Mensile di inchiesta, dibattito, analisi politica e sociale Maggio 2011 - Anno 1 - n. 4
Comitato di Direzione: Vittorio Corradino, Giuseppe Lo Bianco, Sandra Rizza Direttore responsabile: Giuseppe Lo Bianco Comitato dei Garanti: Emma Dante, Antonio Ingroia, Antonella Monastra, Vincenzo Provenzano Hanno collaborato: Laura Anello, Nuccio Anselmo, Vincenzo Borruso, G. M. Costa, Rosalba Di Gregorio, Adele Fortino, Elena Giordano, Nico Gozzo, Antonio Mazzeo, Mauro Merosi, Luciano Mirone, Gabriello Montemagno, Franco Nicastro, Giuseppe Pipitone, Pasquale Rinaldis, Walter Rizzo, Agostino Spataro, Bianca Stancanelli, Marco Travaglio, Guido Valdini Disegni: Alessandro Bazan Editing: Progetto-laboratorio Responsabile: Giuseppe Giarratana Progetto grafico e impaginazione: Carlo Cottone Direzione, redazione, amministrazione: Via Dante, 25 - 90141 Palermo - Tel. 091 6119685 email: info@iquadernidelora.it http://www.iquadernidelora.it Società Editrice Micromedia Scarl (soci: Vittorio Corradino, Giuseppe Lo Bianco, Letizia Palagonia, Sandra Rizza) Via Dante, 25 - 90141 Palermo Pubblicità: Agenzia Free Press. Direttore pubblicità: Vinicio Boschetti - Cell. 347 9661939 Distribuzione: Sicula Distribuzioni di M. La Barbera, via Camillo Camilliani, 78 90145 Palermo - Tel. 091 6766873. Per rifornimenti chiamare cell. 335 8167036
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Sommario 9 EDITORIALE 13 23
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In copertina: “Palermo”, olio su tela di Alessandro Bazan
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Ci sono giorni in cui invidio i porcospini
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SAMUEL BECKETT
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Dossier Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza Un intrigo internazionale dietro il delitto Fragalà Giuseppe Pipitone Marzia Fragalà: «Mi vergogno di questo silenzio assordante» Domenico Walter Rizzo Tra Famà e il cliente-boss la distanza di una scrivania Nuccio Anselmo Una scarpa volò dalle gabbie: ordine di morte per D’Uva Franco Nicastro Sanseverino: per Fragalà un sicario venuto da fuori Nico Gozzo e Rosalba Di Gregorio Il procuratore e l’avvocato... Mangano, né mostro né mito Marco Travaglio Massimo, il prestigiatore e le verità già acquisite Luciano Mirone Il mistero Impastato tra stragi e trattativa Antonio Mazzeo Sicilia Us Navy, piattaforma nel Mediterraneo Elena Giordano Muos, dall’orecchio Usa radiazioni su Niscemi Agostino Spataro Dalla difesa avanzata agli attacchi oltreconfine Adele Fortino “Clandestino import spa” e il business è servito... Vincenzo Borruso Se la scure dell’assessore toglie speranze di vita Laura Anello Il sindaco boogie-woogie di una città andata affan’cool Gabriello Montemagno I fratelli Biondo e la città cannibale Giuseppe Lo Bianco Cosa Nostra? In Italia è ormai l’unica avanguardia culturale Bianca Stancanelli Il “Califfo di Cuccubello” beato fra le donne IL QUADERNO A QUADRETTI Guido Valdini, Gian Mauro Costa, Pasquale Rinaldis, Mauro Merosi
Editoriale
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ccisi come Enzo Fragalà, Serafino Famà, Nino D’Uva, Giuseppe Ramirez. Indagati per mafia e poi prosciolti come Vito Ganci, Nino Mormino, Cristoforo Fileccia, Salvatore Gallina Montana, Antonio Battaglia. Processati per mafia e poi assolti come Marco Clementi, Carmelo Cordaro, Filiberto Scalone, Ciccio Musotto, Santino Mocciaro, Franco Marasà. Arrestati per mafia e poi pentiti, come Marcello Trapani. Spariti oltreoceano per «cambiar vita» (ma poi tornati sui propri passi) come Nino Caleca e Aldo Caruso, difensori di boss mafiosi. Processati per mafia e condannati, con conseguente radiazione dall’albo di Palermo, come Memi Salvo, Salvatore Chiaracane e Gaetano Zarcone, quest’ultimo coinvolto nel tentato omicidio del boss detenuto Gerlando Alberti. E poi un suicida, un penalista affermato che ha scelto di togliersi la vita dopo aver ricevuto un avviso di garanzia per associazione mafiosa: Salvatore Montana di Caltanissetta. Non è facile indossare la toga del difensore in Sicilia. Come dice lo stesso presidente dell’Ordine degli avvocati di Palermo, Enrico Sanseverino: «Essere avvocato a Palermo non è lo stesso che esserlo a Roma, Milano e altre parti d’Italia. Qui devi confrontarti con la realtà che conosciamo». Quello dell’avvocato, in terra di mafia, è un mestiere vissuto pericolosamente. Come un acrobata, in perenne equilibrio sul filo del codice penale, il difensore si trova spesso
