LE NUOVE LEGGI DEL DIRITTO DELL’ECONOMIA
Collana fondata da Michele Sandulli e Vittorio Santoro
Diretta da Ugo Patroni Griffi, Vittorio Santoro e Paolo Valensise
Collana fondata da Michele Sandulli e Vittorio Santoro
Diretta da Ugo Patroni Griffi, Vittorio Santoro e Paolo Valensise
(5 marzo 2024, n. 21)
a cura di Giuliana Martina, Marilena Rispoli Farina, Vittorio Santoro
G.Giappichelli Editore – Torino
Autori []
Prefazione []
Giuliana Martina, Marilena Rispoli Farina, Vittorio Santoro
Capo I
Articolo 1
Disposizioni in materia di offerta fuori sede
Alberto Urbani
1. La ratio dell’intervento legislativo e la presumibile scarsa incidenza pratica della nuova ipotesi di esenzione [000]. – 2. Segue. Offerta «fuori sede» e offerta «tra il pubblico».
Articolo 2
Estensione della definizione della categoria di piccole e medie imprese emittenti azioni quotate
Luca Della Tommasina
1. La nozione di piccola e media impresa ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera w-quater.1), Tuf [000]. – 2. I criteri di calcolo della capitalizzazione dell’emittente [000]. – 3. Fattispecie e disciplina della piccola e media impresa quotata: premessa [000]. – 3.1. Obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti e PMI quotate [000]. – 3.2. PMI e incroci azionari [000]. – 3.3. Offerte pubbliche d’acquisto obbligatorie e PMI quotate. Rilievi conclusivi [000].
Articolo 3
Dematerializzazione delle quote di piccole e medie imprese
Silvia Corso
1. La dematerializzazione facoltativa delle quote standardizzate di s.r.l. PMI [000]. – 2. Il regime di circolazione scritturale e la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali: la reintroduzione del libro soci [000]. – 3. I diversi regimi circolatori delle quote nell’art. 100-ter Tuf: circolazione intermediata e circolazione dematerializzata.
Articolo 4
Riforma della disciplina degli emittenti strumenti finanziari diffusi
Carlo Amatucci – Giovanni Mollo
1. Le ragioni dell’introduzione della “classe” delle società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante e del suo “confinamento” in ambito codicistico [000]. – 2. La rimodulazione della nozione di “emittente azioni diffuse” [000]. – 3. L’estromissione dalle regole proprie delle s.p.a. quotate dei previgenti emittenti titoli diffusi [000]. – 4. L’ambito di operatività della “nuova classe” degli emittenti titoli diffusi [000]. – 5. Conclusioni [000].
Articolo 5
Estensione alle società aventi azioni negoziate su sistemi multilaterali di negoziazione della facoltà di redigere il bilancio di esercizio secondo i principi contabili internazionali
Antonia Irace
1. Il progressivo affermarsi dei principi IAS/IFRS [000]. – 2. Il restyling delle norme civilistiche, un’occasione per il ritorno al passato [000]. – 3. Le novità della legge capitali: un passo avanti o una modifica priva di effetti? [000]
Articolo 6
Disposizioni in materia di flottante
Luca Della Tommasina
1. Il quadro normativo di riferimento: obbligo di acquisto residuale e flottante [000]. – 2. La Comunicazione Consob 21 luglio 2011, n. DME/11065125 [000]. – 3. La Legge Capitali e i poteri della Consob. Rilievi di sintesi e prospettive [000].
Articolo 7
Modifica alla disciplina in materia di sottoscrizione di obbligazioni emesse da società per azioni e di titoli di debito emessi da società a responsabilità limitata
Giovanni Falcone
1. Aspetti generali [000]. – 2. Le modifiche apportate alla disciplina in materia di obbligazioni [000]. – 3. Le modifiche apportate alla disciplina in materia di emissione di titoli di debito [000]. 4. Aspetti problematici del trasferimento del titolo [000].
Articolo 8
Semplificazione delle procedure di ammissione alla quotazione
Ciro G. Corvese
1. Premessa: gli articoli 66-bis e 66-ter Tuf. Un po’ di storia [000]. – 2. La potestà regolamentare della Consob in merito alla determinazione di requisiti per le controllate extraeuropee
[000]. – 2.1. L’art. 15 del regolamento mercati [000]. – 2.2. L’abrogazione della lett. a) del co. 2 dell’art. 66-bis Tuf.: gli effetti sui poteri della Consob [000]. – 3. L’art. 66-bis, co. 2, lett. c), Tuf e la potestà regolamentare della Consob in tema di determinazione di criteri per la quotazione di talune imprese finanziarie [000]. – 3.1. L’art. 17 del regolamento mercati [000]. – 3.2. L’abrogazione della lett. c) del co.2 dell’art. 66-bis Tuf: gli effetti [000]. – 4. La potestà regolamentare della Consob nell’art. 66-bis., co. 2, lett. b), Tuf e l’art. 16 del regolamento mercati [000]. – 5. Ammissione, sospensione ed esclusione di strumenti finanziari dalla quotazione e dalle negoziazioni per opera del gestore della sede di negoziazione: la posizione ondivaga del legislatore italiano dalla Legge a tutela del risparmio, passando per l’attuazione della MIFID I, della MIFID II ed approdando alla Legge Capitali [000]. – 5.1. Premessa: un po’ di storia [000]. – 5.2. L’art. 66-ter Tuf [000]. – 5.3. L’abrogazione dei co. 4 e 5 e la modifica del co. 6 dell’art. 66-ter, Tuf: alcune brevi considerazioni [000].
Articolo 9
Modifiche alla disciplina di approvazione del prospetto e della responsabilità del collocatore
Edgardo Ricciardiello
1. Premessa [000]. – 2. L’evoluzione normativa della disciplina in materia di prospetto [000]. – 3. Il procedimento relativo all’approvazione del prospetto [000]. – 4. La fase di revisione da parte dell’autorità di vigilanza [000].
Articolo 10
Abrogazione dell’obbligo di segnalazione delle operazioni effettuate dagli azionisti di controllo
Nicola Rocco di Torrepadula
1. Sul comma 7 dell’art. 114 abrogato [000]. – 2. Sulle ragioni dell’abrogazione [000]. – 3. Sugli effetti dell’abrogazione [000].
Articolo 11
Svolgimento delle assemblee delle società per azioni quotate
Ugo Patroni Griffi
1. Le modifiche al Tuf [000]. – 1.1. Il rappresentante designato dalle società quotate [000]. –2. L’esercizio in via esclusiva del diritto di voto e di intervento tramite il rappresentante designato [000]. – 3. La proroga della legislazione emergenziale Covid in materia di svolgimento delle assemblee societarie [000].
