Palermo Rosa Shocking

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Mensile di inchiesta, dibattito, analisi politica e sociale Settembre/Ottobre 2011 - Anno 1 - n. 7

Comitato di Direzione: Vittorio Corradino, Giuseppe Lo Bianco, Sandra Rizza Direttore responsabile: Giuseppe Lo Bianco Comitato dei Garanti: Emma Dante, Antonio Ingroia, Antonella Monastra Hanno collaborato: Roberto Alajmo, Giulio Ambrosetti, Silvia Bellotti, Roberto Collovà, Gian Mauro Costa, Gianfranco Criscenti, Rita Di Giovacchino, Elena Giordano, Roberto Immesi, Mauro Merosi, Beatrice Monroy, Francesco Puma, Pasquale Rinaldis, Gaetano Sconzo, Francesco Terracina, Guido Valdini In redazione: Giuseppe Pipitone Disegni: Alessandro Bazan Editing: Progetto-laboratorio Responsabile: Giuseppe Giarratana Progetto grafico e impaginazione: Carlo Cottone Direzione, redazione, amministrazione: Via Dante, 25 - 90141 Palermo - Tel. 091 6119685 email: info@iquadernidelora.it - redazione@iquadernidelora.it http://www.iquadernidelora.it Società editrice: Micromedia Scarl (soci: Vittorio Corradino, Giuseppe Lo Bianco, Sandra Rizza) Via Dante, 25 - 90141 Palermo Direttore amministrativo: Toni Saetta Pubblicità: Agenzia Free Press. Direttore pubblicità: Vinicio Boschetti - Cell. 347 9661939 Distribuzione: Sicula Distribuzioni di M. La Barbera, via Camillo Camilliani, 78 90145 Palermo - Tel. 091 6766873. Per rifornimenti chiamare cell. 335 8167036 Responsabile distribuzione: Vito Lombardo Abbonamenti: ordinario annuo (11 numeri) 60 €; sostenitore annuo (11 numeri) 300 €; info: abbonamenti@iquadernidelora.it Numeri arretrati: 14 € (nel caso di spedizione all’estero aggiungere 2,10 € di spese postali) Registrazione Tribunale di Palermo n. 2906/10 Iscrizione Roc del 16/03/2011 n. 20891 I manoscritti non espressamente richiesti non saranno restituiti, nè la redazione si assume responsabilità per il loro eventuale smarrimento. Finito di stampare il 5 ottobre 2011 dalla Tipografia Luxograph srl piazza Bartolomeo da Messina, 2/e - 90142 Palermo - Tel. 091 546543 - 091 6376142


Sommario 9 EDITORIALE

In copertina: “Dribbling”, di Alessandro Bazan

Il camaleonte ha il colore del camaleonte solo quando si posa su un altro camaleonte

GROUCHO MARX

Dossier 13 Gaetano Sconzo Tempi Foschi per Zampa arrivato all’ultimo stadio 23 Verbali Lipari: il Palermo al Berlusca nei piani di Polizzi e Vizzini 31 Giuseppe Pipitone Il buon Pastore e l’accusa di estorsione 37 Giuseppe Lo Bianco Vanello: quando la mia mini “volò” da Monte Pellegrino 42 Roberto Immesi Miccichè, un vice presidente all’ombra di Gianfranco 47 Roberto Alajmo Palermo rosanero... e oramai chi ’nni resta? 51 Giuseppe Pipitone Sangue e follia omicida. Morte di un Senatore 58 Ludovico Corrao Un testamento d’amore il suo ultimo scritto 65 Francesco Terracina Merlo: Gibellina, la Sicilia e l’eccellenza del fallimento 71 Roberto Collovà Nell’utopia di Gibellina il riscatto del Belìce 83 Giuseppe Lo Bianco-Sandra Rizza Scarpinato: quel depistaggio usato come un “jolly” 92 Silvia Bellotti Nella giungla del pizzo un adesivo ci salverà 101 Rita Di Giovacchino Usura, Scarface all’italiana tra servizi e “cravattari” 109 Giulio Ambrosetti Un mostro d’acciaio s’aggira tra i Templi... 115 Angela Allegria Modica: la saga dei Minardo tra affari, scandali & petrolio 123 Gianfranco Criscenti L’informativa in archivio: Turano sostenuto dal boss 129 Francesco Puma Venezia, l’Italia brilla solo per “L’Ultimo terrestre” 134 Elena Giordano Catania la gaia, andata senza ritorno 139 Beatrice Monroy «Oui, je suis terron...» Palermo come luogo comune 143 IL QUADERNO A QUADRETTI Guido Valdini, Gian Mauro Costa, Pasquale Rinaldis, Mauro Merosi



Editoriale

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rima è arrivato LiveSicilia, un blog locale, che per bocca (o firma) di Felice Cavallaro, autorevole inviato del Corriere della Sera, ha lanciato in pista Antonio Ingroia per il ruolo di sindaco di Palermo. Lui, il procuratore aggiunto di Palermo, però, ha glissato. Poi, è stata la volta del quotidiano la Repubblica, che ha svelato le avances del PD (in tandem si sarebbero mossi i big Cracolici e Lumia) per convincere il capo della Dna Piero Grasso a sedere sullo scranno più alto di Palazzo delle Aquile. Anche il procuratore nazionale, ovviamente, ha fatto sapere di aver di meglio da fare. Ora è la volta di Facebook, che da qualche giorno ha aperto una pagina intitolata “Gian Carlo Caselli sindaco di Palermo”, con tanto di raccolta di firme per «sensibilizzare la cittadinanza di Palermo, i partiti politici e le associazioni», a sostenere la candidatura del procuratore di Torino che, quando guidava il pool antimafia di Palermo, osò processare Andreotti. Non conosciamo ancora quel che ne pensa Caselli, anche se possiamo immaginarlo. A Roma direbbero: aridàglie. Ma perché questa corsa alla toga eccellente da parte dell’elettorato di opposizione per trovare una faccia decente da piazzare a capo della giunta cittadina, nel caso (improbabile) di una vittoria del centrosinistra? Di candidati ufficiali e ufficiosi, nello schieramento progressista, i partiti ne contano a bizzeffe. Nel ventaglio del PD scalpitano Davide Faraone e Ninni Terminelli, e tra i papabili fa capolino pure Rita Borsellino che, pur avendo detto chiaramente di non volerne sapere, risulta in po-

