatto che siamo inquieti, abbiamo tante difficoltà quotidiane e vorremmo subito delle risposte da Dio, anziché provare a porci delle domande diverse. «Una persona isolata (cioè che si sente sola, abbandonata dagli altri) non ha tempo interiore, né tranquillità interiore per aspettare e per ascoltare. Essa vuole le risposte e le vuole subito » . È nel silenzio consapevole alla presenza di Dio che invece si può prestare attenzione alla parte più profonda di sé. Essa è il luogo dell’incontro con Dio. Nouwen (citato in questi capitoli) specifica che ciò non nulla a che fare e non debba essere confuso con l’egocentrismo o con una introspezione malsana.

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CONSIGLI PRATICI Ecco un consiglio pratico e importantissimo per il principiante che vuole raggiungere la vera preghiera: Ogni giorno crearsi un angolo di tempo per Dio, una quarto d’ora in cui, abolendo le formule, ci si cala nel problema principale della giornata, chiedendo con schiettezza a Dio: “Signore, cosa vuoi da me tramite questo problema? Cosa vuoi dirmi o insegnarmi? Sei contento del mio comportamento? In cosa sto sbagliando? Parla Signore, il tuo servo ti ascolta. Abbi pietà di me che sono un peccatore”. Gli elementi fondamentali da tenere presente in questi 10-15 minuti sono: la riflessione sulla situazione, la decisione concreta, e l’implorazione a Dio affinché Egli ci doni la forza e la grazia per portare a compimento la decisione presa. Trascorrere un quarto d’ora al giorno così allena ad entrare in uno stile di preghiera completamente nuovo, che ci introduce a un rapporto diretto e interiore con Dio. Non è difficile, richiede solo costanza e buona volontà. J.M. Nouwen ci dà altre indicazioni pratiche: 1) «È un grande vantaggio disporre di una camera o di un angolo di una camera riservato per la disciplina della solitudine. Un luogo di questo tipo, già “pronto”, ci aiuta a disporci a cercare il regno senza dover perdere tempo nei preliminari. Alcuni preferiscono decorare questo luogo con un’icona, una candela o semplicemente una pianta. L’importante è che il luogo destinato alla solitudine rimanga uno spazio semplice, quasi senza arredi». 2) Silenzio. «il nostro momento di solitudine e silenzio deve essere quello in cui vogliamo stare alla presenza del Signore proprio a mani vuote, nudi, vulnerabili, come il povero e il misero spesso citati nei salmi. 3) Cosa fare se ci sono tante distrazioni? «Dobbiamo prestare attenzione alle parole della Scrittura: un salmo, una parabola, un racconto biblico, un detto di Gesù o un brano di Paolo, di Pietro, Giacomo, 18


Giuda o Giovanni possono aiutarci a concentrare la nostra attenzione sulla presenza di Dio. […] Queste parole possono costituire il punto sul quale torneremo dopo che la nostra mente avrà vagato in direzioni diverse», sono come un’«ancora di salvezza in un mare in tempesta». 4) «Alla fine di questo lasso di tempo trascorso in silenzio in compagnia di Dio, possiamo - attraverso una preghiera d’intercessione - chiamare davanti alla sua presenza salvifica tutte le persone che sono parte della nostra vita, siano esse amiche o nemiche. E perché non concludere con le parole che Gesù stesso ci ha insegnato: il Padre nostro?». 5) «È meglio dedicare alla solitudine dieci minuti al giorno piuttosto che un’ora una volta ogni tanto. La semplicità e la regolarità sono le guide migliori nell’aiutarci a trovare il nostro modo personale, e ci permettono di arrivare a vivere la disciplina della solitudine come un aspetto essenziale della vita quotidiana, alla stessa stregua del mangiare e dormire». «Non prenderemo sul serio la vita spirituale finché non riserveremo un po’ di tempo per restare con Dio e ascoltarlo», e per fare ciò forse sarà necessario scriverlo ogni giorno sulla nostra agenda e riuscire a dire ai nostri amici, ai vicini, ai clienti: «Mi dispiace, a quell’ora ho già un altro impegno che non posso spostare» (Nouwen, Invito alla vita spirituale).

Opuscolo non commerciabile realizzato a scopo didattico e divulgativo, a gloria di Dio e per la salvezza della anime.

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LA PREGHIERA “Per me pregare significa mettersi in rapporto. Io non ero credente; un bel giorno, scoprii Dio ed egli mi apparve improvvisamente come valore supremo e pienezza di vita, ma al tempo stesso come persona. Credo che la preghiera non possa dire assolutamente nulla a chi non ritiene di avere un Tu al quale indirizzare la propria lode. Non si può insegnare a pregare a una persona che non avverte la presenza del Dio vivente; si può insegnarle a far finta di credere ma non sarà certo la finzione a costituire quell’atteggiamento spontaneo che è la vera preghiera” (Anthony Bloom, La preghiera giorno dopo giorno)

I Semini: piccoli semi per il cammino spirituale, riscoprendo la bellezza della spiritualità cattolica

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