New Entry Magazine - Edizione di Brescia del 14 dicembre 2022

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Anno 28N°14 del 12/12/2022www.newentrymagazine.itredazione@newentrymagazine.itPer la tua pubblicità: 347.73.52.863 Gianluca Boffetti New Entry il Giornale della Gente New Entry Magazine BRESCIA - MANTOVA - CREMONA Fondato nel 1994 www.newentrymagazine.it Sfoglia l’edizione digitale www.newentrymagazine.it Clair fashion&dance via Deretti 89/91 25013 Carpenedolo (Bs) tel. 030 969 87 15 cel. 338 244 51 93 info@clair.it Gran Galà Dance Shoes Grangaladanceshoes www.clair.it/ecommerce/ SPECIALE SCUOLE DI BALLO: BUONO SCONTO DI 20 € PER GLI ISCRITTI IN BREVE.. pag. 5 - La valigia pag. 8 - Inviti non solo a Natale pag. 10 - Cara Santa Lucia, ti scrivo.. pag. 20 - Violenza sulle donne pag. 34 - L’ultimo sorriso pag. 41 - Figli di un mondo distratto
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SIAMO SPENTI MA...

Quello che ci circonda ogni giorno fa la differenza, la bellezza, la natura è qualcosa a cui aspiriamo davvero tutti: quel contatto con il mondo che abitiamo, con quello che c’è fuori dalla finestra, con il paesaggio italiano (non quello astratto ma quello vero, fatto di monumenti, piazze, strade, città, parchi, colline, ville, borghi, castelli, giardini storici, campi, laghi, fiumi) con la voglia di ricostruire il nostro giardino-paese, di riprenderci i nostri tesori (testimonianze di storia, cultura, arte) è la via che può darci quella marcia in più per riaccendere un motore che ha già in sé tutto il necessario per poter ripartire. Si tratta solo di individuare quel filo sottile quasi invisibile che però ha la capacità e la potenza di legarci tutti insieme in un unico ideale e questo significa credere in un unico progetto, che, per il solo fatto di crederci e di amarlo tutti insieme, ci rende più felici. Ma quale progetto, direte voi? Se dovessimo fare una ricerca e stabilire una classifica per capire quali sarebbero gli ideali a cui uomo aspira di più, mi viene subito da pensare che la prima cosa è, dopo l’amore, la bellezza del proprio habitat. Una bellezza che non può certo essere limitata dai soli metri quadrati che misura un appartamento, perché il vero appartamento non è in casa ma è fuori, dove la gente si incontra e scambia una parola, un saluto. Già, una parola... un saluto! Siamo talmenti spenti che ci siamo dimenticati i gesti più semplici del vivere quotidiano: un sorriso, un abbraccio, un saluto, un sostegno a chi magari soffre ed è in difficoltà. Ecco, questo è il mio augurio Natalizio. Io voglio esserci, voglio dare il mio contributo per un mondo migliore, lo dobbiamo fare tutti e se non per noi, almeno per i nostri figli e nipoti. Buone feste.

04 Decreto del Presidente del Tribunale di Bergamo n°21 del 09/03/2000 Editore e Direttore Responsabile: Gianluca Boffetti Direttore Onorario: Michele Cortinovis Redazione: Stefano G. - Giorgio M. Sede: Brembate di Sopra (Bg) Via Tresolzio n° 48 Info pubblicità: Tel.347 73 52 863 Quindicinale d’informazione sociale e culturale a distribuzione gratuita NEW ENTRY MAGAZINE il Giornale della Gente www.newentrymagazine.it New Entry Magazine il giornale della gente New Entry Magazine Boffetti Gianluca newentrymagazinelombardia New Entry Television Anno 28 - N°14 del 12/12/2022 PER LA TUA PUBBLICITÁ Tel. 347 73 52 863 redazione@newentrymagazine.it
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Un uomo morì. A un certo punto vide avvicinarsi Dio, portando con sé una valigia.

E dio disse: – Figlio, è ora di andare.

L’uomo stupito domandò: – Di già? Così presto? Avevo tanti piani.

– Mi dispiace ma è giunta la tua partenza.

– Cosa porti nella valigia? domandò l’uomo.

E Dio gli rispose: – Ciò che ti appartiene.

-Quello che mi appartiene?

Porti le mie cose, i miei vestiti, i miei soldi?

Dio Rispose: -Quelle cose non ti sono mai appartenute, erano del mondo.

-Porti i miei ricordi?

– Quelli non ti sono mai appartenuti, erano del tempo.

-Porti i miei talenti?

-Quelli non ti sono mai appartenuti, erano delle circostanze.

-Porti i miei amici, i miei familiari?

-Mi dispiace, loro mai ti sono appartenuti, erano del cammino.

-Porti mia moglie e i miei figli?

-Loro non ti sono mai appartenuti, erano del cuore.

-Porti il mio corpo?

-Mai ti è appartenuto, il corpo era della polvere.

-Allora porti la mia anima?

-No, l’anima è mia.

Allora l’uomo pieno di paura scaraventò via la va-

ligia che Dio portava con sé e aprendosi vide che era vuota. Con una lacrima che scendeva dagli occhi, l’uomo disse: -Non ho mai avuto niente? -Così è, ogni momento che hai vissuto è stato solo tuo. La vita è un solo momento. Un momento solo tuo. Per questo mentre hai il tempo sfruttalo nella sua totalità. Che nulla di quello che ti è appartenuto possa trattenerti. Vivi ora, vivi la tua vita e non dimenticare di essere felice, è l’unica cosa che vale davvero la pena. Le cose materiali e tutto il resto per cui hai lottato restano qui. Apprezza chi ti apprezza, non perdere tempo con coloro che non hanno tempo per te.

PENSIERI E PAROLE
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LA

INVITI NON SOLO A NATALE

Nel corso degli anni non mancano certo le occasioni per festeggiare in compagnia: compleanni, nascite, battesimi, comunioni, cresime, matrimoni, anniversari, diplomi, lauree, Natale, Pasqua, ecc.. Spesso però si ha voglia di invitare amici o parenti anche senza motivi particolari, per un pranzo o una serata in buona compagnia. Quel che conta davvero, infatti, almeno per me, non è il cibo fine a sé stesso, seppure da buona cuoca e altrettanto buongustaia, lo apprezzi sempre; neppure la casa, modesta o lussuosa, né tantomeno tovaglia e stoviglie costose e firmate: la felicità di ritrovarsi insieme per una bella chiacchierata, una risata, a volte una lacrima, questa è l’atmosfera che mi fa desiderare un invito da fare o da ricevere. Ecco allora che so gustare una spaghettata al pomodoro, o qualsiasi altro semplice piatto, al pari o forse più di menù sofisticati!! Per fortuna ho amici e parenti che condividono questi miei pensieri, con i quali ho trascorso spesso (e spero di trascorrere ancora) qualche ora a casa mia o a casa loro, anche solo davanti a una bibita e un dolcetto, senza pretese, senza sentirsi giudicati per l’abbigliamento, per la spontaneità e le sane risate, magari per battute ruspanti!! Nei momenti più malinconici o difficili, riprendere queste buone abitudini, con persone care, è davvero una medicina antidepressiva!! Proprio dopo un periodo tremendo come quello degli ultimi anni, si sente il bisogno di rivivere una normalità fatta principalmente di rapporti umani, di ritornare a fare lunghe chiacchierate con i propri affetti tra ricordi e progetti, di lasciarci alle spalle paure e incertezze destabilizzanti. Chi l’ha vissuto in solitudine, desidera ancora di più un abbraccio e buona compagnia per non lasciarsi sopraffare da pensieri negativi, molto più pesanti da supe-

rare, se si è da soli. Sembra finalmente esserci uno spiraglio di concreta speranza, che ci auguriamo sia duraturo!

Con intelligenza e moderazione, dunque, festeggiamo, magari nulla di speciale, se non la fortuna di essere ancora qui, in buona salute e con tanta voglia di vivere, non sopravvivere!

Augura Buone Feste

08 PENSIERI E PAROLE

“SAMAN”

Penso a te ai tuoi occhi scuri come nera è la notte priva d’albore così buia è la mente china e fuggiasca dopo averti lasciata sotto il manto funereo di una brina gemente che ha gelato il tuo cuore tanto incredulo e candido quanto dolce d’amore. ...come potrai sopportare ora un altro dolore quando stille celesti non avranno pudore e ti chiederanno di non perdonare la mano che un tempo ti ascoltava pulsare nel greve germoglio di un agognato candore.

SOVRANA BELLEZZA

In ricordo del signor Pietro Ferrari detto Piero di Remedello. Rivedo Pietro in questi giorni di estremo dolore di commiato sorridere ilare alla vita colorarla di sfumature accese.

Da piccina restavo ad ascoltarlo, incantata dal suo fare brioso, tenero. A noi infanti regalava un sorriso, un dolcetto che estraeva con maestria dalle fonde tasche di lunghi calzoni di fustagno marrone. Dolore e sofferenza, nel tempo l’ hanno profonfamente segnato smorzando l’ allegria purtuttavia lo sguardo conservava l’ antica vorace letizia.

Fra le braccia del Padre ora riposa, fiore rosso, sorriso lieto dall’alto riversa a chetichella sovrana bellezza. Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste

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AUGURA BUONE FESTE

ED È POESIA
Olivo Ravasio
ANIME NEL VENTO
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CARA SANTA LUCIA, TI SCRIVO...

Sono passati tanti anni, forse troppi.

