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NUMERO 9 | GIUGNO 2014

Storie di eccellenza e innovazione

soluzioni mobili a misura d’impresa Gianluca Cimini, amministratore delegato di BT Italia, annuncia un deciso passo avanti della multinazionale nell'offerta voce e dati in mobilità.

MANIFATTURA 4.0

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Il digital manufacturing trasforma le fabbriche e i modelli di business, aprendo scenari inediti. Anche in Italia.

errori utili

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Imparare dagli insuccessi e puntare sui servizi. I segreti delle startup rivelati da Renato Soru, fondatore e anima di Tiscali.

e luce fu

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Arrivano i primi prodotti frutto della ricerca nel settore della fotonica. E promettono di cambiare faccia ai data center.

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SOMMARIO Storie di eccellenza e innovazione

N° 9 - Giugno 2014 Periodico bimestrale registrato presso il Tribunale di Milano al n° 378 del 09/10/2012. Direttore responsabile: Emilio Mango Coordinamento: Gianni Rusconi Hanno collaborato: Piero Aprile, Valentina Bernocco, Carlo Fontana, Paolo Galvani, Alfredo Gatti, Giuseppe Padula, Maria Luisa Romiti, Laura Tore Progetto grafico: Inventium Srl Sales and marketing: Marco Fregonara, Francesco Proietto Foto e illustrazioni: Istockphoto.

4 storie di copertina BT e l’arte di integrare fisso, mobile e dati

09 IN EVIDENZA L’analisi: Il copyright europeo del computing

Amazon Web Services, un business moltiplicato per sette

Storage: l’importanza di essere software

Con l’intelligence, prevenire è meglio che curare

L’opinione: Trasformazione digitale, sfida da non trascurare

16 SCENARI

Alla scoperta della fabbrica del futuro

Manifattura nel cloud, prove di industria 4.0

M2M, business globale pronto al decollo

Uno sguardo dentro le macchine parlanti

25 speciale

Gestionali: il segreto è l’integrazione

La coppia perfetta

Flessibilità di adozione

Editore, redazione, pubblicità: Indigo Communication Srl Via Faruffini, 13 - 20149 Milano tel: 02 36505844 info@indigocom.it www.indigocom.com Stampa: RDS Webprinting - Arcore © Copyright 2012 Indigo Communication Srl Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati. Il Sole 24 Ore non ha partecipato alla realizzazione di questo periodico e non ha responsabilità per il suo contenuto. Pubblicazione ceduta gratuitamente.

35 ECCELLENZE.IT Ministero dell’Economia e delle Finanze - DataCore Sebeto - Hp

Ferrari - Kaspersky Lab

38 italia digitale

L’agenda passa di mano: la rivoluzione rosa

Alla ricerca della cultura d’impresa

42 OBBIETTIVO SU

Intel Silicon Photonics

47 VETRINa HI TECH I tablet in cerca di una nuova identità In prova: Huawei Ascend P7


STORIA DI COPERTINA | BT in Italia

bt e l´arte di integrare fisso, mobile e dati La multinazionale annuncia il passaggio a Full Mvno: ora gestisce gran parte della filiera della telefonia mobile. Con un'offerta più completa che mai, pensa ai mercati verticali e punta a crescere nel mondo della Pubblica Amministrazione e delle imprese.

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“L’

Italia non è un Paese da cui trarre il flusso di denaro proveniente dalle bollette ma in cui immettere quello dei servizi a valore aggiunto. Proprio per questo BT sta investendo, così da favorire la continua evoluzione dei servizi, la diffusione della digitalizzazione sia per le piccole e medie imprese, sia per la Pubblica Amministrazione”. Questo è uno dei punti chiave della mission


fissa (che utilizza la tecnologia Voip di ultima generazione e che sfrutta l’infrastruttura in fibra ottica nelle grandi città), integrata con una potente piattaforma che eroga servizi It (cinque data center in Italia e cinquanta nel mondo). Sul fronte mobile, fino a ieri commercializzava i suoi servizi come operatore virtuale Mvno (l’acronimo sta per Mobile Virtual Network Operator) limitandosi quindi, in sostanza, alla rivendita delle Sim a proprio marchio e alla realizzazione della strategia di marketing. Si riparte dall’Italia

Stefania Truzzoli, chief operating officer di BT Italia

che l’amministratore delegato di BT Italia, Gianluca Cimini, sta portando avanti. E che viene confermato dai positivi risultati di BT Group per il 2013, in controtendenza rispetto a quelli di molti concorrenti, anche per quanto riguarda il nostro Paese. “BT ha preceduto l’andamento del mercato”, prosegue Cimini. “Oggi la connettività è indispensabile, ma è solo una commodity. Il valore di un operatore come BT passa attraverso i servizi messi a disposizione dei clienti e dalla modulazione dell’offerta” . L’indicatore più evidente del percorso di BT sono gli investimenti che il board internazionale sta autorizzando proprio per potenziare l’offerta nel nostro Paese. BT, lo ricordiamo, conta da tempo su una rete di comunicazione

La novità più recente è il passaggio di BT Italia a Full Mvno, vale a dire l’acquisizione di tutte quelle infrastrutture e attività “intelligenti”, come la commutazione delle comunicazioni, la profilazione e la registrazione degli utenti, che sono il cuore dell’attività di un operatore mobile. La scelta italiana rientra in una strategia più ampia di BT, che ritiene sempre più centrali le soluzioni in mobilità. “In pratica”, dice Cimini, “ora siamo un operatore mobile a cui manca solo la licenza. Nel settore business siamo i primi a partire, mentre altri nostri competitor, che hanno iniziato a realizzare il piano di investimenti prima di noi, sono ancora fermi al palo”. BT si appoggerà alle antenne di Telecom Italia ma ha già implementato la rete di apparati che le permetteranno di realizzare tutte le attività abitualmente gestite da un operatore vero e proprio. Dedicati al business

“In questi anni di esperienza come Mvno”, spiega Stefania Truzzoli, chief operating officer di BT Italia, “abbiamo toccato con mano i limiti di questo modello. Non è facile, infatti, vendere servizi alle imprese in un mercato le cui logiche sono governate dal segmento consumer. Ora che abbiamo il controllo sul cuore delle attività, possiamo ritagliare l’offerta su misura per le impre-

se, seguendo i trend e le sensibilità dei nostri clienti. Uno dei punti di forza della rete che abbiamo creato è quello relativo alla rete di commutazione, che ci permette di integrare perfettamente il mobile e il fisso, un vantaggio che pochi operatori possono offrire. Ora che abbiamo il pieno controllo delle operazioni possiamo addirittura creare una proposta mirata per i diversi settori di mercato iniziando da quelli più attivi nel nostro Paese come ad esempio il fashion, ma anche per le diverse tipologie di clienti: Pubblica Amministrazione, grandi imprese e Pmi”. Il nucleo della nuova offerta mobile sarà proprio la verticalizzazione e la specializzazione, una strategia che ha già mostrato di essere vincente in Gran Bretagna, paese di origine di BT, dove ad esempio sono state già sviluppate efficaci soluzioni per il settore dei trasporti e per la monetica. “Contrariamente ad altri operatori”, sottolinea Truzzoli, “noi non vediamo il mobile come una commodity per le imprese, ma come uno strumento per arricchire e rendere sempre più competitiva la nostra offerta. La banda sempre più larga concessa dalle nuove tecnologie come Lte, ad esempio, può essere efficacemente usata per soluzioni verticali che si affianchino ai servizi voce e dati tradizionali, disegnando una proposta unica nel mondo e specializzata”. Nell’implementazione della nuova offerta, che parte proprio in questi giorni, è stata fondamentale la capacità di BT di analizzare il comportamento dei clienti e di profilarli, utilizzando i più moderni strumenti di analisi. Da questa base di conoscenze, costruita in anni di lavoro con le organizzazioni più diverse, dalla Pubblica Amministrazione alle piccole e medie imprese, dipendono le chances di successo di un’offerta che cambierà sicuramente le caratteristiche del mercato Ict per il business. Emilio Mango 5


STORIA DI COPERTINA | BT in Italia

In controtendenza grazie a investimenti e cultura Cinquanta milioni di euro l'anno per espandere la rete in Italia. Frutto della rinnovata fiducia degli investitori internazionali in un Paese che per BT è secondo solo alla Gran Bretagna. La parola a Gianluca Cimini, amministratore delegato della realtà italiana.

G

ianluca Cimini, 44 anni, è il manager che dallo scorso anno BT ha voluto alla guida della struttura italiana, con il mandato e la sfida di riprendere a crescere in un contesto di mercato certamente non incoraggiante.

Come le sembra la navigazione di BT vista dal ponte di comando?

A livello globale, nel corso del 2013 i risultati di BT sono stati in controtendenza sia rispetto al trend macroeconomico sia rispetto ai benchmark del nostro settore. Tutti gli indicatori sono positivi, compreso l’utile prima delle tasse. I primi mesi del 2014 evidenziano la medesima tendenza e la filiale italiana sotto la mia responsabilità sta seguendo lo stesso positivo andamento del gruppo. Quali sono i motivi di questa crescita in un mercato non certo facile?

In primis la nostra capacità di essere un operatore “glocal”, vale a dire di affiancare a una rete globale che raggiunge oltre 170 nazioni nel mondo una significativa presenza nel nostro Paese, dove contiamo su infrastrutture capillari e all’avanguardia oltre che su un migliaio di specialisti Ict qualificati. Questo rapporto con il territorio ci ha consen6

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tito di essere il partner privilegiato delle tante eccellenze italiane, le cosiddette “multinazionali tascabili”, nel loro processo di crescita sui mercati emergenti. C’è stata in passato l’Italia dei distretti, poi l’Italia che spostava le produzioni all’estero, ora invece è il rapporto con il territorio che torna a essere importante, e noi ci siamo. A ciò aggiungo la nostra capacità di modulare l’offerta sulle esigenze delle imprese. Che cosa intende per modulazione dell’offerta?

Siamo attivi su diversi fronti (telecomunicazioni fisse e mobili, Voip, data center e servizi It) con un’offerta integrata e specializzata per diversi target: le grandi aziende, la Pubblica Amministrazione e anche le Pmi più dinamiche. In particolare, per la nuova offerta Full Mvno la nostra attenzione è focalizzata nel creare soluzioni verticali per ciascun settore. Alle medie imprese che esportano, ad esempio, ci affianchiamo con un’offerta dedicata ma anche con un aiuto concreto nel tessere le giuste relazioni internazionali, un aiuto che solo un’organizzazione completa e globale come BT può dare. E questo è sufficiente per invertire la tendenza del mercato?

Gianluca Cimini, AD di BT Italia

No, ovviamente, ci vogliono anche importanti investimenti. Solo in Italia, BT ha impiegato 150 milioni di euro negli ultimi tre anni per implementare e migliorare la rete. Per BT siamo il Paese più importante dopo la Gran Bretagna, e il passo deciso nella direzione del Full Mvno è un tassello importantissimo di una strategia improntata alla crescita e all’integrazione dei servizi. Nei prossimi tre anni abbiamo intenzione di spendere una cifra sicuramente non inferiore alla precedente. Ma per attirare gli investimenti internazionali e per convincere, come è avvenuto, i nostri azionisti a puntare sull’Italia, è stato fatto ed è necessario fare anche in futuro un grosso lavoro a livello culturale,


soprattutto sul fronte della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e delle piccole e medie imprese. Questa sfida, che dobbiamo assolutamente vincere come Paese, rende il mercato italiano una grande opportunità. Qual è la sua ricetta per avviare il non più rimandabile percorso di innovazione della PA?

Il processo di digitalizzazione degli enti pubblici è imprescindibile da un approccio che sia in grado di ripensare sistemi e processi in ambito tecnologico, favorendo lo sviluppo di una vera e propria cultura digitale che trasformi strutturalmente la Pubblica Amministrazione. La tanto auspicata “rivoluzione digitale” dovrà necessariamente essere supportata dall’attuazione del Piano Nazionale per la banda larga, che è la conditio sine qua non per creare i presupposti per un rapporto davvero digitale tra cittadini, imprese e Pubblica Amministrazione. In questo ambito, il ruolo di BT può essere, da un lato quello di sviluppare le infrastrutture e i servizi a valore che consentano al sistema-Paese Italia di muoversi alla stessa velocità dei principali partner europei e globali; dall’altro, quello di anticipare, grazie alla propria visione ed expertise globali, i trend tecnologici e di mercato offrendo servizi innovativi in termini di qualità e prezzo. Inoltre, in un momento in cui la trasparenza è un’istanza quanto mai sentita, il digitale può essere una risposta efficace e diretta per recuperare un clima di fiducia da parte dei cittadini e delle imprese permettendo di garantire un sempre più puntuale controllo nella gestione della macchina dello Stato, rendendo la Pubblica Amministrazione più efficiente e meno costosa. L’Italia ce la farà a cogliere queste sfide?

Sono sicuro di sì. Noi non faremo mancare il nostro impegno in modo determinante e significativo, contribuendo in termini di innovazione e risorse. E. M.

“The Art of Connecting” è l’ultima campagna con cui BT Global Services presenta le nuove offerte pensate per incoraggiare le imprese a utilizzare la tecnologia in modo creativo, così da ottenere sempre migliori risultati di business. “Per mettere a frutto le possibilità offerte dal mondo di oggi servono creatività e innovazione”, commenta Luis Alvarez, Ceo di BT Global Services, la realtà di BT Group a cui fanno riferimento le attività italiane. “Viviamo in un mondo sempre connesso, che dà ai nostri clienti la possibilità di interagire in modo creativo per realizzare risultati di business concreti. Sfruttan-

do le potenzialità del nostro portfolio e avvalendoci di un team specializzato in servizi professionali, BT Advise, ci impegniamo ad assistere i clienti nella gestione delle reti ibride intelligenti, offrendo un elevato livello di sicurezza e ottimizzando le prestazioni, la flessibilità e il controllo assicurati dal cloud. La nostra proposta comprende, inoltre, servizi che offrono valide esperienze di collaborazione e garantiscono massima efficienza alla mobilità. Per quest’anno, i nostri sforzi sono rivolti in un’unica direzione: aiutare i clienti a diventare maestri in un’arte, the art of connecting”.

Le frontiere del mobile targato BT Con il passaggio a Full Mvno si amplia il portafoglio BT di soluzioni mobili dedicate alle imprese. Le nuove Sim BT sono in grado di trasformare il telefono o il tablet in una chiave di accesso sicuro (identità digitale) a sedi, dati e applicazioni. È una funzionalità trasversale per tutti i settori aziendali, che permette di autenticare in maniera “forte” il possessore del telefono o del tablet allo scopo di effettuare tutte le operazioni che richiedono l’identità certa, quali ad esempio l’ingresso nelle sedi attraverso i tornelli, l’accesso alla rete aziendale, l’apertura di documenti protetti, la firma digitale delle pratiche. Al tempo stesso la Sim BT è anche un “contenitore” sicuro delle applicazioni aziendali. Grazie all’architettura di sicurezza sviluppata per Nfc (Near Field Communication), le Sim di BT hanno la capacità di interagire con il dispositivo mobile (telefono o tablet) per garantire un ambiente applicativo sicuro e separato da quello gestito dall’utente. Funzionalità,

questa, particolarmente utile per rendere sicure le applicazioni e i dati aziendali all’interno dei dispositivi di proprietà dei dipendenti (Byod). La Sim di BT va oltre la comunicazione tra persone, diventa un’abilitatrice del dialogo “tra macchine”. Grazie alla capacità di riconoscere e controllare le destinazioni e la tipologia del traffico, BT è in grado di ritagliare sulle proprie Sim servizi personalizzati per le specifiche applicazioni del cliente, quali ad esempio pagamenti elettronici Pos, rilevamento allarmi, controllo delle automobili, monitoraggio delle energie rinnovabili. Da ultimo, BT avrà anche la capacità di ospitare sulla propria infrastruttura di rete nuovi operatori mobili virtuali, che potranno distribuire le Sim con un proprio marchio e abilitare servizi e applicazioni specifici per i propri dipendenti, clienti o partner (come ad esempio banche, catene di franchising, promotori e agenti, che trovano sulla Sim funzioni e applicazioni specifiche per la loro attività). 7


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IN EVIDENZA

l’analisi

IL COPYRIGHT EUROPEO DEL COMPUTING? NON PARLA LE LINGUE EUROPEE

Steve Jobs ipotizzava addirittura una “guerra santa” dei brevetti, da scatenare contro Google. Giusto poche settimane fa la società di Cupertino siglava la pace con il colosso di Mountain View per mettere fine alle diverse controversie legali in essere con Motorola Mobility (nel frattempo ceduta da BigG a Lenovo). Se abbia ancora senso parlare di “patent war” o meno è, però, poco importante. L’importante, per i vendor, è detenere la proprietà intellettuale delle tecnologie alla base delle funzionalità di computer, telefonini, tablet e (ora) dispositivi indossabili. Facendo del copyright un’arma vitale, e non solo per garantire continuità di innovazione ai propri prodotti. Un elemento di peso nei rapporti di cross licensing e un asset di primo piano nelle operazioni di fusione e acquisizione. Se guardiamo all’Europa, chi sono i player che, in termini di numero di brevetti registrati, guidano la classifica? La risposta ci arriva dai dati relativi al 2013 resi noti dall’European Patent Office (Epo), dai quali balza subito all’occhio come le imprese del Vecchio Continente abbiano presentato il maggior numero di domande in nove dei dieci settori monitorati. L’unica eccezione? La categoria “computer technology”, dove a dominare la scena sono le compagnie asiatiche e americane. L’anno passato questo settore ha raccolto, a firma di 1.943 aziende richiedenti, 9.059 domande, il 5% in più rispetto al 2012. Un dato numericamente inferiore solo alle richieste registrate per le tecnologie mediche (10.668), per i macchinari e gli apparati del settore energia (10.307) e per il comparto

Nelle domande di brevetto presentate nel 2013 all’European Patent Office dominano la scena le aziende asiatiche e americane. della digital communication (sceso a 9.101 domande e anch’esso densamente popolato da aziende cinesi, coreane, giapponesi e statunitensi). A guidare la categoria “computer technology” c’è Samsung, con 634 domande di brevetto depositate. Poco meno del doppio di quelle Microsoft (386), più di cinque volte quelle della grande rivale Apple (120). Google, da parte propria, ha avanzato 156 istanze all’Epo, mettendosi alle spalle marchi storici come Hewlett-Packard (141) e Intel (135), nobili decadute come

