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Il made in Italy nel mercato del lusso in Giappone
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QUADERNI
PUBBLICAZIONE PERIODICA DELLA CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA IN GIAPPONE
LUGLIO2013
Con il contributo economico di
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The Italian Chamber of Commerce in Japan
Enokizaka Building 3F, 1-12-12 Akasaka, Minato-ku, Tokyo 107-0052 Tel. +81 (0)3.3560.1100 - Fax +81 (0)3.3560.1105 - iccj@iccj.or.jp www.iccj.or.jp
SOMMARIO
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SOMMARIO ............................................................................................................... 3 GIAPPONE: INFORMAZIONI GENERALI ...................................................................... 7 GIAPPONE: QUADRO MACROECONOMICO E INDUSTRIALE ..................................... 8 IL MERCATO DEL LUSSO IN GIAPPONE .................................................................... 11 IL BOOM E LA CRESCITA DEGLI ULTIMI TRENT’ANNI
11
CAMBIAMENTI E TENDENZE NEL MERCATO ATTUALE
12
Da “anche io” a “prima io”
12
“Mente, corpo e anima. I consumatori sono alla ricerca di esperienze del marchio maggiormente coinvolgenti.” 12
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Varietà dei brand di tendenza
13
Cosa c’è sull’etichetta?
13
L’effetto smeraldo
13
LA PERCEZIONE DEL MARCHIO “MADE IN ITALY” IN GIAPPONE I risultati
14 15
IL MERCATO DELL’ABBIGLIAMENTO IN GIAPPONE: CARATTERISTICHE GENERALI . 18 LA DONNA E LA MODA
18
L’UOMO E LA MODA
20
TENDENZE: FAST FASHION
21
ACCESSORI ............................................................................................................... 22 22
Caratteristiche generali del mercato
22
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PELLETTERIA
Statistiche di importazione
23
Distribuzione e promozione
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Analisi dei prodotti
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OCCHIALI
Caratteristiche generali del mercato
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Distribuzione e promozione
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Statistiche di importazione
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Analisi dei prodotti ALTRI ACCESSORI
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Calze
31
Accessori per capelli
31
Nail art
32
Keitai charms GIOIELLI
33
Caratteristiche del mercato Andamento dei brand d’importazione
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Il nuovo trend dei brand stranieri
33 34 35
Gli ultimi mesi
36
Canali di distribuzione
37
Caratteristiche dei prodotti
38
ASPETTI DI DISTRIBUZIONE ..................................................................................... 40 I PRINCIPALI CANALI
40
CANALI MINORI ED EMERGENTI
43
PROMOZIONE E MARKETING IN GIAPPONE ............................................................ 45 CONSIDERAZIONI SULL'INGRESSO NEL MERCATO GIAPPONESE E SUI METODI DI MARKETING 45 46
Struttura fisica
46
Scelta della location e dello store
46
Rapporto con il cliente e assistenza post-vendita
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Lotti di produzione
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Standard di qualità
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Stagionalità
VEICOLI DI PROMOZIONE
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Fiere
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Riviste
52
Le missioni commerciali
TRACCIABILITÀ DEL MARCHIO IN GIAPPONE .......................................................... 53 ETICHETTATURA
53 53
Il panorama legislativo Le etichettature volontarie Protezione del marchio
54 54
Legge sulla responsabilità del prodotto (product liability act)
55
Legge del design (ishô-hô)
55 56
Il licensing dei marchi
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Legge del marchio (shôhyô-hô)
56 57
Marchi di servizio
58
Marchi non registrabili
58
Il marchio noto
58
Legge di prevenzione della concorrenza sleale
58
Il processo di registrazione
58
Tasse per la domanda di registrazione (tôroku-ryô)
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Registrazione internazionale dei marchi
59
Validità e durata della registrazione del marchio
59
Cancellazione dei marchi
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Tutela del made in Italy
60
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Registrazione del marchio collettivo (dantai shôhyô)
IL VANTAGGIO STRATEGICO DEL MADE IN ITALY NEI MERCATI GLOBALI ............... 62 Il settore del lusso e la lotta con il mercato globale
62
Fast luxury
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Cos’è il made in Italy?