Ricordo bene quando, ancora bimbo sognante, con la scrittura incerta di quell’età, investivo tempo e dedizione a scriverti per assicurare te di quanto fossi stato bravo lungo l’anno e per assicurare a me stesso di ricevere i regali che tanto desideravo.

Ricordo, però, bene anche quando, con il passare del tempo, ho pian piano smesso di scriverti, di pensarti, di sperarti, trasformandomi, giorno per giorno, in quell’adulto che mai nessuno vorrebbe diventare e che, invece, ahinoi, tutti diventiamo; quell’adulto che in “Polar Express” risulta incapace di sentire il suono della campanella di Natale, incapace di vivere sulla sua pelle la magia tipica di questo periodo invernale. Ci affanniamo tutti – io per primo – ad addobbare, illuminare, abbellire; ci preoccupiamo di quanto i bimbi possano essere felici; ci procuriamo di svegliare quella parte di noi che, almeno una volta l’anno, sa essere “buona” (senza poi sapere esattamente cosa significhi davvero); ci proponiamo di migliorare sempre più, rimandando al nuovo anno quel che non abbiamo saputo fare nell’anno che si sta concludendo. Ci affanniamo, insomma, a rendere un qualco-

sa di speciale ogni anno, senza sapere se ci si riesce davvero.

Per questo, carissima Santa, ho deciso di tornare a scriverti, oggi, all’alba dei miei 31 anni, come fossi un bimbo sognante: per provare, almeno quest’anno, a non dimenticare te e quella speranza di gioia e bellezza che tu stessa rappresenti. Prima di iniziare a scrivere, appunto come quando ero bambino, ho domandato a me stesso “Sei stato buono quest’anno?”

Ho sperato tanto che la risposta fosse positiva per poter, come anni fa, passare con disinvoltura alle richieste da esaudire, ai desideri da esprimere. Mi sono, però, reso conto di quanto la risposta non fosse così immediata come lo poteva essere allora (è forse anche questo il motivo per cui da adulti smettiamo di scriverti?!?). Ci guardiamo attorno ogni giorno, in un’epoca di profondo sconforto e incertezza, per scoprire, come ogni anno, che ci sono ancora troppe ingiustizie, troppo dolore, troppe indifferenze. Non sono – tranquilla – a chiederti “un’utopistica pace nel mondo”, ma non posso – permettimelo – nemmeno voltarmi dall’altra parte. Approfitto, quindi, di questa lettera a te, amica mia, per riflettere e per dire a me stesso e a chi mi circonda che, forse, no, non sono stato abbastanza buono – o meglio – non lo siamo stati noi tutti, come umanità, come comunità di anime e persone.

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Avremmo dovuto, potuto fare di più? Non sta a me dirlo. Ma sta a me, a tutti noi, chiedertelo e chiedercelo.

Allora, forse, si illumina qui il mio pensiero e il mio desiderio da esaudire per quest’anno: il mio, spero il nostro, auspicio di una maggiore consapevolezza di un collettivo noi, prima ancora di un singolo io; di un migliore vivere comune, prima ancora di un buon vivere personale. Sarebbe ipocrita dirti che non vorrei regali e cioccolatini per me e per le persone che amo; ancor più ipocrita sarebbe dire che non vorrei “una Santa Lucia” piena di balocchi e dolci per ogni bimbo (e anche per ogni adulto) nel mondo, ma non è questo l’importante. A poco serve, credo, fare, a questo punto e a questa età, un elenco di desideri o richieste: so che non sarebbero esaudite, almeno non tut-

te e, ancor peggio, non per tutti. E non lo dico, carissima amica, perché non credo in te, anzi, al contrario. Lo dico perché credo tanto in te al punto di rendermi conto, ancor più con questa lettera, che tu non sei tu, nell’astrazione di un personaggio immaginario, ma tu sei tu nella concretezza di noi stessi che ogni anno dimentichiamo di scriverti e che non riusciamo più nemmeno ad esaudire il nostro stesso desiderio per un mondo migliore per tutti. Cambio, dunque, interlocutore sul finale di questa lettera e a tutti noi Uomini chiedo, invoco, una rinnovata e radicata speranza. Solo allora, forse, torneremo capaci di scrivere “siamo stati buoni quest’anno”.

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Con sincero affetto Giorgio

CON AMORE PA’

Pa’ non temere, resterò sempre al tuo fianco a vegliare, abbiamo il nostro mondo, una valigia di ricordi da raccontare, un amore che non si può spiegare, a volte torno fanciullo e ti cerco nel sogno, un bisogno, un mistero, a guardare nel cielo.

Parlami di te, è solo melodia, il cuore palpita di gioia e scoppia in una lacrima di solitudine e di mancanza, a volte grido il tuo nome e ti cerco nel buio della vita, ma tu sei andato via, lasciando ogni porta aperta.

Una speranza hai lasciato nel mio cuore, un arrivederci in cielo, non mi stancherò mai di crederci... ritorneremo assieme un giorno, forse in un altro mondo, adesso faccio il viaggio del ritorno, mi siedo accanto a te e ti racconto...

“A NATALE, DOVE ARRIVARE?”

Caro Cristo, ritornerai da noi anche quest’anno?

In questo mondo tondo la cui quadra nessuno riesce a trovare? Eppure Tu, come Maestro di geometria non sei stato male. Qua sempre si discute si continua a parlare ma i buoni propositi finiscono in alto mare. Gas liquido, gas metano, gas serra le vacche poverette non possono nemmeno scorreggiare, ma cosa hanno fatto di male?

Vicino la nostra capanna c’è una piccola stalla di rosse, grosse, grasse vacche è abitata; a vederle con quanto amore tiran su i loro piccini mi fa emozionare.

Un angolo di questa stalla è sempre pieno di paglia, se il 25 dicembre non sai dove andare questo è il posto giusto dove arrivare. Con immenso amore , ti sapranno riscaldare e se gli scappa un po’ di gas; ne sono certo, Tu le saprai perdonare.

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Giordano
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L’AVVENTUROSO EMILIO SALGARI

Emilio Salgari credo che sia uno scrittore amato soprattutto dai piccoli però sicuramente non è disdegnato nemmeno dai più grandi. Chi non si ricorda di Sandokan anche se il titolo del libro è “I pirati della Malesia”? O de “La regina dei Caraibi”?

E sono passati più di 160 anni dalla nascita di Salgari tuttavia il suo nome è ancora tra quello degli scrittori più conosciuti e più letti almeno tra gli amanti dei libri di avventura. Ma partiamo dall’inizio! È indubbiamente meglio. Va detto per prima cosa che il cognome Salgari va letto, per essere precisi, con l’accento sulla “a”!

Emilio Salgari nasce a Verona il 21 agosto 1862 ed è il figlio di mezzo essendo il secondo di tre. Suo padre era un commerciante di panni ed anche un possidente terriero mentre la madre era di origine veneta. Il giovane Emilio ha sempre amato scrivere fin da piccolo tuttavia non era uno studente modello in quanto aveva sempre la testa immersa nella fantasia, immaginando i viaggi e le avventure... ed è così che quando diventa poco più di un ragazzo va ad abitare dagli zii in modo da poter frequentare l’Istituto Nautico che poi gli avrebbe permesso di diventare capitano di gran cabotaggio. In pratica arebbe diventato capitano di navi mercantili. Però agli esami estivi del secondo anno non si presenta ed per questo motivo non conseguirà mai tale diploma. Altresì la leggenda narra che il viaggio più lungo che abbia mai fatto in nave fosse quello che da Venezia lo portò in Puglia e si racconta che soffrisse anche di mal di mare tanto che il rientro

dovette farlo in treno. Se non fu mai un gran navigatore in nave lo fu sicuramente con la fantasia. Inizia come giornalista presso “L’Arena di Verona” e dato che molte riviste dell’epoca come questa, dedicano ampio spazio ai romanzi d’appendice, comincia qui a scrivere la storia della famosa tigre della Malesia. Nel 1887 inizia anche la pubblicazione in volume dei suoi racconti ma nel mese di marzo di quell’anno muore sua mamma e due anni dopo quindi nel 1889 suo padre muore gettandosi da una finestra in quanto era convinto di avere una malattia incurabile.

Il “nostro” Emilio si sposa nel 1892 con un’attrice di teatro di nome Ida Peruzzi che una volta diventata sua moglie abbandona la vita da attrice e da questa donna avrà quattro figli: due femmine e due maschi.

Nel 1893 Salgari con la famiglia va a vivere a Torino e chiude la sua esperienza con l’Arena di Verona.

Sicuramente diventare ricco scrivendo, era una chimera allora come oggi. Salgari pubblica, per lo più, grazie ad un editore tedesco che si trasferì a Genova, un tale Antonio Donath, opere come “I misteri della Jungla nera”, “Il corsaro Nero” e “Capitan Tempesta”. Successivamente continuerà a pubblicare con Enrico Bemporad che gli subentrò e sarà quest’altro a farlo conoscere anche all’estero. Nonostante ciò, Emilio non sta bene perché fuma e beve tantissimo caffè.

La moglie nel 1911 venne ricoverata in un manicomio a causa di un esaurimento nervoso ed Emilio si sente talmente spiazzato: non ha i soldi necessari per farla curare ed è per questo moti-

PERSONAGGI
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vo che sempre quell’anno ed esattamente il 25 aprile si toglie la vita in un bosco che si trova sulle colline di Torino.

