Issue#0 - Kaleidoscope

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L’Intermittente esce quando può

CH I

Numero 0. Giornale Aperiodico dell’Associazione Chi Ragàs. https://www.facebook.com/pages/Chi-Rag%C3%A0s/342065915993741?fref=ts

EDITORIALE

COL CANOTTO SUL GALASSO

Era una notte buia e tempestosa. La nebbia saliva dai fossi e i culatelli sussurravano nelle cantine addormentate. Fuori, nulla di troppo interessante. Dentro, l’ultimo di quei quattro amici al bar. Nasce così l’Associazione Chi Ragàs, fondata da un manipolo di ragazzi della bassa con la voglia di fare qualcosa di concreto. Determinazione, impegno e fantasia sono gli ingredienti principali che muovono lo spirito del gruppo. Determinazione, perché non sarebbe necessario strutturarsi formalmente come associazione per fare qualcosa, ma questo permette di evitare che l’idea sia legata unicamente ad un circolo ristretto di persone e ne garantisce la sopravvivenza nel tempo. Impegno, per sfatare il mito che i giovani sono tutti dei bamboccioni che non concludono niente. Fantasia, per organizzare un giornale che esce dagli schemi canonici del giornale. Non è un quotidiano, perchè per le notizie delle rapine in banca c’è la Gazzetta. Non è un settimanale d’informazione, perchè c’è già Internazionale. Non è neanche Le Monde Diplomatique, perché non siamo all’altezza. Siamo un aperiodico, perché vogliamo essere liberi di scrivere quello che ci piace, senza che il tempo vincoli la qualità (e poi ci serviva un giornalista iscritto all’Albo, che non abbiamo). Fantasia non solo legata al giornale, ma anche rivolta ad eventi che abbiamo intenzione di realizzare in un paese pieno di potenziale ad un tiro di schioppo dalla città. Dallo sport (tornei vari) ad eventi (aperitivi, feste, etc.), a collaborazioni con altri gruppi e associazioni del territorio. Qual è il “prezzo” di tutto questo? Il sangue, esattamente 400 cc. Infatti tutto ciò non sarebbe stato possibile senza l’Avis di Colorno che ha creduto nel nostro progetto Grazie! Dopo un lungo periodo di sforzi e lavoro, possiamo finalmente tenere tra le mani la carta ruvida color camoscio di questo giornale, e i progetti segretissimi delle prossime edizioni. E le feste. È tutto un sogno, o è finita la bottiglia di nocino?

CALEIDOSCOPIO, NOVEMBRE 1945: LE ORIGINI DI UN’IDEA.

La Redazione

Sono passati 70 anni da quando esce per la prima volta a Colorno un giornale locale dal nome Caleidoscopio, che si fa portavoce di una nuova Associazione Giovanile d’impronta cattolica costituitasi nell’immediato dopoguerra. Il suo direttivo è composto da Boselli Oreste, Saccani Vaisco, Bonassi Mario, Calzolari Luigi, Bergonzi Pierino, Tiberti Aldo. Molti di loro, con le dovute differenze, si sono distinti per avere resistito contro il regime almeno dalla fine del ’43. A pochi mesi dalla Liberazione danno vita ad un’associazione, il cui scopo è dare spazio a tutti quei giovani che durante il ventennio fascista non hanno conosciuto la libertà di espressione e che, usando le loro parole, “tra il libro e il moschetto, hanno dovuto per la maggior parte usare il moschetto”. Il motto che segna la prima uscita del giornale è “onestà e lavoro”. Il quindicinale si compone di due pagine, una storico-politica e una di cronaca, e tra gli altri vede la partecipazione di Glauco Lombardi, che di volta in volta si occupa di tracciare un breve ritratto storico di Colorno e dei suoi personaggi più importanti. Per inaugurare la prima pagina del nostro giornalino ho voluto partire proprio da qui, ricordando chi prima di noi ha sentito la necessità di raccogliere i giovani all’interno di un’associazione che rappresentasse un punto d’incontro, servendosi anche di un giornale che affiancasse a uno sguardo critico sulla vita politica (rimasto assente per tanto tempo), una pagina dedicata alla cronaca, allo sport, alle filastrocche, agli indovinelli ecc. L’Intermittente, a sua volta, si comporrà di una prima pagina dedicata al Paese (in questa particolare occasione incentrata sulla presentazione della nostra associazione e del relativo giornale), a partire dalla quale verrà sviluppato un concetto “chiave” su cui verteranno le pagine successive. Questo permetterà di costruire in modo creativo una linea di pensiero, a cui ognuno darà un contributo sulla base delle proprie competenze ed esperienze. Qual è il senso di questa impostazione? Mostrare come una frase possa diventare il grimaldello che attiva il pensiero e che permette di trovare