BlackBerry (127) e realtà in forte ascesa come Huawei (110). Fra le case europee spiccano Philips, che ha avanzato 209 richieste di brevettazione, e Nokia, arrivata a 177 grazie soprattutto alla divisione mobile poi ceduta a Microsoft. Nella lista delle top 25 ci sono quindi Siemens (con 107 brevetti sottoposti ad approvazione), Ericsson (85) e Sap (con 74 domande). Nella classifica per Paese, questo un altro spunto di riflessione, la categoria “computer technology” vede il netto predominio delle aziende Usa, con 3.099 domande, davanti a Giappone (1.328) e Corea del Sud (812). Germania e Francia (727 e 652 richieste) si difendono egregiamente. L’Italia, invece, si ferma a 50 domande, circa un quarto di quelle presentate da Regno Unito, Finlandia, Svezia e Svizzera. Gianni Rusconi GIUGNO 2014 |

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IN EVIDENZA

AMAZON WEB SERVICES, BUSINESS MOLTIPLICATO PER SETTE

Lanciata nel 2006, la piattaforma cloud di Amazon vive un momento di grande crescita. “Nel 2013 abbiamo rilasciato 280 servizi e funzionalità e alla data del 30 aprile 2014 ne sono stati già lanciati 126, usati da centinaia di migliaia di clienti in 190 Paesi”, afferma Adam Selipsky, vice presidente di Amazon Web Services e responsabile della global business strategy. “Aws Marketplace mette a disposizione oltre 1.400 software. La base clienti è aumentata del 700% da gennaio 2013”. La piattaforma offre diversi benefici, tra i quali il fatto di non dover investire in infrastrutture: le risorse sono scalabili e utilizzabili secondo il modello “pay per use”. Sono quindi adattabili ad aziende di qualsiasi dimensione, anche alle startup, come spiega Selipsky: “Le startup non vogliono correre rischi legati a investimenti di capitale, in hardware e software. E con Aws si paga solo quello che si utilizza. Tra i clienti italiani abbiamo musiXmatch: sono entrati nel mercato nel 2010 e sono diventati rapidamente il catalogo di testi più grande al mondo con oltre 7 milioni di brani musicali in 32 lingue e 10 milioni di utenti. Grazie ad Aws l’azienda ha risparmiato fino al 90% sul costo della struttura. In Italia 10

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Nel giro di un anno la piattaforma cloud ha aumentato del 700% la propria base di clienti. Il marketplace conta oggi oltre 1.400 software. abbiamo diversi clienti, quali Seat Pagine Gialle, Imperia&Monferrina, Vodafone, Lamborghini, Goodyear Dunlop Tires Italy, Canon, Gucci e il Politecnico di Milano. Tra le startup anche Beintoo, Chili, Simplicissimus e Spreaker”. Le strategie per il futuro prevedono l’aggiunta di nuove “region” e strutture locali per creare un contatto più diretto con i clienti, con un occhio attento ai partner. “Fin dall’inizio abbiamo puntato a creare un ecosistema di partner: software provider, system integrator e consulenti”, conclude il manager di Amazon. “Lavoriamo con i maggiori system integrator al mondo tra cui Accenture, Capgemini, Sas. Fondamentali anche quelli locali, come Storm Reply e New Vision”. Maria Luisa Romiti (L’intervista completa è disponibile su www.ictbusiness.it)

NUOVI ANALYTICS PER ACCENTURE L’ultima acquisizione di Accenture si chiama i4C Analytics. Società italiana che, come il nome suggerisce, è specializzata in software e soluzioni di advanced analytics per le aziende, e che fa ora parte della divisione Accenture Analytics. Fondata nel 2002 e con una settantina di dipendenti, i4C porta in dote il suo Application Configuration Environment: un ambiente che permette di configurare applicazioni di analytics (anche specifiche per settore industriale o funzione aziendale) senza dover ricorrere alla programmazione.

LA PERLA SCEGLIE GOOGLE APPS Sinonimo di lusso e di moda fra i produttori di lingerie, La Perla è anche un marchio che prova a sfruttare al meglio i vantaggi delle applicazionie cloudbased. Le Google Apps for Business sono state adottate dall’azienda bolognese per migliorare la produttività e la collaborazione fra i suoi oltre mille dipendenti. Gianluca Guidotti, corporate It director di Gruppo La Perla, l’ha definito “un passo importante nel rendersi più indipendenti dalle piattaforme, hardware e software”.


I DATI SARANNO GRANDI A FINE ANNO Per Teradata, l’anno fiscale 2013 si è chiuso con un fatturato di 2.692 milioni di dollari (con un piccolo incremento rispetto al 2012) e con un utile netto di 459 milioni (in lieve flessione). La multinazionale ha oltre 2.500 clienti in 77 Paesi e, come amano dire i manager statunitensi, tre quarti delle prime 20 aziende Fortune utilizzano le sue soluzioni di data warehousing e di integrated marketing. Le fondamenta del business quindi sono solide, anche se molti dei progetti relativi ai Big Data, il trend che dovrebbe dare un deciso impulso ai risultati della multinazionale, sono ancora solo sulla carta. Technopolis ha intervistato Franco Vittone, a capo della filiale italiana di Teradata, per capire meglio quale sarà la velocità di diffusione dei nuovi progetti, anche nel nostro mercato. Come si sta sviluppando il settore dei Big Data a livello mondiale?

Nel 2013 poche aziende avevano progetti concreti, anche se sulla carta si tracciavano parecchie idee. Eravamo ancora in una fase di transizione. Noi di Teradata, comunque, abbiamo sempre avuto una posizione privilegiata

CLOUD: PER HP UN AFFARE MILIARDARIO

Su quali basi tecnologiche vi affiancate ai clienti?

Franco Vittone

Secondo Franco Vittone, country manager di Teradata in Italia, i primi progetti con i Big Data saranno ultimati nel quarto trimestre del 2014. da questo punto di vista, potendo contare su clienti importanti come eBay e LinkedIn. Entro la fine di quest’anno, invece, vedranno la luce molti altri progetti, qualcuno anche in Italia. Cifra tonda, un miliardo di dollari: è quanto Hewlett-Packard pianifica di investire nei prossimi due anni per sviluppare la propria offerta di prodotti e servizi cloud. La nuvola pubblica basata su OpenStack (progetto tra i cui fondatori figura Hp) dovrà arrivare a estendersi su una ventina di data center entro i prossimi diciotto mesi. L’azienda guidata da Meg Whitman non è sola nella corsa verso il cloud: anche Cisco vi destinerà un budget biennale di 1 miliardo di dollari, mentre Ibm spenderà addirittura 2,2 miliardi.

Abbiamo lanciato la Unified Data Architecture (Uda), un paradigma nato sul campo sviluppando i primi progetti e ora standardizzato e proiettato sul mercato globale. Secondo noi è una risposta completa al “problema” dei Big Data, perché consente alle aziende di gestire ogni tipo di dato (sia esso strutturato o non strutturato), proveniente da qualsiasi fonte, all’interno di uno stesso ambiente, che comprende anche le soluzioni per Big Data come Aster (per l’analisi) e Hadoop (l’open source che si integra perfettamente in Uda). Quali aziende arriveranno prima nella corsa ai grandi dati?

Dopo quelle attive nel Web, che sono già avanti, saranno probabilmente le telco e quelle del retail a poter sfruttare efficacemente grandi moli di dati. Sarà il marketing a godere dei primi risultati, potendo analizzare il comportamento dei clienti nell’interazione con più canali. Emilio Mango

“Senza economie di scala e senza volumi di vendita, e quindi senza quote di mercato, è difficile generare ricavi e di conseguenza profitti”. Yang Yuanqing chairman e Ceo di Lenovo

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IN EVIDENZA

SAS CAMBIA PELLE CON UN’OFFERTA PIÙ ACCESSIBILE Protagonisti dell'ultimo Sas Forum sono stati gli aggiornamenti del software di Visual Analytics e una nuova strategia commerciale, rivolta non più soltanto alle grandi aziende.

È una Sas rinnovata e più dinamica quella vista all’ultima edizione del Sas Forum dello scorso aprile. Se sul fronte dell’offerta le attenzioni si sono concentrate sull’ultima versione di Visual Analytics, su quello commerciale comincia a farsi strada l’idea che le grandi organizzazioni non siano più l’unico target della multinazionale. Così, l’appuntamento annuale perde qualcosa in formalità ma guadagna in vivacità, con l’intervento di blogger e startupper a ringiovanire la platea. In concreto, la strategia commerciale comprende ora anche un’offerta più accessibile, sia dal punto di vista dei costi

sia da quello organizzativo, chiamata Smart e destinata soprattutto alle Pmi che non hanno ancora avuto modo di entrare in contatto con il software di business analytics sviluppato da Sas. Quest’ultima, anche per rispondere agli attacchi provenienti da più parti (ovvero soprattutto Qlik sulla fascia bassa e media del mercato, e i grandi player globali sul fronte Big Data) ha dato un impulso allo sviluppo del proprio software, presentando interessanti novità sia per il prodotto Visual Analytics, rinnovato due volte negli ultimi quattro mesi, sia per la soluzione di Customer Intelligence.

BIG BLUE GUIDA LE AZIENDE, DA NEW YORK A SEGRATE

Per lanciarsi in nuovi progetti in ambito cloud, analytics, social e mobile a volte serve una guida. Ibm si propone in questo ruolo inaugurando a Segrate, alle porte di Milano, la versione italiana del suo Marketing Digital Lab già operativo a New York: un competence center che porterà avanti attività di formazione e di consulenza. Qui i clienti possono frequentare vari tipi di workshop e accedere ai dati di centinaia di studi dell’Institute for Business Value, a diversi servizi in ambito social e digital e a 130 demo interattive.

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INTEL A TUTTO CHROME OS Si chiama Intel l’ultima conquista dei Chromebook, categoria di prodotto che rappresenta ancora, soltanto, un 1% dei Pc acquistati nel mondo nel 2013 (fonte Idc) ma che sta crescendo. Negli Stati Uniti, in particolare, un Pc portatile su quattro è basato su Chrome OS. La generazione di modelli in arrivo nei prossimi mesi segna una svolta: dopo anni di alleanza quasi esclusiva con Microsoft, Intel comincia a collaborare in modo più massiccio con Google, che dal suo canto sta lavorando per potenziare le capacità di lavorare “offline” dei Chromebook. Oltre a essere più veloci ed efficienti dal punto di vista energetico, i modelli alimentati da processori Intel andranno anche in questa direzione e potranno, per esempio, riprodurre anche in assenza di connessione a Internet film e programmi Tv scaricati da Google Play. Non basta: i chip Intel sono i primi a supportare Chrome OS a 64 bit. Acer e Dell firmeranno i primi Chrome OS con a bordo processori Intel Core i3 di quarta generazione, rispettivamente con una nuova configurazione del Chromebook C720 e con il Chromebook 11. In arrivo, inoltre, anche modelli di Acer, Asus e Lenovo basati su processori Celeron, con system-on-chip Bay Trail-M: garantiranno fino a 11 ore di autonomia spaziando tra diversi form factor e fasce di prezzo.


STORAGE: L’IMPORTANZA DI ESSERE SOFTWARE L’evoluzione dell’hardware It ha permesso negli anni di raggiungere risultati straordinari, ma quello che si è capito durante questo percorso è che il vero potere non sta nella velocità di elaborazione (o non esclusivamente in questo aspetto), ma soprattutto nel software. La capacità del codice di gestire non solo singoli dispositivi o processi, ma di adattarsi a situazione complesse fino a far dialogare fra loro sistemi altrimenti incompatibili sta, quindi, portando in auge il concetto di “definito dal software”. La scelta di passare dal software per astrarsi dall’hardware esistente si è estesa prima ai computer desktop, poi ai sistemi di archiviazione dati (lo storage) e infine alla rete. In questo contesto, il vantaggio di far parte di una “federazione” di aziende legate da una strategia comune aiuta sicuramente a ideare progetti globali

In un mondo in profonda trasformazione e alla ricerca di efficienza, la risposta di Emc è la virtualizzazione. in cui il concetto di “definito dal software” può essere portato avanti con una visione più allargata. è il caso di VMware, Emc e Pivotal (nella foto, da sinistra: David Goulden, Ceo di Emc; Pat Gelsinger, Ceo di VMware; Paul Maritz, Ceo di Pivotal; e Joe Tucci, presidente del consiglio di amministrazione e Ceo di Emc), che occupandosi di virtualizzazione di server e desktop, di storage e di Big Data possono far convergere le rispettive esperienze per una gestione del data center più orientata al software. Le novità più recenti riguardano il mondo dell’archiviazione, spinto ad assecondare le esigenze dettate dall’e-

splosiva crescita dei dati (secondo Idc passeranno dai 4,4 zettabyte del 2013 ai 44 zettabyte del 2020). La necessità di ridurre i costi legati allo storage e di semplificarne la gestione, pur mantenendo la barra dritta nella direzione della sicurezza dei dati, ha portato Emc a fare una serie di annunci che riguardano una nuova versione del software per la virtualizzazione dello storage, un dispositivo hardware battezzato Elastic Cloud Storage, una soluzione per il cloud ibrido per ora compatibile con ambienti VMware e una nuova release del sistema di deduplica dei dati DataDomain. Paolo Galvani

SELF-DRIVING CAR ALLA CANADESE “I cybercriminali sfruttano gli anelli più deboli dei sistemi di sicurezza: questo è il motivo per cui la threat intelligence deve essere una priorità per i Cio e per i Cso”. Eugene Kaspersky chairman e Ceo di Kaspersky Lab

Si chiama Deeva, è l’evoluzione di Braive e sarà presentata ufficialmente entro la fine dell’estate. Fra le auto “driverless” c’è anche il prototipo realizzato dai VisLab dell’Università di Parma, basato sul sistema operativo Neutrino (lo stesso che equipaggia il sistema di infotainment CarPlay di Apple) di Qnx Software Systems, società acquisita nel 2010 da BlackBerry. Deeva utilizza una rete di sensori e una

ventina di telecamere per percepire ciò che la circonda.

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IN EVIDENZA

CON L’INTELLIGENCE, PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE L’intelligence è un bene prezioso di fronte alla continua evoluzione delle minacce informatiche. Un bene che tuttavia è spesso costoso o di difficile reperimento. Check Point Software Technologies ha deciso di metterlo a disposizione delle aziende, anche di quelle dotate di piccoli budget, attraverso un vero e proprio marketplace: il ThreatCloud IntelliStore. Si tratta di una piattaforma basata sull’infrastruttura del motore reputazionale ThreatCloud, che raccoglie in tempo reale dati e analisi da diverse fonti. Da qui le aziende possono testare ed eventualmente acquistare l’intelligence di diversi vendor (sette quelli già partner del progetto, ovvero CrowdStrike, Iid, iSight Partners, NeClean, PhishLabs, SenseCy e ThreatGrid, ma l’obiettivo è di includerne via via altri). Oltre che un modo per superare la frammentazione dell’offerta, la piattaforma è anche uno strumento di prevenzione, dal momento che aggrega automaticamente i feed di intelligence sulle minacce e li trasferisce sui gateway di Check Point. “IntelliStore”, ha spiegato Eyal Manor, head of product management, security products, “è un modo per raggiungere i nostri clienti e trasferire sui gateway Check Point, immediatamente, la protezione derivata dall’intelligence acquistata nel marketplace. Sul mercato oggi esistono molti fornitori di intelligence specializzati su un’industria verticale oppure su un’area geografica. Ora abbiamo la possibilità di trasferire questa intelligence in tutto il mondo”. Anche il Ceo e fondatore di Check Point, Gil Shwed, ha sottolineato ai microfoni di Technopolis gli aspetti innovativi di questa proposta: “Oggi uno fra temi più caldi della security è pro14

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ThreatCloud IntelliStore è il primo negozio digitale di security intelligence, che raccoglie le offerte di diversi operatori specializzati, aggrega le informazioni sulle minacce e le trasferisce sui gateway di Check Point.

