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Prevenzione delle Infezioni Nosocomiali nelle Unità di Terapia Intensiva Neonatale
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Letizia Capasso, Valentina Esposito, Carolina Porfito, Pasquale Fabio Barra, Simona Spadarella, Maria Concetta Lonardo, Enrico Sierchio, Francesco Raimondi Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali Università Federico II, Napoli
INTRODUZIONE
Le infezioni nosocomiali (NI), note anche come “infezioni acquisite in ospedale” o come “infezioni legate all’assistenza”, sono infezioni contratte durante la degenza ospedaliera e che non sono presenti, nemmeno in fase di incubazione, al momento dell’ammissione in reparto. Le infezioni che si manifestano più di 48 ore dopo l’inizio del ricovero sono di solito considerate nosocomiali. Nei neonati, in particolare quelli ricoverati nei reparti di terapia intensiva che in genere sono ospedalizzati dalla nascita, si preferisce classificare le infezioni come “early onset” se insorte entro le prime 72h di vita, e “late onset” se insorte dopo le prime 72h di vita. Questo tipo di classificazione permette di associare le infezioni ad esordio precoce ad una trasmissione verticale madre-neonato, mentre quelle ad esordio tardivo come acquisite in ospedale e definite nosocomiali. La sepsi late onset (LOS) in NICU costituisce una delle principali cause di mortalità che arriva al 18% per i bambini VLBW ossia con peso < 1.5 Kg alla nascita ed incrementa al 21% in quelli con il peso < ad 1 kg alla nascita (ELBW).
Fattori di rischio per NI dei neonati nelle unit di terapia intensiva neonatale Le infezioni nosocomiali rappresentano una delle principali cause di mortalità e morbilità nelle unità di terapia intensiva neonatale(UTIN) (1). L’incidenza delle NI è variabile tra le varie UTIN dal 7 al 30% circa.La LOS si manifesta in circa il 25% dei VLBW fino a raggiungere un’incidenza di più del 40% negli ELBW ricoverati in UTIN(2-3-4-5-6). I neonati, in particolare quelli ricoverati in una terapia intensiva neonatale, rappresentano una popolazione particolarmente vulnerabile, rispetto alle età successive, per lo sviluppo di NI, questo per una serie di fattori di rischio che li caratterizzano, sia intrinseci correlati alla prematurità (più sono bassi l’età gestazionale e il peso dei neonati maggiore è il rischio di sepsi per l’immaturità della barriera cutanea e del sistema immunitario),
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sia estrinseci quali la necessità di procedure invasive come intubazione e ventilazione meccanica, cateterizzazione di vasi, esposizione a terapie antibiotiche ad ampio spettro e/o altre terapie farmacologiche quali quella steroidea o quella con antiacidi, necessità di lunghi periodi di nutrizione parenterale e più in generale lunghe ospedalizzazioni. (2-7-8-9-10). In particolare nel neonato VLBW, l’epidermide presenta una maggiore sottigliezza dello strato corneo ed una minor quantità di cheratina per cui la a cute è più fragile e facilmente alterabile dalle pratiche assistenziali (prelievi ematici, posizionamento di cateteri centrali e periferici, drenaggi toracici). Ciò espone il neonato al rischio di ingresso e proliferazione di agenti patogeni nell’organismo. In questa stessa classe di neonati, l’immaturità del sistema immunitario si caratterizza per una ridotta funzionalità dei meccanismi di protezione a livello delle mucose, IgA, mucine e defensine, che può facilitare la colonizzazione da parte di patogeni soprattutto in presenza di devices che puo’ poi progredire in infezione.Tale progressione viene facilitata anche dall’immaturità della immunità cellulare (ridotto numero di neutrofili, ridotta chemiotassi neutrofila e fagocitosi monocitica, linfocitopenia e alterazione funzionale degli stessi linfociti). A carico dell’apparato gastroenterico la ridotta produzione acida gastrica, la ridotta peristalsi ed assorbimento favoriscono l’overgrowth batterica, condizione che puo’ essere esacerbata dall’uso di farmaci che riducono la secrezione acida gastrica. D’altro canto l’utilizzo frequente in UTIN di antibiotici ad ampio spettro favoriscono a livello intestinale la riduzione della flora batterica saprofitica. Queste condizioni insieme all’immaturità del sistema immunitario possono favorire la traslocazione batterica dal tratto gastrointestinale in circolo e l’avvio di una infezione sistemica.
