Issue#2 - theGreatRiver

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L’Intermittente esce quando Po Numero 2. Giugno 2016. Giornale Aperiodico dell’Associazione Chi Ragàs. Seguici su Facebook alla pagina Chi Ragàs. Prenota la tua copia: chiragas.associazione@gmail.com

EDITORIALE

COL CANOTTO SUL GALASSO_Rubrica di storie colornesi

Fernweh

“E SEMBRA CHE LA PIANURA DIVENTI UN MARE...”

In tedesco esiste una parola particolare, che non si riesce a tradurre in italiano. Fernweh, ossia la nostalgia del viaggio, di posti lontani. Insomma, l’opposto della nostalgia di casa. Una sorta di sottotitolo mai scritto del quadro “Viandante sul mare di nebbia” di Friedrich: l’uomo e il mondo, uno di fronte all’altro. Zaino in spalla, nessun biglietto di ritorno, all’avventura. A me però Fernweh non è mai piaciuta, mi provoca un po’ di ansia, quasi mi disgusta. Perché? Da quando Mr. Eastwood l’ha deciso, il mondo è diviso in due categorie. Viaggiatori inclusi. Il primo lo chiamiamo, per semplicità, turista. Quello che parte per posti esotici per poi ordinare al ristorante una pizza (per poi lamentarsi perché non è buona come in Italia). Quello che non si rende conto che sostanzialmente fa un turismo nobiliare. Mi spiego. Prendiamo il palazzo di Versailles: bellissimo vero? Ma potrebbe essere a Casalmaggiore, come a Traversetolo, che sarebbe sempre uguale. Una volta visitate le gallerie, camminato nel giardino e fatto a gomitate con i turisti giapponesi per fare un selfie sul pedalò, della Francia non sai proprio nulla. Hai visto dove viveva la nobiltà francese, stop. Il posto dove stava la crème della società del tempo: una strettissima e ricchissima cerchia di persone. Un po’ come se per spiegare i Colornesi usassimo il Palazzo Ducale: bellissimo, certamente. Ma la Reggia non dice nulla di chi siamo, di come viviamo. Racconta forse la nebbia di fine Novembre, l’afa soffocante delle notti d’estate, la pancetta nelle cantine? Dice forse dove vanno i giovani del paese, come si intrecciano e si scontrano le tante nazionalità? Spiega forse l’oscura pratica per la quale cuciniamo i tortelli a Giugno? Il turista è sostanzialmente un passeggero di una nave da crociera che proietta immagini dell’Egitto sullo spiaggione di Boretto. Il secondo è il fricchettone. I sandali di marca, lo zaino sporco, la maglietta del Festival della Lentezza o di Tutti Matti per Colorno. Siamo all’esatto opposto: solo autostop, chiede ospitalità alla gente, snobba musei e qualsiasi (continua a pagina 2)

Da sempre simbolo di vita, prosperità e comunità, le acque del Po custodiscono la storia delle genti della Pianura, che, in quelle zone, hanno costruito, fin dai tempi più remoti, i primi insediamenti, consapevoli di quanto prezioso e indispensabile fosse quel bene. Testimonianze storiche e letterarie raccontano di un rapporto con il Grande Fiume fatto di rispetto e reverenza, perché, si sa, l’acqua dona vita e sostentamento, ma può portare anche morte e distruzione. Così, di fronte allo spettacolo terribile ed affascinante delle piene, delle acque che con violenza e con forza impetuosa tutto trascinano con sé, devastando il paesaggio circostante, l’uomo appare impotente e rassegnato. Si attivano, allora, un senso di solidarietà e una forma di religiosità, ben descritte da Giovannino Guareschi nel suo Don Camillo, in cui viene narrata la grande alluvione del 1951. Nonostante siano passati più di sessant’anni da quell’avvenimento, il suo ricordo è ancora vivido nella mente di chi l’ha vissuto in prima persona. Siamo all’inizio di Novembre, quando una pioggia particolarmente intensa provoca l’innalzamento del Po e dei suoi affluenti, mettendo in allerta le prefetture e la popolazione. Nella notte tra il 13 e il 14 avviene la rottura degli argini del Crostolo, che si riversa sul comune di Gualtieri, allagandolo completamente, per poi proseguire nei comuni circostanti. Nonostante il preavviso, viene a

mancare il tempo necessario per evacuare tutte le famiglie, gli animali, le suppellettili. In questa situazione di grave emergenza, non poche persone cercano salvezza ai piani superiori delle case o addirittura sui tetti. L’acqua in certi punti arriva, infatti, a superare i 4 metri di altezza. Nei comuni di Sissa, Colorno, Mezzani e Sorbolo la superficie di terreno coltivato allagata è di circa seimila ettari. L’immagine che si staglia davanti agli occhi della popolazione è quella di un’immensa palude coperta da una coltre di nebbia autunnale, tipica della Bassa. Una volta placata la propria ira, il fiume torna nel suo alveo, lasciando ovunque tracce del proprio passaggio: fango, detriti, rottami. I danni sono ingenti; non tutti ce l’hanno fatta. Le fotografie che testimoniano quanto successo raccontano, però, anche di volti gioiosi per il pericolo scampato. Le genti del Po ritornano nelle proprie case, con la consapevolezza del duro lavoro che li attende e la voglia di ricominciare. Il Grande Fiume da’, il Grande Fiume toglie. Il senso di rassegnazione e di accettazione degli eventi, unito a legami di solidarietà inossidabili, accompagnano da sempre la vita di chi si trova al centro dell’eterna sfida tra uomo e natura.

