Villa del Quar, our history

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Villa del Quar V I L L A V E N E T A nella Campagna Veneta “la Campagna è sempre amabile, sempre piena di attrattive per gli animi nobilmente disposti” Francesco Petrarca

Veduta dall’alto di Villa del Quar con il Brolo e la campagna circostante. Sullo sfondo in alto a sinistra la Portineria di Villa Santa Sofia, la villa eretta su disegno di Andrea Palladio, dal 1996 sotto la tutela dell’Unesco


Palazzo Dominicale ( Padronale ) di Villa del Quar esposto a Sud

Villa del Quar è un‟elegante villa veneta in Valpolicella con Palazzo, rustici, parco e vigneto sorta in un antico e bellissimo “Brolo” lungo la via Claudia Augusta Padana, una strada di epoca romana che a quel tempo rivestiva una grandissima importanza. Dista solamente 5 km da Verona, città sotto la protezione dell‟Unesco , nobilitata nei secoli da artisti locali, italiani e stranieri. Shakespeare è stato tra i primi stranieri ad innamorarsi di questa città meravigliosa descrivendola con opere immortali come “Romeo e Giulietta” e “ La bisbetica domata” e facendola così conoscere in tutto il mondo. Le opere di restauro conservativo che hanno portato alla realizzazione dell‟hotel e del ristorante sono durate tre anni (dal 1990 al 1992 compreso). La villa è di proprietà della Famiglia Montresor che ha curato e seguito il progetto di restauro e gestisce le strutture ricettive e di ristorazione. Dal 1996 Villa del Quar fa parte della prestigiosa catena dei Relais & Chateaux. Questa villa veneta con tutto il suo complesso, come la gran parte delle quattromila dimore patrizie che di trovano in Veneto, è stata dichiarata Monumento Nazionale dal Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali. È pertanto da considerarsi un‟opera d‟arte a tutti gli effetti da rispettare, salvaguardare e amare.

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Per gli ospiti che verranno soggiornare nel nostro hotel, curiosi di conoscere la storia della Villa e del territorio, le seguenti notizie storiche, architettoniche e culturali, rappresentano un necessario approfondimento, una preparazione. La stesura di questa analisi è altresì servita al sottoscritto per capire come impostare le opere di restauro. Per gli ospiti che desidereranno approfondire i temi di seguito trattati è a disposizione nella Sala da The una piccola, ma esaustiva biblioteca con testi in più lingue. Il testo è scritto in tre diversi colori che identificano altrettanti territori considerati. Il racconto evidenzierà il continuo e trasversale rapporto storico tra Venezia e il suo territorio, Verona con la Valpolicella e Villa del Quar . I diversi colori lo rendono facilmente leggibile e comparabile in ogni momento. I primi passi Negli anni Sessanta la villa non si trovava in buone condizioni, (vedi foto a pag. V e XXXI ), e nemmeno quando la ereditai da mio padre nel 1985, anche se avevo già a quell‟epoca restaurato il Palazzo. L‟onerosità di questo primo lavoro già mi diede la misura di quale impegno avrebbe comportato il restauro dell‟intero complesso. Mi spaventava molto l‟estrema complessità dell‟insieme, cui si aggiungeva un forte senso di rispetto per la storia del luogo. I fabbricati, inoltre, ad un primo esame non mi sembravano in buone condizioni statiche, soprattutto le strutture orizzontali. Invece, con mio stupore, mi resi conto che sia i paramenti murari, sia le strutture lignee erano in buone condizioni. Merito di chi mi aveva preceduto operando continue opere di manutenzione soprattutto delle coperture: si sa, infatti, che l‟acqua piovana è il peggior nemico delle strutture lignee. Avevo capito perfettamente che avrei dovuto non solo restaurare i fabbricati , ma anche recuperare gran parte delle funzioni della campagna sia a livello produttivo, sia a livello paesaggistico, anche in riferimento al territorio circostante. Poi ho cercato di immedesimarmi in coloro che avevano pensato e poi costruito la Villa, posseduta e vissuta, cercando quindi di viverla a mia volta, ma secondo il mio modo di essere, pur sempre con grande rispetto. I tempi erano chiaramente mutati, le necessità diverse. Solo in seguito ho capito quanto fossero simili, nonostante tutto, le problematiche. Ma ormai era troppo tardi, ero pervaso da un nascente amore per la campagna, i condizionamenti delle stagioni, qui veramente vissuti, per i valori veri della terra, per gli animali. Lo confesso: mi sono anche impaurito perché mi sentivo investito da una grande responsabilità. Sono diventato sempre più cauto nelle scelte ed avevo bisogno di aiuto e di conforto . Per non sbagliare, mi sono imposto il confronto con esperti ed amici particolarmente sensibili a queste problematiche, perché le scelte erano sempre e costantemente importanti. Voglio ringraziare due carissimi amici: l‟Architetto Giannantonio Prospero e sua moglie, ai quali devo molto per i loro consigli sempre molto equilibrati e rispettosi della villa. Devo al Soprintendente di allora, ai funzionari della Soprintendenza di Verona ed al Ministero dei BBAA di Roma, se negli anni Ottanta la Villa è stata salvata da un gravissimo pericolo. Un contadino-allevatore, che possedeva una campagna confinante, aveva presentato un progetto per costruire a soli 15 metri di distanza dalla chiesetta barocca, una stalla di ben 20.000 metri cubi dove allevare 6.000 mucche: sarebbe stata la fine. Tra l‟altro la vocazione di questo territorio è per la coltivazione e certamente non per l‟allevamento intensivo di animali. E‟ stata una lotta dura, dispendiosa, durata quasi dieci lunghi anni, ma alla fine la Villa ed il territorio circostante sono stati salvati. A quel tempo l‟Amministrazione Comunale aveva rilasciato con una certa facilità la concessione edilizia. Ma nell‟arco di pochi giorni la Soprintendenza di Verona ed il Ministero sono riusciti nel miracolo. Poi ricorsi al Tar ed al Consiglio di Stato: sono stati grandiosi, a loro la Villa deve moltissimo. Ma ci sono stati altri momenti in cui la Villa ha corso dei pericoli, forse meno gravi, ma che hanno segnato il mio destino di Proto della Villa. III


Avevo 16 anni, abitavo a pochi chilometri e spesso con i miei genitori venivo in campagna, al Quar. Ricordo che già a quel tempo erano stati eseguiti dei lavori con solai in latero-cemento per ricavare due stalle con soprastanti fienili. La Villa ancora non era stata sottoposta a vincolo monumentale. Comunque già allora i due solai non mi piacquero. Ci incontrammo con lo stesso geometra, amico di famiglia, che aveva fatto realizzare i due invisi solai, ero molto attento e altrettanto diffidente dalle sue soluzioni. Si dovevano realizzare due bagni per le famiglie dei mezzadri. Il geometra propose di realizzarli a sbalzo all‟esterno della struttura. Mi indignai e suggerii una diversa soluzione proponendo di ricavarli sotto le scale esistenti per non compromettere altri spazi: questa fu la mia prima opera come futuro architetto. Successivamente mi opposi all‟ampliamento della sede della Claudia Augusta e alla realizzazione del depuratore comunale a poche centinaia di metri dalla Villa, aiutando l‟Amministrazione nelle trattative per l‟acquisizione di una‟area più adeguata vicino alla ferrovia. Capii che era urgente apporre norme di salvaguardia e nel 1974 mi recai con mio padre in Soprintendenza chiedendo che la Villa fosse sottoposta a vincolo monumentale . La Soprintendenza accettò la domanda, previa verifica del possesso delle caratteristiche necessarie e sufficienti, e la inoltrò al competente Ministero. Pochi mesi dopo con mia grande gioia ci fu notificato e trascritto il vincolo presso la conservatoria dei registri immobiliari. Poi ci furono le trattative con le tre famiglie di mezzadri che coltivavano la campagna di nostra proprietà. All‟età di 18 anni, grazie all‟aiuto determinate dello zio Francesco Quintarelli, al quale ero molto legato, riuscii a convincere la prima famiglia a lasciare libero un terzo della proprietà dalla mezzadria. Ma fu grazie all‟intervento di un formidabile funzionario di Confagricoltura, il Sig. Giavoni, che liberammo la restante proprietà pur cedendo una parte, anche se la più lontana al di fuori delle mura del Brolo, della superficie di circa 20.000 metri quadrati. Avevo la quasi totale libertà di movimento, perché prima, con i mezzadri, ogni modifica dello status quo era fonte di discussioni anche pesanti … e poi odiavo il disordine contadino, mentre amavo la pulizia, la razionalità, l‟ordine . La lotta con i mezzadri, a seguito dell‟approvazione della legge De Marzi Cipolla sugli affitti agrari, subì un‟accelerazione. Mi consolava il fatto che sin dal 1400 le lotte con i contadini erano state cruente, quindi nulla di nuovo. Fortunatamente nei miei confronti, anche se molto giovane ed inesperto, i mezzadri sono sempre stati corretti, per quanto accorti, furbi, forse duri. Alla fine , con reciproca soddisfazione, si giunse ad un accordo che fece contente entrambe le parti. Avevo liberato la campagna, ma ora dovevo anche occuparmene, come poi ho fatto.

IL restauro Ho frequentato alla fine degli anni Sessanta la Facoltà di Architettura all‟Università di Venezia, dove mi sono laureato in quattro anni avendo come Relatore il Prof. Valeriano Pastor e Rettore il Prof. Carlo Scarpa. L‟Architetto Scarpa ha profondamente influenzato la mia visione dell‟architettura, mi hanno affascinato il suo metodo di restauro, i particolari architettonici e infine i suoi mobili moderni. Alcuni sono tuttora presenti nell‟arredamento dell‟Hotel. Esercito la professione di Architetto dal 1972. Nel primo periodo della mia professione ho collaborato con un carissimo cugino e maestro che mi ha insegnato come avrebbe fatto un padre al proprio figlio, forse anche più. Pietro Zorzi era bravissimo nel progettare ville moderne, con forme tipiche del territorio e con un‟attenzione particolare all‟inserimento ambientale mediante l‟uso di materiali locali . Abbiamo progettato e realizzato insieme anche edifici pubblici quali chiese, case di riposo per anziani, ospedali in Italia ed in Brasile, edifici di ambito funerario, oltre a numerose ville classicomoderne. Successivamente ho aperto il mio studio a Villa del Quar ed ho progettato villaggi di piccole e grandi dimensioni fino a raggiungere anche le mille abitazioni. IV


Ma mi sono veramente entusiasmato nel restauro per una committenza privata, ma soprattutto nel restauro della Villa di famiglia: il Quar. In questo caso non avevo vincoli se non il buon gusto ed il rispetto dell‟antico, con la precisa volontà di ricreare atmosfere e suggestioni del passato. Ho sfruttato tutte le conoscenze dei materiali moderni, ma soprattutto ho restaurato riutilizzando materiali antichi, facilmente reperibili in Italia, con metodo filologico. Amo visceralmente questa Villa, sono profondamente legato a questo territorio, passione che ho trasmesso a mia moglie Evelina e per questo insieme abbiamo cercato di restaurare la nostra Villa nel miglior modo possibile. All‟inizio dubbiosa, poi sempre più coinvolta e convinta, Evelina mi ha seguito e spronato durante tutte le opere di restauro, apportando il suo prezioso e costruttivo contributo. I lavori sono stati eseguiti in rapporto alle nostre possibilità economiche, ma principalmente secondo la nostra cultura e sensibilità. La Villa è di proprietà della nostra Famiglia Montresor dai primi anni del Novecento. Venne acquistata dal bisnonno Alfredo Danese nei primi anni del secolo scorso al Casinò di Venezia da un Signore che l‟aveva appena vinta al gioco. Devo quindi a mia nonna e poi a mio padre l‟avermi tramandato la proprietà facendomi apprezzare le gioie e i valori della campagna.