Due particolarità alla morte di Salgari. La sua morte ricorda molto da vicino la morte che si davano gli antichi samurai in quanto lasciò scritto: “Vi saluto spezzando la penna” e questo è un saluto pieno di astio e polemica rivolto ai suoi editori ai quali chiede di pagare il suo funerale. Sulla sua tomba che si trova a Verona è raffigurata una donna che affonda la lama di un pugnale in un libro. E io mi fermo qua però spero di aver fatto venir voglia a qualcuno di scoprire e ad altri, invece, di riscoprire questo scrittore leggendo o rileggendo almeno uno fra i suoi tanti bei libri che credo va-

dano bene sia grandi sia ai piccini perché non è mai troppo tardi o troppo presto per viaggiare quanto meno con la fantasia…

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Vuoi crescere su Instagram? Ecco cosa funziona!

Vuoi crescere su Instagram? Allora continua a leggere… Ci sono tantissime strategie che ti permettono di crescere organicamente su questo social.Oggi te ne presento una che permette di crescere su Instagram da una parte e ottenere valore dall’altra.

Sto parlando del Freebie! Proprio così!

Il Freebie è un contenuto di valore che viene messo a disposizione in modo gratuito. Naturalmente si basa sulla reciprocità! Chi regala il Freebie chiede in cambio alcune cose come segno di ringraziamento: il follow, il like, la condivisione, il tag, ecc...

Questo strumento è davvero potente.

Se organizzi tu l’attività ti permette di essere notat* da altri profili e di ottenere nuovi followers, quindi di ampliare la tua community.

Se invece tu partecipi hai un grande beneficio, quello di ottenere materiale in modo gratuito. Ricorda che gratuito non significa di poco valore, ma semplicemente messo a disposizione in modo free per farsi conoscere meglio come professionista.

Quando il Freebie diventa controproducente?

Ci sono creators che lo usano in ogni post solo per crescere su Instagram, quindi perde un po’ quella finalità per cui era nato.

Inoltre regalare materiale gratuito ogni giorno incrementerà i tuoi followers, ma non i tuoi clienti. Perché dovrebbero acquistare da te se ogni giorno regali eBook, guide e pdf? Diventa difficile credere che tu possa realmente insegnare tanto altro a pagamento quando ogni giorno regali materiale.

Il Freebie, invece, diventa strategico quando lo inserisci all’interno del tuo piano editoriale (attenzione ho detto piano e non calendario) con ratiocinio e logica, in alcuni momenti dell’anno o per alcune motivazioni specifiche.

Conoscevi già la potenza del freebie? Lo utilizzi nella tua strategia? Fammi sapere.

A prestissimo, un abbraccio.

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Ylenia
redazione@newentrymagazine.it

ISTITUTO BONSIGNORI: UNO SGUARDO SUL MONDO

Il Centro di formazione professionale e l’Istituto paritario Bonsignori non sono soltanto una scuola. Lo sanno bene gli studenti, impegnati durante i mesi scorsi in raccolte fondi a favore dell’emergenza umanitaria in Ucraina e delle missioni piamartine in Brasile. Ogni anno, gli alunni delle scuole di Remedello sono protagonisti nella vendita di biglietti di una grande lotteria in cui sono coinvolte tutte le realtà educative gestite dai padri piamartini. Oltre alla raccolta fondi, lo scopo di queste attività è quello di aiutare gli studenti a tenere gli occhi aperti sui bisogni del mondo. Il 3 novembre scorso, una rappresentanza degli allievi del centro Bonsignori ha partecipato, insieme ai volontari della fondazione Fabio Moreni, al carico di un tir con beni di prima necessità, medicine e attrezzature mediche destinate alla popolazione ucraina tramite la caritas di Kiev.

Tra gli aiuti umanitari erano presenti anche alimenti a lunga conservazione acquistati proprio con i proventi della lotteria realizzata dai ragazzi. Nel prossimo gennaio tornerà in istituto anche Lieta Valotti, la volontaria che da anni opera in Brasile con i ragazzi bisognosi di Fortaleza. La sua testimonianza è sempre un’occasione di grande confronto per tutti gli studenti dell’istituto, che possono riflettere sulle differenze tra l’essenziale e il superfluo, tra le fortune che hanno e i bisogni di tanti coetanei nel mondo.

Le scuole gestite da Lieta e dai volontari sono i principali destinatari delle iniziative di solidarietà organizzate dall’Istituto Bonsignori, il cui legame con la Onlus che aiuta tutte le opere brasiliane è consolidato da anni (www.lieta.it).

Siamo ormai alle porte del 2023: i preparativi della nuova lotteria sono agli ultimi dettagli. E la storia di solidarietà del Bonsignori continua…

18 SPECIALE

25 NOVEMBRE

Nel 1999, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come GIORNATA INTERNAZIONALE PER L’ELIMINAZIONE DELLA

VIOLENZA CONTRO LE DONNE e ha invitato governi, organizzazioni internazionale e ONG a organizzare in quel giorno attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle più devastanti violazioni dei diritti umani ancora molto diffusa.“Quando si violentano, picchiano, storpiano, mutilano, bruciano, seppelliscono, terrorizzano le donne, si distrugge l’energia essenziale della vita su questo pianeta [...]”

“La violenza sulle donne non ha confini... E spesso ha le chiavi di casa”

La violenza sulle donne è una violazione dei diritti umani e una conseguenza della discriminazione nei confronti delle donne, nella legge e anche nella pratica, nonché delle preesistenti disuguaglianze tra uomini e donne. Fin dall’antichità la donna è stata considerata “Oggetto di Proprietà”; il futuro marito pagava una somma di denaro al padre che la cedeva ad un’altra autorità (quella del marito). Il marito, come nella civiltà romana, aveva il diritto di punire la moglie e di ucciderla, SE LO RITENEVA GIUSTO. Il marito deve decidere se io voglio vivo o muoio? Ecco, non sembra un déjà vu?

GIORNALE 24 ORE: “Violenza sulle donne: in calo i reati spia, aumentano le violenze sessuali”

MILANO TODAY

“Milano è la 2º città metropolitana per numero di femminicidi”

Durante gli anni del covid si è assistito ad un notevole aumento delle chiamate al 1522, arrivate fino a 4310 al giorno. Un numero spaventoso. Fortunatamente nel 2022 si è notato un calo che ha portato le chiamate ad un numero pari a 2966 al giorno. Un numero ancora troppo alto per un Paese dove nella Costituzione è presente questo articolo: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti INVIOLABILI dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità [...]”

La vita non è un diritto inviolabile? Se c’è scritto la parola UOMO, vuol dire che sono indicati tutti i cittadini, maschi e femmine, non solo i maschi. Vi sentite più uomini a mettere le mani addosso ad una donna?

Tornate a casa contenti dopo averla uccisa?

PENSIERI E PAROLE 20

Mi dispiace dirvi che anche solo tentare di alzare un dito su una donna, non vi rende più uomini. Dal 1990 è nata la Casa delle Donne che, negli anni, si sono moltiplicate diventando luoghi sicuri dove vengono accolte le donne vittime di violenza. Ora sono molti i simbolo che identificano la violenza sulle donne, come le panchine o le scarpe rosse. È nato poi il simbolo #SIGNAL FOR HELP, ovvero un segnale che fa la donna in pubblico per far capire alla gente di essere in pericolo. La campagna nasce in Nord America. Quando si vede una donna che alza la mano e con il pollice si tocca il palmo e le 4 dita si chiudono, come fosse un saluto, significa che è in pericolo.

“Gli uomini hanno paura che le donne gridano di loro. Le donne hanno paura che gli uomini le uccidano. È mai esistito qualcuno così maltrattato, così vilipeso, così insultato, tanto crudelmente e ingiustamente calpestato come noi donne? Sogno un mondo in cui gli uomini non usino la violenza sulle donne”

Il mio sogno da bambina era quello

Buone Feste da...

di trovare il principe azzurro. Ora spero solo di trovare un uomo che se si arrabbia non alza le mani. “Ci sono uomini che picchiano le donne e continuano ad andare in giro come se fossero uomini” - “Guardate uomini, non importa quello che fa una donna, non importa come sia vestita, non importa quanto abbia bevuto, non vi è mai, mai, mai, mai, mai permesso toccarla senza il suo consenso. Questo non vi rende uomini. Vi rende vigliacchi”

“Non importa a quanti uomini una donna abbia detto di sì. Tu puoi anche essere il centesimo, ma se lei decide di no, tu non la tocchi”

“Una donna non dovrebbe mai difendersi da chi la ami. Questa è la prima e unica regola che un vero uomo conosce”

E ricordate, cari uomini, che se vogliamo la parità, non diciamo che vogliamo le botte come se sareste su un ring.

