Istante Gesto Vibrazione

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11 Febbraio - 31 Marzo 2017 Bernareggio (MB)


MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine) www.mimesisedizioni.it mimesis@mimesisedizioni.it Resilienze collana a più fili. Saggi, cataloghi e testi letterari che esplorano la resilienza, partendo dalle Arti visive e pervadendo il resto. A cura di: Ilaria Bignotti, Francesco Arecco, Giacomo Ghidelli, Matteo Reale. ISBN 978 - 88 - 5753 - 955 - 3 © 2016 – MIM EDIZIONI SRL Via Monfalcone, 17/19 – 20099 Sesto San Giovanni (MI) Phone: +39 02 24861657 / 24416383 Fax: +39 02 89403935


Direttori: Maria Pia Cassago e Sandro Mandelli Mostra e catalogo a cura di: Maria Chiara Cardini Testi: Maria Pia Cassago, Maria Chiara Cardini, Giacomo Ghidelli Fotografie allestimento: © Andrea Repetto Progetto grafico: Ninni Scovazzo Catalogo pubblicato per: ISTANTE GESTO VIBRAZIONE Miyayama, Curti, Arecco mostra presso la Gattafame Art Gallery, Bernareggio (MB) 11 Febbraio – 31 Marzo 2017 Si ringraziano: Federica Stucchi, Alessandro Zingone

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“Accadono cose interessanti quando l’impulso creativo è coltivato con curiosità, libertà e intensità” (Saul Bass)


L’

arte è la nostra passione, da sempre. Sandro era un imprenditore non ancora trentenne quando si è avvicinato al mondo del collezionismo, attratto dall’antiquariato del ‘700 lombardo e poi letteralmente stregato dai grandi Maestri dell’arte moderna e contemporanea. Nel mio caso l’amore per l’arte è maturato nel tempo, scoprendo e imparando come essa fosse il luogo in cui poteva trovare espressione sensibile il linguaggio senza parole dei nostri codici emotivi profondi. La passione per la cultura e il bello, coniugato a una forte identità territoriale, ci ha condotti a realizzare nel 2016 il sogno di uno spazio al servizio dell’arte nella nostra operosa Brianza. Nasce così la Gattafame Art Gallery - dal nome del borgo in cui è collocata, a Bernareggio, nel cuore della Brianza, per scelta. Un polo di creatività e innovazione, uno spazio di dialogo e scambio fra i valori dello spirito locale e le ricerche culturali di artisti attivi sul panorama internazionale. La curiosità tipica della nostra realtà sociale, le sue radici e le sue storie, la vocazione ad una viva laboriosità richiamano e nutrono esperienze e percorsi artistici diversi. A loro volta le opere e i progetti presentati lasciano un’impronta significativa, arricchendo il territorio con il loro passaggio. Nello scenario sempre più variegato e complesso dell’arte contemporanea rappresenta una sfida per il gallerista saper selezionare con sensibilità e serietà giovani artisti di talento che si esprimono con stili, tecniche e materiali differenti. Pittura, scultura, installazione e fotografia. La nostra proposta abbraccia ogni mezzo espressivo possibile con un’unica costante: la ricerca della qualità. Kaori Miyayama, Pierpaolo Curti, Francesco Arecco. L’estetica del vuoto che permea il lavoro sapiente e raffinato di questi tre artisti ci ha conquistato sin dal primo sguardo. Le loro opere sofisticate non si rivelano subito ma invitano lo spettatore a soffermarsi, conducendolo, in un avvicendarsi di stati d’animo, ad un profondo dialogo con se stesso, per poi d’un tratto sorprenderlo intimamente coinvolto. Maria Pia Cassago

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AFFAMATI DI VUOTO, AFFAMATI DI PIENO

