Pubblico E Futuro

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... Eppur si

muove

questo esecutivo siano considerazioni da fare con prudenza e non perché le due singole considerazioni non abbiano motivazioni d’essere, ma perché insieme a ciò c’è un’altra considerazione a mio giudizio importante che deve accompagnarle: questo Governo, lunga o breve che sia la sua durata, qualcosa deciderà di fare, dovrà fare, tanto urgenti e pressanti sono le questioni che il paese si trova ad affrontare nel bel mezzo di questa crisi epocale. Una intera classe politica, è ormai chiaro, sta giocandosi la sua ultima chance, la sua ultima opportunità di sopravvivenza e questa può essere, almeno per me, la variabile impazzita che rischia, in un verso o nell’altro, di trasformare silenziosamente la debolezza di questo Governo nella sua forza principale.

Siamo ormai abituati a considerare da tempo i contesti entro i quali sviluppiamo la nostra azione sindacale sempre e comunque come i più complicati, i più rischiosi per la tenuta di quella idea di lavoro pubblico, di welfare e di democrazia che caparbiamente la Cgil intende continuare a rappresentare e a difendere. Lo abbiamo fatto, negli anni recenti, di Penso che lavorando con convinzione fronte a Governi la cui “orgogliosa” alla ripresa di un percorso unitario il confronto identità politica coincideva perfettamente con una linea di totale sul tema del lavoro pubblico possa e debba contrapposizione alla nostra; abbiamo riprendere con uno spirito più possibilista ripetuto tale considerazione anche di quelli che siamo riusciti a cogliere quando a quella precisa identità si anche nelle nostre controparti. sono sovrapposte le caratteristiche Dunque, dobbiamo essere cauti nel “tecniche”, solo in apparenza neutre. considerare carature, prospettive e capacità di Ma se ci interroghiamo sul livello di difficoltà incidere dell’esecutivo Letta, provando a fare i che ognuno di noi avverte oggi, non solo conti, nella formazione delle nostre strategie rispetto ai drammi che una crisi lunga ormai sindacali, anche con il fattore “ultima cinque anni ci consegna, ma anche e spiaggia”: per quel che ci riguarda è proprio soprattutto rispetto alla labilità, quello che intendiamo fare come categoria. all’indeterminatezza di una chiara prospettiva Rivendicare con forza, oggi più di ieri, il rinnovo politica per i prossimi anni, io penso che la del contratto collettivo nazionale di lavoro per risposta possa essere univocamente questa: si, le lavoratrici e per i lavoratori pubblici, scaduto oggi più che mai, avvertiamo tutto il peso di da quattro anni, muove, da un lato dalla un’ulteriore ed inaspettata difficoltà. riconferma che il tema del salario dei Quella di un Governo senza una identità precisa, dipendenti pubblici è oggi uno dei punti di con contraddizioni al suo interno che giudicare maggiore difficoltà per le persone che enormi è poco, con una idea di prospettiva che intendiamo rappresentare (oltre che un non sembra non andare oltre l’oggi. Un Governo sacrosanto diritto che non intendiamo lasciare debole, affermano in molti, sul quale il livello di sul campo di battaglia) e, dall’altro, dalla aspettativa e di speranza è stato percepito da consapevolezza che questo è un Governo che, subito basso, quasi inesistente. comunque, su questa questione dovrà Io penso che, innanzitutto, la questione della decidere, inevitabilmente e a breve. scarsa identità e della presunta debolezza di


Le reazioni che abbiamo registrato alla fine della scorsa settimana, che consapevolmente abbiamo voluto caratterizzare come Fp Cgil sotto le parole “STOP PRECARIETÀ E SUBITO I CONTRATTI” sono la dimostrazione, almeno a mio giudizio, che quella presunta debolezza del Governo, può trasformarsi da un momento all’altro, pur anche in maniera sporadica e schizofrenica, in una azione decisa e precisa che deve essere misurata di volta in volta, di volta in volta contrastata, rilanciata o condivisa. Affermo ciò principalmente per due ragioni. Per la prima volta abbiamo assistito a reazioni di esponenti del Governo e/o del Parlamento che non solo non hanno sbrigativamente licenziato il tema del diritto al rinnovo del CCNL come la solita “provocazione” di una Cgil che non abbandona il suo “spirito corporativo e conservatore”, ma che, al contrario, hanno dato “diritto di cittadinanza” a queste ragioni, pur, ovviamente, come ha fatto il Ministro D’Alia, ponendo contestualmente il problema delle risorse. Non è un cambiamento epocale, certo, ma un segnale che a mio giudizio va colto e sperimentato fino in fondo, se vogliamo seriamente provare a produrre un risultato a riguardo. L’altra ragione è legata al problema dei precari delle pubbliche amministrazioni. Il decreto licenziato oggi dal Consiglio dei Ministri, che proroga di altri sei mesi la scadenza dei contratti di lavoro precario è l’altro segnale. Dovuto, potrebbero dire in molti, inevitabile, aggiungeranno altri, ma, dico io, non scontato, considerato l’approccio “storico” che i Governi passati, per ultimo quello del Professor Monti, hanno sempre avuto quando si è trattato di dare risposte, pur emergenziali, a questo problema. Certo, adesso va aperta subito una interlocuzione concreta con il Governo affinché questo sia l’ultimo provvedimento di proroga che preceda la definitiva stabilizzazione degli oltre 160.000 lavoratori e lavoratrici