Luciana Littizzetto
Valeggi Eleonora PENSIERI E PAROLE
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TALK ABOUT LOVE - CELINE DION AQUARIUM - AQUA ENYA - “PAINT THE SKY WITH STARS, THE BEST OF”

Paint The Sky With Stars - the best of Enya (Dipingere il cielo con le stelle - il meglio di Enya) è la prima raccolta della musicista e cantante irlandese Enya, pubblicata nel 1997 dalla Warner Music. Celebra i primi dieci anni di carriera di Enya e rappresenta una sorta di conclusione di un capitolo della sua produzione discografica, racchiudendo le canzoni più rappresentative dell’artista irlandese degli anni ottanta e anni novanta, realizzate per i suoi primi 4 albums in studio. Tra le tracce già precedentemente edite che compongono l’album spiccano i brani inediti Paint the Sky with Stars e Only If..., di cui quest’ultimo è stato pubblicato come singolo in supporto al Greatest Hits. La raccolta ha riscosso un grande successo di vendite e ha ampliato notevolmente la schiera dei fans di Enya, con vendite mondiali che superano oggi i 12 milioni di copie. Nello stesso anno è stato pubblicato anche un cofanetto di tre CDs in edizione speciale, A Box of Dreams, contenente quasi tutta la discografia della

Auguri di Buone Feste

cantante fino ad allora. Questo è senza dubbio l’album di Enya ad aver avuto più successo in Italia: è rimasto in vetta alla classifica per 8 settimane, è risultato l’album straniero più venduto del 1997 con più di 410 000 copie vendute in nemmeno due mesi, di cui 50 000 nella sola settimana natalizia. Nel 1998 le vendite superano le 550 000 copie, equivalenti a 5 dischi di platino e un disco di diamante.

Fonte: Wilipedia

THE
LET’S
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Per quanto riguarda le tendenze invernali delle borse troviamo i modelli intramontabili che ritornano rivisitati nei colori e materiali e nuove proposte destinate a diventare delle icone, nelle misure mini o maxi sicuramente non si riscontrano le mezze misure!!! Tra le novità che colpiscono maggiormente abbiamo: -la borsa trapuntata: grande importanza alle impunture anche per i modelli più minimal, nella misura piccola è raffinata e versatile;

- maxi bag scamosciata: morbida e capiente ideale per chi è fuori casa tutto il giorno; - la borsa rossa: tonalità accese e decise sia mini che maxi; - il bauletto con i manici: nel colore total black oppure con ricami fantasia; -la borsa peluche: sbarazzina, morbida e colorata sicuramente stravagante; - la baguette: stretta ed affusolata da portare sulla spalla nei colori accesi e dettagli scintillanti; - la borsa color pastello: nelle tonalità delicate come acquamarina, verde salvia, celeste polvere e giallo limone; - la tolfa con patta frontale: ossia la borsa da lavoro comoda soprattutto per chi è sempre in viaggio.

Svariate le novità per questa stagione fredda che ci regalano quella nota di colore di cui abbiamo bisogno!! Romina Sirani

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Ingredienti

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Tritare grossolanamente i biscotti e gli amaretti. Mettere poi in una terrina tutti gli ingredienti: biscotti, uova, cacao, zucchero, burro sciolto. Mescolare con le mani e dare la forma scelta servendosi di formine, oppure chiudere a cilindro in

pellicola. Lasciare riposare un’oretta in frigorifero. Decorare a piacere con codette, zucchero a velo.

Dal blog: www.cucinarecreare.it A presto, Anna

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La cascata di Cambrembo, o di Capo Brembo o di San Simone è immersa nelle bellezze naturali della Val Brembana, a 1400 metri di altezza sul livello del mare. Situata nel cuore della Val Brembana, prima di Foppolo, per raggiungerla si prende la deviazione per Cambrembo e, al quarto tornante, la deviazione su una stradina che porta alle Cave di ardesia. Poi dieci minuti a piedi dalla Val Rotta in piano e, sulla chiusura della valletta, si trova la colata. Pur non essendo una delle cascate più alte di Lombardia, colpisce per la verticalità del suo salto d’acqua che, seguendo il percorso in discesa del torrente, supera i cinquanta metri. Questa cascata è molto suggestiva soprattutto durante i mesi invernali quando, per le temperature rigide, si ghiaccia regalando uno spettacolo unico. Fonte: giteinlombardia.it

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IL DOLORE

Il dolore, quello vero, è uno strano personaggio, sì, perché è una cosa viva che ti entra nel sangue e nella mente come metallo fuso o come acqua bollente. Non parlo del male che ti prende vigliaccamente alle spalle e talvolta puoi riconoscere un istante prima. E nemmeno la paura o il terrore profondo; contro di loro esiste solo l’arma della disperazione. Ma il dolore, per chi lo ha conosciuto, agisce differentemente con due modalità e solo due... Per alcuni giunge come una lastra di ghiaccio in faccia e proprio come vento freddo prima di colpirti gira intorno ai picchi nevosi, si carica di gelo e ti abbatte, ti stordisce. Ne rimani inebetito, mutato per sempre e raramente riusciamo a tornare gli stessi... Ma non sempre; per alcuni infatti giunge come una lancia nel cuore

ma miracolosamente ci sveglia a un livello di coscienza e conoscenza più consapevole; risveglia in noi sensazioni e una creatività che prima era morta o non sapevamo di avere. E’ davvero uno strano e bizzarro artista.

Enrico Savoldi

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PENSIERI E PAROLE

IL BAMBINO DI SEMPRE

Mio padre mi diceva sempre...

“Vedi figlia mia io sono lo stesso di sempre, sono lo stesso bambino che giocava a pallone, sono pure il giovane sposo emozionato che os-

serva ammirato la donna della sua vita, sono lo stesso ventiquattrenne che ti ha visto e quando ti ha tenuta in braccio per la prima volta, avevo il cuore che scoppiava di felicità ma purtroppo

figlia mia, seppure io dentro di me ho ancora uno spirito giocoso e gogliardico il mio corpo no, lui mi ricorda tutti i giorni gli anni che passano. Con la stanchezza mi rammenta che non posso più rincorrere il pallone o andare in bicicletta e nemmeno coltivare il mio amato orto.

Vedi adorata figlia mia, il mio tempo sta per finire, ho visto tanti amici precedermi, i dolori a volte mi rendono triste e non più gogliardico, ma dentro di me, te lo giuro, io sono l’allegro e giocoso bambino di sempre...”.

PENSIERI E PAROLE

TRE UOMINI E TRE DONNE

Si trovavano in un hotel esclusivo, in fondo a una lunga e stretta terrazza di pietra che fiancheggiava e abbracciava la scogliera a strapiombo sul mare. Le onde imponenti si infrangevano impetuose sotto di loro ripetendo sugli scogli la loro frase infinita. Era notte ma in quel posto, per gente come loro, non v’era orario, tre uomini piuttosto giovani davano le spalle al mare, e tre donne, altrettanto giovani e di un’eleganza ricercata, potevano ammirare quel mare impetuoso, le poche imbarcazioni che riflettevono le loro luci sull’acqua. Poi un faro della baia e una luna piena tingeva il paesaggio incantato. Poche stelle, a dire il vero, ma anche per loro sarebbe stato difficile decifrare quei sei personaggi, i loro gesti e le parole bisbigliate. Da una parte le donne, dall’altra i tre uomini e naturalmente un tavolo in comune. Sembravano ombre tanto erano attenti, scrupolosi e concentrati gli

uni sugli altri. Sul tavolo non v’era nulla se non due accendini e due pacchetti di sigarette senza posacenere e una grossa candela protetta dalle folate di vento che venivano dal mare e che scompigliavano i capelli sciolti di due delle donne. Ma chi erano, cosa celebravano? Erano tre coppie di amici, di amanti, erano sposati o forse si accingevano a dichiararlo? Persino il cameriere che nel frattempo li aveva raggiunti con una superba bottiglia di vino e sei bicchieri ghiacciato capì che non era il caso di soffermarsi in sconvenienti cerimonie, bastarono due sguardi e levò i tacchi. Erano figure indecifrabili, eppure un osservatore più attento e più arguto avrebbe notato, potendosi avvicinare come un fantasma o come una farfalla che quei visi erano freddi, tirati, torvi persino, senza troppi sorrisi e nemmeno divertiti ma gradualmente una di loro riempì i sei bicchieri; qualcosa stava accadendo. I bicchieri si alzarono per un brindisi al centro del tavolo. I loro sguardi finalmente si intersecarono, i loro occhi brillavano e sembravano incontrarsi quasi formando una ragnatela luminosa... Lavoravano tutti e sei in una compagnia, una grossa compagnia finanziaria e v’era un rampollo di una finanziaria altrettanto prestigiosa che con loro grande preoccupazione stava intralciando i loro piani e programmi futuri....

Il brindisi era tutto per lui; avevano finalmente trovato la somma derivante dal loro consorzio, l’ora esatta e l’uomo giusto per toglierlo per sempre di mezzo... Questa era la ragione della loro intesa e il frutto delle loro menti contorte e animate in termini di denaro e scalata sociale.

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QUESTO

Erminia / Erminio

Deriva dal latino Herminius, nome portato da una gens romana, la cui etimologia è dibattuta: secondo alcune fonti sarebbe di origine etrusca, non decifrabile. Altre lo riconducono invece alla radice germanica ermin (“intero”, “universale”), presente anche in Arminio, Ermenegildo ed Ermengarda, oppure al nome del dio greco Ermes. Questo nome, già portato da un personaggio secondario dell’Eneide, uno dei compagni di Enea, è stato successivamente ripreso da Torquato Tasso per il personaggio di Erminia, una delle eroine della sua Gerusalemme liberata. Il successo dell’opera ha decretato la fortuna del

BuoneNatale e Felice 2023

nome: in Italia gode di buona diffusione, attestandosi in tutte le regioni e principalmente nella forma femminile. L’onomastico si può festeggiare in memoria di più santi, alle date seguenti: 24 aprile, sant’Erminio, martire venerato a Perugia; 25 aprile, sant’Erminio, abate di Lobbes; 25 agosto, sant’Erminia o Ermina, mistica, venerata a Reims; 27 settembre, beata Herminia Martínez Amigó, madre di famiglia, uccisa a Gilet (Comunità Valenciana), una dei martiri della guerra civile spagnola; 13 ottobre, beato Herminio Motos Torrecillas, sacerdote ucciso a María (Andalusia), uno dei martiri della guerra civile spagnola. Portano questo nome anche Tito Erminio Aquilino, politico e militare romano; Erminio Azzaro, atleta e allenatore di atletica leggera italiano; Erminio Bercarich, calciatore italiano; Erminio Blotta, scultore argentino; Erminio Boso, politico italiano;; Erminio Brevedan, calciatore italiano; Erminio Dones, canottiere italiano; Erminio Favalli, calciatore e dirigente sportivo italiano; Erminio Ferretto, partigiano italiano; Erminio Juvalta, filosofo italiano; Erminio Macario, attore e comico italiano; Erminio Rullo, calciatore italiano; Erminio Sipari, naturalista, ambientalista e politico italiano Erminio Spalla, pugile e attore italiano; Erminio Troilo, filosofo italiano.