un punto d’incontro tra le diverse conoscenze settoriali. Un momento di scambio e di confronto tra punti di vista differenti che, letti nel loro insieme, costruiscono la complessità della realtà, come i vetrini colorati di un caleidoscopio. Per concludere, due parole sul titolo del giornale: l’Intermittente, di nostra invenzione, è affiancato da un sottotitolo “esce quando può”, preso in prestito da L’Ardito del Popolo, numero unico del giornale uscito nel 1925 ad opera dell’omonimo gruppo di opposizione al Fascismo, felicemente noto per la difesa di Parma sotto la guida di Picelli contro i tentativi di occupazione da parte del regime. La combinazione di titolo e sottotitolo sta a significare che ce la metteremo tutta per essere presenti nel Paese, pur nei limiti delle nostre possibilità.

Paola Panciroli

Gli avvenimenti della nostra vita sono come le immagini del caleidoscopio nel quale ad ogni giro vediamo una cosa diversa, mentre in fondo abbiamo davanti agli occhi sempre la stessa cosa. Arthur Schopenhauer


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L’Intermittente

AL DI LA’ DALL’ARGINE

UNO SGUARDO ALL’INTERNAZIONALE: L’OLANDA

Un anno all’estero. Non posso certo dire di aver programmato questo viaggio da tutta una vita; infatti informai la mia famiglia della partenza un paio di mesi prima di ritrovarmi sul posto. Il programma di ragazza alla pari prevedeva l’inserimento in una nuova famiglia, in Olanda. Il compito era quello di occuparmi di tre splendidi bambini, di tre, sette e nove anni, apprendendo lingua e cultura del nuovo paese. Chiunque abbia già vissuto questa esperienza

probabilmente concorderà nel dire che un viaggio segna fortemente chi lo vive. Curiosità e voglia di conoscere la diversità e differenti stili di vita sono elementi che accompagnano per tutto il percorso. Le più grandi lezioni arrivavano dai bambini, con cui ero a stretto contatto e che spesso usano solo parole sincere e dirette. Quindi se dovessi descrivere il vissuto di quest’esperienza lo farei con un’attività realizzabile anche con loro: costruendo un caleidoscopio fatto in casa. Tra gli elementi necessari ve ne sono tre in particolare che aiutano a capire meglio il concetto: un tubo di carta, oggetti colorati da disporre all’interno e nastro adesivo per sostenere il tutto. Costruito il caleidoscopio lo scopo è osservare come gli oggetti colorati al suo interno cambino forma e colore in base alla luce e alla posizione a cui sottoponiamo lo strumento. Entrare nella vita di cinque nuove persone, conoscerle e accettarle nei loro pregi e difetti, vivere secondo regole e sfumature che le caratterizzano è esattamente come guardare in un caleidoscopio. In questo percorso io ero il tubo di carta e le creature piombate nella mia vita gli oggetti colorati, diversissimi per forma e colore. Grazie al nastro adesivo, che rappresenta curiosità e determinazione, tutti gli elementi sono collegati e in sintonia.