Epidemiologia delle NI in UTIN
La trasmissione dell’infezione avviene per contatto con il personale di assistenza o attrezzature e materiale contaminato, la diffusione nel circolo sanguigno dei microorganismi si può verificare attraverso soluzioni di continuo di cute o mucose colonizzate, per traslocazione gastrointestinale o per introduzione insieme con strumentario invasivo (cateteri vascolari, cannule endotracheali, sondini nasogastrici etc.).Piu’ frequentemente i Gram positivi sono introdotti da fonti ambientali o dalla cute dei pazienti. I Gram-negativi derivano dalla flora endogena non commensale, alterata dalle terapie antibiotiche o modificata dalla presenza di patogeni resistenti trasferiti dalle mani del personale, o da devices contaminati.L’infezione iniziale può essere localizzata al tratto urinario, ai seni paranasali, orecchio medio, polmoni o tratto intestinale e può successivamente diffondere a meningi, reni, ossa, peritoneo divenendo generalizzata.
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Le LOS sono le più comuni infezioni in terapia intensiva neonatale (45-55%) e circa il 70% di queste sono CLABSI (Central Line Associated Bloodstreem Infection) ossia associate alla permanenza di un catetere centrale (11-12). Le sepsi sono seguite dalle infezioni respiratorie (6% -32%)(13), queste sono per lo più rappresentate dalle VAP (Ventilator Associated Pneumonia). Anche le infezioni di cute e tessuti molli sono comunemente osservate in UTIN. Non sono rari cellulite ed ascessi cutanei. Stafilococcus aureus è il principale microrganismo responsabile in questi casi (13). Infine le infezioni delle vie urinarie costituiscono dall’8 al 15% circa delle infezioni in UTIN. Ad oggi, la maggior parte delle infezioni ad esordio tardivo nei neonati ospedalizzati sono causate da organismi Gram-positivi (55,4-75%) molti dei quali sono multifarmacoresistenti. Gli stafilococchi coagulasi negativi (CoNS) sono i patogeni più comunemente isolati nella LOS. Altri Gram-positivi includono Staphylococcus Aureus e lo Staphylococcus Aureus maticillino resistente (MRSA),l’Enterococcus spp. I Gramnegativi (Escherichia coli, Klebsiella, Pseudomonas, Enterobacter e Serratia spp.) sono responsabili di una percentuale di infezioni che va dal 18 al 31,2%, ultimamente in aumento ed anch’esse possono essere gravate da farmaco resistenza alle cefalosporine ed ai carbapenemici. I miceti, infine, sono responsabili del 9-12,8% delle infezioni, sebbene la loro incidenza aumenti nei neonati ELBW. Anche i virus causano frequentemente epidemie in UTIN, ma l’incidenza di infezioni virali nei neonati ospedalizzati è sottostimata (1-14). Il National Institute of Child Health and Human Development (NICHD) Neonatal Research Network riporta una mortalità per LOS nei VLBW del 18% con una grande variabilità del tasso di mortalità per i diversi agenti patogeni. La mortalità per Gram positivi risulta essere dell’11% mentre quella per Gram negativi e miceti risulta essere notevolmente più alta (36% e 32% rispettivamente). La mortalità per LOS nei neonati con peso <1000 gr è stimata tra il 17 e il 21% risultando in alcuni studi anche pari al 40% in caso di infezione da Candida spp.
Strategie di prevenzione delle ni in utin
La prevenzione delle NI nelle unità di terapia intensiva è un obiettivo importante da perseguire perché esse rappresentano una delle principali cause di mortalità e morbilità dei neonati ricoverati: Inoltre le NI determinano incremento dei costi sanitari collegati ad una prolungata ospedalizzazione ed alla gestione e trattamento degli esiti a distanza in particolare dello sviluppo neuro comportamentale possibili questi ultimi, pur con una pronta diagnosi ed efficace trattamento di queste infezioni. La prevenzione delle infezioni nosocomiali si basa su strategie che mirano a fortificare
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le difese del neonato ed a limitare i fattori di rischio per infezione in UTIN. Si agisce a questo fine su più fronti attraverso: • promozione della alimentazione enterale a favore della parenterale preferendo il latte materno • la fortificazione delle difese dell’ospite • il contenimento della trasmissione di microrganismi da parte degli operatori sanitari e di tutti i caregivers mediante l’implementazione del lavaggio delle mani, della igiene personale e prevenzione della trasmissione di malattie respiratorie • l’adeguato management delle procedure invasive • promozione dell’uso giudizioso degli antimicrobici e delle altre terapie farmacologiche quali quella steroidea o con antiacidi. • la cura della pelle dei neonati per migliorarne l’azione di barriera • monitoraggio delle colonizzazioni di reparto per identificare la presenza di germi patogeni in particolare multiresistenti per prevenirne un outbreak • adeguata dotazione di personale infermieristico in UTIN
Promozione della alimentazione enterale e dell’uso del latte materno
È stato evidenziato che l’alimentazione enterale (NE) iniziata precocemente sin dalla prima giornata di vita è associata a ridotti tassi di infezioni nosocomiali. Ciò è dovuto con molta probabilità alla riduzione del tempo in nutrizione parenterale totale e quindi ad un ridotto tempo di utilizzo dei dispositivi endovenosi necessari per attuarla, ma anche alla dimostrata azione trofica sulla mucosa gastrointestinale della NE (49). Il latte materno è meglio tollerato della formula e determina un più rapido passaggio alla NE completa. L’alimentazione con latte materno, inoltre, è il modo più fisiologico di potenziare le difese immunitarie dei neonati prematuri, contiene infatti diverse sostanze con azione anti-infettiva come lattoferrina, lattoperossidasi, lisozima, IgA, IgG, IgM, citochine, oligosaccaridi, vitamina E, beta carotene, acido ascorbico (48). A ciò va aggiunto che il latte materno determina una riduzione della permeabilità e una più rapida maturazione dell’epitelio intestinale, ciò determina una possibile riduzione della traslocazione di agenti patogeni dall’intestino e quindi riduzione delle possibilità di sviluppo di infezioni (46-47-66).
