il libro possibile edizione del 14_luglio_2012

Page 1

edizione del 14 luglio 2012

daily magazine

PUNSET: Ha ispirato il tema di questa undicesima edizione del festival. Eduardo Punset, autore spagnolo di ‘Viaggio nell’ottimismo’ ha spiegato al pubblico di piazza san benedetto qual è la ricetta della felicità. Un momento di riflessione e spunti di verismo per non lasciarsi trascinare giù dalla frenesia di questo secolo.

pagina 2 SGARBI: MSi divide in due il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. Prima si emoziona ricordando il vescovo scomodo don Tonino Bello dal palco di piazza san Benedetto, poi interviene con Laura Boldrini e Nicola Fratoianni alla presentazione del libro di Vittorio Longhi sulle tematiche migratorie (e non solo). Ed è sempre un tripudio per il bel parlare del governatore.

pagina 4

L’ottimismo di Eduardo Punset è contagioso. Forse perché se ne sente davvero il bisogno, ma la presenza dello spagnolo da’ un calcio alle elucubrazioni per una buona oretta e apre la terza serata del festival. Luca Telese fa ricredere chi lo inquadrava nella categoria degli ‘antipatici a tutti i costi’ e si lancia in un racconto delle vicende professionali che fa sorridere come e più delle domande sarcastiche di Dario Vergassola. Il pubblico apprezza e premia gli ospiti nel solo modo che può: rimanere incollato alla sedia fino a notte inoltrata. Le più belle soddisfazioni. Oggi, invece, il festival chiuderà i battenti con uno sguardo già sul futuro, sul bilancio della 11^ edizione, sul come fare di più. Intanto ci si prepara per offrire al pubblico l’ultimo spazio aperto di confronto. L’ultimo saluto alla città con i grandi nomi del giornalismo, della tv, della canzone italiana e di tanto altro: Federico Rampini, Mario Sechi, Mario Giordano, Serena Dandini, Pupo, Aldo Forbice, i finalisti del premio strega, Enrico Deaglio. La prossima edizione è già dietro l’angolo. Grazie a tutti


daily magazine 14 luglio 2012 pagina 2

Volete essere più felici, positivi e ottimisti? Comprate il libro di Eduardo Punset «Con la nostra esperienza individuale possiamo uscire dalla crisi economica e cambiare il mondo». È questo il messaggio di speranza di Eduardo Punset, avvocato, economista e divulgatore scientifico spagnolo. Il settantasettenne catalano ha scritto un libro che già nel titolo punta a ridare fiducia agli uomini. “Viaggio nell’ottimismo” non è un saggio economico né scientifico, ma una ricetta, quella della felicità. Il meglio che si possa desiderare nella vita. Ed è per questo che gli organizzatori del festival hanno avuto una vera folgorazione ispirandosi al testo per intitolare la rassegna a questi sentimenti così positivi e universali. «Ci descrivono la crisi come una questione planetaria – ha spiegato Punset – ma sarebbe tale se avessimo contratto debiti con Plutone o con Giove e questo è praticamente assurdo». Sorride il professore, poi si alza e raggiunge la parte anteriore del palco, come per voler parlare al pubblico da più vicino, come per guardare tutti negli occhi, e riprende. «Il primo passo da fare per poter superare gli attuali problemi economici

è capire che riguardano Paesi specifici». Per Punset l’attuale crisi è temporanea e risolvibile. «Non dimentichiamoci che viviamo in un’epoca d’oro – spiega – tutte le epoche del passato erano piene di guerre, adesso ce ne sono meno. Prima c’era meno comunicazione tra le persone, adesso con tutti i nuovi apparecchi tecnologici non comunicare è impossibile». Punset spiega come al momento le condizioni di vita umana siano migliorate rispetto a 70 anni fa: l’aspettativa di vita si allunga di due anni e mezzo ogni dieci anni». In proposito racconta un esperimento fatto tramite l’osservazione di cuccioli di topo. Si è constatato che gli animali che fin da piccoli erano sempre stati amorevolmente accuditi dalla mamma vivevano in media molto di più di quelli che avevano avuto un’infanzia difficile. In pratica questo ha permesso di capire quanto le emozioni siano importanti a livello cerebrale e quanto le esperienze personali dirette possano influire sulla struttura genetica del cervello. «Una scoperta magnifica» ha esclamato Punset. A sostegno di questa tesi,

Punset: ‘Viaggio nell’ottimismo’ è una delle tante possibili ricette della felicità che l’autore spagnolo suggerisce al pubblico polignanese: “basta ricordarsi che viviamo in un’epoca d’oro, adesso tutto è più vicino”.


www.eduardpunset.es

Visita il sito www.marcotropeaeditore.it per avere informazioni esclusive sugli autori