Articolo 12
Lista del consiglio di amministrazione nelle società per azioni quotate
Carlo Amatucci – Giovanni Mollo
1. La nuova disciplina [000]. – 2. La valutazione dei soci [000]. – 3. I limiti della riforma [000]. – 4. Il ruolo degli amministratori nella fase pre-assembleare [000]. – 5. Funzioni della lista del CdA [000]. – 6. Il disegno di legge [000]. – 7. Conclusioni [000].
Articolo 13 / Articolo 14
Disposizioni in materia di voto plurimo / Disposizioni in materia di voto maggiorato
Luigi Scipione
1. Le novità della Legge Capitali in materia di azioni a voto plurimo e maggiorazione del voto [000]. – 2. Inquadramento sistematico delle due fattispecie normative e principio di proporzionalità [000]. – 3. L’istituto delle azioni a voto plurimo e le ricadute sul piano del controllo [000]. – 4. L’ampliamento del voto maggiorato [000]. – 4.1. Il voto maggiorato e gli spazi dell’autonomia statutaria [000]. – 4.2. Incompatibilità tra azioni a voto plurimo e maggiorazione di voto nella società quotata [000]. – 5. I diritti spettanti alle azioni a voto plurimo in relazione ai quorum [000]. – 6. La rinunzia al diritto di voto plurimo [000]. – 7. Azioni a voto plurimo e diritto di recesso [000]. – 8. Le interazioni del voto maggiorato con le discipline dell’Opa e delle operazioni straordinarie [000].
Articolo 15
Disposizioni in materia di enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103
Ciro G. Corvese
1. Premessa: l’art. 6 del Tuf. Un po’ di storia [000]. – 2. L’art. 6, co. 2-quater del Tuf e la sua introduzione ad opera dell’art. 2, co. 2 del d.lgs. 17 settembre 2007, n. 164: l’inapplicabilità delle norme di condotta alle “controparti qualificate” [000]. – 3. La definizione di controparti qualificate [000]. – 4. L’estensione della qualifica di controparti qualificate anche agli enti di cui al d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509 e al d.lgs. 10 febbraio 1996, n. 103 [000]. – 5. La rilevanza della qualificazione di controparti qualificate per ulteriori profili normativi [000].
Articolo 16
Semplificazione del regime di vigilanza sulle Sicav e Sicaf eterogestite
Maria Grazia Iocca
1. Considerazioni introduttive [000]. – 2. Società di investimento in gestione esterna: le condizioni per l’autorizzazione alla costituzione, la semplificazione del regime di vigilanza ed il ridimensionamento del ruolo attribuito alla Banca d’Italia nel nuovo art. 38 Tuf [000]. – 3. Le misure in tema di segregazione patrimoniale (Sicav e Sicaf multicomparto) e sulla crisi [000]. – 4. Entrata in vigore ed efficacia [000]. – 5. Brevi note conclusive [000].
Articolo 17
Semplificazione delle modalità di rappresentanza per l’esercizio dei diritti di voto in assemblea
Ugo Patroni Griffi
1. Paragrafo unico [000].
Articolo 18
Disposizioni in materia di limite all’attivo delle banche popolari
Giovanni Romano
1. Dal d.l. n. 3/2015 alla Legge Capitali [000]. – 2. Sul come si sia arrivati alla norma attuale, ovvero un breve excursus sulla riforma delle banche popolari [000]. – 3. Sintesi delle impressioni su tecnica e obiettivi legislativi: la riforma delle banche popolari nel contesto della complessiva ristrutturazione del sistema della cooperazione di credito [000]. – 4. Gli interventi della giurisprudenza [000]. – 5. Le riforme della cooperazione di credito nelle analisi degli economisti e l’attuale situazione delle banche popolari, tra sogni infranti di public company e rinnovate forme di collaborazione [000]. – 6. Il nuovo limite di attivo: possibili ragioni della revisione [000].
Articolo 19
Delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti
Andrea Pisaneschi
1. La tecnica di redazione della delega [000]. – 2. L’oggetto della delega [000]. – 3. I principi e i criteri direttivi [000]. – 4. La delega alla razionalizzazione e al coordinamento [000]. – 5. Procedimento e decreti correttivi [000].
Articolo 20
Modifiche alla disciplina di cui all’articolo 24 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, con riferimento al risarcimento del danno
Gennaro Rotondo
1. Premessa. La responsabilità civile delle autorità di vigilanza nel quadro della “legge capitali” [000]. – 2. Evoluzione degli orientamenti giurisprudenziali in tema di responsabilità civile delle autorità di vigilanza [000]. – 2.1. Segue. Gli interventi del legislatore italiano sulla scia dei mutamenti giurisprudenziali [000]. – 3. Effetti derivanti dall’eterogeneità ordinamentale a livello europeo dei regimi di responsabilità civile delle autorità di vigilanza [000]. – 4. Il nuovo regime di responsabilità delle autorità di vigilanza: incidenza concreta e punti critici dell’intervento normativo di cui all’art. 20 della “legge capitali” [000].
Articolo 21
Modifiche alla disciplina delle incompatibilità per i componenti e i dirigenti della Consob, della Banca d’Italia e dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni
Vittorio Tortorici
1. Considerazioni introduttive [000]. – 2. Le modifiche alla disciplina dei periodi di raffreddamento dei componenti degli organi di vertice e dei dirigenti delle autorità di vigilanza sul sistema finanziario [000]. – 3. Il periodo di raffreddamento nelle istituzioni e nelle autorità di vigilanza europee [000]. – 4. Criticità del regime domestico e prospettive di riforma [000].
Articolo 22
Poteri di contrasto dell’attività pubblicitaria riferibile a soggetti non autorizzati
Giovanni Falcone
1. Paragrafo unico [000].
Articolo 23
Modifiche ai poteri sanzionatori della Consob
Nicoletta Vettori
1. Premessa [000]. – 2. Il nuovo art. 196-ter d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 [000]. – 2.1. Disciplina procedimentale e natura giuridica della decisione con impegni [000]. – 2.2. L’esecuzione delle decisioni con impegni e i presupposti per la riapertura del procedimento sanzionatorio [000]. – 3. Profili dubbi della nuova disciplina alla luce dei principi costituzionali e convenzionali in materia di sanzioni [000]. – 4. Ratio e finalità dell’istituto degli impegni: alcune problematiche interpretative [000]. – 4.1. Gestione pattizia dell’illecito o strumento di cooperative compliance? [000] – 5. Considerazioni conclusive [000].