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NOME
di Micky
È IL MIO
-
Erminio Macario - Attore e comico

L’ULTIMO SORRISO

Quando si comincia a sentire nell’aria l’atmosfera del Natale, provo dentro me forti emozioni contrastanti, di gioia e grande amarezza, il 16 dicembre 2016 è venuto a mancare mio padre e da allora le festività Natalizie hanno assunto un significato molto particolare. Certo, il posto di capotavola che lui occupava non è rimasto vuoto... ci sono 2 splendide nipotine sedute lì, al suo posto per il cenone di Natale, ma la sua straordinaria personalità non può essere colmata anche se il suo ricordo dimorerà sempre nei nostri cuori. Il mio papy si chiamava Attilio, piccolo di statura ma al suo interno nascondeva un autentico vulcano, pronto a sputare lava contro chiunque andasse contro i suoi principi od offendesse il suo modo di pensare, non aveva vergogna neanche del diavolo, posso affermare che era esattamente il mio contrario. Diversi anni fa io e lui, partecipammo ad un convegno il cui relatore era un luminare nell’alimentazione delle vacche da latte, suo unico difetto è che si esprimeva con una incomprensibile terminologia tecnica. Alla fine del discorso chiese all’immensa platea se c’erano domande, mio padre si alzò: “Mi scusi professore, può darsi che io sia una bestia, ma non ho capito niente di quel che ha detto”. Io diventai rosso dalla vergogna ed invece la folla applaudì mio padre, praticamente nemmeno la platea aveva capito qualcosa ma nessuno aveva avuto il coraggio di ammetterlo.

Gli ultimi 2 anni di vita di papà Attilio detto “gremegnò “ perché nessuno riusciva ad estirpare o scalfire la sua volontà, sono stati letteralmente un inferno. Quindici anni prima la sua salute era stata fortemente minata da un infarto poi nel 2010 accadde un avvenimento (che probabilmente racconterò in futuro), talmente tragico e terribile che il suo cuore ne risentì fino alla fine

dei suoi giorni. Io e lui eravamo gli addetti in stalla, mio fratello e suo figlio si occupavano dei campi: era così da sempre e logicamente fra noi due era nata una straordinaria simbiosi e complicità... chissà, forse per questo aveva nei miei confronti un amore smisurato che francamente non meritavo. La mungitura era per lui un rituale irrinunciabile, doveva sempre essere effettuata ad opera d’arte durante la quale approfittava per pettinare la coda alle nostre vacche che lui trattava come fossero figlie. Fino all’età di 85 anni, fu sempre presente in sala di mungitura (anche se il cardiologo gli aveva vietato l’attività fisica), il cuore era sempre più debole e faceva fatica a far circolare il sangue fino all’estremità degli arti al punto che il piede sinistro, non adeguatamente irrorato, cominciò a cambiare colore, si imputridiva. Iniziò così a camminare con le stampelle finché il piede si perforò, si formò un buco talmente grande attraverso il quale si poteva vedere il pavimento. Era atroce il dolore che doveva sopportare, ogni giorno gli applicavamo una pomata, gli mettevamo bende nuove e lui stringeva i denti, reprimeva le urla. Come potesse sopportare un simile dolore, io non lo so, finché il medico gli prescrisse delle capsule di morfina. Queste però gli procuravano frequenti allucinazioni, si alzava di notte, buttava per aria la camera oppure usciva a zappare nell’orto; diceva cose senza senso... E’ stato terribile vedere una persona della sua saggezza perdere il senno; certo, era colpa delle altissime dosi di analgesico che gli venivano somministrate, comunque, non è stato facile far entrare da un orecchio ed uscire dall’altro le sue terribili invettive... sembrava che il suo cervello fosse stato impossessato da chissà quale malefica creatura, non era più lui. La cancrena all’arto sinistro cominciò a salire, fu

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PENSIERI E PAROLE

ricoverato... i medici (due in particolare), parlarono a noi familiari, uno ci disse che per salvargli la vita la gamba sinistra doveva essere amputata al più presto, l’altro invece replicava che il cuore era talmente debole che sarebbe morto durante l’intervento. Finalmente stabilirono di operarlo anche se non era possibile farlo in anestesia totale, le sue condizioni di salute non lo permettevano, gli avrebbero tagliato la gamba tramite l’epidurale, a mente sveglia. Vi lascio immaginare quando comunicammo questa cosa a nostro padre; piangeva, piangeva piangeva. Pensare in che stato era, sto male ancora adesso però quando riuscì a calmarsi disse con voce decisa: “D’altronde se non c’è altra alternativa la tagliamo, magari dopo riesco a trovare un po’ di sollievo”. Mio papà è sempre stato un leone. Dopo un paio di giorni, tutto era pronto per l’intervento... mia mamma rimasta a casa aveva già preparato il più bel abito da

mettere a mio padre nel caso non avesse superato l’operazione. Entrò in sala operatoria con sguardo fiero e deciso, da condottiero quale lui era sempre stato; non molto tempo dopo uscì su un lettino, la gamba sinistra era tutta piena di jodio ma ce l’aveva ancora, un’infermiera ci spiegò che avevano dovuto lasciar libera la sala operatoria ad un giovanotto coinvolto in un incidente stradale così il taglio della gamba fu rimandato alla mattina successiva. Mio padre era viola dalla rabbia, tutto ancora da rifare, sparava bestemmie pesanti e taglienti come un machete, d’altronde, mettiamoci nei suoi panni. Il mattino successivo rientra in sala operatoria e stavolta vi rimase un sacco di tempo, quando usì la gamba sinistra non c’era più. Il fatto che avesse superato l’intervento era quasi un miracolo, ci fissò con quei suoi occhi color grigio tempesta (che già dicevano tutto sul suo temperamento), con una fierezza ed un orgoglio indescrivibili, perfet-

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tamente cosciente ci disse che tutto sommato il dolore era sopportabile, ma la cosa che gli faceva veramente male era l’unghia incarnita del piede sinistro; — scusa papà, ma com’è possibile che ti faccia male l’unghia? Non ce l’hai più l’arto !! — Ti dico che mi sento pungere il dito, fa qualcosa ! — Va bene, mi faccio dare la gamba e la porto da un’estetista! — Porcocane, quant sa diss che Giordano l’è propes una bestio’ —. Dopo 15 giorni fu trasferito per la convalescenza all’ospedale di Pontevico, Il Gabbiano (che io vorrei ringraziare ancora oggi non solo per le cure ma lo straordinario affetto dimostrato a mio padre ed a noi familiari). Due mesi dopo l’intervento tornò a casa con la gamba perfettamente cicatrizzata, non sentiva più alcun dolore (anche se paradossalmente l’unghia incarnita lo infastidiva ancora), riusciva a spingere da solo la carrozzina. Smesso con la morfina, aveva la mente lucida, si mise subito al lavoro sistemando tutti i conti dell’azienda e nonostante prendesse una ventina di pastiglie al giorno per contrastare tutti i suoi acciacchi, l’appetito non gli mancava mai. Arriviamo al 15 novembre, da quaranta giorni il papy era tornato dall’ospedale, cominciò a sentirsi sempre più debole finché il nost e lì cominciò il suo ultimo mese di vita. Come suo compagno di stanza ebbe l’ex medico condotto di Gottolengo: erano della stessa classe, anche lui con problemi al cuore, si era fatto portare da suo figlio la valigetta che usava per le visite a domicilio. Ogni giorno si autoascoltava il cuore, non solo, visitava sempre anche mio padre e per questo le infermiere ed i medici lo sgridavano in continuazione ma era più forte di lui, aveva adottato mio padre come suo paziente. Per lui era una missione da compiere fino all’ultimo istante. Le condizioni di mio padre nei suoi ultimi 20 giorni di vita, si erano ulteriormente aggravate, il cuore sempre più debole e così noi familiari ci alternavamo per stare sempre con lui, giorno e notte. Per me rimanere così tanto in

ospedale era pesantissimo. Quando avevo 9 anni sono stato ricoverato per 5 mesi e da allora ho sviluppato una specie di allergia per l’ambiente ospedaliero. Vedendo la cosa dal lato positivo, posso affermare che ho avuto modo di conoscere molte persone e condividere molte storie di vita, ha sicuramente arricchito la mia personalità. Arriviamo poi al 15 dicembre 2016, l’ultimo giorno in cui ho visto mio padre, era debole, respirava aiutato dall’ossigeno, volle sapere come andavano le cose in azienda poi mi ha preso una mano e guardandomi negli occhi mi ha chiesto: “Ascolta Giordano, rispondi sinceramente, stavolta esco dall’ospedale con i piedi in avanti??”, “No papà, è impossibile, ti hanno tagliato una gamba, al massimo puoi uscire con un piede in avanti!”.