Paola Panciroli

I fiumi lo sanno: non c’è fretta. Ci arriveremo un giorno. A.A. Milne, Winnie-the-Pooh


EDITORIALE

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L’Intermittente cosa sia arte mainstream. Preferisce passare due ore a parlare con un capotreno serbo-francese all’andare a sentire un concerto di Bruno Mars (il Luca Canali delle nuove generazioni, per chi non lo conoscesse).Giammai: solo musica svedese (per il disagio) o sudamericana (per fumare le canne). E qui ritorno a Fernweh, la nostalgia del viaggio. Il nostro fricchettone viaggia da solo: l’uomo e il mondo. Perché fa più figo, meno sbatti per organizzare altra gente, più libero di andare dove vuole. Il fricchettone è il capitano di un veliero. Solo che manca tutto l’equipaggio.

vedere partire e poi ritornare frotte di turisti e di fricchettoni. Ognuno con la sua verità e i suoi sogni. Io, mi accontento nel sentirli raccontare le loro storie, sapendo che in qualche modo su quella barca c’ero anch’io. Sono stato a Quito con Serena, a El Aaiún con Paolo. A Berkeley c’ero con Marcello. A Baalbek ero con Andrea, a Kuching con Athila, a Cerro Castillo con Francesca. Non ho visto nessuno di questi posti d’oltremare, ma ne conosco le tradizioni, le storie: luoghi lontani, con i quali è difficile creare un rapporto emotivo di sincera comprensione. Faccio confluire Da quando sono piccolo invece, a me il tutto nella prossima barca da piace costruirle, le barche. Il mare costruire, sempre più solida e non mi piace, mi fa paura. Adoro però adatta al mare di ciascuno. Mare

che, spesso, è decisamente vicino: la Vecchia Europa ora è a portata di canoa e sono tanti gli amici che partono (e a volte tornano). Ho quindi sognato Montpellier con Alberto, Jakobsberg con Lorenzo, Bruges con Dario. Ho visto Móðir Jörðcon Lisa, Leuven con Tommaso, Saint-Georges-des-Groseillers con Hugo, Barnstaple con Dylan, la Cité U con Giulia. Senza muovermi di casa, come un Salgari qualsiasi: Sandokan e la mia biblioteca sono i viaggiatori stessi. A volte mi tocca salutare viaggiatori più vicini, ma che hanno barche strane per superare ostacoli insidiosi: il teatro milanese, la musica bolognese, il cinema fiorentino, il mare di Formia, la cucina napoletana, l’accento romano, il delirio perugino,

il vino friulano, il piglio di Regalbuto, i prati di Fiamenga. Ma il viaggio più difficile è sempre quello che non fai. Ci arriverò, un giorno, a trovare tutte le condizioni per non dover partire, per restare e costruire navi. Per sedersi al bar, a fine giornata, con quelli che non sono stati citati, che di barche non ne hanno prese e forse non ne prenderanno mai. Quelli che ti prestano il materiale, senza i quali non saresti riuscito a fare neanche la barchetta di carta. Ci arriverò, un giorno. Ma non è questo il giorno. Giacomo Romanini

Perchè non fermarci in silenzio ad ammirare la Senna che lenta attraversa Parigi e le sue bellezze?

Irene Capiferri

Tra i banchi del liceo scopre il fascino della fotografia analogica, e comincia ad amare il fatto di viaggiare scattando immagini che potrà vedere nero su bianco solo una volta tornata.

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L’Intermittente

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IL GRANDE FIUME Eeeh… ai miei tempi le cose le chiedevi di persona. E ti rispondevano subito! Mica come oggi…

“ L’acqua non oppone resistenza.

Margaret Atwood In mezzo alla “fumana”, come dicono i mantovani, è come nascondersi, fuggire dal mondo e dalle sue bruttezze, allontanare brutti pensieri e dare libero sfogo alla fantasia. Ecco perché tanti artisti si sono incontrati su questo fiume e lo hanno raccontato, Il Po è stato amato e odiato, l’uomo ne ha tratto chi con un film come Ermanno Olmi, chi con benefici e lo ha ricambiato con danni quasi poesie e racconti come Gianni Celati, chi con irreparabili. Vi ha fatto il bagno, l’amore, vi ha sculture e quadri come tanti artisti da Po. passato ore deliziose e lo ha maledetto quando è esondato. E’ un rapporto difficile quello con il Molti lo piangono e credono che non esista fiume, come con la vita. Ho raccontato nel mio futuro per lui. Ma sul futuro di questo fiume, se ultimo libro proprio il Po, il Grande Fiume, il guardiamo bene, vi sono grandi opportunità se solo si attivassero alcune bacino idrico più grande delle idee che in questi d’Europa, il secondo nel decenni si sono espresse Mediterraneo, dopo il a tutti i livelli. E’ di questi Nilo. Questo fiume che giorni la notizia del bagna quasi 700 km di finanziamento alla pista terra, nasce come uno dei ciclabile che congiunge tanti piccoli rivoli d’acqua Venezia a Torino (VEN. lassù sul Monviso, una TO); l’Autorità di piramide di roccia alta Bacino vorrebbe rendere 4000 metri. Nel suo navigabile il tratto percorso riceve acqua da C r e m o n a A d r i a t ico; 141 fiumi dal Ghiandone l’Unione Europea in Piemonte al Panaro vorrebbe permettere in Emilia, attraversa 4 ai pesci la risalita del regioni, lambisce 29 città fiume; la Lombardia e finisce nell’Adriatico tra propone di riportare lo Veneto e Emilia Romagna. storione nel Po; il Delta E’ stato per secoli frontiera tra numerosi stati italiani, è stato anche si è specializzato in allevamento ecosostenibile di una via d’acqua per i navigli che lo risalivano o pesci e molluschi. scendevano. Vi si sono svolte battaglie navali e si è lottato per pescare lo storione. Con le sue acque L’ambiente è straordinario, la natura ha fatto il si sono formate le risaie della Lomellina. Con la suo lavoro adesso tocca all’uomo. Attorno al sua sabbia costruite innumerevoli abitazioni. Sui Grande Fiume bisogna creare una consapevolezza sabbioni si sono passate le vacanze estive. Attorno maggiore, attraverso la conoscenza si può al Po vi erano numerose attività produttive determinare una nuova stagione, dove la natura e il complementari: si lavoravano il lino e la canapa, rispetto dell’ambiente possano convivere con una con la saggina si fabbricavan scope, si pescavano umanità più attenta e propositiva verso il proprio pesci e si catturavano rane. Nelle golene si tiravan avvenire. su pioppi e si coltivavano verdure e mais. Un tempo andato? Così potrebbe apparire a uno L’acqua, diceva il saggio, non ha memoria: per sguardo superficiale, la storia è lo zoccolo duro questo è così limpida. della cultura. Chi ha provato a percorrerlo con Marino Marini una barca si è trovato immerso in un ambiente unico, la prospettiva di un fiume visto dall’acqua è diversa che guardarlo da un ponte o da un argine. Qui, vicino a una massa d’acqua come il Po, qui dove l’uomo per secoli ha convissuto con questo elemento, oggi parliamo di acqua. E allora parliamo di lui, Eridano.

