Life People - dicembre 2007

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MONTEROSSO,

IL FARRO CHE CONQUISTA L’EUROPA

E

’ piccolo, tondo ed ambrato. Venticinque anni fa, all’infuori dei Toscani, erano in pochi ad apprezzarlo ed investirci non era una scommessa ma veramente un azzardo. Eppure, questi ultimi anni, è diventato “so stylish”, “so trendy”, “so italian way of life”, da conquistare gli States, il Giappone e buona parte dell’Europa. È il farro, un frumento dimenticato, ritornato di moda per merito di un’azienda agricola del centro Italia: la Monterosso. Un’azienda insolita, specializzata nella produzione dei semi sperimentali che si dedica in modo particolare alla coltivazione del farro. Sta nel cuore delle Marche, a cavallo tra le province di Ancona e di Pesaro e, forte dei suoi quasi 600 ettari, ha un’estensione tale da godere del clima mite delle dolci colline pesaresi e anche dell’aria frizzante degli Appennini. Non coltiva un farro ma “il” farro. Dopo anni di sperimentazione ha ottenuto il brevetto vegetale del seme “Triticum Dicoccum” che è stato anche riconosciuto prodotto tipico dalla Regione con la denominazione di Farro delle Marche. È il classico esempio di azienda che si è organizzata per controllare interamente la filiera. Produce, coltiva, pulisce e sveste il suo seme di farro. Con un vero mulino a pietra lo macina e in parte trasforma la farina in pasta 20 - Life People

con Mastri Pastai che usano esclusivamente trafile di bronzo e sistema di essicazione lenta. Ma quello che rende la Monterosso, un’azienda agricola fuori dell’ordinario è sopratutto il fatto di essere riuscita a far uscire il farro dal binomio prodotto tipico-prodotto raro. Oggi il suo prodotto si trova sugli scaffali dei supermercati di tutta Italia. A Torino, a Milano e a Ravenna. A Roma, a Bari e a Palermo. Dopo aver protetto con un brevetto il seme, l’azienda ha vinto con grinta anche la scommessa della sua commercializzazione. Non solo botteghe dunque ma la grande di-stribuzione organizzata. Un successo importante che ha mosso il mercato con così tanto rumore da addirittura aver creato nuove richieste, solleticato nuovi bisogni, ed obbligato grandi e piccole imprese a tener di nuovo conto di questo frumento e ad inserirlo nelle proprie referenze. Calcando così le orme del successo dell’azienda marchigiana. A tenere saldamente le redini dell’operazione sono due donne: la giovanissima sessantenne Lea Luzi e sua figlia Leila. Appartengono ad una famiglia che fa parte della storia dell’entro terra e che a forza di far lavorare i propri terreni ha modellato i paesaggi che corrono a filo della strada tra San Lorenzo in Campo, Arcevia e Sassoferrato. “Ormai le case di chi 18

Veronica Cinti

lavorava una volta a mezzadria con noi sono vuote” racconta Lea - ma basta guardarle perchè ognuna, a modo suo, racconta le storie ed il carattere della gente che ci viveva. Oggi – prosegue - lavoriamo con un altro ritmo. Siamo più veloci, i solchi sono più profondi, le rese sono migliorate ma capita di rimpiangere i tempi andati: quando si viveva con il ritmo delle stagioni e la semina ed il raccolto erano pretesti per far festa.” Parole da non prendere alla lettera. Perchè la Monterosso ha certo solide radici nel passato ma sa anche anticipare il futuro. Non a caso sono ormai quindici anni che si è trasformata in un’azienda biologica. L’ultima sua scommessa si chiama farroteca. La casa del farro. Un nome che è tutto un programma. Iniziata come un gioco e già brevettata. Un luogo di degustazione dedicato esclusivamente al farro e a tutte le sue varianti. Dal pane alla polenta. Dall’insalata alla crostata. Dalla zuppa alla pasta. Ovviamente con il suo farro, il Triticum Dicoccum, il farro delle Marche. Il successo è tale che già pensano di lavorare in rete e di creare in Italia, in Europa, nel mondo, tante piccole farroteche. La storia di un’altra scommessa tutta da scrivere...


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