Fortificazione delle difese dell’ospite I neonati prematuri sono una popolazione caratterizzata da un sistema immunitario spesso immaturo ed inefficace che costituisce un terreno fertile per lo sviluppo di infezioni, incluse quelle nosocomiali. Potenziare le difese dei
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neonati è una delle strategie seguite per ridurre la loro suscettibilità alle infezioni. Diverse misure vengono attuate a questo fine:
Lattoferrina Considerate le alte concentrazioni di lattoferrina (LF) nel latte materno si è supposto che questa giocasse un ruolo nella riduzione della suscettibilità dei neonati alle infezioni, incluse le nosocomiali. Studi sperimentali hanno dimostrato che la LF induce sia la proliferazione che il differenziamento delle cellule dell’epitelio intestinale oltre a favorire la proliferazione della normale flora batterica intestinale. Un trial clinico ha messo in evidenza che il suo utilizzo riduce sia l’incidenza delle LOS che delle infezioni fungine invasive nel neonato VLBW (50).
Probiotici, prebiotici e simbiotici. L’uso di probiotici consiste nella somministrazione di batteri vitali forniti per via enterale che sopravvivono nel tratto gastroenterico e potenzialmente determinano benefici all’ospite attraverso la normalizzazione della flora intestinale. I probiotici hanno nota attività immunomodulante ed antinfettiva in quanto producono sostanze ad azione batteriostatica/battericida, competono per l’adesione alle cellule intestinali spiazzando microrganismi patogeni, modulano la permeabilità intestinale (51). Alcuni studi hanno dimostrato che i probiotici hanno un effetto noto nella prevenzione della enterocolite necrotizzante(NEC) che spesso precede lo sviluppo di sepsi. Una recente revisione ha affermato che l’integrazione enterale di probiotici previene le NEC grave, le sepsi e la mortalità nei neonati prematuri (52). Lactobacillus rhamnosus GG e L. reuterii si sono inoltre rivelati in grado di prevenire la colonizzazione intestinale da Candida spp. La somministrazione di probiotici si è dimostrata abbastanza sicura, tuttavia non è ancora possibile escludere un loro possibile ruolo nel determinare batteriemia e sepsi soprattutto nei neonati fortemente prematuri o di peso estremamente basso (44). Sono dunque necessari ulteriori studi per definire con certezza la sicurezza della loro somministrazione di routine nelle UTIN, oltre che per identificare le specie più efficaci nella prevenzione delle infezioni, incluse le NI. I prebiotici sono prodotti dietetici non digeribili che stimolano selettivamente la crescita o l’attività di batteri commensali con benefici simili agli oligosaccaridi del latte materno. I simbiotici sono prodotti contenenti sia probiotici che prebiotici, con il vantaggio di garantire una maggiore sopravvivenza dei primi. Ad oggi tuttavia l’uso di prebiotici e probiotici non si è dimostrato efficace in maniera statisticamente significativa nel prevenire le NI pertanto, il loro uso routinario nelle UTIN non è raccomandato (44).