Giacomo D. Ghidelli


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uoto. Parola densa, ricca di sensi. Il dizionario Zanichelli mette in fila ben 34 locuzioni che fanno perno sul termine, portandoci dal sempre più diffuso “essere o venire a mani vuote” sino al poco usato “vuotometro”, sinonimo del più noto (ma sempre in ambito ristretto) “vacuometro”, il “manometro usato per la misura di pressioni inferiori a quella atmosferica”. Ma nonostante l’affollamento, a guardar bene è questa una parola che soffre di solitudine. Di una tremenda solitudine. Lo sappiamo dai tempi di Parmenide, il quale ci ammoniva dicendo che “l’essere non può non essere”. E infatti, non appena la pronunciamo, il desiderio dialettico della vita ci porta subito alla sua parola-amica: non appena detto, il vuoto ci conduce inevitabilmente al pieno. Ma attenzione: qui il pieno non è da intendersi come una opposizione, come una esclusione in nome di una supremazia ontologica. La dialettica, come si sa, non vuole opposizioni escludenti, ma sintesi. E infatti il senso dell’accoppiata che si fa avanti è quello dell’alternanza: il vuoto richiama subito il pieno, come il pieno richiama subito il vuoto. Ed è proprio in questa continua alternanza che si annida il senso della nostra esistenza. Pensiamo al respiro, ad esempio. L’aria che ci riempie viene poi rimandata al mondo, in un regolare quanto inconscio fluttuare della vita che afferma se stessa. Pensiamo alla radice della vita umana: al feto, che si forma in un vuoto accogliente sino a riempirlo del tutto per poi lasciarlo di nuovo vuoto: un “pieno” a cui il neonato tenderà nostalgicamente nel desiderio di cibo, ad esempio, quando il vuoto che avrà permeato il suo corpo gli farà sentire tutto il disagio del mondo, suscitando pianti che chiamano attenzione. Ed è sempre l’alternanza del vuoto di luce che colma la notte rispetto al pieno del sole che riempie il giorno ciò che regola la nostra vita. Ma, infine, pensiamo al vuoto delle ore segnate dalla noia, indispensabili prolegomeni all’attività creativa. Il tema è quindi quello dell’equilibrio tra il vuoto e il pieno, visto che l’eccesso dell’uno sull’altro spalanca la porta alla morte, fisica o intellettuale che sia: pensiamo alla bulimia o all’anoressia, speculari tentativi entrambi fallimentari di saturare un vuoto o di svuotare un pieno che si è incapaci di tollerare; pensiamo alle giornate e alle notti piene di eccitazione e vuote di pensiero vissute da molti: altre forme di fuga dalla vita. Perché non fuggire significa accogliere l’uno e l’altro: scrutare il vuoto che ci assale e creare un pieno da amare. Una pratica costante, un affrontare continui momenti di “pratica resilienza”, dei quali ciascuno è, volente o nolente, protagonista. E con i quali ciascuno è, volente o nolente, chiamato a misurarsi. E questo è tanto più vero quando questa dialettica tra vuoto e pieno venga vista in trasparenza, quasi un velo adagiato sulle falde del territorio in cui si svolge questa mostra: la Brianza. Perché è soltanto nella quotidianità degli atteggiamenti, delle azioni e dei desideri di ciascuno che questa dialettica cessa di essere istanza teorica, per diventare scoglio concreto attorno a cui ci si deve misurare.

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Allora credo che un buon punto di partenza sia una interrogazione a cui ciascuno è chiamato a rispondere nella sua privatezza, non volendo qui fare facili sociologismi che non sono mai capaci di rispecchiare una realtà complessa qual è quella di un territorio, neppure se fossero sostenuti da approfondite ricerche. E il punto di partenza non può essere che un’analisi di ciò che per ciascuno rappresenta il vuoto: il punto di partenza non può essere che un confrontarsi con il primo aspetto di questa mostra, di queste opere, che al vuoto rinviano. Cos’è, quindi, il vuoto di questo territorio, delle case e delle menti di chi lo abita? È il vuoto delle fabbriche travolte dalla crisi, con i sogni di centinaia di imprenditori dispersi nel tempo? Oppure è il vuoto di figli costretti ad andarsene per trovar lavoro? O quello di altri figli, consegnati a notti sature soltanto di suoni. O quello di anziani, cresciuto nella solitudine di trasmissioni televisive prive di senso, se non quello di apparire amiche, mentre amiche non sono. E così via, in un rosario di grani vuoti che svuotano un territorio dalle sue tradizioni, dalle sue voci, dai suoi pensieri, consegnandolo a un rancore senza fine. Tuttavia questo è soltanto il primo passo. Perché è vero che le opere in mostra ci parlano del vuoto. Ma proprio perché sono opere, sculture concrete, che concretamente si oppongono al vuoto pur messo in scena, queste opere ci parlano anche del pieno, di ciò che al desolato vuoto può dare diverso senso. E allora continuiamo con le domande, per cercare di riflettere sul pieno di questa terra, la Brianza, che ha cresciuto persone che qui vogliono restare perché la amano. Pensiamo al pieno di questo amore, che nasce da una storia condivisa. E chiediamoci da cosa è rappresentato questo pieno. È il pieno di una operosità che, nonostante tutto, ha segnato e continua a segnare le menti: la voglia di non arrendersi, la voglia di andare avanti? È il pieno, ad esempio, di una storia legata alle produzioni di design, in parte sopravvissute alle rovine segnate dal tempo della crisi? È il pieno di una operosità che da sempre nasce, prima ancora che dal desiderio di guadagno, dalla voglia di dimostrare le proprie capacità, facendo con altri qualcosa di utile per tutti. Operosità come capacità di migliorare la qualità della vita delle persone che di questa operosità vivono. Operosità come sogno condiviso, come strada che porta al rispetto degli altri, di sé e delle cose che una persona realizza, qualunque sia il ruolo che ricopre. Ma poi c’è anche un altro pieno. Perché questa operosità si traduce in modo massiccio anche in capacità di cura: cura per gli anziani, per i deboli, per le persone fragili: cura che significa pluralità di relazioni, trama che sa tenere insieme, tessuto di empatia che unisce gli umani. Zygmunt Bauman, nell’ultimo dei tre saggi pubblicati in un libriccino dal titolo Fiducia e paura nella città (Bruno Mondadori), ci racconta: “Quando ero studente, ho avuto un professore di antropologia il quale mi


