Grotte marine di Capo Palinuro (Cinelli-Acunto-Tancredi)

Page 1

UNIVERSITÀ DI PISA Dipartimento di Biologia, Unità di Biologia Marina ed Ecologia

INTERNATIONAL SCHOOL FOR SCIENTIFIC DIVING I.S.S.D.

CAPO PALINURO

Foto: E. Cipriani (Stylocidaris affinis)

Foto: E. Amati

(Clavelina lepadiformis - Clavelina)

GROTTE MARINE DI CAPO PALINURO LABORATORIO NATURALE PER STUDI AMBIENTALI PARCO NAZIONALE DEL CILENTO E VALLO DI DIANO

www.unipi.it pag.1 www.issd.it Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare


La realizzazione, di questo opuscolo, è stata possibile grazie alla sensibilità, al contributo :

Grotte Marine di Capo Palinuro Introduzione PROVINCIA DI SALERNO

Il promontorio di Capo Palinuro, rappresenta per le sue peculiarità ecologiche e biologiche, un “Laboratorio Naturale per Studi Ambientali”. Gli studi condotti in questi anni, da parte di numerosi ricercatori, lungo tutta la fascia costiera del Cilento, ha confermato la straordinaria complessità ecologica e biologica, attraverso la presenza di particolari e rari organismi, tipici di questi ambienti marini. Il patrimonio costiero coniuga e garantisce, nei suoi aspetti naturalistici, un’area di particolare valore ecologico. Le grotte e i fondali di Capo Palinuro costituiscono una sede naturale, di studio, ideale, per ricercatori e biologi marini, subacquei. Rappresenta, per il Cilento una rilevante risorsa socio-economica, dettata dal forte richiamo, che la costa ed i fondali esercitano su un turismo subacqueo specializzato e non. Capo Palinuro, attraverso le grotte e suoi fondali, rappresenta una delle aree di maggiore interesse speleomarino. La conoscenza e la valorizzazione della risorsa costiera è legata ad una sensibile e scrupolosa gestione ed alla sua conservazione. Mauro Tancredi

COMUNE DI CENTOLA

COMUNITÀ MONTANA LAMBRO E MINGARDO

ENTE PROVINCIALE PER IL TURISMO PARCO NAZIONALE DEL CILENTO E VALLO DI DIANO

ASS0CIAZIONE ALBERGATORI PALINURO

PRO LOCO PALINURO

VILLAGGI DI CAPO PALINURO

HOTEL S. CATERINA

VILLAGGIO CAMPING ARCO NATURALE CLUB LABORATORIO ANALISI CLINICHE

PALINURO

GRAND HOTEL SAN PIETRO

NAUTICA MEDITERRANEA PALINURO

COOP PALINURO PORTO

OBIETTIVO PESCA PALINURO

PALINUROMARE SERVICE

COMPUTER SERVICE PALINURO PALASVE VIAGGI PALINURO

Foto: S. Cipriani

CENTRI IMMERSIONE CAPO PALINURO

pag.43 Il presente opuscolo informativo, illustrato, ha il solo scopo promozionale. Eventuali errori od inesattezze riscontrate, non sono imputabili agli ideatori, i quali declinano qualsiasi responsabilità. La vendita è vietata.


LONGINELLI A., 1999b - Geochimica degli isotopi radioattivi e radiogenici. In: A. Longinelli-S. Deganello, Introduzione alla geochimica. UTET, 131-183. MUSCIO G., U. SELLO, 1989 - Le ricerche del Circolo Speleologico e Idrologico Friulano nell'area di Capo Palinuro, Mondo Sotterraneo, n.s., 13 (1-2): 41-72. MUSSI M., LEONE G., I. NARDI, 1998 - Isotopic geochemistry of natural waters from the Alpi Apune-Garfagnana area, Northern Tuscany, Italy. Min. Petr. Acta, XLI: 163-178 R.T.I. (FUGRO, G.A.S., Università di Pisa, C.I.B.M.), 2004 - Mappatura delle praterie di Posidonia oceanica e di altre fanerogame marine lungo le coste della Calabria della Campania e delle piccole isole circostanti. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – Direzione per la Protezione della Natura. Relazione finale: 585 pp. SOUTHWARD A.J., M.C. KENNICUTT, J. ALCALÀ-HERRERA, M. ABBIATI, L. AIROLDI, F. CINELLI, C.N. BIANCHI, C. MORRI, E.C. SOUTHWARD, 1996 - On the biology of submarine caves with sulphur springs: apprisal of 13C/12C ratios as a guide to trophic relations. J. Mar. Biol. Ass. U. K.,76: 265-285

INDICE Introduzione

Capo Palinuro • Laboratorio naturale per studi ambientali • Grotta Azzurra • Grotta Sulfurea di Cala Fetente • Grotta Viola • Grotta dei Monaci • Grotta del Sangue • Grotta dell’Argento • Contributo dei metodi basati sugli isotopi ambientali, alla conoscenza degli acquiferi e delle manifestazioni sulfuree dell’area circostante Capo Palinuro • Immergersi in Grotta Rilevamento e Campionamento biologico subacqueo • Il rilevamento subacqueo • Tecniche di rilevamento bionomico • Il campionamento biologico subacqueo • Opere Citate • Patrocini e Ringraziamenti Autori : • Francesco Cinelli • Stefano Acunto • Mauro Tancredi

Foto : F. Di Siervi ( Dardanus arrosor - Bernardo l’eremita )

Foto F. Di Siervi ( Dromia personata - Granchio facchino )

Foto : • S. Acunto • E. Amati • C. Bertasini • S. Cipriani • F. Di Siervi • S. Licciardello • A. Polito • Centri Immersione Palinuro pag.3 • EMC

pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag.

