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Low-FODMAP: una dieta tutta da scoprire di Fabio Piccini
Low-FODMAP: una dieta tutta da scoprire
di Fabio Piccini
Il problema
Il gonfiore di pancia, quello che i medici chiamano comunemente meteorismo, non è il sintomo specifico di una particolare malattia addominale ma rappresenta piuttosto il collo di imbuto di tutta una serie di condizioni patologiche che possono andare dalle malattie della cistifellea, alle epatiti, alle gastroenteriti, alle ulcere gastriche, fino ai tumori dell’intestino. Si tratta dunque di un sintomo da non prendere mai sottogamba, che richiede al medico una diagnosi attenta, mirante ad escludere le patologie più gravi. Anche se, fortunatamente, queste sono anche le più rare.
In una percentuale ben superiore di casi è infatti presente una specifica ipersensibilità (o addirittura un’allergia) scatenata dall’assunzione di alcuni alimenti; si tratta di reazioni causate dal fatto che il sistema immunitario reagisce a una certa sostanza presente nel cibo, e che colpiscono circa una persona ogni cinquanta. Nella maggior parte dei casi, però, quando si manifesta un gonfiore addominale transitorio che consegue a un pasto, questo può non essere motivato da gravi malattie o reazioni immunologiche e spesso consiste in un disturbo funzionale che dipende da un problema digestivo. Qualcosa di tutto sommato innocuo, dunque, ma che può causare sintomi dolorosi talora invalidanti. Alzi la mano chi, a causa di un pranzo mal digerito, non si è mai ritrovato con una pancia talmente gonfia e dolorante da non riuscire a lavorare. Si tratta di un sintomo piuttosto diffuso: in media, una persona su sei (all’incirca il 15% della popolazione italiana) soffre di questo tipo di disturbi.
Ma la causa del fastidio nasce dal fatto che, quando il contenuto dell’intestino fermenta e crea gas in eccesso, si può arrivare a sperimentare gradi di gonfiore addominale tali da compromettere la normale vita del soggetto (del resto, se state leggendo questo libro, è molto probabile che siate perfettamente a conoscenza di questo problema). Le persone che soffrono di questo tipo di disturbi di solito scoprono più o meno da sole – per tentativi ed errori – che vi sono alcuni cibi che più di altri sono in grado di provocare e/o aggravare questa sintomatologia, cui spesso si aggiungono anche dolore, eruttazioni, flatulenze, alternanza di episodi di diarrea e stitichezza. Ciononostante non riescono a liberarsi completamente dei sintomi in quanto è l’associazione di alcuni alimenti tra loro a scatenare la sintomatologia piuttosto che l’assunzione di un singolo prodotto.
La scienza definisce questa serie di sintomi con l’acronimo IBS, sindrome dell’intestino irritabile, ma non ha molte armi a disposizione per sconfiggerli e così, frequentemente, i pazienti che ne soffrono finiscono per incanalarsi nella corsia delle medicine alternative sottoponendosi a test delle intolleranze alimentari, digiuni, diete di diverso tipo, terapie omotossicologiche, che possono talora dare più complicanze che non risultati. Ma come è possibile che la moderna scienza della nutrizione non sia ancora riuscita a trovare una soluzione?
La soluzione
E qui entra in gioco la dieta FODMAP (o meglio, Low-FODMAP). Che cosa significa FODMAP? È un acronimo, ovvero una parola composta dalle iniziali di altre parole: F sta per Fermentabili, O per Oligosaccaridi, D per Disaccaridi, M per Monosaccaridi, A sta per And (la congiunzione “e” in inglese), P per Polialcoli. Ed ecco formata la parola!
Fermentabili Oligosaccaridi Disaccaridi Monosaccaridi And (“e”) Polialcoli
In parole povere, i FODMAP altro non sono se non tutti quei carboidrati a catena corta che, quando, a causa di associazioni alimentari erronee, vengono assorbiti poco (o per nulla) da parte dell’intestino umano, finiscono per diventare buon cibo per alcuni batteri che lo abitano. E la fermentazione che ne risulta (con conseguente produzione di gas) è il risultato finale di questo processo.
Dunque, se si riesce a tenere bassa la quota di FODMAP assunti con la dieta, si riuscirà a diminuire o a eliminare una volta per tutte i sintomi da essi causati. Da qui il senso della parola Low-FODMAP che significa appunto “a basso contenuto di FODMAP”. È così facile… che ci si chiede perché tanta gente continui a soffrire di questi disturbi quando sarebbe così semplice liberarsene. Per sconfiggere il sintomo basta sconfiggere la causa; questa è la regola d’oro della scienza medica. E quando la causa è nota e accessibile, aggredire il sintomo diventa facile.