Gil Shwed

prio l’intelligence, il che significa capire quali nuovi attacchi stiano per verificarsi, chi siano gli aggressori e come riuscire a prevenire questi eventi”, ha spiegato Shwed. “Ora Check Point mira a rivoluzionare questo mercato e a renderlo disponibile per chiunque. Fino a ieri era possibile analizzare gli incidenti una volta accaduti e soltanto le organizzazioni più strutturate, ricche e grandi potevano permettersi di dotarsi di un qualche tipo di intelligence. Con IntelliStore qualsiasi azienda, in pochi click, può utilizzare la più recente intelligence per prevenire gli attacchi”. Valentina Bernocco

SCONTI E PROMOZIONI: MICROSOFT STIMOLA LE PMI In vista dell’estate, Microsoft Italia incoraggia le aziende a fare il “cambio del guardaroba”. Ovvero a rinnovare la propria dotazione software e hardware, anche in considerazione del cessato supporto a Windows Xp e della necessità di abbandonare Office 2003 e Windows Server 2012 R2. Per rendere meno invalicabile l’ostacolo dei budget ridotti, sono state lanciate una campagna di finanziamento agevolato e una serie di promozioni (valide fino al 30 giugno). Qualche esempio: si può suddividere il costo del noleggio delle licenze Microsoft su 12 mesi con un finanziamento, oppure ripartire l’acquisto su 24 o 36 mesi con una formula di locazione finanziaria, senza tasso d’interesse. Diversi i tagli per il cloud di Office 365 (20% di sconto) e per la Business Intelligence di Power BI (40%), mentre per l’hardware Microsoft Italia ha attivato numerose offerte speciali in collaborazione con i maggiori produttori internazionali e italiani di Pc e server. Le formule proposte spaziano dalla valorizzazione e dal ritiro dell’usato alle soluzioni di cash back.


l’opinione TRASFORMAZIONE DIGITALE: UNA SFIDA IMPOSSIBILE DA TRASCURARE Perché dedicare un Insight alla trasformazione digitale? Credo che questa sia la sfida principale che attende le imprese nei prossimi mesi, su cui si giocherà molto dello stesso futuro dell’azienda in un mercato che diventa ogni giorno più interconnesso, e dove i consumatori sono sempre più alla ricerca di esperienze innovative. D’altra parte NextValue si occupa dei temi emergenti sul fronte del business e non potevamo trascurare proprio il principale. Il nostro obiettivo è stato quello di rilevare come si stiano muovendo le principali imprese top e medio-grandi italiane, potendo contare sull’apporto di un panel molto qualificato di 180 decisori. Mediamente prevale un forte senso di fiducia nelle proprie personali competenze, con oltre la metà dei partecipanti che ritiene di possedere una buona comprensione e capacità di ascolto dello scenario digitale e dei processi. Il background appare piuttosto solido e almeno l’80% dei partecipanti si ritiene competente in materia, segno di come l’attenzione sia alta anche in azienda. Ma proprio qui si rilevano le prime difficoltà. L’opinione personale su come vadano le questioni “digitali” in azienda non è così compatta: la cultura tecnologica interna all’organizzazione è “nella media” per il 54% dei partecipanti ed “elevata” per un altro 12%. Sull’altro fronte, presumiamo, viene a mancare un presupposto essenziale per avviare un percorso di trasformazione digitale. È una questione di skill, di capacità di adattamento, di flessibilità mentale, di apertura al cambiamento,

L’80% dei partecipanti alla ricerca Insight di NextValue ritiene di avere una sufficiente competenza in materia di tecnologia. Ma questo non basta per concretizzare i cambiamenti dell'era digitale.

di attenzione al cliente… L’Insight prosegue evidenziando lo stato dell’arte della trasformazione digitale. L’80% delle imprese del panel ritiene che questo mutamento sia un fattore critico di successo per la propria azienda nei prossimi 24 mesi, dimostrando senso d’urgenza. Le situazioni che si prospettano su questo arco temporale sollevano una preoccupazione in più in merito alle capacità operative di molte aziende e ai tempi di realizzazione della trasformazione digitale, tanto più che occorrono skill e competenze oggi non facilmente riscontrabili. Al momento, però, il quadro è ancora sufficientemente ottimistico: la posizione competitiva della propria impresa sarà “sensibilmente migliore” rispetto all’attuale per il 37% dei partecipanti e comunque “migliore” per un altro 44%. Inoltre la maggioranza ritiene che la propria organizzazione stia tenendo il “passo giusto” per affrontare il cambiamento. La roadmap digitale dell’impresa dipende da almeno tre condizioni di partenza, che riguardano la readiness delle

Alfredo Gatti

tecnologie, in primo luogo, quella delle competenze e degli skill, in secondo luogo, e infine quella e dei processi e dell’organizzazione. Questi elementi rappresentano, però, solo le condizioni necessarie per l’avvio di una trasformazione digitale. Se non vi fossero strategie univoche per tutta l’impresa e leader in grado di condurle, la trasformazione non avverrebbe. A tal proposito, ben il 68% del panel conferma che in azienda esistono buone capacità di leadership in grado di guidare un processo tanto impegnativo e globale. Ottima notizia, davvero, perché questa è la condizione essenziale per l’innovazione e il cambiamento. Sulla scorta di queste risposte e applicando un nostro algoritmo, abbiamo ottenuto il posizionamento delle aziende in una “mappa di maturità digitale”: i leader digitali sono il 13% del panel, i follower digitali sono già il 38%, gli scommettitori digitali solo il 7% e i tardivi digitali il 42%. Alfredo Gatti Managing partner di NextValue 15


SCENARI | Digital manufacturing

Alla scoperta della fabbrica del futuro Tecnologie digitali e “mass customization”: le aziende manifatturiere sono chiamate a trasformare modelli produttivi e processi gestionali per soddisfare una domanda in continua evoluzione. Come? Integrando bene materiale e servizi, ma anche aumentando la flessibilità delle macchine.

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er le medie imprese manifatturiere italiane, Internet e le tecnologie digitali di nuova generazione non sono più una scelta. Sono un obbligo. Sono (forse) l’unico modo per rimanere competitivi sul mercato, per anticipare una domanda sempre più orientata a richiedere prodotti personalizzati (talvolta unici), molto spesso da progettare e realizzare su commessa. Per fare questo non basta la qualità, non basta spendersi l’etichetta del “made in Italy”: serve un approccio sistemico nella gestione del flusso delle informazioni, dei materiali e dei processi produttivi. Frasi fatte? Di sicuro già sentite, ma spes16

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so poco recepite. Però la fabbrica cambia, deve cambiare e in parte è già cambiata. In una logica di ecosistema. L’elettronica si è affiancata alla meccanica, a volte prendendone il posto, e si è integrata con l’informatica nel segno di sensori e centri di controllo intelligenti. La fabbrica del futuro è qualcosa di reale e lo è a maggior ragione nel campo delle macchine utensili, un settore che rappresenta un fiore all’occhiello dell’industria italiana (siamo pur sempre il secondo Paese manifatturiero d’Europa) e che, lo dicono gli ultimi dati Ucimu, ha pagato nel 2013 lo scotto di una crisi che ha frenato sensibilmente l’indice degli ordinativi, tanto che il bilancio di fine anno si è

chiuso con una flessione del 3,2% e una frenata del 15,8% del mercato interno. Da produttori di macchine a fornitori di servizi

Diversi analisti hanno descritto le tecnologie digitali come delle leve “disruptive” capaci di generare impatti così grandi da riuscire davvero, potenzialmente, a rivoluzionare l’attuale modo di produrre. Di che cosa stiamo parlando? Di stampa 3D e di Internet delle Cose, di realtà aumentata e di sensoristica. Come può innovare, di conseguenza, il manifatturiero italiano? A tale domanda ha risposto Andrea Bacchetti, ricercatore presso l’Università di Brescia e fautore


te di significativa intelligenza (software e sensori) e in grado di comunicare in real time il proprio stato di funzionamento. La seconda utilizza l’Internet delle cose per far evolvere il prodotto e il modello di business. “Entrambe”, spiega Bacchetti, “potrebbero già ora smettere di vendere le macchine puntando a vendere le ore di funzionamento e di utilizzo delle stesse, esattamente come già fanno realtà multinazionali quali Ge Aviation o Rolls Royce (per le sue turbine, ndr). Si tratta di una vera rivoluzione abilitata dalla tecnologia”. Big Data e manifattura additiva

Centri di lavoro ad asse orizzontale di Mcm, azienda piacentina di automazione industriale

del nuovo progetto di ricerca nazionale sul tema del digital manufacturing patrocinato dal Ministero dello Sviluppo Economico. “Credo si possa partire dalla considerazione che, già nel prossimo futuro, la manifattura smetterà di essere strettamente la fabbricazione di beni materiali e si sposterà sempre di più verso una produzione di soluzioni, in cui beni materiali e servizi saranno sempre più integrati. È un concetto che sta interessando svariate industry”. Un concetto che in seno a diverse imprese italiane ha già trovato spazio, e in alcuni casi si è sedimentato diventando il fondamento di una nuova fase di innovazione. Per esempio in aziende come la piacentina Mcm e come Cgt (Compagnia Generale Trattori). La prima è attiva da già da qualche anno nella produzione di macchine utensili di alto profilo dota-

Meno prodotti, più soluzioni. Questo l’imperativo a tendere per le aziende manifatturiere italiane, da una parte alle prese con un mercato domestico stazionario o addirittura in recessione e dall’altra chiamate a digerire il paradigma della “mass customization”, del cliente che vorrà sempre di più personalizzare il prodotto da acquistare. Le imprese devono soddisfare una domanda frammentata, fatta di lotti molto piccoli e di commesse non ripetitive. “La formula chiave”, sottolinea in proposito Bacchetti”, non sarà più la saturazione degli impianti, bensì la flessibilità dei medesimi. Realizzare, in modo economico e competitivo, macchine flessibili sarà la vera sfida. Mi aspetto quindi una manifattura sempre più orientata ai servizi, sempre più globale, in cui cervello e braccia operative saranno sempre più vicini, con un modello produttivo votato a soddisfare le specifiche esigenze della clientela”. E non finisce qui, perché l’orizzonte della fabbrica del futuro è costellato anche dalla capacità di saper sfruttare al meglio l’ingente mole di dati (i Big Data) che l’azienda avrà a disposizione e dalla manifattura additiva (il printing 3D), fenomeno che si sposa perfettamente con le esigenze di flessibilità produttiva e di ridotte lottizzazioni. La strada è tracciata. Gianni Rusconi

UN POLO MONDIALE PER LA STAMPA DIGITALE TESSILE Fino Mornasco, in provincia di Como. Qui, su una superficie di 3mila metri quadrati, sorge il Textile Solution Center: un centro per la ricerca, lo sviluppo e la promozione del digitale nella stampa su tessuto. Lo hanno voluto Epson, che ha investito nel progetto circa due milioni di euro, e For.Tex, realtà attiva nel distretto della tessitura comasco (che nel 2013 ha venduto all’estero il 70% della sua produzione) da oltre 30 anni. L’obiettivo è il seguente: aprire ulteriormente le frontiere a un settore del made in Italy che ha pagato più di altri la concorrenza cinese, e che ha abbracciato le tecnologie digitali per continuare a competere su scala globale. Dal 2003 a oggi, la stampa digitale su tessuto è cresciuta a un ritmo molto più elevato rispetto a quella tradizionale (a cui si fa preferire per benefici di ordine qualitativo e di costi) e nel solo distretto comasco è passata dal 2% della produzione totale all’attuale 58%. Con la prospettiva di arrivare a una quota dell’81% entro il 2017.

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SCENARI | Digital manufacturing

manifattura nel cloud Prove di industria 4.0

Utilizzo condiviso e da remoto delle risorse. Accesso alle applicazioni in modalità “as a service” e “pay per use”. Piattaforme virtuali per la selezione dei fornitori. Il mondo della produzione sta cambiando pelle anche in Italia. Ecco come.

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econdo la definizione dell’ente americano Nist (National Institute of Standards and Technology), il cloud computing è “un modello che permette da qualsiasi luogo l’accesso tramite Internet a un insieme di risorse di elaborazione condivise e configurabili”. Seguendo la definizione del Nist, in quale maniera si può realizzare un accesso “ubiquo, facile e su richiesta” a risorse manifatturiere remote? E che vantaggi nascono per le aziende? Nel processo di produzione, a differenza di altri, il flusso dei dati è interlacciato a un flusso fisico di materiali in via di trasformazione; per poterlo trattare anch’esso in ottica servizio, e quindi come un 18

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processo accessibile “on demand”, sono necessarie tecnologie in grado di abilitare la virtualizzazione e l’accesso remoto alle risorse, l’integrazione di filiere produttive e l’accesso “pay per use” a programmi per lo sviluppo di nuovi prodotti. Alla convergenza di queste tecnologie si trova il cloud manufacturing, che fa il paio con altri paradigmi dell’industria digitale: il digital manufacturing, l’Internet of Things (per tracciare i flussi dei materiali attraverso sensori, sistemi di geolocalizzazione e tecnologie Rfid) e il network manufacturing, che organizza la filiera logistica necessaria allo sviluppo collaborativo di un nuovo prodotto. L’Unione Europea ha intravisto i vantag-

gi competitivi derivanti da questa nuova “architettura”, per esempio un coordinamento più efficiente e rapido delle fasi del processo e la possibilità di integrare risorse di lavoro diverse in modalità Cad/Cam/Cae. Seguendo le politiche strategiche tracciate dall’industria tedesca, ha stanziato i primi finanziamenti per la realizzazione di progetti pilota in area di cloud manufacturing, inserendoli nel piano di sviluppo battezzato “Industria Digitale 4.0”. Lo scenario internazionale

Un esempio di mercato virtuale di beni industriali è il progetto pilota “CloudManu” finanziato dal governo


cinese. Un’apposita piattaforma Web permette la selezione dei produttori sulla base di specifiche richieste e la successiva integrazione di altre piccole imprese manifatturiere: il fine ultimo è la realizzazione di componenti per l’industria automobilistica, dalla progettazione fino al lancio in produzione. La Cina detiene oggi il maggior numero di studi accademici sul cloud manufacturing, con l’evidente intento strategico di poter integrare rapidamente il proprio tessuto industriale e renderlo facilmente accessibile in via remota. Se il Software-as-a-Service, ovvero la possibilità di utilizzare programmi specializzati senza doverne acquistare le costose licenze, sta diventando il principale campo di applicazione per il cloud computing (come stimano le principali società di ricerca), l’incremento di domanda dei servizi nella nuvola per i processi manifatturieri crescerà del 33% nei prossimi mesi (fonte Kpmg). L’impatto delle tecnologie cloud in area manufacturing è altresì destinato, secondo McKinsey, a far lievitare i margini di redditività per le imprese dal 2% al 6%, mentre a detta di altri studi l’acquisto di software gestionale nella tra-

TUTTI PAZZI PER IL PRINTING 3D

nella nuvola. Più in generale, nell’ottica dizionale versione con licenza ha subìto di una produzione più collaborativa, i un drastico calo di interesse in area madistretti industrianufacturing dal Per utilizzare appieno le proprie li italiani sono 2011 al 2013; circa un quarto delle linee, le aziende potrebbero rendere direttamente inaziende abbracce- disponibili slot di capacità produttiva teressati ai futuri cui poter accedere entrando in sviluppi del cloud ranno in futuro la un “one-stop shop” virtuale manufacturing. modalità “pay as Come? Mirando you go”. a una piena utilizzazione delle proprie La situazione italiana linee, le aziende potrebbero rendere Ricordato che il mercato del cloud disponibili slot di capacità produttiva computing nel Belpaese è stimato in a cui utenti esterni possono accedere circa 500 milioni di euro (fonte Polientrando in un “one-stop shop” virtuale (il modello cinese), in cui trovano le tecnico di Milano) e che l’area più dinarisorse necessarie per sviluppare i promica è quella del Software-as-a-Service pri prodotti e in cui possono aggrega(cresciuta del 21% nel biennio 2012re risorse complementari per la realiz2013), va sottolineato come proprio zazione sequenziale di fasi produttive la struttura del nostro comparto indudiverse. striale, caratterizzato da piccole e meRispetto alle architetture di tipo netdie imprese, faccia da volano al cloud work manufacturing, inoltre, quelle manufacturing e ai suoi vantaggi. Quegenerate attraverso il cloud hanno la sti prendono forma nella maggiore racaratteristica di essere meno rigide e più pidità dei processi collaborativi e nella facilmente accessibili e configurabili. maggiore flessibilità nell’uso delle risorse interne o dei propri partner in rete. Giuseppe Padula Numerose aziende nostrane hanno già Department of Industrial Design sviluppato, in tal senso, processi digiUniversità degli Studi della Repubblica talizzati a supporto di quelli manifattudi San Marino – Iuav Venezia rieri che si adattano a una migrazione

Un mercato stimabile a fine 2013 in 2,5 miliardi di dollari e che dovrebbe crescere a 3,8 miliardi quest’anno e oltre quota 16 miliardi entro il 2018 (i dati sono della società di ricerca Canalys). Un terzo del giro d’affari complessivo sarà prodotto negli Stati Uniti, dove la spesa raggiungerà nel 2014 gli 1,3 miliardi di dollari, ma entro il 2020 dovrebbe essere l’Europa a generare la quota di fatturato maggiore. Queste le dimensioni globali del fenomeno del printing 3D, un settore (comprendente stampanti, materiali e servizi accessori) a cui guardano con estremo interesse anche colossi del mondo informatico come Hewlett-Packard e specialisti nel campo dei software di progettazione come Autodesk. Quest’ultima di recente ha annunciato una piattaforma software

(Spark) che renderà più facile la stampa di modelli 3D, oltre a una vera e propria printer capace di riprodurre oggetti in tre dimensioni. A detta degli analisti, una volta cadute le principali barriere all’ingresso il potenziale di crescita di questo mercato è enorme e abbraccia diversi settori, partendo dal design e dall’architettura per arrivare al comparto aerospaziale, a quello della difesa e a quello medico. La fase embrionale del fenomeno sembra quindi superata, e con essa i prezzi da capogiro delle prime macchine di produzione prototipale. Oggi i modelli che vanno per la maggiore (a firma delle varie 3D Systems, Stratasys e MakerBot) fra appassionati e professionisti sono grandi quanto un forno a microonde e costano fra i 1.000 e i 2.500 dollari. 19


SCENARI | Machine-to-machine

M2M, business globale Pronto al decollo Il mercato dei servizi per le comunicazioni fra oggetti connessi è in crescita ovunque, dalla Cina agli Usa. A contendersi un giro d’affari miliardario ci sono carrier mobili e specialisti della componentistica. Fra contatori intelligenti e dispositivi indossabili.

