Impresasicilia - numero 4

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N.4 Dicembre 2011

IMPRESASICILIA

TRIMESTRALE DI ECONOMIA, POLITICA E CULTURA

Sicilia terra da lasciare? Il dilemma dei giovani del Sud: Emigrare o Rinnovare? Le nuove possibilità per far ripartire lo sviluppo a Sud con l’inventiva e le nuove tecnologie

Pag. 12

Pagg. 15 e 18

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SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE Tutto quello che serve per ridurre il “digital divide”

FINANZIAMENTI ALLE IMPRESE Alcuni strumenti per finanziare nuovi investiementi

PMI ITALIA Nuova rappresentanza per le imprese italiane


Diamo garanzia alle imprese. Sempre. www.multifidi.it

800 910 267



N. 4 - Dicembre 2011

Sommario

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EDITORIALE Sicilia terra da lasciare, terra d’amare di Sandro Migliore

È ripresa l’emigrazione dei giovani siciliani verso l’Europa e l’Australia. Si tratta di una emigrazione qualificata che può avere ricadute negative per la Sicilia in termini di perdita di risorse culturali.

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IL NEO GOVERNATORE A CATANIA Visco, Bankitalia: “investire in conoscenza, per rilanciare la crescita” di Gianni Licitra

Investire in conoscenza è una delle variabili chiave per rilasciare la crescita in Italia Un’indagine sulle competenze funzionali e alfabetiche condotta nel 2003 mostra come l’80% degli italiani di età compresa tra i 16 e i 65 anni non sia in grado di compiere ragionamenti lineari.

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EDITORIALE DI PMI SICILIA L’innovazione strategia anti-crisi di Nuccio Lipani

Per superare la crisi è necessario rivolgere lo sguardo all’interno dei nostri sistemi produttivi, aziende comprese, e riflettere su come siamo arrivati a situazioni di scarsa produttività che ci portano a subire la globalizzazione Non dobbiamo avere timore di fare autocritica. PMISicilia per favorire ed accompagnare processi di sviluppo delle imprese propone un percorso formativo d’eccellenza.

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SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE Rivoluzione tecnologica o divario digitale? di Nunzio Ciarcià

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DIGITAL DIVIDE La situazione siciliana: un esempio di sviluppo di Nunzio Ciarcià

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FINANZIAMENTI ALLE IMPRESE Alcuni strumenti per finanziare nuovi investimenti di Dario Sirugo

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FINANZIAMENTI ALLE IMPRESE Gli Angeli delle imprese di Sandro Migliore

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Tutto quello che manca al nostro territorio per entrare a far parte della nuova società dell’informazione. Tutto quello che serve per ridurre il cosiddetto “Digital Divide”.

Un Accordo di programma per finanziare la dotazione tecnologica delle imprese per incrementare la competitività settoriale. Le infrastrutture realizzate saranno di proprietà della Regione e sarà garantito l’accesso all’infrastruttura realizzata a tutti.

Prestito d’onore, microimpresa e imprese di qualità tre strumenti altamente competitivi e in grado di soddisfare nel breve termine diverse tipologie di aziende. Questi strumenti di finanza agevolata, se utilizzati seguendo i diversi sistemi di misura, rappresentano un’ancora di salvezza per le aziende.

I Business Angels sono individui dotati di un buon patrimonio personale in grado di fornire all’impresa, mezzi economici, preziosi consigli gestionali e conoscenze tecnico-operative oltre a una consolidata rete di relazioni nel mondo degli affari.

PROPOSTE DI SVILUPPO Sud: un decalogo per far ripartire lo sviluppo di Gianni Licitra

Dieci proposte della Fondazione Curella diretta dall’economista siciliano Pietro Busetta e da Diste Consulting per rilanciare il Sud, al Presidente della Repubblica e ai politici siciliani.

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CONFIDI Le ricadute della crisi sui confidi di Nunzio Ciarcià

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BANCHE UniCredit: un concorso per le nuove idee di Roberto Vitellaro - Media relations Italy - UniCredit Spa

Incontro con il dott. Carmelo Aristia, Vice Presidente del Consorzio regionale di Garanzia fidi “Multifidi”. Lo abbiamo intervistato per cercare di capire le dinamiche e le conseguenze che la crisi ha avuto sul sistema dei confidi.

Due iniziative di promozione dell’impresa: Il Talento delle Idee e l’Export Business School

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ASSOCIAZIONE DI CATEGORIA Pmi Italia Nuova rappresentanza per le imprese italiane dalla Redazione

Una struttura nuova per dare nuova centralità e nuova rappresentanza alla piccola e media impresa italiana. È organizzata in maniera agile, orizzontale per tutte le categorie, basata sulla rete e le nuove tecnologie. Per una rappresentanza nazionale degli interessi delle piccole e medie imprese. Questo è il suo manifesto.

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PMI RAGUSA Lo sviluppo nasce dalla collaborazione di Nunzio Ciarcià

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PMI SIRACUSA Crisi economica: Il crack delle piccole e medie imprese di Luca Sulmicelli

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NUOVE VISIONI E se ogni edificio producesse energia per sé e per gli altri. La rivoluzionaria proposta di Rifkin di Sandro Migliore

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Intervista al Presidente della Camera di Commercio di Ragusa Sandro Gambuzza.

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PMI Siracusa Sostenere le imprese sane per garantire lavoro e reddito alle famiglie

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Ciascuno di noi è un potenziale produttore di energia, case, uffici, aziende piccole e grandi, persino veicoli. Questa energia è trasformabile in idrogeno, è stoccabile e trasferibile attraverso un sistema di reti intelligenti.

OPINIONI Quali prospettive per il Liberismo in economia di Francesco Licitra

Un’analisi della situazione economica attuale dominata dai monopoli industriali e finanziari che minacciano di fatto la piccola e media libera iniziativa economica

STORIE INDUSTRIALI L’ABCD del polietilene in Provincia di Ragusa di Saro Distefano

La Asfalti Bitumi Cementi e Derivati (ABCD) nel 1957 tenta un’avventura industriale pionieristica decidendo di produrre il polietilene, cioè la plastica, inserendosi in un settore affascinante e del tutto nuovo, quello petrolchimico. Fu fatto un errore importante però.

NELLO SCAFFALE DEI BEST SELLER Un libro al mese. L’invito alla lettura di ImpresaSicilia dalla Redazione

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IMMAGINI Bella Sicilia Terra d’amare a cura di E. Cavarra - kreativamente

Sono presenti sparsi in questo numero di ImpresaSicilia, una raccolta di nove immagini della Sicilia a cui abbiamo dato il nome di BELLA SICILIA Terra d’amare. Un di atto di speranza in forza della bellezza di questa terra siciliana che, proprio per la sua bellezza, non si può non amare. Non possiamo abbandonare!

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Direzione e redazione Via Cechov, 19 – 97013 Comiso (RG) Tel. 0932 721096 - fax 0932 732055 www.multiplaservizi.eu

Trimestrale di economia politica cultura Registrazione Tribunale di Ragusa n. 1/2011 del 25 gennaio 2011 Direttore Editoriale Sandro Migliore Direttore Responsabile Gianni Licitra Caporedattore Nunzio Ciarcià Tiratura: 5.000 copie Proprietario MULTIFIDI Consorzio di Garanzia Collettiva Via E. Mattei, 7 - 97100 Ragusa

Editore MULTIPLA Società Cooperativa di Servizi alle Imprese Via Cechov, 19 – 97013 Comiso (RG) Coeditore PMI SICILIA Ass. Piccole e Medie Imprese Via Duca della Verdura, 69 - 90143 Palermo Hanno collaborato Saro Distefano, Francesco Licitra, Dario Sirugo, Luca Sulmicelli, Roberto Vitellaro

PUBBLICITÀ E ABBONAMENTI Abbonamento annuale (4 numeri) € 20. presso l’Editore Multipla Servizi tel. 0932 721096 numero verde 800 910267 email comunicazione@multiplaservizi.eu Progetto grafico e impaginazione: www.kreativamente.it - Ragusa Stampa: Tipografia Barone & Bella – Ragusa


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Monreale. Chiostro dell’antico convento benedettino.


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Sicilia terra da lasciare, terra da amare C

i dice l’Istat che circa ventimila giovani sono emigrati dalla Sicilia verso il nord Italia o verso l’Europa negli ultimi 5 anni. Si tratta per lo più di una emigrazione qualificata, di giovani laureati, che dopo anni di sacrifici loro e delle famiglie non vedono opportunità adeguate alle aspettative e decidono di provare fuori. La fuga dei giovani dalla Sicilia e dal meridione è uno dei fattori alla base del calo della crescita demografica (1,6 per mille) al sud. Il fenomeno è mondiale giovani che dal sud povero si spostano verso un nord ricco: dal continente africano all’Europa. Anche la Sicilia è destinataria di immigrazione ma il dramma è che mentre perde giovani altamente qualificati riceve una immigrazione in genere non specializzata. È facile dedurre quale è il bilancio in termini di perdita di valore, di potenzialità culturale e di conoscenza. Senza considerare la perdita economica: le ingenti risorse che ci vogliono per formare un giovane laureato che poi va a produrre, arricchendolo, in un altro territorio. Se questi due fenomeni - emigrazione dei giovani e conseguente perdita di valore, si consolidano, possiamo immaginare facilmente le conseguenze in una prospettiva in cui le risorse pubbliche nazionali ed europee andranno sempre più a diminuire: un sud Italia ancor più sottosviluppato, spopolato, privo di imprese e di risorse intellettuali, pieno di pensionati e badanti e una popolazione ormai anziana fatta da dipendenti prevalentemente del settore pubblico. Naturalmente a questa previsione, per niente remota, occorre reagire per invertirne la proiezione creando le condizioni che consentano di invertire la rotta verso un disastro altrimenti inevitabile. Invertire la rotta. Ma verso dove? Per parte nostra concordiamo con coloro che pensano che debba essere fatta una virata netta verso l’innovazione tecnologica, internet e le reti digitali le cui applicazioni consentono uno sviluppo in termini di valore aggiunto impensabili in altri settori. Nel corso del 2010, internet ha generato in Italia ben 31.6 miliardi di euro, pari al 2% del Pil, con un aumento del 10% rispetto all’anno precedente. Lo dice uno studio condotto dal Boston Consulting Group e commissionato da Google che mostra

come internet rappresenti ormai un motore trainante dell’economia italiana: basta pensare che il settore dell’agricoltura vale il 2.3% del Pil. Le piccole e medie aziende italiane che più hanno puntato sul web hanno registrato una crescita media dei ricavi dell’1.2% negli ultimi 3 anni, nonostante la crisi economica mondiale. Per quanto riguarda le previsioni future, lo studio calcola che internet potrà raggiungere una cifra compresa tra il 3.3% e il 4.3% del Pil italiano entro il 2015, calcolando una crescita annua compresa tra il 13% e il 18%. E tanto ci sarebbe da fare ancora in quanto l’Italia si colloca al penultimo posto fra i Paesi più sviluppati per “Indice di intensità Internet”, vale a dire diffusione della banda larga, spese per acquisti e pubblicità online e livello di attività per imprese, istituzioni e singoli internauti. Nonostante gli italiani restino i maggiori utilizzatori di smartphone, posseduti da ben 15 milioni di persone e utilizzati da 10 milioni per navigare su internet (450mila dei quali per effettuare acquisti). Concentrare le ormai poche risorse disponibili sia pubbliche sia private verso quella che da più parti viene chiamata rivoluzione tecnologica costituisce, a nostro parere, una possibilità di sviluppo economico, di lavoro per le imprese e nuova occupazione soprattutto giovanile. In questo numero quindi abbiamo cercato di dare conto del dibattito in corso su questo tema riportando testimonianze ed analisi su quella che è la situazione italiana e siciliana sul digital divide, la fuga dei cervelli dall’Italia, ma anche sulle possibilità esistenti di finanziare un’impresa ricorrendo ancora ai canali della finanza agevolata, al credito bancario o anche ai nuovi finanziatori privati, i cosiddetti Business Angels che operano anche in Sicilia. Sono presenti sparsi in questo numero di ImpresaSicilia, una raccolta di nove immagini della Sicilia a cui abbiamo dato il nome di BELLA SICILIA Terra d’amare. Le immagini, scelte insieme a Emanuele Cavarra, curatore grafico della rivista, vogliono rappresentare una sorta di atto di speranza in forza della bellezza di questa terra siciliana che, proprio per la sua bellezza, non si può non amare, non si può abbandonare!

Editoriale

di Sandro Migliore


Il neo Governatore a Catania

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Il neo Governatore, da Catania, rilancia il messaggio del suo predecessore per

VISCO, BANKITALIA:

“Investire in conoscenza, per rilanciare la crescita in Italia” di Gianni Licitra

Investire in conoscenza è una delle variabili chiave per rilasciare la crescita in Italia. Un’indagine sulle competenze funzionali e alfabetiche condotta nel 2003 mostra come l’80% degli italiani di età compresa tra i 16 e i 65 anni non sia in grado di compiere ragionamenti lineari e fare inferenze di media complessità estraendo e combinando le informazioni fornite in testi poco più che elementari.