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“Italianità” del fashion italiano
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Il vantaggio strategico del made in Italy
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Dal globale al locale
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Struttura base del made in Italy
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Da “fast” a “slow”
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Made in Italy e sostenibilità
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ALCUNE DELLE IMPRESE ITALIANE DEL SETTORE DEL FASHION IN GIAPPONE .......... 77 Appendice I – Importatori giapponesi di tessuti ....................................................... 79
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Appendice II – Principali riviste nel settore della moda e degli accessori ................. 84
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GIAPPONE: INFORMAZIONI GENERALI
Figura 1 - Cartina amministrativa del Giappone
Popolazione: 126,659,683 Superficie: 377,944 kmq Capitale: Tokyo
Principali centri urbani: Osaka, Nagoya, Yokohama, Sapporo, Kobe, Kyoto, Fukuoka
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Lingua: giapponese
Valuta: yen giapponese (JPY)
Tasso di cambio medio nel 2012: 1 euro (EUR) = 106.75 yen (JPY) Tasso di cambio medio nel 2013 (gen-aug): 1 euro (EUR) = 126.69 yen (JPY) Sistema di governo: monarchia costituzionale
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nome del marchio, che ha evidenziato un cambiamento verso l’acquisto dettato dagli interessi personali e non quelli di appartenenza a un gruppo.
L’UOMO E LA MODA
In Giappone sono molto diffuse anche le riviste di moda, come Popeye, Men’s non-no e Fineboys, contenenti consigli di stile e moda per giovani uomini eterosessuali, un fenomeno che secondo il sociologo J. Clammer13 non trova lo stesso riscontro nella cultura maschile euro-americana. Ciò che accomuna queste tre riviste sono soprattutto quattro aspetti: la diffusione di massa, il target mirato ai giovani ventenni eterosessuali, un focus sullo stile “kireime” (traducibile con moda casual-high) e la completa assenza di materiali sessualmente espliciti. Questo contraddice lo stereotipo secondo il quale gli uomini prestino più attenzione alla praticità di un indumento piuttosto che alla sua estetica.
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All’interno delle riviste, inoltre, si possono trovare consigli su come abbinare gli accessori oppure su come fare una buona impressione attraverso l’uso del giusto profumo. Vengono quindi catalogati diversi tipi di fragranze in diverse categorie come fresco, dolce, selvatico o sexy, all’interno delle quali vengono proposti diversi brand (come ad esempio il Burberry sport nella categoria del fresco, oppure il Romeo Sweet Key tra i profumi dolci). L’uso di terminologie tipicamente femminili, come dolce o carino (kawaii) non influiscono sull’identità maschile dei lettori, suggerendo che i giovani giapponesi, ovviamente entro certi limiti, tendono a non rimarcare in modo netto le immagini di genere convenzionali.
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Nelle pubblicità dedicate alla moda maschile, si trovano spesso affiancati modelli giapponesi ed europei o caucasici, che spesso adottano uno stile molto diverso. Elaborato e appariscente per i primi, ordinato e conservatore per i secondi. L’uso di modelli stranieri, infatti, ha lo scopo di far sentire i consumatori parte del fashion internazionale, mentre la presenza di modelli giapponesi serve a dare l’idea di non essere completamente “occidentalizzati”. Gli uomini giapponesi vedono nella moda europea un modello di mascolinità fisica molto diverso da quello giapponese, come ad esempio la pubblicità proposta nella collezione Estate 2010 di Dolce e Gabbana, nella quale viene proposta quasi una “iper-mascolinità” superiore a qualsiasi altra campagna pubblicitaria. La mascolinità del “salary-man” (“colletto bianco”) ha rappresentato il modello di riferimento fin dalla seconda guerra mondiale, incarnando qualità come dedizione, diligenza, zelo, sacrificio personale e duro lavoro, e imponendo un abbigliamento composto da camicia bianca, completo scuro, nessun accessorio appariscente e una capigliatura ordinata.