IL SECONDO CORTILE_Spazio dedicato ad Alma

L’acqua scorre. Quando immergi una mano nell’acqua senti solo una carezza. L’acqua non è un muro, non può fermarti. Va dove vuole andare e niente le si può opporre. L’acqua è paziente. L’acqua che gocciola consuma una pietra. Ricordatelo, bambina mia. Ricordati che per metà tu sei acqua. Se non puoi superare un ostacolo, giragli intorno. Come fa l’acqua ”.

Oggi ti fanno aspettare …

Ti fanno sperare …

Ti fanno credere …

E tu ci metti tre giorni a ricevere un due di picche.

Mi dispiace ma sono molto impegnato. Non posso disegnare una vignetta per il vostro giornale. Leo

Sceneggiatore e disegnatore

Marco Emilio Bonaccini

Via Levacher, 7 - COLORNO Tel. 0521 815005


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L’Intermittente

MARY NON AVEVA UN AGNELLINO

SOTTO COSA C’È? L’acqua è come la realtà: chissà cosa c’è sotto. Che sia un fiume, un lago o un mare vediamo muoversi imbarcazioni, persone nuotare. Ne osserviamo la vita fatta di pesci, uccelli e quant’altro. Sembra tutto così ovvio che è facile pensare la verità sia tutta qui, fatta semplicemente di ciò che appare. E invece, se prosciugassimo tutto ciò che ci circonda quante cose scopriremmo che giacciono nascoste, dimenticate, non calcolate in quella che ogni giorno definiamo essere realtà. Eppure, oggi, non siamo marinai, ma la nostra conoscenza avviene navigando. Internet: mare magnum. Ma cosa c’è sotto dove non arrivano i raggi del sole quando si scende nel profondo? Si trova il Deep web, cioè quella parte di internet (circa l’80%) inaccessibile ai comuni strumenti che usiamo per navigare e che non può essere indicizzata dai motori di ricerca come Google. Per entrare in questo luogo è necessario usare un browser dedicato come TOR (The Onion Router), creato a suo tempo per permettere la navigazione nei paesi dove internet è soggetto alla censura. È un sistema di anonimizzazione gratuito che permette di nascondere il proprio indirizzo IP e la propria identità in rete rimbalzando la connessione fra vari computer sparsi in tutto il mondo. TOR garantisce l’anonimato attraverso il continuo re-routing su nodi. In altre parole, ogni PC connesso a TOR è un nodo e obbedisce alla regola del peer-to-peer. Inoltre i siti in questione utilizzano protocolli di rete diversi da quelli Http, come I2P, non-exit-relay, Freenet. Tutto ciò fa in modo, ovviamente, che diventi difficilissimo tracciarne le connessioni ed altrettanto facile sfuggire ai controlli della polizia. Per navigare e muoversi, invece, si deve fare affidamento principalmente a delle liste compilate di link come la Hidden Wiki, o ai forum di utenti.

Si può trovare una mole inimmaginabile di materiale e c’è praticamente di tutto. Si va dai forum, ai siti di organizzazioni terroristiche -spesso estremiste-, negozi virtuali come il famigerato Silk Road, dove c’è chi vende droga, armi e documenti falsi (che poi arriveranno a casa in un pacco anonimo in modalità priority stealth), fino ai database di studi scientifici, accademici e documenti governativi. Ancora, forum pedopornografici o siti per commissionare omicidi. La moneta corrente, là sotto, è il bitcoin, una moneta virtuale e molto fluttuante con cui si può comprare qualsiasi cosa e ogni venditore è accompagnato da un sistema di feedback che ne garantisce l’attendibilità, esattamente come su eBay. Lo scarto tra l’utilità e la legalità di una parte e la pericolosità e l’illegalità dell’altra è talmente immenso da rendere inutile qualsiasi tentativo di definizione aut aut: il Deep Web, come il mondo, non è né buono né cattivo, è semplicemente immenso e in gran parte sconosciuto; per questo ci si può trovare il più depravato degli psicopatici come il più geniale degli scienziati. Certo il fascino del proibito non manca, ma è bene rendersi conto che non ci si immerge in un luogo ludico, ma in un posto dove i lamer (aspiranti cracker o hacker con conoscenze informatiche molto limitate) che non sanno proteggere (realmente) i loro dati, vengono solo truffati, derubati e danneggiati.