4 8 10 13 15 17 18 19

pag. 24

pag. pag. pag. pag. pag.

26 27 27 41 43


Capo Palinuro Laborator io naturale per studi ambientali Francesco Cinelli Dipartimento di Biologia, Unità di Biologia Marina ed Ecologia. Università di Pisa, Via A. Volta, 6 – 56126 PISA

Lungo il tratto di mare tra Agropoli e Sapri si protende la penisola cilentana, la cui costa è estremamente interessante dal punto di vista speleomarino. Uno dei tratti più visitati e studiati è Capo Palinuro, uno sperone calcareo che si protende nel Mar Tirreno meridionale per circa 2 km e culmina a 203 m s.l.m. alla Punta del Telegrafo. Il Capo ha uno sviluppo costiero di 6,5 km ed è compreso nel territorio del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, comune di Centolalinuro, in provincia di Salerno. Il Parco nel 199 è stato inserito nella prestigiosa rete delle Riserve della Biosfera dell’UNESCO e dichiarato patrimonio mondiale dell’umanità. Nell’estate 2003 l’Università di Pisa insieme ad altri partners ha realizzato, su incarico del Ministero dell’Ambiente, la mappatura bionomica del fondo marino antistante le coste campane (R.T.I., 2004). In fig. 1, viene riprodotta la porzione di mappa che riguarda Capo Palinuro e che mette in evidenza la presenza di vaste aree colonizzate dalle fanerogame marine ed in particolare, nella porzione settentrionale del Capo, dal porticciolo di Palinuro fino a Punta Iacco, la presenza di Posidonia oceanica pianta di straordinaria importanza per l’equilibrio ecologico delle aree costiere.

Foto : F. Di Siervi ( Paramuricea clavata, gorgonia rossa )

OPERE CITATE

ABBIATI M., L. AIROLDI, A. CASTELLI, F. CINELLI, A.J. SOUTHWARD, 1994 - Preliminary observations on a dense population of Phyllochaetopterus socialis Claparede at the sulphurous water boundary in a Mediterranean submarine cave. Mém. Mus. natn. Hist. nat., 162: 323-329. ACUNTO S., BALATA D., L. PIAZZI, 2002 - Caratterizzazione morfologica e biologica delle grotte marine di Capo Palinuro (Salerno). Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, 35 pp. AIROLDI L., F. CINELLI, 1996 - Variability of fluxes of particulate material in a submarine cave with chemolithoautotrophic inputs of organic carbon. Mar. Ecol. Prog. Ser., 139: 205-217 (I.F. 2.135) AIROLDI L., F. CINELLI, 1997- Sources and biochemical composition of suspended particulate material in a submarine cave with sulphur water springs. Mar. Biol., 128: 537-545 (I.F. 1.841) AIROLDI L., A.J. SOUTHWARD, I. NICCOLAI, F. CINELLI, 1997 - Sources and pathways of particulate organic carbon in a submarine cave with sulphur water springs. Water, Air and Soil Pollution, 99: 353-362 (I.F. 0.883) ALVISI M., BARBIERI F., BRUNI R., CINELLI F., COLANTONI P., GRANDI G.F., P. MALTONI, 1994 – La Grotta Azzurra di Capo Palinuro (Salerno). In: Alvisi M., Colantoni P. e Farti P. (editori), Grotte Marine d'Italia. Mem. Ist. Ital. Speleol., Ser. II, 6: 51-56 ALVISI M., BARBIERI F., P. COLANTONI, 1994 - Le grotte marine di Capo Palinuro. In: Alvisi M., Colantoni P. e Farti P. (editori), Grotte Marine d'Italia. Mem. Ist. Ital. Speleol., Ser. II, 6: 143-181. BENEDETTI-CECCHI L., L. AIROLDI, M. ABBIATI, F. CINELLI, 1996a Estimating the abundance of benthic invertebrates: a comparison of procedures and variability between observers. Mar. Ecol. Prog. Ser., 138: 93101 (I.F. 2.135) BENEDETTI CECCHI L., L. AIROLDI, M. ABBIATI, F. CINELLI, 1996b Exploring the causes of spatial variation in an assemblage of benthic invertebrates from a submarine cave with sulphur springs. J. Exp. Mar. Biol. Ecol., 208: 153-168 (I.F. 1.59) BENEDETTI CECCHI L., L. AIROLDI, M. ABBIATI, F. CINELLI, 1998 - Spatial variability in the distribution of sponges and cnidarians in a sublitoral marine cave with sulphur water springs. J. Mar. Biol. Ass. U. K., 78: 43-58 (I.F. 0.716) BUDETTA P., CELICO P., CORNIELLO A., DE RISO R., DUCCI D., P. NICOTERA, 1994 - Carta Idrogeologica della Campania 1:200.000. IV Convegno Internazionale di Geoingegneria, Torino 10-11 marzo 1994. LEONE G., M. MUSSI, 2004 - Environmental isotopes in spring and well waters and undersea sulphurous outflows at Capo Palinuro, Salerno. Geologia tecnica & ambientale, 3/04: 35-55, (con traduzione in italiano). LONGINELLI A., 1999a - Geochimica degli isotopi stabili. In: A. Longinelli-S. Deganello, Introduzione alla geochimica. UTET, 71-129.