Foto degli anni ’60 del fronte est del Complesso di Villa del Quar con le concimaie

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Foto degli anni ’60 del parco e di parte del Brolo di Villa del Quar

Il primo impegnativo lavoro fu quello di restaurare il Palazzo Dominicale per abitarvi al primo e secondo piano, il secondo fu di aprivi lo studio di Architettura al livello del piano terreno. Ci siamo subito trasferiti (1982) in campagna, mi ricordo, all‟inizio della primavera. Immediatamente abbiamo capito la bellezza di viverci, io ho imparato ad apprezzare il mutare delle stagioni, la gioia della fine dell‟inverno e l‟arrivo della primavera. Mi piaceva leggere i primi segnali di risveglio della natura, dopo la pausa invernale, nelle piante e nei fiori. Era davvero bello, anche se difficile, vivere soli e con poche comodità. Ci siamo circondati di animali : il primo Schnautzer gigante di colore nero si chiamava Tundra e da allora sempre Schnautzer giganti. Per non lasciarlo solo era necessario un altro cane, ed allora avanti, poi un gatto. Avevamo compagnia. Poi la civetta da sempre presente come segno di fortuna. Ma con l‟apertura dell‟Hotel e del Ristorante tutto è migliorato e ci siamo trovati magicamente in contatto con personaggi provenienti da tutto il mondo. Nel 1990 sono iniziati i lavori terminati alla fine del 1992, anche se, a dire il vero, i lavori proseguono ogni anno durante la chiusura per rendere sempre più bella Villa del Quar. Abbiamo così eliminato il senso di isolamento e ci siamo immersi in un continuo confronto tra culture e mentalità diverse: esperienze continue di confronto che ci hanno regalato un‟apertura mentale internazionale. Il restauro è stato eseguito con materiali sia presenti in sito , quali porte, solai lignei e travture lignee, cantinelle in cotto , conventini in legno e materiali di recupero acquistati ma originali, mobili ed arredi antichi, porte e travature antiche: tutto autentico e coevo per riprodurre magicamente le atmosfere del passato . I vari fabbricati durante le due guerre mondiali erano stati spogliati dei mobili antichi , pochi arredi erano rimasti, ma con impegno e con il fondamentale contributo dei due splendidi amici architetti siamo riusciti ad acquistarne altri del territorio e della stessa epoca. Abbiamo così cercato di ricreare un‟atmosfera autentica, così come doveva essere tra la fine del „700 e i primi dell‟800, rafforzata dall‟arredo e dalla finiture. Abbiamo frequentato i più famosi ed accreditati mercati di antiquariato in Italia (Parma, Piazzola sul Brenta, Modena, Gonzaga) e in Francia, in Provenza (Isle sur la Sorgue), abbiamo partecipato ad aste (Vienna al Doroteum), visitato brochantes in Italia Francia per reperire arredi, porte, travature e materiali antichi, sempre coevi. Lo stile principale che caratterizza l‟arredamento della Villa è “Impero” sia Italiano che Francese. Ma per eseguire correttamente le opere di restauro, ho ritenuto fosse fondamentale conoscere bene la nostra storia e la nostra cultura per arrivare a determinate soluzioni. Come proprietario di una Villa, più mi immergevo nello studio, più mi riconoscevo nel pensiero di chi mi aveva preceduto ed aveva vissuto le medesime sensazioni: il primo aspetto che desiderai approfondire fu il rapporto tra l‟arte, l‟architettura e la campagna. Questo testo verrà pubblicato sul nostro sito internet, per cercare di spiegare ai nostri ospiti, che fossero essere interessati, le ragioni delle scelte. --- o --- o --- o --VI


La storia, la pittura, l’architettura, la letteratura, la politica, gli eventi socioeconomici , il territorio con le sue trasformazioni, vi faranno capire la ragione di alcune soluzioni adottate.

Nero: storia di Venezia Verde: storia di Verona e della Valpolicella Rosso: storia del Quar

Le Ville Venete Nascono come investimento “immobiliare” nel territorio Veneto in alternativa agli investimenti commerciali di Venezia sui mari. Nascono anche come necessità della Repubblica di Venezia di garantirsi autosufficienza in tempo di guerra o di proteggersi dalle carestie, utilizzando i prodotti delle campagne circostanti. Inoltre Venezia, che non è mai stata invasa dai barbari, vedeva aumentare la propria consapevolezza di essere erede dell‟antica Roma, perciò le ville venete si ispirano a quelle edificate nelle province romane, non ultime quelle dell‟Alto Adriatico. Le Ville del Palladio illustrano la complessità della “civiltà” delle Ville che trovano ispirazione dallo studio dei testi e dei monumenti classici con l‟aggiunta di elementi derivanti sia dalle tradizionali aziende agricole Veneziane, sia da forme ed elementi derivanti da castelli medioevali. Le Ville al tempo di Roma ed il mito della campagna Fin dai tempi dell‟antica Roma, la Villa è un “mito” coltivato dalla borghesia urbana sui benefici e sui piaceri della vita di campagna descritti dal “De Rerum Naturae” di Lucrezio, dalle Bucoliche e dalle Georgiche virgiliane. Il programma essenziale della Villa è rimasto invariato per oltre due mila anni da quando venne definito dai patrizi di Roma, soddisfacendo una necessità ideologica e psicologica, quella del cittadino che vede nella campagna, oltre che un possibile impiego di capitali, un luogo per il divertimento, il riposo, il raccoglimento e lo studio. I primi abitanti della Valpolicella e l’epoca romana Il territorio veronese apparteneva alla regione decima d‟Italia, la Transpadana . La città di Verona nell‟88 a.c era colonia latina ascritta alla tribù Publilia rettan fino all‟età di Augusto, da un Proconsole Romano. Due lapidi rinvenute da Scipione Maffei testimoniano che gli antichi abitanti si chiamavano a quei tempi Arusnates ed erano probabilmente di origine etrusca. Lo storico Teodoro Mommsen invece affermò in un suo libro che le origini degli Arusnati fossero retiche e che il Pagus Aerusnatium dipendeva dalla Repubblica Veronese. Gli abitanti del Pagus avevano loro divinità tra cui la “ Minerva Augusta”, ripresa poi come simbolo di protezione nel cinquecentesco fregio di sottogronda dell‟ala est di Villa del Quar.

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Foto del fregio cinquecentesco di sottogronda con Minerva rappresentata sotto le sembianze di un guerriero tra satiri e putto danzante.

In quell‟epoca la Valpolicella era abitata da una popolazione dalla civiltà molto avanzata, composta in parte da famiglie nobili e latifondiste a testimonianza del fatto che già allora la Valpolicella sarebbe stata un luogo prediletto per la villeggiatura, tanto che il dedicarsi all‟agricoltura era fin da allora considerato “nobilissima cosa”. Sorsero “Vici” probabilmente intorno alle grandi fattorie possedute dalle famiglie patrizie che erano a capo delle tribù e che avevano alle loro dipendenze schiavi o coloni legati alla gleba. La tradizione agricola, che è il vanto e la caratteristica della fecondissima terra della Valpolicella , ha così anch‟essa origini lontane. Sembra che in Valpolicella Mario abbia combattuto i Cimbri, rifugiatisi poi nei monti più vicini, e che Stilicone, generale di Onorio, qui sconfisse i Visigoti di Alarico. Il Quar in epoca Romana In epoca romana transitava nei pressi del Quar l‟importantissima via Claudia Augusta Padana, arteria di collegamento e via di traffici commerciali con la vicina Germania. Il Quar nasce come castrum romano fortificato, con un proprio Fundus organizzato a difesa contro le scorrerie barbariche. Risalgono a quest‟epoca, come elementi tuttora presenti, la bifora della facciata a sud della villa padronale , l‟antichissima cantina, costruita a confine della via Claudia Augusta, seppure a livello più basso, con il bellissimo soffitto a volte, le nicchie e il pavimento realizzato in sasso reperito nel fiume Adige che scorre poco lontano. Molto probabilmente anche la parte più bassa dell‟attuale muro del “Brolo” risale all‟epoca romana a definizione delle dimensioni del Fundus.

“ Bifora” di epoca Romanica ,con inserito un arco gotico in cotto , situata nell’edificio” Dominicale”o Padronale

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Vista interna della cantina a “volti” di epoca Romanica

Verso la struttura feudale: il Castello Alla complessa organizzazione agricola romana si sostituisce il feudo che ha la sua espressione nel castello, chiuso ed arroccato, struttura che nasce sotto l‟influenza della cultura dei popoli nordici. Un complesso a struttura isolata che si pone con caratteristiche difensive nei confronti dell‟esterno, a protezione dei contadini. La villa sarà invece un complesso a carattere estroverso, che si integra con il territorio circostante in cui né il padrone, né i contadini temono invasioni e assedi. Con l‟inizio dell‟età barbarica e il susseguirsi delle invasioni, le notizie sulla Valpolicella si perdono completamente. Si sa che nel periodo longobardo esisteva un Castrum Rothari, forse dal nome di Rotari che fu re dei longobardi dal 636 al 652 d.C., e si parla del famoso Ciborio di San Giorgio eretto al tempo del re Liutprando. Si ricorda anche Carlo Magno che, sempre dalle colline della Valpolicella, portò l‟assedio al prode e sventurato Adelchi che si era rinchiuso in Verona, fortezza più munita e più adatta a salvare le sorti del regno longobardo. Anche Berengario, con i famosi diplomi datati 905, doveva possedere una Villa situata con ogni probabilità in quel di San Floriano. Il nome “Val Polesela” appare per la prima volta in un decreto di Federico Barbarossa del 1177. Lo ritroviamo anche in un altro diploma dell‟Imperatore del 1178. Tra l‟XI ed il XII secolo il territorio veronese si andava frazionando in piccoli comuni rurali indipendenti tra loro che si formavano attorno ad alcune “Ville” vicine o in base alla circoscrizione ecclesiastica delle Pievi. Il territorio della Valpolicella è infatti molto ricco di queste Pievi di epoca romanica: la Pieve di San Floriano, San Giorgio, Negrar ed Arbizzano oltre ad altre minori. Al tempo dei Longobardi il territorio veronese era diviso in “sculdascie” che corrispondono alle “contrade” dell‟età pre-comunale.