Maria Monteverdi

AL DI LÀ DALL’ARGINE_Rubrica di viaggi

IL TEMPO DEL RAMADAN Proprio in questi giorni è cominciato il Ramadan. Per saperne di più ci siamo rivolti ad Amin, 24 anni, studente di ingegneria gestionale all’università di Reggio Emilia, nuovo Direttore del Centro Islamico di Parma. Oltre ad essere impegnato in studio e lavoro, Amin dimostra di essere un ragazzo modesto e accogliente. Ci fa accomodare nel Centro che si trova in Via Pietro Campanini 6 e gli chiediamo di spiegarci come funziona il Ramadan (precisiamo la N finale). Il Ramadan è un lungo esercizio spirituale valido per tutte le comunità e famiglie islamiche che, quest’anno, va dal 6 giugno al 6 luglio. Per tutta la sua durata ogni musulmano deve astenersi dal consumare cibo e acqua, dai rapporti sessuali e

da abitudini quotidiane quali televisione, internet, e tutto il superfluo che circonda la quotidianità, tutto questo dal sorgere sino al calar del sole. Inoltre, si intensifica la preghiera. L’Islam infatti prevede la recitazione di 5 preghiere giornaliere, con tempistiche che, volendo fare un parallelismo, potremmo ricondurre alla liturgia delle ore della religione cattolica, ancora seguita in molti ordini monastici. Amin ci dice che però non è solo questo: Ramadan per un musulmano è allenamento e miglioramento di se stessi, una scuola che permette di provare per un mese ciò che provano persone in difficoltà, senza cibo o particolari comodità, un modo per avvicinarsi a Dio. Si può facilmente notare come alcune di queste “privazioni” siano le stesse applicate anche durante il periodo della Quaresima. L’Islam, strettamente legato dalle altre due religioni monoteiste, a differenza del cristianesimo non riconosce in Gesù la figura di Messia; lo colloca invece come profeta (assieme alla Madonna), nonostante l’ultimo profeta, definito Messaggero del Signore sia Maometto, sulla quale figura è incentrata la religione Islamica.

il suo dottorato in Scienze Religiose, paragonabile alla situazione degli studenti del centro Diocesano di Parma. Recentemente è stato anche introdotto un punto d’ascolto per le donne: il responsabile che solitamente si occupa di fornire indicazioni pratiche o un aiuto per la burocrazia civile è disponibile tutti i sabati a mezzogiorno. In periodo di Ramadan, visto che la cena si svolge più tardi, il Centro si coordina con alcuni Centri di accoglienza, somministrando dai 90 ai 120 pasti a sera.

Tutte queste attività vengono coordinate dal Direttore del Centro, Amin. Una domanda che sorge spontanea è cosa gli abbia dato la spinta per avvicinarsi tanto al Centro Islamico tanto da diventarne direttore. Dopo la Perdita del padre inizia lavorare come guida scolastica all’interno della Moschea, dove riceve i complimenti dal Direttore, che gli offre il posto di Direttore al Centro Islamico. Amin ha un progetto: impostare i corsi accademici in italiano, così da renderli comprensibili anche a chi non conosce l’Arabo, fornendo così la possibilità di un dialogo bilaterale. Per permettere la celebrazione della religione Insomma, ancora una volta abbiamo la conferma Islamica ai musulmani residenti a Parma è che con l’aiuto del tempo sia possibile l’incontro stato costruito il Centro islamico. Questo apre di tradizioni, culture e religioni diverse. ogni giorno dalle 11 del mattino sino a sera, e vi si svolgono le 5 preghiere giornaliere e le Alice Mora lezioni di Arabo. Ogni venerdì inoltre si svolge la celebrazione con l’Imam. Questi è la guida religiosa del centro, e al momento sta terminando


L’Intermittente PER STRADA, CON L’ ACQUA ALLE CAVIGLIE - È cambiato l’apporto in fognatura per lo stesso evento piovoso. Questo perché, negli ultimi 30 anni, abbiamo assistito ad un’impennata del consumo di suolo, con conversione di aree una volta agricole o incolte in cementificate. Lo possiamo considerare la nostra fonte di inquinamento, è tangibile e facilmente misurabile.

Consumo del suolo: perdita di una risorsa ambientale fondamentale, quale un’area naturale o seminaturale, conseguente all’incremento della copertura artificiale di terreno. Tempo di ritorno (di un evento piovoso): tempo medio intercorrente tra il verificarsi di due eventi successivi di entità uguale o superiore ad un evento di assegnata intensità. Coefficiente di afflusso: quota percentuale pioggia che scorre direttamente in fognatura a seguito di un evento piovoso. Tempo di risposta di un bacino: tempo che intercorre tra l’inizio della precipitazione e il momento in cui si raggiunge il colmo di piena nella sezione di chiusura.

Comuni della pianura parmense, variazione % della popolazione e valori % di espansione urbana dal 1960. Fonte www2.provincia.parma.it

E si, influisce molto sulle acque. Una superficie diversa da quella naturale, nel calcolo idrologico, viene parametrizzata da un coefficiente di afflusso. Lo posso considerare come la percentuale di acqua piovana che scorre verso la fognatura. Se da un prato o un giardino questa quota varia tra lo 0 e il 10%, per una zona urbanizzata in modo semi intensivo (caso di Colorno, in media) questa quota balza immediatamente al 50% . Meno acqua evapora, molta meno si infiltra in profondità (andando quindi a rimpinguare la falda), la gran parte scorre in superficie andando a riempire direttamente la fognatura. Se la prima conseguenza è un maggior rischio di allagamento stradale (a Parma possono essere i sottopassi delle tangenziali, ma abbiamo bene in mente i danni in territori a maggior rischio idrogeologico come la Liguria), viene da sé che una fognatura più piena ha un apporto superiore nei corsi d’acqua. È questa la causa della maggior frequenza delle piene degli ultimi anni? Può essere una concausa, unita probabilmente a eventi più estremi, ad una scarsa manutenzione degli alvei (non parlo di vegetazione, quanto piuttosto di rifiuti e detriti. Ricordiamoci i container nel Baganza), e con una crescita dell’apporto in fognatura che, in tempo di progetto, fu pensata sicuramente inferiore. Considerando l’espansione urbana degli ultimi 50 anni, le nuove fognature dell’intera provincia sono adeguate, piuttosto è difficile che lo siano i collettori più vecchi e, soprattutto, i corsi d’acqua cittadini. Ovvero, tutte le opere più antiche,

