I Semini 02: Le tre età della vita spirituale

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le tre Età della Vita Spirituale 02 I SEMINI

Testi Reginaldutilizzati:Garrigou-Lagrange o.p., Le tre età della vita interiore, VivereIn Reginald Garrigou-Lagrange o.p., Le tre età della vita spirituale, Fede & Cultura André Louf, Sotto la guida dello Spirito p. Ildebrando Santangelo, Le tre età della vita dell’uomo Rodolfo (Raoul) Plus s.j., Come pregare sempre San Giovanni della Croce, Notte oscura Lallemant s.j., Doctrine Spirituelle Dom. Chautard, L’anima di ogni apostolato

G-LG-Lsigla:#1#2A.LoufI.S.R.PlusG.C.D.Ch.

È evidente che per essere un santo non è indispensabile aver ricevuto una cultura intellettuale, e spiegare una grande attività interiore; basta vivere profondamente di Dio. […] “Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?” (Mt 16,26 CEI 1974). Se sacrifichiamo tante cose per salvare la vita del corpo, che dopotutto dovrà morire, come non dobbiamo essere pronti a tutto sacrificare per salvare la vita dell’anima destinata a durare in eterno? E non deve l’uomo amare la propria anima più del suo corpo? Una sola cosa è necessaria, ascoltare la parola di Dio e viverla per salvare l’anima propria. È questa la parte migliore che non può essere tolta all’anima fedele». (R. Garrigou-Lagrange)

I SEMINI n. 02

«La vita interiore del giusto che tende a Dio, e che già vive di Lui, è veramente l’unica cosa necessaria (Lc 10,42).

La difficoltà può derivare in parte dal fatto che la maggior parte di noi è stata battezzata nell’infanzia e quindi abbiamo ricevuto la fede fin da piccoli. Noi proclamiamo che nel battesimo abbiamo ricevuto il dono della fede, di conseguenza siamo portati a credere che, a partire dal nostro battesimo, apparteniamo una volta per tutte alla categoria dei credenti. Questo è vero, ma solo in una certa misura. La fede ricevuta nel battesimo costituisce solo un inizio e non può, in nessun modo, dispensarci da un incontro personale con Gesù. Quando, ancora bambini, fummo battezzati, questo avvenne grazie alla fede della Chiesa, rappresentata dai nostri genitori e da padrino e madrina. Costoro si impegnarono a sostenere la fede che veniva donata, ma che era ancora inconscia, nel bambino, e ad accompagnarne lo sviluppo fino a un au tentico incontro di fede con Gesù. Senza questo impegno dei genitori, del padrino e della madrina, la chiesa non permetterebbe mai di am 1

UN SEME DA FAR CRESCERE

«La vita interiore del cristiano presuppone lo stato di grazia che è contrario allo stato di peccato mortale. […] Ogni anima si trova o in stato di grazia o in quello di colpa mortale: in altri termini, o è rivolta a Dio, ultimo fine soprannaturale, o ha deviato da Lui. Non vi è uomo che si trovi in uno stato puramente “naturale”, essendo tutti chiamati al fine soprannaturale, che consiste nella conoscenza immediata di Dio e nell’amore che ne risulta» (G-L #1).

1 NEL BATTESIMO CI È STATO DONATO

«Quando parliamo della fede, pensiamo spontaneamente alle verità della fede. Una simile associazione orienta il concetto della fede in una direzione intellettualista e in parte già lo blocca. [...] Una simile espressione didattica della fede ha ovviamente molta importanza, ed è bene che sia oggetto di estrema cura; ma è altrettanto importante che l’accento venga posto sulla differenza fondamentale tra la fede e un ma nuale, pur realizzato in modo esemplare. Posso benissimo sapere molto a proposito della fede, e anche condividere molto questa conoscenza con altri, senza mai compiere il passo decisivo della fede, che implica sempre un abbandono esistenziale a Gesù.

2 ministrare il battesimo a dei bambini piccoli: questo perché, senza ca techesi, la fede del piccolo battezzato continuerebbe a sonnecchiare nel cuore a tempo indefinito e finirebbe per soffocare.

[...]La fede non è solamente, o perlomeno innanzitutto, consenso ad alcune verità di fede riguardanti Gesù, bensì accettazione di Gesù stesso, con tutta la potenza che ha ricevuto dal Padre, il che include una rinuncia totale alla nostra persona in suo favore. Perciò l’importante non è solo che crediamo qualcosa riguardo a Dio – per esempio, che esiste – bensì che noi crediamo in Dio, o meglio verso Dio. La nostra fede è un movimento verso Dio, una fede che ci scuote e ci trascina, una fede che è esodo da se stessi e immissione in Dio. Una fede simile costituisce uno sconvolgimento radicale: l’uomo è invitato a uscire da se stesso, impara a dimenticarsi e ad abbandonarsi per lasciarsi raggiungere dal la Parola viva e onnipresente di Dio, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Una di queste è che, in virtù della fede, riceviamo la potenza stessa di Dio. La fede infatti non è solo il cammino per il quale posso aderire a Dio e raggiungerlo, è anche la via che Dio apre alla sua potenza e alla sua forza per operare meraviglie in tutto il mondo» (A. Louf).

Ci potremmo naturalmente chiedere se una simile fede inconscia non continui a sonnecchiare a lungo anche in molti cristiani adulti, a cau sa del fatto che nessuno ha aiutato lo sviluppo della grazia ricevuta o che l’aiuto prestato era così estraneo alla grazia che i suoi frutti sono a malapena visibili. In molti casi, non si fa altro che aggiungere a questa fede inconscia un sistema di verità puramente intellettuale, mentre sul piano dell’agire concreto ci si limita a trasmettere alcuni principi di buona educazione, chiamati morale. Ma solo raramente si è insegnato come confrontarsi concretamente con questa fede ricevuta, come essere attenti alla vita della grazia in noi e come vivere e amare in sintonia con questa vita. Allora, quando verrà anche per noi il momento di tra smettere questa fede ai più giovani, ne saremo assolutamente incapaci. Chi non ha mai scoperto il cammino della grazia in se stesso, non potrà neanche mai insegnarlo ai propri figli. A sua volta si accontenterà di trasmettere un insieme più o meno corretto di verità sulla fede, e nel contempo si sforzerà di dare l’esempio di una vita leale e irreprensibile, ma in cui la grazia ha pochissimo a che fare.

Convertimini ad me... Volgetevi a me e sarete salvi (Is 45,22)

I santi e gli autori di spiritualità cattolica ci insegnano che, così come la vita biologica, anche la vita spirituale attraversa diverse età o fasi, ognuna delle quali, a sua volta, suddivisa in gradi a seconda che la vita spirituale sia vissuta con minore o maggiore fervore. Il passaggio da un’età all’altra è segnato da una crisi (quelle che San Giovanni della Cro ce chiama “notti”), accompagnata da aridità prolungata. Il passaggio da una fase o età all’altra costituisce come una nuova conversione. Il superamento di questi momenti di prova segna l’entrata in una fase più profonda di vita spirituale e di comunione con Dio; mentre il fallimen to, o la non volontà di migliorarsi spiritualmente, fa sì che il battezzato diventi un’anima ritardataria.

