In Aviazione Safety e Security suscitano lo stesso interesse?

In aviazione Safety e Security suscitano lo stesso interesse?

Filippo Capuano 23 giugno 2012

Discutere di sicurezza diventa ogni giorno

questo caso, prima ancora che si sia espressa compiutamente una preoccupazione, si rischia già di essere considerati allarmistici oltre ogni misura. Anche se il linguaggio usato per chiacchierare di safety è a dir poco soporifero e conciliante, si viene comunque tacciati di voler generare panico in chi ascolta. Non ha importanza che lo scopo dichiarato sia quello di sollecitare una bilanciata attenzione su importanti questioni che riguardano l’incolumità pubblica, proprio come avviene, quasi in automatico, per l’altro fronte della sicurezza, quello che riguarda la security.

più difficile, se la sicurezza in questione è di tipo difficilmente visibile, com’è quella che si riferisce alla safety dei trasporti. Quando, invece, si vuole richiamare l’attenzione sulla security, ci si preoccupa meno di usare toni allarmistici e non si ha alcun timore di generare panico in chi ascolta.

Le ultime dichiarazioni rese in tutto il mondo dopo la morte di Bin Laden ne sono un esempio. Nessuno si è preoccupato dei toni usati per dire che, forse, qualche attentato potrebbe pure scapparci. E’ insomma sufficiente che Al Qaeda abbia un colpo di tosse, o che un marito in preda a chissà quale raptus sfondi la vetrata di un terminal, per generare pagine e pagine di articoli e servizi televisivi, che quando non generano preoccupazione lasciano addosso comunque un fastidioso senso di disagio e smarrimento.

Nessuno si sogna di avanzare critiche né sui toni che vengono usati, né sui contenuti.

In queste condizioni il rischio che si corre è di zittire definitivamente quelle già poche voci che continuano a esprimere opinioni e raccontano problemi che hanno bisogno di essere risolti. Si tratta di una palese e straordinaria contraddizione in termini, poiché in aviazione si sollecita il contrario: non si fa che chiedere al personale di terra e di volo di parlare e riferire ciò che si ritiene potenzialmente pericoloso per la navigazione aerea; e tanto è lo sforzo in questo senso, che si prova ad assicurare all’eventuale relatore

Molto diversa è la situazione quando l’oggetto del quale si discute è la safety, perché in

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perfino la garanzia dell’anonimato.

una diversa percezione in chi vive nella stanza dei bottoni e ha il compito di decidere. Colui che insiste nel voler richiamare l’attenzione su problemi, a volte irrisolti da tempo, potrebbe essere considerato un menagramo, un provocatore, ma solo se la sicurezza della quale dibatte riguarda la safety.

Quindi, mentre da un lato si cerca di favorire un processo di denuncia di ciò che non va, dall’altro, quando un articolo, un convegno, un’intervista, una statistica, un servizio televisivo, richiama l’attenzione sulla safety del trasporto aereo, si viene considerati comunque fuori misura e portatori di panico.

Viceversa, nessuno si sognerebbe di tacciarlo di eccessivo allarmismo se gridasse a squarciagola il pericolo di un attentato terroristico, anche se non se ne vede l’ombra.

Tutto ciò avviene perché la security è sotto gli occhi di tutti, mentre la safety, purtroppo, è sotto gli occhi di pochi.

Chi può trarre vantaggio dal criticare negativamente chi, quasi sottovoce e senza la garanzia dell’anonimato, cosciente della difficoltà del dire cose così delicate, alza il dito per parlare di problemi di safety? E’ vero, e bisogna esserne consapevoli, che quando si parla di sicurezza si toccano punti dolenti che riguardano la sensibilità della gente, ma anche investimenti economici e responsabilità. Si può far felice e infelice allo stesso tempo.

Ma, allora, cosa vuol dire fare prevenzione?

Nella sicurezza dei grandi trasporti di massa, e che si tratti di treni, aerei o navi poco cambia, non si può ragionare solo nell’apparente tranquillità di statistiche che possono far star bene e male allo stesso tempo.

Le responsabilità nascoste dietro l’ambiguità di norme, a volte create ad arte, potrebbero saltar fuori prima che un disastro ne dia il pretesto; chi aspetta di poter fare affari, potrebbe aver piacere che le voci si alzassero in una direzione piuttosto che un’altra. C’è

In aviazione, per esempio, se si rapporta il numero d’incidenti alle ore di volo, il dato che ne viene fuori potrebbe essere considerato

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confortante; ma poiché in aviazione, e meno male, gli incidenti non sono frequenti, è sufficiente che ne accada uno soltanto per trasformare la serenità dei numeri in un baratro di reale disperazione.

riduzioni e aumenti tra loro indipendenti e casuali.