costruite per volumi molto inferiori. Panico quindi? No dai, i lavori che possono servire sono già calendarizzati. Pensiamo alle ultime 2 piene a Colorno: - Nel 2014 (Container nel Baganza), la situazione di crisi fu dovuta in gran parte alle acque del Baganza per l’appunto. Il picco della Parma fu ben regolato dalla cassa di espansione che però, essendo a monte della città, non lavora sul Baganza. Fortunatamente è in progetto una cassa di espansione anche su quest’ultimo. Diciamo che il quartiere Montanara ha lavorato come cassa di espansione quella volta, e ricordiamoci quanto poco c’è mancato che uscisse a Colorno nonostante questo; - Nel 2015 (Lorno, tracimato il canale Galasso nei pressi di Bezze), il rischio fu dato soprattutto dalle acque del Lorno. Fu un evento molto rapido, tanto che la Parma non ne risentì particolarmente

UN GIGANTESCO CASINÒ

Parlando e sentendo spesso parlare di cambiamento climatico, sono sempre rimasto perplesso da quanto l’argomento non fosse localizzabile al di fuori di immagini di orsi polari su iceberg striminziti. So che sta cambiando, posso trovare dei dati inconfutabili, ma non riesco a sentirlo sottopelle. Un’ondata di caldo non mi convince, ci sono sempre state e può benissimo far parte di un ciclo pluridecennale di temperature. Quindi, cambiamo prospettiva. Cerchiamo un tipo di inquinamento esplicito e inequivocabile, e delle conseguenze misurabili (e a loro modo, che colpiscono a livello altamente emotivo noi della bassa). Partiamo però dalle conseguenze: negli ultimi anni, è aumentata la frequenza degli allagamenti, in paese come in città, dovuti a eventi piovosi “straordinari” (le cosiddette Bombe d’acqua). In misura minore, ma comunque rilevante, anche gli eventi di piena dei fiumi con portate pericolose sono aumentate, ma a questo ci arriviamo dopo. Perché dieci anni fa non si allagavano i sottopassi della tangenziale di Parma, o non si allagava via San Rocco a Colorno quando c’era l’evento eccezionale? La vox populi in questi casi è lapidaria: “l’impianto fognario non è adeguato! Non potevano farlo più grosso così da non farlo intasare ogni volta?” Non funziona così. Se c’è la necessità fisiologica di lamentela, questa può essere concessa sulla manutenzione dell’impianto. Sul dimensionamento invece, non basta una fognatura grande. Serve una grande fognatura. La differenza dove sta? Sta nel fatto che la progettazione di una fognatura per acque bianche (meteoriche) si basa sul concetto di tempo di ritorno di un evento piovoso. Ovvero: non progetto un sistema fognario per un evento piovoso con un tempo di ritorno di 4000 anni (da Arca di Noè, per capirci), non in quanto non servirebbe ma piuttosto perché: A - La vita utile dell’impianto fognario è decisamente inferiore (corrosione tubi, guasti, tecnologia obsoleta); B - Per tutti gli eventi di portata inferiore, la mia fognatura risulterebbe sovradimensionata, e considerando che un tubo deve essere pieno circa all’80% per uno scorrimento ottimale dell’acqua, l’impianto non permetterebbe all’acqua di scorrere via per gravità, ma sarei costretto ad installare numerose pompe. Ma quindi, visto che ora, ogni volta che a Parma (o a Colorno) piove si allaga tutto, la fognatura è stata sottodimensionata? È stata progettata per un evento con un tempo di ritorno troppo basso? In breve, no. Siamo al punto della questione però. Cos’è cambiato, dal momento del progetto in cui tutto doveva funzionare alla perfezione a ora? Ci sono due possibilità: - Sono cambiati gli eventi piovosi? Ni. Ovvero, sono più frequenti le bombe d’acqua, ma varia la percezione di questo tipo di eventi. Le precipitazioni sono circa le stesse di 20 o 30 anni fa. Quindi?

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Fonte abouthydrology.blogspot.com del professor Riccardo Rigon

e figuriamoci il Po (il cui bacino ha un tempo di risposta di vari giorni), il problema fu appunto nel nodo Lorno-Parma, con una grossa portata concentrata poche centinaia di metri a monte del ponte di piazza. In questo caso, sarebbe stato utile l’apertura del canale Vai e Vieni per deviare una quota di questa portata verso il Po ancora basso, che non ne avrebbe risentito in alcun modo. Secondo il PSC5a, disponibile sul sito del Comune di Colorno, i lavori di adeguamento della chiusa del Vai e Vieni sono in attesa di fondi.