CONVERSIONE: La parola latina conversio significa “volgersi verso qualcuno o qualcosa”, “cambiare direzione o strada”. Il termine greco utilizzato, metànoia , significa “profondo mutamento nel modo di pensare, di sentire, di giudicare le cose”. «Nel Nuovo Testamento, il termine indica il totale capovolgimento che si deve operare in chi aderisce al messaggio di Cristo nel modo di considerare i valori etici, culturali, politici e sociali correnti (e le beatitudini evangeliche sono l’espressione della metanoia cristiana)» (Treccani) .

3 FAR CRESCERE L’UOMO NUOVO

Dovere del cristiano è dunque far crescere dentro sé quel seme della vita di grazia che gli è stato donato al momento del Battesimo; un “orga nismo spirituale” che ha bisogno di nutrirsi, per crescere e trasformarsi in adulto. In altre parole, dobbiamo far crescere “l’uomo nuovo” rinato dallo Spirito di Dio dentro di noi, facendo morire al contempo “l’uomo vecchio”, il nostro ego che si trova ancora sotto la schiavitù dello spirito del mondo e delle passioni, secondo le parole di San Paolo, che ci dice:Siete cristiani? In quanto tali siete chiamati ad “abbandonare, con la sua condotta di prima, l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, a rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità” (Ef 4, 22-24). La vita interiore, così espressa, riprende vari concetti chiave già espressi nei Vangeli (vedasi le tre conversioni degli apostoli, p. 15). 2

4 PRIMA ETÀ SPIRITUALE SECONDA ETÀ SPIRITUALE TERZA ETÀ SPIRITUALE generosa (anime ferventi) debole (anime tiepide o ritardatarie, non senza ricadute) straordinaria (es. visioni, rivelazioni, ecc.)straordinariadeboleordinariapiena (es. visioni della SS. Trinità) deboleordinariapiena(unione poco continua, spesso interrotta) forma nettamente contemplativa forma attiva (es. San Vincenzo de Paoli) forma puramente contemplativa forma apostolica II TRANSIZIONE : purificazione passiva (“notte”) dei sensi (seconda conversione) più o meno ben sopportata III TRANSIZIONE : purificazione passiva (“notte”) dello spirito (terza conversione) più o meno ben sopportata I TRANSIZIONE : Prima Conversione o giustificazione 2) Via vitailluminativainteriore progredientioproficienti 2) Via unitiva vita mistica (santità)perfetti 1) Via purgativa vita (purificazione)ascetica incipienti principiantio (1a e 2a mansione di S. Teresa*) (3a e 4a mansione di S. Teresa*) (5a, 6a e 7a mansione di S. Teresa*) * Santa Teresa d’Avila, Il Castello interiore { { { {{ LE TRE ETÀ: UN CAMMINO SPIRITUALE (La tabella si legge dal basso verso l’alto)

Se avviene in età adulta, essa spesso è preceduta da un momento di necessità, di problemi di salute, lavoro, famiglia; da un lutto; oppure da uno “shock carismatico”(A.Louf).

LA PRIMA CONVERSIONE E LA PRIMA ETÀ

La prima conversione. «La prima conversione è il passaggio dallo stato di peccato allo stato di grazia, sia mediante il Battesimo, sia me diante la contrizione e l’assoluzione, se l’innocenza battesimale non è stata conservata. [...] Dopo questa prima conversione, l’anima in stato di grazia, se non cade nuovamente o se perlomeno non tarda a rialzarsi per andare avanti, si trova nella via purgativa degli incipienti» (G-L #2).

Prima età: purgativa o dei principianti (o incipienti). Purifica zione attiva dei sensi. «Il dovere principale dei principianti è quella di evitare il peccato, e vigilare su se stessi per non tornare alle vie che si sono appena abbandonate ma che, in questa fase, esercitano ancora una forte attrattiva» (G-L #1). Il principiante ha una conoscenza ancora su perficiale della propria interiorità e ha ancora un certo amor proprio. La conoscenza di Dio è ancora molto dipendente dalle cose “sensibili”: ad esempio, guardando la natura, le statue dei santi, cercando segni tangibili, luoghi di apparizioni, ecc.; del Vangelo comprende soprattutto le parabole. L’amore di Dio si manifesta nella lotta per sfuggire al peccato. «Molti, tuttavia, trascurano praticamente la mortificazione, che sarebbe assai necessaria, e sono simili a un individuo che pretendesse incominciare l’ascensione di una montagna a mezza costa, e non già dai piedi della montagna stessa. Salgono allora con l’immaginazione, ma non in realtà...» (ibid.). Il padre Ildebrando Santangelo descrive così questa prima età: - «L’amore di Dio c’è realmente nell’anima, tuttavia si ama Dio più per la nostra felicità che per sua gloria, per la sua santità. Si prega, si osservano i comandamenti di Dio e si fa il bene per venire ricompensati col paradiso. Non c’è nessun peccato nel desiderare principalmente la propria felicità nel servizio di Dio, però tale intento è indice di essere ancora al primo stadio della vita spirituale. - La preghiera è piuttosto ristretta ed egoista. Si prega sì e no la mat3

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- Non si mette troppa cura ad impiegare bene il tempo; molto se ne perde con facilità, quasi tutto lo si impiega per fini umani: il guadagno, la carriera, le convenienze, ecc.

I doveri verso Dio costituiscono la religione, cioè il legame con Dio. Essi sono espressi dal 1° comandamento, che impone la fede in Dio e nella sua rivelazione e la preghiera, dal 2° comandamento, che impone il rispetto del nome di Dio e dei suoi santi; dal 3° comandamento, che impone l’obbligo del riposo e della Messa nelle domeniche e nelle feste, della confessione e del precetto pasquale, come più indicano i 5 precetti generali della Chiesa.

- Riguardo l’obbedienza, in questa prima età si osservano i dieci co mandamenti, i cinque precetti della Chiesa, i doveri del proprio stato e si diviene così buoni cristiani, figli di Dio ed eredi del Paradiso. Si è con sapevoli che la legge di Dio (cioè amore e giustizia) impone dei doveri verso Dio, verso noi stessi e verso il prossimo.

I doveri verso noi stessi costituiscono la pazienza e la purezza. Essi sono espressi dal 5° comandamento, che vieta il suicidio e la disperazione, dal 6°, che vieta gli atti impuri, e dal 9° che vieta i cattivi pensieri.

I doveri verso il prossimo costituiscono la carità e lo zelo e sono espressi dal 5° comandamento, che vieta l’omicidio, le risse, l’odio, lo scandalo, dal 7°, che vieta di danneggiare il prossimo nella roba e nell’onore, dal 9° e dal 10° che vietano di desiderare la persona o la roba di altri.» (I.S.)

6 tina e la sera; si dice spesso il rosario, si va a Messa la domenica e, alle volte, anche durante la settimana. Qualche volta si comincia a pregare moltissimo e ad accostarsi anche giornalmente alla comunione; tuttavia non è l’amore che spinge ma o un moto passeggero [infervoramento] oppure il bisogno, cioè qualche grazia da ottenere. Si prega più che altro solo per i propri familiari e conoscenti e quasi sempre si domandano solo grazie temporali.