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le position. In casa IDV sono in lizza Leoluca Orlando, Sonia Alfano e Fabrizio Ferrandelli, e tra i SeL impazza la candidatura di Nadia Spallitta. L’ultimo nome eccellente della campagna pre-elettorale per Palazzo delle Aquile è quello di Carlo Vizzini che, secondo i boatos dell’ultimora, sarebbe sul punto di “saltare” sul carro del centrosinistra (in groppa al cavallo Orlando) per proporre la propria candidatura a sindaco di Palermo, sfoggiando la competenza antimafia da lui maturata (sic!) all’interno dell’omonima commissione nazionale. Tutti politici autorevoli. Rispettosi della legalità. Campioni dell’Antimafia. Incensurati. Senza alcuna macchia sulla fedina penale nè indagini in corso (a parte Vizzini, che al momento risulta indagato a Palermo per corruzione, per l’affare del gas che ruota attorno a Massimo Ciancimino). eppure, gli agit prop di cosiddetta sinistra fremono, si agitano e, invocando le primarie, sfornano – un giorno sì e uno pure – nuove candidature immacolate, andando a scomodare i capi delle procure antimafia, da Palermo a Torino, passando per la Superprocura di Roma. Cronica sfiducia nella politica? La convinzione che solo un magistrato può mantenersi sicuramente incensurato nella fogna della politica, come se i ruoli istituzionali della rappresentanza fossero la sentina del malaffare? Mah... C’è da dire che pure il PDL, in affanno per il reclutamento di un candidato che faccia dimenticare il flop di Cammarata, è cascato nel vizietto della toga pret-à-porter: nei giorni scorsi, tra gli assi del centrodestra pronti a sedere sul seggiolone del sindaco di Palermo, oltre al rettore Roberto Lagalla, a Giulia Bongiorno e a Francesco Musotto, è saltata fuori anche Caterina Chinnici, assessore regionale per le Autonomie locali e la Funzione pubblica, e soprattutto magistrato (e figlia di magistrato, essendo suo padre Rocco il coraggioso consigliere istruttore di Palermo assassinato da Cosa Nostra nell’83). Ma, nonostante la diretta interessata sia apparsa sorridente e disponibile, tra gli elettori del centrodestra non se l’è filata nessuno. Più appassionati i fan di Caselli che, su Facebook, sono in queste ore alle prese con una raccolta di firme per sostenere la candidatura del procuratore di Torino. Palermo come Napoli, allora? Così come De Magistris si è rivelato, nelle aspettative degli elettori partenopei, una specie di San Gennaro, ci vuole un campione di antimafia per incarnare gli ideali di purezza di Santa Rosalia nella città di Riina e di Provenzano, delle stragi e dei depistaggi? Deve essere per forza un magistrato? Felice Cavallaro, qualche settimana fa, sul blog di Live Sicilia sembrava convinto di sì: «Sarebbe auspicabile, ovviamente», scriveva, «un ritorno alla politica pura e a personalità capaci di rappresentare il popolo, ricevendone consenso da tradurre in autorevolezza, senza bisogno di ricorrere a magistrati e prefetti, come accade anche nel traballante governo regionale di Raffaele Lombardo. Ma accade con risultati migliori rispetto a quelli offerti

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da una classe politica troppo spesso esposta solo agli interessi di parte e al piccolo cabotaggio». e proseguiva: «Tanto per fare un paio di nomi, l’ex pm Massimo Russo alla Sanità, l’assessore-giudice Caterina Chinnici o il vice presidente della Regione, prefetto Giosuè Marino, rendono comunque difficile l’avvicinamento di clienti e mediatori, scoraggiano proposte oscene, svuotano i corridoi dai questuanti». Ma è proprio così? Ingroia, declinando l’invito a mettersi in politica, la pensa diversamente: «Agli occhi del cittadino» ha risposto, «il magistrato non soltanto deve essere imparziale ma deve anche apparirlo». e poi ha spiegato di essere contrario alla prassi secondo cui un magistrato si possa candidare nello stesso Comune in cui ha esercitato la sua funzione, «specie di fronte al rischio che si alimentino dubbi e sospetti sulla pregressa attività giudiziaria, che possa avere indebolito il suo potenziale avversario politico». O che un proprio imputato lo si ritrovi come potenziale interlocutore politico, com’è successo a Massimo Russo, ex pm antimafia, quando, dopo aver chiesto la condanna a sette anni per mafia per Vincenzino Culicchia (poi assolto), smessa la toga e occupata la cadrega, ha chiuso con Culicchia proprio un accordo politico per sostenere nel 2008 la farmacista Vinnuccia Di Giovanni a sindaco di Mazara. In quell’occasione vinse Nicola Cristaldi, che commentò: «In questa competizione corrono pm e imputati». Per non parlare di un’altra questione, ancora più spinosa: quella dell’investitura che, come chiosa Ingroia, rischia di far apparire l’eventuale candidatura di un magistrato del tutto priva di legittimazione popolare: «Ancora più delicata», osserva infatti il procuratore aggiunto di Palermo, «si fa la questione, allorquando l’incarico politico non venga assunto sulla base di un’investitura da parte dei cittadini-elettori, ma in virtù di una designazione fiduciaria per ricoprire cariche politico-governative, designazione proveniente da un’autorità di governo locale espressione di una parte politica». Nisba, quindi. Non se ne fa nulla. Ingroia, come peraltro Grasso, restano in toga. La politica può attendere. D’altra parte, non è un mistero per nessuno che in democrazia è auspicato l’equilibrio tra i tre poteri fondamentali – esecutivo, giudiziario, legislativo – che almeno in teoria dovrebbero restare rigorosamente separati, proprio per potersi controllare a vicenda. Ora, questo è un principio che, se vale, deve valere per tutti: per Berlusconi, che tenta continuamente di forzare le regole, fagocitando il parlamento e delegittimando la magistratura; ma anche per l’opposizione, che deve trovare nella politica una faccia decente su cui puntare. L’idea di delegare ai magistrati la funzione di rappresentanza politica, in quest’ottica, appare un’ennesima forzatura e un potenziale rischio per la salvaguardia delle regole di convivenza democratica. Le segreterie, o ancora meglio i movimenti civici, i gruppi di opinion leader più impegnati, cerchino candidature credibili e unitarie tra quei