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Immunoglobuline e glutammina Come detto in precedenza l’immunità cellulare in particolare nel neonato pretermine ma anche in quello a termine, si caratterizza per una linfopenia ed una disregolazione rispetto all’età successive che rendono il neonato piu’ vulnerabile alle infezioni. In particolare, nell’ambito della risposta T si osserva una netta prevalenza della risposta Th2, di tipo antiinfiammatoria, rispetto a quella Th1. La risposta B èanch’essa ridotta con una produzione di IgM post-natale inferiore del 10% di quella dell’adulto. Le IgG hanno una provenienza prevalentemente materna alla nascita grazie al passaggio transplacentare che avviene nel terzo trimestre per questo sono scarsamente rappresentate nel pretermine specialmente se <32settimane. Negli ultimi anni sono state proposte diverse strategie per migliorare l’efficacia del sistema immunitario dei neonati prematuri tra queste la somministrazione di immunoglobuline ed il supplemento di glutammina (65-67-68). La somministrazione di immunoglobuline in via profilattica, incluse le immunoglobuline specifiche antistafilococciche (Pagibaximab, Veronate, Altastaph) non si è rivelato efficace nella prevenzione delle infezioni nosocomiali nelle UTIN, non determinando alcuna riduzione statisticamente significativa del tasso di infezione (44-48). La glutammina è uno degli amminoacidi presenti in maggiori quantità nel latte materno con verosimile azione trofica sugli enterociti. Il supplemento di glutammina all’alimentazione dei neonati non ha però comportato alcuna riduzione nella incidenza di NEC e di sepsi (48).
Implementazione del lavaggio delle mani, della igiene personale e prevenzione della trasmissione delle malattie respiratorie L’igiene delle mani (handwashing) è fondamentale nell’ambito di ogni programma progettato per la prevenzione delle NI ed è riconosciuto dal CDC (Centers for Disease Controll and Prevention) come il metodo più efficace da solo nella prevenzione delle stesse. (1-15-16-17). Oltre ad essere efficace se messo in pratica in maniera adeguata esso ha il vantaggio di essere economico e semplice da attuare. Tuttavia sebbene questo intervento appaia semplice, l’implementazione è spesso più impegnativa del previsto, con bassi tassi di compliance anche nelle UTIN (18-19). Ad oggi è in atto uno sforzo globale per migliorare l’aderenza e l’adeguatezza dell’handwashing. Un esempio in merito a questo è la campagna dell’OMS “Clean care is safer care”(20). La scelta di quale sia il miglior metodo di lavaggio delle mani è tutt’ora oggetto di dibattito. Molti autori concordano che il miglior metodo sia lo sfregamento adeguato delle mani utilizzando prodotti a base di alcol come preparazioni alcoliche con clorexidina allo 0-5 %, sia perché pare essere più efficace del tradizionale lavaggio con acqua e sapone sia perché
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essendo più rapido e meno irritante aumenta la compliance degli operatori. (21-22-2324). Le linee guida CDC raccomandano il lavaggio delle mani con antimicrobico o con acqua e sapone tradizionale quando le mani sono visibilmente sporche o contaminate e la decontaminazione con prodotti a base alcolica attraverso adeguato sfregamento quando le mani non sono visibilmente sporche. L’importanza dell’igiene delle mani va inoltre enfatizzata non soltanto per gli operatori sanitari, ma per tutti quelli che entrano in contatto con i neonati, ad esempio i genitori e gli altri visitatori che hanno accesso alle UTIN (25-26). Ulteriori raccomandazioni riguardano l’utilizzo di unghie artificiali perché associate ad incremento del rischio di infezione da Pseudomonas aeruginosa, Klebsiella pneumoniae e miceti. Pertanto le Linee guida HICPAC raccomandano che gli operatori sanitari a diretto contatto con i pazienti nelle unità di terapia intensiva non debbano indossare unghie artificiali. Non è invece ancora chiaro se l’uso dello smalto per unghie sia associato a NI (27-28-29-30). Va infine evitato di indossare, per le stesse ragioni, anelli e bracciali. Oltre alla implementazione del lavaggio delle mani, anche l’implementazione di una corretta igiene personale del personale sanitario e delle famiglie dei piccoli pazienti, in particolare mirata a ridurre la contaminazione di vestiti, cellulari, device elettronici etc. (10-12) e l’implementazione di azioni per prevenire la trasmissione di infezioni respiratorie (uso di mascherine) permettono di prevenire le NI.