Articolo 24
Interpretazione autentica del comma 14 dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 164 del 2007
Marilena Rispoli Farina
1. Paragrafo unico [000].
Capo III
MISURE DI PROMOZIONE DELL’INCLUSIONE FINANZIARIA
Articolo 25
Misure in materia di educazione finanziaria
Brunella Russo
1. Alcune note di apertura al tema dell’educazione finanziaria [000]. – 2. Segue. La ratio dell’art.
25 [000]. – 3. Il “concetto” di mercato nell’attuale Legge Capitali [000]. – 4. Ambito di applicazione oggettivo della norma in commento [000]. – 4.1. Misure di promozione dell’inclusione finanziaria [000].
MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DEL PATRIMONIO DESTINATO
Articolo 26
Misure per rafforzare l’operatività del Patrimonio Destinato
Marilena Rispoli Farina
1. La Storia [000]. – 2. La CDP e la politica di salienti acquisizioni [000]. – 3. Strumenti per la ripartenza [000]. – 4.- Le “casse” longa manus pubblica [000]. – 5. Le novità [000]. – 6. Le modifiche introdotte dalla legge Capitali.
Carlo Amatucci, Professore ordinario nell’Università di Napoli “Federico II”
Silvia Corso, Professoressa associata nell’Università di Cagliari
Ciro G. Corvese, Professore associato nell’Università di Siena
Luca Della Tommasina, Professore associato nell’Università di Pisa
Giovanni Falcone, Professore associato nell’Università “Pegaso”
Maria Grazia Iocca, Professoressa associata nell’Università di Modena e Reggio Emilia
Antonia Irace, Professoressa ordinaria f.r. dell’Università di Siena
Giovanni Mollo, Consigliere senior Consob
Ugo Patroni Griffi, Professore ordinario nell’Università di Bari
Andrea Pisaneschi, Professore ordinario nell’Università di Siena
Edgardo Ricciardiello, Professore associato nell’Università di Bologna
Marilena Rispoli Farina, Professoressa ordinaria f.r. dell’Università di Napoli “Federico II”
Nicola Rocco di Torrepadula, Professore ordinario nell’Università di Salerno
Giovanni Romano, Professore associato nell’Università di Siena
Gennaro Rotondo, Professore ordinario nell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”
Brunella Russo, Professoressa ordinaria nell’Università di Messina
Luigi Scipione, Professore aggregato nell’Università di Napoli “Federico II”
Vittorio Tortorici, MEF, Policy and Regulatory Development Expert
Alberto Urbani, Professore ordinario nell’Università Ca’ Foscari Venezia
Nicoletta Vettori, Professoressa associata nell’Università di Siena
Il Commentario alla Legge Capitali si inserisce a buon titolo nella prestigiosa Collana delle Nuove Leggi del Diritto dell’Economia, di cui conserva lo stile e l’approccio volto a tentare una prima sistemazione di norme, mai come questa volta, tanto disparate da sembrare, se non essere, in contrasto fra di loro. Comunque, gli Autori non si sono sottratti al compito di suggerire alcune soluzioni pratiche che il mondo delle professioni e quello delle imprese attendono con urgenza.
Stiamo vivendo un periodo in cui il diritto dell’impresa è rimasto sostanzialmente immobile e imbrigliato in una serie di provvedimenti che definiremmo ad corporationem, i più noti, quelli assurti agli onori delle cronache, riguardano balneari e tassisti ma non mancano provvedimenti per la pesca o per i dehors di bar e ristoranti. Certo è stato approvato e più volte modificato il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ma, com’è noto, si tratta del frutto tardivo di una precedente stagione di riforme; certo, è stata data attuazione a talune direttive europee ma era “inevitabile”, finalmente la Legge Capitali sembrava poter soddisfare le (pur urgenti) esigenze di riforma con un approccio sistematico.
L’aspirazione alla coerenza dell’ordinamento trae origine dal Libro verde del MEF (2022) su “La competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita”, ove già si indicava l’esigenza di semplificare e razionalizzare il quadro normativo italiano per ridurre gli oneri burocratici imposti alle imprese quotate, avvalendosi di un intervento organico per aumentare la competitività del mercato nazionale dei capitali italiano e ridurre il divario rispetto ai mercati più dinamici. Tuttavia, l’impegno maggiore in tale direzione è semplicemente rinviato tramite delega al Governo concernente la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal Testo unico della finanza, nonché alcune disposizioni del codice civile e di altre leggi speciali (al riguardo, Andrea Pisaneschi osserva, fra l’altro, che nonostante il preciso dettato dell’art. 76 Cost. «gli oggetti di intervento non sono affatto definiti in quanto ampissimi»). Nell’ambito di tale delega generale ve ne sono alcune a contenuto necessario e prioritario, fra esse la necessità di «aggiornare il regime di responsabilità di cui all’articolo 24» della c.d. legge sulla Tutela del risparmio. Tale delega, infatti, assume un autonomo rilievo come si evince dal successivo art. 20, che già chiarisce che non si può agire per il risarcimento contro un’autorità di Vigilanza se non per il «danno che sia conseguenza immediata e diretta della violazione di leggi e di regolamenti» da parte della stessa Autorità (al riguardo v. le osservazioni di Gennaro Rotondo).
Posto il limite temporale (in verità breve, dodici mesi) per l’attuazione della delega, c’è da chiedersi se sussistessero ragioni di urgenza tali da dovere anticipare alcune soluzioni; tanto più che i primi commentatori hanno avanzato dure critiche e conseguenti richieste di mutare o persino cancellare alcune nuove disposizioni. La valutazione negativa è stata espressa, in particolare, per ciò che concerne il rappresentante designato in assemblea, norma che, fatta passare quale semplificazione, è, invece, una vera e propria “espropriazione” ai danni dei soci di minoranza: Ugo Patroni Griffi non manca di denotare che è stato inferto «un duro colpo al dogma della democrazia azionaria». Seri dubbi sussistono anche riguardo alla c.d. lista degli amministratori: Carlo Amatucci e Giovanni Mollo paventano che «... la introduzione della clausola statutaria che riconosce al consiglio di amministrazione uscente il diritto di presentare una lista per il suo stesso rinnovo [... possa generare...] conflitti di competenze tra i diversi organi che compongo la società per azioni, suscettibile di creare disfunzioni organizzative ed eventuali danni economici alla società».