- Si cercano molto volentieri i divertimenti ed i piaceri leciti, ma si bada ad evitare quelli gravemente disonesti, anzi li si condanna e si evita il peccato mortale: il buon cristiano ha timore del peccato mortale, perché non vuol offendere Dio e perché teme i castighi eterni.

L’ARIDITÀ E LA SECONDA CONVERSIONE

Altre volte capita, invece, che il principiante «riceva delle consolazioni sensibili nella preghiera o quando riflette sulle cose divine[…]. Gli autori spirituali parlano di questo come di latte della consolazione, ricordando San Paolo (1Cor 3,2). Il rischio è che queste anime se ne compiacciano troppo, cominciando allora a cercare le consolazioni sensibili come fine, anziché cercare Dio in se stesso» (ibid.) A volte capita anche che credano di essere state favorite con grazie mistiche particolari (“doni”) o di missioni particolari. Per correggere l’anima, Dio allora la priva di ogni consolazione sensibile, facendole attraversare un periodo di aridità prolungata. È questa la purificazione passiva dei sensi, “passiva” perché non operata da noi, ma da Dio. Questo periodo di pro va è chiamato da San Giovanni della Croce la “notte dei sensi”. «La desolazione (o aridità) costituisce la grossa pietra d’inciampo per la maggior parte di quei fedeli che non sanno che questo è un mezzo che Dio adotta ordinariamente per fare progredire le anime nella santità. Agli inizi, di solito, le anime vengono colmate di consolazioni e favori spirituali: facilità nel pregare, fervore, continuo desiderio di conversare con Lui... Ma, a un tratto, tutto cambia: le attrattive si spengono e, dopo uno splendido sole, cala la notte. Qui il Signore attende le anime al var co. La maggior parte di esse abbandonano e si allontanano appena non trovano più nelle preghiere le consolazioni divine; forse perché non se guivano Dio per amore, ma per godere dei suoi favori; forse perché non sanno che questo è un passaggio obbligato nel cammino di fede; taluni pensano di essere stati abbandonati da Dio... Dunque, cosa accade? Per4

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«La liturgia parla periodicamente della necessità di convertirsi, anche a coloro che già vivono cristianamente, ma in modo ancora troppo imperfetto. Gli autori spirituali hanno anche molto spesso parlato della seconda conversione, necessaria per il cristiano che, dopo avere già seriamente pensato alla propria salvezza ed essersi sforzato per camminare nella via di Dio, inizia a ricadere secondo l’inclinazione della propria natura in una certa tiepidezza, facendo pensare a una pianta che è stata innestata e che tende a ritornare allo stato selvatico» (G-L #1).

8 ché questo passaggio? Essenzialmente, il Signore vuole che si badi non a ciò che Egli concede, bensì a ciò che Egli è. Al momento giusto Egli ritira le consolazioni sensibili e abbandona l’anima alle risorse della pura fede, per vedere se l’anima continuerà a cercarlo. Dio vuole essere amato per se stesso; quindi presto o tardi, a un certo punto del cammino di fede, ritrae tutto il sensibile affinché l’anima si trovi sola con Lui solo. Vuole che ci si renda conto che Egli vuole essere cercato e amato per amore, non per “convenienza”, per poter avere dei favori da Lui. Ecco la ragio ne di quelle strane purificazioni, attive e passive (“notte dei sensi, notte dello spirito”), per le quali il Signore fa passare le sue anime» (R.Plus). Se l’anima riesce a superare questa fase con successo, essa entra nella seconda età spirituale, quella illuminativa. Se invece l’anima si blocca in una condizione ristagnante e non avanza più nel cammino di fede, essa diventa un’anima ritardataria. Possiamo dire che l’aridità spirituale è inviata da Dio come correzione per uno o più dei seguenti motivi: - presunzione, amor proprio ricerca di consolazioni sensibili e “segni” rifiutarsi di fare delle rinunce - rifiutarsi di voler cambiare, di convertirsi davvero - attaccamento ai piaceri mondani N.B. Differenze tra tiepidezza e aridità. San Giovanni della Croce nota che il tiepido «non ha alcuna sollecitudine interiore per le cose di vine, è rilassato nella volontà e nell’intelletto e non si cura di servire Dio; le distrazioni vengono ben accolte e invadono il campo della preghiera; l’esame di coscienza soppresso perché divenuto noioso; non si rende più conto delle proprie colpe e discende sempre più la china» (si veda anche riguardo la pigrizia spirituale, pag. 16). Nella purificazione passiva dei sensi, invece, l’anima si mantiene fedele, e il Dottore individua i seguen ti caratteri distintivi: 1) Aridità sensibile, nessuna consolazione né nelle cose di Dio, né in quelle create; lacrime di vera contrizione; 2) grande desiderio di servire Dio, sete della giustizia e timore del peccato; resistenza alle tentazioni; 3) grande difficoltà a pregare in modo discorsivo, attrazione verso il semplice sguardo affettivo verso Dio.

Ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo pro durre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti li riconoscerete.(Mt7,17-20)

la purificazione dai peccati L’ALBERO CATTIVO: I VIZI DA ESTIRPARE 9 ConcupiscenzaConcupiscenzaEGOISMOdegliocchidellacarneAVARIZIA ACCIDIA VANAGLORIA IRA INVIDIA GOLA LUSSURIA verso prossimoil seversostessi frode durezza furbizia dispute odio gioia del male altrui e tristezza dei suoi bestemmieingiurieiattanzadisobbedienzamaldicenzasuccessipertinaciaipocrisiadiscordiacalunniamaliziascoraggiamentopusillanimitàtorporespiritualedimenticanzadeiprecettiricercadellecoseproibiterancorebuffonateperturbazioniimpuritàprecipitazioneincostanzasconsideratezzaamorediséstupiditàmenzognespergiuri INDURIMENTODELCUORE VERSOODIODIO DISPERAZIONE ACCECAMENTODISPREZZODIDIODELLOSPIRITO CONCUPISCENZECattivoterrenoORGOGLIO

«La vita illuminativa è diretta a coltivare le virtù, e in particolare si lascia guidare dalle virtù teologali di fede e speranza, ma anche da una carità imperfetta, in opposizione e ponendosi a un livello superiore rispetto ai vizi contrari» (G-L #1). Nasce la consapevolezza della presenza qui e adesso di Dio nei Sacramenti (in particolare nell’Eucaristia), nella sua Parola e nel profondo della propria anima. La preghiera diventa più profonda e comincia davvero a diventare “dialogo” ed “elevazione dell’anima verso Dio”. «Nella seconda età spirituale si ama Dio per se stesso ed anche per noi. Lo si ama, cioè, per essere felici in Lui e con Lui. Comincia l’amo re perfetto verso Dio; si inizia a cercare decisamente di piacergli, dargli gloria, e a desiderare il Paradiso per quello che veramente è: l’amore e il godimento eterno di Dio nella comunione della Santissima Trinità. [...] Si comincia a capire che noi siamo proprio nulla, anzi peggio del nulla, perché il nulla non pecca, mentre noi pecchiamo. Ci andiamo accorgendo quanto siamo deboli, quanto facilmente cadiamo in peccato, andiamo sempre più scorgendo in noi rigurgiti di tentazioni, irritazioni, insincerità, mancanze di carità e di retta intenzione, superbia, ecc.[...] In ogni caso ci fanno constatare quale abisso di miseria siamo e ci fanno sinceramente dispiacere quando altri manifestano un più alto concetto di noi» (I.S.).