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di
Dossier
giuseppe Lo bianco e sandra rizza
Un intrigo internazionale dietro il delitto Fragalà
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n segnale di morte lanciato da Cosa Nostra agli avvocati di Palermo, a quei penalisti di punta che, popolando le liste di Forza Italia e di An, negli anni passati sono sbarcati a Montecitorio con promesse di garantismo, soprattutto sul 41 bis, mai di fatto mantenute. Un omicidio mafioso in piena regola, ma stavolta camuffato da delitto d’impeto, per evitare la riapertura dell’emergenza e la prevedibile reazione dello Stato. Oppure un “intrigo internazionale” – ed è questa la novità – che parte dall’attività politica, e in particolare da una precisa denuncia, formulata nel 2001 in commissione Stragi. Sono due le piste che la Procura di Palermo, ad un anno e tre mesi dall’uccisione di Enzo Fragalà, avvocato penalista tra i più noti a Palazzo di Giustizia, sta valutando con
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Dossier
di
Giuseppe pipitone
Marzia Fragalà: «Mi vergogno di questo silenzio assordante»
«M
i vergogno di Palermo, mi fa vergognare questa città che vive ancora immersa nella totale omertà. Mio padre è stato ucciso selvaggiamente in pieno centro alle otto di sera e nessuno ha visto niente. È assurdo». Marzia Fragalà, 30 anni, parla con fierezza di suo padre, della sua vita spezzata, poco più di un anno fa, in quel pezzo di strada buia di fronte al Palazzo di Giustizia. Torna indietro con la memoria ai giorni immediatamente precedenti al delitto di via Nicolò Turrisi, a quelle prime settimane dell’anno scorso. Un periodo che ricorda giustamente come «pieno di felicità». Lei aveva appena sostenuto gli esami per diventare avvocato. E aspettando che arrivasse il fatidico giorno del giuramento, aveva iniziato a preparare il suo matrimonio. La vita professionale e
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Dossier
di
domenico Walter rizzo
Tra Famà e il cliente-boss la distanza di una scrivania
S
erafino Famà assomigliava fisicamente a una statua greca: a una di quelle che ogni tanto emergono dai fondali del Mediterraneo, strappate al loro sonno negli abissi dalle reti dei pescatori, che portano su, indifferentemente, il cadavere di un povero disgraziato annegato nel naufragio di un barcone o le forme perfette di una scultura classica fuse nel bruno bronzo. Serafino Famà era la copia del dio Pan, con i suoi lineamenti da satiro, i suoi capelli crespi, spruzzati di grigio. E poi quel nome, Serafino, che anch’esso evocava scenari bucolici e campestri. Si rimaneva quasi stupiti nel vederlo con la toga sulle spalle e il codice in mano nell’aula bunker di Bicocca, a Catania, durante i grandi processi di mafia della prima metà degli anni Novanta. Prima di quei processi Sera-
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Dossier
di
nuccio anselmo
Una scarpa volò dalle gabbie: ordine di morte per D’Uva
L’
istantanea della morte è un clic impuro. Il fiotto di sangue rappreso dell’unico colpo sparato, la cornetta caduta e scheggiata del vecchio telefono nero, la cerniera dei pantaloni abbassata per tentare l’improbabile mascariamento. Sono le sette di sera passate del 6 maggio 1986. Al terzo piano di Palazzo d’Alcontres, in via San Giacomo, in pieno centro a Messina, proprio accanto al Duomo, l’avvocato Nino D’Uva è scivolato sotto la scrivania. Il killer è andato via da poco. Prima ha citofonato, si è fatto aprire dal legale che è solo nel suo studio accanto alla casa di famiglia, come sempre per ricevere i clienti fino a tardi, lo ha trovato quasi di spalle sulla poltrona girevole, sta telefonando, la sua agenda è aperta sulla scrivania alla lettera “S”. Ha composto i primi tre numeri, un sette,
