Contessa…au revoir? Accartocciato pierrot ammasso informe, disarticolato burattino gettato con noncuranza sui gradini di marmo del centro commerciale. Icona dell’ingordo potere che globalizza la vita a malapena coperta da un lurido giaccone raccattato in qualche cassonetto periferico. Cerea, gli occhi acquosi rivolti a un passato ucciso e poi reinventato, indifferenti al futuro che non vuoi incontrare, vomiti la tua solitudine, la tua non essere vita tra i cartoni accumulati, tua unica coltre, giaciglio. Solo una vampa rossa fiammeggia nell’informe plumbeo della scena, l’incredibile dei tuoi capelli. I nigeriani del quartiere ti chiamavano Contessa e per te che mendicavi tra i passanti la dose giornaliera di veleno, era quasi intimo riscatto. Ti rividi fulva Contessa sugli scalini della clinica che ciclicamente salivo
59