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gnazio Visco, neo Governatore della Banca d’Italia, a poche settimane dal suo nuovo e prestigioso incarico, lo scorso 25 novembre, è stato a Catania per intervenire al XX° congresso dell’AIMMF, l’Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia. Il numero uno di Palazzo Koch, nel segno della continuità con il predecessore Draghi, ha parlato dei vari aspetti della nostra attuale economia partendo da un’esortazione che non lascia spazio a dubbi o interpretazioni: “Investire in conoscenza è una delle variabili chiave per rilasciare la crescita in Italia”. Questo per sottolineare i ritardi italiani rispetto ai principali paesi avanzati, sia nei tassi di scolarità e di istruzione universitaria, sia nel livello delle competenze, dei giovani come della popolazione adulta. “Si tratta di questione antica, è vero - rileva il Governatore - ma i numeri sono impietosi. Secondo i dati Ocse nel 2009 il 54% degli italiani di età compresa tra i 25 e i 64 anni aveva conseguito un diploma di scuola secondaria superiore, contro il 73% della media Ocse. I laureati erano meno del 15%, la metà rispetto alla media Ocse. Un’indagine sulle competenze funzionali e alfabetiche condotta nel 2003 mostra come l’80% degli italiani di eta’ compresa tra i 16 e i 65 anni non sia in grado di compiere ragionamenti lineari e fare inferenze di media complessità estraendo e combinando le informazioni fornite in testi poco più che elementari. Sono in pratica - dice Visco - analfabeti funzionali. Si tratta - aggiunge il Governatore - di ritardi gravosi, ancor più in un Paese che, come il nostro, registra da tempo un deficit di crescita. E’ per questo che le politiche dell’istruzione non devono semplicemente mirare a colmare i divari con le economie più avanzate. Devono ambire a invertirne radicalmente il segno”. Le risorse sono però scarse. Alla metà del decennio scorso l’investimento in conoscenza in Italia era pari al 2,4% del Pil, contro una media Ocse del 4,9%. I docenti sono vecchi. Nel 2009


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recuperare i ritardi dell’economia italiana in un’Europa ancora troppo poco unità.

appena il 9% degli insegnanti nella scuola secondaria superiore aveva meno di 40 anni contro il 25% in Germania, il 34% in Francia l’oltre 40% di Regno Unito e Stati Uniti. All’università i docenti più giovani erano il 16% contro il 30% in Francia, il 39% nel Regno Unito e il 47% in Germania. Eppure le misure disponibili indicano che l’istruzione e’ un investimento redditizio anche in Italia. Ma soltanto poco più della metà dei giovani italiani considera vantaggioso conseguire un’istruzione avanzata. Si tratta della quota più bassa tra tutti i Paesi dell’Unione Europea. “Tutto ciò - avverte Visco - aggrava il peso degli ostacoli, spesso finanziari all’investimento in istruzione. E la forte corrispondenza tra le origini familiari e le scelte scolastiche che ne discende comprime la mobilita’ sociale”. Ma investire in conoscenza non è importante soltanto sotto il profilo dell’economia. “I benefici di una maggiore istruzione - osserva il Governatore - si estendono a molte altre dimensioni della vita umana”. E di particolare rilevanza sono gli effetti positivi sulla diffusione dell’illegalità”. Insomma, si tratta di un investimento che “può contribuire in modo profondo all’innalzamento del senso civico e del capitale sociale: valori in se indipendentemente dai loro effetti positivi sulla crescita. In questo - prosegue Visco - l’investimento in conoscenza e’ un fattore di coesione sociale e di benessere dei cittadini”. Ma senza crescita è anche impossibile un riequilibrio duraturo dei conti. Secondo il numero uno di via Nazionale, “il difetto di crescita italiano è in buona parte riconducibile al ritardo e alle incertezze con cui il sistema produttivo ha risposto negli ultimi venti anni alle sfide dell’innovazione tecnologica, dell’affermarsi sulla

scena mondiale di nuove economie, del deciso aumento dell’integrazione europea. L’ingresso nell’Unione Europea - rileva Visco - ha fatto venir meno gli effimeri guadagni derivanti dalla svalutazione nominale del cambio, ci ha imposto un maggior rigore fiscale per rispettare i patti europei. Ora l’Italia è chiamata a recuperare il terreno perduto e innalzare il potenziale di crescita - dice il Governatore - richiede interventi ad ampio spettro: tra questi una riforma degli istituti dell’economia per stimolare l’attività di impresa e l’inserimento durevole nel mondo del lavoro, soprattutto delle donne e dei giovani”. Secondo Visco l’economia italiana va resa “più inclusiva, devono essere eliminate le barriere che si frappongono inutilmente all’attività produttiva, così come le barriere che legano i destini delle persone alla loro origine familiare”. Bisogna agire, insiste Visco, per la “rimozione dei vincoli, delle rendite di posizione, delle restrizioni alla concorrenza e all’attività economica”. La partita si gioca qui. “La scarsa concorrenza - fa notare l’inquilino di Palazzo Koch - contiene i livelli produttivi e occupazionali in molti settori, deprime la competitività e la capacità innovativa dell’intero sistema, frena il ricambio di un tessuto produttivo ancora troppo frammentato, impedisce ai talenti di esprimersi”. Per questo “serve un contesto istituzionale che favorisca il dinamismo e la crescita delle imprese, più stabilita’ e certezza del quadro normativo, un annullamento del ritardo infrastrutturale del Paese, particolarmente nei comparti dell’alta tecnologia”. Ma Visco chiede anche “il superamento del dualismo del mercato del lavoro” che, sostiene, “può essere raggiunto attraverso una riforma organica della regolamentazione e della protezione sociale; assetti della contrattazione più decentrati e flessibili spiega il Governatore - possono consentire che la remunerazione e l’organizzazione del lavoro siano meglio calibrati sulle concrete condizioni produttive. Un’attenzione particolare, poi, va rivolta al Mezzogiorno, dove le lacune strutturali sono più gravi”. “La recessione che ha colpito quasi tutti i paesi avanzati nel 2008-09 e’ stata da noi più profonda che altrove”. La diagnosi del Governatore della banca d’Italia è impietosa. Secondo Visco “i problemi economici che ci riguardano sono solo in parte, però, la conseguenza della grande recessione mondiale. Hanno invece origini lontane, affondano le radici nei caratteri strutturali della nostra economia. I problemi finan-

Il neo Governatore a Catania

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Il neo Governatore a Catania

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ziari di oggi - sottolinea il numero uno di via Nazionale - risentono delle politiche di bilancio pubblico seguite in anni passati. Non ci si può illudere che interventi di natura macroeconomica siano in grado di ovviare a queste carenze”. E anche sulla questione salari Visco è stato molto chiaro: “I salari di ingresso nel mercato del lavoro - ha affermato - sono oggi in termini reali pari a quelli di alcuni decenni fa. E’ ancora scarsa la capacita’ del sistema produttivo italiano di valorizzare adeguatamente le risorse umane”. Il numero uno di Palazzo Koch ha sottolineato che “chi si affaccia oggi sul mercato del lavoro sembra escluso dai benefici della crescita del reddito occorsa negli ultimi decenni”. “La maggiore flessibilità introdotta nell’ultimo decennio - ha aggiunto Visco - ha certamente reso più agevole l’assorbimento della disoccupazione dai livelli molto elevati della metà degli anni novanta ma, assieme con la protratta fase di moderazione salariale, può anche aver indotto le imprese, specialmente quelle meno efficienti, a rinviare la realizzazione di adeguati investimenti in ricerca e sviluppo e l’adozione di tecnologie avanzate”. Un altro aspetto dell’intervento del Governatore non poteva non riguardare il rapporto tra economia e il malaffare. “La criminalità organizzata - ha detto Visco - fa male al Pil delle regioni che soffrono di questo fenomeno. Il neo Governatore della Banca d’Italia ha in merito illustrato i dati econometrici che valutano quanta parte del divario di sviluppo tra Nord e Sud sia attribuibile alla illegalità. “Confrontando il prodotto interno lordo pro capite di alcune regioni del Mezzogiorno in cui la criminalità si è insediata in anni relativamente recenti con quello di alcune regioni del Centro Nord che avevano caratteristiche di partenza statisticamente confrontabili, ma in cui la criminalità organizzata non si è altrettanto radicata - ha proseguito Visco - si calcola una minore crescita nell’ordine di 15 punti percentuali nel trentennio 1977-2007; l’effetto sarebbe ancor maggiore sullo sviluppo delle regioni segnate dall’antica presenza della criminalità organizzata di stampo mafioso”. Per il Governatore le stime sono “da prendere con grande cautela”, ma danno comunque

l’indicazione “di quanto la criminalità pesi sul mancato sviluppo del nostro Mezzogiorno e dell’intero Paese”. Ma come si aumenta il capitale sociale di una collettività? Il Governatore ha sottolineato che “senso civico, fiducia, propensione a cooperare sono valori che richiedono tempo per radicarsi in una comunità e che mostrano un’elevata persistenza nel tempo”. Un ultimo argomento dell’interessante intervento del Governatore ha riguardato la sempre aperta questione dell’immigrazione. “L’Italia rischia di essere penalizzata se non sosterrà l’integrazione degli immigrati, i cui figli scontano un livello di istruzione inferiore”. Questo lo scenario descritto da Ignazio Visco. Alla scarsa propensione dei giovani italiani di acquisire una istruzione avanzata, Visco ha aggiunto “le difficoltà di apprendimento e integrazione ancora maggiori per i figli dei cittadini stranieri. Già alla fine della scuola primaria - ha spiegato - circa un terzo di loro, contro il 2 per cento degli italiani, è in ritardo rispetto al normale corso di studi. Lo svantaggio si amplia ulteriormente negli anni successivi, come mostrano la minor quota di alunni promossi nella scuola secondaria inferiore e una probabilità di abbandono al termine della scuola dell’obbligo doppia rispetto a quella degli italiani. In assenza di meccanismi efficaci di integrazione – ha sottolineato in conclusione il Governatore - la dotazione di capitale umano del nostro paese rischia di essere ulteriormente penalizzata dal rapido aumento della quota di giovani con origini straniere che, sulla base delle proiezioni demografiche dell’Istat, si stima supererà il 30 per cento nel 2050”.


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L’INNOVAZIONE

STRATEGIA ANTI-CRISI Per superare la crisi è necessario rivolgere lo sguardo all’interno dei nostri sistemi produttivi, aziende comprese, e riflettere su come siamo arrivati a situazioni di scarsa produttività che ci portano a subire la globalizzazione. di Nuccio Lipani

Presidente PMI Sicilia

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e PMI sono destinate a continuare a soffrire fatalmente (a volte a soccombere), schiacciate dal peso della mordente crisi? Esiste una possibilità di uscita da questo circolo vizioso? Da dove comincia l’anello del cambio di tendenza? Su questi temi PMISicilia riflette e contribuisce a dare una speranza ad una economia asfittica, che sembra senza via d’uscita. Continuare a recriminare sul credit crunch, sulla scarsa attenzione e competenza del mondo politico, sulla globalizzazione, etc. porta a poco. Che vi siano responsabilità in tal senso da denunciare non vi è dubbio, ma possiamo fermarci a ciò? Non è necessario forse rivolgere lo sguardo all’interno dei nostri sistemi produttivi, aziende comprese, e riflettere su come siamo arrivati a situazioni di scarsa produttività che ci portano a subire la globalizzazione ed arrancare ad agganciare le economie che oggi trainano la crescita dell’economia globale. Non dobbiamo avere timore di fare autocritica, anzi, forse diventa uno strumento alquanto efficace, se fatto seriamente, per ritrovare percorsi di ripresa prima che sia troppo tardi, prima che si esauriscano anche quelle risorse di riserva che possano riaccendere il lumicino della speranza. In questo numero della rivista facciamo una riflessione proprio sulla capacità di fare innovazione, di comprenderne fino in fondo la strategicità quale fattore di rilancio delle nostre imprese. Innovare prodotti, processi industriali e mentali, mercati; innovare sulla formazione, sul marketing, etc. Se la capacità di innovare pervadesse tutti i fattori e le aree sopra citate faremmo un balzo in avanti senza accorgercene, in modo naturale. Che non sia facile non vi è dubbio; che sia possibile e drammaticamente necessario altrettanto. Se la consapevolezza della strategicità del fattore innovazione quale elemento per il recupero

della produttività del nostro sistema economico fosse realmente una tensione collettiva, nazionale, dove ognuno faccia la propria parte in questa direzione potremmo guardare con fiducia il prossimo futuro. Ne beneficerebbe la crescita del Pil (che vale più di tutte le manovre passate e prossime) grazie ad una ripresa di competitività interna ed esterna. Occorre tuttavia definire in modo concreto cosa può essere l’innovazione sia in termini micro (sistemi aziendali) che a livello macro (sistema Italia) Se l’innovazione diventa un processo naturale all’interno dell’azienda essa pervade tutte le

Editoriale PMI Sicilia

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aree. Avremo una capacità di innovazione nell’area produzione cercando nuovi modelli, prodotti, processi capaci di migliorare il valore dell’input rispetto a quello dell’output. Delle risorse impegnate rispetto al valore del prodotto finito. Agire su una o entrambe le variabili diventa un fattore differenziante sul mercato interno ed estero. Il valore del prodotto finito, occorre ricordarlo è quello che il mercato di sbocco percepisce ecco perché le azioni di marketing e comunicazione diventano anch’esse un fattore di recupero di produttività. A livello “macro” non vi è dubbio che sono necessari investimenti per un recupero infrastrutturale (tradizionali ed telematiche), sulla formazione e sul rapporto con il mondo delle imprese, sulla produttività della spesa pubblica, sul costo del denaro e la possibilità di accesso, sul costo del lavoro, e tanti altri ambiti che rappresentano direttamente o indirettamente recuperi di produttività del sistema Paese. PMISicilia per favorire ed accompagnare tali

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processi propone un percorso formativo d’eccellenza che da Dicembre a Giugno affronterà i temi del Management, del Marketing interno ed internazionale, della gestione del rapporto con i mercati esteri (logistica, contrattualistica, pagamenti, dogane, etc.). Esso dovrà permettere anche alle piccole aziende di “crescere” secondo percorsi gestionali innovativi. A Marzo realizzeremo un work shop con una società di importazione dell’Oman per acquisire gli aspetti operativi per esportare in Medio Oriente e per valutare opportunità commerciali nel settore dell’Agroalimentare e dell’Home design. Abbiamo anche stretto una convenzione con la SIB Società Italiana Brevetti per favorire i processi di innovazione industriale, permettendo una consulenza e primo approfondimento/verifica gratuiti sul tema dei brevetti. PMISicilia cura inoltre l’accesso ai contributi a fondo perduto per l’estensione su Area UE ed Extre UE dei brevetti e per lo sviluppo industriale e commerciale dei brevetti. Ognuno deve fare la sua parte.


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Trapani. Le saline.

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Società dell’informazione

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Rivoluzione tecnologica o divario digitale? Tutto quello che manca al nostro territorio per entrare a far parte della nuova società dell’informazione. Tutto quello che serve per ridurre il cosiddetto “Digital Divide”.