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Dossier
di
franco nicastro
Sanseverino: per Fragalà un sicario venuto da fuori
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ifendi l’imputato, non sposarne la causa, mi raccomandava il mio maestro Pierfranco Bonocore». Per Enrico Sanseverino, presidente dell’Ordine degli avvocati di Palermo, quella lezione è sempre attuale: riassume l’orizzonte etico di una professione che in Sicilia appare sempre più stretta tra le pressioni del cliente e il rispetto delle regole. – Si direbbe che sia un equilibrio precario. Lo fa pensare il brutale agguato a Enzo Fragalà. C’era stato qualche segnale? «Assolutamente no. Non c’erano le condizioni perché si potesse temere un’esplosione di violenza così brutale, così devastante. Da tempo immemorabile non c’erano state a Palermo manifestazioni minacciose nei confronti di un avvocato».
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di
Dossier
nico gozzo* e rosalba di gregorio*
Il procuratore e l’avvocato... Mangano, né mostro né mito
È *Nico Gozzo, magistrato, è procuratore aggiunto a Caltanissetta *Rosalba Di Gregorio è avvocato penalista del Foro di Palermo
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possibile in questo nostro Paese, ormai sclerotizzato nella contrapposizione faziosa, nell’incapacità a dialogare, nel darsi la voce l’uno sull’altro pur di non fare sentire il pensiero di chi si confronta, parlare insieme di un mafioso? È possibile che il difensore di Vittorio Mangano, Rosalba Di Gregorio, e il pubblico ministero, Nico Gozzo, scrivano insieme un articolo su di lui? Questo è il quesito che – pur tra i mille problemi che la vita ci pone ogni giorno – ci siamo posti. E l’abbiamo risolto positivamente, confrontandoci, come abbiamo fatto, peraltro, per trentacinque anni, su vari temi. Abbiamo giudicato possibile farlo, anche su un “cattivo” per definizione, su un mafioso, per giunta condannato in primo grado anche per un omi-
Il rebus Ciancimino
di
marco travaglio
Massimo, il prestigiatore e le verità già acquisite
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l caso di Massimo Ciancimino, il superteste della trattativa arrestato alla vigilia di Pasqua dalla Procura di Palermo con l’accusa di calunnia aggravata, ha letteralmente invaso le cronache degli ultimi giorni. Non possiamo assolutamente lasciar passare quello che è successo senza cercare, là dove è possibile, di dare una spiegazione. Anche se, come vedremo, le spiegazioni in questo momento sono varie. E in questo momento non possiamo sceglierne una sola. Sui giornali il sillogismo è: Ciancimino è stato arrestato per aver falsificato un documento, dunque tutti i documenti che ha portato sono falsi, dunque tutto quello che ha detto è falso, dunque i magistrati che lo hanno ascoltato e utilizzato come persona informata sui fatti (sia pur indagato per reato connesso)
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Mafia & Stato
di
luciano mirone
Il mistero Impastato tra stragi e trattativa
C’
è un invisibile filo che collega i depistaggi sul delitto di Peppino Impastato con alcuni buchi neri che hanno contrassegnato la trattativa tra lo Stato e la mafia dopo le stragi degli anni Novanta e la mancata cattura di grandi latitanti come Bernardo Provenzano e Nitto Santapaola. A trentatré anni dalla morte dell’ex esponente di Democrazia Proletaria – per la quale sono stati condannati all’ergastolo l’ex boss di Cinisi Tano Badalamenti, deceduto in un penitenziario del New Jersey nel 2004, e a trent’anni il suo braccio destro Vito Palazzolo – emergono nuovi elementi che portano a ritenere che l’assassinio di Impastato non sia stato un semplice omicidio di mafia ma un vero e proprio delitto “eccellente” collegato con i più grossi misteri dell’Italia repubblicana.