IS

BN

8 8-

0 02 ,6 5816 8-5

97

j

25

-3

smo.indd 1

Eduardo Punset Viaggio nell’ottimismo

l’autore racconta alla piazza di più piccola nel cervello. un’altra scoperta, fatta da una Quindi si può insegnare scienziata inglese: «I tassisti di l’ottimismo ai giovani? Eduardo Punset è nato nel 1936 a Barcel“In Viaggio nell’ottimismo l’autore dimostra, lona. Avvocato ed economista, ha ricoperLondra hanno l’ippocampo, la scientifi attraverso argomentazioni che abbiamo Per che, l’economista sì. Ma to un ruolo di primo piano nell’apertura buoni motivi per essere ottimisti: l’umanità ha le risorse della Spagna all’Europa come ministro delparte del cervello per dedicata alla serve una riforma edule Relazioni con la Comunità europea. Ha superare la crisi nefasta che ci sta soggiogando.” contri buito alla creazione dello Stato aumemoria, più grande della metonomistico spagnolo ed è stato presidente cativa. Dobbiamo dare El Mundo della delegazione del parlamento europeo in Polonia, per la tutela del processo tradia dei dicittadini inglesi. Perché? a tutti quei ragazzi che sformazione economica dei paesi dell’Est “Punset ha ricevuto decine di premi per il suo lavoro dopo la caduta del Muro. È stato presiden- hanno passato due Semplice, di giornalista divulgatore ed sono è lo scrittore spagnolo disoccupati nei note della Enher energia, vicediret tore genedi non fiction di maggior successo degli ultimi dieci anni: rale degli Studi Economici e Finanziari delanni a studiare per il test della stri loPaesi gli strumenti la Banca ispanoamericana e collaboratore più di un milione di copie vendute dimostrano.” del FMI. Ha lavorato come giornalista ecoleer licenza. modificare la per trovarsi Quéun nomico per la Bbc e per The Economist ePossiamo ha lavoro, insegnato in diversi istituti universitari. Da quindici anni dirige e nostra presenta in Spagna il mente». dobbiamo insegnare loro popolare programma televisivo Redes, ed è uno dei più amati autori di testi di divula usare tutti quei nuovi Inoltre il cervello è una macchigazione scientifica. In Italia Marco Tropea Editore ha pubblicato L’anima è nel cervello e Perché siamo come siamo. na strana il cui funzionamento media che tanto li affaè ancora per gran parte scono- scinano in maniera colsciuto. Secondo l’autore proprio laborativa e non compenella parte inconscia, che tanto titiva. spazio occupa della nostra te- Volete essere più felici, sta, risiede l’intuito. Ed è proprio positivi e ottimisti? Coml’intuito che ci aiuta a prendere il prate il libro di Eduardo 90% delle nostre decisioni quoti- Punset. o diane, forse anche le più azzec- • Aurora Santangelo cate. La pur utilissima coscienza occupa una parte di gran lunga

Eduardo Punset

L’autore di L’anima è nel cervello

Viaggio nell’ottimismo Le chiavi del futuro

L’attuale crisi econ tutto nero e a inter come sarà il nostr alle notizie poco co affollano giornali, lasciarsi andare a libro, però, Eduard ne i luoghi comuni in maniera scientifi pensare al futuro c non è planetaria e n dimostra il fatto ch un’ottica veramen paesi che si sono i verso la crescita. “ peggiore e non c’è migliore.” Questo set ci invita a rifle i costanti progress di essere ottimisti pensare ai passi av fanno sì che la sp due anni e mezzo campo tecnologico tranquillamente co all’altro capo del m cognitivo legati all work, che ci arricc tali”, uno dei motor sviluppo evolutivo esempi presentati Impariamo allora vivere meglio e più


daily magazine 14 luglio 2012 pagina 4

Luca Telese: fa ‘campagna acquisti’ per il suo prossimo progetto editoriale e fa ridere quasi più di Dario Vergassola quando ricorda le manfrine dei politici. A loro insaputa «Dentro la passione delle persone c’è la speranza che può salvare l’Italia». Luca Telese , al ‘Il libro possibile’ per parlare del suo Gioventù, amore e rabbia, si anima quando parla di Pubblico, il nuovo quotidiano che vedrà la luce il 18 settembre e che nasce dalla sua diaspora dal ‘Fatto quotidiano’, consumata appena un mese fa. E a Travaglio, che ormai a distanza lo accusa di voler fare del “giornalismo costruttivo” risponde: «Prendere a schiaffi il cattivo non può bastare, chi l’ha detto che scrivendo non possiamo costruire e non possiamo cambiare la vita delle persone?» Ma le inevitabili domande impertinenti di Dario Vergassola sulla sua esperienza al Fatto («Un’esperienza bellissima, abbiamo fatto ciò che ci sembrava giusto ed è andata bene, sono ancora ine-