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Con le scorrerie degli Ungari si rese necessaria la costruzione di castelli sia da parte degli abitanti dei “Vici” ( i vicini ) che si costruivano un “Castrum” in territorio signorile già infeudato, sia eretti dal Signore per proteggerli in cambio dell‟assunzione di obblighi. Interessante è consultare una copia fotografica di una mappa cinquecentesca scattata nei musei vaticani e posta nella hall dell‟hotel dalla quale ben si evince che tutte le aggregazioni edificate erano strutturate come castelli. Con il diffondersi del feudalesimo l‟antica organizzazione del territorio veronese si spezzò e buona parte dei diritti regi venne assegnata ai privati. Nel 1311 la Valpolicella viene costituita in feudo a Federico della Scala, nobile Ghibellino, staccata dal comune di Verona assunse così un grande valore sia politico sia strategico perché si trovava geograficamente al confine con il Trentino. La struttura del Quar in questo periodo diventa ancor più fortificata ed ampia come estensione , un vero e proprio castello con murature perimetrali in sasso d‟Adige, rimesse in luce durante le opere di restauro nel 1980, attualmente visibili nel portico occidentale e costruite con la medesima metodologia costruttiva di Castel Vecchio a Verona Il Quar è documentato fin dal 931 d.C. quale Vicus appartenente alla Valpolicella. Esistono altri documenti successivi che attestano l‟esistenza di questa località definita Vicus, locus o fundus e citata con le seguenti denominazioni: Arquade, Arguara, Argaris, Coaro (dal romano coaro, ovvero il corno del bue svuotato in cui veniva infilata la pietra per affilare la lama della falce), Arquadre (prima di assumere l‟attuale denominazione): Quar Nel medioevo alcuni personaggi hanno caratterizzato questa località: All‟inizio del Duecento alcune terre del Quar appartenevano ad un certo Albertino Gambarino che vi coltivava frumento, miglio e segala.

Particolare della muratura a “lisca di pesce” in sasso d’Adige sec. XII / XIII

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Risale probabilmente a quest‟epoca l‟antico pozzo presente nel bagno della stanza n. 4, detta ovviamente “del Pozzo”, che rendeva autosufficiente l‟intera comunità. La profondità è di 26 metri, il diametro è di ml. 1,20, una lampada lo illumina mettendo in evidenza la perfetta struttura circolare eseguita in mattoni. Nelle murature si riescono a vedere le sedi dei pali in legno che venivano posti sia per poter scendere durante i lavori di costruzione, sia per poter eseguire opere di manutenzione e bonifica.

Particolare dell’antico pozzo all’interno della stanza n° 4

Particolare di un mortaio di epoca medievale trovato nelle murature durante le opere di restauro

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Il Doge Sebastiano Ziani ( 1172-1178 ) L‟architettura veneziana di questo periodo non era diversa da quella che si vedeva in terraferma, gli edifici erano quasi privi di aperture verso l‟esterno, privi di finestre, fortificati e inaccessibili. Ma quando si ebbe coscienza che mura e baluardo dei veneziani erano le navi ed il valore della flotta, allora nacque l‟architettura aperta dei veneziani: porticati, logge, cortili intercomunicanti.. Non muterà più la psicologia e la sicurezza di chi abita in questa città, unica in Europa a non essere mai stata occupata od invasa per un millennio: a tali concetti si adegueranno le arti, le forme, le pitture, l‟architettura, le ville aperte della campagna veneta. Nel mondo arabo muri altissimi circondano un rettangolo di verde, ove al centro ricade il getto di una fontana: chiusi paradisi islamici, anticipazioni delle gioie celesti. Il culto per i giardini viene soprattutto dall‟oriente, dai paesi di cultura islamica. L‟Alhambra, inaccessibile dall‟esterno, all‟interno risplendeva di fonti, patii, giardini, ora accessibili. La Villa veneta si ispirerà all‟arte islamica, ma saprà costituire un passo avanti rispetto a quegli edifici . Le mutate condizioni politico-militari contribuirono a creare un nuovo pensiero con un nuovo modo di vivere e di essere. “Il gusto per la natura rifiorisce quando si dimenticano gli incubi del medioevo”. Era necessario che la coscienza dell‟uomo diventasse più libera per godere i doni della natura e della vita., era necessario che in molte famiglie fosse diffuso benessere ed ottimismo che porta con sé pace e ricchezza.

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La nascita delle Signorie Nelle Ville sopravvivranno modi di vita signorili tipici della tradizione feudale , influenzati dagli stretti rapporti che il Veneto ebbe con le corti di Francia , culla della civiltà cavalleresca e dello spirito “cortese”. Sulla struttura dissestata dell‟Impero Romano aveva cominciato ad operare, accanto al feudalesimo, il Monachesimo erede dello spirito organizzativo romano. Centro di questa attività fu l‟Abbazia che spesso deriva architettonicamente da quel complesso chiuso rurale romano denominato “fundus”. Il complesso abbaziale è organizzato intorno ad una serie di chiostri: quello pensile per la ricreazione dei monaci, quello rustico per accogliere i prodotti della campagna e quello botanico nel quale i monaci coltivavano piante medicinali e da frutto, perpetuando così il gusto del giardino, tanto vivo nell‟antichità e trasmesso alla Villa Veneta anche per suggestioni ricevute dal vicino oriente. A questi ordini monastici si affiancò un‟altra organizzazione religiosa: quella degli ordini politico-militari. Ricordiamo i più importanti quali i Templari e gli Ospedalieri di San Giovanni di Gerusalemme che lungo i tracciati delle superstiti strade romane , percorse da pellegrini e da mercanti, costruirono ospizi e ricoveri dove più tardi, a seguito di alienazioni, sorgeranno le Ville dei nobili veneti. Le signorie e la cultura di corte Le signorie si sostituiscono al comune e ne valorizzano gli aspetti peculiari, a Verona Vicenza ed altre città di confine daranno particolare impulso all‟arte militare. Ricchezza e potere tendevano a concentrarsi nelle mani di pochi Signori che ben presto amarono circondarsi di una propria corte ove si sviluppò un tipo di vita sempre più raffinato. Gli Scaligeri, eredi della feudalità di origine nordica, legati politicamente al mondo transalpino, amavano vivere lussuosamente nei palazzi, nei castelli, tra feste, banchetti, tornei, attorniandosi di artisti e di uomini di cultura. E sarà la valorizzazione della cultura nelle signorie, tra le quali quella di Verona, a costituire un modello a cui la Serenissima si ispirerà per accrescere il proprio prestigio: uno dei luoghi deputati per manifestare questa cultura aristocratica sarà proprio la Villa. Nel Trecento le terre del Quar appartennero ad un notaio, Desiderato da Quar , bene addentro nel potere scaligero, con incarichi influenti anche nell‟Ufficio Inquisizione e nel Capitolo dei Canonici. Alla fine del Trecento subentrò la Famiglia Trivelli che acquistò molte terre al Quar e diventò nel tempo una delle famiglie più potenti e nobili dell‟epoca. Gli eredi continuarono nell‟opera di acquisizione ed uno di loro diventò nel Quattrocento Vicario della Valpolicella.

Capitello Scaligero reperito a Villa del Quar conservato nel Lapidarium privato

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Particolare di contorno trecentesco di finestra

Fregio cuspidale del cancelletto laterale di ingresso alla Villa.

Con la caduta degli Scaligeri nel 1387 succedettero i Visconti fino al 1404, poi Francesco Novello da Carrara. Ma per poco perché Venezia, che stava formando un vasto dominio in terraferma, si alleò con Francesco Gonzaga, signore di Mantova provocando una guerra che si concluse con la spontanea dedizione di Verona e della Valpolicella a Venezia nel 1405. La Serenissima trovò i Comuni rurali veronesi già riuniti in “vicariati”, organizzazione che rimase fino alla caduta della Repubblica di Venezia. Venezia, sempre per la particolare posizione geografica della Valpolicella a confine con il Trentino, concesse ai suoi abitanti particolari privilegi tra i quali la possibilità di eleggersi il proprio Vicario fino al secolo XVII. XIV


Elementi lapidei risalenti al 1400 reperiti nelle murature di Villa del Quar

A destra, Capitello in pietra locale di “Prun”; a sinistra mensola in Rosso di Verona.

Le lotte con i contadini Si sa che la convivenza tra cittadini e contadini in villa non fu idilliaca ma soggetta a diverbi continui. Si ricorda che nel 1425 ci furono sommosse nella campagna veronese e che il Vicario della Valpolicella rimase ucciso durante i disordini mentre cercava di mettere pace tra contadini e proprietari. Anche Vittore Emo , patrizio veneziano, fu ucciso nei campi dai contadini mentre era intento alla divisione del raccolto. Il governo veneziano fu costretto a chiedere severi provvedimenti. Lo stesso Leon Battista Alberti nel trattato della famiglia scrive: “ …ogni loro studio sempre sta per ingannarti,……mai errano se non a suo utile. Sempre cercano in qualunque via avere ed ottenere del tuo….così sempre dell‟utile riterrà a se le piu‟ e le migliori parti, dello incomodo e disutile tutto lo getta sopra il socio suo”. E questa lotta durò per almeno quattro secoli.

La cartografia nel Cinquecento della Valpolicella Un altro contributo alla conoscenza della Valpolicella in questo periodo lo può fornire lo studio della cartografia: esiste infatti presso l‟archivio di Stato di Venezia una splendida carta manoscritta ed acquerellata del territorio Veronese del 1440, ed altre successive tra le quali quella del 1573.

La cartografia del Cinquecento che raffigura la località Quar Una delle splendide mappe dipinte sulle pareti dei Musei Vaticani del XV secolo tratta il Veneto, Verona e la Valpolicella. Una fotografia di una parte di essa è esposta in copia a Villa del Quar . Dalla stessa si evince l‟importanza di questa località perché viene rappresentata mentre non sono messe in evidenza altre ora ben più grandi ed importanti. XV


Particolare foto tratta dalla sala delle Mappe dei Musei Vaticani riportante il Quar sec XV

Dettaglio foto tratta dalla sala delle Mappe dei Musei Vaticani sec XV

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ARTISTI

L’umanesimo: il Petrarca ( 1304 , 1374 ) Il Petrarca che tutti i grandi dell‟epoca si contendevano, concluderà la sua vita tra i colli del Veneto, nel raccoglimento che solo la campagna potava offrirgli: “ A me ogni stagione dell’anno non offre che popolo stipato, polvere, fango , strepitio , immondizie. Invece la campagna è sempre amabile, sempre piena di attrattive per gli animi nobilmente disposti” : Per il nuovo modo di intendere la campagna il Petrarca è da considerare il vero Patriarca della civiltà delle Ville Venete.