Bruno Brozzi

ACCONCIATURE

Cristina

Via San Rocco, 90 - COLORNO Tel. 0521 814640

di Linardis Dott. Aris Via G. Matteotti, 16 - COLORNO - Tel. 0521 815416


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CAMMINANDO A NASO IN SU

PERCHĖ PARLARE DI UN FIUME IN PIENA IN TEMPI DI LENTEZZA La metafora del fiume è da sempre motivo di notevole interesse per il mondo letterario e filosofico: infatti, proprio in virtù del fascino e della poliedricità che la caratterizzano, questa immagine è stata largamente utilizzata da intellettuali di tutti i tempi. Non per nulla è tradizionalmente associata alla vita e agli stati d’animo dell’uomo: a partire infatti dall’osservazione del fiume, del suo comportamento e andamento in particolare, l’essere umano si interroga sul senso dell’esistenza e rivede proprio in quel comportamento e in quell’andamento un’immediata analogia con la propria vita. Per tali ragioni a proposito del fiume si potrebbe parlare del celebre Πάντα ρει (tutto scorre) di Eraclito o dell’estremizzazione dello stesso concetto «non ci si può immergere due volte nello stesso fiume» (Cratilo), e di tanti altri, facendo riferimento al divenire, per

arrivare poi alla fugacità dell’attimo. Si potrebbe poi parlare della stessa forza naturale del fiume, di carattere ambivalente: in grado di distruggere tutto ciò che ha intorno con la sua impetuosità, ma allo stesso tempo luogo della vita, luogo in cui sono sorte le prime civiltà. Tuttavia per parlare del fiume in “tempi di lentezza” non mi riferirò a nessuna di queste immagini in particolare, ma scelgo la metafora del fiume in piena di Machiavelli. Perché parlare di un fiume in piena in tempi di lentezza? Perché l’immagine che lo stesso Machiavelli ci offre nel De principatibus, oltre ad essere di estrema attualità, sottolinea, nel suo significato più profondo, molti temi cari al Festival della lentezza di questi giorni. Il fiume che viene descritto in questa metafora è un fiume rovinoso, di quelli che quando si ingrossano distruggono tutto ciò che hanno intorno, gli uomini

fuggono davanti a tanta potenza della natura, poiché non possono in alcun modo resisterle. L’unica possibilità di difesa da un’eventuale piena e dalla forza di distruzione del fiume è quella di costruire saldi argini «quando sono tempi quieti», quando ciò la stagione è propizia. Questa immagine è paragonata alla fortuna, «la quale dimostra la sua potenza dove non è ordinata virtù a resisterle». Il binomio fortuna-virtù in senso ampio può riferirsi all’esistenza e al comportamento umano. La fortuna, intesa anche nel suo potenziale, è associata alla velocità d’azione e all’impossibilità di resistenza, solo quando i tempi sono quieti gli uomini animati da virtù saranno in grado di domarla. I tempi quieti, quelli della lentezza, non devono essere intesi come tempi di intervallo tra una piena e l’altra, non sono caratterizzati solamente da pace e

tranquillità, ma sono quei tempi di operosità, in cui l’uomo esercitando la virtù è in grado di godere appieno della propria esistenza. Ed è proprio questo il significato che intendo dare al Festival della lentezza: non si tratta di voler fermare il tempo a tutti i costi e di volersi porre al di sopra di esso, non si tratta di criticare in modo fine a se stesso il ritmo frenetico della nostra quotidianità. Si tratta semplicemente di fermarsi a riflettere sulla progettualità della nostra vita, di trovare «saldi argini» in grado di farci riappropriare della nostra esistenza. Si tratta di far sì che il tempo della quotidianità non ci sommerga e ci abissi, si tratta di mutuare l’espressione da «ho perso tempo» a «ho dedicato il mio tempo».

Elena Ranieri

Marco Galli

Artista e illustratore in prestito dalla Toscana a Bologna.

MACELLERIA EQUINA

SANI MASSIMO Via Mazzini, 60 - COLORNO Tel. 0521 816871


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I PIRATI DEL PO Le avventure di Capitan Iemmi e la sua ciurma

CHI SONO? Capitano: Michele Iemmi Ammiraglio: Filippo Ghidozzi Nostromo: Luca Guareschi Mozzo: Maicol Pezzali

di stile è previsto il continuo lancio e recupero delle suddette esche. Un’altra differenza rispetto alla pesca “usuale”, sta nel continuo movimento sia delle braccia (poiché è necessario lanciare e rilanciare continuamente) che delle gambe (infatti non è produttivo lanciare sempre dallo stesso punto, ma è necessario spostarsi continuamente alla ricerca del predatore). La nostra ciurma durante le uscite di caccia ha pescato tantissimi siluri, di ogni forma e dimensione, arrivando a vantare lo scalpo di un “signore dei siluri” di 2 metri di lunghezza e 120 kg di peso. Mica male per quattro pirati della Bassa.

Sofia Soliman

ROSA DI PARMA INGREDIENTI:Per 4 persone 600 g di filetto di Nutria. Fresca mi raccomando 50 g di Parmigiano Reggiano a bastoncini 6 Fette di Prosciutto crudo di Parma 3 Spicchi d’aglio 1 Rametto di rosmarino 75 cl di Lambrusco e 25 cl di Marsala 100 g di panna 25 g di burro Aprite il filetto a libro in modo da dargli la forma di un libro aperto, e battetelo con il batticarne. Salate. Sovrapponete il filetto con il prosciutto e il Parmigiano, arrotolate il tutto e legatelo con uno spago da cucina, o la bestia scappa. In una padella con olio e burro, fate dorare l’aglio insieme al rosmarino. Unite il filetto e fatelo rosolare bene da tutti i lati. Ubriacate il tutto in Lambrusco e Marsala e portate a cottura per 20 minuti. Togliete quindi il filetto dalla casseruola. Versate nel fondo di cottura la panna, alzate la fiamma e fate ridurre la salsa per qualche minuto fino a quando non diventerà un po’ più densa (tipo acqua di fosso). Aggiustate di sale e pepe. Slegate il filetto, tagliatelo a fette e servitelo insieme alla salsa. SE, e solo SE, il vostro cacciatore di nutrie di fiducia ha già terminato la merce per oggi, e voi non siete abbastanza Rambo da cacciarne una con le vostre stesse mani, sostituitela con filetto di vitello. Ma il sapore ne risentirà.