pag.41


Foto S. Licciardello ( Eupagurus prideaux )

Fig. 1. Distribuzione delle fanerogame marine presso la costa di Capo Palinuro dal punto a coordinate chilometriche: 523290.33 E – 4435290.93 N al punto: 526378.20 E – 4431414.66 N. Superficie di fondo coperto da Posidonia oceanica: 153.714 m2; superficie di fondo coperto da Cymodocea nodosa: 1.011.945,63. Foto : F. Di Siervi ( Stenopus spinosus - Gambero meccanico, Alifantozza rossa )

pag.5


Capo Palinuro rappresenta un’area di particolare valore ecologico ed ambientale che ospita ben 32 grotte marine sia emerse che sommerse. Tutte sono di tipo carsico, infatti, la natura delle rocce è prevalentemente calcarea e dolomitica, facile quindi all’erosione operata dall’acqua meteorica che filtra attraverso il terreno. Il mare ha successivamente avuto un suo importante ruolo nel modificare la tipologia iniziale soprattutto nelle grotte più superficiali o dove sorgenti idrotermali aumentavano le proprietà corrosive dell’acqua di mare provocando un fenomeno detto di “ipercarsismo” (Alvisi et al, 1994). Le grotte rappresentano un ecosistema peculiare ed unico nel contesto marino. In generale, si tratta di habitat molto particolari, che presentano situazioni assai diverse da quelle riscontrabili nell’ambiente esterno. Ciò si traduce, in pratica, nella possibilità di avere a disposizione una sorta di "laboratorio naturale", con caratteristiche più facili da controllare, il cui studio può essere un valido punto di partenza per quello più complesso dell’ambiente subacqueo tradizionale. Storicamente, le grotte sommerse sono state considerate un modello di studio appropriato per esaminare la distribuzione di organismi lungo gradienti definiti da un numero limitato di fattori (essenzialmente luce ed idrodinamismo) (Acunto et al, 2002). Occorre sottolineare come l'utilizzo turistico di queste cavità possa comportare notevoli problemi, infatti, gran parte delle concrezioni risultano danneggiate, mentre l'uso dei motori dei barconi che portano i visitatori all'interno dei saloni produce un notevole inquinamento dell'aria (Muscio & Sello, 1989). Un interesse particolare viene attribuito alle sorgenti solfuree di Capo Palinuro. Tra il porticciolo di Palinuro e Cala Fetente sono state individuate 13 zone di emissione o di accumulo, a profondità variabili tra 0 e 33 m circa. fig. 2 Il flusso di emissione delle sorgenti non è costante. Con la bassa marea si osserva il massimo di emissione, mentre con l’alta marea, l’acqua tende a ristagnare. L’acqua che fuoriesce dai punti di emissione è limpida, mentre nelle zone di accumulo è alternativamente limpida, o fortemente lattiginosa, in funzione all’attività delle sorgenti. L’aspetto lattiginoso è dovuto all’attività batterica che si esplica dopo la fuoriuscita con formazione di flocculi. La densità delle acque solfuree è sempre inferiore a quella del mare, anche a temperature inferiori.

Foto: Centri Immersione ( Eucinella cavolinii - Gorgonia bianca, Ventaglio di mare)

Foto: F. Di Siervi (Stylocidaris affinis - Corallium rubrum) pag.39


Fig.2

- Punti di emanazioni solfuree, lungo il perimetro del promontorio. Capo Palinuro, Latitudine Nord 40°01’81” , Longitudine Est Greenwich 15°16’74”.

Foto: F. Di Siervi ( Uova di gattuccio - Sciliorinus canicola )

Queste acque tendono quindi a stratificarsi sopra quelle marine e quando la loro diffusione viene ostacolata o modificata, si accumulano, formando degli strati, con dei limiti netti, formati da: verso il basso da popolamenti bentonici, mentre verso l’alto da veli e flocculi di candidi agglomerati batterici. (Alvisi et al., 1994). Alcune di queste sorgenti sono localizzate all’interno di grotte ed hanno assunto una particolare rilevanza in quanto sedi di un peculiare ecosistema basato sulla produzione di materia organica da parte di solfobatteri (Beggiatoa spp.). Questi rappresentano il nutrimento per gli organismi eterotrofi, permettendo così lo sviluppo di una insospettabile ricchezza di specie detrivore e filtratrici che costituiscono una rete alimentare indipendente dalla luce unica nell’ambiente costiero. In passato, nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato dalla Comunità Europea, un gruppo di studio dell’Università di Pisa ha potuto indagare alcuni degli aspetti più interessanti di queste particolari grotte (Abbiati et al., 1994; Airoldi e Cinelli, 1996, 1997; Airoldi et al., 1997; Benedetti-Cecchi et al, 1996a, 1996b, 1998; Bianchi et al, 1998; Cinelli et al, 1994; Southward et al, 1996 ). Foto C. Bertasini ( Scorpaena notata )