13
Clammer, John. 1995. “Consuming Bodies: Constructing and Representing the Female Body in Contemporary Japanese Print Media.” In Lise Skov e Brian Moeran “Womens,Media and Consumption in Japan” pp. 197-219. Richmond: Curzon Press
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I modelli leggeri, che all’interno della montatura combinano metallo e plastica, sono estremamente diffusi, in quanto considerati comodi e pratici. Per gli occhiali da sole, le montature trasparenti o a stampa, che richiamano la stessa fantasia degli abiti indossati, stanno registrando una forte popolarità. Per lo sport, i più diffusi sono i modelli composti da una montatura minimale, che si presentano come leggeri e flessibili.34
ALTRI ACCESSORI Calze
In Giappone è molto diffuso l’uso di sandali, scarpe con i tacchi e stivali abbinati con delle calze alla caviglia, oppure, nel caso in cui si indossi una minigonna, che arrivino oltre il ginocchio. Questa combinazione di sandalo e calza in Italia viene vista come non alla moda e sciatta, mentre i giapponesi sono riusciti a farne un trend molto diffuso e seguito.
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L’origine più probabile di questa moda è dovuta all’elevato tasso di umidità del Paese, che rende inconveniente l’utilizzo dei sandali a piedi nudi. Le calze sono spesso ricamate, con un orlo in merletto oppure delle fantasie che possono essere abbinate all’abbigliamento.35 Figura 5 – Diversi tipi di calze
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In passato, c’era la tendenza a pensare che indossare le calze rendesse meno attraenti, ma tra le ragazze giapponesi si è più recentemente diffusa l’idea che indossare le calze aiutasse a distogliere l’attenzione dai difetti e dalla forma delle gambe. Questa è, molto probabilmente, l’idea con la quale si spiega anche il boom negli anni ’90 degli scaldamuscoli abbinati alle gonne dell’uniforme scolastica.
34
http://blinc-aoyama.com/brand/emmanuelle-khanh/2013-04-07/sunglass/
35
http://web-japan.org/trends/11_fashion/fas111020.html
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Fiere
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Grazie al notevole avanzamento tecnologico, le fiere sono divenute molto efficienti nella divulgazione di informazioni; per questo motivo sono viste dalle aziende come potenti occasioni di marketing. Esporre in presenza è generalmente ritenuto uno dei metodi più diretti per raggiungere nuovi consumatori e incrementare il proprio business in territori non ancora coperti. In Giappone, tuttavia, come conseguenza della generale tendenza a privilegiare la costruzione dei rapporti a lungo termine, gli eventi fieristici tendono a essere meno simili a una fiera campionaria (mihon-ichi) e spesso più aderenti al concetto di esposizione (tenjikai), dove il fine è soprattutto quello di conoscersi al fine di instaurare un rapporto commerciale in un secondo momento. Occorre quindi considerare differentemente il ritorno sull’investimento rispetto alle fiere europee e americane, ed eventualmente associare all’esposizione un’agenda predefinita di incontri con buyer.
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Caratteristiche Le fiere sono solitamente aperte al pubblico, ma in alcune ore (generalmente la mattina o i giorni feriali) l'ingresso è limitato alle persone interessate a fare business con gli espositori. Una caratteristica giapponese è la frequente organizzazione di fiere da parte dei gruppi industriali. Secondo il database delle esposizioni della rivista “Pop”63 quasi la metà delle fiere tenute in Giappone (44%) è organizzata da enti privati e aziende di servizi pubblici. Recentemente il numero di aziende specializzate in organizzazione di mostre e fiere è aumentato, così come il numero di eventi organizzati, mentre il peso dei gruppi industriali è diminuito. Infatti sono numerose le fiere organizzate da enti pubblici, case editrici, aziende di attrezzatura di sale, e specializzate in progettazione. Gli eventi organizzati dai gruppi industriali, più che fiere caratterizzate da una trattativa commerciale improntata a un'inutile competizione tra impiegati all'interno dell'azienda, sono esibizioni che considerano soprattutto una pubblicità che aumenti il riconoscimento sociale nel settore. Tradizionalmente l'influenza di grossisti e ditte commerciali era forte, e non vi erano molti spazi in cui promuovere le fiere come tramite per le operazioni commerciali.