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ltre 250 milioni di connessioni previste per quest’anno a livello globale, rispetto alle 195 milioni del 2013. È l’ordine di grandezza, secondo un recente studio della Gsm Association, del machine-to-machine, la branca delle telco che abbraccia il paradigma dei collegamenti senza fili fra dispositivi, reti e apparati. Quanto pesa questo segmento (i dati si riferiscono alle schede Sim installate ad hoc per le macchine) nell’economia mobile? Per ora ancora poco, e precisamente il 2,8%, ma il dato è in sensibile crescita (dall’1,4% del 2010) e ha goduto di un incremento medio del 38% negli ultimi tre anni. Nel 2013, le connessioni M2M hanno generato poco più dell’1% del traffico dati mobile totale; entro il 2018 tale percentuale salirà al 20

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6% e circa due miliardi saranno le Sim che faranno dialogare fra loro macchine e sistemi di controllo. Perché questo business sta decollando a rimorchio (e per certi versi all’ombra) di un fenomeno più ampio e mediaticamente più spendibile, chiamato Internet delle Cose? Perché, a giudizio degli analisti, riflette innanzitutto le sempre più numerose implementazioni che i carrier mobili hanno iniziato a concretizzare in diversi settori verticali. Nello specifico sono 428 gli operatori che oggi offrono servizi machine to machine, in 187 nazioni. Il 70% del totale delle connessioni fa capo a dieci Paesi (fra cui l’Italia) e la Cina è quello più virtuoso con poco meno di 35 milioni di “linee” attive a fine 2012, davanti a Stati Uniti e Giappone; la Svezia vanta invece

LA SIM DÀ VOCE ALLE MACCHINE Si chiama Vodafone Smart Vending ed è una soluzione M2M specificamente creata per il mondo della distribuzione automatica. Realizzata in collaborazione con il service provider milanese Your Voice, è composta da un dispositivo hardware per la raccolta e il monitoraggio dei dati dei distributori automatici e da una componente server che memorizza le informazioni e abilita la gestione da remoto dei macchinari dislocati sul territorio. Il tutto utilizzando una scheda Sim e uno specifico piano abilitato alla trasmissione dati su rete mobile.


il primato della maggiore penetrazione della tecnologia M2M, con il 23,1% del totale delle connessioni “Sim based” associabili a collegamenti fra macchine.

sono già oggi i comparti “locomotiva” e producono circa un terzo del fatturato globale del mercato M2M. Veicoli connessi e mobilità intelligente non sono però le uniche due facce del I settori di sbocco fenomeno: le smart city e le connected Chi sono gli attori che si stanno cimenhome (dove operano i contatori intellitando in questo mondo? Da una parte si genti e i sistemi di videosorveglianza), muovono, per ovvie ragioni, le aziende l’e-health (la sanità elettronica) e il retail telco; dall’altra concorrono veri e propri sono bacini altrettanto importanti per specialisti, sia sul fronte dei componenti alimentare servizi di mobilità (pagamen(i moduli M2M) sia su quello applicatiti, ticketing, vouchering e altri ancora) vo. Per tutti questi che sfruttano la loIl giro d’affari mondiale dei soggetti l’opporgica e le infrastruttunità di “new servizi machine-to-machine potrebbe ture dell’M2M. ammontare nel 2017 a 31 miliardi business” risiede Molto importandi dollari, il doppio del fatturato in servizi a valore ti, in prospettiva, consolidato a fine 2012 aggiunto che vansono anche l’enerno oltre la mera gia, l’edilizia e il connettività, e quindi soluzioni per la comparto agricolo. Secondo un rapporgestione degli apparati da remoto, per to del Carbon War Room, l’integrazione la sicurezza di dispositivi e sistemi, per di comunicazioni M2M in questi tre setl’analisi dei Big Data. In ballo, secontori potrebbe ridurre le emissioni globali do Infonetics Research, c’è un mercato di gas serra di 9,1 gigatonnellate di Co2 potenziale da 31 miliardi di dollari: a ogni anno. tanto, infatti, potrebbe ammontare nel 2017 il giro d’affari dei servizi machineLa locomotiva dell’Internet delle Cose to-machine. Da quali settori arriverà la Entro il 2018 saranno oltre 10 miliardi le domanda di applicazioni più sostanconnessioni generate dagli smart device ziosa? Automotive, trasporti e logistica (personali e di tipo M2M) capaci di col-

OLTRE I DISTRIBUTORI, IL VENDING È SMART Le macchinette automatiche sono sempre più diffuse, sempre più hitech e interconnesse, veri e propri smart device con interfacce personalizzabili, capaci di raccogliere e analizzare dati. E di essere riparati da remoto. Una tendenza ben riassunta da Rod O’Shea, responsabile a livello Emea della divisione Internet of Things di Intel: “Due anni fa si parlava ancora del vending intelligente come di un’innovazione alle porte, oggi questa promessa è diventata realtà”. La missione della casa californiana è quella di semplificare il deployment di soluzioni di questo

tipo e si è concretizzata nell’annuncio fatto in occasione della fiera milanese Venditalia. E cioè una nuova piattaforma, l’Intel Reference Design for Intelligent Vending, in cui convergono componenti hardware, software, di networking e di sicurezza, che

legarsi a Internet a velocità decisamente superiori a quelle attuali. Sono i numeri macro del mondo connesso, un universo in cui il traffico dati aumenterà di circa 11 volte rispetto a oggi e raggiungerà un volume annuale di 190 exabyte (miliardi di gigabyte). In questo scenario, descritto dallo studio Visual Networking Index di Cisco, si inseriscono i numeri del machine to machine. A dare sostanza al fenomeno contribuirà, e in modo sostanziale, uno dei trend tecnologici emergenti, quello dei wereable device. Nel 2013, su scala globale, erano in esercizio 21,7 milioni di dispositivi indossabili; entro il 2018 saranno 176,9 milioni. Che cosa c’entrano orologi, braccialetti intelligenti e occhialini con la realtà aumentata con l’M2M? C’entrano eccome, perché si tratta di oggetti che comunicano tramite Internet, direttamente (via WiFi e Bluetooth) o attraverso uno smartphone. E si tratta, dicono gli esperti, di un nuovo sotto segmento che alimenterà enormemente la curva di sviluppo dell’Internet of Everything, in cui a interagire non sono solo le cose ma anche le persone, le relazioni e i processi. Gianni Rusconi insieme permettono di progettare ex novo distributori automatici di nuova generazione (magari dotati di webcam) o di riprogettare quelli già esistenti. Portando l’Internet of Things dentro uno dei segmenti più attivi del commercio al dettaglio.

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SCENARI | Machine-to-machine

Uno sguardo dentro le macchine parlanti A colloquio con Chicco Testa, numero uno di Telit, per capire come le tecnologie M2M stiano cambiando faccia a molti settori e trovino esempi di eccellenza anche in Italia. Nonostante l’anello debole delle infrastrutture per la connettività.

I

volumi del mercato machineto-machine sono in aumento e di pari passo i prezzi dei moduli sono in discesa, obbligando i produttori a cercare quello che Chicco Testa, presidente di Telit Plc e amministratore delegato di Telit Spa, chiama il “punto di equilibrio ottimale”. Che questo settore sia in fermento, evidenziando tassi di crescita importanti, è comunque fuori discussione. La stessa Telit, che in questo campo gioca da protagonista (con un’anima italiana e una israeliana) battagliando con big quali Gemalto (forte degli asset rilevati da Siemens) e l’americana Sierra Wireless, può esibire in proposito i 13 milioni di moduli M2M venduti nel 2013, in crescita rispetto ai 700mila del 2007. E l’obiettivo è arrivare a 25 milioni nel 2016. 22

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Come si potrebbe sintetizzare lo scenario italiano dell’M2M?

Il machine-to-machine è una tecnologia che sta entrando in tutti i settori, e in tutto il mondo. L’Italia segue il trend internazionale e ha dei punti di eccellenza: uno di questi è l’automotive, settore in cui operano realtà come Octo Telematics, leader mondiale indiscusso nel campo dei cosiddetti “black box” installati a bordo auto. L’automotive è, quindi, uno dei settori di maggiore applicazione?

Sì. Entro dieci anni possiamo ipotizzare che ogni vettura sarà dotata di moduli M2M. Tornando all’Italia, abbiamo gli esempi di eccellenza di Magneti Marelli, che lavora per case automobilistiche come la Peugeot, e di Società Autostrade, che aveva vinto la gara in Francia

per un sistema di pedaggi gestito da barriere virtuali, e non fisiche come sono oggi quelle dei sistemi di Telepass. L’intenzione del governo francese era quella di far pagare una specie di tassa ai mezzi pesanti, sfruttando un’apposita piattaforma di tracking dei veicoli. Parlo al passato perché il progetto è stato al momento bloccato, ma è importante che sia stata Società Autostrade a vincere la gara. Guardiamo ad altri settori: perché la sanità italiana fa così fatica a utilizzare tecnologie che migliorano i servizi?

Non solo migliorano la qualità del servizio, ma diminuiscono enormemente i costi. Israele, per esempio, ha attivato un importante programma di deospedalizzazione e di cure a domicilio in cui la telemedicina ha un ruolo im-


Cambiamo fronte. Il settore manifatturiero sta iniziando a ragionare sui vantaggi dell’M2M e dell’Internet delle Cose?

Chicco Testa AD di Telit

portantissimo. In alcuni settori è vero che siamo indietro ma bisogna avere rispetto del sistema sanitario italiano, quasi completamente gratuito e di buona qualità. Quanto alle cose che si potrebbero fare, è più lungo raccontarle che metterle in pratica. A mio avviso, se parte qualche punto di eccellenza, l’effetto imitativo può essere poi molto importante. L’Agenda Digitale potrebbe in qualche modo essere un acceleratore dell’adozione delle tecnologie M2M?

Fortunatamente buona parte dei nostri prodotti sono di tipo embedded: spesso i consumatori non sanno nemmeno di averli a disposizione. Faccio un esempio: come oggi abbiamo il navigatore, domani avremo un’applicazione che, schiacciando un bottone, ci rintraccerà in tempo reale in caso di incidente, visualizzerà le mappe di Google e consentirà di pagare i pedaggi senza nemmeno più passare per il Telepass. In Italia, rispetto ad altri Paesi, siamo sfavoriti da una connettività ancora insufficiente. Noi abbiamo bisogno di una buona connettività, soprattutto per le applicazioni mobili. Poi, ovviamente, l’Agenda Digitale aiuta a creare cultura, ma la questione infrastrutturale è prioritaria.

Non è un segmento di massa ma tutti i sistemi di telemisura e di controllo remoto si adattano perfettamente al settore manifatturiero. Porto un altro esempio: con Andrea Illy (presidente e Ad dell’omonima azienda, ndr) stiamo discutendo la possibilità di installare sulle macchine del caffè professionali dei sistemi che consentano di fare manutenzione a distanza, di monitorare eventuali disfunzioni, di verificare quali tipi di caffè vengono consumati. Restituendo poi tutti questi dati all’utilizzatore stesso. Non si venderanno più le macchine ma servizi, dunque

È una tendenza che stiamo seguendo anche in Telit, perché siamo partiti come fornitori di moduli e oggi vendiamo i moduli più la connettività dati tramite Sim. Ci stiamo sin d’ora spostando sui servizi di back office e sul cloud, per offrire soluzioni avanzate di fleet management che sfruttano le informazioni raccolte dai moduli M2M. È possibile che, un domani, nell’industria M2M si rischi una guerra di brevetti?

C’è, già oggi, una guerra dei prezzi. E per questo la nostra strategia è quella di destinare grandi risorse a ricerca e sviluppo, mettendo sul mercato oggetti sempre più sofisticati e innovativi con brevetti propri. Chi investe nell’M2M è chiamato però a investimenti importanti in termini non tanto economici quanto logistici. Se si installa un modulo all’interno di un milione di apparati di sicurezza, l’affidabilità è fondamentale. Il salto in avanti risiede nella possibilità di fare l’upgrading del software da remoto e di rinnovare continuamente il prodotto. Il problema è comunque serio, soprattutto perché nei prodotti di fascia più bassa sono arrivati i vendor cinesi. Con tutto quello che questo comporta in termini di brevetti. Gianni Rusconi

BLACKBERRY PENSA ALL’INTERNET DELLE COSE Una serie di progetti ed iniziative mirate a connettere il mondo business (aziende, professionisti, enti governativi) a sensori, macchine e persone. In due parole “Project Ion”, cappello sotto il quale BlackBerry intende offrire servizi e applicazioni in modalità cloud, che sfrutteranno le tecnologie di mobile management dell’azienda canadese e la piattaforma proprietaria Qnx. Quest’ultima oggi è già presente su una vasta gamma di apparati, dai sistemi di infotainment per le auto ai macchinari industriali, dai satelliti ai robot domestici. L’idea del produttore nordamericano, evidentemente in cerca di orizzonti alternativi agli smartphone, è quindi quella di mettere a disposizione dell’utenza enterprise un pacchetto di soluzioni capaci di estrarre, raccogliere e catalogare grandi quantità di dati dai dispositivi (di qualsiasi sistema operativo) connessi in Rete. BlackBerry è convinta di partorire presto un prodotto (di cui esiste già una versione demo) in grado di scalare verso l’alto per gestire e analizzare ogni giorno milioni di transazioni ed exabyte di dati generati dagli oggetti connessi. Nei più disparati settori: da quello medico al manifatturiero, passando per il retail e il mondo assicurativo. Parte integrante del progetto è un nuovo ecosistema dedicato al paradigma dell’Internet delle Cose in cui dovrebbero convergere partner, operatori telco, sviluppatori di applicazioni e organismi internazionali quali l’Industrial Internet Consortium e l’Application Developer Alliance. L’obiettivo: dare vita a nuovi standard tecnologici per l’Internet of Things. 23


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Gestionali: il segreto È l’integrazione Far dialogare e interagire fra loro i software di Erp e Crm per molte aziende è una scelta strategica. Diversi i benefici ottenibili: una migliore customer satisfaction, più efficaci campagne di marketing e, dunque, un vantaggio competitivo.

M

olte imprese stanno investendo tempo e risorse per integrare le applicazioni Crm con i sistemi Erp: questo per essere in grado di fornire ai propri clienti prodotti e servizi di qualità elevata, mantenendo le promesse delle campagne di marketing. Le applicazioni di Erp (Enterprise Resource Planning, letteralmente la pianificazione delle risorse d’impresa) di back-office automatizzano funzioni quali l’amministrazione, la finanza e la produzione, mentre quelle di Crm (Customer Relationship Management) semplificano i processi di front-office relativi alle vendite, al supporto post-vendita e al marketing. L’integrazione tra i sistemi Erp e Crm è, quindi, il mezzo per la realizzazione di una strategia di business che ha come obiettivo la centralità del cliente. “Allineare la propria organizzazione intorno al cliente è essenziale oggi per essere

un’azienda di successo”, afferma Fulvio Bergesio, lob & cloud sales director di Sap Italia. “Le divisioni marketing, vendita, servizi pre e post vendita rappresentano il front line per il cliente: la sfida è permettere a questi team di continuare a gestire l’intera customer journey, grazie a dati completi e strutturati, che consentano di personalizzare la relazione con la clientela e fornire un’esperienza unica e memorabile a ogni interazione. Negli ultimi anni il mercato dell’Erp e del Crm si è vivacizzato anche in Italia in seguito al sorgere di nuove complessità”. A detta di Bergesio, il consumatore non fa più differenza tra il punto di contatto fisico con l’azienda e quello virtuale; la diffusione dei social network ha contribuito a sviluppare nuovi comportamenti d’acquisto, mentre la possibilità di avere un dispositivo mobile permette di sfruttare i nuovi canali d’informazione e acquisto, ovunque e in qualsiasi momento. “Si tratta”,

sottolinea il manager, “di fenomeni che bisogna saper gestire in un’armonica strategia di ‘customer intelligence’, in cui le soluzioni di Erp e Crm giocano un ruolo fondamentale”. Unificare i processi di business con le operazioni interne comporta anche altri vantaggi per le aziende. Infatti è possibile ridurre i costi, eliminando gli sprechi ed evitando ulteriori sforzi, nonché la duplicazione di processi e informazioni. “Strumenti informatici adeguati per la gestione delle risorse aziendali e il monitoraggio dei processi produttivi e/o commerciali sono oggi la spina dorsale di ogni organizzazione”, spiega Attilio Bachetti, product marketing manager di TeamSystem. “La loro architettura evita che l’azienda sia ‘spezzata’ o divisa in compartimenti stagni, consente un continuo flusso di informazioni e genera dati che impattano sulle scelte di business. Un sistema Erp, integrato con il Crm, è pertanto una scelta esGIUGNO 2014 |

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SPECIALE | Erp e Crm

ERP: MERCATO ITALIANO IN RIPRESA Secondo Idc, nell’ultimo triennio il mercato italiano ha subìto una moderata flessione (risultato anno su anno negativo nel 2011 e nel 2012) in termini di spesa complessiva, mentre si prevede una ripresa sostanziale dei tassi di crescita nel 2014 (1,4%), sebbene le prospettive di medio termine rimangano sostanzialmente molto modeste. “A uno sguardo più approfondito dentro la composizione funzionale delle applicazioni, si osserva una grande differenza tra i vari moduli applicativi: quelli più tradizionalmente legati al financial accounting crescono in modo del tutto piatto, mentre le applicazioni più evolute, come il financial performance management, hanno un incremento al di sopra della media del mercato lo-

senziale per una gestione ottimale delle aziende”. Non a caso, come spiega Riccardo Sponza, direttore marketing della Divisione Dynamics di Microsoft Italia, “in virtù del delicato periodo economico, aziende di grandi dimensioni e Pmi si mostrano sempre più interessate a soluzioni di business innovative, in grado di aiutarle a creare e mantenere un vantaggio competitivo. Certo il mercato degli Erp è più maturo, mentre quello del Crm offre ancora ampi spazi di sviluppo, ma in generale entrambi mostrano un trend in crescita anche in Italia, in linea con l’andamento positivo a livello globale”. Dati confermati anche da Gartner: secondo la società di ricerca, la domanda di soluzioni Crm è molto dinamica (fatturato a +13,7% rispetto al 2012). L’Erp, mercato più maturo e consolidato, a livello globale si è attestato sui 25,4 miliardi di dollari, con un aumento del 3,8% sul 2012, mostrando comunque timidi segnali di ripresa. L’anno precedente, infatti, la crescita era stata del 2,2%. 26

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cale”, afferma Giancarlo Vercellino, research & consulting manager di Idc Italia. “Cloud, open-source, consumerization e social stanno avendo e avranno sempre di più nei prossimi anni un impatto sul product development delle nuove generazioni di prodotto: i principali vendor stanno cercando di capire come recepire al meglio i nuovi stimoli del mercato per rafforzare il posizionamento di prodotto delle loro piattaforme. Manca ancora la capacità di fare una sintesi delle nuove tendenze per proporre moduli e soluzioni del tutto innovative che possano agire come differenziatori sostenibili sul mercato”. Nell’area Western Europe c’è stata una netta flessione dei tassi di crescita annuali, che nell’immediato si stanno riducendo di alcuni punti percentuali, attestandosi di poco sopra il 4% in un orizzonte di meCrm: un 2013 brillante

Le vendite di software Crm hanno raggiunto globalmente i 20,4 miliardi di dollari nel 2013, contro i 18 miliardi dell’anno precedente, che rappresentano un incremento del 13,7% rispetto al 2012. A livello di vendor la concorrenza si è intensificata perché i grandi player spingono per conquistare maggiori quote di mercato a livello internazionale, e l’adozione di queste soluzioni si diffonde anche tra le aziende di medie dimensioni. Nel 2013 le prime cinque società controllavano il 50% del fatturato. Al comando Salesforce, che offre applicazioni quali Sales Cloud (forza vendita e Crm) e Service Cloud (servizio al cliente, supporto ed help desk) con uno share del 16,1%, seguita da Sap (12,8%) che però è prima, per entrate e quote di mercato, nelle sottocategorie del customer service e dell’e-commerce. Nella top five abbiamo poi Oracle con un market share del 10,2%, Microsoft, che conquista il 6,8% segnando un incremento

dio-lungo termine. Nell’ambito dei moduli funzionali, crescono in modo particolare quelli legati alla gestione delle performance economico-finanziare delle aziende a livello strategico e le applicazioni per la gestione del capitale umano. A sostenere l’incremento soprattutto le esigenze delle organizzazioni medio-grandi, mentre le piccole imprese continuano a esprimere una spesa meno dinamica, soprattutto negli ultimi due anni.