Mi guardò con la faccia stralunata, gli occhi spalancati e disse forte: “Ta se a stupit”, poi cominciò a ridere, a ridere forte e girandosi verso il medico di Gottolengo, suo compagno di stanza: “Me fiol Giordano l’è semper stat un deficiente“, poi rideva ancora. In quel momento arrivò mia sorella a darmi il cambio, mi chiese il perché di quella risata, gli dissi solo che il papy era di buon umore, poi lo salutai: “Ciao papà, ci vediamo dopodomani, do’ un bacino alle tue gnare (le vacche del nostro allevamento )”. L’indomani, 16 dicembre, erano le tre del pomeriggio, mi telefona mia sorella per dirmi che nostro padre era partito per il lungo viaggio, sembrava più forte degli altri giorni, si era tolto la maschera dell’ossigeno, aveva mangiato da solo, sembrava molto tranquillo, poi si è svegliato, ha fissato mia sorella per parecchi secondi e se ne è andato. Ero convinto che avremmo passato assieme ancora un Natale, per tutti noi familiari è stata una terribile mazzata, la cosa che mi dà sollievo, è che l’ultima volta che l’ho visto, lui sorrideva, è stato il suo ultimo grande sorriso.

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CITROEN DS, JEUNE ED BELLE

Nel 1955 venne presentata quella che io definisco una Tour Eiffel su quattro ruote, forse la vettura più iconica di Francia.

La meravigliosa Citroen DS, affusolata, affascinante e iper tecnologica.

Talmente tecnologica che alcune idee che presero vita sulla DS furono riproposte solo dopo anni da altre case automobilistiche.

Anche per questo la ritengo un simbolo di eccellenza e bellezza allo stesso tempo. Il design è uno dei punti di forza della francesina che fu opera di un nostro compatriota: Flaminio Bertoni. Fu dotata sin dal lancio, di leggendarie sospensioni idropneumatiche che divennero un punto di forza della francese in quegli anni.

La primissima serie a vedere la luce fu la DS 19, equipaggiata con un motore da 1.9 litri da 75 CV di potenza; non un portento di forza, ma bastava per spingerla sino a 140 km/h. Inizialmente vi furono grossi problemi legati alla produzione che destarono non poche preoccupazioni ai concessionari che avevano già percepito caparre a fronte dei numerosi contratti firmati. Pensate che da Ottobre a Dicembre dell’anno della presentazione, furono prodotte solo 62 DS. Tale problematica cessò poco dopo e si potè

produrre ancora veicoli in grandi numeri considerando i tempi di allora. Nel 58 la Dea (così viene spesso chiamata) tolse il cappello, dando vita alla spider più iconica mai prodotta in Francia.

Fondamentale per lo sviluppo della cabrio la collaborazione del carrozziere Chapron che intuendo il forte potenziale della DS in fatto di linea, si cimentò sottoponendo alla casa francese la sua idea di spider su base DS.

La Citroen però non accolse subito in maniera postiva l’idea e accantonò il progetto. Chapron non si perse d’animo e continuò realizzando alcuni esemplari che una volta messi sul mercato riscossero un successo notevole. Fu così che la Citroen dovette rivedere i suoi piani e inserire un modello cabrio nel listino. La DS era talmente innovativa che già a quei tempi, nella versioni successive alla DS19, prevedeva fari che seguivano la direzione del volante. Pazzesco se si considerano i tempi di allora. Ho avuto modo di guidare una DS per diversi km e qui veniamo ad un altro punto di forza della macchina: il comfort di guida e la stabilità, entrambe da primato.

La stabilità era dovuta al moderno sistema di sospensioni che consentivano di guidarla an-

AUTO D’EPOCA
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che solo con sole tre ruote! Avete letto bene. Epica fu un’impresa di un concessionario che la guidò a lungo solo con tre ruote montate!!!

Per quanto riguarda il comfort, sembra di stare seduti in un’auto moderna e non su una vettura di interesse storico. La seduta è estremamente confortevole e consente lunghi viaggi senza problemi. Non vi nascondo che a volte penso che potrei usare tranquillamente una DS per tutti i giorni e trovarmi benissimo. La carrozzeria è formata da pannelli e le portiere non hanno montante centrale. Quale scegliere?

Io non ho dubbi: con oltre 190 km/h di velocità massima e una stabilità strabiliante opterei subito per una DS 23 I.E. Quanto costa? Almeno trentamila euro! Credetemi, vale ogni singolo centesimo! Qualcuno vorrebbe una spider? Beh, cambierei idea visto che i prezzi sono fuori dall’ordinario.

Antonio Gelmini

Per curiosità o valutazione su vetture di interesse storico inviare una mail a: meccanicagelmini@gmail.com

Siamo figli di un mondo distratto, che ha dimenticato come far ridere i bambini, e invece di una favola regaliamo un dvd, invece dei colori compriamo loro un pc. Siamo figli di un mondo distratto, che ha dimenticato come giocare con la palla, far correre un aquilone in riva al mare e correre a piedi scalzi nei prati. Siamo figli degli smartphone, dei tablet e dei pc. Vogliamo conoscere chi c’è dall’altra parte del mondo senza vivere chi è accanto a noi. Siamo figli di un mondo distratto, fatto di sms e di buongiorno dimenticati, di un caffè postato sui social e un caffè oramai freddo ancora da bere. Siamo figli di un mondo distratto, che ha dimenticato come far sorridere un bambino...

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PENSIERI E PAROLE
DI UN MONDO DISTRATTO 41
FIGLI

Un gruppo di amici è riunito al bar. Uno di loro si è perdutamente innamorato della bella Carla. Fra poco sarà il suo compleanno e l’innamorato non sa cosa regalare e chiede consiglio. Uno dice: “Secondo me, se la cosa è seria, il regalo deve essere poco costoso, altrimenti fai la figura dello spendaccione”. E l’innamorato dice. “Mah, io pensavo a un completo intimo, slip e reggiseno di seta. Cosa ne dite? “. E uno degli amici: “Ma no! Lo sappiamo tutti che Carla non porta indumenti intimi!”.

Paolo alla mamma: “Mamma, mamma, ho visto Giulia che baciava Luca!”. E la mamma: “Beh, Paolo, è normale, fra 1 settimana si sposano!”. Paolo: “E allora quand’è che si sposano papà e la cameriera?”.

Oggi ho rivisto il video del mio matrimonio però all’indietro... Mi sono emozionato tantissimo nella parte dove le tolgo l’anello, riconsegno ia moglie al suo papà ed esco dalla chiesa camminando all’indietro nello stile di Michael Jackson... e via!

Due tipi in ascensore. Dopo tre piani di salita si comincia a sentire una gran puzza di merda. Al che uno dei due all’altro: “Ma mi scusi lei ha scoreggiato?”. E l’altro: “E certo, perché secondo lei puzzo così tutto l’anno???”.

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DANIELA SARACO, IO E LA VERA ESSENZA DI ME

La scrittura è una forma di terapia. Ti permette di buttar fuori le emozioni più nascoste, più segrete, anche a noi stessi e rileggendole è possibile conoscersi meglio, scoprirsi.

È una donna dolcissima e dal cuore grande, che lei definisce di ferro, Daniela Saraco. Il suo ultimo romanzo, decisamente speciale, si intitola Come l'acqua del mare, è fortemente in grado di farci sognare ad occhi aperti , oltre che di farci riflettere - e pure a lungo- non solo su che cosa significhi davvero amare, in primis se stessi e in secundis gli altri, ma anche sul più vero e autentico senso della vita che oggi più che mai tendiamo a dimenticarci in un angolo polveroso della nostra mente.

E lei, scrittrice attenta e accorta, che ha scoperto meglio se stessa, proprio attraverso la sublime arte della scrittura, ci ha aperto le stanze della sua anima. Un'anima bella ma che ha anche molto sofferto in passato ma che oggi guarda luminosa al presente e al futuro.

Daniela, quale è stato il percorso che ti ha portato alla scrittura?

La scrittura è una forma di terapia. Ti permette di buttar fuori le emozioni più nascoste, più segrete, anche a noi stessi e rileggendole è possibile conoscersi meglio, scoprirsi. Ecco, a me è capitato proprio così. Avevo bisogno di ritrovarmi, di capire chi ero e cosa volevo, ed ho iniziato a farlo attraverso le mie povere parole. Ho riscoperto una donna meravigliosa, questo me lo dico con la consapevolezza della maturità, molto fragile ma anche molto coraggiosa.

Che cosa provi quando scrivi?

Quando scrivo sento che la parte più vera di me, la mia essenza, esce prepotentemente fuori, sen-

za vincoli ne tabù. Ovviamente non permettiamo a chiunque di farci sfiorare l’anima ma attraverso le parole si è molto più sciolti nel descrivere e nel romanzare quali siano i nostri sogni, i nostri desideri, i nostri ideali ma anche la tipologia di amore che crediamo di meritare. Provo un senso quasi imbarazzante di verità assoluta che, spesso, nella vita di tutti i giorni non riesco a svelare. Perché non tutti riescono a percepire l’oltre.

Quando hai scritto un pensiero, qualche pagina o qualche capitolo, a chi ti rivolgi per un

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L'INTERVISTA A... di Laura Gorini

primo confronto?