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politici, quei “tecnici” e anche quei cittadini volenterosi che ritengono più autorevoli, onesti e capaci. I dirigenti dei partiti, invece di attaccarsi alle poltrone, si impegnino in prima persona per rinnovare la classe dirigente (visto che quella attuale risulta impresentabile), cercando e arruolando nuove leve da formare alla rappresentanza istituzionale. Smettiamola di delegare alla magistratura, e in particolare ai pm antimafia, tutta la fatica di ripulire il Paese dalla propria cattiva coscienza. Smettiamo di caricare sulle spalle dei pm tutta la responsabilità etica e civile del nostro degrado politico e istituzionale. La politica richiede il massimo della moralità, ma anche una competenza specifica che, come ricorda Ingroia, non sempre è la stessa dei magistrati, che «in materie a loro del tutto estranee, potrebbero mettere poco a frutto la propria competenza di giustizia». Non dimentichiamo, infine, che i candidati che la politica ci rifila, anche se brutti, sporchi e cattivi, vengono da una classe dirigente che è pur sempre quella che noi stessi abbiamo spedito nelle assemblee rappresentative. Quei candidati che oggi ci fanno storcere la bocca sono il risultato di una selezione del ceto politico che noi per primi abbiamo scelto e che, per questo, è solo la proiezione della nostra imperfezione di elettori distratti e annoiati, anche se obbligati da una scandalosa legge elettorale, frutto, ancora una volta, della “dittatura democratica” della maggioranza. Dobbiamo ora sognare una rivoluzione e affidarla ai pubblici ministeri? L’infiltrazione criminale nel tessuto sociale si è fatta così invasiva da non lasciare alternative al governo di una toga, paravento ideale, peraltro, per nascondere ogni nefandezza? Forse, è soltanto il momento che ciascuno si assuma le proprie (e soltanto quelle) responsabilità. Adesso, dopo il no di Ingroia e di Grasso, e dato per probabile (se non per scontato) il rifiuto di Caselli all’invito dei fans di Facebook, non ci resta che abituarci alle facce dei nostri soliti noti: Faraone & company, candidati così così, con luci e ombre, con limiti e difetti, che però al momento sono quelli con cui dobbiamo confrontarci, i soli che ci è dato di scegliere affinché coltivino i nostri sogni di legalità e di purezza antimafia. Inchiodiamoli alle loro responsabilità, chiediamo dibattiti pubblici per capire come intendono salvare Palermo dal degrado in cui affonda, staniamoli dal loro presenzialismo mediatico obbligandoli a occuparsi dei problemi. e, se è il caso, se proprio non ci piacciono, cacciamoli via, costringendoli a ritirare candidature velleitarie e fumose. Finché siamo in tempo, diamoci da fare: utilizzando petizioni e raccolte di firme, proponiamo pure nuovi volti, nuovi nomi, nuove intelligenze. Senza, però, confondere e sovrapporre i poteri istituzionali. «La giustizia», scriveva Platone, «è fare ognuno ciò che gli compete, per il Bene dello Stato, in armonia con gli altri componenti della società». Competenze, non slogan. Non è con i simboli che si risolvono le emergenze. Né a Palermo, né altrove.

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Dossier

di

gaetano sconzo

Tempi Foschi per Zampa arrivato all’ultimo Stadio

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l debutto di Maurizio Zamparini da proprietario del “Palermo” – ragione sociale Unione Sportiva Città di Palermo spa, fondata nel 1987 (per la Federcalcio e la Camera di commercio altro che 111 anni di vita...) – avvenne in campo neutro, nel 2002 durante un “ritiro” estivo. Primi editti: 1) la cacciata dell’allenatore Pruzzo voluto dal vecchio proprietario Sensi e dall’ex presidente D’Antoni; 2) l’applicazione di un manto di calce per la cancellazione delle scritte poco concilianti delle quali era tappezzata la gradinata a firma dei delusissimi tifosi del Venezia, che avevano visto smantellata e dilaniata la squadra alla vigilia del trasferimento del presidentissimo in Sicilia. Dopo nove anni, Maurizio Zamparini – che, pur assicurando al Palermo notevole prestigio tecni-