Andrea Mantenga ( 1431 , 1506 ) Nel Palazzo Ducale di Mantova, sullo sfondo di un affresco nella camera degli sposi, fuori da una ideale città medioevale in mezzo alle rovine, vediamo sorgere un edificio di marmo bianco: una Villa Classica, con le forme che un secolo dopo Andrea Palladio farà rivivere nelle sue splendide architetture di Villa.

Andrea Mantegna, Fuori dalle mura della città il Mantegna raffigura una ideale Villa Romana che sembra anticipare le forme delle Ville Palladiane.

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Il Giorgione ( 1478 , 1510 ) e la riscoperta del Paesaggio Giorgione, nel suo dipinto “La Tempesta” rappresenta l‟amenità del luogo appartato (locus amoenuus), la presenza dell‟acqua e le rovine degli antichi edifici sembrano suggerire l‟ambiente ideale per la Villa di un umanista. I Veneziani dalle vedute di porti e di città, solo dopo Cambrai, riconquistata ricchezza e stabilità, provano la nostalgia di tornare verso le loro Province da dove erano partiti i loro genitori.

Giorgione, La Tempesta . L’amenità del luogo appartato, la presenza dell’acqua e le rovine degli antichi edifici sembrano suggerire l’ambiente ideale per la Villa di un Umanista.

Tiziano ( 1480 , 1576 ) Tiziano nel “Concerto campestre” riprende gli ideali di Giorgione rappresentando i piaceri della vita in Villa a indicare la confidenza e l‟armonia tra l‟uomo e la natura.

Nel Concerto campestre Tiziano riprende gli ideali di Giorgione rappresentando i piaceri della vita in Villa.

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Paolo Veronese (1528, 1588) La pittura di Paolo Veronese mi ha entusiasmato da sempre. Veronese di nascita, lagunare di adozione, esalta con le proprie opere il mito della Serenissima. Venezia nel „500 vive una trasformazione architettonica e figurativa passando dalla cultura e architettura bizantina e gotica al classicismo ispirato alla cultura della romanità secondo il rinascimento fiorentino e toscano. Raggiunge meravigliose suggestioni nelle decorazioni soffitali con un‟ineguagliabile luminosità cromatica. L‟organizzazione spaziale dei suoi dipinti è condotta mediante l‟uso di architetture su più livelli che si rifanno ad architetture classiche nelle loro componenti strutturali. Aveva inoltre una propensione per i cangiantismi accesi, i colori brillanti e le luci dirette. Scorci prospettici arditi, figure tridimensionali nello spazio con il rischio di una difficile lettura dal basso. La sua arte fu un perfetto studio teso ad ottenere un insieme nel quale pittura , architettura e spazio concorrono a conferire una straordinaria resa scenografica mediante l‟uso di sfondi architettonici con vari caratteri stilistici ed architettonici.

Il Cinquecento: l’uso delle armi da fuoco

La tendenza espansionistica di Venezia aveva portato nel Quattrocento alla conquista del Veneto, Friuli e Lombardia orientale minacciando i domini Papali di Roma.: la Spagna, la Francia e l‟Impero, mossi da Papa Giulio II si unirono in lega a Cambrai contro la Repubblica. L‟esercito dei coalizzati sconfisse quello Veneto ad Agnadello penetrando nel territorio della Serenissima fino al margine della Laguna. Ma solo con il trattato di Bruxelles (1517) Venezia potè rientrare in possesso del suo antico dominio. Dopo Cambrai le decisioni che i Veneziani furono costretti a prendere resteranno basilari per tre secoli, fino alla fine della repubblica e propizieranno uno dei momenti più splendidi delle sua storia che comporterà la nascita della civiltà delle Ville venete a seguito dell‟impegno in una politica di interevento diretto e capillare nelle sue province. La decadenza dei traffici levantini, messi in crisi dalla scoperta dell‟America con le rotte atlantiche e la cresciuta concorrenza della potenza turca, accelereranno questo processo. Città fortificate e campagne sicure: Michele Sammicheli Dopo Cambrai la Serenissima versò all‟Imperatore Massimiliano d‟Asburgo una forte somma liberatoria di ogni pendenza feudale dei suoi sudditi nei riguardi dell‟Impero. Venezia riorganizza l‟esercito e nel contempo si impegna nella fortificazione delle città. Le opere verranno progettate da Frà Giocondo da Treviso, Michele Sammicheli a Verona e Palladio in tutta la Regione, in modo che potessero resistere a qualsiasi attacco nemico. L‟antico sistema difensivo si era dimostrato inadeguato a sostenere l‟urto dell‟artiglieria. Opere di fortificazione furono eseguite “ acciocché si levasse ai nemici il pensiero di venirle a combattere, … che avessero a servire , non pure a sicurtà e a comodo, ma insieme a certo ornamento”.

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Gli interventi di maggior rilievo furono eseguiti a Verona da Michele Sammicheli, attento agli esempi della romanità presenti a Verona e a Roma dove lavorerà a fianco di Antonio da Sangallo maturando un fervidissimo classicismo. Queste grandiose opere assunsero straordinaria importanza anche per la diffusione di tecniche e stilemi architettonici comuni in tutte le province venete. Uno stile nato per la guerra, come testimonia la predilezione per il severo bugnato e per l‟aspetto massiccio delle strutture, caratterizzerà anche alcune ville tra le quali Santa Sofia a Pedemonte del Palladio (a soli 500 metri dal Quar). (si veda pag. n. XX) L‟opera di fortificazione della terraferma favorì un comune linguaggio architettonico. La civiltà della Villa troverà la sua più alta espressione a partire dal terzo decennio del Cinquecento. Dopo Cambrai le città sono diventate responsabili anche della sicurezza delle campagne che controllano economicamente e culturalmente. Da queste città e dai loro organismi di potere si diparte una nuova aristocrazia che fa nascere nelle campagne una più grande fioritura feudale. Così si spiega il moltiplicarsi ovunque nelle pianure, lungo i fiumi, sulle colline, non più di castelli fortificati, ma la loro trasformazione o la costruzione di nuove ville con architetture aperte .

La Villa nel Veronese: Dal 1500 in poi il mondo mediterraneo cambia: nuove rotte commerciali , la scoperta dell‟America influenzano i cambiamenti, soprattutto a Venezia. La città si rivolge alla terraferma dove i suoi capitali potevano essere utilmente investiti. Quindi c‟è un grande flusso di denaro dalla città alla campagna e Venezia organizza la propria terraferma. Si costruisce la Venezianità del Veneto che diventa così una regione ben definita , con proprie caratteristiche peculiari, con il suo tipico paesaggio, la sua cultura , la sua politica , la propria architettura e pittura. Nel veronese tuttavia con alcune differenze rispetto alle altre città venete , perché a Verona, per via di più solide tradizioni municipali ,erano meno forti le sopravvivenze feudali e perché essendo più distante da Venezia aveva avuto un diverso sviluppo costruendosi una differente personalità. Esistono nel Veronese più di 400 ville con diversa distribuzione nel territorio a seconda del pregio dello stesso e delle condizioni ambientali . Nel 1419 il Poeta Guarino Guarini proprietario di una Villa sopra Corrubbio elogia il clima della Valpolicella: “ qui il clima è così mite che sembra che la primavera abbia eletto la Valpolicella a propria sede. Al Guarino piaceva sentire i racconte dei vecchi “ qui ci sono moltissimi che arrivano alla piu‟ tarda vecchiaia nel pieno possesso delle loro facoltà mentali, che non si sottraggono ad alcuna fatica ….c‟è da meravigliarsi che in età avanzatissima non avvertano alcune dei disturbi della vecchiaia ….da loro vengo a sapere in quali circostanze siano stati distrutti i castelli scaligeri munitissimi…..” Un altro aspetto non meno importante era costituito dalla volontà dei Signori e dei ricchi borghesi di possedere con il Palazzo di città una villa in Valpolicella: questi, divenuti proprietari dei terreni, si impegnarono non solo a valorizzare le proprietà con la costruzione delle ville, ma altresì a coltivare i terreni stessi nel miglior modo possibile con recupero degli incolti. Le famiglie nobili possedevano ville nelle quali recarsi per villeggiatura ma anche per sorvegliare i prodotti agricoli e la loro vendita. Ma le proprietà servivano anche a garanzia di rovesci, di crediti e per raggiunto prestigio. Nascono ville-castello, ville –fattoria, ville-palazzo in siti ameni, con un clima migliore rispetto alla città per alcuni mesi dell‟anno. Ci si trasferisce con tutta la famiglia per accogliere parenti, amici, letterati, belle donne (una famosa cortigiana del tempo fu Veronica Franco) e persone in relazione d‟affari. I fattori che determinano la distribuzione delle ville nel territorio sono principalmente legati all‟acquisizione delle aree agricole da parte della nobiltà.