Superare con successo la fase di purificazione passiva dei sensi segna l’entrata nell’età illuminativa dei progredienti (o proficienti).

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«I frutti di questa seconda conversione sono un inizio di contemplazione tramite la progressiva intelligenza del grande mistero della Croce o della Redenzione, del valore infinito del sangue del Salvatore sparso per noi. Insieme a questa contemplazione nascente vi è un’unio ne a Dio più distaccata dalle fluttuazioni della sensibilità, più pura, più forte, più continua. Di conseguenza c’è, se non la gioia, perlomeno la pace che si instaura a poco a poco nell’anima anche in mezzo alle avversità. È questa convinzione, non più solamente astratta, teorica, ma concreta e vissuta, che nel governo di Dio tutto è ordinato alla manifestazione della sua bontà. [...]Questa generosità è ricompensata non 5

LA SECONDA ETÀ SPIRITUALE

Per l’anima dei principianti, partecipare alla Messa è fonte di purificazione. Dobbiamo ora trattare del sacrificio della Messa nella via illu minativa dei proficienti. Garrigou-Lagrange ci ricorda che «L’eccellenza del sacrificio della Messa viene dall’essere esso in sostanza lo stesso sacrificio di quello della Croce, perché è lo stesso sacerdote principale (Cristo) che continua attualmente ad offrire se stesso per mezzo dei suoi ministri, ed è la stessa vittima realmente presente sull’altare che è real mente offerta. Cambia solo la maniera di offrire. Mentre sulla croce vi fu una immolazione cruenta, nella Messa vi è un’immolazione non più fisica ma sacramentale del corpo e del sangue del Salvatore, in virtù della duplice consacrazione. [...]Questa dottrina del sacrificio della Messa può essere approfondita sia in modo astratto e speculativo che in modo concreto e vissuto, unendoci all’oblazione del Salvatore in modo perso nale. I proficienti debbono quindi vivere sempre più dei quattro fini del sacrificio: adorazione, riparazione, supplica, ringraziamento. E per farlo nel modo più profondo, conviene che il proficiente offra, in unio6 «Non bisogna desiderare le consolazioni di Dio, bensì il Dio delle consolazioni... Perché la fede non è un “sentimento”. Oggi è molto diffusa una “sentimentalizzazione” della fede. Non è più la verità che garantisce l’esperienza, bensì il contrario: è l’esperienza che deve garantire la verità. Si cercano, nella fede, consolazioni e stati di entusiasmo. Dimenticando che non vanno amate le consolazioni di Dio, quanto il Dio delle consolazioni. Indipen dentemente da quello che si “sente”, bisogna amare Dio con tutto se stessi. Questa è la vera fede» ( i tre sentieri)

11 più da consolazioni sensibili, ma da una maggiore abbondanza di luce nella contemplazione e nell’apostolato, con vivi desideri della gloria di Dio e della salvezza delle anime, con una maggiore facilità a pregare. Non è raro che si trovi qui l’orazione di quiete, nella quale la volontà è presa per un momento dall’attrazione di Dio. In questo periodo c’è anche una grande facilità nell’agire al servizio di Dio, nell’insegnare, or ganizzare opere, ecc.» (G-L #2).

LA SANTA MESSA E I PROFICIENTI

Con queste parole divine Gesù aveva risposto a Satana che gli diceva: «Ti darò tutti i regni della terra se prostrato davanti a me mi adorerai».

L’adorazione è dovuta a Dio solo a motivo della sua sovrana eccellenza di Creatore, perché Lui solo è l’Essere stesso, eternamente sussistente, la stessa Sapienza, l’Amore stesso» (ibid.).

2) Riparazione. «Un secondo fine del sacrificio è la riparazione dell’offesa fatta a Dio dal peccato e la soddisfazione per la pena dovuta al peccato [sacrificio di propiziazione]. L’adorazione dev’essere, propria mente parlando, adorazione riparatrice. Nostro Signore ha soddisfatto in modo sovrabbondante per le nostre colpe… [la sua riparazione] aveva un valore infinito perché scaturiva dalla personalità del Verbo. Ha soddisfatto per noi, che siamo le membra del suo corpo mistico. Ma poiché la causa prima non rende inutili le cause seconde, il sacrificio del Salvatore non rende inutile il nostro, ma lo suscita e gli dà il suo valore. Maria ci ha dato l’esempio unendosi ai dolori del Figlio. […] Ancora più eroica del patriarca Abramo pronto ad immolare suo figlio Isacco, Ma ria offrendo il Figlio suo per la nostra salvezza lo vede realmente morire tra le più atroci sofferenze fisiche e morali. Non intervenne un angelo ad arrestare l’immolazione (cfr. Gen 22,12); Maria vide effettuarsi pienamente il sacrificio di riparazione di Gesù, di cui quello d’Isacco non era che una figura abbozzata. [...] Essa soffrì: a causa del suo amore per Dio che il peccato offendeva; per suo Figlio, che il peccato crocifiggeva; e per le anime nostre, che il peccato devasta e fa morire» (ibid.).

12 ne con nostro Signore, quanto può capitargli durante il giorno e quanto gli capiterà di penoso nella sua vita sino alla morte».

1) Adorazione. «Gesù sulla Croce ha fatto della sua morte un sacri ficio di adorazione. Fu il compimento più perfetto del precetto del Decalogo: «Adorerai il Signore Dio tuo e non servirai che lui» (Dt 6, 13).

3) Supplica. Il sacrificio quotidiano deve essere anche un sacrificio impetratorio o di supplica, «in unione con Nostro Signore e con Maria. San Paolo scrisse: «Gesù avendo offerto con lacrime le sue suppliche... è stato esaudito a motivo della sua pietà e della sua obbedienza, ed egli salva tutti quelli che gli obbediscono» (Eb 5,7). Gesù, che ha pregato per i suoi carnefici, prega per i morenti che si raccomandano a lui. Insieme a lui intercede anche la SS. Vergine, ricordandosi che spesso le abbia

13 mo detto: «Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi, poveri peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte». Il morente deve unirsi alle Messe che si celebrano in quel momento presso di lui o lontano da lui; deve chiedere per il valore di esse e della grande preghiera del Cristo che con tinua in esse, la grazia della buona morte ossia della perseveranza finale, la grazia delle grazie. E sarà bene che la domandi non solo per sé ma per tutti quelli che muoiono. […]» (ibid.). Per tale motivo sarebbe bene far celebrare alcune Messe per parenti, e conoscenti e per tutti i peccatori lontani da Dio, affinché ottengano almeno la grazia del pentimento e della salvezza in punto di morte.