briato da quell’esperienza e mi dispiace che Travaglio parli di me dicendo che preferisce ricordarmi da vivo») fanno solo da contorno al racconto di un libro che, come introdotto dal rettore dell’Università di Bari Corrado Petrocelli, è un libro di viaggio che narra soprattutto dell’esigenza disperata e prepotente di cambiamento che Telese ha incontrato sulla sua strada negli ultimi tre anni, battendo in lungo e in largo un Paese come il nostro, profondamente segnato dalle diseguaglianze. Un viaggio fatto vestendo i panni privilegiati del cronista («Un curioso al servizio degli altri»), in quella che Telese definisce l’Italia del coraggio: quella fatta di persone normali che di fronte alla scelta se arrendersi oppure no, non si sono mai arrese. «Sono andato a Mirafiori nei

giorni in cui si votava il referendum sul nuovo contratto proposto da Marchionne» si infiamma Telese. «Era iniziato tutto a Termini Imerese, poi il nuovo contratto era risalito fino a Pomigliano. Sembrava si fermasse lì, era il “contratto per il terrone” – ricorda – e nessun partito di sinistra aveva protestato più di tanto. Poi è salito sempre più su fino a Mirafiori. Mi ricorda quel passo di Brecht quando diceva “Prima vennero per i comunisti e io non alzai la voce perché non ero un comunista... Poi vennero per gli ebrei e io non alzai la voce perché non ero un ebreo. Poi vennero per me e allora non era rimasto nessuno ad alzare la voce per me”. È andata proprio così con i diritti dei lavoratori in Italia: Giuseppe Di Vittorio diceva che non bisognava levarsi il cappello davanti al

Telese: Dalle esperienze giornalistiche ai nuovi orizzonti della informazione. Dagli aneddoti divertenti sulle prese in giro dei potenti al ‘potere’ di chi ha la penna in mano. “Sbagliare ti fa apprezzare dalla gente quando ci metti coraggio: questo solo conta”


e

he z-

e

al hi

i re

padrone, e i 10 minuti di pausa tolti nel contratto di Marchionne erano proprio quel cappello». Il giornalista, ex militante della Figc e cresciuto alla Frattocchie parla di sinistra («L’esistenza di due sinistre, quella arcaica e quella degli affari sono il nostro dramma: come due botteghe che si fanno la guerra e perdono clienti, diceva Bertinotti») e ricorda Berlinguer («La sinistra italiana è cresciuta con lui quando era in braghe di tela e ha passato gli ultimi 30 anni, quelli dopo la sua morte, a parlarne male: hanno il complesso di uccidere il padre e sanno di non aver realizzato niente dall’84 a oggi»). Poi aneddoti su annedoti: di quella volta che lo chiamò Scajola, stanco di essere citato negli incisi di ogni suo articolo per la storia della casa vista Colosseo…a sua insaputa; della cacciata da Radio 24 - dove conduceva La Zanzara insieme

a Cruciani – per avere dato della cretina alla Marcegaglia, allora presidente di Confindustria e editore della radio; della lite con Luisella Costamagna, sua ex partner nella trasmissione de La 7 “In onda”. Poi immancabile il giudizio su Grillo, pomo della discordia della sua uscita dal Fatto è stato proprio il titolo “Parmacotti” per la vittoria del candidato grillino a Parma nel ballottaggio delle amministrative). «Grillo - dice - non è per me: chi lo vuole provare lo provi, ma se vogliamo affidare il nostro Paese a uno come lui vuol dire che siamo alla canna del gas». Infine l’appello per la sua nuova creatura: «Per far partire Pubblico servono 8mila lettori: quando ci metti coraggio in quello che fai, magari sbagli, ma la gente ti apprezza e alla fine ti aiuta». • Annalisa Laselva


daily magazine 14 luglio 2012 pagina 6

I ponti di don Tonino Bello per costruire l’‘ulteriorità’ di Nichi Vendola Il presidente della Regione Puglia racconta con emozione un vescovo scomodo Doveva essere una lettura del libro su Don Tonino Bello. Per un disguido, il libro non c’era ed è diventato un monologo del presidente della Regione Puglia Nichi Vendola sul vescovo pugliese. Forse meglio così. La stretta conoscenza tra Don Tonino Bello e Vendola si è notata in tutta l’esposizione del presidente, fatta in piedi e con la sua solita verve e capacità di coinvolgimento. Chi è stato Don Tonino Bello? Prima parroco di Tricase (Le) poi vescovo delle diocesi di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi. Vendola lo definisce «un profeta scomodo a molti». Attento ai poveri e agli emarginati più che alle istituzione cristiane e non, quando divenne vescovo si fece subito notare per essere un diverso. «Prima che Don Tonino si insediasse nell’episcopio di Molfetta, noi bambini guardavamo a quel luogo come un castello feudale inaccessibile» ricorda Vendola. «Appena arrivato lui – continua a raccontare il governatore pugliese - riservò per sé solo due stanze. Il resto dell’episcopio accolse famiglie bisognose e sfrattati». Più che nella sua torre d’avorio, girava con un’auto vecchia lungo i marciapiedi per aiu-