Il mio primo confronto in assoluto sono io per capire se ciò che ho scritto mi piace, suona bene o comunque riesce a fotografare l’idea o l’immagine che voglio riportare. Subito dopo vado da mia madre, il mio pilastro essenziale.

A proposito di confronti, quando - secondo te - sono costruttivi?

Confrontarsi è un ottimo modo per mettersi in discussione, per credere o semplicemente per valorizzare, con più tenacia, le nostre idee, i nostri pensieri. Non permettere il confronto significa rinchiudersi mentalmente, non saper e voler uscire dalla propria comfort zone.

Molti poi tendono a confondere un po' troppo le critiche con gli insulti. Tutta colpa di Internet e in particolare dei Social?

Sicuramente il mondo mediatico ha tante colpe, ma credo che il sentirsi autorizzati ad insultare qualcuno dipenda semplicemente dalla qualità delle persone stesse. Può non piacervi qualcosa, non esser d’accordo, ma questo non ci permette di inveire contro qualcuno.

Credi che siano davvero utili per farsi conoscere soprattutto per chi è alle prime armi come scrittore?

I Social aiutano a far veicolare i messaggi che vogliamo lanciare. Ma la cosa che stimola davvero l’interesse e la curiosità delle persone sono

le parole piuttosto che le immagini. Dunque, il modo più pratico e veloce per arrivare è diffondere le nostre opere sui Social. Sono un mezzo di trasporto, in pratica, per tutti gli artisti.

Tu quando hai capito che era questa la strada da percorrere?

Ho capito che non dovevo fermarmi nella scrittura quando le persone mi hanno trascinato, e tuttora lo fanno, nel loro cuore. Ringrazio sempre i miei lettori per scegliere le mie povere parole. Perché la gratitudine è uno strumento importante per far sentire l’altro complice del tuo successo e della tua felicità.

Che cosa ti senti di consigliare a una ragazza che sta per iniziare a scrivere il suo primo romanzo?

Il mondo dell’Editoria non è semplice, così come raggiungere un successo discreto. Consiglio di selezionare bene le case editrici a cui inviare gli inediti, ma soprattutto di crederci con tanta passione, perché i desideri, prima o poi, si realizzano. Parola di un cuore di ferro.

45 L'INTERVISTA A... di Laura Gorini

Essere genitori oggi, in un contesto sociale dai tratti tanto allargati quanto ristretti costa fatica interiore, equilibrio psicologico. Poco il tempo necessario per generare baratri tra quello che era e quello che è. Un tempo, “potrei permettermi di dire ai miei tempi?”, l’infanzia trascorreva nel tramestio di giorni uguali e diversi con accenni di novità ricordati e custoditi nell’avvenire come tesoro prezioso. Oggi i figli, piccoli e grandi, hanno tutto e niente; fra le dita stringono il mondo pur tuttavia spesso sono incapaci di apprezzare la bellezza delle piccole cose, la rarità di un momento magico. Nei testi di pedagogia si legge del “taedium vitae” di quel male oscuro che scava annidato fra interstizi ciechi, fra le pieghe di vesti riccamente firmate, fra divertimenti all’ultimo grido, fra urla gettate alla luna, nella ricerca spasmodica di emozioni estreme sino a divenire parte integrante del tessuto, membra viva di un corpo svuotato dell’essenza. “Rischiotutto” era il nome di un programma televisivo dei miei tempi dove l’intrepido Mike Buongiorno si destreggiava fra concorrenti ed ospiti incantando la platea italiana. Essere genitori oggi ha il valore del rischiare tutto? Del mettersi in gioco interamente? Del voler a tutti i costi offrire servizi e non beni essenziali?

Spesso mi capita di sentire luoghi comuni quali; “Hai ragione amore, la mamma o il papà sono spesso fuori casa per lavoro ma se così non fosse come potremmo permetterci di andare a zonzo? O, acquistare auto di lusso? O, andare a cena? O acquistare giochi elettronici? Quando sarai grande capirai …”. Comprenderanno realmente? Seguiranno le stesse orme? Rimpiangeranno un tempo perduto? L’intimità di una tazza di latte consumata per cena? Una passeggiata fra i campi? O, s’immergeranno nel flusso caotico della vita invischiato di videogiochi, contrattempi, troppo poco tempo per giocare? Essere genitori oggi è complicato, non facile, di difficile interpretazione.

Mi piacerebbe che ciascun genitore, domani all’alba, o alle ultime luci del tramonto, potesse prendersi il capo fra le mani, osservare in silenzio il volo di una farfalla, odorare l’odore del vento, calpestare remote astrazioni per sentire, comprendere, oppure semplicemente percepire se la strada imboccata è quella da percorrere, se non necessita di un fermo, di una sosta, virata, piroetta, giravolta?

Mi piacerebbe, in un assolo, sentire le loro voci, una dentro l’altra, aggrovigliate, intrecciate, una e mille, unite e separate, une e trine.

Domani all’alba riuscirò a percepire il loro battito?MIo, in primis, mi metterò in ascolto, ancora una volta, sempre e semmai, nel principio e nella svolta di un percorso chiamato amore.

Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste

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Capodanno con l’Orchestra

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“OFF”

Vorrei spegnere la gente, vorrei spegnere la mente, premere un pulsante e perdermi nell’ infinito orizzonte di quella linea retta, trasversale.

Tra la terra e il cielo, soltanto il mare.

Un mare di silenzi risonanti e struggenti, gioiosi e contrastanti, tra il fiero e l’ arduo di pace e dolore.

Mi chiedo... Qualcuno ha la soluzione?

L’ antidoto del male, dicono, stia in cristalli di mare, di acqua salata di lacrime e sudore.

Mare, Amare, Amore, ti ascoltalerei per ore perdendomi tra le tue onde lontano dalle sponde, dove acqua e cielo diventano tutt’ uno e non sai più quale sia l’ azzurro di ciascuno.

Quanto vorrei spegnere la gente, quanto vorrei spegnere la mente in un lampo di un click tra Off e On sul display dell’Iphone.

ED È
POESIA
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KATIA TENTI, IO E IL MIO AMORE PER LA LETTURA

È una donna e una scrittrice profonda Katia Tenti, ma anche simpatica e briosa. Ha alle spalle svariate pubblicazioni di tutto rispetto e l’ultima è il romanzo Resta quel che Resta, dove troviamo il racconto dell’amore patrio ma anche della lotta per la sopravvivenza di alcune famiglie, apparentemente molto diverse tra di loro, che vivono nel Suditirolo negli Anni ‘20 del Secolo Scorso. C’è tanto dolore ma anche un senso di rivalsa che troviamo ben diradato nel corso d’opera. Ma che cosa sappiamo davvero della sua autrice?

Katia, svariati romanzi ( e non solo) all’attivo, ma che ricordi hai della prima volta che ti sei accinta a scrivere la tua prima opera?

Hai presente quel detto “tante idee, ben confuse”? Ecco! Io mi trovavo proprio in quella situazione. Ho sempre saputo di voler essere una scrittrice, ma all’epoca non avevo compreso che occorre diventarlo: il talento non è sufficiente, occorre tecnica, motivazione, dedizione, sacrificio e tanta, tanta passione. Poi c’era un altro problema molto serio: avevo in mano quattro storie che si prestavano ad una narrazione senza avere idea di come intrecciarle. Che genere di libro avrei scritto? Un po’ come avere in mano un cestino con quattro ingredienti senza avere idea di come combinarli per farci un piatto appetibile. Volevo scrivere un libro di narrativa, un saggio giornalistico o volevo scrivere un thriller?

Ho dovuto lavorare parecchio su di me e sulla motivazione che mi spingeva a voler scrivere prima di iniziare ad imbastire l’opera. Dalla mia avevo tanto entusiasmo e tanta incoscienza: un vero e proprio salto nel buio di quello è il mondo dell’editoria. Ma alla fine mi ha ripagato, almeno in parte. Ho ancora molto da fare!

Spesso quando si è ancora alle prima armi non si ha uno stile proprio, tu come hai trovato il tuo? Con quali parole lo descriveresti? Lo stile è l’insieme di diverse strategie linguistiche, sintattiche e ritmiche attuate per far emergere i contenuti in modo efficace. Se il contenuto è il “cosa”, lo stile è il “come”. Non ci sono regole generali, ma su alcuni punti è necessario avere una buona formazione tecnica. La conoscenza della grammatica e della sintassi è fondamentale. Alcune regole di composizione, come la gestione del capoverso piuttosto che l’uso degli avverbi, sono aspetti che occorre padroneggiare, non c’è dubbio. Dopodiché molto dipende dalla strategia

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L'INTERVISTA A... di Laura Gorini
Scrivere e creare un’opera sono due cose completamente diverse

personale: porsi domande come “a chi voglio parlare?” piuttosto che “quale grado di confidenza voglio dare al lettore?”, oppure “quanto della mia esperienza voglio metterci?” sono cruciali per individuare voce e stile personali. Personalmente mi aiuta molto leggere. Leggo di tutto: generi, autori e stili molto diversi tra loro. Mi aiuta a comprendere meglio come vorrei esprimermi io per entrare in contatto con il mio lettore ideale.

I grandi scrittori del passato e gli autori dei classici erano ben distinguibili tanto è vero che senza nemmeno leggere il loro nome in copertina possiamo capire chi e che cosa stiamo leggendo... Come mai si è persa- soventequesta caratteristica?