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Guerra/1
di
antonio mazzeo
Sicilia Us Navy, piattaforma nel Mediterraneo
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embra essere stato forgiato all’inferno il cacciabombardiere A-10 “Thunderbolt” in dotazione all’Us Air Force. Sul velivolo è montato un cannone lungo più di 6 m, il GAU-8 “Avenger” (“vendicatore”): un’arma spietata, in grado di sparare fino a 4.200 colpi in un minuto. I proiettili di 30 cm contengono ognuno 300 g di uranio impoverito per perforare blindati e carri armati. Conti alla mano, a ogni raffica “Avenger” disperde nell’ambiente più di 15 kg di microparticelle radioattive. Il “Thunderbolt” è stato impiegato nel 1991 durante la prima guerra del Golfo; poi è stata la volta dei conflitti in Bosnia, Serbia-Kosovo, Afghanistan e Iraq. Il Pentagono ha ammesso di utilizzarlo adesso in Libia contro i mezzi delle truppe filo-Gheddafi. Com‘è stato ammesso l’uso
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Guerra/2
di
elena giordano
Muos, dall’orecchio Usa radiazioni su Niscemi
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fficialmente tutto è iniziato nel 2008, ma nessuno ne parla. I lavori per la costruzione del sistema MUOS, un’enorme ricetrasmittente, la più grande stazione di telecomunicazione militare del Mediterraneo, pericolosissima per la salute degli abitanti delle zone circostanti, hanno avuto finora l’ok da parte di tutte le istituzioni (Stato, Regione e Provincia). La questione, ma pochi lo sanno, consiste nella messa in funzione di un sistema sofisticatissimo che emetterà radiazioni elettromagnetiche per permettere le comunicazioni segrete tra le forze armate americane dislocate tra la nostra area atlantica e il nord Africa in punti sottomarini, a mare e a terra e che sorgerebbe a soli 2 km da Niscemi, a stretto contatto con il centro abitato. Le proteste da parte dei cittadini sono esplo-
Guerra/3
di
agostino spataro
Dalla difesa avanzata agli attacchi oltreconfine
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uello che si temeva sta accadendo o è già accaduto: il mutamento del ruolo e della prospettiva generale della Sicilia nei suoi rapporti con l’area mediterranea. La conferma più clamorosa è venuta dalle parole dell’eclettico ministro della difesa, il siciliano Ignazio La Russa, il quale, agli inizi dei bombardamenti della triade (Sarkozy, Cameron e Obama), ha fatto sapere ai siciliani e al mondo che «la Sicilia è la portaerei della NATO nel Mediterraneo» e che pertanto la metteva a disposizione degli interventisti.1 Si può obiettare che quelle del ministro sono parole al vento, di circostanza, ma è pur sempre il titolare di un dicastero delicato e nessuno le ha smentite o contestate. Meritano, perciò, di essere considerate per il peso che hanno. D’altra parte, la svolta era nell’aria,
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Immigrazione
di
adele fortino
“Clandestino import spa” e il business è servito...