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Dossier

Lipari: il Palermo al Berlusca nei piani di Polizzi e Vizzini

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ubblichiamo il verbale di interrogatorio di Pino Lipari, 75 anni, geometra dell’ANAS in pensione e braccio destro prima di Riina e poi di Bernardo Provenzano, condannato due anni fa per mafia, reso al procuratore di Palermo Pietro Grasso il 5 dicembre 2002. Considerato l’uomo dei corleonesi negli appalti pubblici, nel 2002 fu sul punto di collaborare con la giustizia firmando la “dichiarazione d’intenti”: chiamato a deporre come teste al processo Andreotti, la sua collaborazione non venne mai accettata dalla procura, che acquisì alcune intercettazioni in carcere in cui il boss diceva ai familiari di aver “aggiustato” le dichiarazioni ai pm riguardanti i rapporti tra mafia e politica e poi quelle sui beni di Cosa Nostra. Tornato in libertà, lo scorso anno è stato risentito

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Dossier

di

giuseppe pipitone

Il buon Pastore e l’accusa di estorsione

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n fantasista giovane e talentuoso, un manager con l’occhio allenato a riconoscere i fuoriclasse, un presidente vulcanico e imprevedibile, un procuratore potente con affari in tutto il mondo. In mezzo, un pallone che rotola da Palermo a Parigi, da Mondello a Buenos Aires, dallo stadio “Renzo Barbera” agli uffici del Qatar Investment Authority, la cassaforte degli sceicchi neo-proprietari del Paris Saint-Germain. E poi soldi, tanti soldi: all’ultima conta sono circa 43 i milioni di euro che i nuovi magnati della squadra parigina hanno sborsato per portare sotto la Tour Eiffel Javier Pastore, geniale trequartista del Palermo. Sono questi i protagonisti della storia che ha infiammato la cronaca di fine estate. Partita dalle pagine sportive dei giornali, la vicenda

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Dossier

di

giuseppe Lo Bianco

Vanello: quando la mia Mini “volò” da Monte Pellegrino...

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63 anni l’uomo abbronzato in bicicletta pedala tranquillo in via Maqueda, seguito dai due figli, in una mattina di inizio settembre, quando, improvvisamente, un salumiere davanti la sua bottega gli urla quasi in faccia: «Sandro Vanello, sei un grande!». Sono passati quarant’anni, ma i palermitani non hanno dimenticato quel volto regolare, e oggi ancora senza rughe, che faceva impazzire le fanciulle della Palermo degli anni ’70: quello del “giovin signore”, studente di architettura figlio di un industriale friulano, che piazzava da fermo il pallone sotto l’incrocio dei pali come e meglio di Miccoli. «Il mio maestro è stato Mariolino Corso» racconta Vanello, «mi faceva mettere in porta e lui tirava e io da lì studiavo tutti i suoi movimenti. Ma ho imparato molto anche

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Dossier

di

roberto immesi

Miccichè, un vice presidente all’ombra di Gianfranco

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a storia di Guglielmo Miccichè nell’Us Città di Palermo inizia da lontano, e ben prima che Maurizio Zamparini decidesse di acquistare la società dal precedente proprietario, Franco Sensi. È proprio al periodo della gestione del sodalizio di viale del Fante dell’allora presidente della Roma, che bisogna risalire per rintracciare l’ingresso di Miccichè all’interno del consiglio di amministrazione. Nel marzo del 2000, Sensi rileva il Palermo dalla derelitta gestione Ferrara (che conti alla mano, non avrebbe nemmeno potuto permettere l’iscrizione al successivo campionato) affidandone gestione e presidenza a Sergio D’Antoni, intento a scendere in politica dopo aver guidato per dieci anni la CISL nazionale. Dopo un anno e mezzo di risultati più che discreti (nel 2000 play-off


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Dossier

di

roberto alajmo

Palermo rosanero... e oramai chi ’nni resta?

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iccome in questa città non si buttano via manco le macerie della Seconda guerra mondiale, da qualche parte, in un angolo dell’Albergheria o fra due palazzine del Borgo Vecchio, dev’esserci ancora qualche festone di bandierine rosanero che risale all’anno del ritorno del Palermo in serie A. Che giorni, che annata! Per l’occasione vennero realizzate pure delle confezioni deluxe di sale rosanero che ebbero un discreto successo commerciale. Ecco: con l’annata che si prospetta forse è arrivato il momento di tirare fuori quel sale e spargerlo in funzione propiziatoria. Sono passati più o meno dieci anni, e le bandierine hanno avuto tempo di venire sbiancate dal sole e infeltrite dalle intemperie. Rari straccetti di plastica appesi a un filo sono quel

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Corrao 1/Il sogno spezzato

di

giuseppe pipitone

Sangue e follia omicida Morte di un Senatore

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n colpo alla testa con una statuetta di avorio. Poi una coltellata, una profonda incisione alla gola, che ha quasi staccato la testa dalla trachea. E mentre lo squarcio si portava via la vita della sua vittima, l’assassino ha infierito sul corpo agonizzante con un assurdo quanto efferato oltraggio finale: due profondi tagli ai polsi, con il chiaro intento di mozzare le mani. Ai carabinieri che avevano pensato ad un rituale di natura esoterica, ha poi spiegato: «Nessun rituale. Ho cercato di strappargli le mani perché avevo paura che potesse ancora reagire». Ma Ludovico Corrao, 84 anni, avvocato e intellettuale al centro di mille polemiche in oltre mezzo secolo di vita politica e professionale, comunista e omosessuale dichiarato in un’epoca di facili persecuzioni e moralismi

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Corrao 2/Il sogno spezzato

di

ludovico corrao

Un testamento d’amore il suo ultimo scritto Pubblichiamo di seguito l'ultimo testo edito di Ludovico Corrao: l'introduzione al libro I Maestri di Gibellina, scritto dal giornalista della RAI Davide Camarrone per i tipi di Sellerio. Non è, ovviamente, il suo testamento letterario, ma una sintesi efficace del suo amore per Gibellina e la Valle del Belìce raccontati attraverso gli occhi dell'amministratore, del politico attento ai bisogni dei deboli, del giurista, dell'intellettuale, dell'appassionato di architettura, di arte, di dialogo interculturale, tutti abiti indossati di volta in volta da Corrao che hanno reso unica la sua esperienza nella Valle del Belìce.