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Precisiamo che questa corsa all‟acquisizione dei terreni da parte dei nobili era iniziata fin dalla fine del 1400 a scapito di terreni comunali e delle fattorie scaligere ,con il preciso scopo di creare nuove forze produttive e di valorizzare le aree che per tradizione erano boschive o a pascolo o a prato. Non solo ma in questo periodo molta terra diventa disponibile grazie ai lavori di sistemazione dei progni (corsi d‟acqua normalmente in secca, ma importantissimi durante le grandi piogge autunnali o durante i temporali estivi quale scolo delle acque meteoriche) realizzati sia dai Comuni che dai Monasteri. Si assistette addirittura verso la fine del 1500 ad una vera e propria corsa al possesso terriero con considerevole aumento dei costi di acquisizione. Non sempre è facile determinare l„esatta data di costruzione delle ville , dati i numerosi rimaneggiamenti subiti nel tempo, ma si può affermare comunque che la maggior realizzazione di ville fu nel „500 soprattutto nella zona collinare e delle contigua pianura che fu fittamente “costruita” dalla nobiltà veronese, mentre il numero delle ville settecentesche è certamente maggiore nella pianura veronese. Alvise Cornaro per conto del Magistrato dei beni inculti favorì questa politica di valorizzazione dell‟agricoltura per frenare l‟impoverimento di Venezia che doveva importare cereali per sopperire ai bisogni di una crescente popolazione veneziana. Per alcuni secoli la villa diventa struttura economica e sociale portante della Valpolicella. Il territorio veronese ora si delinea come studiato, modificato dall‟uomo e queste modifiche si sono concretizzate per la presenza dei signori delle ville che hanno cercato di acquisire terre nelle zone migliori , servite da strade, al massimo ad una giornata di carrozza dalla città e prossime ai centri abitati per disporre di manodopera vicina necessaria alla vita della villa e della campagna circostante. Già nel „500 si consigliava con quali caratteristiche comperare la terra “ a comperar una possessione, la prima e più importante cosa , è ch‟ella sia pigliata in sito di buon aere, ….. mancando di questa tanto necessaria, sarebbe troppo gran pazzia comperarla…….. poi debba torla sana di fondo………perché le possessioni situate sui colli ben vestite di boschi , do olive, e d‟altri arborei fruttiferi, sono le più accomodate , e utili di tutte le altre, atteso che generalmente rendono ogni cosa.” Le scelte dei signori ricadevano su terre adatte al vigneto, al frutteto, ai cereali e al riparo dalle inondazioni. Inoltre le ville prediligono la base dei versanti delle valli, le prime alture che le dominano, le zone non a rischio alluvioni dei torrenti, i borghi o le costruzioni preesistenti. Non ultima considerazione è la disponibilità di acqua sia per uso familiare, sia per uso agricolo , sia per i giardini, sia per la coltivazione degli orti del brolo. Man mano che la villa si affermava diventava sempre più difficile per gli estranei penetrarvi; fatto che ha comportato il progressivo isolamento del Palazzo: un cancello in ferro, un ingresso indipendente…..la progressiva trasformazione del brolo da orto geometrico a giardino. Lo schema distributivo della villa è a pianta quadrata o rettangolare con al centro un giardino, sullo sfondo, prospetticamente in evidenza anche come alzati, il Palazzo, con orientamanento nord-sud e la facciata principale esposta a sud, con architettura molto più ricca rispetto ai rustici posti su entrambi i lati a cornice , talvolta con torre colombaia. Pertanto al Palazzo, centro della vita e delle geometrie della villa, arrivano i prodotti della terra; il Palazzo si arricchisce così degli spazi necessari alla loro conservazione sotto il controllo del padrone: la cantina, il selese ( spazio all‟aperto,rivestito di cotto, con leggera baulatura per lo scolo delle acque piovane , esposto a sud per godere del massimo irraggiamento e consentire la migliore essicazione del grano), le aie , i granai. Con il diffondersi della villeggiatura nel „500 cambia l‟architettura del Palazzo, le caratteristiche logge lasciano il posto ad un‟architettura non più fatta di pieni e vuoti: la facciata diventa imponente, ricca di elementi architettonici e, quasi in forma introspettiva, la Villa si arricchisce all‟interno. Soffitti decorati, affreschi alle pareti, trompe l‟oeil, quadri e sculture arredano ed arricchiscono gli interni.

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La Cappella Ne esistono almeno trenta nelle ville della Valpolicella. E‟ un edificio costruito dal Signore per prestigio e per devozione. Normalmente termina un‟ala della Barchessa oppure è un oratorio ricavato all‟interno del Palazzo. Sicuramente ha due ingressi: uno per il popolo e l‟altro direttamente dalla villa ad uso esclusivo del signore. Il Giardino Nasce con la villa, per la villa ed in continuo rapporto con la villa e la campagna circostante. Nel „500 si esalta con geometrie di bosso, con vialetti rettilinei, sculture sparse e con l‟ordine tipico dei giardini all‟italiana. Tra il „600 ed il „700 diventa artificioso in netta contrapposizione con la serenità dei paesaggi dipinti nei saloni. La natura viene spostata all‟interno del palazzo quasi fosse la continuazione dell‟esterno, mentre si realizza il trasferimento del costruito e dell‟organizzato all‟aria aperta. La villa determina un grande sforzo organizzativo mediante la razionalizzazione degli spazi esterni con terrazzamenti e belvedere sostenuti da murature in sasso, viali alberati, culture intensive e pertanto organizzate e geometriche. Nell‟800 il rapporto si ribalta completamente: il Palazzo diventa a misura d‟uomo, esclusivo,il giardino diventa meno costruito ed artificioso, meno barocco, più essenziale, un parco all‟inglese, romantico. Ora il parco si sviluppa in modo più naturale nel brolo con diffusione di voliere e piante tropicali (cedro del Libano, cedri deodara, palme). I Rustici Sono il trait-d‟union tra il Palazzo e la campagna: scuderie, pollai, cantine, forni, granai, fienili. Non tutti i lavoranti invece vivono all‟interno del complesso villa (villani coltivatori), anche perché la villa della Valpolicella è principalmente un‟entità economico-produttiva. Servono spazi con caratteristiche differenti per l‟uso al quale sono destinate: le stalle al piano terreno, ovviamente, le cantine interrate,i fienili ben areati per consentire la perfetta essicazione del fieno per il bestiame e per i cavalli. L‟assunzione di fieno non perfettamente essiccato produce irreparabili danni ai cavalli. Nei fienili venivano altresì allevati i bachi da seta, le foglie di gelso costituivano il loro indispensabile alimento, ed erano indispensabili per questa economia quasi autosufficiente. La cantina E‟ normalmente situata sotto il Palazzo o sotto le barchesse ed è da sempre stata molto importanti nell‟economia della villa. Posta sotto il livello terreno, completamente interrata per mantenere costante la temperatura e l‟umidità all‟interno (essenziali per la perfetta conservazione del vino ). La cantina o caneva è molto spesso citata negli atti notarili: un atto della fine del XIV secolo recita. “ cun uno torculari magno ab uvis cum suis aparamentis “ Le ville potevano disporre di vino ed olio da vendere, prodotti più renumerativi rispetto al grano, e di conseguenza con la loro coltivazione organizzata hanno prodotto una trasformazione sia a livello sia agrario, sia di territorio rispetto al seminativo o al prato. Il Brolo Il Brolo era la parte di terra coltivata a diretto contatto con la villa, era delimitato da un alto muro in materiale locale, in parte coltivato ad orto con alberi da frutto. Sembra proprio che in Valpolicella non ci fosse villa senza Brolo. Poteva addirittura esserci prima dell‟impianto della villa ed era un XXII


appezzamento di terreno di sola pertinenza e godimento del padrone per le sue esigenze alimentari e della sua famiglia. La recinzione con un alto muro serviva a più scopi, tra i quali la difesa da animali, da ladri, ma soprattutto doveva stabilire un domino esclusivo. Ma ben presto una parte dello stesso fu utilizzata come a giardino, parco. Altri elementi caratterizzanti furono la peschiera, con carpe e tinche,le serre o cedrare, la giassara per la conservazione della neve pressata e del ghiaccio posta in posizione interrata allo scopo di conservare cibi e bevande. Notevole importanza ha da sempre rivestito la presenza di acqua corrente sia da fonti, sia da pozzi. La campagna Le ville della Valpolicella hanno possessioni nella media di circa 70 campi veronesi ( metri quadrati 3.000 ) che corrispondono a circa 21 ettari. Quando venne acquistato dal nonno Danese,il Quar aveva pressappoco questa estensione , ma alla sua morte la proprietà fu divisa tra due sorelle, lasciando alla figlia Assunta ( mia nonna ) la villa e circa 12 ettari. Alla sorella Clelia toccarono i rimanenti campi e le case dei lavoranti poste dall‟altre parte del progno. Durante recenti lavori di sistemazione delle case dei lavoranti gli scavi hanno svelato fondazioni di case di epoca romana. In effetti parte del territorio della Valpolicella era stata regalata da Roma ai propri soldati che avevano combattuto nelle guerre: l‟organizzazione del territorio era chiamata centuriazione. Saranno i nuovi proprietari , i borghesi, ad introdurre macchinari per la conduzione e la specializzazione culturale: sia per la vocazione di terreni sia per il clima favorevole venne individuata la vite fin dalla metà dell‟800. Una forma di conduzione molto più rara, ma comunque praticata, era quella della conduzione diretta da parte del signore attraverso l‟utilizzo di braccianti (già nel 1653 Serego Alighieri praticava una gestione mista ). I Signori della Villa Essi occupano lo spazio centrale della villa, quello più rappresentativo, più alto, dominante, più ricco di architettura e di elementi architettonici e scenografici. Si allietano in campagna andando a caccia, con passeggiate a cavallo, con le “accademie” in giardini e salotti, con spettacoli teatrali, con giochi, pranzi, cene. Le mode della città si traferiscono in campagna come la cerimonia del caffe‟, il cioccolatte, le parrucche, i cicisbei, i salotti. Dirigono ed amministrano la villa pur disponendo di un factotum : il castaldo. Le principali Ville della Valpolicella nel XVI e XVII secolo -Villa Saibante Monga o Villa Costanza risalente alla seconda metà del 1600 -Villa Pulle‟ Galtarossa della seconda metà del 1600 -Villa Santa Sofia del 1500 opera di Andrea Palladio e del Sammicheli -Villa Giona Fagioli risalente alla fine del 1400 -Villa Acquistapace Castellani del 1500 scuola di Andrea Palladio -Villa Perez Bertani Montresor 1500/1600/1700 attribuita alla scuola del Sammicheli -Villa Villa Amistà attribuita al Sammicheli -Villa Bertani a Novare -Villa Bertoldi -Villa Zamboni -Villa delle Suore Arbizzano XXIII


-Villa della Torre 1500 Giulio Romano e Michele Sammicheli -Villa del Bene 1500 Sammicheli -Villa Mosconi a Novare