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re milioni di euro al mese alla Croce Rossa, scelta senza gara d’appalto come gestore del centro di accoglienza immigrati di Mineo, 360 mila euro, sempre mensili, alla “Pizzarotti spa”, proprietaria delle 404 villette del residence, complessivamente per tutto il 2011 sono 20 i milioni di euro spesi dal ministero degli Interni per garantire una dignitosa assistenza alle migliaia di profughi ospiti del centro. Più contenuto nei costi singoli (33,41 euro la spesa giornaliera di un immigrato) ma ben più alto quello complessivo per via degli oltre 30 mila extracomunitari approdati nell’isola da gennaio, è il “volume d’affari” del centro di Lampedusa, in contrada ’mbriaca, la porta d’ingresso europea dell’immigrazione clandestina, gestito dalla cooperativa “Lampedusa Accoglienza”.
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Sanità-crac
di
vincenzo borruso
Se la scure dell’assessore toglie speranze di vita
I
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siciliani non risulta siano stati mai particolarmente soddisfatti della qualità dei propri servizi sanitari. Tuttavia il loro interesse verso servizi che garantissero la salute è stato sempre abbastanza vivo e lo testimoniano i lasciti di beni (in un’epoca in cui erano rari i finanziamenti pubblici) di cittadini benestanti per ospedali ed enti assistenziali. L’ultimo strascico di questi comportamenti virtuosi, l’abbiamo scoperto in questi giorni e riguarda la perdita, da parte dell’Azienda sanitaria della provincia di Agrigento, di uno storico palazzo palermitano lasciato in eredità dal cavaliere Giuseppe Giambalvo all’ospedale della sua città, Menfi, e perso quasi certamente per incuria. L’insoddisfazione di oggi, purtroppo, travalica le situazioni storiche: ne sono conferma la
di
Palermo a perdere
laura anello
Il sindaco boogie-woogie di una città andata affan’cool
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el 2001, quando Gianfranco Miccichè tirò fuori dal cappello il suo coniglio-sorpresa, una mano malandrina vergò sul muro della Cala, il porto antico di Palermo, la frase che sarebbe rimasta nella microstoria della città: «Cammarata? Ma cu è, ‘u sciacquino ‘i Miccichè?». Dove sciacquino sta per vassallo, galoppino, lacchè. Già, quell’avvocato sportivo e sempre sorridente – la perfetta incarnazione del Credo berlusconiano nel goodlooking man – non lo conosceva quasi nessuno, se non i frequentatori del Ct1, il circolo del tennis più esclusivo dove lui amava alternare palleggi e galanterie. Storia politica molto breve, cominciata nel 1996 come factotum dell’allora coordinatore regionale di Forza Italia (era arrivato al cospetto del capo tramite il fratello Gaetano Micci-
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Historia
di
Gabriello montemaGno
I fratelli Biondo e la città cannibale
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millenovecentotré. La Belle Epoque palermitana si arricchisce di un nuovo grande teatro, il “Biondo”. Un altro spazio per spettacoli, feste e mondanità. Ma per quanti dei trecentoseimila abitanti della città quella è un’epoca belle? Non serve ricorrere a saggi storici o inchieste parlamentari per avere un quadro delle condizioni sociali di Palermo. Bastano le poche pennellate di uno scrittore come Edmondo De Amicis, che nel 1906 visitò la città: «V’è prodigalità e magnificenza in tutto ciò che colpisce gli occhi e può dar l’immagine d’una città prospera e potente; ma all’apparenza non corrisponde la realtà. Uscite da quell’enorme labirinto di viuzze oscure e sudicie, che si chiama l’Albergheria, dove brulica una popolazione poverissima in migliaia di fetidi
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Cinico Maresco
di
giuseppe Lo Bianco
Cosa Nostra? In Italia è ormai l’unica avanguardia culturale
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ranco Maresco, tempo fa hai detto che la mafia può essere considerata un’avanguardia culturale di questo Paese. È certamente un paradosso, ma come tutti i paradossi può diventare una chiave di lettura diversa ma attendibile per descrivere un’Italia definita da molti commentatori come un Paese dalla realtà rovesciata. Se sei d’accordo, farei partire da qui questa chiacchierata a tutto campo, sulla mafia e sull’antimafia, su Palermo e sull’Italia di oggi. Fino a dove, dunque, si spinge il paradosso? «Io ho parlato di avanguardia tanto tempo fa, quando cominciammo a fare le prime cose per Cinico Tv, alla fine degli anni ’80, inizio anni ’90. Dicevo che la mafia in qualche modo era uno dei pochi garanti, anzi l’unica garante dell’identità siciliana, nel male ovviamente; garan-
Le pagine de L’ORA
di
bianca stancanelli
Il “Califfo di Cuccubello” beato fra le donne Nel luglio del ’79 si apre al tribunale di Patti il processo contro Giuseppe Scaffidi Ponte, ex manovale tuttofare e incredibile personaggio passato alla storia con l’appellativo di “Califfo di Cuccubello”. Su di lui pendono accuse di tutti i tipi: dallo sfruttamento della prostituzione ai maltrattamenti, dal plagio all’alterazione di stato civile. Nel quotidiano L’ORA di venerdì 6 luglio 1979, l’inviata Bianca Stancanelli racconta la romanzesca vicenda di “Pippineddu” e le sue sette donne.