Adeguato management delle procedure invasive
Prevenzione delle infezioni correlate al catetere Nelle UTIN è ampiamente diffuso l’impiego di cateteri intravascolari che sono indispensabili per la gestione dei neonati prematuri i quali necessitano quasi sempre di nutrizione parenterale prolungata e di accessi venosi stabili per terapie farmacologiche oppure anche l’utilizzo di cateteri in arteria ombelicale per eseguire prelievi arteriosi frequenti o per monitorare costantemente la pressione arteriosa dei neonati. La presenza di un catetere intravascolare costituisce un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di NI. Le CLABSI sono una sottoclasse di NI, definite laboratoristicamente dal CDC come “infezione ematica (BSI) con emocoltura positiva riscontrata almeno 2 giorni dopo il posizionamento di una linea centrale o entro 2 giorni dalla rimozione della stessa” (31). Una BSI confermata dal laboratorio è definita da almeno uno dei seguenti segni o sintomi: febbre (> 38 ° C), o ipotermia (<36 ° C ), apnea o bradicardia e assenza di segni di localizzazione indicativi di infezione in un altro sito. Per la diagnosi è necessaria un’unica emocoltura positiva se viene isolato un agente patogeno riconosciuto (p. Es., Escherichia coli) o di almeno 2 emocolture positive provenienti da due campioni separati
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se viene isolato un commensale (es. CONS compreso S. epidermidis) (32). Si stima che le CLABSI causino fino al 70% di tutte le sepsi ad esordio tardivo nei neonati prematuri (11). I punti principali per la prevenzione delle CLABSI sono di seguito discussi: • Fondamentale una corretta igiene delle mani prima e dopo la palpazione dei siti di inserimento del catetere, nonché prima e dopo l’inserimento, la sostituzione o la medicazione di un catetere intravascolare (33-34-35). • La procedura d’inserimento del catetere deve essere sterile. Per ottenere una tecnica d’inserimento asettica è necessario l’utilizzo di dispositivi di barriera compreso l’uso di una cuffietta, mascherina, camice sterile, guanti sterili e un kit d’inserimento per catetere venoso centrale oltre ad un telo sterile fenestrato che dovrà coprire il neonato e lasciare scoperta solo la zona di inserzione (36).La sede di inserimento va disinfettata con un antisettico contenente iodio povidone o clorexidina (37-38). • Occorre utilizzare una medicazione semipermeabile sterile e trasparente per coprire il sito d’ingresso (39). • Non vanno utilizzate pomate o creme antibiotiche topiche sui siti di inserimento poiché ciò potrebbe promuovere infezioni micotiche e creare resistenze agli antibiotici. • Non è raccomandata la somministrazione di routine di profilassi antibiotica sistemica prima dell’inserimento o durante l’uso di un catetere intravascolare per prevenire la colonizzazione dello stesso. • Per la sostituzione della medicazione del catetere occorre utilizzare una procedura sterile. È opportuno sostituire la medicazione quando diventa umida, allentata o visibilmente sporca. • La cura del catetere richiede anch’essa un’adeguata competenza. È indicato utilizzare il numero minimo di porte o lumi per la gestione del paziente. Bisogna cercare di ridurre al minimo il rischio di contaminazione pulendo adeguatamente la porta di accesso con un antisettico appropriato (clorexidina, iodopovidone, iodoforo o alcol al 70%) prima di somministrare i farmaci (45). • Sostituire il circuito utilizzato per somministrare sangue, emoderivati o emulsioni di lipidi entro 24 ore dall’inizio dell’infusione. In assenza di utilizzo, il set andrebbe comunque rimosso entro 72-96h (40). • La riduzione del tempo di permanenza di un catetere intravascolare determina una minore incidenza di NI. Pertanto ogni giorno va rivalutata la necessità di mantenere il catetere in sede e laddove possibile rimuoverlo. In caso di emocolture positive il catetere va rimosso ed eventualmente sostituito. Se viene isolato un CONS, il catetere andrebbe rimosso in caso di emocolture persistentemente positive (43-44-45).
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• È stato dimostrato che avere dei team dedicati all’inserzione e al mantenimento dei cateteri, che abbiano maturato specifiche competenze e capacità e la cui formazione venga continuamente implementata, possa ridurre il rischio di infezione (41-42).
L’utilizzo di cateteri rivestiti, diffusi nell’adulto, non è al momento validato nel neonato (43-45). Negli ultimi anni c’è stato un sforzo volto a definire specifici “bundles” da mettere in atto nella gestione clinica ossia un insieme di pratiche standardizzate evidence based che applicate insieme danno risultati migliori. I “bundles” non sono complicati da seguire ma richiedono formazione, impegno e vigilanza costante per garantirne la conformità e l’efficacia. L’insieme di pratiche che costituiscono i care bundles per la prevenzione delle CLABSI vanno dalla attenta valutazione della necessità di posizionamento di un catetere, all’adeguato posizionamento e mantenimento dello stesso e infine alla sua rimozione, che dovrebbe avvenire il prima possibile, compatibilmente alle esigenze nutrizionali e terapeutiche del neonato. L’identificazione dei bundles per la gestione dei cateteri è fondamentale per cercare di ridurre i tassi di CLABSI. Tali bundles necessitano di un impegno costante per la loro implementazione, il loro utilizzo quotidiano nella pratica clinica e la sostenibilità a lungo termine che rappresentano il vero obiettivo da perseguire.