Maria Julia Bizzi

INCHIOSTRO E CICCIOLI

Durante le calde e afose estati della Bassa tutti sognano il mare sperando che il momento di partire e raggiungere le fresche maree arrivi presto. Ma c’è anche chi stanco di aspettare si è “fatto il mare da solo”. Infatti oggi vorremmo raccontarvi di quattro ragazzi amanti dell’acqua e delle cose “scivolanti”, che non si sono fatti molti problemi a trasformare il nostro gigante fiume in un parco divertimenti, che non ha nulla da invidiare agli acquapark della Riviera Romagnola. I nostri amici infatti, assaliti dalla noia in un giorno d’estate, hanno cominciato le loro avventure sul Po a bordo di un’anta di armadio (dalle origini non ben identificate), utilizzandola a mo’ di wakeboard e facendosi trainare da una vecchia barchetta malconcia tra le correnti. Wakeboard è uno sport acquatico dove l’atleta (o per meglio dire; il malcapitato) viene trascinato da una fune legata ad un motoscafo e tenuta da lui con le mani. E’ molto simile allo sci nautico ma senza gli sci! Infatti al loro posto viene utilizzataa per l’appunto la wakeboard, ovvero una tavola molto simile a quella da snowboard. In seguito a questo primo esperimento, (dove tutti sono sopravvissuti) la strada è stata tutta in discesa. Le uscite in barca cominciarono a farsi più soventi, e sempre più spericolate! L’anta dell’armadio fu messa da parte e al suo posto comparvero le prime tavole professionali e le prime ciambelle, anch’esse utilizzate come gioco da traino. Come ci racconta il nostro Uomo di fiume, Capitan Iemmi il richiamo dell’acqua è troppo forte affinché vi si possa resistere. In un modo o nell’altro, appena c’è uno spiraglio di sole lui e i suoi compagni ne approfittano per uscire in barca

a concedersi una giornata all’insegna di giochi acquatici o alla pesca al siluro. Com’è noto i siluri sono i padroni indiscussi dei fiumi e in particolare del nostro Po, pesci predatori che arrivano a raggiungere le dimensioni di 180 kg. Come ci spiega Capitan Michele questo tipo di pesce ama le zone dove non ci sia molta corrente e vivono in acque profonde, inoltre sono amanti del fango e quindi un fondale fangoso come quello che caratterizza il nostro gigante acquatico è un ottimo luogo di pesca. La particolarità del siluro, oltre alle grandi dimensioni, è la modalità di pesca che vi si applica. Questo tipo di stile viene chiamato “spinning” è una tecnica di pesca semplice. La sua caratteristica è quella di utilizzare esche finte di varie dimensioni, colori e anche di odori differenti al fine di poter ingannare al meglio il predatore. In questo tipo

COL CANOTTO SUL GALASSO

C’era una volta un Capitano molto distratto e una ciurma molto rumorosa. Un giorno durante un’uscita in barca i ragazzi risalirono il fiume alla ricerca del posto più adatto per poter fare una battuta di pesca da campioni. Dopo all’incirca cinque minuti di pesante silenzio, tutti furono d’accordo nell’accendere lo stereo per farsi un po’ di compagnia e ascoltare un po’ di musica. Verso sera si accese qualche luce qua e là, e intanto il tempo passava e nemmeno un pesce rosso abboccava. Quando fu l’ora di ritornare a casa (a mani vuote ahimè), tristi e avviliti i nostri eroi si ritrovarono davanti al fattaccio. La batteria della barca era ridotta uno straccio! In seguito a varie discussioni su chi avesse avuto l’idea di accendere musica luci e tutto il resto, i nostri amici, rassegnati imbracciarono i remi e verso il molo si appropinquarono cercando di fare presto. Dopo un paio d’ore di bracciate e di imprecazioni i nostri pirati pasticcioni arrivarono a destinazione. Con un ultimo grande sforzo, Maik detto il Mozzo, si affacciò per attraccare la barca ma nel buio e dalla stanchezza cadde in acqua per disdetta. Un po’ bagnati un po’ arrabbiati i nostri amici sono arrivati.


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L’Intermittente

RECENSIONI

A PIEDI NUDI SUL DIVANO

LA NUOTATA DI BLACKIE Blackie si muoveva ciondolando di qua e di là, spaventata ed incuriosita, in quella enorme distesa d’acqua. Un condotto che passava proprio a fianco del Fiume aveva ceduto e lei ed i suoi fratelli si erano ritrovati all’aperto, in quel mondo fatto di fauna, flora e risvoltini di cui non avevano la benché minima conoscenza. Mentre tentava di scivolare sulla corrente, un pesce le si era avvicinato, guardandola un po’ storto: “Ma cosa sei?”, le disse. “Ciao pescione, sono una macchia di petrolio. Guarda, se resto qui è un dramma, lo so, perché va a finire che inquino, poi magari rischio anche di farvi del male senza volere ed alla fine ci manca solo che arrivi Studio Aperto che con un servizio qui ci tira avanti per tre mesi. Quindi, se per cortesia mi dai una mano a

raggiungere quelle barriere là, che guarda, le hanno già messe giù, che bravi”. Ma il pesce non l’ascoltava più e si limitò ad esclamare: “Farci del male??? Sei fatta di petrolio???”. “Sì”, rispose lei, “non vedi che sono tutta nera? Ma ti ripeto, se mi dai una trascinata fin là in fondo poi mi levo subito dai…”. “Ecco, infatti, sei nera!”, la interruppe. “Vieni qui, dai ordini, fai come se fossi a casa tua, e portatemi qui e portatemi là. Oh, calma!”. “Allora, posso capire la tua stizza”, rispose lei, “ma per l’appunto ti ho chiesto se cortesemente mi dai una mano ad andarmene che in men che non si dica divento benzina per una Panda e non ci vediamo più, promesso”. “Ah, adesso vuoi anche avvelenare un panda…??? Ma io veramente, guarda! Ma come puoi