C
inque mesi di galera gli sono già costati cinque amanti in meno e due figlie in più. Con un harem in declino, una prole in espansione e una catasta di imputazioni addosso (sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, furto, violenza privata, maltrattamenti, plagio, alterazione di stato civile) Giuseppe Scaffidi Fonte, – «il califfo di Cuccubello» per la storia, Pippineddu per le sue sette donne e, per gli amici, Gnagnà, – trentaduenne millemestieri
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Hanno scritto in questo numero > LAURA ANELLO è redattore del Giornale di Sicilia e collaboratrice de La Stampa di Torino, quotidiano per il quale si occupa prevalentemente di cronaca e di società. Alla scrittura affianca l’attività di consulente dell’Università di Palermo, per cui ha ideato e coordina dal 2004 il festival di cultura “Le vie dei tesori”. Ha scritto il libro “Amore di madre” dedicato al fisico nucleare disabile dalla nascita, Fulvio Frisone, storia dalla quale è stata tratta una fiction Rai. Nel 2010 ha vinto il Premio Igor Man de La Stampa. > NUCCIO ANSELMO oggi è cronista di giudiziaria della Gazzetta del Sud. Negli ultimi quindici anni si è occupato di tutti i più importanti fatti di cronaca nera e dei processi celebrati a Messina. Ha seguito numerose inchieste e diversi maxiprocessi alle cosche mafiose della città e della provincia, tra cui quelli alla famiglia barcellonese, per l’uccisione di Beppe Alfano e di Graziella Campagna, per l’omicidio del professore Matteo Bottari. Ha raccontato per il suo giornale l’attività della Commissione parlamentare antimafia. In passato ha collaborato con il quotidiano Il Messaggero e con l’Ansa. Ha scritto alcuni saggi riguardanti la mafia. È stato segretario dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia. > VINCENZO BORRUSO Vincenzo Borruso, medico, pubblicista. Oggi in pensione.Ha diretto l’Osservatorio epidemiologico regionale e altri servizi dell’Assessorato sanità siciliano. Ha al suo attivo una serie di pubblicazioni che hanno riguardato la situazione sanitaria siciliana e nazionale. In atto collabora con quotidiani cartacei e online, fra i quali Repubblica Palermo e A sudEuropa.
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> GIAN MAURO COSTA è caposervizio alla Rai di Palermo e conduttore radiofonico. Ha realizzato come giornalista e regista, programmi, film e vari documentari per la Rai. Ha scritto anche due romanzi (“Yesterday” e “Il libro di legno”) per la casa editrice Sellerio.
lia, suo vero grande amore, ricominciando da cronista nella redazione de Il Mediterraneo. Si è occupata di uffici stampa e non ha mai abbandonato la passione per la cultura e per la moda, che ha seguito come giornalista per il più importante gruppo italiano di hair e make-up stylist.
> ROSALBA DI GREGORIO Avvocato penalista, difensore di Bernardo Provenzano e Pietro Aglieri, è impegnata da anni nella difesa di alcuni presunti mafiosi condannati all’ergastolo nel processo per la strage di via D’Amelio per i quali la procura di Caltanissetta si appresta a chiedere la revisione dopo le nuove dichiarazioni di Gaspare Spatuzza. Con il marito e collega di studio Franco Marasa’ ha scritto “L’altra faccia dei pentiti” (Edizioni La bottega di Hefesto, 1990).