Credo che questa caratteristica valga ancora e per molti autori. Come per i pittori o gli scultori di un certo livello: la mano si riconosce subito. Amo l’arte contemporanea e posso garantire che a forza di vedere le opere dei vari artisti, ormai sono in grado di distinguere chi ha realizzato un certo pezzo anche senza leggere il nome. Questo è legato in modo indissolubile con la ricerca dello stile e il nesso logico che esso assume nel trasmettere il messaggio della nostra storia: solo allora si crea quell’unicità distinguibile. Si perde o, meglio, non si acquisisce, nel momento in cui lo scrittore non fa ricerca. Io credo che tutti siamo in grado di scrivere, già solo perché lo impariamo

alla scuola elementare. Ma scrivere e creare un’opera sono due cose completamente diverse. Nel mezzo scorre lo studio, l’esercizio, la ricerca, l’esperienza. E la passione autentica. Credi che i giovani, al di là del fatto che talora sono messi come libri da leggere durante i vari anni scolastici, riescano ad amarli ancora i classici?

Il problema è doppio, a mio avviso: da un lato c’è un modo poco appetibile di presentare i classici a scuola. Non tutti gli insegnanti li presentano in modo da stuzzicare la curiosità dei ragazzi. Dall’altro lato c’è che i programmi ministeriali impongono sempre gli stessi titoli che, francamente, per quanto affascinanti, non sempre combaciano con la realtà contemporanea. Leggere I promessi sposi di Manzoni – che personalmente trovo un romanzo molto bello – è come studiare storia antica,

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se vogliamo. Può piacere, è senz’altro interessante, ma poi sarebbe anche utile e altrettanto interessante studiare storia contemporanea, dunque letteratura dei nostri tempi.

Tu a quali sei maggiormente legata e perché? Amo molto i classici in generale perché mi fanno conoscere mondi e storie che oggi non posso vivere direttamente. Ma anche perché alcuni li trovo sempre attuali. Se penso ad esempio al romanzo di Kafka, Il processo, non posso che ritrovarlo in tante storie di cronaca italiana e non solo. Un uomo arrestato e perseguitato dall’autorità senza che venga mai a sapere qual è la natura del suo crimine. Non è un tema di oggi? E che dire di Orgoglio e Pregiudizio? Oppure, per restare in Italia, I sei personaggi in cerca di autore di Pirandello? Nell’opera si capisce bene che c’è discordanza tra quello che l’attore e il personaggio che interpreta e credo che il mondo Social di oggi rappresenti molto bene questa discrepanza.

Tra l’altro Resta quel che Resta, la tua ultima opera, è anche un invito rivolto ai ragazzi a ritrovare, per quelli che l’hanno perso, l’amore per la patria. Un tempo la letteratura era piena zeppa di testi in tale direzione, come mai- invece- oggi non è più così?

Credo che patria sia una parola svuotata dal suo significato tanto da aver perso senso.

I confini sono talmente grandi e si sono fatti talmente fluidi da rendere difficile decifrare questo concetto che di per sé riguarda l’identità culturale, linguistica e geografica. Ci dovrebbe fornire senso di sicurezza che non sempre è concreto. Una cosa però credo: nel momento in cui qualcuno dovesse minacciarci, quel senso tornerebbe a farsi sentire dentro ognuno di noi.

Come è cambiata la Letteratura negli ultimi anni?

La Letteratura si è specializzata sempre più in generi e sottogeneri in modo da andare incontro ai gusti sempre più di nicchia dei lettori. Se parliamo di Letteratura in senso stretto poi, credo che gli

scrittori di cultura in grado di insegnare davvero qualcosa di utile siano sempre meno. Oggi si scrive – e si legge – più per intrattenimento e per evasione che non per imparare o conoscere qualcosa. Ma questo aspetto, di per sé, non è negativo, al contrario: in un mondo dove il Giornalismo è fin troppo realistico al punto da sguazzare tranquillamente nella morbosità, trovo interessante e perfino rassicurante che la Letteratura, al contrario, mantenga un ruolo di riflessione e anche di divertimento. Occorre ancora a raccontare storie in modo più accurato e profondo che il Giornalismo mordi e fuggi tende ad appiattire. Abbiamo tanto bisogno di vedere anche il rovescio della medaglia senza giudicare, di calmarci, di rilassarci, di divertirci: oggi più che mai, in un mondo che sembra voler comunicare solo per metterci ansia.

A scuola la si studia abbastanza e nella maniera corretta?

Credo che il problema della scuola oggi è che rischia di perdere il suo ruolo – fondamentale – di trasmissione dei saperi per diventare sempre più un luogo di socializzazione dove agli insegnanti viene chiesto di gestire problemi sociali e differenze culturali.

Un pensiero che ti sentiresti di rivolgere ai nostri lettori e a te stessa per il 2023 ormai alle porte... Leggere aiuta a vivere meglio e ad essere più libero. E io suggerisco di farlo spesso e con attenzione. Leggendo si impara a distinguere i messaggi fuorvianti, la propaganda, dalla verità delle cose. Mi auguro che tutti abbiano la fortuna che ho avuto io nella vita: potersi innamorare della lettura.

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L'INTERVISTA A... di Laura Gorini
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1) Iscrizione gratuita entro il 31 Dicembre 2022

2) Aver compiuto almeno 18 anni entro la data 30 Novembre 2022 e non aver compiuto 49 anni entro la data del 31 Dicembre 2022 Programma del concorso

1) Inviare tramite email a redazione@newentrymagazine.it oppure tramite numero whatsapp al 3477352863 una foto a mezzobusto con il viso in evidenza. Verranno scartate foto sfuocate, scure, con il cellulare davanti al viso!

2) In caso di un numero elevato di partecipanti, una giuria tecnica si riserva la facoltà di preselezionare le canditate che potranno passare alle fasi successive.

3) Il concorso si svolge con diverse tappe ad eliminazione. (Esempio: se le candidate sono 24, nella prima fase, seconda e terza fase ne verranno eliminate 8 per giungere così alla fase finale con le ultime 4 finaliste. Con l’inizio di ogni fase vengono azzerati i voti di quella precedente.

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4) Le votazioni avverranno tramite la pagina facebook di New Entry Magazine – Il Giornale della Gente dove verrà creato un album fotografico per ogni fase, riconoscibile dalla locandina nella quale si troverà la data ultima per votare. Ad ogni fase la copertina verrà pubblicata con un colore diverso e ben visibile in modo da non creare confusione. Chi vorrà votare potrà entrare sulla pagina, mettere il mi piace a New Entry Magazine – Il Giornale della Gente e esprimere la propria preferenze tramite il “mi piace” alla o alle miss da lui ritenuta/e più meritevole/i.

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Un concentrato di fascino, simpatia ed energia. Lei è Fabiola, in arte Faby Stripe, splendida mamma di Avezzano da sempre appassionata di sport, di danza e di spettacolo. Presenza e professionalità le hanno permesso di distinguersi per classe ed eleganza e di vivere esperienze straordinarie. “La mia avventura sotto i riflettori è iniziata con comparse nelle discoteche, finchè mi sono buttata fra provini e casting” racconta Fabiola ed è da qui che hanno preso il via tante partecipazione sulle reti Rai e Mediaset. Oggi, questo bagaglio di vissuto lo passa alle nuove generazioni… D’altronde, di esperienza, in tanti campi, ne hai da vendere.

Sarà che ho vissuto sia in Italia che in Spagna, parlo spagnolo e inglese e vivo il ruolo di donna e di mamma. Sono una sognatrice nata, da piccola cantavo e ballavo, mi ha spinta l’ambizione a muovere qualche passo nel campo della moda e dello spettacolo.

Una caparbietà che ti ha portata sul piccolo schermo. Ho effettuato comparse sulle principali reti tv nazionali, ho avuto numerose proposte ma ho dovuto

tener conto del mio ruolo di imprenditrice e della necessità di gestire le mie attività commerciali. Per mancanza di tempo, qualche occasione non si è realizzata. Oggi però affianco al mio lavoro nel campo delle vendite, tante esperienze che mi permettono di realizzarmi artisticamente. Sono una fotomodella e a breve avrò una parte in un film diretto da Nicola Palmese. Un ruolo che mi sono guadagnata anche grazie alle fasce vinte ai

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L’INTERVISTA

concorsi e alla mia innata vocazione a mettermi in gioco.

Diciamo che il tuo personaggio non passa inosservato.

Utilizzo in tal senso moltissimo i social network che uso per veicolare alle giovani generazioni la necessità di amarsi ogni giorno e di sfruttare sempre le loro capacità e qualità. Sono ambiziosa e voglio sempre il meglio per me: vado oltre il giudizio della gente, non mi fermo alle prime critiche perché so il mio valore e lo sa bene anche chi crede in me.

Insomma, vuoi continuare a toglierti soddisfazioni.

Voglio arrivare fin dove la vita me lo permetterà, di certo so bene che il mondo dello spettacolo, della moda e della fotografia è quello che sento mio più di ogni altro. Mi sento portata, ci metto

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tutto l’impegno possibile. Ecco perché ho scelto di diventare istruttrice di portamento per chi vuole provare a muovere i primi passi in questo mondo. Insegno alle ragazze a sfilare, ad aprirsi, ad esprimersi e ad avere autostima. Nel mentre continuo la mia carriera con video clip, animazione e dj per alcuni eventi. D’altronde il ballo e il canto sono i miei hobby che uniscono la mia vena artistica alla voglia di divertirsi!

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