Tuttavia, come osserva Brunella Russo, la Legge Capitali compie anche «alcuni positivi passi nella direzione della semplificazione e della flessibilità normativa e dell’aumento dell’attrattività della raccolta sui mercati capitali». La semplificazione si è compiuta soprattutto attraverso alcune abrogazioni. Si sottraggono o si riducono alcuni poteri della CONSOB. 1) Quest’ultima, da un lato, non può più innalzare, oltre il 95% delle azioni acquisite con un’OPA, il limite che fa scattare l’obbligo di acquisto, potere che era in grado di «destabilizzare l’architettura globale della disciplina del disinvestimento da società quotate» (così Luca Della Tommasina, sub art. 6); 2) dall’altro, vede ridotti i suoi poteri in tema di ammissione, sospensione ed esclusione di strumenti finanziari dalla quotazione (per un’abrogazione ancora più radicale è l’auspicio di Ciro Corvese, sub art. 8); 3) infine, si stemperano i poteri sanzionatori della CONSOB quando il trasgressore si impegna, sollecitamente, a far venir meno le conseguenze della lesione dell’interessi dei risparmiatori, in tal modo evitando le conseguenze pregiudizievoli dell’accertamento dell’illecito (v. le considerazioni di Nicoletta Vettori sub art. 23).
L’attrattività del mercato italiano si misura anche sulla garanzia di imparzialità delle Autorità di vigilanza e, infatti, a tale scopo l’art. 21 provvede a disincentivare «il passaggio di personale dal settore pubblico a quello privato, e viceversa» e si veda il commento di Vittorio Tortorici.
In nome della semplificazione: 1) è stata anche prevista la predisposizione, a cura della CONSOB, di standard forms ai fini della procedura di approvazione del prospetto informativo (v. Edgardo Ricciardiello, sub art. 9); 2) è stato abrogato l’obbligo di comunicazione alla CONSOB e al pubblico di operazioni da parte di chi detenga il dieci per cento delle stesse (v. Nicola Rocco di Torrepadula, sub art. 10); 3) sono stati sottratti alla disciplina dell’offerta fuori sede taluni casi di auto-collocamento di azioni di propria emissione o di altri strumenti finanziari di propria emissione che permettano di acquisire o sottoscrivere tali azioni, per i quali si è ritenuto che non sussista un chiaro bisogno di protezione verso l’investitore (v. Alberto Urbani, sub art. 1); 4) è stata introdotta «una più netta distinzione tra le Sicav e le Sicaf che gestiscono
direttamente il proprio patrimonio (cc.dd. autogestite) e quelle che affidano la gestione del proprio patrimonio a intermediari abilitati (cc.dd. eterogestite)», uniformando la disciplina di queste ultime «con quella dettata per i fondi comuni di investimento ai quali, per natura e sul piano operativo, risulterebbero maggiormente assimilabili» (Maria Grazia Iocca, sub art. 16); 5) sono state anche apportate modifiche «alla disciplina delle obbligazioni emesse da società per azioni ed a quella in materia di emissione di titoli di debito da parte di società a responsabilità limitata» così Giovanni Falcone (sub art. 7).
Vi sono alcune norme, inoltre, che seguendo una linea già tracciata nel nostro ordinamento continuano a prospettare soluzioni sistematicamente dirompenti nel diritto delle società, e asimmetriche rispetto alle soluzioni predisposte da altri ordinamenti. Ci riferiamo: A) da un lato, alla dematerializzazione facoltativa delle quote di società a responsabilità limitata che abbiano la qualifica di PMI, e al riguardo Silvia Corso segnala «un indubbio affievolimento della distanza tipologica tra “azioni” e “quote” che alimenta forti perplessità sulla perdurante vigenza del divieto di rappresentazione delle quote in azioni di cui all’art. 2468 c.c.». In verità, più radicalmente, si può dubitare dell’autonomia del tipo s.r.l., quale costruito con la riforma del 2003, e se l’obiettivo di agevolare l’accesso al mercato della PMI è ottimo e condivisibile, quello che non si comprende è perché non si sia agito sul tipo della società per azioni, creando un modello di piccola “spa” per la quale accorgimenti quale quello della dematerializzazione non avrebbe condotto ad incoerenze tipologiche; B) dall’altro, all’ulteriore rafforzamento del voto plurimo e del voto maggiorato (artt. 13 e 14) che porta ad una spropositata concentrazione di potere che non trova riscontro (in tali termini) neanche nei modelli ordinamentali (Olanda in particolare) che si inseguono (e si vedano le osservazioni di Luigi Scipione).
Vi sono, poi, norme la cui collocazione, nel contesto di misure di semplificazione e di incentivo al rafforzamento dei mercati dei capitali, è discutibile. Tanto vale in particolare: 1) per l’art. 5 che prevede l’estensione alle società aventi azioni negoziate su sistemi multilaterali di negoziazione della facoltà di redigere il bilancio secondo i princìpi contabili internazionali; al riguardo Antonia Irace osserva che la norma equipara la quotazione presso gli MTF a quella in borsa fermo restando che, nel caso degli MTF, le disposizioni saranno applicabili anche se vi è l’obbligo di redazione del bilancio in forma abbreviata; 2) per l’art. 18 che consente di mantenere la forma cooperativa anche alle banche popolari di dimensioni maggiori (fino a 16 mld. di euro d’attivo anziché 8 come in precedenza), al riguardo Giovanni Romano osserva che «di non immediata comprensibilità risulta, oggi, la ratio dell’intervento correttivo, tanto nei suoi legami con il complessivo disegno a base della Legge Capitali, quanto rispetto alle superiori ragioni che, un decennio fa, suggerirono la più rigorosa stretta»; 3) per l’art. 25 che prevede di «facilitare l’inclusione finanziaria attraverso specifici percorsi di formazione per gli studenti» (si vedano i rilievi di Brunella Russo); 4) infine, per l’art. 26 che dispone il rafforzamento dell’operatività del Patrimonio Destinato della Cassa Depositi e Prestiti, per ragioni di governo dell’economia come chiarisce Marilena Rispoli Farina (sub art. 26).
Per concludere, ci preme riconoscere il merito maggiore dell’Opera agli Autori, tutti specialisti della materia, in grande maggioranza professori universitari, ma taluno funzionario della CONSOB e del MEF.
Come è consuetudine della Collana la varietà delle voci è stata auspicata e ha contribuito alla ricchezza dei risultati. Pertanto, ringraziamo cordialmente tutti gli Autori anche per l’impagabile disponibilità e solerzia che ci ha consentito di realizzare questo Commentario in tempi assai brevi.
Un ringraziamento particolare va a Catia Della Bruna, che ci ha coadiuvato nelle diverse fasi della lavorazione e, da ultimo ma non meno importante, all’Editore Giappichelli e a tutti i suoi Collaboratori.
