Silvia Tripodi: «Ellora», edizioni ikonaLíber

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collana Syn scritture di ricerca a cura di Marco Giovenale



silvia tripodi

ellora

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© Edizioni ikonaLíber, 2020 via Lago di Lesina, 15/A • 00199 Roma tel. 06 • 86.32.96.53 ikonaliber@ikona.net ikonaliber.it Tutti i diritti riservati. Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, se non autorizzata. ISBN: 978-88-97778-65-3 Collana Syn_scritture di ricerca, a cura di Marco Giovenale. Fotografie: Silvia Tripodi. Progetto grafico: Fabrizio M. Rossi. Impaginazione: studio Ikona [www.ikona.net]




Si usa quel che si ha. L’animale umano, presso il quale sono la vita e il linguaggio, non cessa mai di farne uso. Paolo Virno, L’idea di mondo



USABILITÀ DELLA PROSA



il Buddha è grande il Buddha non si sa se sia buono o cattivo è una divinità di base il Buddha è fermo la staticità è una delle sua virtú non si dice fermo come un Buddha la fermezza di un Buddha la grandezza di Buddha invece si dice non si dice ha la fermezza di carattere di un Buddha o ha la caparbietà di un Buddha quello che sappiamo di Buddha ci proviene spesso dalle immagini sui libri o dalle storie leggendarie rappresentate nei film si dice adorato come un Buddha a qualcuno preme di sapere quanto pesa la grande statua del Buddha qualcuno è curioso di conoscere la stazza del Buddha l’immagine del Buddha è quello che sappiamo del Buddha se non approfondiamo le nostre conoscenze a riguardo tra il Buddha e noi che grado si separazione esiste immagiamo sia un grado di separazione molto alto per questo a volte rinunciamo a comprendere chi fosse e cosa ha fatto se è esistito veramente ci sono statuette molto piccole e ci sono grandi statue del Buddha ognuna di esse ha una funzione molti pensano che possedere una statuetta del Buddha significhi qualcosa di buono non si sa di preciso se porti influssi buoni ma è sempre rassicurante vederne una in un appartamento in mezzo ad altri oggetti si pensa subito a legami misteriosi a storie avventurose a decenni di vita passati a cercare

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eravamo destinati a vedere la statuetta del Buddha proprio in quell’appartamento di colpo il cerchio si chiude ce ne facciamo una ragione abbiamo trovato riparo siamo nel posto giusto

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occorre fare un elenco di nomi estratti da un manuale stenderli spalmarli un lungo elenco in ordine alfabetico apri una pagina a caso e via nomi di piante e animali nomi rari e bizzarri una serie di parole una massa di parole un elenco lunghissimo che sostituisca una passeggiata che riempia un’ora intera che sia la metafora di una passeggiata che sia la metafora di un’intera giornata del tempo che ci occorre per arrivare dal punto x al punto y che serva alla memoria che sostituisca un manifesto politico che aggiri un testo civile un elenco che aggiri il soggetto che lo soverchi che lo metta in primo piano che lo metta ai margini che lo aggiri che sia l’oggetto del soggetto il soggetto sia l’oggetto dell’elenco che questo nominare le cose che dirle assertivamente e non assertivamente abbia un valore politico assuma valore consumi il valore senza che questa pratica sia un modello che ci sia l’intenzione che non ci sia alcuna intenzione che alla fine di detto elenco

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resti l’eco della voce le immagini a massa delle parole le une sulle altre le immagini le intenzioni le enunciazioni ci si soffermi sulle intenzioni una intenzione sull’altra una folta schiera di intenzioni

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sono anche quelle sugli alieni storie molto interessanti ci sono donne che testimoniano di essere state rapite da alieni durante il sonno e trasportate sulle loro astronavi per degli esperimenti sostengono di avere avuto a che fare con alieni ma una volta tornate a casa sulla terra non ricordano molto la loro è solo una sensazione molto forte che rimane dentro come quando ti marchiano la mente dal di dentro e restano alcune tracce è capitato anche a moltissime altre persone di vedere ufo o strani oggetti cosí molti hanno contattato il CNR per vedere se i loro avvistamenti erano attendibili alcuni collezionano foto di ufo hanno riviste sugli extraterrestri sono appassionati di questo hanno una vera e propria fissazione I want to believe vogliono convincere gli altri che è vero che gli ufo esistono che gli americani sanno molti segreti che c’è anche una zona nel deserto in America dove hanno vivisezionato corpi di alieni ci sono foto che girano sulla rete ci sono filmati fatti molto bene apposta per sembrare reali potrebbe sembrare assurdo tutto questo invece c’è un margine di incredulità che affiora e quindi non è semplice smentire totalmente queste affermazioni rimane un margine di dubbio fermo e concreto che nessuno ha l’interesse di stroncare di farne tabula rasa