tare barboni e alcolizzati. Eccessivo buonismo? Lui si incazzava quando veniva accusato di buonismo: per Don Tonino era solo il Vangelo». Fin qui Don Tonino si può definire cattolico, caritatevole. Potrebbe sembrare che le parole del presidente siano troppo di parte, quasi scontate rivolte ad un uomo di chiesa o forse un’adulazione per un vecchio amico. Ma la retorica di Vendola questa volta non è eccessiva. Ed il pubblico che sempre più affolla piazza San Benedetto lo capisce. Applausi ad ogni piccola pausa del monologo. Un uomo, prima che un vescovo. Vendola racconta del primo incontro. Trent’anni fa. «Fu un incontro strano. Lo guardavo come si guarda un nemico. All’epoca mi sentivo tradito dalla Chiesa e volevo smascherare quell’uomo che sembrava troppo bravo per essere vero. Provai a provocarlo. Lui mi disse che le parole devono essere ponti, no scontri. Da quel momento non ci separammo più». Don Tonino è stato in tutto per tutto un uomo. Fino alla fine quando fu colpito dal cancro. Vendola ricorda a memoria una frase esplicativa non del vescovo, ma dell’essere umano: «Dio mio, perché mi hai abbando-

nato». Una malattia lunga e dolorosa che lui ha definito «una cattedra di dolore». La debolezza, però, non ha soppiantato la sua missione. Nel 1992 Vendola ricorda la marcia che Don Tonino mise in piedi verso Sarajevo. La città era assediata dalla guerra civile. Lui e altri 500 uomini partirono da Ancona con pochi mezzi per andare a pregare nella chiesa di Sarajevo. «L’omelia pronunciata in quell’occasione resta memorabile, una delle opere più belle tra gli scritti di Don Tonino». È morto in ospedale Don Tonino. «L’ho visto lì l’ultima volta. Abbiamo parlato di tutto. Poi gli ho chiesto. Cos’è Dio? Ulteriorità, la sua risposta». Scattano gli applausi del pubblico. Molti sono in piedi. Meglio di una lettura, Vendola ha cercato in cinquanta minuti di rendere al meglio, con aneddoti e racconti di vita, la figura di uomo “contemplattivo”, che univa la religiosità della sua vocazione all’attivismo per la comunità. • Valentina Ninno


daily magazine 14 luglio 2012 pagina 7

Lavoro e sfruttamento è l’altro lato della migrazione, lo specchio dei nostri tempi Vittorio Longhi, Nichi Vendola, Laura Boldrini e Nicola Fratoianni segnano il passo sulla questione Migrazione e sfruttamento. Due concetti che hanno un significato molto forte, tanto da soli quanto se li si accosta. In piazza dell’Orologio a Polignano Vittorio Longhi presenta il suo libro “La rivolta dei migranti”. Commentato e discusso dall’assessore alle Politiche Giovanili Nicola Fratoianni, Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e dal presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. Il libro è un’inchiesta che racconta una doppia storia: da un lato c’è il dramma dello sfruttamento di molti uomini e donne che emigrano dal loro Paese, dall’altro la speranza e la possibilità di un riscatto. Cos’è la migrazione? È un fenomeno ormai globale. «I migranti sono persone che vorrebbero stare a casa propria, ma non possono - spiega Laura Boldrini -, con le loro scelte i migranti sono uno specchio dei nostri tempi. La signora che mi aiuta nei lavori domestici è una migrante. Senza lei io non potrei dedicarmi totalmente alla mia carriera». I migranti, però, sono le stesse persone che vengono accusate di voler rubare il lavoro altrui. «I Paesi sviluppati hanno bisogno del lavoro dei migranti» aggiunge

Nicola Fratoianni. «Prima della migrazione c’è la povertà - dice Vendola -, i poveri non sono tali per loro volere, non sono autori, ma vittime. Allo stesso modo i migranti. Nessuno sceglie di attraversare Paesi da clandestino, nessuno sceglie di propria volontà di rischiare la vita per andar via senza nessuna certezza». I migranti sono sempre stati un capro espiatorio. Prima ci sono stati gli africani, poi gli albanesi, gli slavi. Esemplari i casi di razzismo contro ebrei durante il nazismo e i Rom. Nessuno si professa razzista. Vendola racconta che un giorno, mentre era in macchina con amici fermo ad un semaforo, uno di questi esclamò: «Io non sono razzista, ma i polacchi proprio non li sopporto». Chi non è razzista alla stessa maniera? Vittorio Longhi ricorda come la Puglia sia uno dei nodi principali attraversato dalle migrazioni. «Non è un libro sulla migrazione scritto con paternalismo- conclude Longhi - ma un libro che parla di lavoro, di sfruttamento, di cui la migrazione è solo una delle sue declinazioni». • Valentina Ninno