diceva (…) che gli antropologi sono arrivati a individuare gli albori della società umana grazie al ritrovamento di uno scheletro fossile, lo scheletro di una creatura umanoide invalida, che aveva una gamba spezzata: ma la gamba gli si era spezzata quando era un bambino, e lui era morto all’età di trent’anni. La conclusione dell’antropologo era semplice, dice Baumann: lì doveva esserci stata una società umana, perché questo non sarebbe potuto accadere nel branco, dove una gamba spezzata pone fine alla vostra vita, perché non potete più sostentarvi”. La società umana, prosegue, “è diversa dal branco, tanto che storicamente la società umana potrebbe dirsi nata con la compassione e l’aver cura, qualità soltanto umane”. Ecco: il pieno è anche quello della capacità di cura espressa da sempre da questo territorio. Il sociologo Aldo Bonomi nel suo volume Sotto la pelle dello stato (Feltrinelli) afferma che “solo coniugando insieme la comunità di cura figlia del welfare e fatta di operatori, medici, insegnanti, impresa sociale, volontariato che quotidianamente si impegnano sul territorio per produrre inclusione sociale, con il mondo degli operosi si potrà costruire una società aperta”, capace di sconfiggere quella che lui definisce la comunità del rancore. Io credo che questa metafora, che pur mi ha guidato nella creazione di questo “racconto”, possa venire letta non soltanto dal punto di vista di una segmentazione della popolazione in gruppi contrapposti gli uni agli altri, ma innanzitutto come una metafora del nostro interno, del nostro modo di pensare, che a volte si declina – nella stessa persona – nel rancore, altre volte nella cura, altre ancora nell’operosità. E qui, allora, ci viene in soccorso uno dei grandi concetti della resilienza. Un concetto che produce un modo di fare che segna anche questa mostra e che è stato definito benissimo da Ilaria Bignotti, che del Movimento di resilienza italiana è stata una delle prime anime. Stiamo parlando del “dialogo come scelta alla base di ogni concetto e sviluppo operativo: tra generazioni di artisti che si confrontano sull’asse della storia; tra artisti di geografie e culture diverse; tra opere, artisti, e pubblico, un pubblico fatto di persone, di individui che insieme creano una città, una comunità di valori e di sensibilità”. Un dialogo che deve avvenire innanzitutto – prima ancora che tra persone – tra le varie parti che vivono all’interno della nostra mente, per far sì che il pieno della nostra operosità e della nostra capacità di cura possa riempire il vuoto con cui il rancore cerca di vincere una battaglia che è comunque perdente, perché non produttiva di futuro. Così, attraverso una vera e propria azione resiliente che partendo da noi si estende agli altri, si riuscirà a pervenire a nuovi equilibri personali e collettivi dopo i cambiamenti che abbiamo vissuto e che continuamente stiamo vivendo. Perchè, come dice ancora la Bignotti, “resilienza è il luogo di rinnovata relazione tra il sapere e il voler fare: usare le mani, i materiali, la conoscenza anche legata alla tradizione per risollevarsi, ricominciare, ripensare lo stato delle cose”. È questo il paso doble della mostra.

