Questa tesi tenta di approfondire quali furono, nella disciplina architettonica,
gli effetti della Raumrevolution: concetto maturato in Carl Schmitt e
ripreso da Matteo Vegetti con l’intento di rileggere i fenomeni prendendo
in considerazione l’aspetto spaziale della realtà. Il disorientamento e la
confusione di scale che provocò la conquista dell’elemento prima dell’aria
e poi dell’etere, come nuovo spazio per l’uomo, portò infatti a una perdita
di fiducia nelle solite coordinate spaziali, che negli anni del forte fervore
giovanile postbellico si tramutò in necessità di progettare utopie e distopie.
Paradossalmente furono proprio queste visioni a descrivere il mondo con la
più lucida e disincantata aderenza al reale.