0759_bmw_s3_tattica_190euro_210x297_magnifica.indd 1

12/07/12 12:05


2 12:05

La buona politica raccontata da Pino Pisicchio diventa rimedio per l’antipolitica «L’antipolitica è un sentimento controverso solo oggi molto conosciuto, ma in realtà esiste da molto tempo». Esordisce così Pino Pisicchio, politico e professore sul palco del “Il libro possibile”. Più che rispondere alle domande di Leo Lestingi, il coratino spiega e rende comprensibile il difficile tema che ha affrontato in “Alle origini della politica. Sentimento antipolitico,democrazia e Costituzione”. Certo non è cosa semplice analizzare le cause di quel sentire di una parte della società che di colpo, o così pare, inizia a opporsi alle istituzioni, non le accetta, le rifiuta e pretende cambiamenti. Ci aiuta Pisicchio a capire da dove nasce quel sentire, spiegandoci come già in epoca romana esisteva una strana legge, lo ius murmurandi, che permetteva al servo della gleba

di lamentarsi delle tasse e dell’operato delle istituzioni dell’epoca, purché lo facesse coi suoi parigrado. Insomma un contadino poteva tranquillamente lamentarsi con un altro contadino purché niente arrivasse all’orecchio dei senatori romani. Una legge antipolitica, un ossimoro concettuale! «Anche Mussolini era un antipolitico – ricorda Pisicchio – usava spesso definire le aule governative sorde e grigie. Oggi l’antipolitica è quella di Beppe Grillo o di Antonio Di Pietro. Eppure io sono convito che dal momento che si ricevono voti elettorali si diventa politici, altro che anti». Il rifiuto delle istituzioni arriva sempre in un momento di forte rottura tra i rappresentanti e i cittadini. «Bisognerebbe evitare di utilizzare il termine antipolitica come un refrain. È una parola ipnotica di cui tutti c’inna-

moriamo dopo averla ascoltata e iniziamo a ripeterla», spiega l’onorevole. Eppure ci deve essere qualcosa che riporti equilibrio. Per il professore la chiave di lettura è il cambiamento. Un ricambio generazionale e ideologico, ma soprattutto il cambiamento della legge elettorale. «Ma cosa ci si voleva aspettare da una legge che si chiama Porcellum? Lo dice stesso la parola. Prima o poi i politici saranno costretti a realizzare e approvare una legge elettorale decente, che dia davvero ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti e – aggiunge – è necessario che si formi una classe dirigente preparata. Sarà banale, ma l’antipolitica si cura con la buona politica». • Aurora Santangelo


daily magazine 14 luglio 2012 pagina 10

DONATELLA DEI 5 MARI

Le 100 perle d’Italia e di Linea Blu secondo Donatella Bianchi “Ho cresciuto i miei figli raccontando che ogni volta sarebbe stato l’ultimo anno alla trasmissione Linea Blu. Ho saltato giocoforza la festa di cresima di mia figlia Federica e un compleanno di mio figlio Pierluca e invece anche nel 2012 in video come sempre a raccontare la Bella Italia sul mare il sabato” . Così la giornalista Donatella Bianchi presente al Libro possibile con “Le 100 perle del mare Italiano”edito da Rai Eri Rizzoli che dopo 19 anni alla guida del timone di Linea Blu, nonostante i migliori propositi non riesce proprio a staccarsene. D. Un viaggio di 8000 km lungo le coste della Penisola e

100 boe della bellezza da individuare. Compito imbarazzante? “La scelta non è stata facile perché sono tanti i fondali, le spiagge incontaminate, le isole misteriose e i borghi ricchi di storia e traboccanti di leggenda che avrebbero meritato di far parte di questo viaggio fantastico e che per sola ragione di spazio non vi trovano posto.” D. Qual è il merito di Linea Blu? – “E’ stato il primo prodotto completamente made in Rai.

Un format vincente e apprezzato, prima trasmissione a parlare di mare, quasi un controsenso con 8000 km. di coste.” D. I telespettatori ti hanno vista a bordo di jet militari, della portaerei Garibaldi, di elicotteri, motovedette della Guardia Costiera ma anche a posar nasse su semplici gozzi di pescatori calabresi e in immersioni con Ara. Sprezzo del pericolo o incoscienza? “Non mi sono data una risposta. Di certo, quando mi sono trovata in balia delle onde a bordo di un traballante peschereccio nel mare di Calabria in compagnia dell’ l’unico comandante che avesse accettato di

uscire dal porto con quel mare, incuranti dei ripetuti inviti della motovedetta d’appoggio della Marina a desistere, ho riflettuto e ho preso coscienza che non era un’esperienza da ripetere.” D. Conduttrice televisiva e radiofonica, scrittrice una prima volta con “Storie di Mare” editore Aliberti, insignita del titolo di commendatore dell’ordine al merito della Repubblica nel 2010 dal presidente Napolitano ma il tuo esordio sul piccolo schermo risale ai 15 anni. – “Si alla trasmissione “Domenica In” condotta dal mitico Corrado Mantoni.” D. Tralasci qualcosa? Voglia-