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ISTANTE GESTO VIBRAZIONE

M. Chiara Cardini


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o studio del vuoto è il tema attorno a cui ruotano le opere di Kaori Miyayama, Pierpaolo Curti e Francesco Arecco in mostra presso la Gattafame Art Gallery di Bernareggio. Vorrei chiarire come la ricerca di questi artisti non ha a che vedere con il “vuoto” inteso come sinonimo di ”nulla”, tutt’altro. Lo spazio vuoto è per essi un territorio di scoperta e approfondimento della dimensione artistica e della vita. Accostare in forma di colloquio il frutto delle loro esplorazioni, vuole essere un momento di stimolo per chi abita il territorio della Brianza e per quelli che giungeranno qui da altri luoghi. Un piccolo atto di resilienza al pragmatismo del lavoro, che non può essere la sola cifra con la quale misurare una comunità di persone, e un semplice gesto per superare lo scarto culturale che spesso separa le periferie dall’offerta - caleidoscopica - della grande città. Le opere di Kaori Miyayama, artista giapponese che vive tra l’oriente e l’Italia, appaiono come rappresentazioni di uno svuotamento avvenuto in precedenza, o premessa di un riempimento che verrà. Per l’artista, inoltre, il vuoto reca in sé una dimensione temporale che lo spettatore vive con il mutare dell’atmosfera, il cambio della luce e la presenza di altre persone, percorrendo fisicamente lo spazio dell’installazione Scendendo verso il cielo, tra sette metri di tessuto leggerissimo, una scala all’uncinetto e un paio di vecchie forme per calzolaio in legno. In un istante si crea così «una correlazione tra spazio, tempo e spettatori, fra culture e tradizioni differenti […], una riflessione sul confine e sul collegamento tra Cielo e Terra1». Successivamente si penetra con lo sguardo in una dimensione più intima, come in Il cielo in fondo e Le radici del cielo. Sono questi piccoli telai avvolti da sete e organze stampate a mano (tramite la tecnica della xilografia), dove immagini di contorte radici, fusti d’albero in controluce e nuvole erranti si sovrappongono su differenti livelli che preziosi ricami collegano tra loro, attraversando lo spazio vuoto tra di essi. Vuoto che genera relazione invece di separare. Tanto gli artefatti di Miyayama sono percorribili attraverso il corpo e la vista, quanto i luoghi rappresentati nei quadri del lodigiano Pierpaolo Curti risultano territori impossibili da abitare. Data l’assenza della figura umana, i suoi dipinti appaiono come architetture e paesaggi vuoti, quasi metafisici. Come in Platform, dove una piattaforma di un bianco abbacinante è incastonata tra speroni di roccia grigia, oppure nel dipinto Two lines in cui una costruzione priva di aperture sporge pericolosamente da un rosso dirupo. Dov’è la strada per giungere in quei luoghi impervi? Dove sono le figure, le presenze di un passaggio umano? Considerando le accurate campiture di colore,

1 «[…] sopra e sotto sono dei riferimenti che dipendono dal punto di vista del soggetto e non vanno intesi come assoluti. È un tema chiave della tradizione del Buddhismo Zen che permea la cultura giapponese, la quale ci ha abituati a pensare che tutti gli elementi sono parte di un insieme più vasto, dove gli opposti coesistono e non si oppongono», Kaori Miyayama, intervista con Silvia Pagano per l’Associazione Culturale Giappone in Italia, 2013.

