INSEGNAREDUCANDO. N°25 - febbraio/marzo 2013

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per educare un bambino

ci vuole un villaggio

N° 2 5 /Marzo Febbraio 2013

Sommario 1. 2. 3. 4. 5.

Lo sguardo che insegna Un viaggio nel paese delle emozioni ...per imparare a crescere insieme Il segreto dell’educare L’inserto da collezione: scuola-perla 6. Una scuola-città sulle rive dell’Arno 7. Qui si sperimenta e si cresce 8. 10 scatti per raccontare... 10. Brain Gym alla Pestalozzi 11. Oltre l’Italia: cooperare per educare. 12.This is my letter to the world 14. Stop al bullismo omofobico 15. 16 marzo: LIBERI dalle MAFIE 16. Mettersi in gioco per educare davvero. 17. Una buona idea! Niccolò Fabi

Lo sguardo che insegna. da Un collegio docenti icare dif mo ò pu ” stri ae “M ria se l’organizzazione ora “straò pu , na non funzio rivesi e ch ssi pra re” volge e la tar os lano limitanti, sp ito sol il se , sse mensa in cla os ca di go luo è ne stanzo ò pu a; totale e non-crescit rrico e le au ritinteggiare ccodoi per insegnare l’a teatri, e tar en inv , za en gli r le palestre, angoli pe mco i irsi ibu istr pause, rid elli ort sp or, tut re iva att piti, i, ion raz bo d’ascolto, colla ore cu a ha i Ch aperture... l’educare, osa farlo.

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“Nel processo educativo, il maestro si fa parola capace di costruire legami”. Partiamo di qui, da questo post linkato su una pagina facebook trovata per caso. Cercavamo una prospettiva internazionale, qualcosa che andasse al di là della situazione italiana di questo periodo così confuso, relativo ed instabile. Come ogni volta che si decide di lasciare la routine per aprire la finestra ed affacciarsi fuori, abbiamo trovato esperienze interessantissime che ci incoraggiano nel tenace sforzo di tenere una rotta “educativa” nella tempesta di richieste e aggiornamenti sconnessi della scuola. A noi, come alla maggior parte di voi, interessa una cosa soltanto: accompagnare tutti i ragazzini che ci sono affidati perché possano imparare. Questo ci è chiaro. La confusione sta nel complemento oggetto: imparare cosa? La sicurezza? La prestazione? Quello che noi ci siamo messi in testa, quello che è determinato come livello massimo di competenza da raggiungere? Ma…se lui, l’allievo, volesse imparare tutto? Tutto?!? Sì, tutto. Tutto quello che la vita gli offrirà per conoscere e crescere… Allora qual’è la specificità della professione docente? L’insegnante è alla stregua di un genitore, di un educatore, un allenatore o un adulto che il ragazzino incontra per strada? Ecco il punto. Che ruolo specifico siamo chiamati ad avere? A che serve un Maestro? Nella news, Alessandro, giovane laureando, suggerisce una risposta interessante nella lettera che scrive alla sua prof (pag.12/13). Il suo parere collima con quello di alcuni professionisti che

attuano buone prassi educative e che sembrano concordare su un’unica risposta corale: un maestro serve per il suo sguardo! Lo sguardo del Maestro. È quella capacità di vedere l’allievo nel cuore, nonostante tutto, accorgendosi delle sue pause, delle sue scoperte e delle sue cadute. È quel campo visivo che sostiene l’orizzonte quando i ragazzini sono persi nella nebbia delle loro emozioni. È quella serenità degli occhi di chi ha compreso che, con o senza la scuola, s’impara lo stesso, ma un maestro che ti accompagna è tutto più facile. Ci vogliono mille competenze per imparare ad avere lo sguardo giusto, ma sopra ogni cosa ci vuole equilibrio interiore e saggezza, quella capacità di non farsi travolgere dall’ultimo carro allegorico della sfilata che passa. Un maestro non dimentica il senso profondo dell’apprendere: il suo sguardo è capace di far emergere il potenziale nascosto nei ragazzi. Per questo scopo, un gruppo di “maestri” è capace di fare tutto il possibile per organizzare un luogo educativo per eccellenza, anche a costo di cambiare molte cose pur d’insegnare davvero. Perché gli interessa accompagnare l’apprendimento. Punto. Prestare attenzione al soggetto e al verbo dell’apprendere, senza tante perifrasi. I complementi e le subordinate si possono anche modificare se non funzionano! G.L.

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