pag.7


Grotta Azzurra La Grotta Azzurra è la cavità più conosciuta e visitata di Capo Palinuro. La sua peculiarità principale è la presenza di sorgenti di acqua sulfurea localizzate nella così detta “Sala della neve”. Nella Sala della neve, da una delle tre depressioni situate sul pavimento fuoriesce la sorgente sulfurea principale. Le pareti della cavità interessate dalle sorgenti sono ricoperte da una spessa pellicola bianca, talora molto sfilacciata, di solfobatteri autotrofi e flocculi di materia organica che spesso si staccano dal soffitto per effetto delle bolle scaricate dai subacquei generando un caratteristico “effetto nevicata”. Questi fiocchi di materia organica costituiscono il nutrimento di una ricca comunità ad elevata biomassa, sia di detrivori (come Ophioderma longicaudum) che di filtratori (come Pinna nobilis, Antedon mediterranea, policheti sabellidi) vivente sul pavimento della sala (Abbiati et al., 1994). Si è visto che la produzione operata dai solfobatteri costituisce circa il 31 % della disponibilità totale di materia organica particellata, rappresentando quindi una fonte addizionale di cibo e di energia. Anche i filtratori della comunità residente sulle pareti e sulla volta della cavità approfittano di questo input energetico addizionale e si presentano con biomasse molto elevate: alcune specie di filtratori sessili, come la spugna Geodia cydonium e la sclerattinia Astroides calycularis, presentano condizioni di gigantismo che sono probabilmente correlate alla maggiore disponibilità di cibo. Altri organismi sessili, come il polichete Phyllochaetopterus socialis e l’idroide Eudendrium armatum, mantengono colonie batteriche in prossimità delle loro appendici alimentari, quasi come se praticassero una forma di loro

Foto C. Bertasini ( Cratena peregrina - Lumaca pellegrina )

Foto F. Di Siervi ( Petrosia ficiformis ) Foto: F. Di Siervi (Corallium rubrum - Corallopag.37 rosso )


Foto: F. Di Siervi (Hypselodoris picta picta - Doride dipinto)

Foto E. Amati ( Rhizostoma pulmo - Polmone di mare, Botte di mare )

Pianta parte subacquea, Grotta Azzurra - Capo Palinuro ( M. Alvisi, F. Barbieri, F. Cinelli et al.,1994 )

Foto: S. Acunto (Parazoanthus axinellae, Margherita di mare ) pag.9


Grotta Sulfurea di Cala Fetente La presenza della maggiore sorgente sulfurea della zona è la caratteristica principale della grotta Sulfurea di Cala Fetente, questo la rende la più importante cavità di Capo Palinuro, ma anche la più pericolosa. La sua pericolosità deriva dall’accumulo di Idrogeno Solforato (H2 S) nelle cupole aeree che si sono formate in alcune zone della grotta, inoltre, anche la scarsa visibilità che vi si può generare unita alla complessità del percorso, la rendono adatta solo a subacquei esperti. Sotto l’ingresso aereo si apre una galleria dalla quale fuoriesce un vero e proprio fiume di acqua sulfurea che, pur con fasi alterne di emissione sulla superficie del mare, forma una sorta di polla ribollente (Alvisi et al, 1994). Le pareti immerse della cavità, dalla superficie fino a -9 metri di profondità, sono ricoperte da un evidente strato di solfobatteri così che il percorso subacqueo avviene in un’atmosfera surreale tra blocchi, lame e ponti sospesi, fortemente corrosi e tutti completamente bianchi (Alvisi et al, 1994). Rivivono in questa grotta, così come accade nella sala della neve della grotta Azzurra, le condizioni ambientali delle dorsali oceaniche in corrispondenza di aperture della crosta terrestre. In questi luoghi, la presenza di solfobatteri autotrofi in grado di sintetizzare materia organica permette lo sviluppo di ecosistemi indipendenti dalle radiazioni solari.

Foto C. Bertasini ( Marthasterias glacialis - Martasteria,stella - particolare)

Foto F. Di Siervi ( Stella pentagono ) Sezione Grotta Sulfurea di Cala Fetente - Capo Palinuro ( M. Alvisi, F. Barbieri, 1994 )

pag.35


Foto: EMC (Grotta sulfurea - ingresso) Foto C. Bertasini ( Aiptasia mutabilis )

Foto C. Bertasini ( Ophidiaster ophidianus - particolare stella marina)

Foto: A. Polito (Grotta sulfurea - interno, sub in esplorazione) pag.11


Foto : S. Acunto ( Cliona e Astroides calycularis ) Foto C. Bertasini ( Leptopsammia pruvoti, Madrepora gialla )

Foto : S. Cipriani ( Eriphia spinifrous )

Foto E. Amati ( Sabella spallanzanii - Spirografo, Ombrella di mare ) pag.33


Foto: F. Di Siervi (Luria lurida - Porcellana, Ciprea )

Foto F. Di Siervi ( Protula tubularia - Verme ciuffo bianco)

Grotta Viola Anche la Grotta Viola si apre all’interno di Cala Fetente, si tratta della cavità di Palinuro di più recente scoperta (agosto 1991). Deve il suo nome ai riflessi violacei provocati da patine di manganese presenti subito sopra il pelo dell'acqua dei laghi interni. La parte iniziale della grotta è costituita da una prima sala sommersa con fondo a 14 m di profondità. Dalla sala iniziale si accede alla seconda che presenta un fondo limoso che può facilmente intorbidire l’acqua. Risalendo a 7 m di profondità, s'incontra l'acqua solfurea che arriva fino alla superficie. Si riemerge in un ampio lago tappezzato da interessanti concrezioni. L'aria, in questo tratto emerso dalla grotta, è respirabile, ma è sempre consigliabile prestare molta attenzione in questi ambienti "chiusi". Risalendo lungo il Ramo Aereo del Pomeriggio s'incontra un altro lago di acque sulfuree che comunica con il sottostante Ramo Subacqueo Infangato. Tutta la parte aerea del Ramo del Pomeriggio è riccamente concrezionata e presenta numerose cristallizzazioni di gesso molto belle. Foto S. Cipriani ( Janolus cristatus )

pag.13


Il Ramo Subacqueo Infangato è molto basso e ricco di sedimento fine che rende pericoloso il suo percorso; termina in una fessura da cui sembra fuoriuscire la sorgente sulfurea (Alvisi et al., 1994).