Napoli, Siena, Venezia, 15 settembre 2024
Giuliana Martina
Marilena Rispoli Farina Vittorio Santoro
Articolo 19
Delega al Governo per la riforma organica
delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto, per i profili di competenza, con il Ministro della giustizia, uno o più decreti legislativi per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e, ove necessario, delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti. I decreti legislativi di cui al presente articolo sono adottati, nel rispetto dei principi costituzionali e in particolare della tutela del risparmio, dell’ordinamento dell’Unione europea e del diritto internazionale nonché sulla base dei principi e criteri direttivi di cui al presente articolo, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
2. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo osserva i seguenti principi e criteri direttivi:
a) sostenere la crescita del Paese, favorire l’accesso delle imprese al capitale di rischio con particolare riguardo ai mercati regolamentati, favorire l’accesso delle piccole e medie imprese a forme alternative di finanziamento e la canalizzazione degli investimenti verso le imprese e rendere le imprese maggiormente attrattive per gli investitori internazionali;
b) aumentare la competitività del mercato nazionale e semplificare e razionalizzare la disciplina degli emittenti, ivi inclusi il relativo sistema sanzionatorio, la disciplina in tema di operazioni con parti correlate, anche con riferimento alle soglie di partecipazione, in linea con gli standard internazionali, e la possibilità di prevedere sistemi di moltiplicazione del diritto di voto, riducendo gli obblighi e gli oneri previsti a legislazione vigente;
c) facilitare il passaggio dalla quotazione nei mercati non regolamentati a quella nei mercati regolamentati;
d) rivedere le regole in materia di attività di investimento privato per favorirne la massima diffusione, garantendo la correttezza e l’adempimento degli obblighi informativi a tutela degli investitori;
e) semplificare le regole del governo societario anche tenendo conto delle regole previste dai codici di autodisciplina;
f) prevedere il riordino e l’aggiornamento della disciplina in materia di appello al
pubblico risparmio, con particolare riguardo alle offerte al pubblico di titoli e alle offerte pubbliche di acquisto e scambio;
g) contemperare il livello degli oneri amministrativi imposti alle imprese con l’esigenza di assicurare l’efficienza, l’efficacia e la rilevanza dei controlli;
h) assicurare un sistema coerente e integrato dei controlli interni, eliminando sovrapposizioni o duplicazioni nelle funzioni e strutture di controllo e individuando altresì adeguate forme di coordinamento e di scambio di informazioni per un più efficace contrasto delle irregolarità rilevate;
i) aggiornare il regime di responsabilità di cui all’articolo 24, comma 6-bis, della legge 28 dicembre 2005, n. 262, tenuto conto della disciplina applicabile al sistema di vigilanza italiano nonché delle raccomandazioni e degli standard internazionali;
l) procedere a una complessiva razionalizzazione e al coordinamento del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, per assicurare una maggiore coerenza e semplificazione delle fonti normative.
3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere affinché su di essi sia espresso il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data della trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1 o successivamente, la scadenza di quest’ultimo è prorogata di novanta giorni.
4. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma 1, il Governo, ove necessario, può emanare decreti correttivi e integrativi degli stessi nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al comma 2.
Andrea Pisaneschi
Sommario: 1. La tecnica di redazione della delega. – 2. L’oggetto della delega. – 3. I principi e i criteri direttivi. – 4. La delega alla razionalizzazione e al coordinamento. – 5. Procedimento e decreti correttivi.
1. – L’art. 19 contiene una delega al Governo molto ampia, il cui contenuto, riassunto nel titolo, consiste “nella riforma organica delle disposizioni in materia di mercati di capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti”.
Già il titolo identifica la materia: tutto il Tuf può essere oggetto di riforma, così
come una parte del codice civile. Seguono quattro commi, nei quali al numero 1 si vuole indicare (anche se non è così come si vedrà) l’oggetto; al comma 2, suddiviso in varie lettere, i principi e criteri direttivi; al comma 3 la modalità di espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari e al comma 4 la disciplina dei decreti legislativi correttivi.
Vi è poi un’ulteriore delega prevista dalla lett. l) del comma 2, finalizzata alla razionalizzazione e al coordinamento – a valle dell’esercizio della prima – del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385; del codice delle assicurazioni private di cui al d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209; del d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252. L’obbiettivo indicato consiste nell’assicurare una maggiore coerenza e semplificazione delle fonti normative. Come vedremo, si tratta di una delega aggiuntiva con finalità che non sembrano essere meramente di compilazione e di sistemazione formale. Il limite temporale per l’emanazione del o dei decreti legislativi è previsto in soli 12 mesi (vedremo poi come questo termine sia da considerarsi prorogabile). Il Governo, tuttavia, è anche delegato – entro 18 mesi dalla pubblicazione dei decreti – alla emanazione di decreti correttivi e integrativi.
In generale, la tecnica di redazione della delega conferma quanto da tempo osservato dalla dottrina circa il progressivo spostamento del potere normativo primario dal Parlamento al Governo, senza che peraltro questo comporti un miglioramento della tecnica redazionale.
È indubbiamente corretta l’utilizzazione della legge di delegazione per una riforma di natura così tecnica. Tuttavia, l’art. 76 Cost. identifica la materia con la espressione “oggetti definiti”, mentre invece gli oggetti di intervento non sono affatto definiti in quanto ampissimi (la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati di capitali del Tuf). Si tratta però di una prassi ormai consolidata: materie generali erano contenute nel c.d. jobs act (l. 10 dicembre 2014, n. 183) che disponeva deleghe eterogenee riguardanti il mercato del lavoro, ed altrettanto ampi erano gli oggetti contenuti nella l. 7 agosto 2015, n. 124 in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, solo per citare alcune deleghe di natura sistemica. Inoltre, i principi tendono a corrispondere con le finalità della delega, mentre i criteri direttivi debbono essere ricavati dall’interprete poiché il legislatore li confonde a volte con l’oggetto, a volte con i principi. Anche in questo caso non si tratta però di una novità: costituisce una prassi ormai costante del nostro legislatore definire criteri direttivi ciò che invece è un oggetto e far coincidere i principi (che avrebbero funzioni di vincolare la discrezionalità dell’esecutivo) con le mere finalità della delega (cfr. l. n. 56 del 2014). La Corte costituzionale, del resto, non ha posto particolari argini in questa materia, interpretando oggetto, principi e criteri direttivi con ampia flessibilità. Questa tecnica normativa, però, comporta la necessità di effettuare alcune distinzioni preliminari. In particolare, nell’ambito dell’oggetto generico della delega (la riforma del Tuf) si dovrà distinguere quantomeno gli oggetti necessari in quanto espressamente specificati dal legislatore, da quanto invece non specificato e quindi facoltativo. I primi dovranno essere necessariamente normati mentre tutto il resto potrà essere normato senza un obbligo prioritario. Si dovrà poi cercare di distinguere i criteri e i
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principi dall’oggetto della delega e infine chiarire la portata della delega aggiuntiva relativa al coordinamento e alla razionalizzazione di ulteriori testi normativi.