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la dolcezza della cera d’api che rifinisce tutta la superfice del quadro, intuiamo che contrariamente alle apparenze qualcuno è atteso. L’elemento assente siamo noi che, come in una soggettiva cinematografica, guardiamo al di qua della tela. L’artista ci convoca allo scopo di mutare l’osservazione in azione, superando ogni opposizione ritenuta insormontabile, ogni tipo di dualismo prefissato. Il vuoto è per Curti non “concetto di” ma “esperienza di”, il suo essere artista e atleta lo ispira e il suo gesto pittorico è consapevole ancor prima di compiersi.2 C’è pertanto spazio per la nostra immaginazione e successivamente per compiere il passo. Far agire il vuoto è la prerogativa delle opere dell’artista Francesco Arecco3. Sculture in gran parte realizzate con legni di liuteria, che divengono casse armoniche, in cui l’interno - vuoto - è tale per poter accogliere altro da sé, che lo faccia vibrare, rendendolo così evidente. Considerando il trittico 1,2,3, realizzato in guaiaco (lignum vitae) e abete rosso di risonanza, colpisce inizialmente la bellezza intrinseca del prodotto naturale, le sue venature, il colore. Nondimeno si tratta di spazio vuoto, rivelato da una piccola apertura – la tana del ragno, ci dice Arecco - e declinato seguendo un ritmo quasi alla Strauss “un, due, tre…”, anche nel titolo. Un accordo della natura che vorremmo portare anche all’interno delle nostre dimore. Ed ecco ‘Omphalos fuoriuscire da una parete per dischiudersi come un fiore verso chi osserva. L’ombelico del mondo, capovolto, caldo, un assemblaggio che come un’Arca4, offre un luogo che accoglie e protegge. Arecco, Curti e Miyayama, per cui il vuoto nella prassi artistica è un continuo polo d’attrazione, ci mostrano come questo vada goduto così com’è, senza colmarlo subito. L’atto stesso di fare arte è per essi motivo di arricchimento e di un più profondo rapporto con la natura, le cose, le persone.

2 «Si deve concepire l’idea prima di afferrare il pennello, questo è il punto principale della pittura», Wang Yuan Chi - Giangiorgio Pasqualotto, “Estetica del vuoto. Arte e meditazione nelle culture d’Oriente”, 1992, Marsilio Editore. 3 Artista, naturalista e avvocato per professione, suonatore di tromba e flicorno per passione. 4 “Arca” circoscrive una serie di opere che l’artista realizza negli anni, un tema ricorrente nella sua poetica. Citando le parole di Daniele Astrologo nel saggio “Tempo e arte visiva” (Tempo al tempo. Riflessione corale sul concetto di tempo, AAVV, a cura di Francesco Arecco, Mimesis, 2012): «L’arca custodisce e protegge, conserva al suo interno quell’essenza in cui è iscritta la struttura del tempo data dall’incontro tra il moto dell’universo e il senso d’attesa sotteso alla creazione. Per questa ragione, se opportunamente percossa, ogni Arca diviene una cassa armonica in grado di emettere un suono primitivo, udito e riconosciuto dalla specie umana perché si dà in natura. Il suo essere transeunte non fa altro che condensare l’energia richiesta ad ogni forma di vita».


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Kaori Miyayama


Cielo sotto la Terra, 2013 xilografia su carta giapponese, cm 30x30 PdA, 5 edizioni esposta alla mostra Cos’è l’Arte? -confine- , 2016, Gallery G, Hiroshima, Giappone

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Le radici del cielo 15, 2016 xilografia, filo, seta organza su struttura in legno, cm 40x40x3,5

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Il cielo in fondo 3, 2017 xilografia, filo, seta organza su struttura in legno, cm 40x40x3,5

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Il cielo in fondo 4, 2017 xilografia, filo, seta organza su struttura in legno, cm 30x40x3,5

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Scendendo verso il cielo, 2013 - 2016 installazione

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Pierpaolo Curti


Different levels, 2010 tecnica mista su tela, 170x220 cm esposta alla mostra Playground, 2011, BPL Art center Renzo Piano, Lodi pubblicata sul catalogo Playground, edizioni Nomos, Bologna, 2012

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The scale, 2011 acrilico e cera d’api su tela, 140x140 cm esposta alla mostra Gymkhana, 2012, Fondazione Mudima, Milano Playground, 2011, BPL Art center Renzo Piano, Lodi

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Two lines, 2012 tecnica mista su tela, 155x125 cm esposta alla mostra Gymkhana, 2012, Fondazione Mudima, Milano pubblicata sul catalogo White Corner, edizioni Mudima, Milano, 2016

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Platform, 2015 tecnica mista su tela, 70x70 cm esposta alla mostra White Corner, 2016, Palazzo Collicola – arti visive, Spoleto pubblicata sul catalogo White Corner, edizioni Mudima, Milano, 2016

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Landscape, 2015 tecnica mista su tela, 90x90 cm esposta alla mostra White Corner, 2016, Palazzo Collicola – arti visive, Spoleto pubblicata sul catalogo White Corner, edizioni Mudima, Milano, 2016

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Francesco Arecco


1, 2, 3, 2010 lignum vitae e abete rosso di risonanza, trittico di sculture ciascuna cm 93x28x11 Esposta alla mostra Mina. Collezione distesa di ordigni, 2014, Spazio San Fedele, Centro Culturale S. Fedele, Milano Con gli occhi alle stelle, 2012, Fondazione Lercaro, Bologna