Foto C. Bertasini ( Flabellina affinis - Flabellina lilla)

Pianta parte subacquea, Grotta Viola - Capo Palinuro ( M. Alvisi, F. Barbieri, P. Colantoni, 1994 )

Foto F. Di Siervi ( Interno grotta delle Corvine) Foto: C. Bertasini (Discodoris atromaculata pag.31 - Vacchetta di mare)


Grotta dei Monaci Sempre all’interno dell’insenatura di Cala Fetente si apre la Grotta dei Monaci. La grotta ha una profondità media di 3 m, è lunga circa 40 m per una larghezza media di circa 4 m. La cavità è visitabile in barca e deve il suo nome ad una serie di grosse stalagmiti di color marrone che ricordano l’aspetto di un gruppo di monaci. La parte subacquea segue l’andamento di quella aerea ad eccezione di un ramo laterale che prosegue a circa 2 m di profondità per 15 m. In fondo a questo ramo è presente una piccola sorgente di acqua dolce. Lo sviluppo della maggior parte della cavità e l'andamento del fondo la fanno interpretare come una tipica grotta prodotta dall’erosione marina, il ramo laterale può essere invece interpretato come un condotto carsico ( Alvisi et al.,1994 ).

Foto: F. Di Siervi (Hypselodoris valenciennesi - Doride dipinto )

Foto: C. Bertasini (Discodoris atromaculata, Flabellina affinis, Hypselodoris coelestis )

Foto : EMC ( Grotta dei Monaci )

pag.15


Foto : S. Acunto ( Eunicella cavolinii )

Foto: C. Bertasini ( Esplorazione in grotta )

Foto : S. Acunto ( Balanophyllia europaea ) Foto : F. Di Siervi ( Alicia mirabilis )

pag.29


Il metodo del grattaggio è stato anche utilizzato per il prelievo di campioni dell’epifauna vagile (es. per la raccolta di anfipodi, molluschi e policheti). Lo strumento più frequentemente utilizzato per la raccolta di specie ittiche criptiche e di piccole dimensioni è il retino a mano, spesso con l’ausilio di anestetici spruzzati all’interno di piccole cavità. Un altro strumento utile al campionamento dell’epifauna vagile è la sorbona, Metodi non distruttivi - Le principali metodiche che non prevedono il prelievo di campioni sono rappresentate dai rilevamenti fotografici (ma anche video) e dal censimento visivo. Non richiedendo l’asportazione degli organismi oggetto di studio, i campionamenti non distruttivi presentano il notevole vantaggio di poter essere ripetuti senza recare nessun danno all’ambiente. I metodi fotografici sono stati largamente utilizzati per il campionamento degli organismi del benthos di fondo duro sia in grotta che nel coralligeno. Il censimento visivo del benthos consiste nella valutazione in situ (da parte di operatori esperti) dei taxa presenti e dei relativi valori di ricoprimento all’interno di superfici di riferimento. Le tecniche di censimento visivo della fauna ittica sono state sviluppate per lo studio dei popolamenti ittici associati a diversi habitat sommersi compreso quello di grotta. La fauna ittica viene censita e quantificata tramite conteggi effettuati secondo procedure standardizzate. Tuttavia, date le peculiarità degli ambienti di grotta, tali tecniche sono state modificate ed adattate a questo tipo di habitat. Tra i metodi visuali si possono anche annoverare quelli che impiegano videocamere talvolta montate su veicoli filoguidati (R.O.V.).

Grotta del sangue Si trova nella Cala della Lanterna ed ha uno sviluppo di circa 80 m. La galleria di ingresso è lunga circa 40 m per una profondità di circa 3 m. Segue poi un tratto aereo che conduce ad un lago interno di circa 12 x 6 m invaso da acqua salata. È visitabile in barca e deve il suo nome alla colorazione di alcune concrezioni rossastre situate nella parete interna di destra che spiccano sul bianco della calcite. Una piccola sorgente sulfurea è presente nella parte sommersa al termine del lago principale mentre altre modeste risorgenze si trovano tra i massi d'ingresso (Alvisi et al., 1994 ).

Pianta parte subacquea, Grotta del Sangue - Capo Palinuro ( M. Alvisi, F. Barbieri, P. Colantoni, 1994 )

Foto: C. Bertasini (Ingresso in grotta ) Foto : EMC ( Grotta del Sangue )

pag.17


Grotta dell’Argento

Tecniche di rilevamento bionomico

La cavità si apre all’interno della Cala della Lanterna. È costituita da una galleria invasa dal mare, lunga circa 25 m per una larghezza media di 3 m nel primo tratto. Lungo il lato destro, dopo circa 8 m, si diparte un cunicolo leggermente ascendente lungo circa 15 m e parzialmente occupato dall'acqua. La grotta è meta di visite turistiche in barca e deve il suo nome ai particolari riflessi argentei, presenti soprattutto nella parte più interna della cavità, provocati dalla luce che si riflette su di un sottile velo superficiale di acque sulfuree. Da sottolineare anche una parte emersa della grotta riccamente concrezionata (Alvisi et al., 1994). L'acqua sulfurea esce da almeno due sorgenti connesse a spaccature profonde. La grotta si è quindi sviluppata su due livelli sovrapposti e deve la sua origine a prevalenti fenomeni di carsismo, tuttavia, anche le acque marine esercitano un’intensa attività erosiva soprattutto sul piano superiore. L'asse principale della cavità è attraversato da fratture che hanno dato origine a stretti rami laterali.

