INSEGNAREDUCANDO. N ° 32 - gennaio febbraio2014

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Per educare un bambino

ci vuole un villaggio

N° 32 gennaio febbraio 2014

Abbiamo bisogno di Maestri Suscitare o affermare? Attendere o spiegare? Far sperimentare o affermare? 3 domande che segnano un confine tra due mondi. Da un lato chi crede che la conoscenza sia un cammino bellissimo, un’esperienza indicibile e illuminante di continua scoperta di sé e del mondo, che dà gioia e che può essere esperita da ogni essere umano, anche il più piccolo, anzi, che gli spetta di diritto. L’altro, il mondo dei colti, di “chi ha imparato tanto e sa”, quindi si china ad elargire le sue conoscenze ai più, alcuni dei quali, nel migliore dei casi, avranno la fortuna di raggiungerlo. Ecco i due poli estremi. Tra l’uno e l’altro, mille sfumature di grigio…o di arcobaleno. Un tempo dentro al secondo mondo stava la maggior parte degli insegnanti, nel primo la maggior parte degli educatori. Oggi, la confusione è presente ovunque e anche i migliori ruoli istituzionali hanno perso l’anima. Semplicemente molti sanno. Posseggono la conoscenza. Non importa che siano assistenti sociali, educatori, infermieri, docenti, preti, politici o comuni cittadini; semplicemente …sono arrivati. Si chinano frettolosamente o noiosamente sul cliente, utente, caso, numero, spiegandogli le cose, nella speranza che possa non farsele ripetere. Se fossimo tutti contenti di questo approccio, non ci sarebbe da scrivere nulla. Il problema è che, al contrario, non siamo stati mai tanto male! Confusi, irosi, pieni di ansiolitici per calmare insonnie e crisi di panico. Tutta questa saccenza declamata in ogni dove, dai media come nelle strade e nelle nostre istituzioni pubbliche non ci salva dalla tristezza, anzi, chissà…ci viene un dubbio: che ne sia la causa? Il sospetto nasce quando, esplorando intorno a noi, con ben poche certezze in tasca, ci imbattiamo in un Maestro. Sapete quei Maestri delle fiabe? Quelli che avevano il dono di entusiasmare i bambini, che animavano il borgo sperduto in cui

andavano a lavorare, quelli che facevano sperimentare, confrontare, raffrontare, e si godevano gli occhietti degli allievi illuminati d’immenso per aver trovato qualcosa di grande, di non conosciuto prima di quell’apprendimento? Voi non ci crederete, ma ci sono ancora! Li abbiamo incontrati in posti impensabili, con i loro sguardi pieni d’entusiasmo, anche se in età avanzata. Non ti dicono mai cosa insegnano, perché, a detta loro, non insegnano nulla. Fanno vivere. La loro scuola è una continua esperienza, un viaggio che entra ed esce ininterrottamente dalla classe, che li porta a scoprire il mondo. Li riconoscete perchè si inventano di tutto per trasformare un armadio in un’incubatrice di pulcini, un davanzale in una serra di primizie dell’orto, un’auto sgangherata in una officina di prova, un sotterraneo dell’istituto in un coloratissimo laboratorio di cucina o di arte. Se hanno a disposizione una LIM e quant’altra magia tecnologica, si sentono come un artista ricco: organizzano gruppi in apprendimento cooperativo, chiedono ai ragazzi di usare internet sui loro cellulari e pc “cercate, raffrontate, trovare le tracce, scoprire i pezzi del puzzle da assemblare a quelli di altri gruppi di compagni”. Ecco la consegna. Alla fine tutti hanno qualcosa da insegnare e tutti imparano dalle scoperte proprie e altrui. E per magia, in classe, nasce il libro di testo scritto a più mani, online o cartaceo, che permette ottimi risultati nelle verifiche, senza bisogno di studiare per ore, perché tutti sanno di cosa parla! I Maestri sono rari, purtroppo. Noi li guardiamo dalle nostre scuole, sospirando, mentre forniamo splendide mappe concettuali già belle fatte, da studiare … praticamente a memoria. Chissà perché poi le verifiche sono deludenti… Dice il proverbio: Chi è colpa del suo mal pianga se stesso! G.L

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