Le cause
In questo caso, come abbiamo appena ribadito, le cause sono due: la presenza di determinate sostanze nutrienti (carboidrati fermentabili) nella dieta di un individuo e la presenza nel suo intestino di determinati batteri che sono in grado di fermentarle (e la cui crescita viene stimolata proprio da queste). Per fortuna, entrambe queste cause sono risolvibili; ma andiamo con ordine.
Iniziamo con il riunire queste due cause in un unico concetto, affermando che il gonfiore addominale di tipo funzionale (non causato cioè da particolari patologie) deriva da una disbiosi fermentativa che può essere curata sia modificando i cibi che si assumono (grazie alla selezione ragionata degli alimenti che portiamo in tavola), sia intervenendo sulla flora batterica intestinale mediante l’assunzione mirata di specifici probiotici. Parliamo innanzitutto dei nutrienti, dato che questo è proprio il punto forte del libro che avete in mano. In seguito, vi spiegherò anche come sia possibile modificare le percentuali relative della flora batterica che co-abita il nostro intestino. Tenete presente, però, che dieta e batteri vanno di pari passo, in quanto l’una contribuisce a selezionare gli altri.
Per capire come agiscono i cibi nello scatenare i sintomi di una malattia da intestino irritabile (IBS), è necessario innanzitutto comprendere come avviene l’assorbimento intestinale dei carboidrati, che abbiamo visto essere i principali responsabili della sintomatologia in oggetto. Quando i carboidrati arrivano nell’intestino qualche ora dopo il pasto, essi vengono dapprima scissi in oligosaccaridi ad opera di alcuni enzimi e poi assorbiti grazie all’attività di tre trasportatori di membrana che sono presenti nelle cellule della mucosa intestinale e che funzionano un po’ come le pompe idrovore presenti nelle sentine delle navi. Non è importante ricordarsi i nomi di questi trasportatori (per i più curiosi essi sono: SGLT-1, GLUT-5 e GLUT-2) quanto piuttosto che i sintomi fermentativi si sviluppano quando si verifica un malassorbimento di fruttosio, galattosio e glucosio causato da anomalie del funzionamento di questi trasportatori. Quando infatti il fruttosio e gli altri oligosaccaridi – non potendo essere assorbiti – rimangono nel lume intestinale, finiscono per arrivare nel colon (l’ultimo tratto dell’intestino che precede il retto) dove vengono fermentati dalla flora batterica e danno luogo così alla produzione di idrogeno, anidride carbonica, acidi grassi a catena breve, e ad altri gas. La presenza di fruttosio nell’ultima parte del colon inoltre esercita un effetto osmotico che richiama acqua nel lume intestinale, ed ecco spiegata la diarrea.

Il razionale
Lo scopo della dieta Low-FODMAP è dunque quello di diminuire la presenza di carboidrati fermentabili nella dieta in modo da ridurre al minimo e, se possibile, eliminare del tutto il rischio di fastidiose fermentazioni. I carboidrati che la dieta Low-FODMAP si propone di limitare sono gli oligosaccaridi, i disaccaridi, i monosaccaridi e i polialcoli (quelli che compongono l’acronimo della sua denominazione).
Non è necessario spiegare qui in dettaglio che cosa corrisponda a cosa, in quanto troverete tutto ciò descritto chiaramente nel prosieguo del libro, ma tanto per avere un’idea generale è opportuno ribadire che la dieta Low-FODMAP si basa su latticini a basso contenuto di lattosio (quali brie, feta, cheddar, ecc.), alimenti a basso contenuto di galattani (no a legumi, cavoli, ecc.), alimenti a basso contenuto di fruttosio (no a uva, miele, mango, ecc.) e cereali a basso contenuto di fruttani (no a frumento e segale, per esempio, sì ad avena, mais e riso) e infine attenzione ai polialcoli (contenuti in mele, pesche nettarine, cocomeri, ecc.)1 .
Non si tratta di una dieta rigida quale quella senza glutine e anzi, dopo un iniziale periodo di rimozione di tutti i nutrienti sospetti, propone una graduale reintroduzione di alcuni di essi per verificare se e quanto essi siano sostenibili a livello intestinale.
Ma la dieta Low-FODMAP funziona? Nella mia esperienza personale e professionale, assolutamente sì, soprattutto se eseguita con la consulenza di un nutrizionista esperto. Ma consiglio di fidarsi soprattutto delle evidenze cliniche fin qui raccolte che hanno portato la dieta Low-FODMAP ad essere inclusa sia nelle linee guida australiane che in quelle britanniche.