Durante quest’anno ho vissuto le realtà più diverse secondo prospettive e colori di cui nemmeno sapevo l’esistenza. La realtà olandese mi è parsa una delle più ricche al mondo! E non intendo solamente dal punto di vista economico, ma parlo della varietà di iniziative, popoli, lingue e culture che ospita. Se infatti ponessimo un uomo in una cittadina olandese, senza dirgli dove si trova e gli chiedessimo di indovinare la sua posizione, avrebbe qualche difficoltà dovendosi basare solo sul colore della pelle di chi lo circonda o sulla lingua da loro parlata. Lo descriverei il luogo perfetto per ampliare le proprie vedute personali, eliminare pregiudizi e apprezzare le diversità che compongono la realtà; queste sono infatti così vaste che additare ognuno dei soggetti che potremmo definire strani o alternativi richiederebbe l’assunzione di un apposito impiegato. Questo viaggio sarà, spero, il primo di una lunga serie. Chiunque sia deciso a partire vedrà nascere ed evolversi dentro di sè, come accade in un caleidoscopio, diverse realtà, ognuna con le sue sfumature, imparando a coglierne le peculiarità, apprezzandole e utilizzandole come arricchimento personale.

Alice Mora

CAMMINANDO A NASO IN SU

LA BIOETICA E IL PLURALISMO DEI VALORI Come far dialogare più punti di vista? L’immagine del caleidoscopio suggerisce un intreccio di sguardi simile a quello che è possibile constatare parlando di questioni bioetiche. Che cosa sia la bioetica e di cosa si occupi è noto a tutti, ma le procedure attraverso le quali elabora concetti e riflessioni forse meno. Per questo motivo è opportuno riconoscere il pluralismo

dei valori come una delle questioni fondamentali e irrinunciabili per il dibattito bioetico. La società odierna è caratterizzata non solo dall’incontro tra diverse culture, ma anche dalla presenza di diverse interpretazioni dell’etica, che, nell’incontro con la questione della tecnica, profilano un dibattito in cui il pluralismo morale sembra

Il caleidoscopio (dal greco καλειδοσκοπεω, “vedere bello”) è nato per gioco dallo scozzese David Brewster (1781-1868) nel corso dei sui studi sull’ottica. Lo strumento è costituito da un tubo, al cui interno vengono disposti due o più specchi (comunemente 3, disposti a triangolo equilatero quindi con angoli di 60°) posti nel senso della lunghezza del tubo. Nella parte anteriore, separati da materiale trasparente, vengono inseriti degli elementi colorati di qualsiasi genere, e quindi il tubo viene chiuso dalla stessa estremità da vetro smerigliato. Appoggiando un occhio all’altra estremità, si vedranno figure simmetriche formate del riflesso degli elementi colorati, che varieranno di forma al ruotare della ghiera all’estremità. Nel caleidoscopio a due specchi, l’immagine risultante allo spettatore ricorderà un fiore a sei petali, uno solo dei quali è generato dall’immagine diretta del fondo, mentre gli altri cinque saranno le immagini riflesse. Ne esiste anche una versione aperta all’estremità anteriore, con solo una lente, il teleidoscopio, che permette di vedere un’immagine caleidoscopica di qualunque oggetto contro cui venga puntato. Se dopo questa spiegazione non resistete all’impulso di provarlo, ma siete troppo pigri per costruirvelo, l’internet viene ancora una volta in nostro soccorso con un simulatore (http://www.baby-flash.com/caleidoscopio.swf). This is a wonderful time to be alive!