Prevenzione delle polmoniti associate all’assistenza Le polmoniti associate all’assistenza costituiscono tra il 10 e il 40% circa delle infezioni nosocomiali nelle UTIN, seconde solo alle CLABSI (54). Il CDC definisce una polmonite come ventilatore-associata (VAP), se si verifica in un individuo in cui sia stato posizionato un tubo endotracheale o sia stata eseguita una tracheotomia da almeno 48 h. Gli agenti eziologici di queste polmoniti sono spesso i batteri del tratto orofaringeo che colonizzano le basse vie in seguito a fenomeni di aspirazione. I neonati, intubati di regola con tubi non cuffiati, sono a rischio di passaggio di secrezioni infette nelle basse vie respiratorie e quindi di sviluppare VAP. Nel paziente degente in ospedale da almeno una settimana la VAP viene considerata come infezione correlata alla assistenza e spesso tra gli agenti patogeni ritroviamo delle forme multiresistenti agli antibiotici; pertanto una prevenzione fondamentale è rappresentata dal corretto lavaggio delle mani e dalle misure in generale di prevenzione quali la formazione del personale, la sorveglianza microbiologica e le misure igieniche universali come la corretta sterilizzazione, disinfezione e manutenzione delle attrezzature e dei dispositivi utilizzati(55). I principali fattori di rischio per la VAP sono la prematurità, il basso peso e la durata della ventilazione
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meccanica. Non potendo agire sui primi due fattori, l’intervento che più di tutti determina una riduzione dell’incidenza delle VAP è rappresentato dalla riduzione dei tempi di intubazione e il più precoce possibile passaggio al supporto respiratorio non invasivo. Diversi studi infatti, hanno dimostrato la progressiva crescita di biofilms batterici sui tubi endotracheali tra cui Staphylococcus aureus ed una varietà di bacilli Gram negativi con elevata correlazione con i microorganismi isolati successivamente dagli aspirati tracheali nei neonati con VAP (69). Altre misure si sono rivelate efficaci nel migliorare i tassi di VAP: alcuni studi hanno per esempio dimostrato che porre il neonato in decubito laterale anziché in posizione supina riduce gli episodi di aspirazione e una possibile conseguente polmonite; mantenendo inoltre sia il circuito di ventilazione che il tubo endotracheale in posizione orizzontale si riduce il passaggio dei batteri dell’orofaringe al tratto respiratorio inferiore (13-5657). Sarebbe indicato sostituire i circuiti di ventilazione solo quando visibilmente contaminati o danneggiati evitando il meno possibile la manipolazione degli stessi. E’ altresì importante prevenire l’eccessiva distensione addominale dei neonati, anch’essa correlata con aumento del rischio di VAP e praticare un’adeguata igiene del cavo orale. L’American Thoracic Society e la Infectious Diseases Society of America hanno pubblicato linee guida per cercare di ridurre la VAP e ci sono evidenze che l’uso di bundles specifici possa ridurre l’incidenza di VAP. Un esempio di bundle per prevenire la VAP si riporta in tabella 1. (69)
Nella pagina a seguire:
Tabella 1. Esempio di bundle per prevenire la VAP. Tratto e modificato da Azab SFA, Sherbiny HS, Saleh SH, Elsaeed WF, Elshafiey MM, Siam AG, et al.Reducing ventilator-associated pneumonia in neonatal intensive care unitusing “VAP prevention bundle”: a cohort study. BMC Infect Dis 2015
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Igiene delle mani
• Accurata igiene delle mani prima e dopo il contatto con il paziente e il maneggiamento dei devices respiratori e dei ventilatori; • Indossare i guanti quando si manipolano i ventilatori o si entra in contatto con le secrezioni respiratorie.
Intubazione
• Utilizzare un tubo endotracheale (ET) nuovo e sterile per ogni tentativo di intubazione; • Assicurarsi che l’ET non venga in contatto con superfici ambientali prima dell’inserzione; • Utilizzare laringoscopi sterilizzati; • Assicurarsi che siano presenti almeno due membri del personale TIN per eventuali riposizionamenti;
Aspirazione
• Aspirare le secrezioni dall’orofaringe posteriore prima di: manipolazioni dell’ETT, riposizionamenti del neonato, estubazione, reintubazione.