Pianta parte subacquea, Grotta dell’Argento - Capo Palinuro ( M. Alvisi, F. Barbieri, P. Colantoni, 1994 )

Foto : F. Di Siervi ( Diaphorodoris papillata, Doride papille rosse )

Per bionomia si intende la descrizione dell’ambiente attraverso criteri biologici. Il suo campo di studi è il riconoscimento delle specie o raggruppamenti di specie presenti, come sono distribuite e perché presentano quel particolare tipo di distribuzione. Per realizzare questo tipo di studio è necessario applicare delle tecniche di rilevamento che possono essere sostanzialmente ricondotte a due tipologie: 1. Rilevamento lungo un percorso stabilito (transetto) 2. Rilevamento puntiforme in un sito specifico ben delimitato (quadrato) Entrambi i metodi derivano dalla pratica dell’ecologia terrestre e sono stati adattati all’ambiente marino senza sostanziali modifiche.

Il campionamento biologico subacqueo Per campionamento si intendono tutte quelle tecniche che permettono di ottenere informazioni sulla struttura e la dinamica dei popolamenti animali e vegetali per mezzo dell’analisi di una loro piccola parte. Tra i vantaggi del campionamento subacqueo indubbiamente uno dei più importanti è quello di permettere di operare in ambienti, come i fondi rocciosi, le grotte ecc., altrimenti inaccessibili con strumenti di campionamento indiretto. Inoltre, è possibile operare campionamenti e misure mirate su particolari organismi ed infine permette la caratterizzazione dell’area in cui si opera. Solo a partire dagli anni ‘70 sono state effettuate le prime ricerche subacquee basate su indagini quantitative delle comunità biologiche di grotta e solo nella seconda metà degli anni ’80 è cominciato lo studio approfondito dei fattori fisico-chimici. Per quanto riguarda le comunità biologiche, la maggior parte degli studi ad oggi disponibili sono stati condotti sui popolamenti sessili di substrato duro e sugli organismi vagili. I metodi utilizzati si possono suddividere in “distruttivi” e “non distruttivi”. Metodi distruttivi - Il metodo del grattaggio rappresenta il metodo classico di campionamento quantitativo dei popolamenti bentonici di substrato duro. Il prelievo avviene asportando con scalpello e mazzuolo interi pezzi di substrato all’interno di superfici standard, tradizionalmente in Mediterraneo di 20 × 20 cm. ). pag.27


Rilevamento e campionamento biologico subacqueo Stefano Acunto Dipartimento di Biologia, Unità di Biologia Marina ed Ecologia. Università di Pisa Via A. Volta, 6 – 56126 PISA

La conoscenza di una grotta passa attraverso studi in grado di rilevarne la morfologia e studi che ne caratterizzino gli aspetti biologici ed ecologici. Tali studi hanno ricevuto un notevole impulso grazie all’evoluzione delle tecnologie che hanno permesso all’immersione subacquea di divenire una pratica sempre più sicura.

Il rilevamento subacqueo Col termine "rilevamento" si intendono tutte le operazioni che consentono di mappare, cioè di raffigurare su una cartina, le caratteristiche morfologiche dell’ambiente oggetto di studio: un tratto di fondo marino, una grotta. Dai dati raccolti si possono ottenere mappe, piante e sezioni attraverso un’opportuna elaborazione: la restituzione cartografica. Se a questo rilievo di base sovrapponiamo informazioni specifiche di tipo geologico o biologico, ecco che otteniamo una carta tematica. Il rilevamento subacqueo non richiede l'uso di attrezzature particolarmente complesse o costose, ma richiede che il subacqueo sia ben preparato ed allenato per le immersioni, soprattutto quando si deve operare in condizioni ambientali difficili (grotta, scarsa visibilità, corrente, acqua fredda ecc.). E' importantissimo avere un'ottima padronanza delle tecniche di immersione, in quanto, durante il rilevamento subacqueo, l'attenzione sarà più rivolta al lavoro da svolgere che non al controllo dell'immersione, che rimane principalmente affidato agli automatismi acquisiti con la pratica. Per questi motivi è di fondamentale importanza effettuare un’accurata pianificazione dell'immersione.