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ella notte fra il 14 e il 15 gennaio del 1968, un terremoto distrusse decine di centri della Valle del Belìce, tra i quali Gibellina. Il primo problema che si pose, innanzi a chi era corresponsabile della rinascita di questa città, fu quello di restituire la forza della speranza a gente che fuggiva per ogni parte del mondo temendo di


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Corrao 3/Il sogno spezzato

di

francesco terracina

Merlo: Gibellina, la Sicilia e l’eccellenza del fallimento

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umore della Sicilia sembra quello di una statua nel meriggio, in una contrada sperduta che si chiama Aidone, dove la Venere di Morgantina sarà costretta a trascorrere la sua vecchiaia dopo i fasti della California. La Sicilia di Francesco Merlo è un luogo che si incupisce a forza di dire di sé quello che non è, ed è disposto a cercare il passo del tempo con la goffaggine di un tanghero alla sua prima – e forse ultima – lezione di ballo. È la Sicilia che vuole sapere ma non vuole ascoltare, quella che fa capolino con i suoi insulti nel blog del giornalista de La Repubblica, già qualche ora dopo la pubblicazione dell’articolo sull’assassinio di Ludovico Corrao, ucciso lo scorso agosto a coltellate dal suo badante del Bangladesh, il ventunenne Saiful Islam.

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Corrao 4/Il sogno spezzato

di

roberto collovà

Nell’utopia di Gibellina il riscatto del Belìce

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l terremoto del 1968 nella Valle del Belìce ha lasciato rovine di un’architettura povera ma spesso erudita. Con la ricostruzione, ogni città ha dato luogo a “tre città”: la città antica, a volte solo rovine; la città delle baracche, terrazzamenti di cemento per l’istallazione delle case prefabbricate; la città nuova, costruita spesso con i modelli di un’urbanistica inadatta a rispondere ai temi specifici e alla complessità della questioni che la catastrofe poneva. Le città antiche completamente distrutte, sono state abbandonate. Quando la distruzione è stata parziale si è ricostruito sopra o accanto ad esse. Nelle città delle baracche, nel tempo, il legno e le lamiere sono state sostituite o integrate da nuove parti in muratura: basamenti, serbatoi, tettoie miglioravano il funzionamen-

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di

Strage Borsellino

giuseppe Lo bianco e sandra rizza

Scarpinato: quel depistaggio usato come un “jolly”

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a trattativa tra Stato e mafia? Potrebbe avere ruotato attorno al depistaggio “pilotato” delle indagini su via D’Amelio, ovvero la comparsa sulla scena giudiziaria di Vincenzo Scarantino, pentito costruito a tavolino e grande accusatore della cosca di Santa Maria del Gesù (oggi ritenuta estranea alla strage). L’ultima ipotesi per fare luce sui misteri di via D’Amelio arriva da una fonte autorevole, il procuratore generale di Caltanissetta Roberto Scarpinato, destinatario da qualche giorno della richiesta di revisione avanzata dalla procura nei confronti di otto ergastolani condannati sulla base delle dichiarazioni di Scarantino. Il depistaggio istituzionale, sul quale sono in corso le indagini della procura, potrebbe essere servito, ha sostenuto Scarpinato la sera del

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Estorsioni & Racket

di

silvia bellotti

Nella giungla del pizzo un adesivo ci salverà

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l pizzo a Palermo? «Pagano ancora tutti», dice il procuratore aggiunto, «e sa dove? Interi quartieri come Brancaccio, Ballarò, il Borgo e più in generale la zona orientale di Palermo, pagano e tacciono». Commercianti? «Non solo,» prosegue il magistrato, «pagano anche i costruttori edili, specialmente quelli che tirano su le palazzine all’inizio dell’autostrada Palermo-Catania. Per loro la tariffa è di 5000 euro ad appartamento. E se in un edificio di sei piani si possono realizzare anche ventiquattro alloggi, il conto è presto fatto: 120.000 euro per nuova costruzione pagabili a rate». Palermo, settembre 2011, non è cambiato nulla. Pagano e sorridono. Pagano e si disperano. Pagano e restano in silenzio, indifferenti. Pagano e non denunciano. Pagano, e basta.


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Romanzo criminale

di

rita di giovacchino

Usura, Scarface all’italiana tra Servizi e “cravattari”

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rancesco Ottalevi è una vittima dell’usura. Uno di quelli che alla fine è riuscito a ribellarsi alle organizzazioni criminali che, anno dopo anno, hanno divorato i suoi beni, le attività imprenditoriali e le proprietà di famiglia. Nel 2007si è rivolto alla polizia e alle organizzazioni antiracket per salvare la propria vita e quella dei figli, ed è divenuto testimone di giustizia. Ma non è ancora riuscito a sottrarsi alla rapacità e alla voglia di vendetta dei suoi aguzzini. La sua nuova vita lontano da Anzio – la cittadina sul litorale romano dove ha sempre vissuto – è irta di ostacoli. Non può lavorare, inserirsi in una qualsiasi attività d’impresa, per il rischio concreto che i “cravattari” , che tanti anni fa hanno annodato una corda molto stretta attorno al suo collo, possano tornare

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Metano & Business

di

giulio ambrosetti

Un mostro d’acciaio s’aggira tra i Templi...