LA TERZA CONVERSIONE E L’ETÀ UNITIVA DEI PERFETTI Questa terza conversione, preceduta da un periodo di prova che San Giovanni della Croce chiama “notte dello spirito”, è la porta verso 7

4) Ringraziamento. Infine, «Ognuno deve prepararsi ogni giorno a fare, in unione con Nostro Signore e Maria Santissima, un sacrificio di ringraziamento per tutti i benefici ricevuti dopo il battesimo, pensando a tante assoluzioni e Comunioni che ci hanno rimesso o conservati nella via della salvezza. […] Questa forma di preghiera, che continua nella Messa, non cesserà nemmeno quando sarà stata detta l’ultima Messa alla fine del mondo: quando non vi sarà più un sacrificio propriamente detto vi sarà il suo compimento in cielo, ed in esso vi sarà sempre l’adorazione e il ringraziamento degli eletti che, uniti al Salvatore ed a Maria, canteranno il Sanctus con gli angeli e glorificheranno Dio ringraziandolo» .

«Per meglio comprendere la Messa, infine, conviene contemplare su come le sue diverse parti corrispondano all’amore che purifica (Confiteor, Introito, Kyrie, Gloria), all’amore che illumina e si offre (Col letta, Epistola, Vangelo, Credo, Offertorio), e all’amore che s’immola e si unisce a Dio (Consacrazione, Comunione, Ringraziamento). Questo ci ricorda le tre età della vita spirituale: la via purgativa dei principianti, la via illuminativa dei proficienti e la via unitiva dei perfetti. Sono le fasi normali dell’elevazione dell’anima verso Dio» (ibid.)

14 la terza età, quella unitiva dei perfetti, della santità. «In che cosa consi ste questa crisi? L’anima sembra allora come spogliata non più soltanto dalle consolazioni sensibili, ma dai suoi lumi sui misteri della salvezza, dai suoi ardenti desideri, dalla facilità ad agire, a insegnare, a predicare, nella quale si compiaceva con orgoglio segreto, preferendosi agli altri.

Questo è il tempo di una grande aridità non soltanto sensibile, ma an che spirituale. [...] A volte - come dice san Giovanni della Croce - nelle strette della purificazione, l’anima si sente ferita e punta da un forte amore. Si tratta di un ardore che si accende nello spirito, quando l’anima gravata dalle pene è assai vivamente ferita dall’amore divino. [...] Questa crisi, come la precedente, non è senza pericolo; essa richiede una grande magnanimità, vigilanza, una fede spesso eroica, la speranza contro ogni speranza, che si trasforma in abbandono perfetto» (G-L #1).

«Il perfetto pensa costantemente a Dio, alla sua gloria, alla salvezza delle anime, e tutto vi fa convergere come d’istinto. [...] Questi perfetti conoscono se stessi non più solo in sé, ma in Dio, loro principio e fine.

Queste anime conservano quasi sempre la pace anche in mezzo alle circostanze più penose e impreviste, e la comunicano molto spesso ai più tormentati. È quanto fa dire a sant’Agostino che la beatitudine dei pacifici corrisponde al dono di sapienza che, con la carità, domina in queste anime, il cui esempio eminente, dopo la santa anima di Cristo, è la Beata Vergine Maria» (ibid.).

[...] Il perfetto, pensando sempre a Dio, lo ama costantemente, non più solo fuggendo il peccato o imitando le virtù di nostro Signore, ma aderendo a Lui, godendo di Lui e, come dice san Paolo, desiderando di pati re per essere con Cristo. È il puro amore di Dio e delle anime in Dio, è lo zelo apostolico, più ardente che mai; ma umile, paziente e dolce. Questo è veramente amare Dio “con tutto il proprio cuore, tutta la propria ani ma, tutte le proprie forze e con tutta la propria mente”[...].

La Terza età spirituale è l’età unitiva o dei perfetti, il cui culmine è l’unione trasformante dell’anima. È l’età delle virtù eroiche e dell’a more totale per Dio; le sofferenze e le umiliazioni sono accettate con gioia (e a volte anche ricercate) pur di dare gloria a Dio e come offerta di espiazione per la salvezza della anime. Questa età è l’apice della vita spirituale sulla terra, quella vissuta dai Santi.

«Di fatto, Pietro cadde e rinnegò il suo Maestro persino giurando di non conoscerlo. Quando iniziò la sua seconda conversione? Subito dopo il suo triplice rinnegamento, come è riportato in san Luca (Lc 22,60-62).

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Tuttavia, vari episodi nei Vangeli ci mostrano come questa fede sia ancora immatura e terrena. È ancora necessario rinnovare cuore e men te in profondità. Nostro Signore stesso dice agli apostoli: “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3).

LE TRE CONVERSIONI NEGLI APOSTOLI La prima conversione: la chiamata di Gesù e la risposta: “Lasciarono tutto e lo seguirono”. «“Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù dicendo: ‘Signore, allontanati da me che sono un peccatore!”.[...] Il riconoscimento e la confessione del peccato obbliga en trambi a riconoscersi vinti. Non appena Pietro confessa il suo peccato, Gesù può agire e perdonare; non appena la ferita è scoperta, Gesù può esercitare la sua potenza guaritrice e, per così dire, ricostruire Pietro, ricrearlo: “D’ora in poi sarai pescatore di uomini”» (A. Louf).

La terza conversione: l’entrata nella terza età spirituale avvenne, per gli apostoli, quando ricevettero lo Spirito Santo il giorno di Pente8

La seconda conversione: avvenne, individualmente e modo di verso, per ciascuno apostolo durante la Passione di Cristo. Per Pietro, fu quando “si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente...” (Mt 26,75). è questo lo spirito contrito e affranto, la “fran tumazione del cuore” (come veniva chiamata dai Padri della Chiesa) di pietra che apre l’anima ad accogliere uno Spirito nuovo, un “cuore di carne” che sia davvero in grado di amare Dio per quel che Egli è.

[...] Successe anche per san Giovanni qualcosa di speciale, poco prima della morte di Gesù. Giovanni, come gli altri apostoli, aveva abbandona to nostro Signore... ma per mezzo di una fortissima e dolcissima grazia invisibile, Egli attirò il discepolo amato ai piedi della sua croce, e la se conda conversione di Giovanni ebbe luogo quando sentì le sette ultime parole del Salvatore che spirava» (G-L #1).

I motivi principali per cui tali anime sono poi giunte a uno stato di tiepidezza sono:

«Quando nostro Signore privò per sempre gli apostoli della vista della sua santa umanità, dovette essere per loro una grande sofferenza.[...] Durante la Passione, Gesù era ancora là; ora era sottratto ai loro sguardi ed essi si credettero totalmente privati di Lui. È in quella oscurità del lo spirito che furono preparati all’effusione di grazie della Pentecoste» (ibid.). Questa privazione fu la loro “notte dello spirito”.

Dopo l’effusione dello Spirito Santo, «gli apostoli furono illuminati e fortificati, e il loro influsso santificante trasformò i primi cristiani; fu uno slancio di fervore profondo nella Chiesa nascente. Prima di tutto gli apostoli furono molto più illuminati interiormente dallo Spirito Santo sul valore del sangue del Salvatore, sul mistero della Redenzione, che tutto l’Antico Testamento annunciava e che il Nuovo realizzava. Essi ricevettero la pienezza della contemplazione di questo mistero, che dovevano predicare agli uomini per salvarli» (ibid.).