precarie; ma almeno una prima risposta sembra essere stata data. E allora, in conclusione, io penso che, lavorando con convinzione alla ripresa di un percorso unitario, per il quale la manifestazione delle confederazioni indetta per il 22 giugno pv. è un appuntamento centrale, il confronto sull’intero tema del lavoro pubblico possa e debba riprendere con uno spirito più possibilista di quelli che, in altre recenti occasioni, siamo riusciti a cogliere anche nelle nostre controparti. Magari, perché no, ricominciando quel confronto proprio dall’intesa sul lavoro pubblico sottoscritta unitariamente nel maggio del 2012, intesa nella quale temi come la riorganizzazione ed il miglioramento del sistema dei servizi, la democrazia, la contrattazione e, appunto, il lavoro, stabile e precario, erano declinati in maniera totalmente compatibile, almeno nei principi, con quell’idea di lavoro, di welfare e di diritti propri della nostra azione politica.

ROSSANA DETTORI


N. 2 – maggio 2013 In attesa di autorizzazione richiesta al Tribunale di Torino in data 29/1/2013

Il terzo numero di PubblicoeFuturo è nato dai pensieri e dalle penne di: SARA BRUGA RSU Provincia di Torino – Segr. Fp Novara STEFANO CARIANI Precario Regione Piemonte ROSSANA DETTORI Segr. Gen. Naz.le FP CGIL ELENA FERRO Segr. Conf. CGIL Piemonte ANNADONATA GRECO Coord. FP CGIL Ministero Giustizia - DAP DEBORAH LUGLI Redattore LAURA MAZZETTI per conto Coord. Donne Sicurezza FP Reg.le SERGIO NEGRI Giornalista ITALO PEDACI Apparato FP Reg.le MARA POLITI Segreteria Reg.le ROBERTO RIGGIO RSU Arpa Piemonte

Le fotografie sono prodotte dalle compagne e dai compagni della categoria Tutte le altre immagini sono prelevate dal web nel rispetto delle normative vigenti

Grafica e impaginazione Deborah Lugli Prodotto in proprio Funzione Pubblica CGIL PIEMONTE 10152 Torino, Via Pedrotti, 5 Chiuso il 23 maggio 2013

SOMMARIO • ...EPPUR SI MUOVE Rossana Dettori • IL FISCO IN PIEMONTE Elena Ferro

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• PER I PRECARI, SEMPRE MENO “PUBBLICO E FUTURO”? Stefano Cariani

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• IL FUTURO DELLE PROVINCE. UNO SGUARDO DALLA PROVINCIA DI NOVARA Sara Bruga • UN COMITATO PROVINCIALE PER LA DIFESA DEL WELFARE Luciano Bersano • MISSION POSSIBILE? Roberto Riggio • LA STORIA DI UN CAMMINO IN SALITA Anna Greco • DONNE IN POLIZIA: SPECIE PROTETTA Coord. Donne Sicurezza • DANNI COLLATERALI Italo Pedaci

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• L’AMORE CHE SI TRASFORMA NEL SUO OPPOSTO Mara Politi

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• PIÙ DI CENTO ANNI Sergio Negri

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• BO TSATÌ SE PREN SE GNEUN LO DEFEND Deborah Lugli