Il Quar si trovava in una posizione strategica per i commerci, il brolo è delimitato a sud e a ovest dalla via Claudia Augusta e la sua preesistenza come fabbricati è certamente di epoca romana. E‟ delimitato ad ovest, in parte, ed a nord dal progno di Negrar, e soprattutto nel lato nord si trovava in grave pericolo di esondazione del progno una volta in piena per effetto di grandi e costanti piogge, con conseguenti inondazioni . Penso sia solo per questa preesistenza che tale posizione sia stata mantenuta. C‟e‟ da dire che la “esse” formata dal progno lungo la proprietà lo porterebbe ad esondare più facilmente ad ovest dove erano site le case dei lavoranti risparmiando pertanto la Villa. Queste sono considerazioni che anche ai tempi nostri sono portato a fare quando il progno è talamente colmo d‟acqua da fare paura. La disponibilità d‟acqua era assicurata da un‟antica fonte (XVI secolo, ma forse ben piu‟ antica) che sgorga all‟estremo ovest della proprietà alle pendici della collina che porta a Corrubbio e dal pozzo nella corte della villa che prende acqua da una falda alla profondità di 22 metri. Le condizioni ambientali sono molto interessanti. Oggi come allora la temperatura in estate risulta piu‟ bassa di 5-6 gradi rispetto alla città. Di giorno infatti l‟aria che si riscalda tende a salire verso le colline ( direzione sud-nord) creando un piacevole venticello. Ma la sera quando ha raggiunto le alte quote fredde tende, raffreddandosi, a scendere ( in direzione nord-sud) creando un flusso di aria fresca che dura tutta la notte con ben 8-10 gradi in meno rispetto alla città. L‟ambiente collinare o della prima pianura è quello più ambito dai signori , soprattutto a livello paesaggistico ed estetico e‟ più adatto a ricevere dalla mano dell‟uomo quelle modificazioni per rendere le ville sempre più importanti dal punto di vista artistico-ambientale. In tali terreni prosperavano diverse culture perché durante le stagioni fredde quasi mai sono avvolti dalle nebbie e le temperature raramente di giorno con la luce solare scendono sotto i 10 gradi. In tali aree era più facile e redditizia la coltivazione ed erano pertanto ambite anche dai lavoranti. Interessante dalla prima pianura alle colline la realizzazione di terrazzamenti sostenuti da murature a secco di blocchi di calcare locale che hanno reso caratteristico questo territorio. Nella realizzazione delle ville si è tenuto conto degli importantissimi fattori ambientali nonché dell‟esposizione delle facciate (sud) per accogliere il miglior irraggiamento possibile specialmente nei mesi freddi. Inoltre a sud nella facciata del palazzo venivano realizzate le meridiane, orologi solari di buona precisione. Anche nel Palazzo di Villa del Quar esiste una meridiana che funziona perfettamente con un solo accorgimento: non contempla l‟ora legale. La collocazione delle ville è determinata anche dalla posizione su vie di grande importanza, dalla preesistenza di paramenti murari che potevano essere oggetto di radicali rimaneggiamenti o di totale oblio. La mappatura degli insediamenti era caratterizzata alla fine del 1300 da piccoli borghi isolati fortificati, come ben rappresentato dalla copia della mappa dell‟area della Valpolicella dipinta ad affresco su una parete dei Musei Vaticani (pag. XVI), che riporta chiaramente solo borghi fortificati a difesa, dominati da castelli dei feudatari( di origine medievale ) a loro protezione ed in caso disperato quale rifugio. In quest‟epoca sorgono le prime dimore signorili, di alcune è rimasta testimonianza. Derivano dall‟architettura urbana rinascimentale e sono caratterizzate da un porticato con colonne ed archi a livello terreno e da una orditura ad archi del livello superiore con un ritmo che normalmente fa corrispondere ad un arco del livello terreno due archi del livello superiore (loggia). Nel sottotetto il granaio, al livello primo l‟abitazione al livello terreno cantina, stalle e magazzini. Molto spesso preesistenze trecentesche o coeve sono costituite dalle colombare o torri di XXIV


avvistamento di cui era ricca la Valpolicella, poste a distanza tale da comunicare l‟una con l‟altra ed avvisare in caso di invasioni di truppe nemiche. Erano dette colombare anche perché all‟ultimo piano venivano allevati piccioni viaggiatori utilissimi per inviare notizie nel caso in cui gli altri sistemi di comunicazione non potessero essere utilizzati ( ad esempio per nebbia fitta o fumo causato da incendi). L‟esistenza nel lato ovest della facciata del Palazzo di Villa del Quar di una bifora di epoca romanica, la dimensione in profondità del palazzo, l‟ipotetica linea nelle forme attuali delimitata dal pluviale che conferirebbero un base pressoché quadrata, ed infine il posizionamento delle attuali finestre farebbe ritenere la preesistenza di una torre di avvistamento ( forse sin dall‟epoca romana), con la presenza di un arco in cotto di epoca gotica. In quell‟epoca la casa rurale comincia ad abbandonare gli schemi medioevali con costruzioni lignee con tetto in paglia sostituendola con costruzioni in muratura e copertura in coppi. Numerose ville nascono dalla rielaborazione di una villa preesistente, altre volte può sorgere a fianco, in altri casi avviene per la trasformazione di castelli principalmente di epoca scaligera. Villa del Quar non è da meno: durante le opere di restauro sono stati messi in luce murature con sasso a lisca di pesce, realizzato con sasso tondo d‟Adige, disposto appunto a lisca di pesce alternata, ogni due file, ad una fila di coppi di cotto per dare maggiore consistenza alla muratura. Tali paramenti murari sono stati messi in luce in tutte le murature del Quar, tanto da farlo a ragione ritenere, in periodo scaligero, un castello. Molto interessante rilevare che, al livello primo, le murature erano costituite da un doppio muro di sasso d‟Adige separato da un antico quanto ottimo sistema di coibentazione costituito da uno spessore di ben 10 cm di pula di riso. La disposizione dei fabbricati a livello planimetrico testimonia cose molto interessanti: 1- la disposizione a difesa con la realizzazione di una corte interna con tutti i muri perimetrali di epoca scaligera 2- la costruzione della villa era stata realizzata certamente su preesistenze di epoca romana in quanto, oltre all‟antichissima cantina, l‟ala ovest della villa ( l‟attuale Barchessa) non è parallela all‟ala est perché seguiva l‟andamento dell‟ importantissima strada di epoca romana costeggiandola. Nella fascia collinare e pedemontana le ville non costituiscono centri di attrazione, diversamente dalla pianura, e questo per il fatto che erano maggiormente popolate , con borghi distribuiti lungo le strade esistenti . Danno luogo invece a case sparse di contadini determinate come necessità dalla frammentazione poderale e dalla conduzione del tipo mezzadrile delle proprietà dei signori. La forma di conduzione principale era la lavorentia una forma affine alla mezzadria, che si è mantenuta, con contratti nel frattempo mutati, fino alla fine del secolo scorso ed in alcuni casi, non pochi, sino ad oggi. La lavorentia fin dal 1500 assegnava 2/3 al lavorente e 1/3 al padrone, con gestione non seguita direttamente dal padrone ma da una figura che fa da tramite tra le due parti : il castaldo. Completano l‟architettura del Palazzo le infrastrutture necessarie per l‟attività della produzione: cantina (caneva o tinasara) le stalle, i granai, i fienili i porcili i pollai, i selesi, i portici e le barchesse, spazi necessari anche alla vita di palazzo ( tutti termini usati ancor oggi nelle nostre campagne). In pratica la villa diventa un centro aziendale vero e proprio, arrivano le serre riparate dal freddo, le cedrare per riparare le delicate piante di limoni, le bigattaie per la bachicoltura (il nonno Danese era proprietario nei primi anni del 900 di ben 8 filande per la seta). XXV


Completano tali complessi aziendali la pesciera, che forniva pesce fresco principalmente carpe e tinche, i soli pesci che riuscivano a sopravvivere nell‟acqua non alimentata da corsi d‟acqua, la giassara e la lisciara ( che si faceva alcune volte l‟anno utilizzando acqua e cenere per lavare i tessuti e la biancheria). Infine prolifera ulteriore manodopera legata alla manutenzione della villa e dell‟azienda padronale come il giardiniere, il cocchiere, il falegname ed il fabbro tale da rendere quasi autosufficiente questa straordinaria realtà economico-socio-culturale e produttiva.

Villa del Quar

Particolare della targa cinquecentesca all’interno della Barchessa di Villa del Quar

Una targa nella Barchessa occidentale riporta la seguente iscrizione “ Adi 5 Mazo 1539” ed a questo periodo risalgono la Barchessa stessa, con le caratteristiche lesene ed i pilastri del portico, parte dell‟edificio Dominicale esposto a sud che conserva a livello terreno alcune finestre quadrate con contorni in tufo e modanature tipiche del Cinquecento. Pure cinquecentesco è il corpo di fabbrica adibito a struttura alberghiera esposto a est ed ovest, con due bellissimi portali bugnati. Questi risentono dell‟ influsso delle citate fortificazioni militari sammicheliane e sono attribuibili sicuramente alla sua scuola , con soffitti lignei del portico, che collega i due portali bugnati, decorati con disegni coevi. Bellissimi fregi di sotto-gronda a graffito, sia nella facciata ad est che in quella ad ovest, raffiguranti putti danzanti tra mascheroni e satiri che si rifanno all‟iconografia manierista. Nello stesso fregio sono raffigurati due importanti segni di protezione della Villa e di tutto il complesso: Minerva, protettrice delle città e delle case, sotto le spoglie di un guerriero con spada e scudo, ed un „Egida con la testa della Gorgona, altro importante segno di protezione della Villa. I veronesi erano molto devoti a Minerva, lo testimonia il fatto che molte località le sono dedicate, quali ad esempio: Minerbe, Manerbio

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Particolare del fregio cinquecentesco di sottogronda con rappresentata la Gorgona tra due satiri.

Particolare del fregio o di sottogronda con rappresentata Minerva sotto le sembianze di un guerriero tra satiri e putto.

Finestra di Villa del Quar di epoca manierista.

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Il Doge Gritti (1528-1538) Dopo la pace di Bologna consolida l‟organica ristrutturazione delle province, con l‟efficienza burocratico-amministrativa nella guida di tutti i territori della Serenissima. Con la caduta di Roma (1527) e di Firenze (1530) Venezia rimane l‟unico stato italiano a conservare la sua antica libertà. Da questo momento si rifugiano a Venezia artisti, letterati, uomini di cultura che vedevano nella città lagunare il loro naturale rifugio, tra i quali due toscani: Pietro Aretino e Jacopo Sansovino. Più che mai ora Venezia ha coscienza di dover rappresentare tutta la civiltà rinascimentale italiana con un‟ondata di romanismo che dominerà la cultura degli umanisti e degli artisti del tempo.

Alvise Cornaro ( 1467 , 1566 ) Sarà per merito di Alvise Corsaro se il capitalismo veneziano deciderà di aprirsi ad acquisti fondiari ed a molteplici bonifiche, che condurranno la Serenissima a dar vita a quel “Magistrato sopra i Beni Inculti” che rappresenta la tappa per comprendere il fondamento e la secolare fortuna delle Ville Venete. Facendo tesoro della fallimentare esperienza commerciale della sua famiglia, aveva elaborato la convinzione che non più sul mare, ma nell‟agricoltura doveva ricercarsi la prosperità ed il futuro dello stato. Egli cercò il sostegno nella cultura classica nella quale ebbe eccellenti risultati e per la quale si riconosceva “all’uomo libero come sola attività lecita ed onorevole: l’agricoltura”. Acquisisce fondi “non con mezzo d‟armi e danni altrui né con il mezzo di passare i mari con infiniti pericoli sicchè con un solo modo laudabile l‟acquisto”. Scrittore e mecenate , egli amava accogliere intorno a se “uomini di bel intelletto”. “Piglio piacere nel far visita ad amici, essendo e ragionando con essi, con uomini di bel intelletto: con architetti, pittori scultori, musici, agricoltori”. Così i Veneziani trovarono l‟accordo tra la cultura rinascente dell‟antico e la vita, tra lo studio e la vita contemplativa (l‟otium) e la vita attiva (il negotium). In una o nell‟altra Villa si tenevano riunioni conviviali e letterarie, con esecuzione di musiche e commedie, ma anche con discussioni di ordine pratico, sulle novità di coltivazione, lo stile delle architetture, l‟iconografia degli affreschi. Un fortunato momento che li vide uniti tanto da poterli considerare i Patres della civiltà delle ville e saranno proprio gli amici del Cornaro che propizieranno l‟opera del Palladio. Il gentiluomo veneto considera familiarmente i suoi contadini partecipando con loro ai principali avvenimenti che durante l‟anno scandiscono la vita della Villa. Anche perché dopo Cambrai i contadini che avevano giurato fedeltà a San Marco ed avevano combattuto per la Serenissima risultano altrettanto preziosi e indispensabili per risanare la situazione economica di tutta la regione. L‟antica polemica tra città e campagna ha ora un momento di tregua.