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Limòsina, 2010 noce valborberino e abete rosso di risonanza, cm 23x9,5x5 esposta alla mostra Mina. Collezione distesa di ordigni, 2014, Spazio San Fedele, Centro Culturale S. Fedele, Milano


Cassa di vento, 2010 coco bolo e abete rosso di risonanza, cm 83x23x11 esposta alla mostra Abbey Contemporary Art, 2015, Abbazia di S. Remigio, Parodi Ligure (AL)


Drusa, 2015 ebano e quarzo su matrice, cm 27x2,5x4

Drusa, 2015 ebano, abete rosso di risonanza e cristallo di rocca, cm 3x3x4

Drusa, 2017 ebano e cristallo di rocca, cm 45x3x5,5

Drusa, 2017 ebano e vetro perlaceo, cm 50x2x2,5



Nascondimento, 2017 padoĂšk e abete rosso di risonanza, trittico di sculture ciascuna cm 17x5x5


Bulla, 2016 coco bolo e abete rosso di risonanza, cm 97x64x9 presentata su invito al Premio Michetti, Fondazione Michetti, Francavilla al Mare (PE) ed esposta nella relativa mostra, 2016


Cassa di vento, 2017 ebano e abete rosso di risonanza, cm 54x46x26

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‘Omphalos, 2017 obéché e abete rosso di risonanza, cm 60x50x83

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note biografiche


Kaori Miyayama Nasce nel 1975 a Tokyo, in Giappone. Vive e lavora fra Milano e Tokyo.

Mostre personali 2013 Il modo di scendere al cielo - The way down to the sky - Base Gallery, Tokyo, Giappone Scendendo verso il cielo 3001Lab-Rossosegnale, Milano 2011 La Dimensione Nascosta Pinacoteca “Cesare Belossi” di Villa Soranzo, Varallo Pombia (NO) 2010 Tra Qua e Là Galleria Derbylius, Milano 2010 Soda Galleria La Nassa, Lecco 2008 Soda – Kaori Miyayama Consolato Generale del Giappone, Milano 2001 Klaushiere: a view – Kaori Miyayama Gallery SPACE 11, Tokyo, Giappone

Mostre collettive [selezione]

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2016 Eterne Stagioni Il Vittoriale degli italiani, Gardone Riviera (BS) Cinquantesima Galleria Carlo Mazzi, Tegna, Svizzera Cos’è l’Arte? -confine- Gallery G, Hiroshima, Giappone 2015 Un secolo di Amarena – Premio Fabbri per l’Arte Palazzo Pepoli, Bologna Nakanojo Biennale Gumma, Giappone DI Donne Fabbrica del vapore, Milano 2014 The Drifting Clouds Galleria Paola Verrengia, Salerno Se dico aria Chiesa di San Francesco, Camerano (AN) Idea di luogo Cristina Moregola Gallery, Busto Arsizio (VA) STILL LIFE omaggio a Morandi Cassina IXC., Tokyo, Giappone 2013 LEGGERE/non leggere: libro d’artista e oltre Galleria Derbylius, Milano IKI Palazzo Comunale, Fortunago (PV) La natura rigenerata Villa Braghieri di Castel San Giovanni, Museo Civico di Storia Naturale, Piacenza 2012 SP ESTAMPA 2012 Galleria Gravura Brasileira, São Paulo, Brasile udineitalian.italianitudine Galleria Tina Modotti, Udine B x H x ME Galleria A+A , Venezia 2011 54 Biennale di Venezia Padiglione Italia/Accademie, Venezia E quindi uscimmo a rivedere le stelle: dove sono? Galleria S. Fedele, Milano 2010 STATEMENTS 2010 Galleria SPAZIOINMOSTRA, Milano Invasioni di Spazio – effetti desiderati Casa Museo della Civiltà Contadina, Nicolosi (CT) Premio Lissone Museo d’Arte Contemporanea, Lissone 2008 Il mondo a Brera Villa Litta, Lainate (MI) Lo Specchio dell’Arte Castello Visconteo di Trezzo sull’Adda (MI) Richesses du livre pauvre Prieure’ de Saint-Cosme, Francia