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sarebbe crudele dire è inutile che ti illudi non c’è vita su Marte non c’è vita oltre il nostro sistema solare argomentando e dicendo che se anche esistessero non riuscirebbero a raggiungerci per via della relatività perché dovrebbero viaggiare alla velocità della luce qualcuno una volta ha scritto quando arrivarono gli alieni ed era come raccontare lo scenario dopo la loro venuta un intero secolo si riempiva di crepe e di polvere qualche anno fa ricordo che su tumblr c’era questo blog con foto e frasi che narravano questa storia di come gli uomini vivessero stravolti e rassegnati nelle loro emozioni dentro le loro case nel futuro adattandosi a una vita rarefatta era molto appassionante leggere le avventure e i pensieri di bgmole ogni tanto uno ne ha nostalgia la nostalgia è un elemento chiave di queste storie sugli ufo su mondi lontani che si intrecciano con i nostri la nostalgia è un sentimento epico minimo come un micron grande come la calotta terrestre che si curva sotto le stelle un sentimento prossimo all’uomo che lo avvicina alle bestiole che lo mette in accordo con la natura con il buio che si ha attorno prima di dormire che lo tiene stretto alla vita mentre gliene fa immaginare un’altra

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ho visto una ragazza sul treno la ragazza aveva una mano strana la mano sinistra che sembrava di gomma ho pensato che la mano era molto gonfia e che forse non era una mano vera che forse era una protesi una protesi ben fatta che sembrava una mano naturale poi ho visto l’altra mano della ragazza che teneva un telefonino e ho notato la differenza la mano che teneva il telefonino era piú asciutta era senza dubbio la sua mano ho guardato con molta attenzione la mano che sembrava una protesi e mi sono accorta che le dita si muovevano impercettibilmente poi ho pensato che forse la mano che sembrava una protesi era offesa che era molto gonfia in seguito a un trauma che non era detto che la mano fosse di gomma che fosse una protesi la ragazza è scesa dal treno prima di me cosí ho avuto il tempo di ripensare queste cose la ragazza aveva anche un ciuffo che le copriva un occhio come una benda sull’occhio sull’occhio destro cosí ho pensato che c’era un equilibrio tra la mano sinistra offesa e il suo occhio destro coperto il braccio sinistro piegato a novanta gradi quello della mano che sembrava una protesi corrispondeva all’occhio scoperto senza ciuffo cosí questa x immaginaria questo incrocio di pensieri che tentavano di sviare l’osservatore dalla mano strana la sua mano di gomma o la sua mano traumatizzata

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questo incrocio di linee invisibili quanto il suo disagio che forse era tutto mio perchĂŠ continuavo a guardare la mano sinistra la sua mano destra il suo occhio il ciuffo l’occhio senza ciuffo la forma della sua testa i suoi vestiti il suo sguardo le sue dita gonfie le sue dita asciutte la gente attorno questo fissare le persone questo dimenticarmi di me questo tornare in me appena lei è scesa dal treno e io sono rimasta sul treno analizzando molto velocemente la ragione per cui avevo potuto pensare queste cose se anche altri pensano queste cose sono cose che si pensano senza fatica questi pensieri che non toccano nessuno che non fanno male a nessuno che non hanno bisogno di essere detti che se sono detti come adesso pensieri non toccano le mani che pesano i guanti che stringono i telefoni che aprono porte fanno cose dei pensieri senza altri pensieri senza pensieri ulteriori quelli ultimi i primi i penultimi della lista dei pensieri prima di rientrare a casa andare a cena

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sul ponte che percorro ogni giorno sul ponticello che attraverso ogni giorno ci sono sempre ragazzi giovani studenti con gli zaini che bestemmiano molto dicono porco di qua e di lĂ ogni giorno sento bestemmiare ascolto frasi tipo quella sera tuo padre non aveva niente di meglio da fare con tua madre oppure porco zio oppure dicono porco e poi dicono dio non hanno mani forse di gomma non hanno degli ufo in sintesi non hanno banconote in sintesi nĂŠ sintesi di Buddha nĂŠ sono attori in sintesi non zombi o sintesi di zombi o con la testa grande che dondola in sintesi potrebbe dondolare o piegata da un lato o con gli occhi coperti da ciuffi di capelli molto lunghi da entrambi lati in sintesi non hanno nulla di cui sopra sono sgravati dalle cose ne hanno altre caratteristiche di sintesi che fanno sintesi che accorciano le sintesi stesse che ne fanno alcune presso altre sintesi non meno importanti e lunghe di queste che tutte di pari passo che ne fanno a meno