Il numero d’incidenti ed inconvenienti gravi mostra quale sia la temperatura della sicurezza del volo in Italia e ognuno può trarre le dovute conseguenze.

Analizzando il rapporto informativo sull’attività svolta dall’ANSV nel 2010, vengono fuori dati importanti per capire l’andamento della sicurezza del volo nel nostro Paese. Dal 2001 al 2010 in Italia sono avvenuti 766 incidenti aerei, 383 inconvenienti gravi e 9254 inconvenienti, così classificati dall’ANSV sulla scorta di quanto previsto dalle norme in vigore.

Se si considerasse esclusivamente il numero degli incidenti, ci si dovrebbe preoccupare, e non poco,poiché 766 incidenti in meno di dieci anni sono un dato da trattare con la dovuta attenzione, specialmente se si considera il 2009 rispetto al 2001, dove l’aumento è quasi il 20% in più rispetto agli anni precedenti.

Se nei prossimi cinque anni, i rapporti periodici dell’ANSV evidenziassero una curva in discesa, si potrebbe pure ipotizzare che la sicurezza del volo stia migliorando, ma fino a quando le curve saranno come quelle che si ricavano dal rapporto ANSV 2010, questo non può essere affermato.

Viene quindi spontaneo chiedersi cosa fare dal 2011 in poi. Stabilito, insomma, che questa è la situazione, qual è l’obiettivo prefissato di miglioramento per i prossimi cinque anni? Quali le novità e gli investimenti per raggiungere quest’obiettivo? Sarebbe azzardato ipotizzare una riduzione degli inconvenienti gravi del 20% nei prossimi cinque anni?

La sicurezza del volo in Italia, stando ai dati ANSV, non è per niente in via di miglioramento, e in particolare è peggiorata nel quadriennio 2002-2006, dove l’ANSV ha classificato ben 99 incidenti, più o meno 8 al mese, due a settimana, volendo fare dell’aritmetica spicciola.

Se ci si riuscisse, significherebbe in valore assoluto, circa 310 inconvenienti gravi l’anno, 25 al mese, 6 alla settimana, quasi un mancato incidente al giorno e già sarebbe un bel traguardo rispetto ai numeri attuali. Che cosa faremo in Italia per poterlo acquisire?

Il saldo al 2009 è negativo, ma questo dato ha bisogno di esser integrato con un altro per avere un’idea più precisa della situazione.

Infatti, numero ancora più sconfortante è quello che viene fuori dagli inconvenienti gravi, cioè da quegli eventi le cui circostanze rivelino che è stato sfiorato l’incidente.

Tornando quindi ad analizzare i dati dell’ANSV, dal 2001 al 2010 l’incidente aeronautico è stato sfiorato per ben 383 volte.

Non sono certo numeri che possono tranquillizzare quelli che si riferiscono a 383 incidenti mancati per un soffio, a meno che, non si voglia accettare il fatto che questi numeri sono compatibili con una aviazione civile moderna.

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Gli eventi negativi accadono, sta nelle cose, ma non ci si può crogiolare nelle statistiche europee o addirittura mondiali, dove dati importanti sono annegati in altri miliardi di

Il saldo degli inconvenienti gravi non mostra alcun miglioramento stabile, ma solo 4

dati, per ostentare tranquillità. In aviazione i cambiamenti sono lenti, le possibili soluzioni bisogna metterle in cantiere anni prima, altrimenti, anni dopo, non sappiamo perché le cose sono accadute.

proteggere gli aerei (fonte IATA). Insomma, un bel po’ di quattrini per allontanare il pericolo che un aereo cada in mano a dei terroristi. Nessuno discute più di tanto se uno scanner costa un paio di milioni di euro. Il costo è accettato come inevitabile per l’esercizio dell’attività di trasporto aereo.

La Boeing, nel suo rapporto annuale sullo stato della sicurezza aerea, ha calcolato che solo per l’aviazione commerciale dal 1959 al 2009 si sono verificati 1704 incidenti, dal 2000 al 2009 ben 393, un paio al mese insomma. E la statistica ICAO, anch’essa riferita ai soli voli commerciali, mostra che in dieci anni la situazione non è poi cambiata così tanto se ogni milioni di voli si continuano a verificare più o meno 4 incidenti (vedi grafico ICAO).