mo parlare di un certo disco 45 giri? “Immagino ti riferisca al singolo “Mira Mira l’Olandesina” inciso per la Warner Bros Italia, come testimonial della Mira Lanza. E’ stato tanto tempo fa ormai.” D. 19 anni di esperienze di mare e umane riportate nel tuo libro non sono pochi. Cosa è rimasto? – Ho conosciuto tanta gente di mare, persone semplici, militari, atleti, tante figure che con il mare hanno un rapporto speciale. Tra i tanti ricordo Enzo Maiorca, Umberto Pellizzari, Raimondo Bucher ma anche anonimi apneisti e semplici operatori di pesca siciliani a caccia di pesce spada. Volti, storie umane di quotidiana fatica e pericolo, tutti con un pathos speciale per l’elemento blu, un’emozione che ti porti dentro nonostante il trascorrere degli anni e che ne rafforzano il legame , un legame assai difficile da spezzare.” • Mario Valentino



I! O N N O C I T IR T R E IV D A I N IE V

5€ DI SCONTO*

* Buono sconto per i due parchi sui prodotti Marte e Anselmi Sconto 5 € valido nei giorni feriali, sconto 3€ per i festivi ed Agosto

Info su www.fattoriechiarappa.it


daily magazine 14 luglio 2012 pagina 13

la vita batte come un Role’x

La storia dello scippatore Casimiro detto Rolèx, metafora di Napoli dalla penna di Franco Di Mare.

Spyros, cuoco per emozione

Il vincitore dei MasterChef Italia, Spyros Theodoridis, ha presentato la sua raccolta di aneddoti e ricette prima, durante e dopo MasterChef. Nato ad Atene, coltiva la passione per la recitazione diplomandosi alla scuola superiore di Arte Drammatica lavorando in tv, teatro e cinema. A 12 anni, tuttavia, si avvicina al mondo culinario a causa della “monotonia” dei piatti cucinati dalla madre e dalla nonna. Dopo esser stato proclamato primo vincitore di MasterChef Italia, pubblica “Spyros Cuoco per emozione”. Una raccolta di ricette accompagnata da aneddoti che giustificano la scelta dello stesso piatto. Il libro è diviso in tre parti: il “Prima MasterChef”, in cui inserisce alcune sue foto che lo ritraggono da bambino

mentre cucina a casa della nonna; il “Durante MasterChef” con foto e ricette dal set televisivo, e l’ultima parte “Dopo MasterChef” con foto del backstage della preparazione del libro. Ogni ricetta è accompagnata anche dagli “Appunti di Spyros”, segreti che accompagneranno i lettori alla preparazione dei piatti consigliati dal noto cuoco. «Nel libro ho voluto accompagnare ogni ricetta con una piccola storia per far capire ai lettori da cosa nasce la ricetta, come l’ho creata, e dunque trasmettendo alla gente il mio pensiero -ha esordito Spyros-, penso che la cucina italiana sia veramente la migliore, non a caso è la più famosa al modo. Dal sud al nord dell’Italia puoi scoprire nuovi sapori, tra antipasti, primi e secondi hai la possibilità di giocare con i sapori e con i palati di chi assaggia le tue creazioni». Spyros conclude rivelandoci che nei prossimi piani ci sarà sicuramente l’apertura di un suo ristorante, sfruttando modestia e passione, tratti fondamentali del suo carattere. • Francesco Giancola

Dopo “Non chiedere perché” e il “Cecchino e la Bambina”, volo pindarico del reporter di guerra e conduttore televisivo Franco Di Mare, arriva il suo romanzo “Casimiro Rolèx” (Cairo Editore), un racconto ambientato a Napoli in cui il protagonista è Casimiro Loconte, soprannominato Casimiro Rolèx – pronunciato alla napoletana rigorosamente con l’accento sulla “è -, per la propensione a collezionare orologi della famosa marca svizzera, hobby diventato col tempo un lavoro. D. Che tipo di lavoro Franco? Casimiro, gli orologi non li vende e non li compra: li scippa! D. Chi è Casimiro Rolèx? Un anonimo senza qualità. Un napoletano che sta al guado, che non sta da nessuna parte; uno dei tanti che si arrabatta. Quasi lo specchio di Napoli, metafora di una città che è stata e non vorremmo che fosse. D. La seconda di copertina pone da domanda amletica su che cosa divide il Bene e il Male. E’ il filo invisibile sul quale si inciampa e fa cambiare il destino. Una trappola vestita dalla tentazione di farla franca, superata indenne la prima volta. Quasi per gioco si comincia e alla fine ci si brucia con la stessa facilità. Un tema at-