Bruno Brozzi

assumere un ruolo centrale. Il susseguirsi di immagini e l’unione di frammenti delle stesse per la creazione di nuove non è forse un’elegante metafora per cogliere la realtà che ci circonda da più punti di vista? Tuttavia il rischio che più spesso si corre nel parlare di questioni che riguardano la nostra nascita, il nostro sviluppo e la nostra morte è quello di sentirci liberi di sostenere qualunque argomento, in nome «del mio punto di vista», «della mia opinione in merito» e via dicendo, cedendo in realtà (inconsapevolmente o meno) a un relativismo paralizzante. Il pluralismo dei valori non deve essere invocato come strumento per poter trasgredire le disposizioni generali e poter agire senza vincoli giuridico-morali in ambito biologico e medico. Il pluralismo è uno dei punti di partenza, un criterio operativo, ma non di certo un punto di arrivo. In questo senso un relativismo etico disponibile al dialogo e volto a un’intesa reciproca sembra essere il criterio che meglio si coniuga al contesto pluralistico che caratterizza l’attuale società. Evitare da una parte un atteggiamento dogmatico, cioè non mettere mai

in dubbio la propria opinione, e dall’altra un relativismo radicale, cioè sostenere di poter dire tutto e il contrario di tutto, rappresenta l’atteggiamento più proficuo e conciliante, al fine di aprire una riflessione che non soffochi il dibattito al principio. Attraverso questo tipo di relativismo, che, come si è detto, non si configura come radicale, ci si muove in uno scenario bioetico a partire dal riconoscimento delle diversità culturali e della pluralità di valori che ad esse seguono. Non si intende eliminare la conflittualità delle posizioni, che anzi si dimostra produttiva, ma è comunque necessario superarla per poter adottare criteri minimi e comuni a livello internazionale. Tanto il pluralismo morale quanto un relativismo consapevole costituiscono dati di fatto impossibili da non riscontrare e accettare nella società odierna e globale. Intendere il pluralismo come sfondo della società e il relativismo come criterio di giudizio in questo ambito rappresenta un modus operandi consapevole e non escludente.

Elena Ranieri

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L’Intermittente

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IL PIL E LA CRESCITA: IL PUNTO DI VISTA E’ TUTTO

Economia. Ci si riferisce al cosiddetto Prodotto Interno Lordo (PIL). È una definizione contabile, cioè è il risultato di una somma, che calcola l’ISTAT (l’istituto statistico italiano): PIL = Consumi + Spesa Pubblica + Investimenti + Esportazioni – Importazioni Oppure, guardando il PIL da un altro lato, si tratta più semplicemente del valore (non la quantità, e lasciamo perdere il tasso di cambio) dei beni e dei servizi prodotti in Italia (non solo da italiani, quello è il PNL). Quindi, ogni volta che viene costruito un computer, una macchina, questo aumenta il PIL. Nella storia dell’economia post-rivoluzione industriale, tra tutti gli indici dell’economia il PIL è stato assunto come indicatore della ricchezza di un paese. Cioè, più produci e più sei forte. In testa Stati Uniti, UE (zona euro), Cina. Ma, oltre a fare a gara a chi ha il martello più grosso, bisogna anche farlo aumentare.

A) Quello che viene prodotto è tutto utile? È il classico esempio della macchina. Se fai un incidente, rompi l’auto e ne acquisti una nuova, questo aumenta il PIL. Così come le spese mediche che devi sostenere (direttamente o indirettamente, tramite la spesa pubblica). Aumenta il benessere dei cittadini? B) La macchina viene prodotta, e in teoria questo permette ad un imprenditore di incassare i soldi, espandere l’azienda, assumere nuovo personale, etc. Tuttavia, per il PIL è uguale se i

Perchè allora si continua ad usare il PIL come obiettivo delle politiche? Chi ci guadagna? Ci guadagnano quelli che hanno interesse che non si parli di consumismo esasperato, disuguaglianze e distruzione dell’ambiente. E, mentre noi discutiamo delle nostre piccole e importanti beghe: dei nostri punti di vista su tasse, immigrati, Parma in serie A e sederi dei vip in vacanza, questa piccola percentuale di popolazione mondiale tiene in mano tutto il caleidoscopio.