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• Taccuino

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• Pubblico in rete

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Il Fisco in Piemonte

reddito, ma è assolutamente sbagliato aumentare ancora la pressione fiscale in Piemonte. Non è così che si crea sviluppo. Noi abbiamo chiesto di colpire le ricchezze, ivi comprese quelle patrimoniali, e di introdurre fasce di esenzione per le categorie sociali più deboli. Su questi temi non c'è stata nessuna risposta, per questo occorre continuare la rivendicazione. Il risultato è che a differenza di quanto dichiarato, le mani in tasca ai cittadini sono state messe, eccome. E i fatti sono questi: dal 2008 ad oggi la pressione fiscale in Piemonte per i redditi al di sotto dei 15.000 euro (al lordo dell'aumento dal 2014) sarà incrementata dell' 81%, contro un incremento del 33% sulla fascia di reddito 28.000-55.000 euro e del 54,71% per la fascia oltre i 100.000 euro. Il messaggio è chiaro: Paga di più chi è più debole. Altro che progressività ed equità! A ciò si aggiungano le reticenze ingiustificate di molti EELL che non intendono applicare differenziazioni in termini di esenzione tra redditi da lavoro dipendente e autonomo. Eppure la differenza è chiara: la base imponibile dei redditi da lavoro dipendente è fissata e inequivocabile, quella dei lavoratori autonomi è auto dichiarata. È sbagliato non tenerne conto. A ciò si aggiungano gli aumenti effettuati dai comuni. Vincolati dal Patto di Stabilità, alla ricerca di risorse di cassa per pagare stipendi e servizi, i Comuni hanno aumentato anche finoall'aliquota massima l'addizionale all'Irpef

Sarebbe il tempo di riflettere su cosa ha prodotto la riforma del titolo quinto della Costituzione e sull'idea che il trasferimento di funzioni dal centro al livello regionale potesse, a parità di gettito, generare efficienze , perchè i fatti sono altri: si sono moltiplicati i modelli e i costi e forse anche le differenze, e non solo tra nord e sud. È sicuramente così per la politica fiscale. Il “decentramento” ha prodotto un significativo incremento della pressione fiscale sui contribuenti in Italia: dal 27% registrato nel 1970 (anno di nascita delle Regioni) si è ora arrivati al 46%, per stima dell'Unione Europea. A ciò si aggiunga l’adozione del “Fiscal compact” che impegna l’Italia e gli altri Paesi Europei con un debito pubblico superiore al 60% del PIL a rientrare entro questa soglia nell'arco di 20 anni. Ciò significa una cosa sola: tagli alla spesa pubblica, ai servizi e ai salari. Se mettiamo insieme le due cose, risulta evidente come i destinatari di queste manovre siano sempre gli stessi. I cittadini lavoratori e i pensionati. È indubbio, infatti, che il peso di questi provvedimenti ispirati al rigore cada tutto su lavoratori e pensionati. Vale anche per la Regione Piemonte, che ha aumentato dal 2014 l'addizionale all'IRPEF regionale per recuperare circa 160 milioni di euro utili a ripianare i debiti di bilancio. L'80% dell'IRPEF è pagata da lavoratori e pensionati. Le imprese e le attività La difesa dei redditi di lavoratori e pensionati passa finanziarie sono ancora una volta escluse dal concorrere attraverso la difesa e la rivendicazione dei contratti a pagare il prezzo di una crisi nazionali di lavoro e della previdenza pubblica che interroga anche loro. comunale. Sono 90 i comuni in Piemonte ad È positivo che la Giunta abbia accolto la averla applicata, per un totale di 1.538.772 richiesta che CGIL-CISL-UIL del Piemonte abitanti. Significa che Torino è tra questi. avevano avanzato un anno e mezzo fa di Purtroppo al momento solo 76 comuni nel introdurre gli scaglioni di reddito e le aliquote differenziate, ovvero crescenti al crescere del 2013 hanno applicato aliquote progressive in


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base al reddito, per tutti gli altri gli aumenti sono stati effettuati in modo lineare. Se non si allarga l'ambito dell'applicazione della manovra fiscale, sul fronte dei servizi la contrazione delle risorse produrrà la programmazione strutturale del taglio alla sanità e ai servizi pubblici. Se in Piemonte si potesse ragionare di entrate nel loro complesso, allora vorremmo chiedere, come abbiamo fatto ai tavoli regionali, che l'IRAP, che finanzia la sanità pubblica, non si deve ridurre indifferentemente, anzi può e deve essere uno strumento per determinare quella

tassazione sulla ricchezza finanziaria che manca in questo paese e in questa regione, a differenza di altre. La progressività che chiede il sindacato parla anche di tassazione sulla casa. L'introduzione della cedolare secca ha garantito consistenti risparmi fiscali per effetto dello “sconto” sull'Irpef in particolare per i redditi più elevati detentori di immobili da affitto. L'effetto di questa tassazione agevolata ha garantito un vantaggio fiscale e un risparmio con effetto regressivo sul reddito! E sono i detentori di grandi patrimoni immobiliari che ci hanno guadagnato di più. Sull'IMU: chiedere oggi la cancellazione della tassazione sulla prima casa senza tenere conto dei patrimoni è sbagliato. La CGIL ne chiede la cancellazione, ma per i detentori della prima e unica casa, applicando sul resto quel principio di progressività sui redditi ivi compresi quelli da patrimoni mobiliari e immobiliari troppo spesso esclusi dalla base di calcolo. È certo che la difesa dei redditi di lavoratori e pensionati passi attraverso la difesa e la rivendicazione dei contratti nazionali di lavoro da un lato e della previdenza pubblica dall'altro.