Anche la previsione di decreti correttivi ed integrativi costituisce una prassi adottata da tempo. Ciò non toglie però che tale previsione tende a depotenziare la forza dei primi decreti, rendendoli provvisori ed instabili.
2. – Come si è accennato, l’oggetto dell’intervento è veramente ampio, potendo ricomprendere tutto il Tuf e quelle disposizioni del codice civile in materia di società di capitali – quindi sia per azioni che a responsabilità limitata – applicabili anche agli emittenti (sia società emittenti titoli trattati su mercati regolamentati che non). La norma che attribuisce la delega determinandone l’oggetto, pertanto, identifica da un punto di vista formale alcune fonti che possono essere oggetto di riforma: il Tuf e il codice civile (quest’ultimo nei limiti sopra indicati). Le altre fonti citate (Tub, codice assicurazioni, d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252) sono oggetto di una delega limitata al coordinamento e alla razionalizzazione. Al di fuori di queste fonti, che da un punto di vista formale costituiscono pertanto un limite negativo, la delega non consente di intervenire.
Questo limite formale, nondimeno, non esclude la possibilità per il legislatore delegato di intervenire sullo stesso testo normativo che contiene la delega. Anche in questo caso, infatti, il legislatore ha applicato la prassi ormai costante di inserire una delega all’interno di una legge già destinata alla disciplina della materia, rompendo il modello dualistico costituzionale (avvalorato dalla dottrina) e basato da una parte su di una legge meramente formale destinata solo al Governo e finalizzata a vincolarne la discrezionalità, e dall’altro su di un decreto legislativo con il compito di eseguire la delega. Il modello seguito, infatti, è l’opposto. Si tratta di una legge destinata ad innovare subito il diritto oggettivo, con la previsione, in aggiunta, di una delega al Governo che ha per oggetto molti dei temi direttamente disciplinati nel testo legislativo. A parte l’art. 19, infatti, la grandissima parte delle norme introdotte con la legge riguardano il Tuf, la cui modifica costituisce l’oggetto generale della delega. Dunque, gran parte della normativa, proprio in quanto a sua volta modificativa del Tuf, può essere nuovamente modificata – nel rispetto dei principi e criteri direttivi – attraverso i decreti legislativi. Se da un punto di vista formale ciò non solo è possibile ma in alcuni casi necessitato dalla espressa volontà del legislatore (si veda più avanti il caso dei meccanismi di voto e delle sanzioni), da un punto di vista sistemico ciò produce un processo continuo di correzione, con la conseguenza che nessuna norma inserita nel plesso della riforma presenta requisiti di stabilità: le previsioni modificative del Tuf introdotto con la legge “capitali” possono essere modificate dai decreti legislativi, che a loro volta non sono stabili potendo essere modificati dai decreti legislativi correttivi previsti nella stessa delega.
Oggettivamente non è un buon modo di legiferare, specialmente su materie economicamente sensibili, ma anche in questo caso si tratta di una prassi consolidata.
Detto del metodo, la questione della determinazione dell’oggetto della delega è resa assai complessa dal fatto che il legislatore al comma 2, teoricamente destinato alla precisazione dei principi e criteri direttivi, ha in verità indicato come principi e criteri
direttivi alcune fattispecie che ontologicamente possono essere qualificati come oggetti e non come principi e criteri direttivi. Con la conseguenza che è stato lasciato all’interprete in certi casi, sia il compito di distinguere le materie dai principi e dai criteri direttivi, sia il compito di determinare la forza giuridica di questi oggetti precisati espressamente. Astrattamente, infatti, potrebbe non comprendersi la necessità della loro individuazione espressa, in considerazione dell’ampio perimetro della delega (la riforma organica del Tuf).
Questi oggetti – ancorché chiamati dal legislatore “principi e criteri direttivi” –sono i seguenti:
– art. 2, lett. b): il sistema sanzionatorio degli emittenti, la disciplina in tema di operazioni con parti correlate, i sistemi di moltiplicazione del voto. Come si accennava si tratta di integrare e modificare norme che sono già state introdotte nel testo della legge;
– art. 2, lett. d): le regole in materia di attività di investimento privato; – art. 2, lett. f): la disciplina in materia di appello al pubblico risparmio, con particolare riguardo alle offerte al pubblico di titoli e alle offerte pubbliche di acquisto e scambio;
– art. 2, lett. g): il livello degli oneri amministrativi imposti alle imprese; – art. 2, lett. h): il sistema dei controlli interni;
– art. 2, lett. i): il regime di responsabilità di cui all’art. 24, comma 6-bis, l. 28 dicembre 2005, n. 262.
Queste norme sono definibili come contenuto necessario e prioritario della delega, nel senso che il legislatore delegato dovrà necessariamente disciplinarle, proprio perché queste, nell’ambito della materia generale “riforma del Tuf” costituiscono gli oggetti definiti previsti nell’art. 76 Cost. Le altre parti del Tuf, non espressamente menzionate, potranno essere disciplinate nella misura in cui siano necessarie al raggiungimento delle finalità della delega.
3. – L’art. 76 Cost. distingue, all’interno del contenuto necessario della legge di delegazione, tra principi e criteri direttivi. Ancorché si possa pensare che si tratti sostanzialmente di una endiadi, in verità vi è una differenza ontologica tra principi e criteri direttivi. I principi, infatti, costituiscono norme tipicamente valoriali che sono idonee a sussumere un numero ampissimo di fattispecie (il principio della trasparenza, il principio della semplificazione, ecc.), laddove invece i criteri direttivi costituiscono le modalità – espresse in termini generali – attraverso le quali raggiungere quei principi. I principi, a loro volta, si distinguono dalle mere finalità, con le quali non dovrebbero essere confusi, dato che le seconde non costituiscono norme quanto invece la ragione di un provvedimento normativo e, pertanto, sono presenti ed immanenti ad ogni provvedimento normativo. Il che non implica, peraltro, che esse non debbano essere utilizzate per la interpretazione dei principi e dei criteri direttivi.