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Andrea Palladio ( 1508 , 1580 )

Andrea Palladio, Villa Santa Sofia a Pedemonte a 500 ml da Villa del Quar.

“ Fu il Palladio nella conversazione piacevolissimo e facetissimo, sicchè dava estremo gusto alli Gentiluomini e Signori con quali trattava come anco agli operai, dei quali si serviva, tenendoli sempre allegri e trattenendoli con molte piacevolezze faceva che lavorassero allegrissimammente” Le ville di Sammicheli, del Sansovino, pur presentando le nobili forme della classicità, rimangono episodi rari ed isolati. Quelle del Palladio riassumono e sublimano, traducendo in termini urbanistici ed architettonici idealità, ispirazioni antiche e recenti. Esse interpretano con assoluto equilibrio la peculiarità del sito e le esigenze del committente, senza che questo squilibri l‟inconfondibile unicità stilistica e poetica. Diventano un modello realizzabile ed asportabile anche fuori dal Veneto e dall‟Italia. L‟opera del Palladio fu influenzata da fattori politico-economici, sociali e culturali, ma la sua sublime architettura non è un‟erudita astrazione di un grandissimo architetto, non è solo un modello di bellezza assoluta, perché i suoi edifici vengono progettati in un preciso contesto naturale, sono profondamente legati al territorio, al clima, al paesaggio, alla storia di quel luogo, al proprietario. Palladio è un mago della luce del colore, il Paolo Veronese dell‟architettura. Le Ville Venete rappresentano una rivoluzione che cambia il significato della vita dell‟uomo. Nel medioevo il Cristianesimo aveva insegnato a valutare ogni cosa rispetto ai suoi valori morali, a considerare l‟universo in rapporto alla religione, le creazioni artistiche fino ad allora ammesse erano opere per la collettività. La loro funzione era di esaltare Dio. Ma quando l‟Uomo Nuovo riconquisterà piena fiducia in sé stesso, quando riconoscerà il valore della storia onorando i geni del passato, capirà di avere come meta la reputazione, la fama e la gloria terrena e valorizzerà antenati e prole convinto di poter sopravvivere attraverso i figli, custodi e continuatori delle sue opere. La religione si umanizza e l‟uomo sentirà il bisogno di elevarsi. Riconoscerà agli artisti il compito di immortalare i suoi ideali. Vedrà nelle architetture che sta realizzando il “Monumentum”, la testimonianza di sé con la quale continuerà a comunicare con gli uomini, tramandandole. Il luogo dove quest‟uomo è nato o che egli ha nobilitato, si identifica con lui, diventa sua patria ideale, spesso assume il suo nome. XXIX


Goethe avvertì in Palladio la presenza di due componenti: concretezza storica ed idealità. Dalla coesistenza di queste due componenti nasce l‟essenza poetica ed il vero fascino dell‟arte Palladiana. Il Palladio intende la Villa come bellezza che allieta, come natura e arte, l‟arte come simbolo dell‟uomo che domina sulla natura. Gli insegnamenti di Venezia furono presi a modello da molti, forse così si spiega perché l‟architettura palladiana, specie quella delle Ville, abbia avuto tanta fortuna anche in Inghilterra e in America. Probabilmente rappresentava l‟umanizzazione dell‟architettura e la possibilità di essere al tempo stesso confortevole, utile e scenograficamente importante per molti potenti. “Si cupis animum domini conoscere aspice et respice domum” se vuoi capire la personalità del committente, osserva e considera attentamente ogni aspetto della sua dimora. Si narra che il Presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson, grande ammiratore ed imitatore del Palladio, abbia portato a Ponticello in Virginia campioni delle erbe e delle piante dei colli Berici, per ricreare in quei luoghi d‟America un ambiente simile a quello originario delle Ville Palladiane. Thomas Jefferson aveva capito che per far rivivere l‟arte del grande Architetto era prima di tutto necessario tentare di ricostruire l‟unità inscindibile tra Monumento e Natura.

Villa del Quar nel Sedicesimo secolo Costruita su preesistenze romane e romaniche, Villa del Quar si presenta come una caratteristica dimora patrizia, costituita da più corpi di fabbrica eretti in epoche diverse, disposti ad U attorno ad un ampio giardino. Gran parte della struttura appartiene al XVI secolo. La parte centrale del complesso è dominata da un secondo e più maestoso edificio Dominicale, il Palazzo, di probabile origine quattro-cinquecentesca ampliato e rimodernato nel XVII secolo. Di epoca Cinquecentesca sono parte dei pilastri del portico ora Hall dell‟Hotel.

Foto degli anni ’60 del fronte sud del Complesso di Villa del Quar con il Palazzo Dominicale o Padronale

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L‟invasione francese del 1796, provoca la caduta della repubblica di Venezia e determina una svolta nella vita della Valpolicella. Per quattro secoli, tanto era durato il dominio Veneto, la vita si era svolta tranquilla e serena e pochi danni avevano causato le brevi parentesi belliche. Le laboriose popolazioni, dedite all‟agricoltura ed ai commerci, favorite dai noti privilegi, avevano raggiunto un notevole grado di benessere, se pur con la proprietà terriera in mano alle famiglie patrizie. Solo nella zona pedemontana e montana esiste il piccolo proprietario coltivatore diretto e la mezzadria. I mezzadri si riuniscono nelle stalle nella stagione fredda, filano con la cannocchia ed il fuso, si raccontano storie, si tramandano tradizioni ( nell‟espressione dialettale del luogo viene chiamato Filo‟” ) Il podere rustico è il nucleo di un‟attività economica completa. Numerose greggi di pecore per la lana, ma anche il baco da seta con i quali si producono tele e stoffe anche eleganti. In questo sistema economico, la corte padronale di pianura esercita molte delle industrie necessarie alla vita.

Quando Napoleone entra a Verona nel 1796, gli abitanti della Valpolicella danno un‟ estrema prova di fedeltà alla Serenissima ( Pasque Veronesi 1797) con i volontari comandati dal Conte Perez, proprietario di un‟antica corte confinante con il Quar.

Viene decretata con il Trattato di Campoformio la definitiva scomparsa della repubblica di Venezia e la soppressione del vicariato della Valpolicella, ma con il ritorno degli austriaci 1798 il vicariato viene ripristinato. Nel 1805 con la pace di Presburgo il Veneto ritorna sotto il domino napoleonico il Vicariato scompare definitivamente e la Valpolicella perde i suoi benefici secolari. Il 30 marzo 1799 gli Austro-Russi, approfittando dell‟assenza di Napoleone in Egitto, tentarono la riscossa. Il generale Sérurier, comandante della divisione respinge gli austriaci ma davanti a Parona trova una forte resistenza ed il generalissimo austriaco Kray costringe i francesi a ripiegare.

La dislocazione delle truppe

Una stampa dell‟epoca presente in Hotel rappresenta la disposizione delle truppe Francesi ed Austriache, dalla stessa si evince la presenza di un battaglione di truppe Austriache proprio al Quar che divenne sede del Comando.

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La dislocazione delle truppe Austriache in arancione e giallo contro le truppe Francesi e Piemontesi rispettivamente in blu bianco,rosso e blu

Villa del Quar era sede del comando di una divisione delle Truppe Austriache come si evince dalla presente mappa.

La proprietĂ passa ai Conti Perez-Bertani ed infine il bisnonno Danese nei primi anni del „900 lâ€&#x;acquista.

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Villa del Quar L’Hotel

Ci si rende perfettamente conto che le ville venete nascono proprio con questa vocazione di luoghi di accoglienza che conciliano il gusto della comodità, della grazia e della raffinatezza con la nobile e semplice bellezza dell‟antichità. “Qui un tempo si parlava di politica, poesia, cultura, e mi piace pensare che i nostri ospiti attuali ancora apprezzino questo gusto”..…. “Il nostro ospite ideale è una persona che adora la vita all’aria aperta, che capisce la campagna, che ama la cultura, che sa apprezzare la cortesia, la discrezione, l’accoglienza”. L‟arredo è in gran parte originale di gusto neoclassico, del tempo di Napoleone, che ben si accompagna con il lusso delle finiture, pochissimo il moderno, sarebbe una violenza ,solo tecnologia, nessun atto di forza contro il passato o contro lo spirito della Villa, anzi pieno rispetto e della tradizione. Tutto intorno serenità, tranquillità, rapporto con la campagna. Questa è Villa del Quar dove “vivono gli echi del passato ed i suoni leggeri della campagna”. Personaggi importanti hanno villeggiato a Villa del Quar, come il celebre violoncellista cinese YoYo Ma, che conosciamo grazie al film “Memorie di una Geisha”, oppure star come Lenny Kravitz, Vasco Rossi, Zucchero o ancora come il regista Sidney Pollack, i fratelli Coen, il baritono Renato Bruson. Molti politici quali Robert McNamara, una Regina di un paese arabo, principi arabi, scheicchi, ambasciatori, consoli, nobili di ogni nazione. Molti sono tornati. Della loro presenza a Villa del Quar lo si apprende solo dopo che se ne sono andati, mai se ne saprà prima che arrivino : troppo importante è la loro privacy. Ritornano solo se sono sicuri di questa nostra protezione. E poi possono capitare serate memorabili: come quella che ha visto seduti allo stesso tavolo un ambasciatore inglese, un senatore americano ed uno italiano. Bella gente, non c‟è che dire, gente di tutto il mondo: come durante la civiltà delle Ville Venete che vogliamo far rivivere. “Questo è un luogo dove si sente forte il legame con il passato. Vogliamo che i nostri ospiti lo avvertano , lo vivano e lo condividano. Cerchiamo anche di trasmettere il gusto per le cose semplici, il gusto dell‟ospitalità, tant‟è vero che in molti ci onorano affermando di sentirsi a proprio agio come a casa propria. Tutto l‟ambiente è di impronta tipicamente veneta, con il pavimento in seminato veneziano e le pareti di un beige chiaro spatolato; al centro della hall, sopra il bancone che in realtà è un coro ligneo del Settecento dipinto a finto marmo, troneggia il “Re Sole” atto di riconoscimento al primo vero gourmand, poi una gigantesca specchiera dorata stile Luigi XVI con cornice a due festoni dorati e ghirlande. Ovunque mobili antichi : specchiere dorate e non, letti impero italiano e francese, armadi, segreter, psiche, como‟, quadri, stampe , fregi dorati, torcere impero, lampadari o applques di murano, letti a baldacchino, porte antiche, pavimenti in seminato alla veneziana, travature antiche e tavolati dei solai antichi.