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missioni. Interrogazioni, interpellanze e mozioni parlamentari. Quindi denunce e insabbiamenti. E silenzi. Veleni di tutti i generi e di tutte le specie, insomma. Sullo sfondo, un giro vorticoso di milioni di euro. C’è veramente di tutto nella storia del rigassificatore di Porto Empedocle, il contestato mostro d’acciaio che dovrebbe vedere la luce a un chilometro dalla Valle dei Templi di Agrigento. I fautori dell’opera dicono che porterà ricchezza al territorio. Ma ci sono anche i contrari: a cominciare dagli abitanti del comune di Agrigento che, con un referendum, hanno già detto no al rigassificatore. Per non parlare del consiglio provinciale agrigentino, che ha approvato un ordine del giorno dove si sottolinea che, su questo delicato tema, a prevalere è

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Dynasty di Sicilia

di

angela allegria

Modica, la saga dei Minardo tra affari, scandali & petrolio

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enaro e potere, politica e controllo del territorio. Questi gli elementi che caratterizzano una famiglia siciliana, originaria di Modica: un imprenditore che si è fatto da solo; un politico sempre presente nella vita quotidiana degli elettori e attualmente agli arresti domiciliari; un giovane onorevole che, forte del potere e del denaro del padre petroliere, inizia l’ascesa politica senza fare gavetta e diviene nel 2008, a soli trent’anni, il più giovane parlamentare d’Italia. Quasi una saga, quella della famiglia Minardo di Modica, le cui vicissitudini coinvolgono la storia e l’economia non solo siciliana ma addirittura nazionale. Tutto inizia nel dopoguerra. La famiglia Minardo è molto povera ed è dedita all’agricoltura. I figli sono tanti, così Rosario, il maggio-

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Mafia & Politica

di

gianfranco criscenti

L’informativa in archivio: Turano sostenuto dal boss

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egli archivi del commissariato di Polizia di Alcamo c’è da due anni un voluminoso faldone. Sono le carte dell’operazione Abele, che nel 2009 condussero in carcere il boss della città trapanese Nicola Melodia. Tra i rapporti e le relazioni dell’operazione antimafia spunta anche un’informativa della Dia, finora rimasta inedita. Sono gli appunti degli investigatori che raccontano come l’attuale presidente della Provincia di Trapani Mimmo Turano avrebbe avuto tra gli oltre settemila voti raccolti alle elezioni Regionali del 2006, anche il sostegno di un condannato per fatti di mafia. A tessere i rapporti con la “famiglia” mafiosa alcamese, per gli investigatori, sarebbe il padre: Vito Turano, più volte sindaco democristiano di Alcamo, per decenni pupillo di Calo-

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Cinema/1

di

francesco puma

Venezia, l’Italia brilla solo per “L’ultimo terrestre”

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ominciamo registrando una coincidenza, ad onor di cabala: 68esima è l’edizione appena consumatasi della Mostra veneziana, tenuta su con unghia e denti ben affilati dall’impervio Müller, e 68 sono i film mangiati e digeriti in undici giornate di proiezioni a rotta di collo. Sui 68 film visti s’impone dunque una cernita: e allora liquidiamo subito gli italiani che poco hanno brillato, a cominciare dall’asfittica Cristina Comencini di Quando la notte, tratto da un proprio romanzo contestato con clamorosi fischi in proiezione – stampa, delusione cogente per via dei dialoghi loffi e dell’interpretazione svogliata di Timi e della Pandolfi. Il Premio Speciale della Giuria Terraferma di Emanuele Crialese (anch’esso bersagliato da qualche malumore alla proclamazione) de-

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Cinema/2

di

elena giordano

Catania la Gaia, andata senza ritorno

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egli anni ’90 Catania toglieva il respiro. Se la ricordano bene i catanesi la città della primavera di Enzo Bianco. Ed è forse per questo, per protesta, per la fatica che si fa oggi a viverla, che Donatella Finocchiaro ha deciso di raccontarla in un affresco struggente e appassionato, un documentario che, attraverso la voce dei suoi figli più noti, ne ripercorre un pezzo di storia recente. Com’era la città etnea fino a dieci anni fa? «Racconto anche di me stessa eterna pendolare», spiega l’attrice, «un’artista che non si rassegna a chiudere con la città dove è nata, oggi quasi irriconoscibile». Soprannominata “Catania la gaia” per l’aria di tolleranza che tirava, bellissima e moderna, travolgente e creativa, una città all’avanguardia per una generazione “avanti” – artisti, in-


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Tv a perdere

di

beatrice monroy

«Oui, je suis terron...» Palermo come luogo comune

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che ora arriva? / se, arriva / forse alle undici ma forse a mezzogiorno / l’altro giorno saltò il turno / seh e poi arrivò senza pressione / all’ottavo piano, niente, da me non ci arrivava / il motorino mi si è riempito di aria / allora? / ho provato a sgripparlo / niente / poi ci sono riuscita ma ormai era tardi / e quindi? / ho saltato il turno / speriamo che viene oggi / chissà / bisogna avere fiducia delle volte ci accontentano ma delle volte no / magari ci sono lavori / magari / magari l’hanno dovuta portare da un’altra parte d’urgenza / all’ultimo, all’ultimo… attacco? / attacca… Si diceva “acquata”, l’attracco che perfino le navi corsare potevano fare all’Acqua dei Corsari, per rifornire d’acqua le loro navi, ga-

