autocritica marzo 2008

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Giulio Mangano

SeCartesio incontraDiesel

sentito fino ad oggi un risparmio valutabile in quattro milioni di tonnellate di CO2, che invece sarebbero state immesse nell’atmosfere utilizzando veicoli tradizionali a benzina di analoghe dimensioni. Adesso, la nuova frontiera dell’ibrido - testimoniata dalle decine di proposte del Salone di Ginevra nel campo delle soluzioni alternative - sembra essere la progressiva diffusione del Diesel in sostituzione dei motori termici a benzina. Un passaggio importante considerato che alcuni modelli a gasolio vantano emissioni di CO2 inferiori ai 104 grammi per chilometro raggiunti dalle ultime Prius, la cui evoluzione più prossima - in attesa della terza generazione totalmente ripensata - dovrebbe essere l’adozione del sistema Plug-in, per ricaricare le batterie con l’elettricità domestica ed utilizzare l’auto ad emissioni zero senza dover mai avviare il motore a benzina per alcune decine di km. L’evoluzione verso l’ibrido Diesel/elettrico è supportata dal massiccio impegno dell’industria tedesca, con proposte estremamente efficienti (ma a che prezzo, al tirar delle somme?) di Mercedes, Bmw, Opel e non solo. Anche se la primogenitura in termini di concreto impegno industriale in questo settore è dei francesi del gruppo Psa (Peugeot-Citroën) che già un paio d’anni addietro, nel gennaio 2006, presentava i primi prototipi di veicoli ibridi diesel-elettrici marcianti e funzionanti, realizzati partendo da una Peugeot 307 ed una Citroën C4 HDi dotate di filtro Fap antiparticolato. Una tecnologia che avrebbe dovuto portare il gruppo francese a vendere nel 2010, con profitto economico, “alcune decine di migliaia di vetture di segmento C di questo

tipo”. I due prototipi presentati, che pesavano 110 kg più dei modelli 307 e C4 da cui derivavano adottavano un turbodiesel HDi di 1,6 litri e 66 kW/90 Cv, abbinato ad un sistema “Stop & Start” (come quello disponibile sulle più piccole berline C2 e C3) di ultima generazione e 240 elementi di batterie al Nikel Metallo Idruro, in grado di erogare 288 volt e 23

Prius, che produce da 104 a 120 g/km di CO2 - ma ha un 35% di potenza disponibile in più per prestazioni (e sicurezza) superiori in caso di necessità rispetto alla 307 tradizionale. Per PSA, che ha già costruito oltre 10 milioni di motori HDi ed è leader mondiale nella (ridottissima) classifica di produttori di veicoli elettrici, la sfida non era però soltanto in-

co. Così, a fine febbraio Psa ha dovuto ridimensionare i propri programmi, alla luce di una incombente contestazione della Commissione Europea al supporto del governo francese, che potrebbe configurare - dopo un’approfondita inchiesta - una distorsione alle normative sulla concorrenza. “Abbiamo già impegnato un importante investimento industriale ed un procedimento di questo tipo rischia di durare almeno un anno”, ha spiegato Pascal Hénault, direttore della ricerca e dell’innovazione di Psa. Pertanto il progetto è stato ridimensionato, limitandolo soltanto ai modelli “premium”, cioè di alto gamma. Quelli cioè sui quali l’aggiunta di una versione ibrida diesel/elettrico comporta percentualmente un minore aggravio dei costi. Non sono stati indicati traguardi quantitativi per i nuovi modelli HDi ibridi, che verrebbero commercializzati dal 2010, mentre sono stati rivisti tempi e volumi dei ben più semplici ed economici modelli “Stop&Start”,che spengono automaticamente (ed altrettanto automaticamente lo riavviano) il motore a benzina, nelle soste nel traffico o comunque nelle fermate anche brevi. PSA conta di commercializzarne, tra Peugeot e Citroën, 1,1 milioni di esemplari nel 2011 ed 1,6 milioni nel 2012. Ma nel frattempo, molti altri costruttori, a cominciare da Bmw e Fiat, stanno progressivamente adottando questa tecnologia che consente, soprattutto nell’uso urbano, economie del 10-15% nei consumi di benzina e nelle relative emissioni. Col rischio che la cartesiana razionalità francese debba soccombere alla solidità finanziaria ed allo strapotere tecnologico dei costruttori tedeschi.

La nuova frontiera delle motorizzazioni ibride, dalla partenza della Toyota allo sviluppo in salsa francese – con il caso del gruppo Psa (Peugeot-Citroen) – al futuro dei più che finanziariamente solidi marchi tedeschi kW, per azionare un motore elettrico da 16 kW continui (23 kW e 130 Nm di coppia nei picchi, per rispondere alle sollecitazioni istantanee, in presenza di richieste di massima potenza). Il motore elettrico funzionava fino ai 50 km/h (nelle decelerazioni, recuperando l’energia cinetica, ricaricava le batterie), finché veniva avviato il turbodiesel HDi. Il tutto supervisionato da un controller elettronico che gestiva anche un cambio automatico robotizzato a sei rapporti. Il risultato era una 307 (o C4) che consumava il 28% in meno (3,4 litri di gasolio per 100 km) del modello allora in vendita ed emetteva solo 90 grammi di CO2 al km - contro i 148 di media dei modelli del gruppo PSA ed almeno un 13,5% meglio della

dustriale ed economica. Rispondendo a chi chiedeva quanto potesse costare in più una C4 ibrida diesel-elettrica nel 2010, Jean Martin Folz (allora N° 1 di Psa) sosteneva: “Il nostro obiettivo è di dividere per tre, entro tre anni, il costo del processo per «ibridizzare» l’auto”. In pratica, se già allora un modello HDi di Psa consumava meno di un benzina, ma costava di più, domani l’ibrido consumerà meno dell’attuale HDi, ma costerà proporzionalmente di più. In soli due anni, però, mentre la tecnologia ha registrato sensibili progressi, soprattutto in termini di batterie ed abbattimento delle particelle emesse, molte cose sono cambiate, soprattutto a livello politico ed economi-

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