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a rivoluzione digitale ha trasformato la società globale di oggi in una Società dell’Informazione in cui lo sviluppo delle tecnologie, la diffusione delle informazioni e la condivisione della conoscenza rivestono un ruolo determinante. Il sistema tecnologico Italiano, tuttavia presenta ancora grandi livelli di svantaggio se pensiamo che ad oggi oltre la metà dei comuni italiani presenta una percentuale elevata in tema di divario digitale. Il Governo italiano, o meglio, i Governi che negli ultimi venti anni si sono succeduti hanno sempre espresso grande interesse verso la riduzione del divario digitale sia tra i diversi territori all’interno della nazione e sia tra l’Italia stessa e i paesi che in tale campo hanno fatto passi da gigante sull’evoluzione della tecnologia digitale. Nelle parole e nei progetti, l’Italia da sempre considera la transizione verso la Società dell’Informazione come una priorità strategica ma nei fatti tutto ciò non è mai avvenuto pienamente. Il primo fattore determinante per uscire dal divario digitale è la diffusione del servizio Internet in modo veloce. La diffusione della banda larga è considerato fattore di crescita economica e occupazionale per l’Italia in quanto è in grado di ridurre notevolmente la questione del Digital Divide. Tutto ciò non è pensato a vantaggio del singolo cittadino ma anche per migliorare la vita delle nostre imprese. Una velocità minima di connessione è un requisito tecnico irrinunciabile per la diffusione di alcuni servizi quali: telelavoro,

di Nunzio Ciarcià

telemedicina, teleconferenza, videochiamata, avvio di un’attività a distanza e per non parlare di tutta la mole di interazioni tra imprese e pubblica amministrazione per le quali la legge, oggi, ne prevede l’obbligo per via telematica. Ne risulta quindi che la disponibilità di una connessione a banda larga è praticamente indispensabile in qualunque sede di lavoro che richieda un’interazione via internet con l’esterno. Bisogna dire che le Intranet aziendali normalmente già dispongono di collegamenti ad alta velocità, comunque ottenibili con investimenti propri dell’azienda. In presenza di una connessione lenta, possono diventare problematiche operazioni quotidiane come l’invio di un file di alcuni megabyte o l’apertura di una pagina Internet che non contiene solo testo. Le aziende non servite dalla banda larga subiscono una perdita di produttività, legata al tempo richiesto per svolgere attività che impegnano molto meno i concorrenti serviti da una connessione veloce. A frenare gli operatori nel portare la banda larga e ultra-larga ovunque nella rete di accesso e progressivamente estenderne l’ampiezza sono però i costi elevati di investimento, spesso non sostenibili, cioè non giustificati da adeguati ritorni economici in termini di redditività per l’operatore stesso, come accade ad esempio in zone scarsamente abitate. Alcuni sostengono, infatti, l’inadeguatezza di tali investimenti a fronte di un mercato dei servizi web che non richiede attualmente servizi a


banda così alta, altri invece sostengono comunque l’investimento con ritorni economici nel lungo periodo, nonché possibile motore di crescita economica, con il possibile probabile sviluppo di nuovi più evoluti servizi a favore dell’utente. Considerando il forte investimento economico necessario da parte dell’operatore o provider di connettività per tali tipologie di rete, quello che appare dunque più ragionevole fare è portare la fibra ottica nella rete di accesso progressivamente fino all’utente, e quindi aumentare progressivamente la velocità di trasmissione offerta, in funzione delle effettive richieste in termini di nuovi servizi offerti/richiesti, sebbene ciò comporti un progressivo e parallelo riammodernamento degli apparati di trasmissione lungo la linea di accesso dell’utente. È innegabile, infatti, l’esistenza di una stretta correlazione fra lo sviluppo delle reti di telecomunicazioni a banda larga e lo sviluppo economico e sociale di un

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paese moderno. È ormai riconosciuto, d’altra parte, che una delle principali cause del ritardo nello sviluppo dell’Italia rispetto agli altri Paesi industrializzati, nell’ambito del processo di globalizzazione, è da individuarsi nella difficoltà del sistema socio-economico del nostro Paese di evolversi e tenere il passo con la rivoluzione tecnologica in atto negli altri Paesi sviluppati; ciò anche a seguito della poco diffusa “alfabetizzazione tecnologica”, ma soprattutto in conseguenza delle profonde carenze infrastrutturali che, peraltro, si evidenziano non solo nei confronti delle altre nazioni, ma anche tra le diverse realtà territoriali italiane. Come noto, lo sviluppo tecnologico riduce sensibilmente i costi di processo in quasi tutti i settori di attività economica, sia nei cicli interni di produzione sia in quelli di commercializzazione dei prodotti ed alla sua diffusione sono associati la crescita e l’evoluzione di interi comparti produttivi di beni e servizi e di nuova e dinamica imprenditorialità. Lo sviluppo delle reti di telecomunicazioni a banda larga, dunque, si presenta come volàno e fattore essenziale per lo sviluppo economico e sociale del Paese. In questo ambito, un “ruolo centrale organico e sovraordinato” è indispensabile e determinante per assicurare, fra l’altro, alcuni principi che sono posti a fondamento della nostra società: garantire l’inclusione sociale, le pari opportunità e la libertà d’iniziativa economica, riconducibili alla più ampia categoria dei diritti fondamentali riconosciuti e sanciti dalle costituzioni democratiche e di sempre maggiore rilevanza nella moderna società globalizzata. I temi dell’abbattimento del divario digitale e della diffusione della banda larga sono stati elevati ai massimi livelli istituzionali ed identificati come veri e propri “obiettivi di legislatura” (peraltro enunciati più volte, sin dal 2003, nei diversi Documenti di Programmazione Economica e Finanziaria dell’Esecutivo, a seguito delle molteplici implicazioni strategiche trasversali di carattere generale) e per i quali si sono adoperate tutte le componenti istituzionali del Paese e del Governo senza, tuttavia, riuscire ad ottenere risultati di rilievo.

Società dell’informazione

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La situazione siciliana: un esempio di sviluppo

Digital Divide

di Nunzio Ciarcià

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e per l’Italia lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione è ancora un impegno che non viene mai preso troppo sul serio, la Regione Siciliana da qualche anno ha mostrato grande impegno nel tentativo di ridurre il divario digitale con gli altri territori italiani. Nonostante l’isola da sempre in tematiche di sviluppo risulta indietro (come del resto tutto il Mezzogiorno) in tema di “Digital Divide” mostra da un paio di anni interesse e impegno sotto questo punto di vista. L’obiettivo è quello di dare alla Sicilia il giusto palcoscenico tecnologico in grado di dare grande competitività a questa terra per troppo tempo ai margini dello sviluppo globale. Il 2011 è stato l’anno dei iniziative per le politiche di sviluppo della banda larga in Sicilia. Nel mese di Ottobre è arrivata la misura 321/B “Banda larga nelle aree rurali”, compresa nel Psr Sicilia 2007-2013. Nel contesto del Piano di ripresa economica proposto dalla Commissione Europea, in tale misura, sono stati inseriti gli obiettivi della creazione di nuove infrastrutture a banda larga e del potenziamento delle infrastrutture a banda larga esistenti. In proposito, é stato stipulato un Accordo di programma per avviare la realizzazione degli interventi nel territorio regionale, ed è stata siglata una convenzione operativa tra autorità di gestione del PSR Sicilia 2007-2013 e il ministero dello Sviluppo Economico. La misura intende sviluppare servizi di connettività veloce verso internet, migliorando quindi le condizioni di vita e di lavoro, al fine di ridurre lo spopolamento nelle aree rurali marginali, e permettendo ai cittadini l’ingresso nella società dell‘informazione.

Inoltre, le imprese usufruiranno di risorse tecnologiche avanzate, essenziali per la loro crescita economica e per incrementare la competitività settoriale. Le infrastrutture realizzate saranno di proprietà della Regione e sarà garantito l’accesso all’infrastruttura realizzata, a tutti gli operatori che ne facciano richiesta. Il sostegno è concesso in forma di contributo in conto capitale fino al 100% della spesa ammissibile. La dotazione finanziaria della sottomisura 321/B é di 25 milioni e 408 mila euro. Un mese dopo, arriva l’accordo tra il MISE e la Regione Siciliana per lo sviluppo del piano Nazionale della Banda Larga. Con l’attuazione del piano, la banda larga raggiungerà 78 comuni dell’isola attualmente in Digital divide, consentendo a oltre 83 mila cittadini di navigare su internet veloce, riducendo il divario digitale regionale dal 3,4% all’1,9%. I lavori dovrebbero partire nel Marzo del 2012 L’investimento complessivo e’ di 23 milioni di euro, provenienti dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (PSR Sicilia 2007-2013) dell’assessorato regionale delle risorse agricole e alimentari. Il Mise ha invece delegato le procedure per l’esecuzione operativa del piano alla sua società in house, Infratel Italia SpA. Ministero dello Sviluppo e Regione Sicilia stanno inoltre lavorando su un progetto strategico - in fase di approvazione da parte della Commissione Europea - per implementare una rete di nuova generazione che collegherà a internet superveloce 190 mila unità immobiliari, le principali aree industriali, le sedi dei pubblici uffici e le aziende sanitarie, dando un forte impulso allo sviluppo dell’ e- governement e alla diffusione di buone pratiche di telemedicina.


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Alcuni strumenti per finanziare nuovi investimenti Prestito d’onore, microimpresa e imprese di qualità tre strumenti altamente competitivi e in grado di soddisfare nel breve termine diverse tipologie di aziende. Questi strumenti di finanza agevolata, se utilizzati seguendo i diversi sistemi di misura, rappresentano un’ancora di salvezza per le aziende. di Dario Sirugo

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n una congiuntura internazionale come quella attuale la finanza agevolata rappresenta un’ancora di salvezza per le aziende che devono necessariamente continuare a investire sia nei processi interni di produzione e di vendita sia in tutti quegli aspetti, come la ricerca e lo sviluppo, il marketing, la comunicazione e l’internazionalizzazione che possono fare la differenza sul mercato. Strumenti di finanza agevolata possono anche essere pensati e attuati dalle Province, dai Comuni, dalle Camere di Commercio, e anche da enti privati come le Associazioni di categoria e da Istituti bancari. La maggior parte degli strumenti di agevolazione è rivolta a soggetti determinati in base a criteri precisi in modo tale da rendere più efficaci gli interventi e non infrangere le normative comunitarie che considerano con particolare sfavore gli aiuti generalizzati e non finalizzati a risolvere specifici problemi. I criteri utilizzati per distinguere le aziende cui l’agevolazione è destinata sono diversi e spesso operano combinati tra di loro. I principali criteri sono: - per dimensione di impresa (piccola, media, grande); - per tipologia di attività (impresa artigiana, di servizi, turistica etc.); - per settore produttivo ( ad es. siderurgia, costruzioni navali, tessile etc.); - per localizzazione geografica (dove viene realizzato l’investimento produttivo). Le opportunità derivanti dalla finanza agevolata sono quindi numerosissime; il problema resta pertanto il loro sfruttamento; utilizzo che comporta tuttavia una serie di attività che le imprese - e in particolare le piccole imprese - spesso non sono in grado di gestire in maniera autonoma. Sarebbe impensabile racchiudere in un articolo tutte le tipologie di agevolazioni esistenti per le diverse tipologia d’impresa e contributo; pertanto mi propongo di offrirvi quelli che sono, a parer mio, gli strumenti più interessanti e facili nell’utilizzo attualmente presenti in ambito regionale e nazionale.

Prestito d’onore, microimpresa e imprese di qualità rispettivamente gestiti da Invitalia Spa. Si tratta di tre strumenti altamente competitivi e in grado di soddisfare nel breve termine diverse tipologie d’investimento; mentre le prime due sono misure sempre aperte derivanti dal decreto legislativo 185/2000 e indirizzate all’intero territorio nazionale, la terza, imprese di qualità, rientra nei FESR Sicilia 2007/2013 misura 5.1.3 linea 1-25 ed è un bando a scadenza. I primi vengono finanziati con risorse nazionali mentre il terzo attraverso fondi europei a gestione indiretta. La mission dei diversi strumenti agevolativi è comunque la medesima: favorire la crescita del tessuto economico attraverso un sistema che combini diverse tipologie di contributo erogate sottoforma di sovvenzione o finanziamento agevolato. Vediamole sinteticamente. Lavoro Autonomo (ex prestito d’onore) figlio del dgls 185/2000 è uno strumento di facile utilizzo con un basso rischio d’impresa, rivolto a persone fisiche che intendono avviare un’attività di lavoro autonomo in forma di ditta individuale. Per presentare la domanda si deve essere maggiorenne, non occupato e residente da almeno sei mesi nel territorio nazionale (possono quindi presentare richiesta anche gli stranieri). Le iniziative agevolabili possono riguardare la produzione di beni, fornitura di servizi e il commercio. Le agevolazioni

Finanziamenti alle imprese

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Finanziamenti alle imprese

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previste, su un massimale d’investimento pari a 25.823 Euro IVA esclusa, sono di due tipi: contributo a fondo perduto pari al 50% dell’importo massimo, finanziamento a tasso agevolato (circa 1,5 %) per la restante somma rimborsabile in 5 anni. Inoltre è possibile ottenere un’ulteriore somma a fondo perduto pari a 5.164,57 euro per le spese di gestione del 1° anno in start-up. Si possono prevedere investimenti in macchinari, attrezzature, beni immateriali, ristrutturazioni. Microimpresa, sorella maggiore del lavoro autonomo, si distingue da quest’ultimo per diversi aspetti: è rivolta a società di persone che intendono avviare una attività imprenditoriale di piccola dimensione nei settori della produzione di beni o di servizi quindi il commercio è escluso, almeno

la metà numerica dei soci che detiene almeno la metà delle quote, deve essere maggiorenne, non occupato, residente nel territorio nazionale da almeno sei mesi e la società deve essere già costituita al momento della presentazione della domanda (1° rischio d’impresa causato dalle spese di costituzione). L’investimento complessivo non può superare i 129.114 Euro Iva esclusa ottenibile attraverso un contributo a fondo perduto pari al 50% dell’importo massimo, finanziamento a tasso agevolato (circa 1,5 %) per la restante somma rimborsabile in 7 anni (2° rischio d’impresa causato dalla richiesta di una maggiore capacità di rimborso da parte della società richiedente). Anche qui si possono prevedere investimenti in macchinari, attrezzature, beni immateriali, ristrutturazioni. Imprese di qualità avente scadenza il 14/01/2012 di sicuro rappresenta un bando notevolmente più complesso rispetto ai primi: diretto a imprese operante nei settori manifatturiero, estrattivo e dei servizi operanti da almeno tre anni, aventi un’ottima salute finanziaria (somma algebrica dei bilanci positiva), investimenti da un minimo di 250.000 euro per il settore manifatturiero ed estrattivo e 100.000 euro per quello dei servizi, e massimo di 2.000.000 euro. Inoltre obbligo di versamento, all’atto di presentazione della domanda, del 2% dell’importo progettuale presentato al fine di garantire un reale interesse di partecipazione alla misura. Possono essere finanziati: la realiz-

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zazione di un nuovo impianto, la diversificazione di impianti produttivi esistenti, l’ampliamento o la rilocalizzazione, solo se prevista all’interno di agglomerati industriali o incubatori di imprese. Le agevolazioni prevedono un contributo in conto impianti che, per le micro e piccole imprese non potrà superare il 50% delle spese per investimenti ammissibili mentre, per le medie imprese, non potrà superare il 40% delle spese per investimenti ammissibili; un contributo in conto interessi concesso a copertura degli interessi maturati fino ad un massimo del 75% dell’investimento (fermo restando l’ammontare massimo dell’agevolazione concedibile pari al 50% dell’investimento ammissibile, per le micro e piccole imprese, e al 40% per le medie imprese); un mix di contributo, conto impianti e conto interessi che non potrà superare il 75% delle spese ammissibili. In tal caso la percentuale che l’impresa potrà richiedere in relazione al conto impianti e al conto interessi è pari ad 1/5 della corrispondente misura massima prevista per dimensione di impresa (10% in conto capitale e 15% in conto interessi, per le micro e piccole imprese, 8% in conto capitale e 15% in conto interessi, per le medie imprese). Pur avendo tutti e tre gli strumenti presi in esame l’obiettivo di favorire la crescita del tessuto imprenditoriale nazionale e regionale agiscono basandosi su diversi sistemi di misura. Il prestito d’onore è perfetto per i giovani in cerca di un primo impiego, con un sogno nel cassetto ma nessun potere economico per realizzarlo, a questi non viene richiesta nessuna garanzia reale a valere sul finanziamento richiesto ma solo la strutturazione di un’idea progettuale competitiva rispetto alle medesime presenti nello stesso territorio. La microimpresa già si trova su un altro livello: si rivolge a società di persone costituite che abbiano comunque intenzione di avviare l’attività e che si assumano il rischio che la propria idea progetto non venga approvata, inoltre pur essendo uguale la tipologia d’investimento è diversa la somma prevedendo un’idea progettuale di notevoli dimensioni rispetto alla precedente. Il bando imprese di qualità si rivolge ad imprese che già fanno la differenza nel tessuto imprenditoriale siciliano in quanto è molto difficile trovare aziende aventi la somma algebrica dei bilanci degli ultimi tre anni (anni di profonda crisi nazionale ed europea) positiva; a queste è richiesto oltretutto un ulteriore sforzo economico che consiste nel contributo di presentazione del progetto il quale può andare da un minimo di 2.000 euro ad un massimo di più di 23.000 euro negli altri casi. Queste ultime imprese già rappresentano il motore dell’economia siciliana ma hanno bisogno di quella spinta verso l’innovazione di prodotto e processo in grado di traghettarli fuori dall’odierna crisi economica. La finanza agevolata, se utilizzata seguendo i diversi sistemi di misura, rappresenta, come prima detto, un’ancora di salvezza per le aziende che devono necessariamente continuare a investire al fine di uscire dalla spirale della depressione economica; è questo che l’Europa ci chiede ed è questa l’unica via da percorrere.