16 coste. Ormai liberi dai timori nei confronti degli uomini possono adesso proclamare il Vangelo senza paura, e anzi, sono “lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù” (At 5,41). Tale forza dall’alto li porterà a un apostolato eroico e alla testimonianza coraggiosa di Cristo, fino al martirio, a gloria a Dio.

1. La pigrizia spirituale (accidia): «è una mala tristezza, un certo disgusto per le cose spirituali che porta a farle con negligenza o ad omet terle. [...] È una cattiva disposizione della volontà e della sensibilità ed il principio della tiepidezza. Mentre la vera devozione (cioè la prontezza della volontà nel servizio di Dio) eleva l’anima, la pigrizia spirituale l’ap9

LE ANIME RITARDATARIE Con la seconda conversione si passa dalla via purgativa dei prin cipianti alla vita illuminativa dei proficienti. Tuttavia, certe anime, a causa della loro negligenza o pigrizia spirituale, o per altri motivi, non effettuano questo passaggio. Tra queste anime ritardatarie, molte un tempo hanno servito Dio con fedeltà; ora si trovano in uno stato vicino all’indifferenza.

I nostri piccoli atti buoni, con la loro ripetizione, gene rano una buona abitudine, una virtù acquisita e, con l’aiuto della grazia divina, essa si accresce sempre più. La trascuratezza delle piccole cose nel servizio di Dio conduce ben presto alla negligenza delle grandi. «Ad esempio, conduce un’anima sacerdotale o religiosa a dire l’Ufficio senza vera pietà, a non fare quasi nessuna preparazione alla S. Messa, a dirla con precipitazione o senza l’attenzione voluta, in modo che poco a poco sparisce ogni pietà personale, per fare posto a una pietà in qualche modo ufficiale ed esteriore. Se il sacerdote seguisse questa china diverrebbe un

17 pesantisce e l’opprime. Questa tristezza opprimente e questa avversione per la preghiera sono molto diversi dall’aridità spirituale che invece è accompagnata da un vero pentimento delle proprie colpe, dal timore di offendere Dio, di un vivo desiderio della perfezione e da un gran bi sogno di solitudine, di raccoglimento, di preghiera di semplice sguardo.

San Giovanni della Croce nota che “coloro che soffrono di accidia provano noia anche nelle cose più spirituali; se ne allontanano perché non danno loro la minima consolazione sensibile. Non trovando gusto che in ciò che dà loro soddisfazione, trovano insopportabile la pietà che non li lusinga affatto. Volendo Dio talvolta metterli alla prova per correggerli, accade loro di non trovare nella preghiera ciò che vi cercano (le consolazioni sensibili). E così, per pigrizia, non seguono la via della perfezione, nella quale è necessario rinnegare se stessi per amore di Dio. Trascinati dai propri gusti, preferiscono la loro volontà alla volontà di vina. Vorrebbero che il Signore si piegasse alle loro esigenze…”. Alcuni di quelli che abbandonano la preghiera a causa di questa pigrizia spiri tuale cercano di giustificarsi dicendo: “dobbiamo sacrificare la dolcezza della preghiera all’austerità del lavoro o dell’apostolato”; ma se queste parole vengono dette da chi non prova più alcuna dolcezza nell’orazione, allora egli non sacrifica nulla e, anzi, cerca di nascondere la sua pi grizia spirituale sotto il velo di un lavoro esteriore in cui egli cerca se stesso» (G-L #1).

2. La negligenza nelle piccole cose sembrerebbe, in sé, cosa di poco conto; ma può divenire grave per le sue conseguenze. “Chi è fedele nelle piccole cose è fedele anche nelle grandi” (Lc 16,10). Ordinarie sono le piccole virtù che dal mattino alla sera costituiscono il nostro merito quotidiano.[...]

18 po’ per volta come un funzionario di Dio; finirebbe con il trattare con negligenza le cose sante[…], al punto da dimenticare la salvezza delle anime e tutto ciò che essa esige da parte nostra. Purtroppo possiamo giungere a un tale oblio, che isterilisce tutto, proprio per la negligenza delle piccole cose nel servizio di Dio» (ibid.).

4. La tendenza al motteggio e alle parole sprezzanti. San Tommaso d’Aquino parla del motteggiatore a proposito dei vizi opposti alla giustizia: ingiuria, detrazione, mormorazione contro la buona fama del prossimo; il motteggiare o mettere in ridicolo qualcuno è un mostrare che non se ne ha stima. «Il derisore è un’anima ritardataria che ne ritarda delle altre, diventando, spesso senza averne coscienza, lo strumento dello spirito del male. L’atteggiamento del suo spirito è agli antipodi della semplicità evangelica, ed è il più opposto alla contemplazione del soprannaturale. [...] Il derisore può fare molto danno alle anime deboli che intimidisce e, perdendo se stesso può lavorare alla loro perdizione» (ibid.), senza neanche accorgersene. «Questo vizio è anche diametralmente opposto alle caratteristiche tipiche della carità: “La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità” (1Cor 13, 4-7). Anche Nostro Signore ci ha avvertiti riguardo questo vizio: “Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il pro prio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”,

3. Il rifiuto dei sacrifici richiesti. Molti si sentono chiamati a una vita più perfetta, più integra, di vera preghiera, purificata. Ma queste anime si rifiutano, più o meno direttamente, cercando un diversivo o qualche scusa. «Si richiederebbero però certi sacrifici di amor proprio; si dovrebbe cercare veramente Dio anziché noi stessi. Senza questi sacrifici come si può entrare nella vera vita interiore? Se questi si rifiutano, l’a nima resta indietro, in ritardo: e può restarvi per sempre» (ibid.). “Ascoltate oggi la voce del Signore, non indurite il vostro cuore”: queste anime si rifiutano di ascoltare e, come conseguenza, il loro cuore si indurisce.

“...Ma quello che più mi affligge è l’indifferenza di coloro che si dicono miei amici” (Gesù a santa Margherita M. Alacoque)

19 sarà destinato al fuoco della Gehenna” (Mt 5, 21-22). Perché ce ne parla subito dopo aver menzionato il quinto comandamento? Perché questo vizio uccide la buona reputazione del prossimo, o la sua stima, la sua fiducia» (ibid.). Potremmo dire che oggi, nella nostra società, questo vi zio è portato all’estremo. Non sorprende quindi che il fuoco della carità vada sempre più spegnendosi: ogni volta che si “uccide” l’altro (con le parole), si spegne un po’ di luce dentro di noi. 4. L’orgoglio dei principianti. San Giovanni della Croce descrive bene l’orgoglio nella prima età spirituale: «Lo stato imperfetto dei prin cipianti provoca in essi un certo orgoglio segreto che li induce a qualche soddisfazione per le loro azioni e per se stessi. Di qui nasce in loro una certa vanità, talora molto grande, di parlare delle cose spirituali in presenza di altri e, a volte, di voler loro insegnare più che essere dispo sti a imparare.