Alimentazione
• Prevenire la distensione gastrica; • Monitorare il ristagno gastrico; • Adeguare l’alimentazione per prevenire distensione gastrica e eccessivo ristagno.
Posizione
Se tollerata, prediligere la posizione laterale; Se tollerata, tenere la parte superiore del letto elevata di 15-30°; Se tollerata, tenere la posizione laterale sinistra dopo l’alimentazione
Igiene del cavo orale
• Provvedere all’igiene orale: entro le prime 24h dall’intubazione poi ogni 3-4h, prima dell’intubazione se possibile, prima dell’inserzione di device oro/naso gastrici. • Utilizzare acqua sterile, latte materno o altre soluzioni approvate per l’igiene del cavo orale.
Equipment respiratoria
• Utilizzare un catetere d’aspirazione, tubo, e contenitore per le secrezioni orotracheali; • Rimuovere la condensa del ventilatore ogni 2-4h e prima dei riposizionamenti; • Evitare disconnessioni del circuito di ventilazione se non necessarie; • Sostituire i dispositivi di ventilazione se visibilmente sporchi o contaminati o se non funzionanti; • Utilizzare circuiti di ventilazione riscaldati.
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Uso appropriato dei farmaci
I neonati ricoverati nelle unità di terapia intensiva sono spesso sottoposti a terapie farmacologiche di lunga durata, in primis antibioticoterapia ma anche trattamento con steroidi o antiacidi. L’uso appropriato dei farmaci e la riduzione dei tempi di somministrazione allo stretto necessario riduce non solo gli effetti collaterali ma anche le alterazioni della flora microbica che essi determinano, riducendo il rischio d’insorgenza di infezione. L’uso di anti-H2 è associato per esempio ad un aumento dei tassi di infezione nei neonati poiché determina un aumento del pH gastrico e quindi una compromissione della barriera acida gastrica, pertanto il loro utilizzo andrebbe limitato o evitato quando possibile (58). Analoghe considerazioni valgono per le terapie steroidee con nota azione immunodepressiva. Per quanto concerne l’uso di antibiotici è stato descritto che la terapia antibiotica empirica iniziale prolungata determini un notevole incremento dei tassi di LOS, NEC e morte, con rischio che aumenta progressivamente per ogni ulteriore giorno di terapia (59-60). Uso sconsiderato di antibiotici in particolare di cefalosporine ad ampio spettro potenzia inoltre lo sviluppo di ceppi resistenti e aumenta il rischio di colonizzazione e malattia invasiva da candida (61). L’uso inappropriato di vancomicina è un fattore di rischio per l’emergenza di batteri vancomicino-resistenti, come gli Enterocco spp. e Staphylococcus aureus. Le infezioni da parte di questi batteri presentano un maggior rischio di morbilità e di mortalità neonatale, in relazione alla ridotta disponibilità di terapia antibiotiche efficaci. È dimostrato che la riduzione dello sviluppo di infezioni nelle UTIN è legata alla diffusione di strategie di prevenzione ma anche all’applicazione di programmi di Antibiotic Stewardship ossia interventi volti a ridurre l’uso empirico di antibiotici responsabili sia dell’emergenza di resistenze che di complicanze come l’enterocolite necrotizzante.Per tutti questi motivi è fortemente raccomandato in tutte le UTIN l’uso giudizioso degli antimicrobici: una terapia antibiotica empirica va iniziata ogni qual volta che si sospetti un’infezione ma sospesa dopo 48-72 h in assenza di segni clinici e se le colture risultano sterili. Essa inoltre non dovrebbe mai contemplare antibiotici ad ampio spettro come le cefalosporine di terza generazione o i carbapenemici che andrebbero riservati a casi ristretti sulla base dell’antibiogramma. Nel corso degli anni è stato proposto l’utilizzo di basse dosi di antibiotico in profilassi come la vancomicina, per determinare una riduzione delle infezioni. Tale uso tuttavia non è ad oggi raccomandato, alla luce dei possibili effetti collaterali del farmaco e soprattutto del rischio dello sviluppo di colonie resistenti. Riguardo la prevenzione della colonizzazione e della malattia invasiva da Candida spp, il fluconazolo si è dimostrato essere un farmaco piuttosto sicuro, con pochi effetti collaterali
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ed effettivamente efficace nel ridurre il rischio di colonizzazione da Candida spp e di conseguente sepsi, senza determinare lo sviluppo di resistenze. Ad oggi la profilassi con fluconazolo per via endovenosa a 3 mg / kg due volte a settimana è consigliata per i neonati pretermine con peso alla nascita <1000 o età gestazionale ≤ 27 settimane di gestazione, con prima dose 2 giorni dopo la nascita e continuando fino a quando non è più necessario l’accesso venoso centrale e periferico. Nei neonati di peso compreso tra 1000 e 1500 g la profilassi può essere presa in considerazione dalle singole UTIN. L’uso routinario di fluconazolo per tutti i neonati ricoverati in terapia intensiva non è invece raccomandato (63-64).