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Le maggiori fiere legate al reparto moda Gennaio
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JWF INTERNATIONAL FASHION FAIR (JWF-IFF), Tokyo, 26.000 visitatori. La più grande fiera del fashion in Asia: vi partecipano circa 700 aziende da più di 60 Paesi; l'entrata è libera, solo a scopo di business.
http://www.jetro.go.jp/j-messe/column/pdf/fair_exhibition.pdf
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Si capisce pertanto che sono i gruppi di piccole e medie imprese, concentrati nelle regioni di produzione e per lo più a gestione familiare, a sostenere la struttura di produzione artigianale tipica italiana. Di solito il sistema di produzione regionale, non solo nel settore della moda, dispone di condizioni favorevoli, caratteristiche per le industrie legate al territorio che possono favorire un'accelerazione di vendite e produzione: la costruzione di fiducia e assicurazione di qualità per i prodotti regionali; un'attività di coordinatori (“l'impannatore di Prato”, il “converter” di Como ecc.) che facciano da intermediari nel sistema delle regioni produttrici specializzate; l'utilizzo di misure per la promozione dello sviluppo industriale regionale che racchiudono l'accumulo di know-how tecnici; la raccolta fondi e la formazione di talenti; la flessibilità di performance di produzione; e il network tra le aziende.
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Di fatto, nelle zone di produzione italiane, dal periodo di ricostruzione post bellico la filosofia di design che unisce in sé sia lo spirito di iniziativa, che anticipa i fondamenti di produzione artistica degli artigiani e il gusto del periodo, sia efficacia ed estetica, ha permesso lo sviluppo costante di una capacità creativa in grado di indirizzare le tendenze mondiali. L'Italia, grande Paese della moda e fortemente dipendente dalle esportazioni, a partire dagli anni Ottanta, in un contesto caratterizzato dalla veloce espansione della globalizzazione, sta cercando di ottenere il suo spazio nel mercato mondiale puntando su brand di alto livello attraverso un particolare sistema di produzione che genera beni ad alto valore aggiunto e continua a differenziarsi nettamente dai prodotti ad alta intensità di manodopera straniera. Di certo sull'onda della globalizzazione si aggrava lo svuotamento della produzione locale tradizionale, così come aumenta il senso di crisi per la successione generazionale nell'amministrazione delle regioni di produzione e per la formazione di personale esperto, mentre anche il carico di rischio riguardante i limiti del sistema di vendita e distribuzione distintivo della piccola-media impresa è altrettanto pesante.
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Però ciò che merita attenzione nel sistema artigianale definito anche “terza Italia” dalle compagnie mondiali, non è altro che ciò che si nasconde dietro alla competitività richiesta a una produzione diversificata e in piccoli lotti di prodotti ad alto valore aggiunto, che non può trovare realizzazione nelle sole teorie di rendimento dei costi di produzione. Inoltre, nell'ambiente artigiane di piccola scala, il significato del sistema di produzione regionale di oggi sta nella nascita di idee inedite e nell’indipendenza di imprenditori creativi. Si può dire che il potenziale globale del fashion italiano stia proprio nel carattere “locale”. Per quanto riguarda la supremazia strategica di questo sistema di produzione locale, ad esempio nel campo della moda, il sistema di produzione italiano dipende dalle esportazioni ma, soprattutto a partire dal rapido sviluppo della globalizzazione dopo gli anni Ottanta, si è assistito a una
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Riviste femminili dai 20 anni Oggi
150.000 copie, rivista indirizzata a donne dai 25 ai 35 anni; lo stile di fashion proposto è adulto ma grazioso.
230.000 copie, rivista rivolta principalmente a donne dai 25 ai 35 anni che aspirano a una carriera internazionale; propone uno stile elegante.
MISS
EW
and GIRL
EV I
110.000 copie, il target comprende donne dai 25 ai 35 anni, lo stile rientra nel mainstream.
CLASSY
AneCan
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215.000 copie, il pubblico femminile ha un’età compresa tra i 25 e i 35 anni, soprattutto Office Ladies; lo stile proposto è elegante.
320.000 copie, rivista rivolta a donne fino ai 30 anni, lettrici più adulte della rivista CanCam, da cui deriva. Lo stile proposto è elegante e sofisticato.
UNI.T
80.000 copie, il target è composto da studentesse universitarie tra i 18 e i 24 anni; rivista gratuita di fashion e beauty che propone uno stile carino e quotidiano, ma che dà anche informazioni su circoli e corsi. Distribuito solo nelle prefetture di Tokyo e Kanagawa.
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