Expressio Dance Magazine - Anno XXIII n.ro 3/ Dicembre 2012

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coreografia e partitura musicale di Giampaolo Testoni, compositore

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he rapporto c’è fra musica e danza? Felice simbiosi o rapporto a intermittenza? È la danza a valorizzare la musica o viceversa? Tanti interrogativi per un’unica certezza: la danza trae “nutrimento” dalla musica e avere corrette conoscenze musicali aiuta il ballerino a danzare, l’insegnante a educare gli allievi, il coreografo a disegnare movimenti e sequenze.

FINE OTTOCENTO: GRANDE

collaborazione FRA COREOGRAFO E COMPOSITORE

La musica nasce dallo stretto rapporto con la forma coreografica Per capire come si è sviluppata nella storia recente la relazione tra musica e danza, è necessario risalire agli ultimi anni tra fine Ottocento e inizio Novecento. In quell’epoca, finita la grande stagione Petipa- Çaikovsky, grazie al genio di Diaghilev e i suoi Balletti Russi, la rinnovata stretta collaborazione tra coreografi e i compositori era la nuova regola indispensabile per ottenere spettacoli di qualità artistica innovativa. Gran parte dei capolavori musicali sinfonici del periodo e successivi, almeno fino agli anni Trenta, sono infatti balletti. Lo storico intenso e fruttuoso rapporto creativo fra Igor Stravinski e George Balanchine è in questo caso un esempio straordinario, ancora insuperato modello. L’arte della coreografia veniva “nobilitata” e stimolata dalle novità linguistiche delle nuove musiche di giovani compositori di talento e vi-

ceversa. Per i Balletti Russi questo scambio diretto fra le due arti produce coreografie con musiche di autori come Debussy, Prokoviev, Ravel, De Falla. Questo testimonia il grande interesse che i compositori nutrivano per l’arte coreutica e il suo rinnovamento in parziale alternativa a quello dell’opera, rimasta indietro, anche nei gusti del pubblico. Da grande arte popolare dell’Ottocento, in Russia e Francia soprattutto, la danza diventa la nuova arte d’avanguardia capace di incuriosire una grande parte del pubblico più giovane di tutta Europa, inventando un linguaggio capace di superare le caratteristiche nazionali. Il balletto esce dal classicismo e non è più formalmente un’opera muta, un melodramma mimato. L’astrazione dei nuovi linguaggi musicali cambia il modo di costruire le coreografie, sviluppa nuovi

Nell’immagine: Igor Stravinski e George Balanchine. Foto di Martha Swope/©The New York Public Library

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modi di “raccontare”: la parte mimica, dove la storia richiede una sosta per spiegare gli avvenimenti, equivalente ai vecchi recitativi operistici, lentamente scompare per lasciare lo spazio alla pura danza, ovvero alla narrazione attraverso figure e sequenze di stile “astratto”, rivelatrici dello stile personale del coreografo e non più basate su convenzioni gestuali sempre uguali ereditate da una pur gloriosa e infallibile tradizione. Un nuovo vocabolario coreografico di pari passo con un nuovo vocabolario musicale generano insieme la splendida stagione del balletto moderno. Questa comunione fra le due arti produce con alterne fortune opere importanti sino alla fine degli anni Cinquanta. Uno degli ultimi balletti frutto di una collaborazione ravvicinata è Il principe delle Pagode (1975) di Benjamin Britten, con coreografie di John Cranko. In Unione Sovietica Yuri Grigorovich non solo rivisita il repertorio russo ma cerca di operare nella creazione di novità attraverso la collaborazione con i compositori più importanti; Spartacus, su musica di Kaciaturian, è un esempio tipico di balletto sovietico coreografato da più autori nel secondo dopoguerra e i balletti di Sostakovich rappresentano l’alternativa dell’ Europa orientale alla più vivace rivoluzione dei fuoriusciti russi. Nell’America di Martha Graham la collaborazione con gli autori è essenziale almeno quanto quella con gli scenografi così come era stato e continuava ad essere in Europa grazie a Picasso, Matisse e tanti altri.

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