> NICO GOZZO Procuratore aggiunto di Caltanissetta, è stato pubblico ministero a Palermo durante la stagione delle stragi. Si occupa da anni di processi di mafia, ha sostenuto l’accusa nel processo Dell’Utri indagando a lungo sull’origine delle fortune finanziarie di Silvio Berlusconi. A Palermo ha condotto le inchieste sugli omicidi dell’agente Agostino e di Emanuele Piazza, esplorando i settori di confine tra mafia e settori deviati degli apparati di sicurezza.
> ADELE FORTINO nasce a Messina alcuni decenni fa. Siciliana di scoglio, per dirla con Nisticò, non ha mai lasciato la propria città, accontentandosi di svolgere un ruolo di giornalista professionista di periferia. Ha iniziato per caso scrivendo su un bellicoso settimanale di controinformazione che si chiamava Il Soldo; poi ci fu L’Ora di Cattedra, il Mezzogiorno del Sole24ore, la Repubblica-Palermo, incursioni varie in tv locali con una rubrica chiamata L’Opinione. Oggi collabora con il Fatto Quotidiano, con il panino Sud del Sole 24 Ore, con il mensile I love Sicilia di Palermo.
> GIUSEPPE LO BIANCO è cronista di giudiziaria. Negli anni ’80 a lavorato a Palermo al quotidiano L’Ora. Oggi collabora con Il Fatto Quotidiano e Micromega. Ha scritto con Sandra Rizza numerosi saggi riguardanti la mafia. L’ultimo è “L’Agenda nera della seconda repubblica” (Chiarelettere, 2010).
> ELENA GIORDANO nata a Catania, è laureata in Scienze Politiche ed è giornalista professionista dal 2000. Ha cominciato nel 1989 a Milano nella redazione tedesca del mensile di moda Vogue (Condè Nast), ha collaborato con Tele Più e Rai Tre e dopo qualche anno è tornata in Sici-
> ANTONIO MAZZEO peace-researcher e giornalista impegnato nei temi della pace, della militarizzazione, dell’ambiente, dei diritti umani, della lotta alla criminalità mafiosa. Ha pubblicato alcuni saggi sui conflitti nell’area mediterranea, sulla violazione dei diritti umani e più recentemente un volume sugli interessi criminali per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina (“I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo Stretto”, Edizioni Alegre, Roma). Ha ricevuto il “Premio Giorgio Bassani-Italia Nostra 2010” per il giornalismo.
Hanno scritto in questo numero > MAURO MEROSI romano, giornalista professionista, ha iniziato a lavorare 21 anni fa a L’Ora. Poi ha lavorato alla Rai, nella redazione cultura del Gr1 e a RaiNews24 come autore di reportage. Ha collaborato con giornali del Gruppo L’Espresso e della Rizzoli. È autore di un libro sulla Somalia, tradotto in varie lingue. > LUCIANO MIRONE è nato a Catania il 10 maggio 1961. Ha iniziato la sua carriera collaborando con il Giornale di Sicilia, per poi passare a I Siciliani di Giuseppe Fava. Quindi ha scritto per una serie di testate nazionali come Diario, Left, Avvenimenti, Il Venerdì di Repubblica, Nuova ecologia, Oggi, Marie Claire. Fondatore e direttore dei periodici Lo scarabeo e Liberidea, oggi dirige il periodico L’Informazione, e collabora con la redazione palermitana del quotidiano la Repubblica. Ha pubblicato numerosi libri e per il teatro ha scritto il monologo “Uno scandalo italiano”, ispirato alla storia di Cosimo Cristina, il primo giornalista “suicidato” dalla mafia. > GABRIELLO MONTEMAGNO giornalista professionista, ha lavorato a L’Ora dove si è occupato di politica. Lavora nel teatro di prosa a Palermo fin dai tempi dell’università, in qualità di attore, regista, autore. In questa veste ha collaborato per circa vent’anni con la Rai regionale. Collabora con “Teates” e con il Teatro Biondo di Palermo. Ha pubblicato diverse opere di e sul teatro di prosa. > FRANCO NICASTRO è diventato giornalista a L’Ora. Vi è tornato come vicedirettore per una breve stagione. Oggi scrive per l’Ansa, il Secolo XIX e il periodico Segno. Si è a lungo occupato di mafia e dei rapporti tra criminalità organizzata e politica.