Già dal 2008, infatti, sono stati pubblicati studi controllati in doppio cieco (un tipo di studio che costituisce il massimo livello di affidabilità di un protocollo sperimentale) in cui la dieta Low-FODMAP veniva confrontata con altri approcci alimentari o con placebo allo scopo di ottenere risultati a prova di errore, e si dimostrava efficace in oltre l’80% dei casi di IBS. E questi studi si sono moltiplicati anno dopo anno.
Il ruolo della flora batterica
Facciamo un passo indietro. Ricordate che abbiamo detto che il secondo fattore in gioco nella produzione di gas intestinali sono i batteri che fanno fermentare i carboidrati rimasti nel colon? Dal 2012, sono stati resi disponibili i dati di uno dei più importanti studi scientifici del secolo, lo Human Microbiome Project (HMP), il cui scopo era quello di investigare e classificare tutti i batteri che vivono in simbiosi con
1 Se volete una panoramica completa dei cibi che costituiscono la dieta Low-FODMAP potete scaricare la app per iPhone e smartphone Android realizzata dalla Monash University al sito: http://www.med.monash.edu.au/cecs/gastro/fodmap/iphone-app.html
il corpo umano2. Grazie al HMP oggi sappiamo che, a seconda della dieta che un individuo segue, nel suo intestino verranno nutriti (e pertanto si moltiplicheranno) determinati tipi di batteri a spese di altri. Il che significa che ciò che mangiamo contribuisce a determinare quali batteri sono presenti nel nostro intestino. L’HMP ci ha inoltre insegnato che l’uso eccessivo o inadeguato di farmaci antibiotici, come pure l’utilizzo di disinfettanti per lavare frutta e verdura, possono contribuire a modificare profondamente e per lungo tempo le famiglie di batteri che risiedono nel nostro intestino. Il che, guarda caso, può predisporre anche allo sviluppo di patologie quali l’IBS.
Pertanto, se e qualora la dieta Low-FODMAP non dovesse essere sufficiente a rimuovere del tutto i sintomi di gonfiore intestinale, oggi sappiamo che, integrandola con specifici probiotici (quali ad esempio il Lactobacillus fermentum, o il Lactobacillus plantarum), è comunque possibile raggiungere un risultato ottimale. Ecco perché è sempre utile che tale dieta venga supervisionata da un medico nutrizionista.
A chi giova
Detto questo, è il momento di chiedersi per chi sia indicato questo protocollo alimentare. L’esperienza ci insegna che la dieta Low-FODMAP, eventualmente associata alla somministrazione di probiotici mirati, è indicata per tutti coloro che soffrono di IBS, intendendosi con questo termine tutte quelle persone che ritengono di soffrire di “colite”, “colon irritabile”, “sindrome dell’intestino irritabile” e più in generale tutti coloro che soffrono di gonfiori addominali inspiegabili che insorgono in seguito ai pasti. La dieta Low-FODMAP si è dimostrata utile anche nel risolvere i sintomi di pazienti affetti da diverse patologie che abbiano subito una resezione intestinale e comunque si dimostra superiore come tollerabilità alla dieta enterale standard in tutti i casi in cui si rende necessaria una nutrizione tramite sondino (cosa piuttosto frequente nei reparti di gastroenterologia e chirurgia generale). Nella mia esperienza, infine, la dieta Low-FODMAP si è dimostrata utile in pazienti affetti da aumentata permeabilità intestinale e da SIBO, acronimo questo che identifica un’eccessiva crescita di alcune specie batteriche nell’intestino tenue.
Nonostante tutte queste indicazioni, nonostante i numerosi studi controllati che ne hanno verificato l’efficacia, e il fatto che sia stata inclusa nelle linee guida per il trattamento delle malattie intestinali da parte di diversi paesi, in Italia la dieta Low-FODMAP è praticamente sconosciuta anche tra gli “addetti ai lavori”. Come si giustifica questa incongruenza? Non so davvero spiegarvelo. Forse perché viene dagli antipodi? O perché la letteratura australiana viene poco consultata dai nostri specialisti? O forse perché fino ad oggi non esistevano in Italia saggi autorevoli che ne parlassero? Difficile dirlo, certo è che la pubblicazione di questo libro renderà impossibile d’ora in poi il fatto che possa essere ignorata.
2 Per saperne di più sui rapporti tra flora batterica intestinale, nutrizione e malattie si veda: Piccini F. Alla scoperta del microbioma umano.
KDP (http://www.amazon.it/gp/product/B00SH2GRA0).