anche solo pensarle certe cose! Me lo dicevano che di voi scuretti non c’è mica da fidarsi! Sempre pronti a fare del male alle brave persone, alla brava gente! Che poi guarda, emetti anche un odore nauseabondo”. Blackie aveva ormai capito che se avesse voluto raggiungere le barriere l’avrebbe dovuto fare da sola. Cercò di dribblare il pesce che le rompeva le uova nel paniere, ma di fronte a lei si trovò solamente una folta schiera di alghe, sassi, insetti e pesci che avevano seguito con interesse la conversazione e che non avevano nessuna intenzione di farla andare via senza prima averle tirato due nomi. Stava quasi per arrendersi e perdere le speranze quando una giovane cavalletta la chiamò a gran voce, indicando un varco che si

era casualmente aperto tra la folla. Blackie non ci pensò due volte e vi si infilò, scavalcando quella marmaglia sbraitante, e correndo come una pazza raggiunse finalmente le agognate barriere. Giusto il tempo di voltarsi per ringraziare con un cenno la cavalletta, che nel frattempo si era rifugiata su un ramo per sfuggire alla folla ampiamente alterata, e via, pronta a diventare benzina per una Panda. Insomma, nel nostro mondo poche cose possono essere considerate certezze. Ma indubbiamente, se il tuo colore è il nero, prima o poi incontrerai anche il tuo Martin Luther King, ma in mezzo solo tanti Salvini.

Lorenzo Maccapani

KYGO - CLOUD NINE

PENNY DREADFUL

LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT

Kygo ormai non ha bisogno di presentazioni : è il pioniere di quel genere musicale definito “tropical house” (caratterizzato da bmp bassi e sonorità caraibiche, per farla molto in breve). Singoli come “Firestone”, “Stole The Show”,“Stay” e “Nothing Left” li abbiamo già sentiti per radio milioni di volte, eppure il suo album di debutto è uscito solo a maggio di quest’anno, più precisamente il 13, tramite Sony Music International/Ultra Music. Il disco contiene 15 brani, tra cui tutte le hit che abbiamo già citato sopra e altre tracce che vantano di collaborazioni con artisti di grande talento e di primo ordine. Come dice il norvegese 24enne, questo è un album per cui gli sono serviti ben 18 mesi di lavoro e, forse, è anche per questo che è stato uno dei dischi più attesi di questo 2016, oltre al fatto che il talento e la notorietà dell’artista lo abbiano reso una delle icone più conosciute dell’EDM in quesi ultimi tempi.

Per chi è amante del genere horror e della letteratura inglese, Penny Dreadful è ciò che fa per voi, come si suol dire “il titolo è tutto un programma” in questo specifico caso il titolo è tutto un mondo. I penny dreadful erano delle storie dell’ orrore che venivano venduti come supplemento al The Times in epoca vittoriana e costavano solamente un penny. In questa serie difatti troveremo tutti, e dico tutti, i personaggi più famosi della letteratura horror romantica vittoriana. Con un cast degno di nota, una ricerca e ricostruzione storica molto dettagliata, e una sceneggiatura che vi sorprenderà episodio dopo episodio, Penny Dreadful è la serie che vi porterà in un sublime mondo di paura.

E se i supereroi non vivessero soltanto nelle grandi “city” americane? Sembra difficile immaginare un giustiziere mascherato nostrano che parla romanesco, fuma e mangia yogurt? Non per Gabriele Mainetti che si inventa un film coraggioso, dai personaggi talmente surreali da essere tremendamente realistico e un po’ neorealista. Provinciale ma con stile, che ad un certo punto non puoi farne a meno. Caricature, macchiette e sbavature da comic che lo rendono un piccolo gioiello, ambientato nella più grezza periferia romana. “Lo chiamavano Jeeg Robot” è l’eroe di cui l’Italia non aveva bisogno, ma che si merita fino in fondo. Non si poteva chiedere di meglio.

Marco Becchi

Francesco Facioni

Danilo Barozzi

Alice Mora. Linguista. Alcuni la credono vegana. Crede non ci sia nulla di più coinvolgente che rendere il bianco nero e il nero bianco. Bruno Brozzi. Laureato in Ingegneria ambientale ma convertito alla civile, crede nella volontà dell’uomo. E a tutto quello che legge su Internet. Danilo Barozzi. Regista, aspirante consorte di Scarlett Johansson. Crede in Schwarzenegger e in Roberto Baggio. Pare sia Batman. Elena Ranieri. Filosofa e aspirante insegnante, crede negli inizi, nella possibilità di dialogo e nei cappelletti di sua nonna. Francesco Facioni. Streammatore compulsivo. Crede nei viaggi nel tempo e che la vita non è perfetta ma un viaggio da ufo. Giulia Magnani. Fashion Designer, grafica per gli amici. Crede fortemente nel tiramisù. Giacomo Romanini. Laureato in Economia e Politica Economica. Crede che sia il momento di mangiare 4 polli fritti e un toast liscio. Lorenzo Maccapani. Laureato in Ingegneria meccanica, crede nella scienza e nel chiedersi il perché delle cose. Marco Becchi. Liceale durante la settimana e dj il sabato sera. Crede nella musica e nel kinder cereali. Marco Emilio Bonaccini. Sceneggiatore in erba, impiegato a tempo perso. Crede nei draghi e nei cinghiali. Maria Monteverdi. Comunicatrice e filosofa appassionata di cinema, crede nel fare cose, vedere gente. Sempre. Maria Julia Bizzi. Master in Privacy. Crede che due cittadinanze non le bastino. Marino Marini. Bibliotecario Alma. Paola Panciroli. Filosofa, tendenzialmente scettica. Crede che non ci sia nulla di più divertente di complottare, bufale e scie chimiche. Sofia Soliman. Studia filosofia. Crede che i gabbiani siano i piccioni del mare.


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