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Le forometrie nelle nuove murature sono curiosamente realizzate sulla dimensione delle porte antiche reperite per non modificare assolutamente la dimensione originale ed il perfetto equilibrio delle porte stesse. Gli accoglienti divani e poltrone che arredano la hall sono ricoperti in pesante damasco di lino nei caratteristici colori forti di Venezia: giallo e rosso, con un tocco di blu. Quanti particolari di comfort e di classe.”Non dimentichiamoci che ci troviamo in un rifugio di tranquillità, in un luogo dove ci si isola dal contesto esterno, insomma di un paradiso per i romantici, ma anche per gli uomini d’affari” che si vogliono rilassare dopo le fatiche quotidiane. Il Brolo Il giardino, il parco ed i vigneti sono protetti da un alto muro antico che delimita il “Brolo” il cui lato sud costeggia la Via Claudia Augusta, antichissima via dei traffici commerciali tra Verona e la Germania. Pare che il Quar in quell‟epoca fosse una stazione di posta dei cavalli. Altra via di trasporto vicina era costituita dal fiume Adige, percorso da zattere trainate da cavalli lungo le rive. Il Brolo, con muri sopraelevati rispetto alla muratura preesistente del Fundus, di epoca romana, è la parte più protetta della Villa, con il giardino, l‟orto, gli alberi da frutto, le piante ornamentali provenienti anche dall‟Oriente. Nel parco del brolo di villa del Quar coesistono essenze della macchia mediterranea ed essenze tropicali quali il cedro del Libano, il cedro deodara, palme, tutti alberi altissimi, quasi dei monumenti. Al centro del parco una collinetta la cui sommità si raggiunge con una scala in pietra ormai in precarie condizioni statiche per l‟opera della radici degli alberi vicini. Potrebbe celare la famosa “giazara”, della quale non sono riuscito a trovare l‟ingresso. Ed ora è interessante l‟etimologia di una parola della nostra lingua: innanzitutto il brolo era un luogo magico, un luogo che incuteva rispetto, che faceva intimorire… talvolta infatti, quando il proprietario voleva concludere un affare usava portare l‟acquirente od il venditore nel Brolo e questi, colpito da tanta magnificenza, si faceva “brogliare”. Il brolo doveva essere un appezzamento di terreno generoso, sufficiente alle bisogna del padrone e della sua famiglia, vi si coltivano piante officinali, verdura di stagione come zucchini,verze, broccoli, coste, insalate, radicchio, pomodori, zucche, luppolo,asparagi selvatici e non. Generoso anche di frutta: albicocche, ciliegie, marasche, marasconi,prugne ,pesche, susine, noci, mandorle,nocciole,more di rovi, more di gelso, nespole. Frutta da conservare secca, altra da conservare nei granai posta su cannicci fino a tardo autunno. E poi patate, barbaforte, topinambur,bietole e rape rosse. Molti di questi prodotti vengono utilizzati nel Menù Colorato del Quar 12 per ricordare ed onorare questa cultura e questo modo di vivere in campagna dei nostri avi. Infine spezie provenienti dall‟oriente portati dalla flotta commerciale veneziana. Queste ultime vengono utilizzate anche per ricordare Emilio Salgari mio parente da parte di madre, grande scrittore di libri di avventura. I vigneti E‟ prevista una completa riorganizzazione dei vigneti, che a lavori terminati copriranno una superficie di circa 4,5 ettari. Verranno coltivati con vitigni autoctoni quali Rondinella, Corvina, Corvinone e Merlot. Tutti gli impianti saranno realizzati secondo il metodo Gujot (francese) con strutture in acciaio dipinte di verde prodotte dal Profile d‟Alsace. I percorsi verranno realizzati secondo geometrie classiche. Verranno prodotte circa 40.000 bottiglie di un vino di alta qualità, di colore rosso rubino. L‟etichetta riprende l‟immagine a graffito del mascherone di epoca manierista nel sottogronda del corpo di fabbrica ad est e rappresenta un satiro avvinazzato e contento. XXXIV


LA FAMIGLIA e gli antenati illustri Che possono aver condizionato le nostre scelte

Da parte di mia madre Teresa Salgari:

EMILIO SALGARI scrittore Fantasia ed avventura

Emilio Salgari nacque a Verona il 21 agosto del 1862 ; nel 1878 si iscrisse al Regio Istituto Tecnico e Nautico “P. Sarpi” di Venezia. Come uomo di mare compì solo alcuni viaggi di addestramento a bordo di una nave-scuola e successivamente un viaggio sul mercantile “Italia Una” , che per tre mesi navigò per l‟Adriatico. Mai visitò i Paesi, se non con la fantasia , così ben descritti nei suoi celebri romanzi. Nel 1883 inizia a collaborare con il giornale “la Nuova Arena” , della sua città di Verona, sulle cui pagine apparve a puntate il suo primo romanzo, “Tay See”, stampato successivamente con il titolo “la Rosa di Dong-Giang”. Nell‟ottobre dello stesso anno escono le prime puntate della “tigre della Malesia”. Inizia così la sua fortunata e tormentata carriera di scrittore che annovera al suo attivo circa ottanta romanzi ed un numero ancora imprecisato di avventure e racconti tra i quali: Il Corsaro Nero, i Pirati della Malesia, Le tigri di Mompracem, i misteri dell‟India. Si toglie la vita il 25 Aprile del 1911. La sua opera è rimasta viva a nutrire con tutto il suo fascino la fantasia di intere generazioni di ragazzi e non.

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Da parte di mio padre Luigi Montresor:

LUIGI MONTRESOR docente e senatore Diplomazia e Classicismo

Il Senatore Luigi Montresor con la moglie la Contessa Paradisi Migoni

Luigi Montresor nasce a Bussolengo il 20 ottobre 1862. Frequenta con profitto come alunno del Seminario di Verona , il Ginnasio ed il Liceo Vescovile per poi studiare lettere all‟università di Pisa ed alla Scuola Superiore di Magistero, perfezionandosi poi in Archeologia all‟Università di Roma dove si dedica con entusiasmo alla cattedra di Lettere Italiane e Storia nell‟Istituto Massimo D‟Azeglio insegnandovi per più di trent‟anni. Cattolico osservante venne chiamato a rappresentare in Parlamento il collegio di Bardolino per due legislature dal 1909 al 1919 per poi diventare Senatore per più di venticinque anni. Apprezzato assertore della dignità e della libertà della scuola privata, fu presidente della Federazione Nazionale degli Istituti Scolastici, nonché presidente della Società Cattolica di Assicurazione e della Banca Cattolica del Veneto. Quando l‟età avanzata non gli permise più un‟attività politica intensa, si abbandonò alle sue passioni: musica, letture dei poeti e dei classici. Provetto organista, si esibiva in casa per una ristretta cerchia di amici , tra i quali potè annoverare, nel corso della sua vita , operosa ed intrisa di modestia, Pio XI e Margherita di Savoia. Il Senatore Montresor muore a Fontechiari (FR) il 22 settembre 1948 all‟età di 86 anni. XXXVI


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Il mio bisnonno paterno: Le Filande ALFREDO DANESE Imprenditoria

Fu un grande imprenditore che nei primi anni del Novecento riuscì a realizzare i primi interventi industriali della nostra area: le Filande, ben sei nella provincia veronese ed una nel Trentino. Per iniziare l‟attività ottenne la garanzia presso la banca dal nonno da parte di madre Salgari che nella campagna di Negrar coltivava il gelso ( le cui foglie costituiscono il principale nutrimento per i bachi da seta). Mi raccontarono che in quell‟occasione i miei genitori si conobbero. Il bisnonno Danese acquistò per ognuno dei cinque figli una villa importante. Si racconta che comprò Villa del Quar a “scatola chiusa” e senza averla vista da un fortunato signore che l‟aveva vinta al Casinò di Venezia; la donò figlia Assunta, mia nonna paterna.

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Conclusioni Tutte le scelte sono state influenzate dagli studi , dalla famiglia e dall‟educazione ricevuta. Notevole influenza ha rivestito il territorio e con esso la nostra cultura. Lo studio del passato centrato sull‟analisi delle ville, dei padroni, dal rapporto con la campagna è stato fondamentale. Quindi risulta chiaro che tutti gli elementi caratterizzanti Villa del Quar sono comuni alle ville, abbiamo solo aggiunto l‟ospitalità con l‟hotel ed il ristorante. Ma l‟ospitalità di oggi non è poi così diversa da quella di ieri . I valori non sono sempre gli stessi? La villa- patria “ parva sed apta mihi “, la cultura che l‟ha generata, i condizionamenti degli eventi storici e socio-economici che le hanno consentito di prosperare per ben quattro secoli, riemergono recuperando i valori che ho imparato a conoscere , a vivere e ad amare. Mi sono riconosciuto nelle scelte di chi mi ha preceduto incarnando, all‟inizio inconsapevolmente, il loro modo di vivere , di pensare e di essere. Ho solo cercato senza sconvolgimenti architettonici e culturali di riproporre in chiave moderna le peculiarità della villa-patria nel contesto attuale. Qualche volta seduto in soggiorno sulla poltrona , la sera mi rilasso leggendo un libro. Talvolta sono pervaso da profumi dolcissimi ed inebrianti senza un apparente motivo. Che sia un modo sereno e distensivo da parte di chi vi ha abitato prima di noi un‟approvazione per quanto fatto? Mi domando spesso se le mie figlie, Claudia e Costanza la penseranno allo stesso modo. Vivono da anni lontano dal Quar. Vivono in grandi città, stanno bene ovunque nel mondo. In effetti,la mondializzazione sembra portare al distacco dai valori legati al territorio. Però penso che nei loro cuori la nostra vita in villa sia sempre presente e credo che abbia dato forti emozioni anche a loro. Magari questo sentimento è ancora nascosto. Spero che con il tempo possa emergere prepotentemente.

Leopoldo Montresor

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Referenze Bibliografiche Michelangelo Muraro: Civiltà delle Ville Venete , Magnus edizioni Spa 1986 Giuseppe Franco Viviani , testi di Giampaolo Marchi, Giovanni Viviani, Giuseppe Franco Viviani : Ville della Valpolicella, Centro di Documentazione per la storia della Valpolicella, Verona 1983 Giuseppe Silvestri : Valpolicella nella storia nell’arte nelle poesia, Arnoldo Mondadori , Verona 1950

Quar di Pedemonte , 15/09/2011

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