METTIAMOCI ALLA PROVA

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A imp. libro2

15-06-2010

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I a r u s s i

i chiamo Federico Iarussi e, grazie alla borsa di studio della Fondazione Varrone ho fatto l’esperienza di scambio di un anno all’estero negli Stati Uniti precisamente a Livingston nel New Jersey nell’anno 2006\2007. I timori e i dubbi prima della partenza credo siano quelli che può avere un qualsiasi diciassettenne che non si è mai allontanato più di una settimana da casa, dentro di me c’era un misto di paura ed eccitazione, da un lato la paura di lasciare per un anno la mia famiglia i miei amici e la mia città, dall’altro lato la curiosità di conoscere e capire posti e culture nuove e diverse dalla mia, è proprio la curiosità che è prevalsa sulla paura e mi ha spinto verso la decisione della partenza, ed è proprio la curiosità che mi ha aiutato durante l’anno passato all’estero.

“Per farsi accettare ed essere apprezzati dagli altri bisogna prima saper accettare e apprezzare gli altri, quando si vuole ricevere molto dalle altre persone bisogna anche saper dare molto”

Infatti non credo ci siano strategie da adottare per adattarsi alla nuova cultura. Credo la cosa più importante sia quella di avere l’interesse di conoscere e approfondire le cose, non credo di aver mai rifiutato una proposta che mi venisse fatta dalla famiglia o dagli amici. La mia strategia è stata quella di fare più esperienze possibili, molte anche non gradite, dopo, ma la cosa più importante era poter dire almeno ci ho provato, e comunque non ho mai detto a nessuno che il cibo provato o l’attività fatta non mi era piaciuta, ma solo che era stata una cosa interessante e che forse un giorno “lontano” l’avrei potuta rifare. Quando sono arrivato negli Stati Uniti non pensavo ci fosse lo stereotipo così radicato dell’italiano romantico che sa cucinare ed è sempre di buon umore. Chiunque pensasse all’ Italia pensava a Roma, Firenze, Venezia. Tutti pensavano che il nostro paese fosse un po’ come una favola dove tutti mangiano un bel piatto di pasta con sugo accompagnata da un buon vino, in un ristorante con un balcone che affaccia sul porto di Capri. Ogni volta che capivo che le persone pensavano questo, cercavo sempre di spiegare che l’Italia non è tutta così, che è un paese molto diverso da come lo possono pensare, ma credo che tale stereotipo è talmente tanto radicato nelle loro menti che non sono riuscito a far capire a molte persone come è che realmente viviamo. Comunque devo dire che essere Italiano non mi ha dato difficoltà durante lo scambio, anzi sicuramente mi ha aiutato molto, però una cosa importante da dire è che

lo stereotipo può aiutarti a conoscere persone per un mese, ma in un anno la persona che sei uscirà veramente e non c’è sensazione più bella e sicurezza maggiore che sentirsi accettati non per dove si è nati o da dove si viene, ma per chi si è veramente. Lo scambio all’estero mi ha lasciato molto, grazie ad esso credo di aver capito bene chi sono , ho acquistato fiducia in me stesso e nella mia personalità, ho capito che per farsi accettare e ed essere apprezzati dagli altri bisogno prima saper accettare e apprezzare gli altri, quando si vuole ricevere molto dalle altre persone bisogno anche saper dare molto, forse questa e la cosa che ho imparato in un anno. Grazie allo scambio ho capito anche che non mi bastava più arrivare alla sufficienza nelle cose,ho capito che si deve sempre puntare al massimo, e anche se il massimo non viene raggiunto, questo è l’unico modo per superare le difficoltà. Forse i due precedenti sono gli insegnamenti più importanti che mi ha dato l’anno, ma comunque intercultura mi ha lasciato talmente tante esperienze e sensazioni che non credo basterebbe una pagina ad elencarli tutti. Gli amici e la famiglia trovati negli Stati Uniti sono una cosa importantissima per me. La cosa più strana credo sia quella di avere una vita negli stati uniti vissuta e importante quanto quella che si ha in Italia,ma quello è un piccolo angolo del mondo che ho preferito conservare solo per me, nel mio cuore.

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