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Quaderno a quadretti


La Porta di Gibellina di Pietro Consagra

scenari teatrali

> corrao e le orestiadi alle origini di un’utopia In una Sicilia il cui tempo era apparentemente di passaggio, segnata da intrighi e limaccioso malaffare, dove la mafia sparava quasi quotidianamente ed eccellenti spesso erano i cadaveri, quando si affacciava l’ambiguo profumo del benessere e si celebravano i tanti funerali della memoria, mentre s’inauguravano gli isterici sprechi di una gioventù borghesemente ignara, nella Sicilia degli anni Ottanta c’era anche una Sicilia percorsa da una brezza borghesiana che sapeva muoversi fantasticando, che non la dava vinta al sonno dei mostri, inseguendo progetti di cultura che s’innervassero nel tessuto sociale e provando a rendere agibile la stagione dei sogni. Di quella Sicilia, Ludovico Corrao è stato generoso e insostituibile protagonista, abile tessitore ed appassionato alfiere, trascinatore d’avventure e sensibile scopritore di talenti, frammento di roccia antica, aperto al nuovo come pochi, pozzo di candore e di malizia, cuore di lampeggiante fierezza e di affettuosa gentilezza, ricco di un’esuberanza teatrale che sembrava rendere tutto possibile. La geniale intuizione di Ludovico Corrao – quella di trasformare

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il lutto in festa, la pena infinita in motivo di riscatto perenne – si ammantava dell’ambizione di consegnare a uno sconosciuto paesino della profonda Sicilia cancellato dal terremoto del 1968 la gloria di diventare centro culturale della tradizione e della modernità mediterranea, creando uno straordinario paesaggio d’arte. La devastazione poteva diventare l’occasione di una folgorante rinascita, un po’ com’era avvenuto nella nostra storia con la ricostruzione del Val di Noto, divenuto dopo il sisma del 1693 un eccezionale ordito barocco unico al mondo.


Hanno scritto in questo numero > ROBERTO ALAJMO scrittore e giornalista Rai, è nato a Palermo nel 1959 e a Palermo continua a vivere. Fra i suoi libri: “Notizia del disastro” (Garzanti, 2001), col quale ha vinto il premio Mondello. e “Cuore di Madre” (Mondadori, 2003), finalista ai premi Strega e Campiello. Nel 2004 è uscito “Nuovo repertorio dei pazzi della città di Palermo” e nel 2005 il romanzo “È stato il figlio”, finalista al premio Viareggio e vincitore del SuperVittorini e SuperComisso. > ANGELA ALLEGRIA giornalista pubblicista, redattore de Il clandestino con permesso di soggiorno. Nata a Ragusa nell’83, è laureata in Scienze giuridiche e laureanda in Giurisprudenza. Curiosa di apprendere cose nuove e di scoprire ciò che altri vorrebbero celare, si interessa di tutti gli argomenti. Ama la letteratura e la storia dell’arte. È onorata di poter scrivere per I quaderni de L’Ora. > GIULIO AMBROSETTI giornalista professionista, vive e lavora a Palermo. È stato cronista politico de L’Ora negli anni ’80. Ha lavora poi in numerosi giornali ed è stato corrispondente di testate nazionali. Appassionato di ippica, i suoi miti sono: Sergio Brighenti, che definisce «il piu grande driver di tutti i tempi», Nello Bellei e Walter Baroncini. > SILVIA BELLOTTI nata a Roma dove ha studiato ed è divenuta architetto. Dopo aver frequentato la scuola di giornalismo della “Fondazione Lelio e Lisli Basso”, ha deciso di trasferirsi in Sicilia per svolgere il suo tirocinio presso la redazione de I

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quaderni de L'Ora. Come architetto ha progettato la trasformazione in parco naturale di una ex base militare israeliana nei territori occupati. > ROBERTO COLLOVÀ architetto e designer, insegna presso la Facoltà di Architettura di Palermo e collabora come fotografo e pubblicista con diversi editori e riviste di architettura italiane e straniere. Tra i suoi progetti la “Ricostruzione delle Case Di Stefano a Gibellina”, finalista del Mies Van der Rohe Award 1990 (con Aprile, La Rocca) e il Teatro all’aperto di Salemi (con Aprile, Venezia), la Chiesa Madre e la Piazza Alicia (con Alvaro Siza Vieira). Ha vinto numerosissimi premi internazionali e ha insegnato in accademie e università in Svizzera, a Barcellona, Lisbona e Venezia. > GIAN MAURO COSTA è caposervizio alla Rai di Palermo e conduttore radiofonico. Appassionato di cinema, ha realizzato come giornalista e regista, programmi, film e numerosi documentari per la Rai. Ha scritto anche due romanzi (“Yesterday” e “Il libro di legno”), entrambi per la casa editrice Sellerio. > GIANFRANCO CRISCENTI nato a Palermo nel 1963, si è iscritto all’Ordine dei giornalista nell’89. Ex direttore responsabile dell'emittente televisiva Alpa1 di Alcamo, ha collaborato per circa vent’anni con la sede regionale Rai. La passione per le scienze lo ha portato a collaborare con gli uffici stampa dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e della Fondazione Majorana di Erice. Attualmente è corrispondente da Trapani dell'agenzia An-

sa (con la quale collabora dal ’93) e collaboratore fisso del Giornale di Sicilia (contrattualizzato con l'articolo 12 dal 1989). Si occupa, prevalentemente, di cronaca giudiziaria. Dirige anche un periodico locale controcorrente L’Isola. > RITA DI GIOVACCHINO giornalista e scrittrice. Dal 1988, come inviata de Il Messaggero, ha trascorso lunghi periodi in Sicilia per seguire importanti inchieste sulla mafia. Attualmente collabora con il Fatto Quotidiano. Ha scritto quattro libri-inchiesta e un romanzo. Nel 1994 ha pubblicato con Tullio Pironti “Scoop mortale”, la prima biografia di Mino Pecorelli. Nel 2003 il “Libro nero della Prima Repubblica” (Fazi Editore); nel 2007 ha curato un’inchiesta sugli omicidi in famiglia, “Delitti privati”. Nel 2009 ha pubblicato “Storie di alti prelati e gangster romani”. Nel 2010 è uscito il suo primo romanzo, “Il lago di Venere”, firmato con lo pseudonimo di Domizia Jankov. > ELENA GIORDANO nata a Catania, è laureata in Scienze politiche ed è giornalista professionista dal 2000. Ha cominciato nel 1989 a Milano nella redazione tedesca del mensile di moda Vogue (Condè Nast), ha collaborato con Tele+ e Rai Tre e dopo qualche anno è tornata in Sicilia, suo vero grande amore, ricominciando da cronista nella redazione de Il Mediterraneo. Si è occupata di uffici stampa e non ha mai abbandonato la passione per la cultura e per la moda, che ha seguito come giornalista per il più importante gruppo italiano di hair e make-up stylist.