tualissimo in molte regioni del nostro Meridione. D. Il canovaccio narrativo scorre veloce proprio come la vita e la moto di Casimiro Rolèx che scorazza indisturbato sulla Riviera di Chiaia e in Via Càvour alla ricerca di polsi milionari da scippare; la lettura è gustosa come la sfogliatella di “Pintauro” ma il finale è amaro al pari di una limonata senza zucchero sorseggiata a Mergellina? Casimiro non è con i signori né con i camorristi, e non è neppure uomo di “panza” come dicono in Sicilia. Figlio di una città difficile, con moglie a carico e voglia di vivere agiatamente, tormentato dalla vista del boss Tonino ‘O Zar che gira in Mercedes e bionda russa al fianco senza averne i numeri, il Rolèx può diventare la corda del destino e del fatalismo che si attorciglia alla gola del protagonista travolgendolo in una situazione apparentemente senza uscita. Dico apparente perché Il finale tuttavia è volutamente aperto ad ogni soluzione e tocca alla fantasia e alla sensibilità del lettore decidere come chiudere la storia di Casimiro Loconte, alias Casimiro Rolèx. • Mario Valentino


Tornare alla lira? Non se ne parla nemmeno Viesti, Laureti e Cellino ne discutono durante la tavola di economia in piazza Carime Cosa è successo in questi ultimi 13 anni, poco prima dell’ingresso dell’euro ? Lo chiede Max Cellino, giornalista del ‘Il Sole – 24 Ore’ a due professionisti del settore: il docente di Economia Politica alla Lum Jean Monnet di Casamassima Lucio Laureti e Gianfranco Viesti, presidente della Fiera del

Levante di Bari. “Abbiamo perso le occasioni - la risposta unanime degli economisti, - ma non è la crisi economica, la causa del mancato sviluppo. Le imprese italiane hanno grosse difficoltà a stare al passo

Ceramiche

di quelle europee. Troppa burocrazia che impedisce la crescita. Basti pensare alle infrastrutture: in questi ultimi quarant’anni le strade, per esempio, sono aumentate del 1,5% contro una percentuale tre volte tanto nella sola Spagna”. Pensare di tornare alla lira, argomento del dibattito in Piazza Carime, è improponibile. La vecchia moneta sarebbe fortemente inflazionata, l’estero non avrebbe alcun interesse a realizzare business con l’Italia. Il mercato finanziario necessita di un intervento politico a livello europeo, serio. La Lum in proposito sta facendo uno studio scientifico per dimostrare l’indipendenza degli andamenti finanziari dai fondamentali macroeconomici. Le agenzie di rating non sono affidabili. I mercati finanziari seguono un’altra logica, sottolinea Laureti, non quella della produzione o dell’occupazione, ma seguono delle logiche rialziste o ribassiste regolate da algoritmi di computer. A maggior ragione le informazioni delle agenzie di rating devono essere prese con distacco. • Cinzia Rizzi

Arredo bagno

Via G. Carducci, 19-19/A

Monopoli (Ba)

Un invito a fermarsi contro l’inesorabile fuga del tempo e l’inconsistenza dello spazio. «Il tempo e lo spazio sono coordinate che incrociamo ogni giorno. Ma cosa sono? Si possono evitare? E si può non pensarli come qualcosa che ci schiavizza?» Sono questi gli interrogativi che Padre Donato Ogliari, abate dell’abbazia Madonna della Scala di Noci, tenta di risolvere nel suo libro “Tempo e spazio. Alla scuola di san Benedetto”. È proprio alla regola del fondatore dell’ordine benedettino che padre Ogliari si ispira, proponendo un parallelismo continuo tra la frenetica vita contemporanea e la tranquillità spirituale teorizzata da san Benedetto. I due piani affrontano proprio le diverse concezioni di spazio e tempo. «Il tempo è tiranno, non ci basta mai» ripetiamo noi quasi ogni giorno. «Il tempo deve essere un perfetto alleato - ha detto padre Ogliari- : san Benedetto propone di vivere il tempo secondo

una prospettiva che va oltre il tempo». Il contrasto tra i due modelli è evidente. Lo stesso padre Ogliari dice che è impossibile tornare ai ritmi di una volta, ancor di più se ci riferiamo al contesto in cui si è sviluppata la regola benedettina. Lo spazio, invece, è uno spartiacque molto più elevato, quindi percepibile facilmente, senza riflessioni. Nella “società” c’è uno spazio unicamente materiale. Al contrario, nel convento, esso è determinante sia per valorizzare il tempo sia per la spiritualità. È ricco di allusioni simboliche, di cui padre Ogliari ha spiegato solo alcune al pubblico interessato: «Il chiostro è un luogo molto importante ha concluso l’autore -, non è quella semplice zona di passaggio come si può pensare che sia. Innanzitutto è quadrato perché il numero quattro rappresenta l’uomo. • Giovanni Schena