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comunque si estendono come fermare le sintesi che intendiamo portare avanti portiamoci avanti questo lavoro di sintesi ci portiamo avanti con il lavoro marcando breve visita alle sintesi focalizzandole meglio credendoci facendoci di sintesi fino in fondo alludendo al percorso alla mano offesa da questa sintesi che si muove alle dita solo di qualche millimetro soltanto adesso che la mano è asciutta mentre l’altra è gonfia sembra artificiale appare il ciuffo sintetizzato dal dio e dal porco da una piena di carne umana di masse che scendono a livello della strada non vi sentite come la ragazza che ho osservato

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il filosofo sta parlando del suo ultimo libro alcuni dei presenti si alzano si siedono accanto a lui e fanno domande non sembrano domande vere e proprie fanno dei lunghi preamboli che stanno a significare che chi chiede ha capito in linea generale il suo discorso le sue teorie il filosofo prende appunti e quando finiscono di parlare risponde dice che bisognerebbe realizzare un esodo dice che solo chi mantiene una percentuale di estraneità alla propria vita può fino in fondo dispiegarsi nella sua propria stessa vita poi dice altre cose e risponde con molta cura ad altre domande che non sembrano domande vere e proprie sembra che spieghino parti del libro che ha scritto perché in effetti è cosí che si ragiona non è che è facendo domande e rispondendo che si arriva a sapere quello che si vuole sapere o quello che si vuole capire si disserta si argomenta il filosofo è lí per questo per fare avere una nuova visione delle cose per allargare orizzonti conoscitivi quando poi dice che Marx aveva capito che il lavoro è lavoro salariato che è questo il fulcro del capitalismo si domanda se sarà mai possibile che in una società si abolisca il lavoro la forza lavoro il lavoro salariato se sia possibile se esiste un modo per non vendere parte della propria intelligenza della propria conoscenza

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per avere in cambio del denaro che serve per comprarsi il pane

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NOTA di Marco Giovenale

L’immagine del Buddha è nella prima parte di questo libro una sorta di chiave apparente, fantasma, che intenzionalmente (proprio per la carica semantica ampia che quel nome anzi figura può evocare) viene messa in tensione e torsione fino a spezzarsi proficuamente nella toppa della lettura e interpretazione del testo. È semmai e semplicemente «uno spartito ritmico», «uno scarto / con tutto quello che ci sarebbe da dire»: di qui l’esortazione «toglietemi il Buddha dalla testa / offritemi riparo / non saldate il conto che vi presenta il senso comune». Ecco dunque, e non da oggi, una delle strategie e meglio ancora prassi testuali del lavoro di Silvia Tripodi: una complessa, a volte ironica/elencativa e sempre sviante teoria o strada a zigzag verso la fotografia della fallacia delle nostre persuasioni, percezioni, cristallizzazioni, equivalenze, miniature o nomi pre-connotati. (Il Buddha, lo zombi, gli alieni, il filosofo: oggetti da smontare, grazie a quella Usabilità della prosa che è il titolo della sezione iniziale). Il conto con il senso comune non va saldato, va semmai ritorto e attorto – come un viottolo che si complica, appunto, o la chiave che stride nella serratura – contro ogni semplificazione e visione della vita. Contro ogni narrare che paia troppo facile a infatuarsi del proprio tono, della propria funzione. (E poesia). A maggior ragione la seconda parte del libro, Un metodo pericoloso, si asciuga in versi o prose e segmenti in linea di massima piú scheggiati, obliqui, a formare gusci architettonici leggeri, tensostrutture che lasciano vuoto il nucleo di quella che potrebbe venir ancora – a cento anni da Montale – definita “l’occasione-spinta” che ha originato la pagina. Ma la spinta nodale, il centro e l’interno di questa seconda parte, o forse il suo tema, è già nel titolo: il «metodo pericoloso», precisamente, che è quello del logos-azienda, anche; quello della «società» (si direbbe in doppia accezione: ristretta e ampia) che alimenta divisioni e conflitti, e chiede cedevolezza, flessibilità come sappiamo, o – meglio – un eufemistico «principio di modulazione». A questa violenza il libro non può che rispondere sbancando pol-

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verizzando e rendendo davvero rizomaticamente inafferrabili i termini e anche gli oggetti concreti entro i quali o grazie ai quali una qualsiasi modulazione può/potrebbe aver luogo: le «lavagnette magnetiche» da cui si cava «fallimento»; «le quinte vuote»; «i tubi di scarico»; le «monetine» che sono «infinite»; «un bel teatrino di monete e mani». In tal senso torna – unificante e utile – il riferimento dato dal titolo dell’intero libro: ellora, che da una parte indica davvero e senza scarti semantici le grotte buddiste del complesso religioso di Ellora, in India, ma proprio intese come ramificazioni (e dissipazioni dell’ego) nella roccia; e dall’altra schiaccia la testa vocalica di un assertivissimo (temporale e congiuntivo) “allora”, trasformandolo in un “è l’ora” che – dantesco o meno – non può che suonare ironico, nel contesto di distruzione del tempo individuale e collettivo che attraversiamo.

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