Giacomo Romanini Media o Mediana? Ecco gli stipendi di 5 persone, in euro:

800€ 1.000€ 1.100€ 1.200€ 10.000€ A

B

C

D

E

Il reddito medio è A+B+C+D+E = 2.820€ 5 Il reddito mediano invece è 1.100€, perchè sono 5 individui e, mettendoli in ordine, è quello che si trova in mezzo (il terzo). Quale dei due indicatori è più rappresentativo della ricchezza dei 5 amici?

BACCALA’ ALLA SCAPECE Antipasto, per 4 persone (indicativamente) Ingredienti: 500 g baccalà dissalato 2 spicchi aglio pelati 1 peperoncino fresco piccolo 50 g di farina 00 50 g di farina di semola rimacinata 1 bicchiere di olio extra-vergine di oliva 100 ml di aceto di vino bianco Preparazione: Tagliare il baccalà in bocconcini e passarlo leggermente nella miscela delle due farine. In una padella capiente, versare l’olio e portarlo a temperatura. Togliere la farina in eccesso dal baccalà e friggerlo da entrambi i lati. Mettere da parte il baccalà. Senza lavare la padella, togliere l’olio usato e rimetterne un cucchiaio. Aggiungere nella padella aglio e peperoncino precedentemente tagliati grossolanamente (lo scapece). Lasciar soffriggere sicché l’aglio raggiunga una colorazione dorata; a questo punto sfumare con l’aceto e mescolare a vivo finché non raggiunga il bollore. A questo punto spegnere la fiamma. Versare sopra il baccalà lo scapece e tappare per 5 minuti. Aprire, girare e ritappare per altri 5 minuti. Servire preferibilmente in un recipiente di terracotta (o comunque dai bordi alti). Consiglio dello chef: è ancora più buono se mangiato il giorno dopo!

G.D. Alex Miguel Zoppetti. Chef Mattia Martelli

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INCHIOSTRO E CICCIOLI

Crescita. Bisogna farlo crescere, questo PIL. E allora si calcola il tasso di crescita, cioè se è aumentato o diminuito rispetto all’anno precedente. Se è positivo, bene. Se è negativo, male. Se va molto male e per tanto tempo allora si chiama crisi, recessione. Insomma, una roba abbastanza facile: se la produzione aumenta, aumentano i soldi, gli stipendi, la possibilità di spesa, e stiamo tutti meglio. La tesi, la cosa importante da ricordare, è che molti governi di questo pianeta guardano al PIL come indicatore del benessere dei loro cittadini. E quindi le politiche che promuovono sono solitamente volte a far crescere il PIL. Purtroppo per i re dei talk show, dei bar, e i promotori dell’idea che basta leggere un post su Facebook per commentare alla pari con un economista, le cose non sono così facili, ma decisamente caleidoscopiche: il punto di vista è tutto.

soldi che derivano dalla vendita dell’auto se li tiene tutti il manager o se finiscono nelle mani dei dipendenti. Identico. Anche se il PIL cresce solo per cose “buone” (niente incidenti insomma), può semplicemente voler dire che un gruppo di persone ricche stanno diventando sempre più ricche. Aumenta il benessere dei cittadini? Si, ma solo di alcuni, già ricchi. E non pensate al vostro vicino che ha la casa a Tizzano, qui stiamo parlando di quelli ricchi davvero. (Siete sicuri che la Germania, osannata da tanti, sia più “ricca” dell’Italia? Provate a confrontare il reddito mediano, invece che quello medio.) C) Se per produrre la macchina l’azienda utilizza dei materiali tossici, che inquinano l’ambiente circostante? Il PIL se ne frega altamente di tutta una serie di questioni che sono fondamentali per la nostra esistenza. Per fare un esempio migliore, il fatto che l’ILVA di Taranto produca aumenta il PIL, ma il fatto che ci sia un disastro ambientale non conta. Ma tanto chissenefrega, ché l’ambiente ha scadenze lunghe, mentre le elezioni sono sempre vicine. Queste, che sono novità per alcuni, non sono segreti per gli economisti. Gente come Stiglitz, premio Nobel per l’Economia, ed Enrico Giovannini, ex Presidente ISTAT, da anni battagliano per un uso consapevole del PIL e un superamento dell’indicatore stesso, a favore di indici che tengano conto dei problemi di disuguaglianza ed effetti sull’ambiente.