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Sperlinga (Enna). Castello medievale

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Nuove forme di finanziamento

Gli Angeli delle B

usiness Angel si può tradurre in italiano come investitore informale nel capitale di rischio di imprese. L’aggettivo “Informale” contrappone tale figura agli investitori nel capitale di rischio di tipo “ formale”, ossia coloro che adottano un approccio di analisi formale agli investimenti nell’equity, quali i Fondi Chiusi d’Investimento, più propriamente i fondi di Venture Capital e Private Equity. I Business Angel sono degli “uomini di impresa”, dotati di un buon patrimonio personale ed in grado di fornire all’impresa, sia in fase di start up, sia in fase di sviluppo, preziosi consigli gestionali e conoscenze tecnico-operative, oltre a una consolidata rete di relazioni nel mondo degli affari. Il rapporto che si viene a creare tra l’Angel e l’imprenditore è squisitamente spontaneo e basato sulla fiducia: da qui il ruolo “informale” di questa forma di investimento/finanziamento. I Business Angel investono in tutti i settori, anche se l’esigenza di finanziamento tramite equity e non tramite il classico finanziamento bancario, la si avverte soprattutto per le imprese innovative, per le start up che possiedono come asset dei marchi, brevetti e know how, che difficilmente possono essere dati a garanzia per un finanziamento bancario. Ecco allora che l’angel investing risulta la forma di finanziamento adatta per le start up innovative o spin-off accademici, come ad esempio accaduto negli USA con Google. In Italia, i Business Angel, spesso preferiscono investire in settori manifatturieri, perché la cultura d’impresa italiana maggiormente diffusa è legata a questo settore. Infatti, il comportamento del Business Angel è solitamente teso ad investire nei settori in cui ha già operato e di cui conosce caratteristiche e opportunità. La categoria dei Business Angel ha origine e si è sviluppata negli USA di fine ‘800 quando alcuni personaggi particolarmente propensi al rischio, finanziavano gli spettacoli di Broadway. In Italia sono giunti in modo organizzato nel 1999, quando nasce IBAN, Italian Business Angel Network, la quale organizza delle reti locali chiamati

B.A.N. (Business Angels Network), strutture permanenti territoriali che consentono ai Business Angel di incontrare imprenditori alla ricerca di capitale. A livello europeo la capacità di investimento di un Business Angel si aggira all’interno dell’intervallo compreso tra 50.000 e 500.000 euro. Il tasso interno di rendimento (IRR) è variabile in funzione del settore, innovativo o meno, del momento, e della fase di ciclo di vita dell’impresa. IRR atteso è comunque analogo a quello dei fondi di Venture Capital, mediamente il 20-40% anno, proprio per la fase del ciclo di vita in cui investono, ossia l’early stage. Generalmente il Business Angel non è interessato a percepire dividenti in ragione della propria partecipazione al capitale di rischio nell’impresa. Diverse sono le motivazioni che spingono tali soggetti ad investire nelle nascenti imprese: conseguire un elevato ritorno dell’investimento effettuato, interesse verso particolari tecnologie, status sociale, contribuire allo sviluppo economico della propria comunità e delle nuove generazioni di imprenditori, senso della sfida e il mero piacere di sentirsi attivi. Inutile dire che l’affinità personale con l’imprenditore e una visione comune delle prospettive di crescita del business sono la variabile principale per cui investono, perché la motivazione p r i n c i p a le è sempre e


delle imprese

I Business Angels sono individui dotati di un buon patrimonio personale in grado di fornire all’impresa, mezzi economici, preziosi consigli gestionali e conoscenze tecnico-operative oltre a una consolidata rete di relazioni nel mondo degli affari.

imprese di Sandro Migliore

comunque fare impresa! Rispetto al Venture Capital che trascurano le start up di piccole dimensioni in quanto l’intervento finanziario è troppo modesto per giustificare i costi di un’adeguata istruttoria. Il Business Angel invece, essendo un esperto nel settore in cui opera, svolge una istruttoria veloce e informale, seppur precisa, e comunque meno burocratica rispetto ad un puro operatore finanziario. In tal modo il Business Angel favorisce la creazione dal basso di imprese. I Business Angel sono inoltre complementari e non concorrenziali ai Venture Capital istituzionali o alle Merchant Bank, in quanto coprono una dimensione di interevento diversa, inferiore, del capitale di rischio.

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Proposte di sviluppo

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Sud: un decalogo per Dieci proposte della Fondazione Curella diretta dall’economista siciliano Pietro Busetta e da Diste Consulting per rilanciare il Sud, al Presidente della Repubblica e ai politici siciliani di Gianni Licitra

La Sicilia ha bisogno di rinascere, di superare una situazione di crisi e per farlo riparte da dieci idee precise, tra cui avviare il dialogo col Maghreb e puntare su conti e carte in regola. Bisogna rimettere in sesto la nostra finanza per puntare sugli investimenti perché, la crescita passa da questi, come ha dimostrato il credito d’imposta”. Così l’assessore regionale all’Economia Gaetano Armao ha presentato a Palermo il “decalogo” delle possibili soluzioni per rilanciare il Sud d’Italia, frutto della quarta edizione delle “Giornate dell’economia del Mezzogiorno” ed esposto in una lettera aperta scritta dalla Fondazione Curella e dal Diste Consulting al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Nell’agenda delle cose da fare, per gli esperti, un “conto economico generazionale”, la fiscalità compensativa generalizzata per le nuove imprese nel Mezzogiorno, l’eliminazione dei contributi per i nuovi assunti al Sud per 5 anni, il passaggio dal disimpegno automatico alla sostituzione dei poteri nei fondi strutturali. E ancora, puntare sul corridoio Malta-CataniaPalermo-Berlino-Helsinki, un grande evento nel Mezzogiorno entro il 2020, la perequazione infrastrutturale Nord-Sud nel rispetto della legge sul federalismo, la creazione di un’agenzia nazionale per l’attrazione di investimenti dall’estero e l’attivazione di un piano di integrazione economico-culturale con i Paesi del Mediterraneo. “Nella lettera indirizzata a Napolitano - ha detto Pietro Busetta, presidente della Fondazione Curella - abbiamo fatto il punto della situazione del Mezzogiorno e delineato le possibili azioni da intraprendere. Prima fra tutte, creare 4 milioni e più di posti di lavoro nel Mezzogiorno. Una mission impossibile che può essere perseguita solo con l’attrazione di investimenti nell’area”. Busetta ha manifestato fiducia nel nuovo governo, non senza ricordare, però, che “l’atteggiamento di Monti nei confronti del Mezzogiorno é stato sempre estremamente

distaccato. Quando era commissario alla concorrenza, si mise di traverso alla proposta di dare una fiscalità di vantaggio alla Sicilia perché ritiene che il Paese é unico e la normativa deve essere unica. Speriamo che capisca che il Paese non é uno, perché tutti i parametri di riferimento sono diversi tra Nord e Sud”, ha detto l’economista. Secondo Armao, “le giornate dell’economia hanno dimostrato come fare squadra in Sicilia. Riuscire a mettere insieme associazioni di categoria, università, istituzioni, banche e assessorato regionale per fare tutti una riflessione sul futuro della Sicilia. Abbiamo elaborato una previsione al 2050. Nel 2050, se non si inverte la tendenza, la Sicilia avrà un quarto di Pil in meno, il 30 per cento di abitanti in meno e un’età media di 55 anni rispetto a un continente con 3, 5 miliardi e mezzo di abitanti con un’età media al di sotto dei 33 anni. Questa é la prospettiva della Sicilia: o riusciamo a dare a questa prospettiva una impostazione virtuosa o tale prospettiva ci sommergerà”. A fornire i numeri della settimana dedicata all’economia del regioni meridionali, é stato poi Alessandro La Monica, presidente Diste: “Il bilancio é estremamente positivo: nei 6 giorni si sono svolti 25 incontri in 17 locations diverse, sono state ascoltate 250 relazioni, sono state coinvolte 7 mila persone e 150 organizzazioni. Inoltre sono state distribuite circa 5 mila cartelle e si sono registrati 11 mila ingressi nel sito”. Dal prossimo anno le “Giornate dell’economia del Mezzogiorno” saranno istituzionalizzate e diverranno un’iniziativa della Regione. Sulla necessità di favorire il dialogo culturale tra i paesi della sponda Nord e quelli della sponda Sud del Mediterraneo si è espressa anche la Fondazione Nuovo Mezzogiorno che nel suo “ricettario” per la crescita e lo sviluppo economico della Sicilia ha sottolineato l’importanza di attirare investimenti esteri con un contestuale processo di snellimento della burocrazia regionale, incrementare i fondi per la


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far ripartire lo sviluppo

ricerca e l’innovazione, utilizzare il Fas e intervenire creando efficienti infrastrutture. Preoccupante la situazione siciliana che, secondo una stima, vedrà arretrare il Pil dell’isola ancora nei prossimi due anni. Fanno eco i dati di Bankitalia Palermo, secondo cui il reddito pro capite, pari al 67,5% della media nazionale, tende a scendere nel 2012. La Sicilia é inoltre penultima regione italiana, sopra la Sardegna, per livello di istruzione e registra i tempi più lunghi d’Italia per una concessione edilizia, in media 958 giorni. Resta inoltre altissimo il tasso di disoccupazione giovanile che, sempre secondo i dati aggiornati di Bankitalia, é passato dal 38,5% del 2010, al 41,3% nel secondo semestre 2011. Ed é drammatica la situazione dell’accesso al credito. “Il costo del credito per i siciliani - ha affermato Giuseppe Arrica, direttore di Bankitalia Palermo - é aumentato fino al 6,1%, con uno spread di oltre un punto superiore alle regioni del Nord Italia. Ciò dipende dalla diversa composizione dimensionale della clientela e dalla maggiore rischiosità dei debitori. Perfino le lungaggini dei processi incidono sul processo

economico. Il malfunzionamento del processo civile crea una perdita di prodotto pari all’1%. Ma il vero primato lo registra il peso della burocrazia. Nel settore dei servizi la pubblica amministrazione pesa per il 33% contro il 22% della media nazionale, dato che testimonia come il settore pubblico sia ancora troppo espanso e gravi sul processo di produttività in modo non adeguato. “É questo il quadro di una Sicilia da salvare dall’arretramento economico avvenuto anche grazie ad una cattiva gestione del rapporto tra Nord e Sud, appaltato erroneamente alla Lega dal governo Berlusconi - ha affermato l’assessore Gaetano Armao”. Bisogna quindi dare vita ad un programma serio di opere pubbliche per favorire il turismo, il completamento della rete autostradale e un anello che chiuda la Sicilia in una rete elettrica unica sul quale far passare l’elettricità ad alta tensione. Il programma dei tre punti, favorirebbe imprese, famiglie, turismo, senza dimenticare che un miliardo di euro investito nelle opere pubbliche produce 30 mila posti di lavoro reale nell’edilizia.

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IMPRESASICILIA Trapani. Riserva naturale dello Zingaro.

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Le ricadute della crisi sui confidi

di Nunzio Ciarcià

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ottor Aristia cosa ci lasciamo alle spalle dell’anno appena trascorso e cosa ci si aspetta dal 2012. L’anno che ci lasciamo alle spalle è stato un anno difficile da affrontare. I livelli di attività delle imprese, soprattutto nel Meridione, durante i primi nove mesi dell’anno presentavano una domanda di credito stabile, il proseguo ha visto un irrigidimento delle condizioni creditizie e un aumento del costo del credito a causa dell’aumentata rischiosità delle imprese. Inoltre le aspettative degli imprenditori sono peggiorate durante l’estate per effetto dell’instabilità sopraggiunta sui mercati finanziari. Il 2012 si apre, purtroppo, con piani di investimento ancora improntati verso un marcato pessimismo, risentendo anche del clima di incertezza derivante dalle recenti turbolenze finanziarie. Ad oggi quali sono gli effetti della crisi per le imprese del sud, con particolare attenzione a quelle siciliane, e cosa possono fare i Consorzi fidi per contrastare il fenomeno. Nel Sud la situazione è molto preoccupante, le imprese riducono sempre di più i loro piani di attività e così facendo si abbassa la redditività stessa delle nostre imprese. A soffrire maggiormente questo disagio sono soprattutto le piccole e medie imprese. In Sicilia crescono le posizioni debitorie delle imprese e se una crescita c’è stata ha riguardato soprattutto le imprese di grandi

dimensioni, mentre lo stesso non si può dire per le piccole e medie imprese. I Consorzi fidi in tutto ciò, come posizione di tramite tra la banca e l’impresa, da un lato stringono i denti cercando, ogni giorno, di dare quanto più aiuto possibile alle imprese del territorio e dall’altro stanno avviando un profondo processo di rinnovamento in prospettiva di raggiungere i livelli di crescita che Basilea 3 impone al mondo del credito. Ci spieghi meglio questo processo di rinnovamento e se può essere utile in qualche modo ad aprire qualche spi-

Confidi

Incontro con il dott. Carmelo Aristia, Vice Presidente del Consorzio regionale di Garanzia fidi “Multifidi”. Lo abbiamo intervistato per cercare di capire le dinamiche e le conseguenze che la crisi ha avuto sul sistema dei confidi.

raglio. I Confidi sono soggetto attivo nel processo che porta a una migliore qualità del credito e con esso provare a smuovere il permanere della crisi. Ovviamente è un processo lungo che deve partire con interventi che stanno alla base della natura del credito come la domanda di credito. Si parla di una domanda del credito che raramente ha il fine di investire. La domanda di garanzia e di credito da parte delle imprese dipende sempre di più principalmente dall’esigenza di ristrutturare le posizioni debitorie in essere e, in misura minore, dalla necessità di copertura del capitale circolante. Le richieste di finanziamenti finalizzate all’attività di investimento sono poche. Le imprese soffrono un peggioramento delle condizioni di accesso al credito, principalmente per effetto dell’aumento dei tassi di interesse, dei costi accessori e, in misura minore,