Come mai per la safety, viene spontaneo chiedersi, non si ragiona allo stesso modo ed invece si discute anni – per risolvere problemi molto spesso conosciuti – prima di approntare delle soluzioni?

Forse, si ritiene che il pericolo di un incidente dovuto alla safety sia più lontano? A guardare i numeri sembrerebbe di no. E allora, perché discutere così a lungo, per decidere se sia necessaria una certa installazione, se un programma di formazione possa o meno essere accorciato e magari informatizzato, se piloti e controllori del traffico aereo possano

Un milione di voli può sembrare un numero molto grande, ma diventa piccolo se si rapporta alle 1.715 compagnie aeree esistenti, ai 27.024 aerei che volano sulle nostre teste, ai 3.670 aeroporti sparsi nel mondo, che accolgono più o meno 28 milioni di partenze all’anno.

E allora una riflessione va fatta. Dal 2001 in poi per rendere sempre più difficile un attentato al trasporto aereo, passeggeri e compagnie aeree spendono qualcosa come 12 miliardi di dollari all’anno, dei quali circa 3 miliardi sono dedicati ai controlli di sicurezza dei passeggeri ed altri 2 miliardi per

FAN B787 Dreamliner

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incrementare le loro performance in termini di resistenza alla fatica? C’è addirittura chi immagina un volo di linea con un solo pilota, mentre gli americani sono costretti, dai fatti, a raddoppiare il numero dei controllori di traffico aereo, visto quanto accaduto al Reagan International dove l’unico controllore in turno si è addormentato lasciando i piloti in avvicinamento senza assistenza.

sicurezza, anche se non si è verificato un inconveniente grave o peggio un incidente.

Se i numeri che le statistiche presentano fossero stati diversi, per esempio per l’Italia, 5 incidenti, 3 inconvenienti gravi e 50 inconvenienti, le conclusioni sullo stato di salute dell’aviazione civile in Italia sarebbero state ben diverse da quelle che ognuno può trarre leggendo i rapporti dell’ANSV. E allora, visto che le cose stanno così, come si può pensare di ridurre questi numeri senza intervenire su cose che sono davanti agli occhi di tutti, ma per risolvere le quali occorre tirar dalla tasca un po’ di quattrini, allo stesso modo di come si fa per la security. Se nel mondo si fa tanto rumore per la sicurezza dell’aviazione civile, inventando nuovi programmi di prevenzione e controllo, e rendendo obbligatorio normativamente ciò che prima era magari solo suggerito come buon senso, evidentemente le statistiche non bastano a infondere quella serenità necessaria all’incremento del trasporto aereo e si sente la necessità di adottare strumenti molto più rispondenti alle esigenze di una prevenzione reale piuttosto che di facciata. Le azioni a valle di un disastro sono sufficienti per capire con quale velocità si muovono investimenti e regole nel post incidente.

Verrebbe da domandarsi, quale razza di

In aviazione, ma volendo discutere di ferrovie o di navi sarebbe lo stesso, ci si propone con le segnalazioni volontarie e obbligatorie di scoprire potenziali pericoli. Una letteratura mondiale più che copiosa, invita e richiama numerose volte la necessità di dare giusto credito a tutti quegli eventi, diversi dall’incidente o dall’inconveniente grave, che a giudizio di chi li riporta hanno pregiudicato la sicurezza delle operazioni. Vengono considerati come importanti indicatori della sicurezza. Per questa ragione, proprio perché importanti ai fini della prevenzione, si classificano e si contano i cosiddetti inconvenienti.

In Italia, il trend è in salita. Gli inconvenienti, dal 2001 al 2010, sono cresciuti al punto da accumulare ben 9254 segnalazioni classificate come inconvenienti. Cioè, qualcuno ha ritenuto che in almeno 9254 casi si è verificata una diminuzione del livello di

prevenzione sia quella che aspetta il disastro 6

per agire? E così, purtroppo, nella safety del trasporto aereo accade che le cose cambino solo dopo che uno o più incidenti le hanno rese inevitabili: perché necessarie lo erano anche prima del disastro stesso. È proprio questa la difficoltà maggiore di chi parla di sicurezza. E’ indurre ad agire quando solo una parte vede le cose come necessarie, mentre l’altra soppesa il rischio tra ciò che appare come necessità e ciò che potrebbe essere inevitabile dover fare un domani, magari sotto il peso di un’inchiesta e della responsabilità morale di non aver agito prima.

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E l’incidente di Dryden del 1989, che ha cambiato il modo di fare aviazione in Canada, ne è una riprova.

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