E quindi uscimmo a riveder le stelle. L'approdo

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Cos’è capace di fondare il canone occidentale nella visione italiana, nella sua terra e lingua? Tenterò di indicare una via, un metodo concretissimo per chi lavora tra cinema, fotografia e musica. Mi ha sempre colpito l’avventura di Francesca Woodman: è una delle più importanti fotografe americane della generazione successiva alla mia. Lei fu condotta dai suoi genitori, dal Colorado a Firenze, all’età di sei anni, e lì fece i primi cinque anni di scuola. I suoi genitori avevano grandi aspettative; speravano che diventasse una grande artista e in questa speranza le fecero trascorrere il tempo decisivo dell’infanzia, quando si impara a leggere e scrivere, a Firenze. Lei ci ha lasciato troppo giovani ma la lezione della sua vita è straordinaria: a volte sopravvivere a quello che si comprende del mondo è davvero difficile. Oltre a Francesca Woodman mi permetto di dedicare questa brevissima testimonianza a Hans Zimmer. Ritengo la sua opera una grande lezione per chiunque debba affrontare il tema della navigazione nell’occidente. L’approdo è un termine legato alla marineria e normalmente l’approdo è il punto di arrivo di una navigazione. Quindi abbiamo questi due punti: Hans Zimmer, che è erede della cultura musicale tedesca e va in America, e Francesca Woodman che fa il processo opposto, dall’America viene in Europa, a Firenze, e all’interno di questa via comprende le ragioni del canone occidentale. Riprendo il percorso là dove Silvano Petrosino mi dice averlo lasciato, ed è il rapporto tra il vedere le stelle e la

grande avventura dello sguardo umano che esce a vedere le stelle, perché esce dalla condizione animale pur rimanendo un corpo - sangue, muscoli, nervi, respiro - con uno sguardo che però è totalmente altro. Cercherò di spiegare cos’è la dimensione straordinaria di questa macchina, che può essere una macchina fotografica, una telecamera, una cinepresa, e che è dentro il canone occidentale. Io parto da quello che si vede. Prima ancora della macchina il suo strumento primo è un cerchio, come i nostri occhi. Il problema è dentro il cerchio, dalla cui comprensione si può arrivare al canone occidentale: dentro questa figura che è il cerchio dell’occhio, del sole, della luna piena, esiste una proporzione matematica. Il canone occidentale nasce quando nel mondo greco si comprende che la forma del mondo, la figura, sono dentro questa proporzione. Vale per la musica, la visione, il suono, l’immagine e l’ascolto. Il canone occidentale scopre una fondamentale unità senza la quale non esisterebbe l’arte occidentale. La nota musicale nasce da una misura precisa di sette corde. È un grande mistero. L’uomo da una tartaruga o dal cadavere di un vivente estrapola dei muscoli, ne predispone sette in una misura metrica e questa poi diventa armonia sonora. Silvano Petrosino diceva che questa misura l’uomo la vede nelle stelle, e che è dentro il mondo. Mondo che la classicità greca chiama con la parola “cosmo”, ordine. I giapponesi hanno voluto fabbricare le

macchine fotografiche. Ma com’è oggi Tokyo? Una città occidentale. Esistono i samurai, le geishe, ma sono costumi e folclore. In realtà il perno della vita giapponese è occidentale. La Cina vuol fare cinema? La Cina vuol realizzare macchine fotografiche o produrre quelle della Apple? La Cina è diventata l’occidente. Questo canone va studiato e solo chi lo studia lo può usare. Oggi con le videocamere presenti sul mercato, tutti possono realizzare un video di alta definizione. Tecnicamente, se voi comprate l’ultima Nikon o l’ultima Canon, avete a disposizione una macchina capace di fare un video della stessa qualità, tecnica, delle fiction americane. Però qual è la differenza tra me e chi realizza il grande film Sherlock Holmes a Londra? Il fatto che il regista del film su certe cose ha compreso il canone occidentale meglio di me. Se negli Stati Uniti d’America traducono la Divina Commedia, non è solo un omaggio alla cultura poetica. È che l’America vuole, giustamente o ingiustamente, dipende dai punti di vista, l’egemonia. E solo chi ha questo strumento ha l’egemonia. Dante vede le stelle. Mosso dall’esperienza dell’amore, e dall’esperienza del tradimento del proprio amore, comprende che l’approdo della sua vita, cioè incontrare l’oggetto del suo desiderio e l’amore che l’ha mosso, vuol dire attraversare una peripezia drammatica. Nell’esperienza dell’umano alla luce corrisponde il buio. Lì nel crepuscolo, tra luce e buio, Dante incontra Virgilio. Ma Virgilio è la figura del mondo

L’APPRODO

Giovanni Chiaramonte Fotografo e storico della fotografia


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