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Confidi

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delle garanzie richieste. In un momento di incertezza economica come quello che attraversiamo, specie in Sicilia, come opera un soggetto che deve rilasciare garanzie, in che modo sono cambiati i criteri di valutazione delle garanzie. Ogni giorno l’operatore di un confidi, nel nostro caso in Sicilia, opera come intermediario a stretto contatto con il territorio, inoltre, sia le banche che i confidi spesso pongono molta attenzione e lavorano in diretta connessione con la struttura produttiva locale. L’ambito territoriale ristretto può essere un vantaggio in quanto consente di analizzare i fenomeni d’interesse dal punto di vista territoriale e aiuta a conoscere più da vicino la domanda del credito e della garanzia che in precedenza era oggetto di discussione. Presumibilmente oltre alla diretta conoscenza del tessuto produttivo locale avete altri parametri di valutazione come quelli offerti dalla nuova tecnologia dell’informazione. Per un Consorzio fidi è fondamentale conoscere e avere informazioni qualitative, la conoscenza personale di un associato riveste un ruolo di rilievo. Al tempo stesso vengono considerati prioritari nella decisione di concessione di una garanzia tra i fattori di valutazione delle imprese i dati quantitativi utilizzati da un algoritmo formale di scoring. Inoltre, sempre in tema di valutazione di una richiesta di garanzia e quindi di una domanda di credito, fondamentali, risultano essere altri fattori come il fatto che un’impresa associata appartenga a un sistema produttivo locale, quali possono essere reti d’impresa, distretti e altro. In generale, sembra che la crisi abbia indotto i Confidi di ogni dimensione a una maggiore articolazione del patrimonio informativo utilizzato nelle decisioni creditizie. Crisi e Basilea 3, in che modo questi due fattori stanno incidendo sul sistema dei Confidi. La crisi e le norme di Basilea 3 dal 2010 stanno rimodellando il sistema dei confidi, i consor-

zi, infatti in tutta Italia sono diminuiti ma per i soggetti che sono rimasti nel sistema si è registrato un aumento dei volumi operativi con un conseguente incremento delle garanzie rilasciate in media da ciascun consorzio. Si è anche espanso l’ambito territoriale in cui ciascun consorzio è attivo. Analizzando bene capiamo come l’aumento dei volumi operativi sia dovuto alla sempre crescente richiesta di garanzie da parte delle grandi imprese che in precedenza ricorrevano con minore frequenza ai confidi, sembrerebbero aver fatto ricorso alla garanzia mutualistica e contribuito ad accrescere il volume d’attività dei confidi. Nel complesso, sono cresciute meno le garanzie rilasciate alle imprese di minori dimensioni. Ed è a queste ultime che dobbiamo fornire tutto il nostro sostegno perché le imprese di piccole dimensioni sono il segmento trainante non solo della Sicilia ma dell’intero Stivale. Cosa possono fare i Confidi per uscire da questa crisi? La Sicilia può nutrire qualche speranza per il futuro? La strada per uscire dalla crisi è ancora molto dura per la Sicilia, i confidi regionali come attori principali di un processo di ripresa vanno sostenuti anche dalla pubblica amministrazione perché, nonostante la crisi, l’incidenza dei prestiti concessi alle piccole imprese garantite da confidi sul totale del credito alle piccole imprese è cresciuta negli ultimi tempi. La crisi sta producendo ricadute notevoli in tutti i settori economici ma riguardo al sistema dei confidi oltre alle normali e inevitabili conseguenze la crisi ha dato una responsabilità sociale al confidi, la responsabilità di dare sostegno e fiducia alle imprese e al tempo stesso fornire fiducia e sicurezza alle banche convenzionate per non dimenticare la responsabilità di far alzare il livello qualitativo del credito in tutto il suo lungo processo a cominciare dal sistema di monitoraggio delle garanzie che stanno alla base di un rapporto creditizio.


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UniCredit: un concorso per le nuove idee di Roberto Vitellaro

È

in corso la seconda edizione del concorso nazionale “Il Talento delle Idee”, l’iniziativa organizzata da UniCredit e dai Giovani Imprenditori di Confindustria che intende valorizzare i giovani imprenditori in grado di produrre idee innovative attraverso la collaborazione tra diversi soggetti presenti sul territorio, quali possono essere le università, la banca, i Consigli di Territorio di UniCredit, le associazioni imprenditoriali, gli investitori. “Il Talento delle Idee” è un concorso con premi locali e un premio finale nazionale, al quale sono ammessi a partecipare i giovani imprenditori di età compresa tra i 18 e i 40 anni che detengono almeno il 51% del capitale di una società o che intendono avviare una nuova impresa entro i confini dell’Italia. I migliori progetti saranno valutati da commissioni locali composte da rappresentanti dei Consigli di Territorio

UniCredit, di UniCredit e dei Giovani Imprenditori di Confindustria. “UniCredit – ha sottolineato Roberto Bertola, Responsabile Territorio Sicilia di UniCredit – conferma, con il progetto Il Talento delle Idee, il proprio ruolo a sostegno del territorio e la volontà di essere propulsori di innovazione; il progetto ha l’obiettivo dichiarato di far leva sui giovani, ideatori e suggeritori di proposte innovative”. Il primo classificato per ogni area territoriale (la Sicilia è una delle sette aree territoriali che sono state identificate) concorrerà alla selezione per la premiazione delle tre migliori start up/proposte imprenditoriali a livello nazionale, insieme alle 8 migliori proposte imprenditoriali selezionate tra i secondi e terzi classificati a livello locale. La premiazione finale avverrà a giugno 2012 a Santa Margherita Ligure in occasione dell’annuale meeting del

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Territorial Media Relations Italy - UniCredit S.p.A. roberto.vitellaro@unicredit.eu

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Giovani Imprenditori. Per le migliori start-up è prevista inoltre la possibilità di entrare a fare parte di un programma di Mentoring/Tutorship di UniCredit e Confindustria che prevede una consulenza periodica all’azienda e la facilitazione di contatti con società clienti del Gruppo UniCredit e con soggetti istituzionali utili a livello nazionale e nel processo di internazionalizzazione. Recentemente si è poi svolta a Catania, nell’Aula Magna dell’Università, la seconda edizione dell’Export Business School, organizzata da UniCredit e dal MIP (centro di formazione specialistico del Politecnico di Milano) con la collaborazione delle Università di Catania e di Palermo e di Confindustria Sicilia. Il percorso formativo è iniziato con una tavola rotonda dal titolo “Internazionalizzazione: motore di sviluppo del territorio e la crescita delle imprese” alla quale hanno partecipato fra gli altri Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia e del Consiglio di Territorio Sicilia di UniCredit, Maurizio Caserta, ordinario di Economia all’Università di Catania, Fabio Mazzola, Preside della Facoltà di Economia dell’Università di Palermo, Tiziana Bernardi, Responsabile Lifelong Learning Center di UniCredit, e Roberto Bertola, Responsabile di Territorio Sicilia di UniCredit. Ivan Lo Bello ha sottolineato come “UniCredit abbia da tempo varato una strategia forte nei confronti della internazionalizzazione, e ciò in quanto da una parte l’export è sicuramente un tema vitale della nostra nazione che è priva di materie prime e, dall’altra, UniCredit è la banca italiana con il più elevato livello di presenze all’estero. Gli scenari internazionali hanno bisogno di competenze diverse da quelle che occorrono nel mercato nazionale – ha proseguito Lo Bello –, soprattutto in termini di innovazione. Da qui l’esigenza di mettere in piedi l’iniziativa Export Business School. Necessita poi aumentare in maniera significativa il numero delle aziende che si aprono ai mercati internazionali se si considera che l’Italia, e

la Sicilia in particolare, hanno quote irrilevanti nei paesi emergenti”. Roberto Bertola ha sottolineato invece il ruolo importante di UniCredit nel sostenere l’economia della regione, soprattutto in questo difficile momento. Ne è testimonianza il fatto che il rapporto impieghi/depositi della banca in Sicilia sia del 111%. Quindi – ha spiegato Bertola – investiamo più di quanto raccogliamo. Ma lanceremo anche un “piano delle 5 i” per il rilancio del territorio siciliano, dove le 5 ì sono le principali direttrici su cui intendiamo muoverci, ovvero internazionalizzazione, integrazione, innovazione, infrastrutture e irrobustimento del capitale dell’impresa. Voglio anche ricordare che per l’export UniCredit ha messo in piedi iniziative finalizzate alla ricerca delle controparti come ad esempio “A way to Sicily”, mettendo in contatto 19 buyer polacchi con una novantina di aziende siciliane e da questi contatti siano nati numerosi affari e contratti. Poiché la quota di fatturato che si realizza all’estero è più elevata per le imprese che si mettono in rete UniCredit ha messo in piedi anche un progetto articolato a favore delle reti di impresa una delle quali individuata nella provincia di Catania.” L’Export Business School è una iniziativa di formazione specialistica promossa dal Consiglio di Territorio Sicilia di UniCredit ed è rivolta alle aziende che già operano sui mercati internazionali e ai dipendenti della banca. La finalità dell’iniziativa è quella di rafforzare la competitività delle imprese permettendo l’accesso ai mercati internazionali in un’ottica di sviluppo, offrendo interventi formativi, di aggiornamento professionale ed opportunità di networking. L’Export Business School si inserisce in un progetto più ampio del Gruppo UniCredit che ha l’obiettivo di valorizzare le competenze eccellenti già presenti sul territorio (Università, associazioni di categoria, professionisti) in un’ottica di sistema integrato per uno sviluppo sostenibile.


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Ragusa. Campanile della Chiesa dell’Itria e Antica Cancelleria

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Associazione nazionale delle PMI

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PMI ITALIA Nuova rappresen

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Una struttura nuova per dare nuova centralità e nuova rappresentanza alla piccola e media impresa italiana. È organizzata in maniera agile, orizzontale per tutte le categorie, basata sulla rete e le nuove tecnologie. Per una rappresentanza nazionale degli interessi delle piccole e medie imprese. Questo è il suo manifesto.

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LA PMI TRA CENTRALITÀ ECONOMICA E MARGINALITÀ POLITICA L’Italia, com’è noto, è storicamente il paese che sulla fitta trama di piccole e medie imprese diffuse sul territorio ha costruito la sua connotazione strutturale. Anzi, possiamo spingerci a dire che le nostre piccole e medie unità industriali, artigiane, commerciali, agricole sono sempre state qualcosa di più che dei meri aggregati economici, rappresentando esse, ad un tempo, un portato del territorio, un canale di promozione individuale, una manifestazione di democrazia e un fattore di coesione sociale. Esse hanno in sostanza rappresentato la modalità assunta dal fenomeno capitalistico nel nostro paese. A fronte di quest’assoluta centralità sul terreno dei processi strutturali, la Piccola e Media Impresa non è però riuscita a conquistare una pari centralità sul terreno della coscienza collettiva, su quello dell’elaborazione delle politiche di sviluppo e quindi della stessa rappresentanza politica. Lo stesso sistema politico sembra subire la seduzione e le pressioni della grande impresa, sulla quale sostanzialmente tendono a conformarsi le politiche economiche.


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tanza per le imprese italiane 2

PER UN NUOVO PARADIGMA Ciò che oggi serve nel paese è l’adozione di nuove coordinate culturali che favoriscano un “ricentraggio” delle politiche di sviluppo sulla Pmi. Quello italiano è tipicamente un “capitalismo di territorio”, ovvero un modello saldamente incardinato sulla piccola e media dimensione e sul legame che quest’ultima è riuscita ad intessere con il contesto economico, geografico e culturale. Un capitalismo dove, piaccia o no, è l’individuo-imprenditore (o tutt’al più la sua famiglia) ad essere il perno centrale; dove vige ancora la cultura del fare, del produrre, del rischio, del mercato. Oggi questo patrimonio materiale e culturale è esposto ad un serio rischio di impoverimento, con la possibile conseguenza di allentare nel popolo dei piccoli e medi imprenditori quell’instancabile tensione verso il progredire che li ha da sempre accompagnati. Noi, viceversa, siamo fermamente convinti che la Pmi sia il vero valore di questo paese, che la politica è chiamata non a limitare ma anzi a difendere e soprattutto a promuovere e a valorizzare, proprio in nome dello sviluppo economico e del benessere sociale. Circa l’80% della ricchezza nazionale è prodotta dalle pmi ma la sua reale rappresentazione

e capacità di rappresentanza è assolutamente sproporzionata. È giunto il momento di un nuovo soggetto di rappresentanza, capace di trascendere (senza tuttavia escluderla) la connotazione meramente sindacale, per svolgere invece, anche sul piano culturale, un ruolo di stimolo e di sensibilizzazione nei confronti del paese circa l’opportunità di assegnare alla Pmi, nei fatti, la funzione di “soggetto generale” dello sviluppo.

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I NODI DA SCIOGLIERE Si e ripetutamente usata in queste pagine l’espressione “mettere la Pmi al centro delle politiche di sviluppo”. Per noi questo significa essenzialmente intervenire su quelli che consideriamo i nodi strutturali più importanti da affrontare per ridare una prospettiva a questo comparto. Accesso al Credito. Non è dunque ulteriormente rinviabile l’adozione di una politica che faciliti l’accesso della Pmi alle risorse finanziarie. Non si può far mancare a questa impresa la linfa vitale di cui necessita per crescere ed affermarsi sui mercati nazionali e internazionali. A noi sembra che su questa materia ancora oggi non vi sia la chiarezza necessaria riguardo al disegno strategico che le istituzioni nazionali e regionali intendono perseguire per valorizzare la rete esistente dei Confidi – lo strumento attualmente più importante per avvicinare le Pmi al mondo del credito – e per rafforzare il sistema delle garanzie, attualmente ancora troppo debole. Il tema della costruzione di un sistema del credito a misura di Pmi deve diventare

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dalla Redazione

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una grande questione nazionale di cui le forze politiche dovranno farsi pienamente carico. Innovazione tecnologica. Questo tema sembra ormai essere entrato nell’agenda di tutti i governi da quelli locali a quello nazionale. Tutti i documenti programmatici riservano sempre uno spazio importante alle politiche che promuovono la ricerca e l’innovazione tecnologica nel sistema industriale. Un errore frequente è quello di parlare alla Pmi con lo stesso linguaggio usato con le grandi imprese. Noi crediamo che per colmare questa lacuna si debba abbandonare l’idea che tutte le Pmi possano avvicinarsi all’innovazione spontaneamente, senza un’adeguata opera di sensibilizzazione prima, e di accompagnamento sistematico dopo, da parte di strutture dedicate. Internazionalizzazione. Oggi il confronto con la dimensione globalizzata assunta dall’economia non può essere più eluso neanche dalla Pmi, la quale tuttavia denuncia ancora dei limiti strutturali nel processo di penetrazione sui mercati internazionali. Noi pensiamo che le politiche dovranno essere finalizzate ad imprimere una poderosa accelerazione a questo processo, che potrà essere ottenuta solo se saranno attuate azioni incentrate sul deciso riconoscimento del ruolo svolto dai Consorzi per l’export, che è opportuno vengano considerati non già interlocutori occasionali bensì partner cruciali delle Istituzioni nella definizione delle strategie e nella messa a punto degli interventi. Nell’attività rivolta ai mercati internazionali, se è vero che la Pmi può contare sull’atout rappresentato dalla sua tipica struttura flessibile, che consente di adattare processi e prodotti alle caratteristiche e alle richieste di volta in volta mutevoli del mercato, è altrettanto vero che essa si rivela carente per quanto concerne la conoscenza approfondita dei contesti generali e delle dinamiche più complesse che interessano i paesi verso cui essa si orienta. È su questo, pertanto, che dovranno incentrarsi le politiche pubbliche di sostegno all’internazionalizzazione, le quali dovranno fornire assistenza e servizi di tipo avanzato, quelli che la singola Pmi da sola non è in grado di produrre. Energia. L’Italia è il paese europeo dove più alto è il costo del kilowattora per uso industriale. Il che si riverbera, comprensibilmente, sulla questione dello sviluppo tout court. Le nostre imprese hanno bisogno di energia per crescere ma ne hanno bisogno a costi concorrenziali. Dobbiamo capire con chiarezza quali saranno per il prossimo futuro le grandi opzioni energetiche per un paese come l’Italia, che dipende dal petrolio per l’85% circa del suo fabbisogno ener-

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getico (contro una media europea del 50%), e come gli attori delle politiche industriali intenderanno far fronte nei prossimi anni alle esigenze di approvvigionamento energetico del nostro sistema produttivo. Saper mettere in campo da subito una politica energetica intelligente, lungimirante, pragmatica e sostenibile sarà il banco di prova per capire se la nostra classe dirigente ha realmente a cuore o meno la Pmi. Liberalizzazioni e concorrenza. Liberalizzazioni e concorrenza rappresentano due leve fondamentali attraverso le quali imprimere una spinta ad un mercato che in alcuni comparti presenta ancora connotati protezionistici. Vanno dunque portati avanti e ulteriormente ampliate le liberalizzazioni già avviate col decreto Bersani. Il mercato ha bisogno di recuperare efficienza e dinamismo anche a livello locale, dove occorre introdurre maggiore concorrenza, evitando la riproposizione su questa scala di forme monopolistiche già conosciute a livello nazionale. Formazione. Ottenere un’adeguata qualificazione professionale delle risorse umane occorre mettere in campo una serie di strumenti che consentano di leggere anticipatamente le tendenze del mercato del lavoro e i fabbisogni in termini di profili professionali, considerato che la Pmi quasi mai dispone di risorse finanziarie e organizzative sufficienti per provvedere in autonomia all’aggiornamento formativo ritagliato sulle proprie necessità. Produttività. Il recupero di produttività è la porta attraverso la quale necessariamente passa il rilancio del nostro sistema economico nazionale. Incrementi significativi di produttività dovranno essere perseguiti soprattutto a livello sistemico, aumentando l’efficienza dei servizi a supporto delle imprese (da cui non sono esclusi i servizi della P.A.), della rete delle infrastrutture, materiali e immateriali e dei sistemi informativi.