Dal 2004 al 2010 è stato presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia. > GIUSEPPE PIPITONE nel 2006, con alcuni amici, fonda L’Isola, un quindicinale d’informazione distribuito in provincia di Trapani. Collabora con Il Fatto Quotidiano e con La Voce delle Voci. Gli sarebbe piaciuto poter scrivere su L’Ora, ma aveva cinque anni quando il giornale chiuse i battenti. > PASQUALE RINALDIS si è avvicinato al mondo del giornalismo quasi per caso durante gli anni universitari, entrando dapprima nello staff di Vespina di Giorgio Dell’Arti. Chiamato da Il Foglio poco dopo, vi ha lavorato per quasi cinque anni. Da novembre 2009 è redattore del Il Fatto Quotidiano. Appassionato di musica, cura la rubrica “Vive le rock” su ilfattoquotidiano.it. > SANDRA RIZZA ha cominciato l’attività di giornalista a L’Ora. Oggi collabora con Il Fatto Quotidiano e Micromega. Con Giuseppe Lo Bianco ha scritto numerosi saggi riguardanti la mafia. L’ultimo è “L’Agenda nera della seconda repubblica” (Chiarelettere, 2010). > DOMENICO WALTER RIZZO giornalista, scrittore, autore televisivo. Ha lavorato a Telecolor e ha collaborato lungo con L’Ora e con l’Unità. Ha collaborato con Carlo Lucarelli e ha lavorato con Michele Santoro a Circus/ Sciuscià e recentemente ad Annozero. Ha scritto due libri (“Il Governo della mafia” e “Il Bluff - Viaggio nell’Italia del lavoro flessibile”) e curato la regia di alcuni documentari. Ha avuto il premio Ilaria Alpi, il premio Mario Francese e il premio Cronista. Attualmente lavora per Rai Tre come inviato
della trasmissione Chi l’ ha Visto?. Collabora con Il Fatto Quotidiano, sul quale cura il suo blog personale. > AGOSTINO SPATARO giornalista, direttore del Centro studi mediterranei e di Informazioni dal Mediterraneo, collabora con la Repubblica e con altri giornali italiani e stranieri. Nel 1972 è eletto segretario della federazione provinciale del Pci di Agrigento e nel 1976 deputato al Parlamento nazionale dove sarà riconfermato per tre legislature. Membro delle Commissioni affari esteri e difesa della Camera dei deputati è anche autore di numerosi saggi di politica internazionale. > BIANCA STANCANELLI è giornalista e scrittrice. Nata a Messina, ha cominciato a lavorare nella redazione de L’Ora di quella città come cronista di nera nel 1975. Ha scritto per l’Unità, Europeo, Il Mondo e Panorama, dove lavora dal 1987. Ha pubblicato racconti e saggi con Marsilio ed Einaudi. > MARCO TRAVAGLIO vicedirettore e cofondatore de Il Fatto Quotidiano, collaboratore fisso di Annozero. Ha scritto fra l’altro “Mani sporche” (con Barbacetto e Gomez), “Se li conosci li eviti” (con Gomez), “Italia Annozero” (con Vauro e Borromeo), “Bavaglio e Papi” (con Gomez e Lillo), tutti editi da Chiarelettere. > GUIDO VALDINI giornalista professionista, ha svolto il nucleo della sua attività al giornale L’Ora, dov’è stato anche capo redattore fino alla chiusura del quotidiano. È stato capo ufficio stampa del Comune di Palermo durante la sindacatura di Leoluca Orlando. È critico teatrale de La Repubblica di Palermo e consulente del Teatro Biondo Stabile.
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