

Peter Orner La figlia del cronista mondano
romanzo

“Una meditazione appassionante sulla fragilità della memoria”
THE NEW YORK TIMES

traduzione di Riccardo Duranti


In alcune delle sue foto dell’epoca c’è un’atmosfera un po’ ambigua. Una certa vaghezza nello sguardo che permette a chiunque le guardi di inventarsi una propria fantasia su chi lei sia o possa diventare. Immagini dove il suo sguardo è quasi troppo accogliente, troppo invitante. Allo stesso tempo, forse si nasconde? Per tutta la vita, dentro e fuori dall’appartamento sulla East Lake Shore, Cookie era stata circondata da gente che era così amata, rispettata, adulata e venerata per la propria capacità di diventare altre persone. In fondo, come poteva essere una cosa così difficile?
“Una corsa selvaggia in una Chicago sull’orlo del baratro”
KIRKUS REVIEWS
“Un esperimento letterario che ripaga in pieno”
P UBLISHERS W EEKLY
“Un incantevole distillato di emozioni”
B OOKLIST
Peter Orner
La figlia del cronista mondano traduzione dall’inglese di Riccardo Duranti
dello stesso autore: Ma capita solo a me?
La seconda venuta di Mavala Shikongo
L’ultima auto sul Sagamore Bridge
ISBN 979-12-221-1081-3
Prima edizione italiana novembre 2025 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0
anno 2029 2028 2027 2026 2025
© 2025 Gallucci editore srl - Roma
Titolo originale: The Gossip Columnist’s Daughter
© 2025 Peter Orner
Questa è un’opera di fantasia. I nomi, i personaggi, i luoghi e gli eventi sono frutto dell’immaginazione dell’autore o, se reali, sono utilizzati in maniera fittizia.
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Peter Orner La figlia del cronista mondano
romanzo
traduzione dall’inglese di Riccardo Duranti
A Katie, Phoebe e Roscoe
Le persone più intollerabili
sono le celebrità di provincia.
Anton C ˆ echov
I Kupcinet e i Rosenthal
Los Angeles
Dicembre 1963
tre uomini piombano a Los Angeles da una Chicago novembrina. Fuori dal terminal, mentre aspettano sul marciapiedi, per quanto provino a opporre resistenza, i tre non possono fare a meno di godersi il calore del sole mattutino in faccia. Avvolti come sono nei pesanti completi color antracite e nei soprabiti, hanno cominciato a sudare.
Per un’occasione come quella non ci si mette un completo leggero.
Due di loro sono così vicini che le cosce si toccano. Irv Kupcinet, il cronista del “Chicago Sun-Times”, e il suo caro amico, nonché mio nonno, Lou Rosenthal. Entrambi hanno da poco superato i cinquant’anni. Irv è robusto, ma allo stesso tempo compatto, ex quarterback ai tempi dell’università (più una mezza stagione nei Philadelphia Eagles). Il suo volto carnoso è dominato da un lungo naso all’ingiù che spunta davanti a lui come la prua di una nave. Gli occhi iniettati di sangue sono nascosti sotto la tesa abbassata del cappello di feltro.
Irv Kupcinet ha caterve di amici – il presidente appena morto era uno di loro – ma nessuno su questa Terra gli è più devoto di Lou Rosenthal.
Lou è basso, rotondetto e calvo come un neonato. Di mestiere fa l’avvocato e si occupa di testamenti e fondi fiduciari, ma non è lì in veste professionale. Tuttavia, l’esperienza di mio nonno nel gestire gli averi dei morti tornerà utile nei due giorni successivi. In piedi accanto a Irv, Lou fissa il marciapiedi come se cercasse di leggerlo. Sparsi in ogni quadrato di cemento ci sono frammenti di vetro che occhieggiano al sole.
Il terzo uomo, leggermente isolato, è il fratello di mio nonno, Solly. Ha sedici anni meno di Lou. Come età è più vicino a mio padre, suo nipote, che non al fratello maggiore. Ed è di statura imponente, in contrasto al fisico tarchiato di Lou. A quanto mi risulta, nessun membro maschio della famiglia Rosenthal, prima o dopo di lui, ha mai superato l’altezza di un metro e settanta, neanche nei tempi migliori. Mio padre diceva che la bisnonna Willamina doveva aver avuto un’avventura con l’Allegro Gigante Verde, quello delle verdure in scatola. Solly, con i suoi buoni trenta centimetri in più, non solo giganteggia su Lou, ma supera di qualche lunghezza anche il cronista.
Le sue mani massicce stringono le valigie di Irv e Lou. Non le ha ancora posate a terra. Ha il viso mal rasato e cosparso di ciuffetti di peli. Solly è partito senza portarsi dietro neppure un cambio di vestiti. Quando suo fratello l’ha con-
vocato all’aeroporto, non ha neanche avuto il tempo di prepararsi una borsa. Quel giorno a Chicago cadeva il nevischio. E lui indossa ancora le galosce.
Un mio amico romanziere una volta ha detto che i personaggi secondari non lo sanno mica di essere secondari. La cosa non si applica forse a tutti noi? Quelli di noi che sono personaggi secondari non hanno la più pallida idea di esserlo. Siamo tutti convinti di essere i protagonisti del nostro spettacolo. Ma Solly Rosenthal, lì sul marciapiedi davanti all’aeroporto, con in mano due valigie, nessuna delle quali sua, è ben consapevole di non essere altro che un’aggiunta tardiva.
Mio nonno si libera del soprabito e, senza dire una parola, lo porge al fratello. Solly posa a terra una delle valigie e si appoggia l’indumento sulla spalla.
«Irv?» dice Lou.
Nessuna risposta.
«Irv?»
Ancora nessuna reazione da parte del cronista.
«Perché non ti togli il soprabito e lo dai a Solly?»
Il cronista guarda fisso oltre il parcheggio davanti a loro. È immobile, non fosse per un dondolio quasi impercettibile, un po’ avanti e un po’ indietro – avanti, indietro, avanti, indietro – un antico movimento che solo il suo corpo ricorda.
Lou pensa a suo padre: anche lui si dondolava sui talloni in quel modo nella vecchia sinagoga sulla Twenty-Sixth Street. Così piano che bisognava guardarlo con attenzione per rendersi conto che si stava muovendo.
Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Puntoweb srl (Ariccia, Roma) nel mese di ottobre 2025