Hanno scritto in questo numero > ROBERTO IMMESI giornalista pubblicista, 25 anni, scrive di politica e di sport. Collabora con le testate Livesicilia.it, "S" e Corriereinformazione.it e ha collaborato con la redazione palermitana de La Sicilia e con il settimanale Magma. È stato redattore dei mensili SiciliaTempo e Anteprima e ha diretto il mensile Inprimafila magazine e il free press Cassaroute. È direttore della testata sportiva Golsicilia.it e caporedattore del free press Rosanero. > GIUSEPPE LO BIANCO è cronista di giudiziaria. Negli anni ’80 ha lavorato a Palermo al quotidiano del pomeriggio L’Ora. Oggi collabora con Il Fatto Quotidiano e con la rivista Micromega. Ha scritto con Sandra Rizza numerosi saggi sulla mafia. L’ultimo è “L’Agenda nera della seconda Repubblica” (Chiarelettere, 2010). > MAURO MEROSI romano, giornalista professionista, ha iniziato a lavorare 21 anni fa a L’Ora. Poi ha lavorato alla Rai, nella redazione cultura del Gr1 e a RaiNews24 come autore di reportage. Ha collaborato con giornali del Gruppo L’Espresso e della Rizzoli. È autore di un libro sulla Somalia, tradotto in varie lingue. > BEATRICE MONROY narratrice, scrive per Radio Rai e per il teatro. Insegna scrittura creativa. Ha animato per dieci anni la libreria “Libr’aria” con “La notte dei mille racconti”. Ultime pubblicazioni: “Portella della Ginestra, indice dei nomi proibiti” (Ediesse edizioni-Roma); “Journal intime e politique” (Hp edizioni-Francia) con Laura Pariani,

Antonella Cilento, Marcello Fois, Antonio Pascale; “Tutti in scena Manuale di drammaturgia” (ed Meridiana); “Elegia per le donne morte” (Navarra editore). > GIUSEPPE PIPITONE nel 2006, con alcuni amici, fonda L’Isola, un quindicinale d’informazione distribuito in provincia di Trapani. Collabora con Il Fatto Quotidiano e con La Voce delle Voci. Gli sarebbe piaciuto poter scrivere su L’Ora, ma aveva cinque anni quando quel giornale chiuse i battenti. > FRANCESCO PUMA è critico cinematografico. Ha partecipato al film “Come inguaiammo il cinema italiano”, e ai programmi televisivi I migliori nani della nostra vita e Ai confini della pietà di Ciprì e Maresco. Ha un cameo nel film “Cacao“ per la regia di Luca Rea, ancora inedito in sala. Ha partecipato all’ultima edizione di StraCult di Marco Giusti. Collabora attualmente con il periodico on-line ReVision e con il Courmayeur Noir in Festival. > PASQUALE RINALDIS si è avvicinato al mondo del giornalismo quasi per caso durante gli anni universitari, entrando dapprima nello staff di Vespina di Giorgio Dell’Arti. Chiamato da Il Foglio poco dopo, vi ha lavorato per quasi cinque anni. Da novembre 2009 è redattore del Il Fatto Quotidiano. Appassionato di musica, cura la rubrica “Vive le rock” su ilfattoquotidiano.it. > SANDRA RIZZA ha cominciato l’attività di giornalista a L’Ora. Oggi collabora con Il Fatto Quotidiano e Micromega. Con Giuseppe Lo Bianco ha scritto numerosi saggi riguardanti la

mafia e la criminalità organizzata. L’ultimo suo libro è “L’Agenda nera della seconda repubblica” (Chiarelettere, 2010). > GAETANO SCONZO una laurea e mezza in bacheca, presuntuoso com’è si vanta di aver dimenticato in quale cassetto sia stato lasciato il proprio certificato di nascita, abbondantemente made in “anteguerra”. Giornalista professionista, ha lavorato per Telestar, Gazzetta del Popolo, Gazzetta dello Sport, Giornale di Calabria e L’Ora, collaborando a lungo con la Rai e con numerose testate quotidiane (Corriere dello Sport su tutti) e periodiche (Il calcio illustrato principalmente). Ha pubblicato numerosi libri ed è stato insignito di premi giornalistici. Ha praticato vari sport (su tutti calcio, pallanuoto e ciclismo) ed è stato dirigente federale Coni. > FRANCESCO TERRACINA giornalista professionista, lavora all’Ansa di Palermo. È stato redattore de L’Ora, direttore de Il Mediterraneo, caporedattore di OG. Ha collaborato con varie testate tra cui L’Europeo, Il Mondo, Il Manifesto, Diario. > GUIDO VALDINI giornalista professionista, ha svolto il nucleo principale della sua attività al giornale del pomeriggio L’Ora, dov’è stato anche capo redattore fino alla chiusura del quotidiano nel maggio del 1992. È stato capo ufficio stampa del Comune di Palermo durante la sindacatura di Leoluca Orlando. È critico teatrale de La Repubblica Palermo e consulente del Teatro Biondo Stabile. Ha dato alle stampe numerose pubblicazioni sul teatro in Sicilia.

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