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Intervista al Presidente della Camera di Commercio di Ragusa Sandro Gambuzza di Nunzio Ciarcià

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residente lei è il primo rappresentante del comparto agricolo nella storia della CamCom di Ragusa, quali i suoi programmi per l’agricoltura iblea, vuol dire che il comparto avrà maggiore impulso. Ammetto che sento forte la condizione di essere il primo presidente della Camera di Commercio di Ragusa espressione del comparto agricolo, in una provincia che resta la più agricola del Paese: in relazione a ciò ritengo fondamentale ragionare in termini di distretto agroalimentare di qualità. Non basta che il territorio esprima alcune aziende agricole di eccellenza nel settore. Occorre che queste si intestino una funzione guida per creare reti virtuose di aggregazione delle produzioni, di sviluppo di una logistica sostenibile e quindi di una forte internazionalizzazione delle relazioni commerciali. Approfittando della sua provenienza, quale quadro ci può dare della situazione dell’agricoltura ragusana. Il quadro attuale della situazione dell’agricoltura ragusana purtroppo si inserisce in una cornice che risente dell’attuale contesto generale di crisi, caratterizzato da alti costi di produzione e da bassi ricavi. Non mi pare il caso di intristire il lettore con un elenco di problematiche. Però una in particolare mi sembra comprenderle tutte: negli anni che vanno dal secondo dopoguerra fino a metà degli anni 90 l’agricoltura rappresentava una delle voci più importanti in termini sociali ed economici. Oggi il settore primario vede fortemente sottovalutata da parte dei Governi la sua funzione strategica e ciò in ambito comunitario (fatto di “scienziati” snob e maestri di burocrazia), nazionale (privo di una politica agricola nazionale) e locale (in cui ogni testa è un tribunale). Eppure il settore primario rappresenta un valore assoluto per l’indipendenza e la sicurezza alimentare di un Popolo, per il presidio dell’uomo sul territorio, per l’occupazione, per la socialità e anche, dobbiamo ricordarlo, un presupposto fondamentale per il legame tra l’industria di trasformazione, la distribuzione ed il territorio: il famoso “made in

Italy agroalimentare” non esisterebbe senza una vitale agricoltura. La composizione della nuova giunta La Giunta camerale, eletta dal Consiglio, deve essere rappresentativa dei quattro settori economici maggiormente rilevanti: agricoltura, artigianato, commercio ed industria. Il Legislatore ha quindi voluto che, superata la fase della elezione del presidente, la Camera di commercio venisse amministrata comunque in un contesto di pari dignità di ruolo dalle rappresentanze del sistema delle imprese. Pertanto, il Consiglio, ha eletto per l’agricoltura il collega Drago, per l’artigianato Brancati, per il commercio Chessari e per l’industria Grassia. Coerentemente con l’ultima riforma del 2010, si tratta di una Giunta composta da solo cinque componenti (e non più da nove) che dovrà amministrare l’Ente in forte sinergia con la Dirigenza, secondo il principio della massima sintesi e collegialità e quindi con forte vocazione al “problems solving”.

PMI Ragusa

Lo sviluppo nasce dalla collaborazione

Le politiche che verranno intraprese da questa nuova amministrazione? Soprattutto in tema di scommesse future, temi come sostenibilità, ambiente e internazionalizzazione come far percepire queste scommesse al territorio ragusano. Abbiamo molto discusso, anche nella fase prerinnovo degli Organi camerali, di questi temi. Più che di singole politiche amministrative, abbiamo concentrato l’attenzione sulla definizione della missione della camera di commercio per il prossimo quinquennio. Abbiamo convenuto, partendo dal fatto che la Camera di Commercio non gode di risorse provenienti da trasferimenti regionali o statali ma è alimentata esclusivamente dal diritto annuale versato dalle imprese ragusane, che l’unica missione da intestarci in questo momento di criticità fosse la missione per lo sviluppo e per il lavoro: una missione per lo sviluppo del sistema delle imprese, finalizzato al “benessere” delle imprese, in un contesto di sostenibilità, volta ad

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assicurare il sistema di coesione sociale ed il miglioramento della qualità della vita del territorio. Come declinare tale missione? Sarà l’oggetto sia del programma di mandato e sia del programma annuale per il 2012, che la Giunta appronterà a breve e che verranno esposti al Consiglio. Risulta ovvio che le risorse e gli interventi previsti in sede di bilancio di previsione dovranno essere coerenti con tali strumenti programmatici.

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Lei molto spesso ci parla di territorio e di responsabilità del territorio, ci dica qualcosa di più su questo fattore che nell’economia moderna rappresenta senza dubbio un valore aggiunto. Partendo dal concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa, quale concetto per stimolare le singole imprese ad assumere comportamenti responsabili, questa strategia deve ora essere calata in un nuovo contesto, dove il soggetto promotore è tutta la comunità, tutto il territorio. Devono essere maturi i tempi per il passaggio da una “responsabilità singola e/o individuale” ad una “responsabilità collettiva” con l’obiettivo di accompagnarci in un percorso di costruzione condiviso dove le giuste e legittime istanze economiche vanno coniugate con le attenzioni sociali e ambientali, con il fine di migliorare la qualità della vita della comunità. Si tratta a mio parere di creare forti relazioni di partnership, ossia strette collaborazioni che nascono da persone e organizzazioni provenienti dal settore pubblico, dal settore privato, dalla politica e dalla società civile, che si impegnano volontariamente e reciprocamente in relazioni innovative per perseguire obiettivi comuni attraverso la messa in comune delle loro risorse e competenze; e che siano interessate a collaborare per promuovere il territorio attraverso una comunicazione all’insegna della trasparenza, della lealtà, della fiducia e non dimenticando che lo sviluppo

nasce soprattutto dalla collaborazione. Solo attraverso tale modello di relazioni nasceranno le infrastrutture materiali ed immateriali di cui avvertiamo, in Provincia, l’esigenza. Concludiamo con una domanda relativa al gioiello di famiglia, la Fiera Agricola Mediterranea, ormai giunta alla sua 37a edizione, un evento sempre più di successo che è vetrina dei prodotti e delle politiche economiche ragusane, un successo sempre crescente. Cosa dobbiamo aspettarci e che programmi di sviluppo avete per una vetrina di questo genere. La Fiera Agroalimentare Mediterranea ritengo sia il gioiello della famiglia iblea. Cartolina di quanto costruito col lavoro, col sacrificio e con la laboriosità dagli imprenditori iblei dal secondo dopoguerra in poi. Adesso siamo alla 37ma edizione. Dai dati di registrazione agli ingressi della Fiera sembra di poter quantificare in oltre ventitremila i visitatori che hanno avuto modo di confrontarsi sul piano imprenditoriale con il mondo della zootecnia di qualità, della meccanizzazione agricola, dell’agroalimentare di eccellenza, dell’agriturismo, del settore equino, della tradizione enologica, olearia e casearia di un territorio che è sempre più ricco di prodotti e di aziende di prestigio internazionale. Se il successo della Fam può consentire un momento di soddisfazione, fa avvertire l’esigenza di cominciare subito a lavorare per la edizione di settembre 2012, provando a trovare i correttivi e le innovazioni utili per ampliare il raggio d’interesse e la portata nazionale della manifestazione: miglioramento dell’accessibilità alla Fiera ed integrale utilizzo degli spazi all’interno del recinto fieristico possono essere i principali correttivi. Mentre iniziative volte ad una forte internazionalizzazione delle relazioni commerciali, sezioni dedicate alla green economy ed alla ecommerce possono costituire le innovazioni.


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Il crack delle piccole e medie imprese Sostenere le imprese sane per garantire lavoro e reddito alle famiglie

di Luca Sulmicelli

Presidente PMI Siracusa

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meccanismi della crisi sono da ricercare nella finanziarizzazione di un’economia sempre più globale che ha portato alla crescita patologica di attività finanziarie con una logica speculativa: le transazioni annuali di titoli azionari e obbligazionari mondiali sono quattro volte il Prodotto interno lordo (Pil) mondiale, quelle sui mercati dei cambi superano di 15 volte il Pil mondiale. Si è gonfiato il mercato dei prodotti derivati, (contratti che si appoggiano su altri titoli, scommettendo sul loro prezzo futuro) che è pari a 12 volte il Pil mondiale. Il sistema bancario si è lanciato in operazioni speculative che hanno portato l’esposizione finanziaria a breve termine delle banche (i debiti da pagare entro l’anno) a raggiungere l’86% del Pil in Italia, una volta e mezzo il Pil in Gran Bretagna, due volte il Pil in Islanda - il primo paese europeo a subire un crollo finanziario - quasi tre volte il Pil del Belgio. Negli Stati Uniti, la crescita parallela dei valori immobiliari e del mercato dei mutui ad alto rischio ha moltiplicato crediti e strumenti finanziari fortemente instabili. Gli effetti della crisi sul sistema imprenditoriale sono ancora oggi devastanti. In Italia tra il 2010 e il 2011 in base ai dati del Registro Imprese le aziende in difficoltà sono aumentate del +0,3%, e spesso i problemi di liquidità sono così gravi da portare alla chiusura dell’attività. Sostanzialmente, una impresa italiana ogni 50 (2,3% del totale pari ad oltre 120 mila) è soggetta a una procedura concorsuale perché vittime di fallimenti, liquidazioni e concordati preventivi. La piccola impresa in Italia è più esposta alla crisi finanziaria ed economica e, nel complesso, risente maggiormente e negativamente del deterioramento di quello che è nel nostro Paese il quadro macroeconomico. Dal punto

di vista territoriale, è il Centro-Sud ad essere maggiormente colpito dalla crisi economica, con in testa il Lazio nel quale si regista un 3,8% di imprese in sofferenza, seguito dalla Campania (3,3%) e dalla Sicilia (3,1%). Le cose vanno meglio al Nord ed in particolare la situazione più rosea è quella delle imprese del Trentino Alto Adige con lo 0,8% delle imprese in difficoltà e la Valle d’Aosta (1,1%). In realtà, magra consolazione, anche se la crisi economica è ancora pesantemente presente nel nostro Paese, risulta meno pesante di quella vissuta nel 2009, rispetto a quel periodo infatti i fallimenti sono diminuiti del -0,6%. Nella provincia di Siracusa, in particolare, il dato appare molto più allarmante che altrove.

PMI Siracusa

CRISI ECONOMICA

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Mentre, infatti, i tassi di variazione del numero di imprese in fallimento rimangono positivi ma comunque decrescono nel tempo, a significare la messa in atto di un, seppur lento, percorso di ripresa, il dato locale della provincia di Siracusa indica il moltiplicarsi degli effetti di questa crisi sul territorio, con un numero di imprese che falliscono che ogni anno raddoppia rispetto al valore precedente. Scendendo nel dettaglio dei settori in questi tre anni i comparti cha hanno sofferto di più sono stati il commercio, l’agricoltura e, più recentemente, le costruzioni. Un notevole slancio si è invece registrato per le imprese di servizi che mostrano un +6,9%. L’analisi dei tassi di natalità, mortalità e sviluppo ci fornisce indicazioni simili: ogni 100 imprese registrate nel 2009, ne sono nate nel 2010 6,4 mentre hanno cessato l’attività 4,9, generando un tasso di sviluppo del 1,4%, un dato migliore dell’anno precedente quando lo stesso dato era stato negativo e pari a – 0.6 PMI Siracusa registra come in questo momento le imprese (e le famiglie) hanno maggiore necessità, rispetto al passato, di ricorrere al credito per fare fronte, oltre che agli impegni finanziari assunti negli ultimi anni, anche alla riduzione di fatturato ed all’appesantimento dei cicli finanziari. La riduzione di liquidità disponibile e l’allungamento dei tempi di pa-

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gamento possono soffocare anche le imprese più forti. Se, a tutto questo, aggiungiamo la mancata compensazione di crediti e debiti tra imprese e pubblica amministrazione, e i costi di Equitalia nelle azioni di riscossione, abbiamo un quadro pesante delle difficoltà in cui è costretto a operare il nostro sistema produttivo. Altro elemento cruciale nella vita delle imprese è il fisco. I carichi fiscali, pur tenendo ferma la necessità dell’invarianza di gettito, devono essere ripensati al fine di ridurre progressivamente il peso che grava sui fattori produttivi. Nelle mutate condizioni della globalità non si può competere senza un fisco che pensi le imprese come luoghi in cui si produce e si crea ricchezza. Senza un fisco capace di contrastare sommerso, elusione ed evasione che non solo creano concorrenza sleale, ma sono, anche, un ostacolo insormontabile alla ripresa dell’economia. Per PMI Siracusa è necessario sostenere le imprese sane perché serve a garantire lavoro e reddito alle famiglie, sostenere i consumi e favorire le condizioni per la ripresa. I problemi da affrontare infatti sono comuni: le banche si trovano repentinamente e pesantemente ad avere limitata liquidità per concedere credito e le aziende si trovano a necessitare maggiormente di credito in un momento in cui la loro bancabilità è bassa.