Giancarlo Vercellino

del 22,8% rispetto al 2012, e Ibm con il 3,9% del mercato. Dal punto di vista geografico, l’Europa occidentale ha registrato una forte crescita (+15,2%), ma è il Nord America a realizzare la maggior parte dei guadagni di questo mercato (52,9%): insieme, queste due aree rappresentano quasi l’80% di tutta la spesa software in tecnologie Crm. Meno marcata la crescita nelle regioni emergenti dell’Asia Pacifico e Greater China, ma sempre con tassi a due cifre. Crescita sì, ma moderata

Secondo il rapporto di Gartner Market trends: Crm digital initiatives focus on sales, marketing, support and e-commerce, dopo tre anni di forti investimenti guidati da tutte le aree tecnologiche emergenti, come i social, il mobile, i Big Data, il cloud computing e l’Internet of Things, nel 2014 la spesa per le soluzioni Crm rimarrà stabile. Questo tuttavia non implica uno stop, ma una nuova forma di investimenti mirati. Le azien-


de, infatti, non potranno fare a meno di continuare a implementare soluzioni per la gestione dei clienti, approfittando così della multicanalità di contatto introdotta dalla diffusione di Internet e di tutte le tecnologie collegate. Nel 2014 il mercato globale arriverà a circa 24 miliardi di dollari di investimenti, mentre in Europa Occidentale crescerà di oltre il 9%, raggiungendo entro la fine dell’anno i 5,5 miliardi dollari. Infatti, da un recente sondaggio condotto da Gartner su organizzazioni europee è emerso che la metà degli intervistati prevede di aumentare la spesa per le soluzioni Crm, con un incremento medio del 2,5% rispetto al 2013. Secondo Idc, la crescita in Western Europe è leggermente inferiore e si attesta, a medio termine, attorno al 6%. A trascinarla saranno soprattutto le imprese di medie-grandi dimensioni, cioè quelle

comprese tra i 500 e i 2500 addetti. Digital marketing, social media e customer experience management sono gli ambiti applicativi su cui un numero sempre maggiore di imprese focalizza il proprio interesse, per potersi evolvere verso un marketing aziendale ancora più oggettivo, misurabile e scientifico. Il ruolo dei moduli legati agli analytics e allo storage delle informazioni è centrale per lo sviluppo dei nuovi paradigmi. Al servizio del cliente

Secondo Gartner, i Crm rappresentano una perfetta combinazione di tutte quelle tecnologie di cui le aziende hanno bisogno per lavorare, in area marketing, a contatto con i clienti e per mantenere con loro un rapporto di “vicinanza”. I servizi di supporto ai clienti (Css) e i manager It guardano con estremo interesse alle analisi derivanti dalle piattafor-

me di Big Data, allo sviluppo spontaneo delle community peer-to-peer e ai centri di aggregazione clienti (ossia la nuova generazione dei contact center) per guidare i processi di business critici all’interno delle aziende. Tutte queste tecnologie permetteranno di creare un’esperienza di customer care differenziata e multicanale. Le aziende mirano a questo obiettivo perché si rendono conto che le operazioni di marketing telefonico, atte a proporre offerte a cui l’utente non è interessato, non solo rappresentano una spesa inutile ma spesso “insinuano” nel consumatore l’idea che le proprie preferenze non contino molto. Nei prossimi anni i Crm riceveranno una notevole spinta anche dal settore e-commerce, dove le imprese cercano di migliorare l’esperienza utente per favorire le vendite online. Maria Luisa Romiti

TECHNOPOLIS PER EVOLUTION

EVOLUTION, LA FATTURA ELETTRONICA ENTRA NEL GESTIONALE Dalla prima release, pensata per ambienti Windows, all’attuale quarta versione funzionante anche su Mac Os X, Linux, iOs e Android, il gestionale “made in Italy” di Evolution ha tenuto fede al suo nome, evolvendosi e adattandosi ai nuovi stili di lavoro e di computing ubiquo. La novità introdotta nell’ultimo, recentissimo aggiornamento – la release numero quattro – e dunque già disponibile per tutti i clienti Evolution è la funzionalità di fattura elettronica. Uno strumento che è già diventato obbligatorio per un nutrito gruppo di enti pubblici, e che nel giro di un anno lo diventerà per tutti gli organismi della Pubblica Amministrazione italiana. “Ormai è da 14 anni che si parla di fatturazione elettronica e di quanto le aziende potrebbero risparmiare adottando questa funzione”, commenta Saimor Schiavon, product manager di Evolution. “La fatturazione elettronica, infatti, permetterà di automatizzare moltissimi processi aziendali, risparmiando notevolmente in tempo, risorse e denaro. Si comincerà a usare meno la carta, con conseguente

risparmio, perché ora sarà tutto elettronico e non sarà più necessario il lavoro di inserimento dei dati. Si risparmierà in tempo e risorse impegnate a fare data entry, ora che sarà disponibile uno standard di interscambio automatico. Senz’altro questa soluzione è una grossa opportunità, sia per le PA sia per le aziende che lavorano con loro”. Destinato ad aziende medio-piccole e commercianti, Evolution è un software Erp “all in one”, completo ma intuitivo e facile da utilizzare, che permette di gestire contabilità, magazzino, vendite ed e-commerce. Nel tempo è stato migliorato aggiungendo al supporto a Windows anche quello ai sistemi OS X e Linux (computer e server). È, inoltre, accessibile tramite app su dispositivi mobili Android e su iPad, mentre il servizio Cloud.it di Aruba lo rende fruibile anche attraverso la nuvola grazie alla sincronizzazione automatica con il database dell’Erp. “Siamo partiti con un programma che poteva funzionare su una postazione singola, adesso abbracciamo anche il cloud e la mobilità”, sottolinea Schiavon. 27


SPECIALE | Erp e Crm

L’offerta di Erp e Crm sta diventando sempre più ampia e integrata, come dimostrano i prodotti di punta dei principali vendor attivi in Italia. Entrambe le soluzioni sono importanti per garantire la competitività di un’azienda e aiutarla a gestire meglio i rapporti con i clienti.

La coppia perfetta

| GIUGNO 2014

RICCARDO SPONZA - MICROSOFT

SAIMOR SCHIAVON - EVOLUTION

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le aziende più grandi, mentre Dynamics Nav risponde alle esigenze delle Pmi”. In ambito Crm è stato appena lanciato Dynamics Crm 2013 “Spring Edition”, che fornisce una user experience fluida, touch-enabled in grado di guidare l’utente nell’utilizzo del processo di marketing, vendita e customer care. “Le nuove applicazioni native per tablet Windows 8 e iPad e la disponibilità delle app su Windows Phone, iOs e Android consentono di essere produttivi in ogni momento e luogo”, continua Sponza. “Dynamics Crm Online viene

ENZA FUMAROLA - INFOR

L’

interesse delle aziende italiane è evidente sia per quanto riguarda l’Erp sia in ambito Crm, che è un mercato più “giovane” e con un maggiore potenziale, anche per le Pmi che costituiscono il motore del tessuto economico italiano. A dirlo è Riccardo Sponza, direttore marketing della divisione Dynamics di Microsoft Italia: “I sistemi gestionali di Microsoft Dynamics rappresentano una soluzione mirata per le esigenze di qualsiasi tipo d’impresa. Dynamics AX è pensato per

fornito direttamente dai nostri data center in modalità SaaS. In campo Erp, sia Nav sia AX possono essere erogati da una piattaforma cloud ospitata su Microsoft Azure attraverso una logica IaaS, scegliendo fra la soluzione on premise e quella cloud”. Il segmento di mercato a cui si rivolge Evolution è composto in particolare da piccole imprese ed esercizi commerciali. “Evolution 4, l’unico nostro prodotto, si differenzia dagli Erp concorrenti fondamentalmente per l’approccio economico, che privilegia un buon rapporto qualità-prezzo e propone il software in affitto”, afferma Saimor Schiavon, product manager di Evolution. “In questo modo non sono necessari grandi investimenti iniziali, che spesso le aziende non possono affrontare. Inoltre, il nostro programma può essere installato su Windows, Mac (in beta), Linux (in beta) e su vSphere, con un’apposita appliance. Il software può essere utilizzato su cloud con base dati comune a tutte queste piattaforme, permettendo il passaggio dei dati aziendali da una all’al-


TECHNOPOLIS PER MICROSOFT

DYNAMICS DI NOME E DI FATTO, IL GESTIONALE SU MISURA Nonostante il delicato momento storico, aziende di grandi dimensioni e Pmi si stanno mostrando sempre più interessate a Erp e Crm, proprio perché a supporto della crescita è fondamentale puntare su soluzioni di business innovative per ottenere un vantaggio competitivo. “Sia il mercato degli Erp sia quello del Crm mostrano un trend in crescita e l’espansione del settore è trainata da driver quali mobility, social e cloud computing”, commenta Giovanni Stifano, direttore Dynamics di Microsoft Italia. “Microsoft Dynamics conta 375mila clienti e 5,5 milioni di utenti in tutto il mondo. Il nostro impegno si rivolge verso qualsiasi segmento di mercato e le nostre soluzioni rispondono alle esigenze di organizzazioni di ogni dimensione. Non solo le grandi aziende possono ottenere significativi benefici dall’adozione di un sistema gestionale o di una piattaforma di Crm ma anche le realtà più piccole, e oggi anche grazie al cloud computing è semplice per tutti dar vita a progetti d’innovazione tecnologica in grado di ottimizzare i processi aziendali o migliorare la gestione delle attività di marketing, vendita e post-vendita per guadagnare un vantaggio competitivo”. Un caso di una grande azienda che dimostra il valore strategico del Crm in mobilità è quello di Wind. “Grazie all’adozione di una nuova soluzione di Sales Force Automation basata su Microsoft Dynamics Crm e SharePoint, ha migliorato dell’80% la produttività della forza vendita, ora in grado di chiudere il 20% di trattative in più nella metà del tempo, grazie anche alla possibilità di aggiornare i dati dei clienti in modo semplice in mobilità”, afferma Stifano . Altra esperienza interessante, questa volta di una media azienda, è quella di Garbuio Dickinson, relativa all’adozione di un unico sistema Erp a supporto di una maggiore sinergia tra i processi del Gruppo, leader nella realizzazione di macchine e impianti di lavorazione del tabacco, con circa 400 dipendenti e sedi in Uk, Usa, Romania, Indonesia, India. “L’implementazione di Microsoft Dynamics AX ha consentito di fare affidamento su un Erp multi-company, multi-sito e multilingua, senza tralasciare le esigenze delle singole società, raggiungendo un controllo consolidato di tutte le attività e una migliore pianificazione e gestione sinergica delle operazioni globali.

Soluzioni mirate, in ufficio e in mobilità Microsoft Dynamics offre soluzioni mirate per le esigenze di imprese piccole, medie o grandi. “I nostri sistemi gestionali interpretano le ultime tendenze in fatto di cloud, social e mobility e possono supportare in modo efficace le aziende nella gestione dell’intera organizzazione, dalla supply chain alla produzione, dalle HR ai progetti finanziari”, sostiene Stifano. In particolare Dynamics AX è pensato per le aziende più grandi e rappresenta una soluzione flessibile e di rapida implementazione, i cui punti di forza sono la semplicità d’uso e l’integrazione con gli strumenti di collaborazione e business insight che guidano il management aziendale. Dynamics NAV,

Giovanni Stifano

Inoltre, Microsoft Dynamics CRM ha migliorato l’efficacia dei processi di marketing e della divisione commerciale”, osserva Stifano. Ma anche realtà più vicine alla Pmi possono beneficiare di un sistema gestionale adeguato a supporto del proprio percorso di crescita e il caso di Parcol, azienda italiana attiva nel settore delle valvole per impianti tecnologici, dimostra l’importanza di questa tecnologia per l’internazionalizzazione. “La costruzione di un nuovo stabilimento in Cina ha reso utile puntare su un sistema di gestione e comunicazione integrato, con l’obiettivo di rendere le informazioni aziendali fruibili da tutti nel mondo. Optando per una soluzione user-friendly, semplice da integrare con i sistemi It presenti in azienda e in grado di ospitare facilmente tutta la documentazione necessaria, Parcol ha scelto Microsoft Dynamics NAV con il verticale Engineering, dedicato alle società che operano su commessa, ottenendo notevoli benefici. La navigazione tra i dati è semplice e la gestione della produzione permette di avere un quadro della situazione più attento”, racconta Stifano. Tre casi emblematici, quindi, che testimoniano l’importanza di puntare su sistemi gestionali e soluzioni di Customer Relationship Management per aziende di qualsiasi dimensione. invece, risponde in modo più puntuale alle esigenze delle Pmi offrendo strumenti per il controllo e la gestione dei processi, insieme a funzionalità di analisi che consentono di ottimizzare le performance di business. “Anche la nostra offerta in ambito Crm”, aggiunge Stifano, “è in costante evoluzione, in linea con gli attuali trend e offre il vantaggio di essere disponibile anche su cloud, fruibile in mobilità e integrata con il mondo social ma soprattutto con tutti gli applicativi Microsoft diffusi tra le aziende”. Il nuovo Dynamics CRM 2013 “Spring Edition” è intuitivo e offre una user experience fluida e touch-enabled. La disponibilità di app su Windows, Windows Phone, iOs e Android consente di essere produttivi ovunque e in qualunque momento. Il modello on premise e sul cloud abilita, inoltre, una maggiore flessibilità. 29


Focus sul cloud

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ATTILIO BACHETTI - TEAMSYSTEM

FULVIO BERGESIO - SAP

“Da più di due anni la focalizzazione è sul cloud: da un lato con le Fusion Applications, dall’altro con soluzioni best of breed acquisite che aiutano a ottimizzare processi di business specifici, come Taleo per il talent management o le applicazioni RightNow, Collective Intellect, Vitrue e molte altre nell’area della gestione della relazione con il cliente su ogni canale, compresi i social network”, spiega Giovanni Ravasio, country leader applications di Oracle Italia. “Offriamo poi una serie di applicazioni verticali che indirizzano le esigenze di specifici settori industriali. Abbiamo anche lanciato un Cloud Marketplace, un vero app store per le aziende”.

Parola chiave: integrazione

L’offerta di Zucchetti in ambito Erp comprende Ad Hoc Infinity, che a detta del vicepresidente Giorgio Mini “è l’Erp in tecnologia Web che rivoluziona il modo di intendere il gestionale classico perché, oltre a coprire funzionalmente tutte le aree aziendali, fornisce un’interpretazione nuova dei processi che regolano le attività dell’organizzazione, favorendo la collaborazione e la condivisione delle informazioni all’interno dell’impresa”. Il tutto seguendo una logica di integrazione, nel senso che le soluzioni sono generate con la stessa tecnologia di sviluppo Zucchetti. “Un esempio concreto: l’integrazione di Infinity Crm con Ad Hoc Infinity consente l’inserimento automatico nel gestionale di tutti gli ordini effettuati”, spiega Mini, “limitando le operazioni ripetitive e il conseguente margine di errore”.

BARBARA REFFI - PASSEPARTOUT

Su Sap Hana ‒ la piattaforma di in-memory computing che permette l’elaborazione in tempo reale di grandi volumi di dati ‒ poggiano le soluzioni di Sap e del suo ecosistema di partner, le quali consentono analisi di dati strutturati e non, usufruibili attraverso applicazioni mobili e disponibili in modalità cloud, ibrida e on premise. “Tra le soluzioni” precisa Fulvio Bergesio, lob & cloud sales director di Sap Italia, “proponiamo Crm Sap Cloud for Sales, integrabile con le soluzioni Sap Erp e utilizzabile da qualsiasi dispositivo mobile, e Sap Cloud for Social Engagement, che permette di interagire con i clienti sui social media, identificando i messaggi rilevanti, gestendo richieste e commenti in pochi minuti. Uno dei suoi punti di forza è l’integrazione ‘out of the box’ con tutte le soluzioni Sap di Erp e Crm”.

GIORGIO MINI - ZUCCHETTI

tra in modo semplice”. In ambito Erp, Infor è specializzato in soluzioni per i settori manifatturiero, food&beverage, fashion e servizi. “Sono basate sulla release Infor 10x e offrono funzionalità social, mobile, di reporting analitico e cloud”, spiega Enza Fumarola, vice president sales southern Europe dell’azienda. “Integrano Infor Ming.le, un digital workplace che abilita una navigazione contestualizzata, facilitando l’accesso e la condivisione dei dati. Infor ha anche annunciato CloudSuite, il primo gruppo di applicazioni per settori verticali in modalità cloud su Amazon Web Services. Offre funzionalità specifiche per settore e un modello di fruizione a consumo, che riduce sensibilmente l’investimento It iniziale”.

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SPECIALE | Erp e Crm

Passepartout ha optato per una soluzione Crm integrata nell’Erp, Passepartout Mexal, facilmente personalizzabile sia dalla rete di partner sia dall’utente finale, come precisa l’amministratore delegato Barbara Reffi: “Noi abbiamo pensato un’offerta basata su un software cloud (SaaS) sia per le imprese, Passepartout Mexal, sia per gli studi professionali, Businesspass”. Le soluzioni di punta di TeamSystem sono Alyante Enterprise, per il sistema Erp, e Tustena, per il Crm. “Alyante Enterprise gestisce i principali processi aziendali e fornisce una vasta gamma di software verticali per i diversi settori”, spiega Attilio Bachetti, product marketing manager di TeamSystem. “Il tutto attraverso degli innovativi strumenti di collaboration, mobility e facilità di accesso, indipendentemente dalla piattaforma o dispositivo che si utilizza”. “Tustena Crm”, prosegue Bachetti, “è una soluzione modulare che copre i processi della vendita, del marketing e dell’help desk. Grazie all’integrazione nella piattaforma gestionale Alyante, inoltre, si aumenta la capacità di controllo del parco clienti, riducendo i costi e migliorando i profitti. TeamSystem ha implementato presso numerosi clienti le soluzioni in modalità cloud, sia per l’utilizzo dell’intero sistema di Enterprise resource planning, sia esclusivamente per quello di Customer relationship management”. Maria Luisa Romiti


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I mercati di Erp e Crm sono in crescita, anche se con ritmi differenti. In questo momento il vantaggio competitivo deriva dalla disponibilità delle soluzioni su cloud, dalla fruibilità via mobile e dal dialogo con il mondo social.