2007 Avista SPAZIO MILANO, Milano L’esteriorità dell’anima Galleria il Chiostro Arte Contemporanea, Saronno (VA) 2006 Primaverile Romana A.R.G.A.M 2006 Studio S-Arte Contemporanea, Roma Artisti Italiani Emergenti Galleria Teatro dell’Opera, Il Cairo, Egitto 2005 Vento di scirocco Castello di Aragonese, Reggio Calabria Salon Primo Museo della Permanente, Milano Venti di Brera Castello Visconteo di Pandino (CR) 2004 Grafica Internazionale a Venezia Palazzo Cecchini, Cordovado (PN)

Premi 2009 Premio Internazionale d’Arte La Colomba, Venezia 2005 Primo premio del Premio Nazionale delle Arti, MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ), Roma Premio dell’Associazione Arte Giovane Milano, Milano 2004 Primo premio del Premio Giorgio Teardo works on paper, Scuola Internazionale di Grafica Primo premio del Premio di Pietro Parigi 2004 Comune di Calenzano (FI)

Collezioni pubbliche e private Fabbri 1905, Bologna, Italia Alviero Martini SPA, Milano, Italia MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), Roma, Italia AVIS (Associazione Volontari Italiani Sangue), Milano, Italia Biblioteca Casanatense, Roma, Italia Comune di Calenzano (FI), Italia Scuola Internazionale di Grafica, Venezia, Italia Associazione Monsignor Luciano Quartieri, Lodi, Italia Associazione Arte Giovane Milano, Milano, Italia Associazione Arte Bokartas, Vilnius, Lituania Ristorante La Colomba, Venezia, Italia VACA, Russi (Ravenna), Italia

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Pierpaolo Curti Nasce nel 1972 a Lodi, città in cui vive e lavora.

Mostre personali 2016 White Corner Palazzo Collicola arti visive, Spoleto 2013 White Dream Rizhoma Gallery, Milano 2012 Gymkhana Fondazione Mudima, Milano Playground Galleria studio G7, Bologna 2011 Playground BPL Art center Renzo Piano, Lodi 2009 White Buildings Galleria studio G7, Bologna Coltivazione#3 Internazionale, Ferrara 2006 New Painters Fondazione Mudima, Milano 2005 Il mondo attorno Galleria San Fedele, Milano 2001 Estinzione Galleria Spirale arte, Milano 2001 Mutazione di sistemi Galleria Spirale arte, Pietrasanta 1998 Lettere Castello di Sant’Angelo Lodigiano 1996 Lunatiche Archivio storico, Lodi 62 Mostre collettive 2015 Close Up Palazzo Collicola arti visive, Spoleto Italia docet Palazzo Barbarigo Minotto 56° Biennale Arte, Venezia Saleterrarum Villa Litta, Lainate (MI) 2014 Fluanta ex Ospedale Soave, Codogno (LO) Una solitudine troppo rumorosa Nuova galleria Morone, Milano Trasfigurazioni Abbazia di San Remigio, Parodi Ligure (AL) 2013 Artists for Nutopia Nutopia embassy, Nutopia Oltre Rocca San Giorgio, Orzinuovi (BS) Premio Terna 05 , Tempio di Adriano, Roma 2012 On paper Galleria Studio G7, Bologna Al di là della pittura Galleria Il Chiostro, Saronno (VA) Naturarte Palazzo comunale di Castell’Arquato, Piacenza Oltre Sala Manzù, Bergamo 2010 The bearable lightness of being 12° Biennale Architettura, Venezia Deep inside K35 Gallery, Mosca, Russia Premio Lissone Museo d’Arte Contemporanea, Lissone


2009 Paesaggio dell’invisibile Galleria Traghetto, Roma Playlist Galleria Neon, Bologna 2008 Arte e Potere Galleria San Fedele, Milano Premio artivisive San Fedele, Milano 2006 Berliner Liste Vitra design museum, Berlino, Germania 2005 Pruefstelle Galerie Davide Di Maggio, Berlino, Germania Il senso del corpo Galleria San Fedele, Milano Premio artivisive San Fedele, Milano 2004 Armoury Trevi Flash art Museum, Trevi (PG) Contemporanea Giovani 2 Ex Ticosa, Como 2003 Analogie tra anomalie Villa Sollazzo, Varallo Pombia (No) 2001 Hua O’Artoteca, Milano 1999 Meridiani-Meridianos M.U.N.A São Paulo, Brasile

Premi 2009 Premio Aletti, ArtVerona, Verona 2007 Primo Premio del Premio Canegrate, Milano 2006 Premio pagine bianche d’autore Pubblicazione sulla guida telefonica 1996 Primo Premio del Premio “40 artisti” per la provincia, Ex Ospedale Soave di Codogno, Lodi

Collezioni pubbliche Biblioteca comunale laudense, Lodi Palazzo della Provincia, Lodi Banco Popolare di Lodi, Lodi

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Francesco Arecco Nasce nel 1977 a Gavi, in Piemonte. Vive e lavora a Bosio, in Piemonte, e a Milano.