UN GIGANTESCO CASINÒ

Crisi. L’economia cresce. No, decresce. Il governo dice che sta crescendo, proprio ora, mentre leggi. Un tizio su Facebook dice che il PIL non esiste. Ma se uno non ha studiato Economia (non aziendale, ma quella che gli inglesi chiamano Economics), come può saltarci fuori? Cosa vuol dire che l’economia cresce? Prendiamo i due termini separatamente e andiamoci un po’ a fondo.


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L’Intermittente

MARY NON AVEVA UN AGNELLINO

UN GIORNO, AD ESEMPIO Succede, a volte, che un bel giorno ti svegli e ti accorgi che qualcosa è cambiato. C’è un’insana atmosfera nell’aria e proprio quello che pensavi fosse ormai certo, tutto d’un tratto, non c’è più: svanito, evaporato, dissolto. Un progetto, un sogno, un amore; è capitato a tutti – e capiterà ancora – di sentirci il mondo crollare addosso. Lì per lì è naturale non avere forze, sentirsi disorientati e poi succede la magia. Questi eventi, che credevamo certi e forti come dogmi, rivelano la loro vulnerabilità celata. Diventano fragili come i vetrini di un caleidoscopio, e noi, che li avevamo riposti in un posto sicuro, riempiendoli di attenzioni perché non si infrangessero rimaniamo sconvolti, esausti, davanti all’irreparabile consapevolezza dei fatti. Un piccolo fatto è cambiato e la nostra esistenza insieme a questo. Allora la vita va avanti, si cercano appigli, consolazioni, false motivazioni, si piange – a volte tanto – e si perde di vista l’oggettività dei fatti. Viviamo il cambiamento inaspettato dei fatti secondo il nostro punto di vista interno, soggettivo, dando per scontato che davvero si possa cercare un principio in grado di controllare il flusso degli eventi. Quante volte facendo dei progetti ci siamo sentiti legittimati a pensare che dovessero

per forza realizzarsi? Quante volte ci siamo disperati perché questo puntualmente non accadeva? Allora proviamo a ripensare al modo in cui percepiamo noi stessi e il mondo in cui siamo, cerchiamo di uscire dal nostro punto di vista (puramente soggettivo) in cui siamo immersi con un’azione che voglio definire di uscita da noi stessi. Proviamo, anche solo per una volta, a vedere i fatti in terza persona come fossimo spettatori della nostra vita. Ci accorgeremmo che da ogni angolazione in cui osserviamo una situazione, questa, di base, rimarrebbe sempre la stessa. In maniera del tutto simile al funzionamento di un caleidoscopio dove quello che percepiamo a livello soggettivo non è altro che i numerosi riflessi di un evento che, visto nella sua oggettività, rimane sempre lo stesso. Alcuni mi potrebbero dire che è facile sostenere tutte queste belle parole fino a quando non si è coinvolti in prima persona. Eppure, spesso, la vita risponde per noi; perché tutto ciò che non è andato come doveva offre sempre opportunità diverse che altrimenti sarebbero rimaste inesplorate e, molto spesso, ci si ritrova a ringraziare che le cose, tutto sommato, siano andate così.