PETER ORNER (Chicago, 1968) è autore di romanzi e racconti. Esther Stories, la sua raccolta d’esordio, è stata segnalata dal “New York Times” come uno dei “libri da ricordare” del 2001. I suoi racconti sono stati anche pubblicati da “The New Yorker”, “The Atlantic Monthly” e “The Paris Review”. Insegna inglese e scrittura creativa al Dartmouth College, nel New Hampshire, e vive con la famiglia a Norwich, nel Vermont. Di Orner sono già apparsi in queste edizioni L’ultima auto sul Sagamore Bridge, La seconda venuta di Mavala Shikongo e Ma capita solo a me?
In copertina Karyn Kupcinet, Cleary-Strauss-Irwin & Goodwin, da Wikimedia Commons
Foto dell'autore © Liniers
Art director: Francesca Leoneschi
Graphic designer: Pietro Piscitelli / theWorldofDOT
A pochi giorni dall’assassinio di John F. Kennedy una giovane attrice, figlia del famoso cronista mondano soprannominato “Mister Chicago”, viene rinvenuta morta nella sua casa. Nuda, come Marilyn. Picchiata, forse strangolata. La tempistica e le circostanze sono tanto sospette che la stampa si scatena con le ipotesi di complotto. Eppure il caso rimane irrisolto.
Sessant’anni dopo, Jed è uno scrittore al palo in cerca di una buona idea per rilanciare la propria carriera. Recupera la vicenda che lo aveva sfiorato tanto tempo prima e si mette al lavoro. Tuttavia questo per lui non è un mistero come un altro, ma uno spartiacque nella storia della sua famiglia: i suoi nonni e i genitori della ragazza sono stati amici intimi fino alla tragedia. Poi non si sono mai più parlati. Che cosa è successo davvero?
La riapertura di un cold case. Un sofisticato intreccio di realtà e finzione, true crime e storia famigliare. L’avvincente romanzo di uno dei più grandi scrittori americani viventi.
“Famiglie spezzate, giornalismo d’altri tempi e segreti duri a morire… Orner ne tira fuori un capolavoro”
LOS ANGELES TIMES
“Un romanzo straordinario, impossibile da incasellare o riassumere. Una prosa che fluttua tra dolcezza e amarezza, per poi colpire con dettagli sorprendenti. Non sai mai dove ti porteranno le sue parole”
THE CHICAGO TRIBUNE