Mostre personali [selezione] 2014 Mina. Collezione distesa di ordigni, Centro Culturale S. Fedele, Milano 2013 Nascondimento installazione sito specifica, gallerie antiaeree, Kranj, Slovenia Arca e Nascondimento installazione sito specifica permanente, Fondazione Orestiadi, Gibellina (TP) 2012 Arca e Nascondimento installazione sito specifica, Chiesa dei SS.mi Agata e Carlo, Reggio nell’Emilia Arca e Naviglio installazione sito specifica, Palazzo Giureconsulti, Milano Nascondimento installazione sito specifica Chiesa di S. Giuseppe e Burella casa Piazzoni, Vittorio Veneto (TV) Arca installazione e performance, bosco dei Cappuccini, Gubbio (PG) Arca installazione e performance, Parco dell’Arte Vivente, Torino

Mostre collettive [selezione] 64 2016 Times and genesis Art Museum di Kluj Napoca, Romania Premio Michetti, Fondazione Michetti, Francavilla al mare (PE) 2015 Tutto ho posto sotto i tuoi piedi Università Cattolica del Sacro Cuore, Complesso Monumentale - Padiglione Vaticano in Expo 2015, Milano #nuovicodici Palazzo Stanga, Cremona Abbey Contemporary Art Abbazia di San Remigio, Parodi Ligure (AL) Creativelab Museo d’Arte Contemporanea di Alcamo (TP) Enogastroartistica Spazio MACSI, Roma 2014 Reti di resilienza Museo di Arte Contemporanea della Sicilia, Palazzo Belmonte Riso, Palermo 2013 Immagini d’io, Tam Tam Triennale di Milano Riflessioni sul corpo e sul sacro Galleria S. Fedele, Milano Ri-nascere, nascere e rinascere fra arte antica e contemporanea Museo di Biella E quindi uscimmo a riveder le stelle: l’approdo Abbazia di S. Remigio, Parodi Ligure (AL) Iki, Palazzo Comunale di Fortunago (PV) E quindi uscimmo a riveder le stelle: l’approdo Galleria S. Fedele, Milano Rebus naturae ex Ospedale Soave, Codogno (LO) 2012 E quindi uscimmo a riveder le stelle: il viaggio Galleria S. Fedele, Milano Con gli occhi alle stelle Fondazione Lercaro, Bologna


2011 Il nome segreto delle cose doppia personale con Giancarlo Soldi, Welink, Torino Luoghi del sacro Galleria S. Fedele, Milano E quindi uscimmo a riveder le stelle: dove sono? Abbazia di S. Remigio, Parodi Ligure (AL) E quindi uscimmo a riveder le stelle: dove sono? Galleria S. Fedele, Milano Arte, musica e birra Galleria Bianconi, Milano 2010 Il segreto dello sguardo Galleria S. Fedele, Milano

Premi 2013 Sculpture Network Prize 2013, Monaco di Baviera, Germania Premio Rigamonti, Galleria San Fedele, Milano 2011 Menzione speciale della Giuria al Premio Canova, Negrar (VR) Menzione speciale della Giuria al Premio Nocivelli, Brescia Menzione speciale della Giuria al Premio artivisive San Fedele S. Fedele, Milano

Collezioni pubbliche 2015 Tutti soli - fra di noi, 2015, Granaio del Baglio di Stefano, Fondazione Orestiadi, Gibellina (TP) 2014 Testimonio e ‘Omphalos, Segreen Business Park, edificio Y, Segrate, Milano 2013 Nascondimento, MunicipalitĂ di Kranj, Slovenia Nascondimento, Comune di Codogno (LO) Arca, installazione sitospecifica permanente, Fondazione Orestiadi, Gibellina (TP)

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Gattafame Art Gallery _ Via Roma, 90 _ 20881 Bernareggio (MB) Tel. +39 328 8159265 _ info@gattafameart.com www.gattafameartgallery.com



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