Trucchi aggiuntivi
Abbiamo parlato dell’efficacia della dieta Low-FODMAP, ma può essere utile spendere qualche parola per spiegare cosa si fa nei rari casi in cui essa non sia sufficiente a restituire al paziente un livello accettabile di vita. Esistono infatti due o tre trucchetti ulteriori che ho appreso utilizzando la dieta Low-FODMAP nel corso degli anni e che possono trasformare un parziale insuccesso in un completo successo terapeutico. Il primo l’ho già svelato, e consiste nella somministrazione di probiotici, ma vi sono casi in cui anche questa strategia non è ancora sufficiente a ottenere un risultato accettabile, perché la flora batterica inoculata tarda a impiantarsi e a sostituire quella responsabile della fermentazione intestinale, o talora perché è presente un problema di altro tipo. Ma per fortuna ci sono ulteriori modifiche che è possibile apportare al protocollo Low-FODMAP. L’importante è introdurre ogni variazione in maniera sequenziale, onde capire esattamente dove sta il problema.
Uno di questi casi, ad esempio, è quello in cui nell’intestino sia presente un elevato livello di infiammazione che dura da lungo tempo (magari a seguito di un’aumentata permeabilità intestinale). In queste condizioni ridurre l’introduzione di alimenti ricchi di acidi grassi Omega-6 sostituendoli con alimenti ricchi di Omega-3, aggiungere altre sostanze anti-infiammatorie quali curcuma, zenzero e olio extravergine di cocco ed evitare il più possibile gli alimenti industriali pre-confezionati (da sostituirsi con alimenti freschi, locali e stagionali) può permettere di ottenere il risultato sperato già nel giro di poche settimane.
Un altro di questi casi può essere quello in cui sia presente un’intolleranza al glutine; è importante ricordare, infatti, che la dieta Low-FODMAP non è una dieta gluten-free e che, pertanto, qualora sia presente un problema del genere (quello cioè che viene definito come intolleranza al glutine non-celiaca), è necessario modificarla opportunamente rimuovendo tutti gli alimenti che la dieta concede, ma che contengono glutine, se si vuole arrivare ad ottenere un risultato soddisfacente.
Altro caso è quello in cui, pur seguendo la dieta Low-FODMAP, una persona assuma quantità eccessive di fibre (anche se rientrano nelle tipologie degli alimenti permessi); un elevato contenuto di fibre alimentari (anche provenienti da alimenti

Low-FODMAP) in presenza di fermentazione è come benzina sul fuoco. Il modo per aggirare questo problema è piuttosto semplice e consiste nel tenere basso l’apporto di fibre nelle prime settimane di dieta; una strategia questa che io consiglio come regola ogni volta che prescrivo una dieta Low-FODMAP. Può essere utile ricordare infine che, quando il paziente è di sesso femminile, bisogna sempre escludere la presenza contemporanea di un’endometriosi, un quadro infiammatorio dell’apparato riproduttivo femminile che mima spesso in maniera indistinguibile i sintomi di un IBS. L’endometriosi può essere esclusa eseguendo una semplice ecografia ginecologica transvaginale e deve essere curata da un ginecologo. Se il gonfiore addominale sperimentato dalla paziente è causato da questa patologia, non esiste dieta in grado di farlo sparire fino a che l’endometriosi non sarà stata definitivamente risolta.

Perché leggere questo libro
Questo è il primo libro italiano che descrive dettagliatamente le basi dell’unica dieta che fino ad oggi è stata validata scientificamente ed inserita nelle linee guida per il trattamento dell’IBS. È stato scritto di prima mano da coloro che hanno ideato questo protocollo alimentare e risente pertanto dell’esperienza da loro accumulata nei dodici anni di applicazione della dieta Low-FODMAP.
Mentre la prima parte del saggio spiega in maniera semplice e chiara le basi teoriche di questo approccio nutrizionale, la seconda parte è interamente dedicata all’applicazione pratica del metodo proposto.
Nella seconda parte del libro viene infatti mostrato come mettere in pratica diversi protocolli applicativi della dieta Low-FODMAP e, con abbondanza di schemi e decine di ricette, gli autori aiutano il lettore a orientarsi nella scelta degli ingredienti e nella preparazione dei piatti, dalla colazione al dessert, al menù delle feste.
Se temete di patire la fame, rassicuratevi! Non accadrà. La dieta Low-FODMAP vi permetterà di saziarvi a volontà, e vi posso assicurare che le tentazioni di esagerare non vi mancheranno, dato che non è una dieta dimagrante. Ma la cosa certa è che, sia che decidiate di mangiare poco o tanto, quel che mangerete non vi resterà sullo stomaco e forse per la prima volta dopo molti anni ritroverete finalmente il piacere di alzarvi da tavola leggeri. E senza imbarazzanti e dolorosi gonfiori addominali.