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E se ogni edificio producesse energia per sè e per gli altri Ciascuno di noi è un potenziale produttore di energia, case, uffici, aziende piccole e grandi, persino veicoli. Questa energia è trasformabile in idrogeno, è stoccabile e trasferibile attraverso un sistema di reti intelligenti.

di Sandro Migliore

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sostenere questa entusiasmante tesi è Jeremy Rifkin , presidente della Foundation on Economic Trends e che qualche anno fa ha proposto questa idea anche al Governatore della Sicilia Raffaele Lombardo. Secondo l’economista americano l’epoca dei combustibili fossili è finita, gli Stati si devono riorganizzare per affrontare un mutamento epocale che ha sullo sfondo la salvezza del pianeta dalla minaccia del riscaldamento globale. Nella sua vision il futuro è la trasformazione dell’energia in idrogeno, il suo immagazzinamento delocalizzato, e la distribuzione su grandi network continentali. L’Europa parte avvantaggiata in questa sfida, grazie alla coerenza delle sue reti di distribuzione Rifkin parla di inizio della Terza Rivoluzione Industriale: i cambiamenti epocali sono stati generati dalla convergenza tra l’utilizzo di nuove fonti energetiche e nuovi regimi di comunicazione. La prima rivoluzione industriale è stata generata dall’incontro tra il motore e vapore e la stampa di Gutemberg. Dalla fine ‘800 l’incontro tra petrolio e reti di comunicazione (elettricità, radio, tv) ha dato origine alla seconda. La terza rivoluzione industriale si baserà su internet e le reti di collegamento digitale e la nuova energia verde sostenibile e autoprodotta. Così come si producono e scambiano i contenuti in una logica p2p, da persona a persona, sarà possibile produrre in modo decentrato l’energia da fonti rinnovabili e condividerla attraverso un sistema di reti intelligenti.

La vision di Rifkin è epocale, ma non velleitaria: ciascuno di noi è un potenziale produttore di energia (case, uffici, aziende piccole e grandi, persino veicoli). Questa energia è trasformabile in idrogeno, è stoccabile e trasferibile attraverso un sistema di reti intelligenti. Lo facciamo già con l’informazione, attraverso i nostri desktop, che hanno generato una potenza di calcolo superiore a qualsiasi grande mainframe; allo stesso modo milioni di produttori locali saranno in grado di generare una quantità di energia superiore a quella di qualsiasi grande centrale esistente. La sfida è possibile, la minaccia è certa: l’economia basata sui carburanti fossili è destinata a sparire, le fonti a esaurirsi, i prezzi a salire senza sosta, l’impatto sull’ambiente ad aggravarsi. Chi coglierà per primo le opportunità derivanti dalla terza rivoluzione avrà un vantaggio straordinario, e secondo Rifkin l’Europa è ben posizionata. Ha già individuato due dei tre pilastri alla base della nuova era: • l’impulso alla produzione di energie rinnovabili: solare, eolico, geotermico, cinetica (maree e moto ondoso), biomasse; • l’individuazione di mezzi per lo stoccaggio delle stesse, per trasformare una produzione a carattere discreto in una risorsa stabile e disponibile. Questi due pilastri vanno attivati contestualmente. Il problema dello stoccaggio ha una soluzione accettabile e “pulita” nell’idrogeno, questo infatti è un possibile catalizzatore dell’energia, ampiamente disponile, relativamente efficiente

Nuove visioni

La rivoluzionaria proposta di Rifkin

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Nuove visioni

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con scarti di lavorazione inoffensivi: acqua e calore. L’idrogeno è un medium universale per lo stoccaggio di energia rinnovabile, che assicura la possibilità di riutilizzo per la generazione di corrente ed è facilmente trasferibile. Il ciclo è semplice, l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, attraverso l’elettrolisi, trasforma l’acqua in ossigeno e idrogeno; quest’ultimo peraltro si può ottenere anche dalle biomasse e da produzioni agricole. Lo stoccaggio e conservazione è tema cruciale. Le energie rinnovabili hanno una produzione di tipo discreto, il sole non splende sempre, il vento cade, l’acqua può scarseggiare in periodi di siccità. Ma nei periodi di abbondanza si deve poter conservare. La Commissione Europea, qui è il centro della riflessione di Rifkin, ha colto queste tendenze e ha lanciato a ottobre 2007 una grande partnership pubblico-privato per accelerare l’ingresso dei 27 Paesi nell’economia dell’idrogeno, con l’obiettivo primario di produrlo attraverso fonti rinnovabili. Per far ciò ha finanziato un aggressivo programma di R&D nel campo della tecnologia di produzione di pile a combustibile idrogeno.

Per completare i componenti della strategia, il terzo pilastro, Rifkin segnala la necessità di riconfigurare le reti di distribuzione dell’energia europee in un’unica rete intelligente. Le giovani generazioni, abituate a un mondo non gerarchico e interconnesso, potranno sfruttare appieno queste potenzialità. L’Europa, secondo Rifkin, ha di fronte l’opportunità di guidare la terza rivoluzione industriale. È una vision, un sogno, la cui realizzazione comporta alcuni passaggi cruciali. È un sogno, ma è un bel sogno, e di questo ha bisogno l’Europa per procedere sulla strada aperta da Lisbona Rifkin è un attento osservatore dei macrofenomeni mondiali e ha scritto numerosi libri, tra cui segnaliamo: L’era dell’accesso. La rivoluzione della new economy (Mondadori, 2000); Economia all’idrogeno. La creazione del Worldwide Energy Web e la redistribuzione del potere sulla terra (Mondadori; 2002) e Il sogno europeo. Come l’Europa ha creato una nuova visione del futuro che sta lentamente eclissando il sogno americano (Mondadori, 2004). Proprio le tesi sostenute in questi due ultimi scritti sono alla base delle riflessioni di Rifkin.

A che serve mostrare i muscoli se manca la testa? Anche la campagna pubblicitaria più massiccia passa inosservata se non c’è dietro una buona idea

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Il vulcano Etna in eruzione.

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Quali prospettive per il

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l liberismo ha il suo fondamentale cardine nella centralità del mercato che, per un certo tempo, ha lasciato credere che l’egoismo del singolo può tradursi nel benessere collettivo. Secondo le teorie della scuola classica, nate nel ‘700 e sviluppatesi nell’800, il mercato, da solo, attraverso aggiustamenti nel lavoro e nei prezzi, riesce a raggiungere una situazione di equilibrio di pieno impiego. Questa centralità del mercato di libera concorrenza ed il fatto che l’egoismo dei singoli porti al benessere collettivo sono il fondamento della nota teoria della “mano invisibile“, la cosiddetta invisible hand. Non va dimenticato che la condizione necessaria ed indispensabile perché possa realizzarsi la concorrenza perfetta risiede nell’atomismo della domanda e dell’offerta nel senso che sia la domanda che l’offerta debbono essere frazionate in un numero infinito di operatori tale che da una parte e dall’altra nessuno possa condizionare il mercato. Ciò sta a significare che situazioni di monopolio o di oligopolio non permettono che si possa realizzare la condizione di concorrenza perfetta che consenta alla mano invisibile di svolgere il suo ruolo di equilibrio. Il capitalismo, lasciato fluttuare liberamente, potrebbe essere veramente destinato all’autodistruzione producendo inevitabilmente il proprio “becchino”: il proletariato quale conseguenza della progressiva morte del ceto medio. Se poi si considera che l’economia reale rischia di essere definitivamente soppiantata (ed in buona parte già lo è già stata) dall’economia virtuale finanziaria lo scenario che si presenta davanti ai nostri occhi potrebbe assumere contorni assai disastrosi, aprendo la strada all’affermazione e quindi al dominio dell’oligarchia finanziaria che è già divenuta una triste realtà che lascia presagire la possibilità della sua degenerazione nell’imperialismo finanziario. Purtroppo, si è avuta la possibilità di verificare, dal punto di vista empirico, che il capitalismo ha manifestato la proprietà di staccare il possesso del capitale dall’impiego del

medesimo nella produzione, di staccare il capitale liquido dal capitale industriale e produttivo, di separare il rentier, che vive soltanto del profitto tratto dal capitale liquido, dall’imprenditore e da tutti coloro che partecipano direttamente all’impiego del capitale. La situazione attuale è figlia di un mero ed egoistico intreccio di poteri: di un sistema a caste intoccabili, auto - referenziali che per sopravvivere si sono di fatto coalizzate a spese del Popolo con l’inconsapevole complicità del sistema fiscale che apoditticamente individuando nell’evasione la causa di tutti i mali contribuisce ad alterare notevolmente i contorni dell’attuale crisi distogliendo l’attenzione dalle vere cause ed, intanto, contribuendo ad allentare i vincoli di coesione sociale con una propaganda assai deleteria che si risolve, forse volutamente, col porre l’uno contro gli altri magari vittime, come lui se non più di lui, di un sistema economico tendente all’impoverimento collettivo, soprattutto, attraverso l’annullamento del ceto medio, sicuramente, più


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Liberismo in economia? di Francesco Licitra*

degli altri, penalizzato dalle conseguenze di accertamenti essenzialmente fondati su astrazioni pseudo-scientifiche, meramente finalizzate ad un indiscriminato ampliamento del gettito fiscale. Sia ben chiaro che non si vogliono creare fraintendimenti in quanto è ben chiara la volontà non di voler negare l’esistenza del fenomeno dell’evasione fiscale bensì la sua ingiustificata enfatizzazione attraverso un’impropria quantificazione cui, finora, non ha fatto seguito alcun significativo concreto riscontro. Eppure sul piano logico avremmo dovuto ottenere già da tempo la risposta sull’evasione: ‘’Sei sai quant’è sai pure dov’è!’’ Di certo aumenterà la disoccupazione e diminuiranno gli introiti sia diretti che indiretti, il PIL è destinato a contrarsi e il debito ad aumentare percentualmente sul PIL. E ciò perché c’è ancora chi si ostina a non riconoscere ci troviamo di fronte ad profonda una crisi del sistema che si è avvitato su se stesso. Il capitalismo può anche rilanciare nel breve periodo la propria economia ma dalla crisi di ciclo, nell’assenza di appropriate manovre di politica economica, si esce solo con la distruzione di risorse umane e materiali.

Come si è arrivati a tutto ciò. La storia di questa crisi è la storia dell’implodere dell’attuale modello di crescita drogata fondata, da un lato, sull’esplosione del debito pubblico che ha come sfondo l’esaurimento del boom economico che all’inizio degli anni 70 (con la crisi recessiva internazionale del 74-75) mutando radicalmente il quadro dello sviluppo economico del dopoguerra e, dall’altro, sull’intreccio inestricabile tra finanza e produzione che ha caratterizzato lo sviluppo economico degli ultimi trent’anni e che ha risolto a suo modo la crisi degli anni Settanta. Contrariamente al diffuso luogo comune che dipinge il liberismo e la finanziarizzazione come progressiva emarginazione dello Stato dall’economia, è proprio il mercato dei titoli di Stato a contribuire significativamente alla espansione del capitale finanziario negli ultimi 20 anni. E con esso del debito pubblico. Sta di fatto, però, che, negli ultimi venti anni, le crisi finanziarie sono state più la regola che l’eccezione. Il problema è che a questa crisi, che ha posto in luce con straordinaria chiarezza l’incapacità di autoregolazione del capitalismo, piuttosto, si sta così dimostrando possibile quella che è stata definita “la spoliticizzazione della crisi” attraverso scelte presentate come risposte tecniche e necessarie per continuare ad assecondare le richieste dei mercati. Ma è proprio questo assunto che deve essere rovesciato praticamente. In che modo? ricostruendo un pensiero e una volontà popolare radicalmente antagonistici rispetto all’attuale andazzo che non potrà portarci lontano. Siamo già al quarto tentativo in pochi mesi e verosimilmente la quinta manovra, anch’essa candidata all’insuccesso, è dietro l’angolo. Le priorità da affrontare sono ben altre: innanzi tutto la crescita e, quindi, il contenimento ed il controllo del debito pubblico a livello centrale e periferico. Ogni volta che qualcuno fruisce di un’utilità che non ha creato, c’è qualcuno che non fruisce di un’utilità che ha creato, a scapito del teorizzato equilibrio di pieno impiego. La prospettiva che si apre è una rifondazione etica del capitalismo globalizzato. La crisi economica deve diventare un’occasione di discernimento e di nuova progettualità. * Dottore commercialista in Ragusa. È stato Segretario Generale della Camera di Commercio I.A.A. di Ragusa. Già Assessore al Bilancio Finanze e Programmazione al Comune di Ragusa.

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In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente. È necessario intraprendere un nuovo cammino che, purtroppo, implica anche l’accettazione di sacrifici per riparare i guasti del passato. Ma, prioritariamente, bisogna restituire ai cittadini fiducia nello Stato. Abbiamo bisogno, innanzi tutto, di una stabilità politica che sappia garantire la credibilità dello Stato a medio e lungo termine. Ma la stabilità politica e la credibilità dello Stato passano necessariamente attraverso il concreto recupero della sovranità popolare, il cui effettivo esercizio impone dei doveri, prima ancora dei diritti, e, considerato come sono andate le cose, implica una mobilitazione permanente sul piano della critica costruttiva ma anche sul piano di azione. Prima di chiamare i cittadini a contribuire al ripianamento del debito pubblico bisogna offrire la dimostrazione in concreto, e non solo sul piano delle intenzioni, del rientro dell’ammontare spesa pubblica, in esso compresi gli interessi sul debito, nei limiti delle effettive disponibilità. Senza dire che, in un contesto ben pianificato, ci sono altre vie per procedere alla ristrutturazione del debito pubblico senza voler venire meno agli impegni assunti e senza necessità di far ricorso alla pressione fiscale già insostenibile o all’adozione di provvedimenti impopolari ed assai deprimenti. L’introduzione del pareggio del bilancio, peraltro già implicitamente previsto dall’art. 81 della Costituzione, non può e non deve risolversi in un espediente per legittimare aprioristicamente ulteriori imposizioni fiscali. Il ruolo dello Stato Per quanto riguarda la figura dello Stato è importante comprendere che non si può continuare a gestire la cosa pubblica esattamente come prima, spendendo più di quanto si ha a disposizione, ossia creando annualmente dei deficit, coperti ovviamente con nuovi debiti. Ancora oggi, quando avremmo tanto bisogno dell’autorevolezza dello Stato nei campi di sua competenza ci troviamo ancora avvolti in desueti discorsi sul rapporto Stato-cittadini, dove quest’ultimo viene spesso presentato come “evasore di tasse” o un insofferente allo Stato, mentre non viene quasi mai fatta notare l’enorme estensione del potere dello Stato in campi

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che non sono di sua competenza. La politica deve essere strettamente correlata e funzionale alle esigenze della società così come l’economia deve essere funzionale alla politica e così come la finanza deve essere funzionale e subordinata all’economia reale. Non può e non deve esistere una politica finanziaria fine a sé stessa. Bisogna ricreare il senso della politica: non possiamo fare dipendere la nostra dimensione umana dalla politica ma è il senso della nostra vita che deve orientare e condizionare la politica. Ed i mercati! Il ruolo del mercato va regolamentato e ridimensionato nel suo naturale ambito di incontro della domanda e dell’offerta: la libera concorrenza, quantunque sia cosa equa certamente e utile se contenuta nei limiti bene determinati, non può essere in alcun modo il timone dell’economia. Nonostante il crollo delle ideologie e dei sistemi totalitari, lo Stato non ha cessato di dilatare la propria invadenza sulla società. Ed, allora, urge rivedere la concezione dello Stato se si vuole che lo Stato sia la soluzione e non il problema. Bisogna rispolverare la filosofia economica del distributismo secondo la quale la proprietà dei mezzi di produzione deve essere ripartita nel modo più ampio possibile fra la popolazione generale, piuttosto che essere centralizzata sotto il controllo dello stato o di pochi privati facoltosi: «Troppo capitalismo non significa troppi capitalisti, ma troppo pochi capitalisti». Il socialismo non permette alle persone di possedere proprietà, che sono sotto il controllo dello Stato, e il capitalismo permette a pochi di possedere come inevitabile risultato di competizione non meritocratica. Il distributismo, suscettibile di essere rivalutato come la terza via alternativa a socialismo e capitalismo, può consentire, in un’ottica di meritocrazia, che la maggior parte delle persone diventino proprietari dei mezzi di produzione e della propria casa. È in questa direzione debbano essere orientati tutti gli sforzi. Senza dimenticare l’avvertimento del Pareto: Chi governa non lo fa per il bene della collettività ma esclusivamente per il proprio interesse. La necessità di giustificarsi agli occhi dei governati lo fa ricorrere alle derivazioni: attribuiscono all’agire politico la connotazione di oggettiva necessità sociale.