Il contributo dei metodi basati sugli isotopi ambientali, alla conoscenza degli acquiferi e delle manifestazioni sulfuree dell’area circostante Capo Palinuro Mario Mussi* e Gabriello Leone*⊕ * Istituto di Geoscienze e Georisorse, Area della Ricerca CNR Via G. Moruzzi, 1- 56124 Pisa ⊕) Dip. di Scienze dell’Uomo e dell’Ambiente, Univ. di Pisa, Via Delle Belle Torri, 18 - 56127 Pisa )

La tutela e la corretta gestione della risorsa idrica, pur essendo un problema antico come la civiltà umana, si è imposta con il dovuto vigore all’attenzione del comune cittadino e della pubblica amministrazione solo negli ultimi anni grazie ad una più marcata sensibilità ambientale. La conoscenza della disponibilità e della qualità delle acque circolanti in un determinato territorio è pertanto fra gli argomenti di studio che maggiormente interessano la collettività. Con queste premesse è molto importante lo sviluppo e l’applicazione di moderne tecnologie analitiche ed interpretative, quali le tecniche isotopiche, che possono aiutare a ricostruire il percorso ipogeo delle acque dal momento della precipitazione atmosferica fino a quando tornano disponibili all’uso da parte dell’uomo. L'abbondanza relativa degli isotopi naturalmente formanti la molecola dell’acqua, misurata dai rapporti 18O/16O, 2H/1H, 3H/H, e di alcune sostanze disciolte, ad esempio il rapporto 13C/12C nella CO2, rappresenta, infatti, un tracciante naturale del ciclo idrologico, registrando origine, storia ed interazione con le rocce dei corpi d’acqua. Escludendo il trizio (3H), radioattivo e in parte d'origine antropica, sono tutti isotopi stabili, quindi non soggetti al fenomeno del decadimento radioattivo, ma che variano la loro distribuzione a causa dei processi fisici e chimici che interessano la massa d’acqua. (Longinelli, 1999a, b) In questo contesto, è stata studiata la composizione isotopica, ed in parte anche chimica, delle acque presenti negli acquiferi della zona circostante Capo Palinuro e dei fluidi nelle manifestazioni idrotermali presenti nell'area ( Leone e Mussi, 2004 ). pag.19


Fra l’altro, ciò rappresenta un ulteriore contributo alla migliore conoscenza della natura delle famose sorgenti sulfuree e dei delicati equilibri alla base dell'ecosistema ad esse connesso (Acunto et al., 2002).Il campionamento ha interessato l’area retrostante Capo Palinuro (fig. 1), estesa nell’entroterra fino a toccare i 1700 m di quota del Monte Gélbison ed è stato articolato in due campionamenti, negli anni 1998 e 1999, il primo di questi in concomitanza con l’anomalia meteorologica culminata nell’evento catastrofico che ha interessato l’area vicino a Sarno, il secondo ad un anno esatto di distanza, in un periodo senza fenomeni di rilievo. Sono state campionate le acque di sorgenti, pozzi e scorrimento superficiale nell’area Pisciotta – Palinuro – Centola - Montano Antilia – Rofrano – M. Sacro o Gélbison; sono poi stati raccolti, sia nel 1998 sia nel 1999, numerosi campioni di acqua e gas nella zona delle emergenze sulfuree sottomarine e nelle grotte sommerse (Alvisi et al., 1994), grazie al fondamentale aiuto dei subacquei locali, esperti della zona. I dati isotopici ottenuti da pozzi e sorgenti hanno permesso, fra l’altro, di valutare in dettaglio la composizione isotopica delle piogge locali, in particolare le caratteristiche della “retta locale delle acque meteoriche” vale a dire la tipica disposizione dei valori isotopici delle piogge sul diagramma avente per assi la composizione isotopica dell’ossigeno e quella dell’Idrogeno, ed il gradiente isotopico verticale; sono questi elementi che permettono di stimare le aree di ricarica, i tempi di percorrenza e la vulnerabilità delle sorgenti a fenomeni meteorici particolare intensità. Su questa base, vedi la figura 2, le sorgenti costiere di bassa quota, fino ai 100 m, come pure quelle collinari che arrivano ai 500 m, appaiono alimentate da circuiti idrogeologici che si originano a quote chiaramente più elevate di circa 500 m per le prime e di circa 700 per le altre, con quote di alimentazione massime stimabili in circa 900 m, quindi ben sopra di quanto valutabile su base geomorfologica e, nel caso del promontorio di Capo Palinuro, da quote nettamente più elevate del promontorio stesso.Infine, è interessante osservare che il basso valore misurato per il gradiente isotopico con la quota, è una tendenza che accomuna questa area con la costa della Versilia (Mussi et al., 1998), anch’essa sede di eventi meteorici improvvisi di portata anomala.

Il caschetto serve a proteggere dagli urti ed è un comodo supporto per le luci che lascia libere le mani. Il rocchetto serve a contenere la sagola che è l’unico mezzo sicuro per ritrovare l’uscita. Naturalmente bisogna essere pratici nel suo uso e sapere dove e come far passare la sagola. Il tronchesino si usa al posto del coltello perchè permette di tagliare anche sagole in bando, con una sola mano. Aggiungiamo poi che il monobombola va bene per la caverna ma in grotta si usa il bibombola separato, respirando alternatamente da una e dall’altra bombola ogni circa 20 bar di pressione. Si utilizza la regola dei terzi ( a volte dei quinti), 1/3 del gas respiratorio per l’andata, 1/3 per il ritorno e 1/3 si tiene di scorta. L’immersione in grotta ci permette di incontrare organismi particolari e constatare i loro adattamenti, di vedere stalattiti e stalagmiti sommerse che migliaia di anni fa erano all’aria aperta e di spaziare con la fantasia in ambienti surreali. Teniamo sempre presente però l’enorme differenza tra un’incosciente che non ha paura del buio e uno speleosubacqueo adeguatamente preparato.