Cura della cute
La barriera cutanea rappresenta la prima difesa contro le infezioni. Nei neonati prematuri la cute, particolarmente sottile e con un ridotto strato corneo, non svolge adeguatamente questa funzione. Per ripristinare l’efficacia della barriera cutanea è stato valutato l’utilizzo di unguenti e/o prodotti oleosi. Una revisione di Conner et al.ha però concluso che l’applicazione profilattica di unguenti topici aumenta il rischio di infezione da CONS e dunque questo trattamento non deve essere utilizzato di routine nei neonati pretermine (53). Va invece posta grande attenzione nella cura dei neonati cercando di limitare al minimo escoriazioni e ferite che possano ulteriormente rappresentare delle porte di ingresso per infezioni sistemiche. In particolar modo, nei neonati prematuri in assistenza respiratoria non invasiva l’uso di medicazioni a base di idrocolloide puo’ aiutare a prevenire le lesioni da decubito associate alla interfaccia utilizzata tra ventilatore e paziente cosi’ come l’alternanza delle interfacce (cannuline/mascherine nasali) insieme alla adeguata care delle narici effettuata dal personale infermieristico.
Monitoraggio delle colonizzazioni di reparto La regolare rilevazione delle colonizzazione presenti nei neonati in reparto è una delle strategie di controllo e prevenzione delle infezioni ospedaliere. Lo screening infettivologico serve a monitorizzare la eventuale diffusione di infezioni orizzontali in UTIN da specie batteriche aggressive e/o multiresistenti come Stafilococcus aureus meticillino resistente, enterococchi vancomicino-resistenti e Gram negativi resistenti alle cefalosporine ed ai carbapenemici. Tale monitoraggio in presenza di germi multiresistenti, permette di mettere in atto adeguati interventi di sanificazione, precauzioni da contatto, separazione in coorte in base alle colonizzazioni e implementazione di tutte le strategie di prevenzione delle infezioni sin’ora discusse. Lo scopo è sia quello di prevenire la progressione da colonizzazione ad infezione invasiva, sia di prevenire la diffusione ad altri pazienti. Per
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il monitoraggio vengono analizzate colture di tamponi nasofaringei, rettali o cutanei prelevati settimanalmente o bisettimanalmente (69-70). In letteratura esistono dati non definitivi sulla utilità di tale monitoraggio in rapporto anche a considerazioni di costo/efficacia.E’ stato dimostrato che nella popolazione dei neonati VLBW,particolarmente a rischio di LOS, nel 57% di LOS il germe isolato corrispondeva con quello rilevato ai tamponi di sorveglianza rettale e/o nasofaringeo nelle due settimane precedenti con tassi di concordanza variabili a seconda del germe e della sede di colonizzazione(71). Pertanto è lasciato alle singole UTIN decidere se utilizzare tale monitoraggio nell’ambito della propria politica di contenimento delle NI (72).
Adeguata dotazione di personale infermieristico in Terapia Intensiva Neonatale
Vi è evidenza che un numero di infermieri insufficiente si associ ad un incremento della mortalità e dei tassi di infezione. Invece un’adeguata dotazione di personale infermieristico permette una migliore prevenzione delle infezioni nosocomiali.La dotazione di personale infermieristico va adeguata alle necessità dei neonati di cui il personale si deve occupare, con un rapporto infermiere:neonato 1:1 durante l’assistenza intensiva e 1:2 durante l’assistenza a media intensità di cure (72).
CONCLUSIONI La prevenzione delle infezioni nosocomiali continua ad essere uno dei principali temi che riguardano i reparti di Terapia Intensiva Neonatale. Negli ultimi anni, grazie all’adozione di alcune strategie condivise, c’è stata una riduzione dei tassi di infezione associate alla assistenza in particolare delle CLABSI. Per raggiungere l’ambizioso obiettivo di zero infezioni associate alla assistenza è necessaria una sinergia di azioni che vanno dal monitoraggio ambientale alla implementazione del lavaggio delle mani, dagli specifici bundles per la prevenzione della trasmissione orizzontale delle infezioni alla promozione del latte materno nell’ambito di un programma continuo di investimento, formazione e sensibilizzazione di tutti coloro che assistono e si prendono cura dei neonati ricoverati in TIN.
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