Flessibilità di adozione

“S

icuramente i driver su cui puntare per dare vita a nuovi progetti nelle aziende italiane e spingere l’adozione del Crm e dell’Erp sono il cloud, la mobility e il social”, afferma Riccardo Sponza, direttore marketing della divisione Dynamics di Microsoft Italia. “La possibilità di supportare la forza vendita anche in mobilità e l’integrazione con il mondo social permettono di ottimizzare i processi di marketing, vendita e customer care, e il cloud consente di beneficiare di maggiore flessibilità e sicurezza”. L’evoluzione della tecnologia si sta combinando con le attuali dinamiche dei processi aziendali, che richiedono sistemi gestionali nuovi e determinanti elementi quali l’accessibilità, la fruizione in mobilità, la flessibilità e il cloud, per ridurre sia i costi sia l’impegno e i rischi della gestione diretta dell’infrastruttura. “La richiesta delle aziende è oggi sempre più diretta verso soluzioni erogate 32

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in modalità SaaS e cloud”, commenta Fulvio Bergesio, lob & cloud sales director di Sap Italia. “Basta osservare come nel 2013 il 41% delle revenue del mercato Crm sia rappresentato da soluzioni SaaS, conseguenza della tendenza delle imprese di ogni dimensione a sostituire o integrare le funzionalità dei sistemi legacy con soluzioni as-a-service di più facile implementazione”. Il fatto che le aziende propendano verso la nuvola è condiviso anche da Giovanni Ravasio, country leader applications di Oracle Italia: “Le imprese guardano con sempre maggiore interesse al cloud per poter disporre velocemente di nuove applicazioni in grado di trasformare il modo in cui fanno business. Quelle italiane stanno progressivamente abbandonando le iniziali preoccupazioni rispetto all’affidabilità di questo tipo di servizi, e li scelgono per ottenere maggiore flessibilità in risposta alle attuali condizioni di mercato”. Questo vale anche per le piccole e me-

die imprese, come spiega Barbara Reffi, Ceo di Passepartout: “Si estenderà e si consoliderà l’offerta cloud, insieme a tutte le funzionalità che facilitano l’interazione con i clienti e il mercato potenziale. Grazie al cloud e alla mobility anche le Pmi potranno avere accesso ai benefici dei Big Data”. Cloud sì, ma con prudenza

Perché, allora, il cloud non ha ancora una diffusione imponente nel mercato dell’Erp? Perché le aziende italiane preferiscono ancora, nella maggior parte dei casi, acquistare il software in licenza d’uso e tenere i propri dati gestionali “in casa”. Questo a detta di Giorgio Mini, vicepresidente di Zucchetti, che aggiunge: “Indiscutibilmente, tuttavia, il trend di richieste di Erp in modalità Software-as-a-Service è in continuo aumento e in Zucchetti ci siamo attrezzati per soddisfare anche questa tipologia di clienti, potenziando notevolmente il nostro data center per garantire i più


elevati standard a livello di sicurezza fisica, informatica, applicativa e logica”. C’è diffidenza verso il cloud anche secondo Saimor Schiavon, product manager di Evolution: “La maggior parte delle aziende è assai restia ad archiviare i dati su un server esterno, non rendendosi conto che il grado di sicurezza di un server in data center è praticamente lo stesso di quello che si trova in sede”. Analisi, social e mobility

Per Giorgio Mini di Zucchetti i quattro paradigmi fondamentali per l’Erp del futuro saranno cloud, Big Data, social e mobile. “Per l’analisi dei Big Data abbiamo sviluppato le ‘Infinity analytics’, funzionalità avanzate di business intelligence che permettono di trarre informazioni ad alto valore aggiunto partendo da una grande mole di dati. Gli aspetti social saranno sempre più integrati negli applicativi per favorire la condivisione delle informazioni all’interno e all’esterno dell’azienda. Infine, siamo già decisamente avanti sul tema della mobilità perché sono sempre più numerosi gli utenti che hanno l’esigenza di accedere ai dati gestionali sia online sia offline”. Focus sulla mobilità anche per Evo-

CRM SEMPRE PIÙ TRA LE NUVOLE La forte domanda di Software-as-a Service (SaaS), che nel 2013 ha rappresentato più del 41% del fatturato globale di Crm, è stata trainata da aziende di tutte le dimensioni e settori (comunicazioni, media, servizi It, manufacturing, bancario e finanziario), alla ricerca di alternative di più facile implementazione per sostituire sistemi legacy o per ottenere funzionalità complementari. A dirlo è Gartner, secondo cui attualmente circa il 40% delle installazioni Crm è fornito in modalità SaaS, nel corso del 2014 si raggiungerà il

lution. “Il futuro è sicuramente nel segno della mobility, in un’ottica che mira a svincolare il lavoro dalla sede fisica dell’azienda”, afferma Schiavon. “Per questo motivo anche noi stiamo puntando a fornire ai nostri clienti in mobilità la piena integrazione alla rete aziendale, garantendo loro la possibilità di operare ovunque si trovino”. Sono due i principali trend da segnalare nel mondo Oracle, ed entrambi sono già una realtà: gli strumenti di analytics e le logiche social, come spiega Giovanni Ravasio:“Gli analytics sono ormai resi disponibili direttamente nelle piattaforme utilizzate per la normale gestione delle attività. Questa integrazione nativa aiuta a fondare sui dati ogni tipo di decisione, da quella più operativa a quella più strategica. Per quanto riguarda il social, in Oracle perseguiamo una strategia denominata proprio ‘social-enabled enterprise’, in base alla quale tutto il nostro parco applicativo sta evolvendosi già da qualche anno per accrescere, attraverso piattaforme di tipo social, le possibilità di condivisione e collaborazione fra i dipendenti e fra l’organizzazione e gli stakeholder esterni”. Maria Luisa Romiti 49% ed entro il 2015 le realizzazioni on premise e quelle nel cloud si divideranno equamente il mercato. Nella sola Europa Occidentale si è passati dall’1% del 1999 al 49% di applicazioni consegnate su infrastrutture SaaS nel 2014. “Il mercato del Crm”, afferma Michelangelo Barbera, responsabile sales & service Europe & Latina America di Accenture, “si caratterizza per l’emergere di sei principali trend: la penetrazione delle tecnologie digitali nei canali fisici (negozi) e voce (call center); il ruolo chiave degli analitici di cliente e di vendita nei modelli operativi; il ruolo sempre più rilevante dell’ecosistema di partner sia di

ERP POSTMODERNO Gli Erp “tradizionali”, fortemente personalizzati per adeguarsi alle realtà produttive di specifici settori (in particolare energia, manufacturing e distribuzione) hanno fatto il loro tempo. O meglio non sono più in grado di adattarsi ai rapidi cambiamenti del mercato. A rivelarlo è uno studio di Gartner, secondo cui le organizzazioni possono raggiungere più funzionalità, riduzione di costi e flessibilità attraverso quello che viene definito “Erp postmoderno”, ossia basato su cloud application con on premise application. Il concetto di un’unica suite che soddisfi tutte le necessità aziendali è ormai superato, sostituito da un approccio di tipo ibrido che combina un insieme di soluzioni via cloud con un nucleo ristretto di funzioni centrali on premise, come i servizi finanziari e manifatturieri. Secondo le previsioni di Gartner, tra cinque anni questo modello sarà la norma ed entro il 2018 almeno il 30% delle aziende che operano nei servizi sposterà la maggior parte delle applicazioni Erp nel cloud.

servizio sia di vendita; l’elevato livello di personalizzazione del contatto e della gestione del cliente; la revisione dei modelli operativi e di business con l’enfasi sulla multi-canalità e sull’integrazione di marketing, vendita e servizio; l’adozione di modelli operativi e tecnologie agili in termini di flessibilità e rapidità di realizzazione. Le soluzioni SaaS e il cloud sono degli importanti abilitatori. Il mercato italiano è stato più lento ad adottarli principalmente per due fattori: la percepita minore possibilità di adattamento alle specifiche esigenze, e la confidenzialità e sicurezza dei dati. Nel prossimo futuro questi elementi inibitori saranno superati”. 33


TECHNOPOLIS PER DELL

CLOUD IN-A-BOX, L’APPLIANCE PER PICCOLE E MEDIE IMPRESE L’offerta di nuovi servizi basati sul cloud computing richiede un’infrastruttura sufficientemente versatile da supportare carichi di lavoro diversificati, e abbastanza flessibile da rispondere ai mutevoli requisiti di risorse tra server, storage e rete. Gran parte delle infrastrutture oggi disponibili, tuttavia, non è progettata per supportare la crescita dei servizi It. La gestione dei data center è spesso manuale e statica. Per rendere possibili servizi automatizzati e “on demand”, la nuova generazione di data center dovrà evolversi fino a diventare una “infrastruttura definita dal software”, in cui molte delle funzioni vengono gestite proprio a livello software. Per consentire alle aziende di beneficiare del valore offerto dal cloud e di superare una serie di barriere (il know-how necessario per implementazione e gestione, i costi progettuali e la garanzia di adeguati livelli di sicurezza) Dell ha realizzato ‘Cloud in-a-box’, un’appliance convergente basata su Dell PowerEdge VRTX e su piattaforma Microsoft (Hyper-V e System Center), che ospita un private cloud. Quest’ultimo è già

Un’offerta che mira a distinguersi

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pronto a offrire servizi di Infrastructure-as-a-Service, oppure a estendersi con pochi clic verso Microsoft Azure o verso piattaforme di cloud pubblico, creando un ambiente ibrido in grado di abilitare scenari di cloud backup, disaster recovery geografico e data center extension. Con questa soluzione le piccole e medie imprese italiane possono sperimentare in maniera estremamente semplice, rapida e al giusto costo livelli maggiori di flessibilità e produttività. Obiettivo di Dell è, infatti, quello di favorire il viaggio delle piccole e medie imprese verso il cloud: prima verso quello privato, per passare poi a un modello ibrido. Grazie al cloud sarà possibile realizzare scenari con maggiori stabilità, raggiungibilità dall’esterno, disponibilità e garanzia di migliori livelli di servizio. Cloud in-a-box è un’appliance unica sul mercato, che consente già oggi alle piccole e medie imprese italiane di adottare in estrema sicurezza un’infrastruttura cloud con costi e complessità di gestione paragonabili a quelli di una comune infrastruttura virtuale.

L’appliance Cloud in-a-box si differenzia per le seguenti capacità, immediatamente disponibili: • qualità: implementazione certificata di private e hybrid cloud; • flessibilità: gestione multi-hypervisor, per migrare verso il proprio cloud, privato o ibrido, anche servizi ospitati su ambienti di virtualizzazione preesistenti; • semplicità: un wizard intuitivo consente di creare un cloud e integrarlo con l’infrastruttura esistente in meno di un’ora; • espandibilità: possibilità di aggiungere moduli rack (5U) o tower addizionali, ciascuno con fino a quattro nodi server PowerEdge serie M, storage condiviso (sino a 25 dischi per 48 TB di capacità), connettività di rete GbE, fino a otto slot PCIe; • scalabilità: diritti di virtualizzazione, gestione e backup per un numero illimitato di macchine virtuali localmente all’appliance, e possibilità di aumentare la potenza di calcolo sfruttando l’infrastruttura cloud del service provider prescelto; • affidabilità: monitoraggio olistico e integrato delle componenti hardware e software, con possibilità di backup della propria infrastruttura, sia locale sia sul cloud.


ECCELLENZE.IT | Ministero dell’Economia e delle Finanze

La virtualizzazione mette le ali allo storage Il Mef ha adottato la soluzione SANsymphony-V di DataCore, ottenendo una serie di vantaggi: in primis, un gestione centralizzata dell’archiviazione e un utilizzo più efficiente e flessibile delle risorse, accanto a ulteriori funzionalità.

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ati economici, finanziari, bilanci, programmazione degli investimenti pubblici, politiche fiscali, gestione del patrimonio statale, catasto e dogane: le informazioni che deve maneggiare e custodire il Ministero dell’Economia e delle Finanze sono fra le più delicate immaginabili. Un passo avanti verso il miglioramento della produttività e la modernizzazione dell’infrastruttura It è stato compiuto sposando la filosofia dello storage definito dal software, ovvero gestito non su una serie di risorse fisiche, rigide e immutabili, bensì attraverso la virtualizzazione. Il Ministero ha fatto questo passo insieme a DataCore e alla sua soluzione SANsymphony-V: una piattaforma che permette di trasformare lo storage in una risorsa disponibile trasversalmente, utilizzabile LA SOLUZIONE SANsymphony-V è una soluzione per la virtualizzazione dello storage che consolida e semplifica il provisioning delle risorse, accelera le prestazioni e aggiunge elevata disponibilità. Nel caso del Mef, è stata installata su quattro piattaforme server x86 standard, in modo da garantire ridondanza e protezione dei dati offrendo al contempo la gestione centralizzata di oltre 200 TB di storage residenti su diversi sistemi Emc VMax, Emc Centera e Hp Eva. Il Ministero potrà utilizzare funzionalità avanzate di alto livello, come il thin provisioning, il mirroring su area metropolitana, il caching adattativo ad alta velocità, la replicazione e l’auto-tiering.

in modo più efficiente rispetto agli approcci San che partono dall’hardware e che usano ciascun sistema come un’isola separata dalle altre. Risultato: non solo la gestione dell’archiviazione dei dati è stata centralizzata, ma è stato ottimizzato l’uso degli apparati hardware già in dotazione, fra cui sistemi di Emc (VMax e Centera) e di Hp (Hp Eva). “Abbiamo scelto DataCore”, commentano gli addetti ai lavori dei sistemi informativi del Mef, “perché volevamo una soluzione che ci permettesse di modernizzare e virtualizzare lo storage e l’infrastruttura It senza obbligarci a un legame con specifiche tecnologie o fornitori di hardware. Questo ci garantisce flessibilità, scalabilità e libertà di scelta. Nell’eventualità di dover incrementare e adeguare l’ambiente alle necessità di archiviazione

e gestione dei dati, SANsymphony-V ci permette di scegliere sul mercato la proposta tecnica più adeguata e innovativa”. Il progetto è stato disegnato e messo in pratica con l’aiuto di SpeedyCrew, un fornitore di soluzioni software autorizzato e formato da DataCore. La piattaforma adottata, sottolineano ancora dal Ministero, “non solo riduce i costi legati allo storage consolidandone la gestione, ma ci mette anche in grado di acquistare hardware meno costoso e ci permette di salvaguardare gli investimenti già realizzati. In più, il layer della nostra infrastruttura definito dal software ci offre la flessibilità di ottimizzare qualunque cosa decidiamo di utilizzare e ci consente di tornare ad acquistare storage al miglior prezzo, permettendoci di far fronte alle nostre esigenze di crescita”. GIUGNO 2014 |

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ECCELLENZE.IT | Sebeto

Ristoranti più efficienti se il Pos è touch Il gruppo titolare di 150 ristoranti in franchising Rossopomodoro, Anema e Cozze e Ham Holy Burger ha sostituito i precedenti point-of-sale con i sistemi touch Hp RP7. Oltre all’efficienza di pagamenti e operazioni di cucina, ha migliorato la sicurezza con un sistema di lettura biometrica.

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l miglior modo per concludere in bellezza una cena al ristorante è non trovare intoppi quando si paga il conto, evitando file e problemi tecnici. Per migliorare il servizio ai clienti dei suoi 150 ristoranti e pizzerie, Gruppo Sebeto ha scelto la tecnologia di Hewlett-Packard e ha sostituito le sue precedenti postazioni point-of-sale (Pos) con i sistemi HP RP7. Il nome Sebeto potrà non dire molto, ma quelli delle sue catene Rossopomodoro (insegna ormai storica, nata negli anni Novanta a Napoli), Anema e Cozze e Ham Holy Burger sono certamente noti agli amanti della buona tavola, in Italia e all’estero. “Abbiamo iniziato da subito ad automatizzare le prime pizzerie con sistemi Unix, che allora erano lo stato dell’arte dell’It”, racconta Marco De Simone, It manager del Gruppo Sebeto, riferendosi all’apertura dei primi locali Rossopomodoro, “e abbiamo sempre contato sulle soluzioni informatiche per organizzare al meglio i reparti produttivi (che nel nostro caso sono le cucine) e l’attività gestionale”. Grazie a un substrato tecnologico moderno ed efficiente, infatti, Sebeto ha potuto sostenere un ritmo di crescita che ha portato il gruppo ad aprire un nuovo punto vendita al mese nell’ultimo decennio, arrivando oggi a un volume di 5 milioni di clienti all’anno solo in Italia. “La produzione e il servizio ai tavoli devono essere impeccabili e veloci”, spiega De Simone, “perché i nostri punti vendita concentrano in poche ore (pranzo e cena) il fatturato della giornata. Ci siamo posti l’obiettivo di servire i clienti entro 20 minuti da quando si siedono a tavo36

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la, e questo è possibile solo se dietro alla professionalità del personale c’è un sistema informativo che funziona”. Partito a fine 2012 con il supporto del system integrator Guttadauro, il rinnovaLA SOLUZIONE La tecnologia HP adottata comprende i Retail System Model RP7 (modelli 7100 e 7800) con schermo touch e il Pos all-in-one HP ap5000, oltre a switch e stampanti. I sistemi assicurano prestazioni elevate e alta affidabilità grazie a processori Intel Core i3 e a doppi dischi in Raid, ed eseguono un software di produzione e gestione di proprietà di Sebeto. L’azienda ha anche integrato negli RP7 un sistema di lettura biometrica per il controllo degli accessi del personale, che sfrutta un lettore HP esterno (collegato via Usb) e la soluzione DigitalPersona

mento del parco macchine ha coinvolto sia gli apparati di produzione in cucina (che l’azienda chiama “Kitchen Display System”) sia quelli di cassa. “Abbiamo scelto HP perché le nuove macchine della serie R7 sono performanti e hanno un prezzo molto competitivo”, dice De Simone, “ma anche perché il servizio garantito dalla multinazionale e dal partner ha fatto la differenza”. Sebeto ha, infatti, richiesto e ottenuto su questi prodotti una garanzia estesa di tre anni, offerta da HP, e l’assistenza erogata da Guttadauro. Il progetto sta proseguendo, su decisione dei singoli gestori degli esercizi in franchising, al ritmo di due ristoranti al mese. I vantaggi ottenuti finora sono evidenti: maggiore sicurezza, velocità del servizio e un aumento di performance del 30%. “In ogni angolo del mondo dove c’è un nostro ristorante”, assicura l’It manager, “d’ora in poi i clienti godranno di un servizio più rapido ed efficiente”.


