Inside out:
storie di quarantena da Milano Nel marzo del 2020, Gea Scancarello, scrittrice, e Gabriele Galimberti, fotografo, hanno raccontato le prime settimane della pandemia a Milano, una delle prime e più colpite città europee. Gabriele ha ritratto i protagonisti di questa storia, le persone, nell'unico modo possibile: a distanza.
UN PROGETTO DI GABRIELE GALIMBERTI TESTO DI GEA SCANCARELLO FOTO DI GABRIELE GALIMBERTI
MILANO – Ho la febbre. È una febbre bassa ma persistente. Aumenta di pomeriggio e mi fa tremare di mattina, con una violenza sproporzionata rispetto alla temperatura effettiva. Ho brividi, dolori muscolari e una tosse secca che mi preoccupa. Mi sento spossata. Io e il fotografo Gabriele Galimberti abbiamo lavorato giorno e notte a Milano nelle ultime settimane. Da quando è scoppiata l'epidemia di COVID-19 in Italia a fine febbraio, abbiamo documentato ogni giorno dell'emergenza dal suo epicentro, la nostra regione Lombardia. Abbiamo visitato obitori e ospedali, alla ricerca di storie e di immagini che potessero raccontare al resto del mondo cosa sta succedendo qui. Abbiamo parlato con virologi, addetti stampa ospedalieri, uomini d'affari cinesi e sorveglianti di cimiteri. Nelle città abbiamo incontrato gli addetti alla disinfezione delle strade. Per raccontare il virus senza contrarlo o diffonderlo, indossavamo la mascherina quando incontravamo le persone e rimanevamo a distanza di sicurezza. Abbiamo disinfettato e lavato le mani il più possibile. Quando abbiamo deciso di concentrare il nostro lavoro sugli effetti del distanziamento sociale, Gabriele fotografava le persone dall'esterno delle loro case, e io li intervistavo più tardi per telefono. In questo modo abbiamo potuto garantire che non si diffondessero germi mentre lavoravamo all'interno di un paese in lockdown.