Inchiesta Why Not verità e delirio - Marco Travaglio

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Marco Travaglio Carta canta

Inchiesta Why Not verità e delirio

L La condanna di De Magistris non ha provocato solo le incredibili dichiarazioni del sindaco di Napoli. Anche politici e giornali parlano a vanvera. Perché all’origine della caduta del governo Prodi non c’era quell’indagine

a condanna di Luigi De Magistris a 1 anno e 3 mesi per abuso d’ufficio non ha prodotto soltanto i delirii del sindaco di Napoli per restare al suo posto. Ma anche quelli di politici e giornali sull’inchiesta “Why Not”, oggetto del processo all’ex pm di Catanzaro e al suo consulente tecnico Gioacchino Genchi (anche lui condannato). «Quell’inchiesta ha cambiato fino a stravolgerla la storia politica italiana» tuona Clemente Mastella che nel 2007, all’epoca dei fatti, era ministro della Giustizia del governo Prodi. «Si può tranquillamente dire che Prodi cadde per essa», sentenzia il sempre informatissimo Filippo Facci su “Libero”. «Nel 1998 - favoleggia il giornale di Belpietro - Mastella fu costretto alle dimissioni a seguito di Why Not». «Una storia italiana finita in nulla, o quasi», romanza Stefano Zurlo sul “Giornale”. Altri vaneggiano di «intercettazioni illegali a strascico»: il quotidiano della Fiat spara «milioni di tabulati acquisiti illegalmente» per «indagini finite in calderoni inconcludenti». Francesco Rutelli, anche lui nei tabulati della discordia, rivela che «Why Not e la compravendita dei senatori sono stati all’origine di cinque anni di Berlusconi. Questa è storia». No, queste soNo balle. Mastella si dimise il 16 gennaio 2008 per l’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere sull’Udeur campana, che portò agli arresti della moglie, del consuocero e di altri suoi fidi,oltre che all’avviso di garanzia per lui (processo poi trasferito a Napoli con una raffica di rinvii a giudizio). Prodi cadde la settimana seguente perché Mastella accusò gli alleati di non difenderlo abbastanza dall’indagine (di Santa Maria, non di Catanzaro): infatti ritirò l’Udeur dalla maggioranza e tornò armi e bagagli con Berlusconi, che l’anno dopo lo premiò con un seggio europeo. Why Not era già stata scippata da quattro mesi a De Magistris dal Pg di Catanzaro: prima che il pm potesse concluderla e dopo che Mastella gli aveva scatenato contro gli ispettori mini-

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steriali e aveva chiesto al Csm di trasferirlo (missione compiuta nel 2009). Non è vero neppure che sia finita nel nulla: oltre a diverse archiviazioni, assoluzioni e soprattutto prescrizioni, essa ha prodotto due condanne definitive con rito abbreviato, mentre l’imputato principale Antonio Saladino (Compagnia delle Opere) è stato condannato a 3 anni e 4 mesi in appello, poi la Cassazione ha dichiarato prescritti 9 suoi abusi d’ ufficio ordinando il nuovo appello per associazione a delinquere, di cui risponde con un’altra decina di imputati. DuNque Why Not, pur sovradimensionata, si basava su reati concreti e andava fatta. Commisero reati anche gli inquirenti? Si vedrà in appello se reggerà l’abuso d’ufficio affibbiato a De Magistris e Genchi dal Tribunale di Roma (dopo che quello competente di Salerno aveva archiviato la stessa accusa). Tutto ruota attorno a un dilemma tecnico: se, cioè, il pm e il consulente non potessero non sapere che i tabulati (mai intercettazioni) di otto utenze telefoniche si riferissero ad altrettanti parlamentari e dunque fossero soggetti all’autorizzazione delle Camere. Accusa parecchio improbabile: solo acquisendo i tabulati e incrociandoli con i numeri chiamanti e chiamati, si può risalire al titolare del telefono, che spesso non è neanche l’utente effettivo. I quattro telefoni di Prodi, per esempio, erano intestati a tale Delta Spa,poi volturate a un’Associazione Ulivo: impossibile collegarle al premier. Quella di Pisanu e un paio di Mastella erano in uso a mogli e altri familiari non certo coperti da immunità. Nessuno, intanto, si pone la domanda decisiva: ma perché Genchi, per conto di De Magistris, s’interessava ai tabulati che poi risultarono riferibili a quegli 8 parlamentari? Perché erano tutti in contatti frequenti con l’indagato Saladino. Che alla fine è risultato responsabile di diverse accuse ed è tuttora imputato per associazione a delinquere. Se i politici che oggi strillano al fantomatico complotto contro Prodi avessero selezionato meglio le proprie frequentazioni, nessun pm se li sarebbe mai filati. 9 ottobre 2014 |

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