Foto : F. Di Siervi ( Umbraculum mediterraneum pag.25 )


Immergersi in Grotta Fabio Barbieri Palinuro Sub Diving Center L’immersione in grotta rappresenta una delle ultime frontiere del Sesto Continente e contribuisce ad aumentare il bagaglio tecnico e culturale del subacqueo. Dobbiamo fare una distinzione tra Caverne e Grotte. Le caverne sono cavità ampie, con la luce naturale sempre visibile mentre nelle grotte dominano il buio e la presenza di cunicoli vari. Comunque, anche quando la luce del sole è visibile ma il percorso lineare dalla superficie del mare al punto più interno della cavità supera i 50 metri, il subacqueo deve considerarsi in grotta. Nell’uso comune e per comodità, entrambe le tipologie vengono chiamate grotte. Per immergersi in caverna è sufficiente l’attrezzatura standard facendosi guidare da persone esperte, in grotta no. Queste precisazioni sono importanti per tutti coloro che per ricerca scientifica, esplorazione, turismo o soccorso, operano in questi ambienti particolari. La particolarità è data principalmente da due fattori che sono il buio e l’impossibilità materiale ad emergere sulla verticale in ogni momento dell’immersione infatti per uscire dobbiamo ripercorrere obbligatoriamente il tragitto fatto. Intorbidimento dell’acqua, problemi alle luci e all’attrezzatura, esaurmento del gas respiratorio sono inconvenienti che in ambiente grotta pesano maggiormente. Questo rende evidente la necessità di non improvvisarsi speleosubacquei ma di valutare attitudini, conoscenze, capacità e attrezzature. L’attitudine va valutata con una sincera analisi di come ci si sente al buio e con un tetto di roccia sulla testa. Capacità e conoscenze sono quelle di un buon subacqueo di acque libere, incrementate da nozioni e tecniche specifiche per rendere sicure le immersioni. Esistono appositi corsi che avvicinano gradualmente a questa disciplina. Le attrezzature vanno tarate in base alla difficoltà della cavità. Gli strumenti che più caratterizzano lo speleosubacqueo, sono il caschetto, il rocchetto con la sagola guida ( il filo d’Arianna ) e il tronchesino.

Questo fenomeno è legato alla formazione di moti turbolenti nella bassa atmosfera, che si originano alla presenza di rilievi montuosi costieri quando interessati da correnti provenienti dal mare, e può essere oggetto di valutazione e monitoraggio anche su base isotopica. L’acqua marina ha una composizione isotopica pressoché uniforme e costante, ben diversa da quella delle piogge che originano le acque dolci. In linea di massima questo permette di valutare quantitativamente la mescolanza di acqua marina e di origine meteorica, anche quando i dati chimici sono di dubbia interpretazione. D’altra parte il campionamento subacqueo di emissioni sul fondale, spesso in situazioni ipogee, è intrinsecamente complesso e spesso i campioni possono non essere ben rappresentativi del fluido in studio. I dati raccolti nelle manifestazioni idrotermali hanno comunque permesso una prima valutazione del mescolamento fra la componente di acqua dolce e quella marina, che è risultata essere decisamente la più abbondante, e di considerare la presenza di una componente termale profonda ad elevata salinità. Tempi di circolazione di svariate decine di anni sono infine ipotizzabili, tramite le concentrazioni in trizio, per i circuiti che alimentano le manifestazioni e, nel loro insieme, i dati isotopici e chimici suggeriscono percorsi lenti e profondi con acque che potrebbero provenire anche dalle idrostrutture carsiche confinanti la zona di Capo Palinuro, vedi figura 3. L’utilizzo delle tecniche isotopiche in questa area, qui sommariamente ricordato, ma ampiamente descritto nel lavoro di Leone e Mussi (2004), rappresenta un ulteriore contributo alla conoscenza ed al razionale sfruttamento degli acquiferi locali e costieri, anche nell’ottica di una salvaguardia ambientale estesa a preservare il delicatissimo e raro equilibrio bio-ambientale che si osserva nelle sorgenti sulfuree di Capo Palinuro che sono, almeno in parte, alimentate dagli acquiferi che coinvolgono l’area montuosa retrostante.

Foto F. Di Siervi (Stylocidaris affinis - Riccio saetta )

pag.21


Fig. 1 Schema semplificato della permeabilità delle litologie affioranti nell’area di Capo Palinuro, (modificato da Budetta et al., 1994)

Valori riportati al bacino di alimentazione Sorgenti dell’area di Palinuro Pozzi della piana Acque della zona di S.Severino Sorgenti medio collinari Relazione d18O/quota

1800 1600 1400 1200

Fig. 2. Questo grafico mette in relazione la composizione isotopica delle acque con la quota di alimentazione del circuito idrologico. La retta di correlazione locale fra quota e composizione isotopica è costruita sulla base di nove sorgenti risultate le più stabili nel tempo, utilizzando la quota di alimentazione media degli acquiferi interessati, stimata su base geomorfologica. E’ così possibile stimare una quota di alimentazione per tutti i punti d’acqua campionati nell’area semplicemente proiettando sulla retta stessa i valori isotopici misurati e leggendo la quota corrispondente sull’asse verticale di sinistra, come indicato in figura per le acque di San Severino.

Fig. 3. Composizione isotopica dell’ossigeno delle acque nella zona fra Capo Palinuro ed il Monte Bulgheria e sezione schematica della circolazione.

Gradiente isotopico con la quota = -0.14/‰/100m

1000 800 600 400 200 0 -8

Quota in metri slm

-7,5

-7

-6,5

-6

-5,5

-5

δ18 O ‰ Composizione isotopica dell’ossigeno delle acque

Fig. 2 Foto F: Di Siervi ( Thuridilla hoepi )

pag.23


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.