ECCELLENZE.IT | Ferrari

Più veloci del cybercrimine, dalla fabbrica alla pista La storica scuderia di Maranello ha adottato le soluzioni di Kaspersky Lab per proteggere l’intero suo ecosistema: dalla progettazione alla produzione, fino alla gestione delle attività agonistiche.

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inonimo di altissima velocità su quattro ruote nonché di automotive di lusso, Ferrari ingrana la marce e sfreccia rapida per superare i pericoli del cybercrimine, dei furti di dati e degli incidenti It. Anche nei confronti delle minacce informatiche la rapidità è essenziale, e per questo motivo l’azienda nata dalla storica scuderia fondata nel 1929 ha scelto di affidarsi a Kaspersky Lab. Ferrari oggi gestisce una linea di produzione fra le più sofisticate al mondo, in cui alti livelli di automazione si combinano con tecniche di precisione, con dati di test e con il lavoro di oltre duemila dipendenti. “Per proteggere la nostra preziosa proprietà intellettuale avevamo bisogno di un partner tecnologico altamente affidabile, capace di fornire una soluzione di sicurezza It completa e all’avanguardia”, spiega il chief information officer, Vittorio Boero. “In passato abbiamo subito alcune intrusioni, quindi potete immaginare l’importanza di una soluzione affidabile per le nostre attività quotidiane”. Il punto di partenza di questo cambiamento è stata una scelta strategica:

quella di imporre misure più restrittive per proteggere i processi di produzione e al tempo stesso garantire la sicurezza dei piloti durante allenamenti e gare. Oltre che in grado di imporre un “giro di vite”, la nuova soluzione doveva essere capace di gestire in modo facile un ecosistema delicato, senza peraltro generare cambiamenti troppo traumatici. “Ferrari non voleva affrontare un complesso cambiamento di infrastruttura o trasferimento di tecnologia, ma desiderava una transizione senza problemi”, testimonia il Ceo e presidente di Kaspersky Lab, Eugene Kaspersky. “Abbiamo lavorato duramente insieme al suo team per verificare la possibilità di installare il prodotto in tutti i sistemi esistenti, senza interferire con la produttività o i sistemi sensibili”. Iniziato lo scorso anno (ma Kaspersky è sponsor del team Ferrari di Formula 1 fin dal 2010), il processo di implementazione ha richiesto oltre sei mesi di test e benchmarking, durante i quali sviluppatori e tecnici di Kaspersky Lab hanno lavorato per risolvere problematiche di prestazioni e latenza e per personalizzare

la soluzione. Il futuro? “Intendiamo sviluppare ulteriormente la nostra partnership in campo tecnologico e ci auguriamo che questo contratto quinquennale costituisca solo il primo passo”, afferma Boero. E il pensiero va naturalmente ai veicoli intelligenti e automatizzati, di cui già si parla come del trend tecnologico più caldo dei prossimi anni. LA SOLUZIONE Dopo un lungo iter di benchmarking è stata messa a punto una soluzione di sicurezza altamente integrata, con un impatto minimo sulla produttività e sui sistemi sensibili ma con un’alta capacità di protezione e rilevamento delle minacce. Nel corso del 2013 le soluzioni Kaspersky sono state installate su 2.500 endpoint aziendali, per proteggere sia la produzione industriale sia le attività di Formula 1. Entro la fine di quest’anno Ferrari progetta di coinvolgere nel processo anche i dispositivi mobili dei dipendenti e i server di infrastruttura. GIUGNO 2014 |

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ITALIA ITALIA DIGITALE DIGITALE |

L’Agenda passa di mano: LA rivoluzione rosa Rimossa la direzione dell’Agenzia, coordinata ora dal ministro Marianna Madia e affidata al commissario Elisa Grande, si apre una nuova fase. Il Governo conferma l'importanza strategica dei provvedimenti mentre il Digital Scoreboard della Ue evidenzia, ancora una volta, il cronico ritardo tecnologico del Belpaese. Con rare eccezioni.

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ra meccanismi di governance sicuramente da perfezionare e piani attuativi ancora in alto mare o quasi, il varo dell’Agenda Digitale procede sempre in modo rallentato. A prendersi la responsabilità di coordinare il programma di digitalizzazione della macchina pubblica è stata, a inizio maggio, il ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia. Tempo di insediarsi ed ecco subito emergere le prime diversità di vedute con Agostino Ragosa, il direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale (Agid). Divergen38

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ze che di fatto hanno sancito l’uscita di scena di Ragosa, decaduto formalmente dal primo maggio per alcune inadempienze amministrative, e la nomina (per decreto) a commissario dell’Agenzia di Elisa Grande, ex capo del dipartimento per il coordinamento organizzativo della Presidenza del Consiglio. A due donne, dunque, è stato affidato il compito di fare ordine – nel più breve tempo possibile – nei conti e nei meccanismi dell’Agid, prima dell’insediamento (per concorso pubblico) del nuovo direttore. Al momento in cui scriviamo,

e ipotizzando l’eventualità più probabile (l’addio di Ragosa), resta la sensazione di un’incertezza, in seno all’Agenzia e non solo, che certo non fa bene al progetto di riorganizzazione sbandierato come priorità da almeno tre governi. Un progetto costellato da qualche passo in avanti – il 6 giugno è divenuta obbligatoria la fattura elettronica per la Pubblica Amministrazione – ma anche da lavori in corso fermi da troppo tempo al palo (dei 55 adempimenti previsti dell’Agenda, solo 17 erano stati realizzati alla fine di marzo). E nel mezzo c’è pure stato il lavoro di


raccordo fra Governo e Agenzia operato dal super commissario Francesco Caio, che dopo aver contribuito a trasformare in decreti tre provvedimenti da tempo in cassetto (anagrafe nazionale, identità e fatturazione elettronica) si è accasato con tutti gli onori a Poste Italiane. I costi dell´Agenzia

Se la transizione che sta interessando la Pubblica Amministrazione è assai delicata e senza precedenti, non sembra che vi siano i presupposti migliori per affrontarla serenamente e, soprattutto, in modo adeguato. Il premier Matteo Renzi ha parlato a varie riprese di “investimento straordinario” e di “rivoluzione”. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, ha promesso grande impegno avvicinandosi la data di Digital Venice, la due giorni organizzata (l’8 e 9 luglio) in collaborazione con la Commissione Ue per dare una nuova spinta all’Agenda digitale europea, e si è sbilanciato di recente in una solenne promessa: “Il governo vede nell’Agenda digitale un elemento strategico per far ripartire il Paese”. La registriamo, insieme a tutte le altre promesse fatte in questi due anni, ma non rinunciamo a sottolineare l’impasse cui tocca assistere impotenti. Constatando però come proprio l'Agenzia diretta da Ragosa presenti un bilancio in rosso se raffrontiamo i costi di struttura (circa 20 milioni di euro nel 2013, in cui pesano gli stipendi da centinaia di migliaia di euro di alcuni dirigenti) e risultati ottenuti (sotto forma di piani attuativi). Il paradosso, come sempre tutto italiano, è servito: una realtà che dovrebbe generare miliardi tagliando le spese della macchina pubblica è al momento una voce di mero costo per le casse dello Stato. Skill carenti e reti poco veloci

Il programma relativo all’Agenda Digitale europea avanza, l’Italia è però in ritardo. L’edizione 2014 del Digital Scoreboard dell’Unione Europea parla chiaro e non sono buone nuove per le aspirazioni

Istat: aziende italiane più innovative. Ma avviare un´impresa È troppo oneroso Più concorrenza sul mercato, minori tempi per aprire un’attività imprenditoriale (siamo mediamente sui sei giorni), elevata propensione all’innovazione. Ma anche il peso di una disoccupazione preoccupante e quello, soprattutto, di una situazione finanziaria complicata, che interessa il 40% delle aziende. Dal Rapporto Istat 2014 emerge un quadro a luci e ombre circa lo stato di salute del tessuto imprenditoriale italiano, che al cospetto dei principali Paesi presenta ancora un gap evidente, pur migliorato in molti indicatori di competitività. Guardando alle buone notizie, le misure di liberalizzazione introdotte dal governo Monti nel 2011 sembrano aver prodotto gli effetti sperati: stando infatti ai dati Ocse, il livello di regolamentazione del mercato italiano è diminuito nel corso degli ultimi due anni, scendendo nel 2013 sotto la media Ue e avvicinando quello delle maggiori economie europee (nella scala da 1 a 6 siamo a 1,26 al cospetto dell’1,21 tedesco e dell’1,09 britannico). Detto che una buona parte di aziende, anche di

digitali del Belpaese. Manchiamo, per esempio, di competenze: il 50% degli italiani che lavora ha scarse o inesistenti skill rispetto a una media europea che si ferma al 39%. L’Italia paga dazio, e non è certo una novità, anche sotto il profilo infrastrutturale: l’utilizzo delle reti fisse Ngn con velocità da almeno 30 Mbps in download interessa solo l’1% della popolazione, mentre in Europa si arriva al 21%. E per le autostrade telematiche a 100 Mbps il rapporto parla di numeri “praticamente inesistenti”. Brilliamo invece per quanto riguarda il tasso di sottoscrizione ai servizi 4G Lte, con un livello di adozione del 66% ri-

piccole e medie dimensioni, ha ampliato la gamma di prodotti e servizi offerti (nel 41,1% dei casi) ed esplorato nuovi mercati (nel 22,2%), appare incoraggiante la propensione a introdurre innovazione nel sistema. La spesa in ricerca e sviluppo è in realtà ancora modesta (pari, nel 2011, all’1,25% del Pil, contro una media Ue del 2,1% e lontano dall’obiettivo dell’1,53% definito dal programma Europa 2020), ma è un dato di fatto che le aziende nostrane ricorrono con maggiore frequenza, rispetto ad altri Paesi europei, a investimenti in nuovi macchinari, tecnologie digitali e impianti all’avanguardia. Se parliamo di note dolenti, invece, è vero che per aprire un’attività bastano pochi giorni ma è soprattutto vero che, per avviare un’azienda in Italia, vi sono costi anche del 50% superiori rispetto alla Germania, tre volte maggiori rispetto alla Spagna e alla media Ue, quasi 16 volte rispetto Francia e oltre 47 volte rispetto al Regno Unito. Numeri, questi, che per il movimento delle startup innovative non sono certo di aiuto.

spetto al 62% continentale. Detto che le imprese tricolori continuano a non apprezzare il commercio elettronico, praticato fra l’altro solo dal 16% delle grandi aziende e dal 5% delle Pmi (contro il 35% e il 15% rispettivamente della media Ue), solo il 21% degli italiani sta utilizzando servizi di e-government contro il 41% della media Ue. Per contro, ben il 39% degli ospedali nostrani possiede una connessione a banda larga (a più di 50 Mbps) e il 56% scambia online informazioni cliniche con operatori sanitari esterni o medici specialisti. Buon segno? Gianni Rusconi 39


ITALIA DIGITALE | Startup

ALLA RICERCA Di una CULTURA D’IMPRESA Renato Soru, fondatore e anima di Tiscali, ci spiega la ricetta che può aiutare le nuove imprese digitali a crescere e a svilupparsi. Ispirandosi al modello americano.

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a seconda edizione dello Startup Weekend, andato in scena a maggio nel Tiscali Open Campus, è stato il pretesto per affrontare con Renato Soru, presidente e amministratore delegato (nonché fondatore) della società cagliaritana, il tema delle nuove imprese legate alle tecnologie digitali. Imprese che cercano spazio in un Paese che, forse, solo ora guarda con la dovuta attenzione al fenomeno.

Torniamo indietro di 15 anni, quando Tiscali valeva 27mila miliardi di lire in Borsa...

Sì, per qualche giorno è successo. È proprio in quel momento, di fronte a un fenomeno quasi incomprensibile, che mi sono rafforzato nella convinzione che dovevamo costruire un’impresa vera, solida. Una fabbrica di Internet. È anche vero che quell’alta attezione ci ha permesso di fare alleanze, acquisizioni, proprio nell’ottica di costruire una storia 40

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d’impresa importante. A fine 2003 ho lasciato la società e sono rientrato, nel gennaio del 2010, in un contesto completamente mutato, con un mercato delle telecomunicazioni del tutto diverso. Che cosa è cambiato?

Siamo passati dalla rete ai servizi. Sono soprattutto questi ultimi a incarnare l’essenza del business. In tale contesto i grandi operatori hanno difficoltà nel mantenere i margini e i ricavi, mentre nei servizi spunta ogni trimestre un paradigma nuovo, nella messaggistica, nelle videochiamate, nella mobilità, nell’economia della condivisione. Abbiamo assistito alla nascita di Facebook, LinkedIn, Twitter, Instagram, Waze, Viber, WhatsApp. Ci sono tantissime opportunità che in Italia non stiamo cogliendo, eccetto qualche rara eccezione come Yoox nel commercio elettronico, che sta diffondendo il made in Italy nel mondo in modo diverso.

Una startup tecnologica deve puntare, quindi, sui servizi?

Servizi è una parola ampia e la uso per distinguerla dalla rete d’accesso. Partiamo da questa considerazione: oggi assistiamo a una capacità di processare i dati che è sempre più pervasiva e coinvolge qualsiasi oggetto di uso quotidiano. Le capacità computazionali ci consentono di affrontare in modo totalmente diverso azioni che compievamo in maniera tradizionale. Questo passaggio da modalità analogica a digitale è fondamentale. Alla base di tutto c’è la Rete, c’è una grande capacità computazionale e c’è la possibilità di trasformare in digitale le cose che prima si facevano in analogico: la sfida, per noi italiani e per gli europei, è conquistare una parte di questo mondo. C’è qualcosa da poter copiare dal modello Silicon Valley?

Io penso di sì, assolutamente. I modelli positivi li dobbiamo copiare senza la fru-


strazione che può derivare dal vedere le loro condizioni così distanti dalle nostre. Da noi ci sono condizioni diverse ma è chiaro che quelle idee, quello spirito, ci devono ispirare: si va ad Harward per imparare a creare un’azienda, ed è un approccio totalmente diverso dal nostro. L’università deve dare le competenze per far nascere un’impresa, ma dobbiamo anche acquisirne una in più: mettere questa capacità in azione, senza aspettare che qualcun altro ci organizzi il lavoro. Per ridurre il tasso di mortalità, ancora altissimo, è giusto che le startup si integrino nel tessuto delle Pmi?

Renato Soru, AD di Tiscali

Parzialmente. La prima regola che possiamo imparare dalla cultura americana è pensare, subito da ragazzi, a creare uno spirito imprenditoriale. La seconda è quella di rispettare i fallimenti, considerarli come parte del percorso che porta al successo. L’idea che si possa avere successo senza passare da un gran numero di errori è sbagliata e contribuisce a bloccare lo spirito d’impresa. Per cui se questo fenomeno vede anche un nume-

ro di imprese che chiudono, ciò fa parte del percorso che dobbiamo compiere. Non ci sono startup che muoiono, ci sono imprenditori che stanno nascendo e che stanno facendo scuola di impresa ad altri. Si aspettava, o si aspetta di più, dal Governo in materia di startup?

Penso che l’Europa, nel suo complesso, si dovrebbe preoccupare di più del mondo digitale, perché sta iniziando a scoprire adesso qual è il pericolo, non solo economico ma strategico e di sicurezza, dell’essere stati troppo lontani o passivi nel mondo delle telecomunicazioni o dei grandi servizi del Web. Per quanto riguarda l’Italia, mi piacerebbe che il Governo prendesse una direzione “digital first”: ogni legge va pensata per essere attuata in chiave digitale. Se così accadesse, diventeremmo un Paese digitale e si creerebbe un humus molto favorevole per le startup. E credo che questo avrebbe un impatto enorme sul nostro livello competitivo. Gianni Rusconi

Startup, anche Telecom nel programma europeo È decollato ufficialmente da Bruxelles, lo scorso 22 maggio in occasione dello Europe 2020 Summit, il progetto Startup Europe Partnership (Sep). E, come da protocollo, a battezzare l’iniziativa ci ha pensato Neelie Kroes: “Le startup europee”, ha rimarcato la responsabile per la Digital Agenda Europea, “possono innovare e creare posti di lavoro come nessun altro e per questo dobbiamo garantire loro una piattaforma per competere, trovare finanziamenti e sfondare il soffitto di vetro che le separa dal successo”. Il primo Sep Report sul fenomeno dello “scale-up” in Europa, intanto, ha detto che oltre mille startup hanno raccolto più di un milione di dollari negli ultimi tre anni e che il Paese più

prolifico in tal senso è il Regno Unito, in cui sono nate un quarto delle nuove realtà censite. L’Italia si ferma invece al 5% del totale. Ma che cos’è Sep? È la prima piattaforma dedicata alla crescita delle startup a livello Ue, la coordinano l’italo-americana Mind the Bridge (organizzazione non profit operativa fra il Belpaese e San Francisco) e la fondazione per l’innovazione inglese Nesta. La missio-

ne è quella di aiutare concretamente le giovani imprese nate nel campo delle nuove tecnologie a farsi spazio (dimensionalmente ed economicamente) sui palcoscenici globali. Par questo entrano in gioco le grandi multinanzionali partner dell’iniziativa – e cioè Telefónica, Orange, Telecom Italia e il gruppo bancario spagnolo Bbva – con azioni di scouting, procurement e seed investment.

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OBBIETTIVO SU | Intel Silicon Photonics

I DATI VIAGGIANO IN UN LAMPO

Dopo anni di ricerca e prototipazione, arrivano i primi prodotti basati su dispositivi fotonici. Cambieranno per sempre i data center, ma anche, fra le altre cose, le automobili.

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inalmente ci siamo. Non più esibizione di prototipi ma un vero e proprio paniere di soluzioni che sfruttano l’interazione tra chip tradizionali e connessioni fotoniche, percorse da segnali luminosi su fibra ottica. Il prossimo passo dell’high-end computing, infatti, non sarà l’elaboratore quantico che tanti sognavano (vale a dire una macchina che sostituisce completamente l’elettronica con circuiti ottici) ma un insieme di componenti tradizionali e soluzioni basate sulla 42

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fotonica del silicio, uno step che molti potrebbero considerare intermedio ma che rivoluzionerà il mondo dell’Ict. A illustrare a Technopolis il risultato di anni di ricerca è Jeff Demain, business developer director in Intel, due lustri spesi nel gruppo Silicon Photonics della multinazionale: “Ogni giorno aumenta la massa di dati in circolazione e cresce il bisogno di banda e velocità degli utenti. La fotonica del silicio risponde a queste esigenze, moltiplicando per dieci le capacità delle connessioni più veloci oggi disponibili”.