Nell’art. 19, comma 1 e comma 2 si trovano, mescolati in vario modo, finalità, principi e criteri direttivi.
L’art. 1, comma 1, recita che i “decreti legislativi sono adottati nel rispetto dei prin-
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cipi costituzionali e in particolare della tutela del risparmio, dell’ordinamento dell’Unione Europea e del diritto internazionale sulla base dei principi e criteri direttivi di cui al presente articolo, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
La norma individua, pertanto, due livelli di principi: i principi costituzionali, europei e internazionali e i principi introdotti con la legge di delegazione. È lasciato all’interprete individuare quali sono i principi europei, internazionali e costituzionali (a parte il generico riferimento alla tutela del risparmio che è diventato una sorta di clausola di stile). Non è però difficile individuare alcuni dei principi europei e internazionali in questa materia, specialmente alla luce delle finalità della delega così come specificate nella lett. a) del comma 2 che consiste nel “sostenere la crescita del paese, favorire l’accesso delle imprese al capitale di rischio con particolare riguardo ai mercati regolamentati, favorire l’accesso alle piccole e medie imprese a forme alternative di finanziamento e la canalizzazione degli investimenti verso le imprese e rendere le imprese maggiormente attrattive per gli investitori internazionali”, finalità a sua volta riconnessa al libro verde del MEF, che aveva rilevato che il mercato dei capitali italiano “manifesta un cronico ritardo rispetto a quelli delle altre economie avanzate” anche a seguito di oneri normativi maggiormente pervasivi rispetto ad altri paesi europei.
Essi sono certamente il principio di proporzionalità, di flessibilità, di potenziamento dell’autonomia privata, di valorizzazione dell’autodisciplina. A livello costituzionale – anche in considerazione della giurisprudenza della Corte costituzionale, che prevede che i principi possano essere ricavati anche dalle finalità della delega – deve considerarsi come principio rilevante il c.d. divieto di gold plating, e cioè il divieto di introdurre o mantenere livelli di regolazione, nell’attuazione delle direttive, superiori a quelli previsti dalle direttive stesse.
Il divieto di gold plating, peraltro, riguarda sia le fonti primarie che le fonti secondarie (assai rilevanti, per quantità, in questa materia). Rispetto a questo secondo punto sarà compito del decreto legislativo fissare, a sua volta, i principi che limitino le possibilità di overruling da parte delle Autorità di regolazione.
Si vorrebbe dunque rendere appetibile da un punto di vista normativo il sistema italiano, sia allo scopo di disincentivare il c.d. listing shopping, sia allo scopo di attrarre investimenti stranieri nei segmenti quotati nazionali. Il principio di proporzionalità degli oneri, di flessibilità delle forme organizzative, di valorizzazione dell’autonomia privata e dell’autodisciplina dovrebbero guidare il Governo verso un progressivo alleggerimento degli oneri amministrativi e burocratici che sono correlati alla quotazione in borsa.
Anche i criteri direttivi vanno in questa direzione. Essi sono sparsi nelle varie lettere del comma 2 ma possono essere così razionalizzati:
a) facilitare il passaggio alla quotazione nei mercati non regolamentati a quelli regolamentati;
b) semplificare le regole del governo societario anche tenendo conto dei codici di autodisciplina, nonché assicurare un sistema coerente e integrato nei controlli interni che però elimini duplicazioni o sovrapposizioni e consenta coordinamento e scambio di informazioni;
c) contemperare oneri amministrativi con efficienza, efficacia dei controlli.
Si tratta di criteri direttivi molto generali, che possono benissimo essere confusi con i principi per il basso livello di vincolo che essi determinano per il Governo. Alcune di queste norme non sono, inoltre, di semplice interpretazione.
Si pensi al rapporto tra governo societario e codici di autodisciplina. Probabilmente la norma deve essere letta nel senso che è opportuno trasferire all’interno delle fonti di hard law alcuni principi di best pratices derivanti dall’autodisciplina (ad esempio una definizione unitaria di amministratore indipendente) fermo restando che ampio spazio deve essere comunque lasciato all’autodisciplina e all’autonomia statutaria secondo i principi, appunto, del diritto internazionale ed europeo.
A parte questo esempio, anche se sarebbe preferibile che il legislatore – e non l’interprete – fosse in grado di chiarire cosa è oggetto, cosa è principio e cosa è criterio direttivo, principi e i criteri direttivi sono abbastanza coerenti con le materie oggetto della delega.
Sul fatto che per una delega di questa ampiezza quelli determinati nell’art. 19 siano sufficienti a rispettare la ratio dell’art. 76 Cost., che consiste nel delegare e non trasferire il potere normativo dal Governo al Parlamento si potrà teoricamente discutere a lungo. La giurisprudenza della Corte costituzionale certamente sino ad oggi non è stata in grado di sospingere Governo e Parlamento ad un uso della delegazione più coerente con l’art. 76 Cost.
4. – La delega è completata dalla lett. l) del comma 2 che delega il Governo a procedere ad una complessiva razionalizzazione e coordinamento di varie fonti allo scopo di “assicurare una maggior coerenza e semplificazione delle fonti normative”. Le fonti citate sono il d.lgs. n. 58 del 1998 (Tuf), del d.lgs. n. 385 del 1993 (Tub), del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (codice delle assicurazioni private) e del d.lgs. n. 52 del 2005 (disciplina delle forme pensionistiche complementari).
Si tratta di una delega aggiuntiva la cui portata non può essere sottovalutata. La norma, in verità non sembra finalizzata allo svolgimento di una mera opera ricognitiva quale la individuazione delle abrogazioni e delle sostituzioni al mero fine di ricostruire una veste formale coerente dei vari testi normativi incisi dalla riforma. Al contrario la lett. l) sembra finalizzata a raggiungere alcuni obbiettivi di maggiore portata
Il primo obbiettivo è certamente di natura formale, e persegue il fine di evitare disarmonie tra fonti concorrenti. Si tratta di non utilizzare fonti diverse allorquando si debba disciplinare una materia già trattata in un’altra fonte nella quale la materia è prevalente (principio di semplificazione delle fonti). Questo può comportare la trasposizione di segmenti di disciplina dalle fonti citate al Tuf e viceversa, attuando il canone della prevalenza della materia e della razionalizzazione della disciplina.
Un secondo obbiettivo consiste però nel coordinamento tra i vari testi. L’espressione coordinamento è, a sua volta, polisensa, implicando sia un aspetto formale sia un aspetto sostanziale (che può essere più o meno ampio).