Supplemento al numero 26 anno 7 del 6 luglio 2012 di

registrazione al tribunale di Bari n. 23 del 03/04/2006

direttore editoriale: Gianfranco Schiavone t. 02 303 127 503 / f. 02 700 599 78 t. 080 495 47 61 / f. 080 214 04 99 www.cineazioni.com / info@cineazioni.com

Termosanitari e condizionamento

www.carrieri.it

3.000 mq di esposizione


daily magazine 14 luglio 2012 pagina 15

La contraddizione non è esiste in amore: è solo il mondo di sensazioni che si ha dentro

Il ‘non luogo’ di Nada che cura le ferite e fa apprezzare il silenzio dell’anima «Un’isola felice in un mare in tempesta: questo è per me la grande casa». Nada Malanima, per tutti Nada, la voce di “Un angelo caduto dal cielo” e di “Ma che freddo fa”, ha una mearvigliosa luce negli occhi mentre parla al pubblico del ‘ Il Libro Possibile’ del suo “La grande casa”. Ma cos’è la grande casa? È un non luogo che diventa lo snodo delle vite di personaggi, ognuno dei quali ha bisogno di un angolo per vivere la tragedia che si porta dentro. Quella tragedia che nella vita di ogni giorno, con le sue regole, nessuno di noi si permette di vivere apertamante «perché è il mondo che non vuole veder il tuo dolore e ti impone di indossare una maschera». Ma quel dolore ha bisogno di venire fuori e allora ecco: c’è la grande casa. Un posto avvolto nel silenzio, dove svuotarsi nella solitudine per ritrovarsi più forti di prima. Non un rifuito dell’altro da sé, ma un modo per tornare gli altri migliori di prima ed

essere loro di aiuto. Siamo nel 2054 («Un modo per poter parlare dell’oggi al passato»). Al centro della vita della casa tre donne: Elke, Gemma ed Emilia. Ognuna ha un dolore da curare, un’anima da far guarire al riparo dal mondo, che scorre fuori terribile tra catastrofi, guerre, malattie e tutta la gamma degli orrori sotto i nostri occhi. «La natura si ribella – dice Nada – e fa male, forse dobbiamo averne più cura. E invece, nonostante tutto quello che succede intorno a noi, guerre, terrorismo e orrori di ogni tipo, continuiamo imperterriti ad andare avanti nelle nostre vite come se nulla fosse. Invece dobbiamo fermarci e ascoltarci, e per farlo serve il silenzio». Cantanti, ballerine, musicisti, pittori: sono tanti i personaggi che affollano la quiete della grande casa, ma se si chiede a Nada di citarne uno lei indica Gemma: «È proprio un angelo caduto dal cielo». • Annalisa Laselva

“Le sue poesie sono come schegge dell’anima che escono ed incontrano il lettore ” così Silvia Godelli, assessore regionale alla Cultura, definisce l’opera di Vittorio Lingiardi. “La confusione è precisa in amore” è un libricino giallo di raffinate poesie d’amore dal titolo solo apparentemente contradditorio. Parole delicate e a tratti forti, ben interpretate dall’attrice Anna Bonaiuto che durante la presentazione ne ha lette alcune. La riflessione che Silvia Godelli e l’autore hanno intrapreso si è incentrata sulla profondità di queste poesie nate dal disordine. Lingiardi ha infatti sottolineato che “quando c’è qualche tipo di disordine come il lutto, l’amore, il desiderio, il dolore c’è un’increspatura nell’andamento lineare della vita e io fermo il disordine, con la compostezza delle parole”. L’estro poetico dello psichiatra è nato già parecchi anni fa quando, negli anni ottanta, è scomparsa la mamma: le sue prime poesie appartengono a quell’epoca e “l’unico modo che avevo per consolarmi era sospendere il disordine con le parole”. Naturalmete Lingiardi non scrive solo di

dolore ma anche, soprattutto, di amore, come in questa raccolta. Sentimenti profondi tradotti in parole che spesso descrivono i piccoli gesti di uomini e donne in cui si nascondono i pensieri e le paure tipiche di tutti gli amanti. Chi riesce a trasformare i sentimenti in scrittura si occupa di anima, la scruta, e chi lo fa è un’insegnante che chiede ad un’altra persona di esserci, di dialogare, così come Lingiardi chiede al lettore di partecipare e di ricercare le proprie parole e i propri desideri. Silvia Godelli racconta il libro aggiungendo che la poesia è disordine perchè è espressione immediata di ciò che si ha dentro di sé. Un autore coraggioso che non ha timore di esporre i propri sentimenti perchè, come egli stesso afferma, “nel momento in cui si manifestano, non appartengono più allo scrittore ma a chi li legge. Il pudore più grande è stato, piuttosto fare coming out da poeta a 50 anni”. Anche la natura è un elemento portante di queste poesie perchè la natura è bellezza, esattamente come la poesia e così il cerchio si chiude. • Gabriella Reho



Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.