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L’ABCD del polietilene in Provincia di Ragusa di Saro Distefano

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el 1957 si accesero in provincia di Ragusa grandi entusiasmi: la ABCD (società del gruppo Bombrini Parodi Delfino che aveva già rilanciato il ciclo asfalto-cemento nel 1951) aveva presentato il progetto per una nuova ed ulteriore espansione industriale. La Asfalti Bitumi Cementi e Derivati aveva infatti deciso di costruire uno stabilimento petrolchimico per la produzione di polietilene. Nel 1957 la ABCD, dimostrando un vero spirito industriale di tipo “pioneristico” (che l’aveva contraddistinta sin dalla sua formazione nel lontano 1917 quando ancora era Asfalti Bitumi Combustibili liquidi e Derivati), decide di impiantare uno stabilimento petrolchimico solo dopo aver verificato che la Gulf – la concessionaria statunitense del giacimento petrolifero ragusano - non intendeva istallare in provincia alcuna attrezzatura produttiva, ma solo estrarre e poi trasportare il petrolio del sottosuolo ibleo, secondo i più classici canoni dello sfruttamento che potremmo definire “coloniale”. I lavori per la costruzione dello stabilimento petrolchimico dell’ABCD iniziarono nel 1958 per concludersi nel 1960, sotto la guida di specialisti tedeschi. L’IRFIS finanziò l’opera per sette miliardi di lire, che non fu l’unico intervento regionale nella provincia, ma certo il più cospicuo. L’ABCD si inseriva quindi in un settore affascinante e del tutto nuovo, quello petrolchimico, con ampie prospettive che forse andavano al di là della stessa Ragusa e della sua provincia, utilizzando una licenza a distillare greggio ereditata dalla vecchia ABCoD. Il programma si basava sulla utilizzazione del greggio della Gulf attraverso una verticalizzazione di operazioni per cui la funzionalità dell’azienda era da considerarsi sia “primaria” sia “secondaria”.

La Asfalti Bitumi Cementi e Derivati (ABCD) nel 1957 tenta un’avventura industriale pionieristica decidendo di produrre il polietilene. L’azienda si inseriva in un settore affascinante e del tutto nuovo, quello petrolchimico, con ampie prospettive che forse andavano al di là della stessa Ragusa e della sua provincia, utilizzando una licenza a distillare greggio. Fu fatto un errore importante però, quello di costruire gli impianti petrolchimici sull’altopiano, lontano dal mare. La scelta del luogo senza un porto per l’arrivo e la partenza delle materie prime e dei prodotti e terreni pianeggianti ebbe riflessi negativi in quanto ne limitò lo sviluppo e successivamente mise in crisi tutta l’attività.

Storia industriale

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Storia industriale

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Ma la scarsa disponibilità di mezzi finanziari dell’ABCD, la errata scelta della zona degli impianti, la mancanza di una classe politica sensibile ai problemi industriali connessi con la presenza ABCD, fecero nascere “male” la nuova attività dell’azienda. Si tentò da parte dell’ABCD di correre ai ripari con diversi tentativi, prendendo contatti con le aziende del settore al fine di specializzare le petrolchimiche e non entrare in produzioni concorrenziali nella stessa zona geografica, specializzando le produzioni in modo da “reggere” il mercato sulla qualità e non sulla quantità, e sensibilizzando la Regione Siciliana al fine di mantenere per l’ABCD l’impiego del greggio Gulf in loco, delle incentivazioni che giustificassero gli impianti costruiti e ne permettessero i necessari sviluppi industriali, e, infine, tentando di interessare aziende americane di grande esperienza petrolchimica su un comune sviluppo petrolchimico. Alla ABCD, dopo tante promesse, fu riconosciuto soltanto l’acquisto del greggio con una valutazione che eliminava le sole spese del trasporto. Era chiaro che in tal modo la ricchezza regionale veniva ridicolizzata e materializzata in una agevolazione di ridottissimo valore incentivante per una sola azienda di poca esperienza petrolifera e petrolchimica. Il principale errore fu quello di costruire gli impianti petrolchimici sull’altopiano, lontano dal mare. Questa scelta topografica ebbe riflessi negativi di tale importanza che in un primo tempo limitò lo sviluppo della petrolchimica e successivamente mise in crisi tutta l’attività. Infatti una petrolchimica di largo respiro ha necessità di un porto per l’arrivo e la partenza delle materie prime e dei prodotti, di una disponibilità reale e potenziale di terreni pianeggianti senza limiti e infine di capitali notevoli per stare dietro alla rapida obsolescenza degli impianti. Altro errore dell’ABCD fu quello di studiare una petrolchimica “integrale” basata sulla produzione di un solo prodotto finito (polietilene) ed in quantità troppo ridotta rispetto agli standard produttivi italiani, europei ed internazionali già funzionanti. La ABCD corse ai ripari, costituendo un “Comitato per l’Incentivazione delle attività nel ragusano” per sensibilizzare gli operatori della provincia verso orientamenti di sviluppo industriale diversi da quelli tradizionali (tradizionali

nel senso che proprio per una mancanza di una classe di operatori economici di tipo moderno l’orientamento di chi voleva prendere una iniziativa industriale era quello di imitare ciò che altre aziende avevano già realizzato). Il comitato, nelle intenzioni, doveva prospettare agli imprenditori interessati gli scopi pratici, le possibili attività industriali che potevano sorgere nella provincia, utilizzando le materie prime, i semilavorati, i cascami vegetali e quelli industriali disponibili della petrolchimica. Tale Comitato fu finanziato in quota paritetica dal Comune di Ragusa, dalla Provincia, dalla Camera di Commercio e dall’ABCD. Gli uomini politici dell’epoca furono interessati al problema e nonostante l’ANIC non fosse ancora presente a Ragusa fu, per spinta di costoro, invitata al colloquio presso l’assessorato regionale al fine di recepire le proposte e valutarne la pratica validità. Si trattava in definitiva di un tentativo di difesa dell’ABCD che correva il rischio di una crisi per la presenza sempre più determinante dei grandi impianti di Gela e di Priolo che, avendo a disposizione notevoli mezzi finanziari, comprimevano l’ABCD la cui petrolchimica si basava su un solo prodotto. Consulente per le proposte petrolchimiche fu l’Università di Catania che presentò, tramite il Direttore dell’Istituto di Chimica Industriale, delle proposte impiantistiche che prospettate all’ANIC determinarono una risposta che offese non solo i proponenti, ma anche coloro che la presentarono. Le ricerche di indagine sulle infrastrutture del comitato portarono: ad uno studio di larga sulla disponibilità di acqua nella provincia; al progetto di un oleodotto Pozzallo-Ragusa per la petrolchimica ABCD o per le altre aziende che potevano sorgere; ad un tentativo di proporre un allargamento verso il mare della zona industriale di Ragusa (l’ABCD diede l’esempio acquistando terreni a monte dell’allora costruendo porto di Pozzallo). Anche questo Comitato fu in un primo tempo demoralizzato dalle continue polemiche tra chi difendeva ad oltranza gli interessi della città di Ragusa rispetto a quelli di tutta la Provincia e successivamente perse gli scopi perché l’arrivo dell’ANIC convinse i partecipanti che ormai i problemi della provincia erano risolti essendo questi diventati comuni a quelli che sicuramente ormai avrebbe patrocinato e prospettato la azienda del gruppo ENI.


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Agrigento. Tempio della Concordia

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Nello scaffale dei best seller

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Un libro al mese L’invito alla lettura di ImpresaSicilia dalla Redazione

IL SILENZIO DELL’ONDA di Gianrico Carofiglio RIZZOLI, Euro 19,00

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n romanzo d’amore, oltre che tra un uomo e una donna, quello non facile per se stessi e per la vita, e un romanzo sulla paternità, o meglio sull’assenza del padre, come uno dei perni fondanti di un’esistenza, oltre che un romanzo sulla finzione, il recitare, questo di Gianrico Carofiglio che si misura con una storia alta, lo fa in modo complesso, anche nella costruzione narrativa, eppure riesce a sciogliere tutti i nodi con una scrittura asciutta che, senza tergiversare, riuscendo a essere anche poetica, appare naturale e coinvolgente. ‘’Il mio lavoro era essere un altro. E non é affatto male essere un altro, di tanto in tanto: ti fa sentire libero. Il problema sorge quando devi essere un altro per la maggior parte del tuo tempo. Il problema sorge quando devi essere un altro per sentirti te stesso. E quando non sei un altro sai di essere fuori postò’, confessa Roberto Marias, maresciallo dei carabinieri che ha vissuto la maggior parte della sua vita come agente sotto copertura, infiltrato nella criminalità organizzata, da quella di casa nostra ai narcos colombiani, quindi sempre costretto a recitare una parte, a calarsi in un ruolo totalmente, per non destare sospetti. A un certo punto però non ce l’ha fatta più ad assistere e partecipare a certe cose mimetizzato tanto bene, ha cominciato a pensare, perché forse é nel fondo una carogna come loro. Con questo dubbio, un giorno un collega lo trova che si é messo una pistola in bocca col grilletto alzato: la sua vita é diventata irreale, tutto gli appare indifferente e indifferenziato. Inizia così una terapia psicoanalitica e gli appuntamenti il lunedì e il giovedì col dottore diventano gli unici punti fermi cui aggrapparsi. Roberto non é, pero, l’unico protagonista di questo racconto che ha almeno un altro personaggio principale, Giacomo, un bambino di dodici anni, per non dire poi di un’altra paziente del dottore, Emma, ex attrice che ha avuto problemi col recitare, un pò come Roberto, con cui comincerà a incontrarsi, e infine del dottore stesso, che a un certo punto uscirà anche per un momento dal proprio ruolo. (Fonte Ansa)

“Mr Gwyn” di Alessandro Baricco

FELTRINELLI, pp. 158, Euro 14,00

A

43 anni, lo scrittore Jasper Gwyn, decide di smettere di scrivere libri. Intorno alla sensazione ‘’che quanto faceva ogni giorno per guadagnarsi da vivere non era più adatto a luì’ prende forma il nuovo romanzo di Alessandro Baricco: ‘Mr Gwyn’. Nella copertina del libro il nome del protagonista é circondato da un testo in inglese che é tratto da ‘’’Bartleby lo scrivano di Melville, uno dei miei libri preferiti’ svela lo scrittore, protagonista a Roma di un affollatissimo incontro, con circa 300 persone, molte in fila per farsi firmare le copie, il giorno d’uscita del romanzo. La storia ha un passo lento come quello del protagonista che cammina lungo un viale di Regent’s Park e mostra una certa predilezione per la compilazione di liste, prima fra


tutte quella delle cinquantadue cose che Gwyn si ripromette di non fare mai più. Al q u a ra n ta s e t te s i m o posto figura ‘’sforzarsi di essere cordiale con colleghi che in realtà lo disprezzavano’ e all’ultimo appunto ‘’scrivere libri’ non perché sia in crisi di ispirazione, ma per cercare nuove vie alla scrittura. ‘’I libri dettano una velocità di lettura. Questo - spiega lo scrittore per quattro quinti il libro é lento come Gwyn che si muove con molta cura. Nell’ultimo quinto si comincia invece a correre. L’incipit lo ho scritto 50 volte, non sembra, ma é così’’. Scritto in in anno, racconta Baricco, questo romanzo ‘’mi é venuto in mente in un museo. I libri nascono in un modo strano. L’inizio é una scheggia e nei romanzi più lunghi, tre o quattro schegge. Poi lavorando si costruisce tutto. Se non sento che tipo di musica o passo una storia deve avere, non parte il libro. Qui c’é qualcosa che ha la trasparenza dentro ma non é trasparente, come la porcellana’. (Fonte Ansa)

1Q84 di Murakami Haruki EINAUDI, pp. 720 Euro 20,00

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ominciamo dal titolo, quel 1Q84 che allude al 1984, l’anno cui si intitola il celebre romanzo di Orwell, con quella Q che in giapponese si pronuncia allo stesso modo del numero nove, ma che significa anche dolore. Insomma, un piccolo scarto, apparentemente solo grafico, ma che introduce alcune variabili, come tutto il romanzo di Murakami, che é giocato su uno scarto tra la realtà del 1984 e una sorta di realtà parallela, che é quella del 1Q84. É in essa

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che entra, per esempio, Aomame (il cui nome significa Pisello verde), uno dei due protagonisti le cui vicende si alternano di capitolo in capitolo, scendendo da una scaletta di emergenza della piazzola di sosta di un viadotto, che prende perché il traffico é completamente bloccato e lei deve arrivare a un appuntamento molto importante, per cercare di raggiungere una stazione della metropolitana. L’altro protagonista é Tengo, scrittore trentenne di romanzi inediti e insegnante di matematica. Lui entra nel mondo di 1Q84 grazie al dover fare il ghostwriter per Fukaeri, una liceale diciassettenne, che una casa editrice che vuole concorra a un importante premio col suo romanzo ‘La crisalide d’aria. Aomame e Tengo, che si conoscevano da bambini e si erano anche innamorati, non si vedono da trent’anni e ci si aspetta sempre che si incontrino, almeno in quell’altro mondo, visto che Muarkami aveva spiegato, a suo tempo, citando gli amati Pink Floyd, che vivono tutti e due nel ‘’lato buio della Luna”. Del resto questo romanzo, il più venduto nella storia del Giappone e già di culto, di cui per ora escono le prime due parti mentre la terza (pubblicata da poco in originale), verrà tradotta l’anno prossimo, é un racconto magmatico e sfuggente, coinvolgente e magico per la ricchezza fantastica delle invenzioni, rese con apparenza realistica, grazie alla minuzia concreta, attenta ai minimi particolari, del racconto. Pare che la soluzione di tutto sarà proprio l’amore, ma ai lettori italiani tocca aspettare per saperlo. (Fonte Ansa).

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IMPRESASICILIA Siracusa. Il Duomo.

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