[...]Tuttavia, molto spesso è il demonio che accresce nei principianti il fervore e il desiderio d’intraprendere queste e altre opere, perché aumentino in superbia e presunzione. [...] Alcuni arrivano a tale distorsione da non volere che nessuno, all’infuori di loro, venga reputato buono. Così, all’occasione, li si vede parlare e agire per condannare e denigrare, osservando la pagliuzza nell’occhio del proprio fratello, mentre non si accorgono della trave che hanno nel proprio (Mt 7,3); filtrano il moscerino dell’altro e ingoiano il proprio cammello (Mt 23,24).

[...] Si sentono imbarazzati a dire i propri peccati in maniera nuda e semplice per paura che il confessore li stimi meno, e cercano di colo rarli perché non appaiano tanto brutti; in breve, s’industriano a scusarsi più che ad accusarsi. A volte cercano un altro confessore per accusare quanto hanno di grave, perché il confessore ordinario non pensi che hanno commesso qualcosa di male, ma conosca solo il bene. Così sono contenti di raccontargli solo le cose buone e spesso in termini esagerati o quanto meno con l’intenzione che le loro opere siano ritenute buone» (G.C., Notte oscura, libro I, cap. 2).

TRISTI CONSEGUENZE DI QUESTO STATO

La triste conseguenza di ciò è la svalutazione dell’importanza della vita di fede, della conversione personale e dell’allontanamento dal peccato. Tali anime, non provando più alcuna attrazione verso la pre ghiera, verso i Sacramenti e nella meditazione della Parola di Dio, si danno alle opere di carità semplicemente per mascherare l’impoverimento della loro interiorità, mentre le opere davvero cristiane, animate dallo spirito di Dio, non possono non procedere da una profonda e sana vita interiore (vedasi Dom. Chautard, L’anima di ogni apostolato). Altrimenti, si corre il rischio di confondere carità cristiana con filantropia o umanesimo. «Il Salvatore non è venuto in questo mondo per compiervi un’opera di filantropia, ma un’opera divina di carità. L’ha compiuta par lando agli uomini più dei loro doveri che dei loro diritti, esponendo loro la necessità di morire totalmente al peccato per ricevere in abbondanza una vita totalmente nuova, e mostrando loro il suo amore fino a morire

20 «I santi ci dicono che le anime ritardatarie e intiepidite possono arri vare all’accecamento dello spirito e all’indurimento del cuore, tanto che poi risulta difficile indurle a emendarsi. Più l’anima ritardataria o tiepida è stata in alto, più la sua conversione è difficile: essa giunge, infatti, a credere che il suo stato sia sufficiente, e non ha più il desiderio di salire verso l’alto. Queste anime ritardatarie sono in pericolo; dob biamo affidarle alla Vergine Santissima: solo Lei può ricondurle verso il Salvatore ed ottenere loro le grazie per poter uscire dallo stato in cui si trovano» (ibid.). Il padre Lallemant s.j. ha scritto [egli faceva qui riferimento agli ordini religiosi, ma si può ben vedere che la sua affermazione possa essere applicata alle nostre realtà parrocchiali]«Un ordine religioso si avvia alla sua decadenza quando il numero dei tiepidi comincia ad eguagliare quello dei fervorosi; intendo dire di quelli che cercano di fare ogni giorno nuovi progressi nell’orazione, nel raccoglimento, nella mortificazione, nella purità di coscienza, nell’umiltà» (Lallemant). «È un fatto che molte anime restino in ritardo; ma esse non sono nella normalità, non tendono più alla perfezione cristiana, e certamente non si nutrono più abbastanza dei misteri della fede, di quello della Messa, alla quale forse assistono spesso, ma in modo troppo poco interiore per progredire come dovrebbero» (G-L #1).

«Un altro aspetto di somma importanza è il riconoscere la superiorità delle virtù teologali rispetto all’attività naturale, terrena. [...] Il negar lo sarebbe eresia. Ma non basta affermarlo solo in modo teorico, altrimenti nella pratica si verrebbe a preferire lo studio della filosofia e della teologia alla vita superiore della fede, della preghiera, all’amor di Dio e delle anime, alla celebrazione del santo sacrificio della Messa. […] Si ca drebbe in tal modo in un cattivo intellettualismo in cui vi sarebbe una specie di ipertrofia della ragione ragionante a scapito della vita di fede, della vera pietà e della formazione indispensabile della volontà, in cui la carità non avrebbe più il primo posto nell’anima, che forse resterebbe per sempre un’anima ritardataria e in parte sterile» (ibid.).

21 sulla croce per riscattarli. I due aspetti: di morte al peccato e di una vita superiore sono sempre ricordati insieme, con una nota dominante che è quella dell’amor di Dio» (G-L #1).

All’opposto, e non da ultimo, vi è il rischio del falso misticismo (o pseudo-misticismo): Garrigou-Lagrange indica come la «golosità spirituale [la ricerca delle consolazioni di Dio nella preghiera e nelle circostanze spirituali] potrebbe farci desiderare le consolazioni sensibili al punto di ricercare in esse noi stessi più che Dio. Insieme all’orgoglio spirituale, essa è l’origine del falso misticismo» (ibid.). Proprio a causa di questa sua golosità spirituale, lo pseudo-mistico «esige la presenza ininterrotta di Dio, l’oggetto del suo desiderio [...]. Egli non tollera l’assenza di Dio, non sopporta la mancanza dell’oggetto divino, non ammette la distanza da colui che lo soddisfa, non accetta, infine, la sua condizione di essere separato»(R. Torri de Araújo, Oltre il confine. Esperienza mistica e psicoanalisi). Questa condizione può verificarsi in certe anime principianti o ritardatarie, che non sono a conoscenza del normale procedere del cammino spirituale. Tali anime talvolta credono di essere state privilegiate in modo speciale da Dio per una qualche “missione” fuori dall’ordinario. Inoltre, non è raro che il falso mistici smo finisca con l’assumere caratteristiche proprie della superstizione popolare.

1. INDURIMENTO.

Preghiera: abbastanza ben fatta, di quando in quando. Propositi pas seggeri di fervore.

extra: PER I CONSACRATI Indicazioni che Chautard dona ai consacrati che si occupano di direzione spirituale, «prendendo come pietra di paragone da una parte il peccato o l’imperfezione, dall’altra la preghiera» (D.Ch.).

Preghiera: risoluzione insufficiente di essere fedele alla meditazione, che l’anima abbandona quando è nell’aridità oppure è molto occupata.

Peccato mortale: debolmente combattuto. Fuga meno frequente delle occasioni, ma pentimenti seri e vere confessioni.

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Peccato mortale: considerato come un male leggero e che facilmente viene perdonato; l’anima vi si abbandona facilmente a ogni occasione o tentazione. Confessioni quasi senza dolore.

Peccato mortale: stagnamento in questo peccato, per ignoranza o per coscienza falsata maliziosamente. Soffocamento o assenza di rimorsi.

4. PIETÀ INTERMITTENTE. Peccato mortale: lealmente combattuto. Fuga abituale delle occasioni. Pentimenti vivissimi. Penitenze per ripararvi. Peccato veniale: talora deliberato. Combattuto fiaccamente. Penti mento superficiale. Esame particolare senza spirito di regolarità.