Da un punto di vista formale il coordinamento è finalizzato ad evitare disarmonie interpretative tra le varie fonti (ad esempio utilizzazione di espressioni differenti per descrivere le medesime fattispecie, ripetizioni di norme in un testo o nell’altro, ecc.).
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Da un punto di vista sostanziale esso significa sostanzialmente coerenza di contenuti. In sostanza il Governo potrà modificare gli altri testi indicati in coerenza con i principi e i criteri direttivi previsi per la delega principale ed a valle dell’esercizio di questa.
Si pensi, a mero titolo di esempio, alla normativa sulla previdenza complementare, che è strettamente collegata agli obbiettivi della delega in ordine all’ampliamento del mercato dei capitali e che non casualmente è stata inserita nella normativa oggetto di armonizzazione di cui alla lett. l).
Per svolgere questa funzione il Governo dovrebbe utilizzare i decreti integrativi e correttivi previsti all’ultimo comma dell’art. 19 che, se interpretati in questo senso, svolgerebbero la logica funzione di completare l’esercizio della delega a valle dell’esercizio della prima.
5. – Per quanto riguarda il procedimento la delega prevede un termine assai stretto per la sua conclusione (12 mesi dalla pubblicazione della legge), considerando l’entità della riforma e comunque il fatto che tempistiche superiori non sarebbero affatto considerate illegittime (l’art. 14, l. n. 400 del 1988 e successive modificazioni prevede infatti che dopo i due anni di tempo occorra necessariamente un parere della commissione parlamentare competente). L’attuazione della delega, inoltre, può avvenire attraverso l’emanazione di uno o più decreti attuativi, anche con tempistiche diverse, secondo lo schema ormai classico della c.d. delegazione polifasica, anche essa ormai entrata nella prassi di attuazione dell’art. 76 Cost.
Il termine di 12 mesi può comunque essere prorogato di 90 giorni, qualora le Commissione parlamentari, competenti per l’emanazione del parere (entro 40 giorni) non si siano espresse nei trenta giorni anteriori alla scadenza del termine (al fine di consentire al governo l’esame del parere e le eventuali modifiche al testo). Si tratta anche questo di uno strumento di classica utilizzazione nella prassi (c.d. proroga automatica), in generale criticato, ma la cui ratio è comunque comprensibile.
Nulla vieta, tuttavia, che il termine di 12 mesi – o quello superiore a seguito dell’applicazione del meccanismo di cui sopra – possa essere prorogato. Le proroghe sono frequenti nella prassi e spesso vengono addirittura inserite in leggi di conversione di decreti legge.
Il decreto legislativo è proposto dal Ministro dell’economia e delle finanze ma la legge prevede il concerto con il Ministro di Grazie e Giustizia per i profili di competenza. Questo è giustificato dalla presenza in delega di alcune materie che necessariamente si intersecano con le competenze del Ministro di Grazie e Giustizia. Si pensi, ad esempio alla riforma del sistema sanzionatorio il cui modello di tutela giurisdizionale si presenta come unicum (tutela in unico grado presso la Corte di Appello e un misto tra giudizio camerale e giudizio di cognizione) completamente differente rispetto a quello previsto nel comparto assicurativo e che certamente necessiterebbe di un intervento di armonizzazione.
L’ultimo comma dell’art. 19 attribuisce infine al Governo la possibilità di emanare decreti correttivi e integrativi nei 18 mesi successivi alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi.
Costituisce ormai prassi da tempo consolidata quella di esercitare la delega in più fasi, tanto che, spesso, dopo l’entrata in vigore di una riforma, si attendono i successivi decreti correttivi. La prassi si è principalmente sviluppata sulle grandi riforme, ma in anni recenti questa tecnica si è estesa anche a riforme di settore.
Oggettivamente certezza del diritto e semplificazione – tra l’altro obbiettivi fondamentali della riforma – non ne escono rafforzati.
Di fatto la riforma avviene in varie fasi: una prima fase di attuazione della delega e una seconda o terza dopo la sperimentazione della prima, finalizzata a correggere gli eventuali malfunzionamenti. Addirittura, in passato le correzioni avvenivano sulla base di altre leggi di delegazione, del tutto staccate dalla prima, e a volte anche sulla base di principi e criteri direttivi differenti.
In questo caso i decreti correttivi e integrativi debbono rispettare i principi previsti dalla delega, a garanzia, minima, di coerenza rispetto ai fini della riforma. Ma è un dato di fatto, tuttavia, che questa tecnica di normazione tende a affievolire la forza dei primi decreti, sorta di “leggi in prova”, spesso poco più di progetti normativi, in attesa della seconda o terza fase dell’esercizio della delega.
Per quanto questa prassi, largamente criticata dalla dottrina, sia ormai consolidata, è auspicabile che essa sia utilizzata il meno possibile, dato che la riforma ha per oggetto un settore particolarmente sensibile alla certezza del diritto e alla stabilità del sistema normativo.
Avrebbe quindi senso che il Governo interpretasse questa delega correttiva e integrativa ai fini del coordinamento con le altre fonti più che per correggere e rimodificare, i decreti appena entrati in vigore.
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Il Commentario alla Legge Capitali conserva lo stile della Collana delle Nuove Leggi del Diritto dell’Economia e l’approccio volto a tentare una prima sistemazione delle norme, mai come questa volta, tanto disparate da sembrare in contrasto fra di loro. Tuttavia, gli Autori non si sono sottratti al compito di suggerire alcune soluzioni pratiche che il mondo delle professioni e quello delle imprese attendono con urgenza.
L’aspirazione alla coerenza dell’ordinamento trae origine dal Libro verde del MEF del 2022 su “La competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita”, ove già si indicava l’esigenza di semplificare e razionalizzare il quadro normativo italiano per ridurre gli oneri burocratici imposti alle imprese quotate, avvalendosi di un intervento organico per aumentare la competitività del mercato nazionale dei capitali italiano e ridurre il divario rispetto ai mercati più dinamici.
Tuttavia, l’impegno in tale direzione è stato, talvolta, disatteso. Per verificare se sarà possibile rimediare ad alcune incoerenze e proseguire senza incertezze sulla strada della semplificazione e della razionalizzazione, si dovrà attendere l’attuazione della delega al Governo concernente la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal Testo unico della finanza e di alcune disposizioni del codice civile e di altre leggi speciali.
Giuliana Martina Professoressa ordinaria di Diritto commerciale nell’Università Ca’ Foscari Venezia.
Marilena Rispoli Farina Professoressa ordinaria di Diritto commerciale f.r. dell’Università di Napoli “Federico II”.
Vittorio Santoro Professore ordinario di Diritto commerciale f.r. dell’Università di Siena.