Maria Monteverdi

A PIEDI NUDI SUL DIVANO

UN BUCO...NELL’ACQUA “Caleidoscopio”. Credo sia una delle parole più vetuste del mio ristrettissimo vocabolario. Direi seconda solo a “mezzadro”. Ma, si sa, al giorno d’oggi qualsiasi oggetto appartenente al passato può di nuovo trovare spazio nelle nostre case, semplicemente spacciandolo per oggetto vintage. E poi, è noto che la moda abbia un andamento ciclico: ciò che è al passo coi tempi oggi, sarà il simbolo del disagio tra trent’anni, per poi ritornare nuovamente sulla cresta dell’onda tra sessanta. Per questi motivi, decido di cogliere l’occasione al balzo. La ragazza con cui sto da poco uscendo compie gli anni. Quale regalo può essere più alternativo, affascinante e non banale di un bellissimo caleidoscopio? Mi presento alla sua festa baldanzoso come il bulletto del quartiere dopo aver impennato con lo scooter, convinto del

successo del mio pensiero. Arriva il momento dello scartaggio dei regali. Comprensibilmente, lei decide di partire da quelli dei suoi amici, gli altri invitati. Apre, nell’ordine: un iPhone 6. Un viaggio alle Seychelles. Un’Audi. Uno yacht con tanto di capitano che ci fa ciao ciao con la manina dall’esterno del ristorante. Realizzo che i suoi amici di alternativo non hanno nemmeno la corrente elettrica in casa, ma è troppo tardi: tocca al mio regalo. E la ritrovo così, a sorridere imbarazzata cercando di maneggiare questo caleidoscopio, con lo sguardo nervoso a cercare conforto tra gli (altri) invitati, mentre alcuni di loro avanzano ipotesi di una mia parentela con la festeggiata, in qualità di nonno. A fine serata, mi saluta e mi ringrazia ma, prevedibile come la pioggia subito dopo aver lavato la macchina, aggiunge: “Forse abbiamo gusti

troppo diversi...non credo abbia senso continuare a vederci”. Ah, le piccole sconfitte della vita! Servono a temprare l’animo e a farci trovare più preparati all’occasione successiva. E poi, di vera sconfitta non si tratta: è solo un peccato che non abbia saputo cogliere il fascino e la storia di un oggetto così curioso e particolare. Nonostante tutte queste mie convinzioni da applausi, ho comunque bisogno di ripigliarmi. Almeno per un po’, basta caleidoscopi...filo a casa, mi involo nella doccia ma non prima di aver avviato su Spotify una bella playlist estiva. Musica e relax, il mio nirvana. Parte la prima canzone. E’ dei Kaleidoscòpio. Mi è concesso imprecare?

Lorenzo Maccapani

Bruno Brozzi. Laureato in Ingegneria ambientale ma convertito alla civile, crede nella volontà dell’uomo. E a tutto quello che legge su Internet. Lorenzo Maccapani. Laureato in Ingegneria meccanica, crede nella scienza e nel chiedersi il perché delle cose. Giulia Magnani. Fashion designer (sarta per gli amici), crede fortemente nel tiramisù. Mattia Martelli. Chef livornese giramondo, ora in Portogallo. Ama e crede nella semplicità del sapore. Maria Monteverdi. Comunicatrice e filosofa appassionata di cinema, crede nel fare cose, vedere gente. Sempre. Alice Mora. Linguista. Alcuni la credono vegana. Crede non ci sia nulla di più coinvolgente che rendere il bianco nero e il nero bianco. Paola Panciroli. Filosofa, tendenzialmente scettica. Crede che non ci sia nulla di più divertente di complottare, bufale e scie chimiche. Fabio Prestini. Designer ed illustratore, crede di essere un Muffin. Al cioccolato. Elena Ranieri. Filosofa e aspirante insegnante, crede negli inizi, nella possibilità di dialogo e nei cappelletti di sua nonna. Giacomo Romanini. Laureato in Economia e Politica Economica. Crede che sia il momento di mangiare 4 polli fritti e un toast liscio. Alex Miguel Zoppetti. Dall’architettura alla ristorazione europea, ora imprenditore, crede in Mattia Martelli.


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