LA FOTONICA DEL SILICIO CONSENTIRà molto presto DI PASSARE DALLA VELOCITà DI 100 GIGABIT AL SECONDO A QUELLA DI UN TERABIT.

Qui a sinistra, Jeff Demain, business developer director del Silicon Photonics Solutions Group. In queste pagine, alcuni dei prodotti che presto saranno commercializzati in tutto il mondo e che promettono di cambiare il volto prima dei data center e poi del computing in generale. A questo scopo, Intel sta raccogliendo numerose adesioni tra i partner che sviluppano prodotti e sistemi, tra cui Dell, Fujitsu, Microsoft e Huawei.

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OBBIETTIVO SU | Intel Silicon Photonics

questa tecnologia può connettere i diversi componenti dei nuovi data center modulari, rompendo completamente i vecchi schemi in termini di efficienza e velocità.

origini italiane Uno dei padri della ricerca in Intel Silicon Photonics è Mario Paniccia, chiare origini italiane. Paniccia dirige il laboratorio di fotonica della multinazionale, che negli ultimi mesi è passato dalla fase prototipale a quella della specifica di prodotti realizzabili su scala industriale. Tra le prime soluzioni presentate ci sono i connettori ottici Mxc, in grado di convogliare 1,6 terabit al secondo di dati e di mostrare doti di resistenza e flessibilità maggiori rispetto ai cavi di rame e connettori classici.

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Al di fuori dell'affascinante ma specializzato mondo dei data center, la fotonica del silicio può fare tantissimo per soddisfare le nuove esigenze degli utenti consumer. Può favorire la diffusione delle trasmissioni Tv in standard 4K (che richiedono una banda di 200 gigabit al secondo), può contribuire a diminuire il peso delle automobili (ogni veicolo contiene mediamente 135 chilogrammi di rame) grazie alla leggerezza della fibra ottica e può abilitare nuove applicazioni e tecnologie, come la medicina personalizzata e l'Internet of Things.

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VETRINA HI-TECH

TECHNOPOLIS PER 2WIN SOLUTIONS

2WIN SOLUTIONS PORTA IN AZIENDA I GESTIONALI INFOR

Paolo Aversa Ceo e partner di 2Win Solutions Nel corso degli ultimi anni Infor si è contraddistinta, nel panorama dei vendor che sviluppano soluzioni aziendali di caratura gestionale, per la propria strategia di go-tomarket sviluppata secondo tre direttrici principali: realizzazioni micro-verticali (suite di prodotti e funzionalità specifici per settore industriale), user experience (applicativi consistenti per interfaccia utente, navigabilità, facilità d’uso), architettura Internet (soluzioni native Web che hanno l’opzione di utilizzo in cloud). 2Win Solutions (2WS), system integrator specializzato nelle soluzioni Infor per le Pmi del settore manifatturiero discreto, si riconosce pienamente in questo approccio in quanto opera con successo da numerosi anni con i gestionali Infor LN e Infor Syteline nel mercato delle piccole e medie imprese attive in settori specifici, quali Aerospace & Defense, Industrial Equipment & Machinery, High Tech & Electronics, Automotive, Industrial Manufacturing, Furnitures. Le competenze sviluppate da 2WS in questi ambiti industriali e la profondità funzionale delle soluzioni Infor creano un connubio vincente, capace di soddisfare i vincoli progettuali (costi/tempi) e gli obiettivi delle aziende clienti. Al di là della copertura funzionale, un ulteriore elemento di vantaggio che 2WS riconosce nella nuova piattafor46

ma Infor 10x è quello di operare come hub collaborativo intra e inter-aziendale, sfruttando al massimo la condivisione dei dati. Il trend di mercato si sta, infatti, fortemente orientando in tal senso e le aziende che necessitano di intervenire sul proprio modello di business identificano la possibilità di aprire la comunicazione alle terze parti come un indubbio elemento di valore della soluzione gestionale. “Benché il requisito primario delle aziende che riorganizzano i propri sistemi gestionali sia ovviamente legato al bisogno di mettere in sicurezza i processi fondamentali che costituiscono la struttura portante del business”, riferisce Paolo Aversa, Ceo e partner di 2Win Solutions”, sempre più spesso nella fase di ottimizzazione progettuale l’interazione dei flussi informativi, flessibili ma tuttavia controllati e tracciabili, diventa la chiave primaria di lettura per avere un progetto vincente”. In questo scenario, che richiede al contempo pragmatismo realizzativo e visione di lungo termine, entra in gioco l’esperienza di 2WS, che sa aggiungere alla robustezza della soluzione software un fattore estremamente importante ogni qualvolta occorra operare a livello organizzativo e umano: la capacità di modulare e gestire nel tempo l’evoluzione della soluzione, in base alle priorità legate sia al business sia all’ecosistema aziendale costituito dagli attori coinvolti (siano essi dipendenti o terze parti), dalle risorse economiche e dalle infrastrutture.

Per informazioni: www.2winsolutions.com


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Una volta erano solo iPad, poi è arrivato Android. Ma oggi la concorrenza vera è rappresentata da Windows.

I tablet in cerca di una nuova identità

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l mercato dei tablet è relativamente giovane, ma a pochi anni dalla sua nascita sta già vivendo una rivoluzione. Il primo iPad è stato infatti presentato all’inizio del 2010, inventando una categoria di prodotto in precedenza solo tratteggiata a grandi linee dai produttori di Pc. Da allora l’unica credibile sfidante è stata Samsung, che ha costruito intorno alla sua gamma Galaxy Tab una seria alternativa al dominio iniziale di Apple. A contorno una gran numero di altre proposte, provenienti per lo più dall’Asia. Ma a livello di quote di mercato non c’è mai stata storia: Apple e Samsung hanno finora dominato la scena. L’anno scorso sono però arrivati i primi segnali di cambiamento. Da una parte hanno cominciato a prendere piede gli smartphone di grandi dimensioni, con

display intorno ai sei pollici, dall’altra i Pc sono diventati sempre più ibridi, proponendosi con tastiere staccabili in modo da trasformare il tradizionale portatile in un tablet indipendente. In mezzo, due grandi protagonisti che stanno tentando di conquistare posizioni partendo da due idee contrapposte: Microsoft, che con i suoi Surface e Surface Pro sembra ancora indecisa tra piattaforma tablet e piattaforma Pc, e Amazon, che con i Kindle Fire prova a guadagnare terreno partendo dall’idea che a fare la differenza siano i contenuti. Le ultime mosse sono il lancio del Surface Pro 3, definito da Microsoft “il tablet che sostituisce il notebook”, e del nuovo sistema operativo iOs 8 (si veda il box di pagina 48). In tutto questo, a sembrare un po’ disorientato è il consumatore, che a fronte dell’aumen-

to dell’offerta ha reagito mettendosi prudentemente alla finestra. Così nel primo trimestre di quest’anno le consegne a livello mondiale sono cresciute di pochissimi punti percentuali (più 3,9% secondo le stime di Gartner), mentre in Italia avrebbero addirittura subito una battuta d’arresto (meno 10,5%, stando ai dati di Sirmi). A livello numerico, quello dei tablet rimane comunque un mercato interessante, che insieme a quello degli smartphone e dei portatili ha guidato il fenomeno aziendale del Byod (Bring your own device). Questa tendenza sta rivoluzionando l’uso dell’It nelle imprese: sempre più spesso impiegati e dirigenti ricorrono a uno strumento tecnologico non più fornito dal datore di lavoro, ma di proprietà personale. A fine maggio la società di ricerche di GIUGNO 2014 |

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mercato Idc ha rivisto le stime di vendita dei tablet per l’anno in corso: mentre inizialmente si prevedeva un volume di 260,9 milioni di pezzi in tutto il mondo, questa stima è poi stata abbassata a 245,4 milioni. Si tratta sempre di una crescita a doppia cifra rispetto al 2013 (+12,1%), ma decisamente in calo se paragonata al +51,8% registrato lo scorso anno. Secondo Idc, le cause principali di questo rallentamento sarebbero due: la prima è che i consumatori starebbero attendendo più del previsto a cambiare generazione di dispositivo, la seconda sarebbe la crescita dei cosiddetti “phablet” (unione delle parole phone e tablet) con schermo da 5,5 a 7 pollici. Le vendite di questo segmento sono passate dal rappresentare il 4,3% degli smartphone, nel primo trimestre dello scorso anno, al 10,5% dello stesso periodo 2014, per un totale di 30,1 milioni di pezzi. Ma oltre alla battaglia sull’hardware c’è anche quella che si gioca sul piano dei sistemi operativi, dove Android rimane leader incontrastato, anche in virtù dell’elevato numero di aziende che lo adottano sui propri dispositivi. Nel 2013, secondo Gartner, la piattaforma per il mobile sviluppata da Google ha

conquistato il 61,9% del mercato dei tablet (era il 45,8% un anno prima), mentre iOs è crollata dal 52,8% del 2012 al 36% dello scorso anno. Timidamente, compare un terzo protagonista, anche se con una quota di mercato che rimane risibile: Microsoft ha conquistato il 2,1%, raddoppiando quanto fatto registrare un anno prima. La situazione di Microsoft merita di essere monitorata, anche perché sotto questo brand ricadono in realtà due versioni differenti di sistema operativo: il più limitato Windows Rt (che ha creato abbastanza confusione tra i consumatori, vista la sua incompatibilità a livello applicativo con il fratello maggiore) e Windows 8, ora giunto alla versione 8.1. Mentre Rt è stato abbandonato sostanzialmente da tutti i produttori hardware, la miniaturizzazione, la potenza e l’efficienza energetica delle nuove generazioni di processori Intel hanno consentito la realizzazione di tablet e portatili basati sul sistema operativo completo, rendendo del tutto inutile l’adozione di un software con troppe limitazioni. E se nella battaglia dei tablet Windows 8.1 conquisterà posizioni, i rapporti di forza potrebbero cambiare ancora una volta. Paolo Galvani

IN AUTUNNO ARRIVERÀ IOS 8 Cento milioni di iPod Touch, 200 milioni di iPad e mezzo miliardo di iPhone. È questa la diffusione dei dispositivi basati su iOs. Nell’ultimo anno sono stati 130 milioni i nuovi utenti che hanno iniziato a utilizzare prodotti Apple e il sistema operativo iOs. Con queste premesse, Apple ha svelato all’inizio di giugno iOs 8, la nuova versione del suo sistema operativo per smartphone e tablet. Il design è rimasto sostanzialmente quello di iOs 7, ma la novità più rilevante riguarda la modalità con cui i dispositivi interagiscono tra di loro quando si trovano vicini. Apple ha parlato di “continuità”, un concetto grazie al quale i Mac, gli iPhone e gli iPad lavoreranno insieme, consci della vicinanza tra loro, per offrire un’esperienza d’uso diversa. Con Os X Yosemite (il nuovo sistema operativo per i Mac) e iOs 8, per esempio, sarà possibile continuare a lavorare sulla stessa pagina Web o sullo stesso messaggio di posta

apple iPad air

AMAZON KINDLE FIRE HDX 8.9

SAMSUNG GALAXY NOTEPRO 12,2

Schermo: 9,7”, 2.048x1.536 punti Sistema operativo: iOs 7 Memoria: 16, 32, 64 o 128 GB Connettività 4G: opzionale

Schermo: 8,9”, 2.560x1.600 punti Sistema operativo: Amazon Kindle (Android) Memoria: 16, 32 o 64 GB Connettività 4G: no

Schermo: 12,2”, 2.560x1.600 punti Sistema operativo: Android KitKat 4.4 Memoria: 32 GB + microSD Connettività 4G: sì

Prezzo: da 479 a 869 euro

Prezzo: da 379 a 479 euro

Prezzo: 899 euro con tastiera

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elettronica passando dallo schermo di un dispositivo a quello di un altro con un semplice gesto. Quando il Mac o l’iPad si troveranno vicini a un iPhone sarà possibile attivare la funzione Hotspot Personale senza la necessità di accedere allo smartphone. Mac e iPad potranno anche essere utilizzati per rispondere alle chiamate telefoniche ricevute sull’iPhone o per comporre un numero di telefono. Queste funzioni saranno immediatamente disponibili per tutti gli utenti al momento del rilascio dei nuovi sistemi operativi, previsto in autunno. Nelle mani degli sviluppatori, invece, sono le novità che riguardano la app Salute e il sistema HomeKit. Grazie alla prima si avrà accesso a una console dove si potranno raccogliere e gestire i dati provenienti da tutte le soluzioni dedicate al benessere e alla salute, mentre con il secondo sarà possibile organizzare in maniera più razionale tutti i sistemi legati alla casa intelligente, dai termostati ai sistemi di controllo di chiusura delle porte, fino alle webcam. Per il resto l’esperienza dell’utente non cambierà so-

stanzialmente, nonostante l’ovvia presenza di numerose migliorie. Il nuovo Centro Notifiche disporrà di notifiche interattive, che renderanno possibile rispondere direttamente a messaggi senza dover lanciare la specifica app, piuttosto che accettare un appuntamento o lasciare un commento su Facebook. Interessante la possibilità di aggiungere widget sviluppati da terze parti. La funzione QuickType della

SONY XPERIA Z2

LENOVO YOGA TABLET 10 HD+

Schermo: 10,1”, 1.920x1.200 punti Sistema operativo: Android KitKat 4.4 Memoria: 16 o 32 GB Connettività 4G: opzionale

Schermo: 10,1”, 1.920x1.200 Sistema operativo: Android 4.3 Memoria: 16 o 32 GB + microSD Connettività 4G: opzionale (3G)

Prezzo: da 499 a 649 euro

Prezzo: da 349 A 399 euro

tastiera virtuale è stata arricchita con la tecnologia predittiva, velocizzando la scrittura tramite il suggerimento delle parole più appropriate. L’app per i messaggi è stata migliorata con la funzione di messaggi di gruppo ed ora è possibile condividere il luogo in cui ci si trova. Secondo la rivista statunitense Fortune, il 98% delle prime cinquecento imprese al mondo utilizza iOs. Apple ha così deciso di aumentare il suo livello di attenzione per l’impiego in azienda dei suoi dispositivi. Grazie al Device Enrollment Program, i dispositivi possono essere configurati automaticamente, anche precaricando le app aziendali. La protezione dei dati aziendali è garantita dalla possibilità di usare password specifiche. iOs 8 è già disponibile nella versione beta destinata agli sviluppatori, mentre arriverà agli utenti finali dal prossimo autunno. La compatibilità è garantita a partire da iPhone 4s e iPad 2. P. G.

MICROSOFT SURFACE 2 Schermo: 10,6”, 1.920x1.080 punti Sistema operativo: Windows Rt 8.1 Memoria: 32 o 64 GB + microSD Connettività 4G: no

Prezzo: da 439 a 549 euro

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Top class per tutte le tasche EI AW HU ND P7 E ASC

Il predecessore, Ascend P6, ha venduto oltre quattro milioni di pezzi: una cifra a uno zero in meno rispetto ai best seller ma un successo planetario se consideriamo che non stiamo parlando né di Samsung né di Apple. Sull’Ascend P7 si concentrano ora le aspettative di Huawei, marchio che ha fatto indubbiamente un ulteriore passo avanti sia nella direzione del design sia in quella delle caratteristiche tecniche innovative. Richard Yu, a capo della divisione consumer della multinazionale cinese, tiene a ricordare che il P6 aveva battuto il record mondiale di spessore (sottile) e che anche grazie alla diffusione di quel modello Huawei è cresciuta del 52% in termini di brand awareness, scalando la classifica dei produttori di smartphone fino al terzo posto. “Ma non ci fermeremo qui”, ha detto Yu nel corso della presentazione del nuovo terminale, “stiamo continuando a investire per migliorare la nostra posizione, e il P7 ha tutte le caratteristiche per permetterci di proseguire la nostra corsa”. Molto più prosaicamente e concretamente, Daniele De Grandis, direttore della divisione consumer della filiale Italiana, ha annunciato che “il terminale sarà commercializzato al prezzo di 399 euro (inferiore alla media europea, ndr) e che gli obiettivi di vendita sono di raggiungere le 200 mila unità”. Il prodotto

Il nuovo smartphone di fascia alta di Huawei batte il record del predecessore in quanto a rapporto tra prezzo e prestazioni.

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Disponibile nelle varianti nera e bianca, l’Ascend P7 mostra prima di tutto un design sicuramente accattivante, la cui nota distintiva è, come il suo predecessore, lo spessore molto ridotto (6,5 millimetri). Il display da 5 pollici, con Gorilla Glass di terza generazione, viene accoppiato sul retro a un’altra lastra di analoghe caratteristiche, che conferisce al terminale un look inedito, anche grazie alla texture ottenuta sovrapponendo ben sette strati di al-

trettanti materiali diversi. Piacevole all’occhio e piacevole al tatto, il P7 non trascura i contenuti hitech, visto che è mosso da un processore quad-core a 1,8 GHz (forse l’unico punto debole riscontrato durante la nostra prova, anche se il software di sistema del prototipo che abbiamo avuto modo di provare sarà sicuramente migliorato nel prodotto finale e negli aggiornamenti successivi), che incorpora una fotocamera posteriore da ben 13 megapixel (ma la sorpresa vera è la anteriore da 8) e che offre la connettività Lte nonostante uno spessore ridottissimo (pare che l’ingegnerizzazione dell’antenna sia stato uno dei compiti più difficili dei progettisti). Il P7 non è destinato in particolar modo all’utilizzo business (il suo punto di forza principale, oltre al prezzo, è il sistema di fotocamere e il relativo software di gestione), ma i canoni del Byod (Bring your own device) rendono ormai superflua la distinzione. La versione di Android installata in fabbrica è la 4.4.2, mentre l’ambiente Emotion Ui 2.3 realizzato dalla multinazionale cinese regala all’utente icone ben disegnate e decisamente piacevoli. LE CARATTERISTICHE A COLPO D’OCCHIO Dimensioni: 139,8x68,8x6,5 mm Peso: 124 grammi Schermo: 5 pollici risoluzione

1920x1080

Processore: Quad-Core 1,8 GHz Memoria: 2 GB, microSD Standard: Gsm, Umts, Lte Connettività: WiFi 802.11 b/g/n,

Dlna, Bluetooth 4.0, Nfc Fotocamera: 13 megapixel posteriore, 8 megapixel anteriore Altro: Gps, accelerometro, giroscopio, sensore di prossimità Prezzo: 399 euro




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