Rare e superficiali riflessioni su se stesso.

MORTE ETÀPRIMATIEPIDEZZASPIRITUALESECONDAETÀ

Preghiera: macchinale, senza attenzione e sempre dettata da interesse materiale.

3. PIETÀ MEDIOCRE.

2. VERNICE CRISTIANA.

Peccato veniale: si viene a patti con tale peccato considerato come un male insignificante, e perciò tepidezza di volontà. Non si fa nulla per prevenirlo, né per toglierlo, né per scoprirlo.

5. PIETÀ ELEVATA. Peccato mortale: mai. Al più qualche rarissima sorpresa violenta e im provvisa. Allora spesso il peccato mortale è dubbio ed è seguito da vivo pentimento e da penitenza.

Preghiera: soppressione volontaria di qualunque ricorso a Dio.

Preghiera: Per lo più unione trasformatrice. Sposalizio spirituale. Purificazioni di amore. Sete ardente di patimenti e di umiliazioni. 23

9. SANTITÀ CONSUMATA.

Peccato veniale: vigilanza per evitarlo e per combatterlo. Raramente deliberato. Pentimento vivo, ma poca riparazione. Esame particolare regolare, ma che punta soltanto alla fuga dei peccati veniali.

Preghiera: vita abituale di orazione, anche dandosi all’azione esteriore. Sete di rinuncia, di annientamento, di distacco e di amore divino.

Fame dell’Eucaristia e del Paradiso. Grazia infusa di orazione di diversi gradi. Frequenti purificazioni passive.

Imperfezioni: Appena apparenti.

7. PERFEZIONE RELATIVA.

Preghiera: doni soprannaturali di contemplazione accompagnati talora da fenomeni straordinari. Purificazioni passive accentuate. Disprez zo di sé fino alla dimenticanza. Preferenza dei patimenti alle gioie.

6. FERVORE.

Imperfezioni: non volute, sorvegliate e combattute coraggiosamente, per piacere di più a Dio. Talora tuttavia accettate, ma seguite subito da pentimento. Atti frequenti di rinuncia. Esame particolare che mira al perfezionamento in una virtù.

Peccato veniale: mai deliberato. Qualche volta per sorpresa o con semi-avvertenza. Pentimento vivo e riparazione seria.

8. EROISMO. Imperfezioni: soltanto di primo impulso.

Imperfezioni: energicamente prevenute con grande amore; soprag giungono soltanto con mezza avvertenza.

ETÀTERZAETÀSECONDA

Preghiera: meditazione, prolungata volentieri. Orazione piuttosto affettiva e anche di semplicità. Alternanza di grandi consolazioni e di prove dolorose.

Preghiera: fedeltà costante e a qualunque costo all’orazione, spesso affettiva. Alternanza di consolazioni spirituali e di aridità subite con pena.

Imperfezioni: l’anima evita di scoprirle per non doverle combattere, oppure le scusa facilmente. La rinuncia è ammirata e anche desiderata, ma è poco praticata.

«Il significato teologico-spirituale della purificazione è quanto inse gna s. Tommaso d’Aquino: “ L’uomo ha il compito principale di allontanarsi dal peccato e di resistere alle sue concupiscenze, che muovono in senso contrario alla carità”.La teologia spirituale [...] conosce in particolare: la purificazione dei sensi, la purificazione degli affetti, la purifica zione dello spirito [Si noti come queste tre purificazioni corrispondano a quelle delle tre età spirituali] Il fine ideale di queste espressioni è quello di portare l’uomo all’unione con Dio: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8).»

QUALCHE SPIEGAZIONE SULLE PURIFICAZIONI

Dunque, nell’uomo che intraprende il cammino spirituale, «il fine specifico della purificazione è la sottomissione alla volontà di Dio, il progresso nella perfezione, l’acquisto della libertà spirituale, il poter incontrare Dio nella sua immediatezza. Presso alcuni autori spirituali, particolarmente presso s. Giovanni della Croce, il fine della purificazione è anche il progresso nella preghiera contemplativa [...].» Tuttavia, il solo sforzo umano (preghiera, penitenze, mortificazioni, ecc.) non può, da solo, essere abbastanza. È necessario l’intervento di Dio. «L’itinerario di unione con Dio richiede un doppio lavoro: l’uno, attivo, con cui l’uomo, distaccandosi da ogni cosa, concentra tutto il suo amore in Dio; l’altro, passivo, eseguito da Dio ma accettato dall’uomo con umiltà, pazienza e amore. Con questo intervento Dio suscita l’amore dell’anima e nell’anima, la quale a sua volta lo indirizza e lo concentra su Dio.» (Bor riello, Caruana , M.R. del Genio, Suffi, Dizionario di Mistica).

24 Opuscolo non commerciabile realizzato a scopo didattico e divulgativo, a gloria di Dio e per la salvezza della anime. attive e passive

TERZA ETÀ: SANTITÀ

• Si combattono i propri peccati veniali.

SECONDA ETÀ: ACCRESCIMENTO DELLE VIRTÙ

• Si comincia a comprendere il valore salvifico della sofferenza.

• La propria croce è abbracciata con amore. Si accettano tutte le sofferenze (e anzi, le si desiderano) per amore di Dio e per la salvezza delle anime, che Egli tanto ama.

• Si evitano i peccati mortali. Poco interesse nell’emendarsi dai peccati veniali.

• Si chiede a Dio di togliere la nostra croce.

• Perfetta unione di volontà con Dio. Virtù eroiche.

• Pentimento e conversione.

• Preghiera profonda del cuore, sprazzi di contemplazione.

• Contemplazione delle realtà celesti; adorazioni intense e preghiere •infuocate.Grandeamore per Gesù Sacramentato e la Parola.

• Si accetta la propria croce e si chiede a Dio di imparare a portarla come Egli desidera.

• Infervoramento iniziale, a volte “shock carismatico” .

• Preghiera ripetitiva; si chiedono quasi sempre solo grazie temporali (salute, lavoro, denaro, ecc.).

• Cresce la sete di Dio. Cresce l’amore verso la santa Messa, l’Eucaristia, la Parola di Dio.

• Ricerca di Dio nelle forme esteriori: pellegrinaggi, statue e oggetti sacri, ricerca del miracolo visibile, ecc.

• Si preferisce la morte a una piccola offesa a Dio.

• Ci si rende conto di essere amati da Dio in modo personale, unico, totale. Nasce il desiderio di corrispondere a tale amore.

ALCUNE CARATTERISTICHE DELLE TRE ETÀ

PRIMA ETÀ: PURIFICAZIONE DAI PECCATI

• Grande spirito di sacrificio e abnegazione.

• Unione di vita, preghiera e offerta di sé.

28 LE TRE ETÀ DELLA VITA SPIRITUALE I Semini: piccoli semi per il cammino spirituale, riscoprendo la bellezza della spiritualità cattolica Trovi questo e altri opuscoli al seguente indirizzo: issuu.com/isemini Scaricabili da https://bit.ly/isemini non commerciabile

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