Ma la revisione complessiva del sistema del prelievo fiscale in questo Paese è altrettanto urgente e necessita di riequilibrio. È ciò che la CGIL chiede da tempo e che sempre più consapevolmente i cittadini anche nella nostra regione sostengono. Lo testimonia la grande partecipazione allo sciopero e manifestazione del 18 aprile contro le politiche regressive del Governo Cota. Quelle cittadine e cittadini chiedono risposte forti. Il sindacato deve sapere rappresentare quella domanda di equità che si leva con forza dai luoghi di lavoro a partire dalla nostra regione. ELENA FERRO


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Per i precari, sempre meno “Pubblico e Futuro”?

E allora eccoci qua. La lotta per la stabilizzazione è anche fatta di visibilità: siamo su Facebook con la nostra pagina “Appigli Precari”, abbiamo stampato un "Ancora un articolo in cui dobbiamo raccontare opuscolo con le nostre "Storie Precarie", chi siamo??!!" Quando ci hanno chiesto un siamo stati protagonisti di un servizio di contributo da parte dei precari della Regione Santoro, siamo sempre dietro al nostro Piemonte per Pubblico&Futuro, questa è stata striscione ogni volta che il sindacato scende in la risposta generale. piazza. Affianchiamo nella vita sindacale i Siamo 198 dipendenti della Regione, in colleghi che, beati loro, l’ansia di vedere una servizio a tempo determinato dal 2010. data di “fine contratto” sul cedolino dello Abbiamo vinto un concorso pubblico che stipendio a fine mese. avrebbe dovuto essere “di stabilizzazione”, Lottare per avere ancora un lavoro tra sei indetto allo scopo di sanare le molteplici mesi è stancante, così come è stancante situazioni di precariato (co.co.co., partite IVA dover scrivere, apparire, farsi notare. ecc.) presenti nell’Ente, ma le mutate Lavorare per lavorare: a volte ci sembra condizioni politiche e normative hanno assurdo. bloccato il percorso di stabilizzazione. Ma in verità c’è anche un altro motivo per cui Lottiamo da anni per uscire da una situazione non volevamo perdere questa occasione: ci paradossale che si è creata per rimpalli tra piace il titolo del giornale che ci ospita. diverse parti politiche e per problemi tecnici e “Pubblico Pubblico e Futuro”. Futuro normativi che sembrano insormontabili. Perché la parola “pubblico” porta con sé il E siamo stanchi, molto stanchi, ma concetto di bene comune, di lavoro "per tutti", continueremo a denunciare la nostra di un lavoro che mette al centro il cittadino, situazione finché ne avremo la forza. senza un padrone, senza una parte Lottare per avere ancora un lavoro tra sei mesi politica che ci consideri al proprio servizio. Siamo precari e siamo deboli, è stancante, così come è stancante dover tuttavia non siamo proprietà di scrivere, apparire, farsi notare nessuno. Orfani di una politica che ci rifiuta, che fa finta La comunicazione è una delle nostre armi di non vederci e che non sa costruire il futuro. pacifiche: scrivere, raccontare chi siamo, Ed è proprio questa la parola che ci piace di tenere alta l'attenzione su di noi, perché per più: Futuro. Ci piace, anche se a noi manca. noi il silenzio è mortale.


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Tra sei mesi scadiamo come un latticino e dovremo abbandonare le nostre postazioni con le attività che seguiamo da anni, in alcuni casi più di un decennio. Forse saremo sostituiti da esternalizzazioni, forse le nostre attività saranno gestite dai privati, perché stiamo andando verso una Regione con poco Pubblico e poco Futuro. Noi non ci arrendiamo. Ci crediamo ancora e lotteremo fino alla fine per difendere il futuro nostro, ma soprattutto quello dei servizi pubblici che portiamo avanti. Speriamo davvero che il titolo di questo giornale ci porti bene.

STEFANO CARIANI


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Il futuro delle Province. Uno sguardo dalla Provincia di Novara 1339 kmq di territorio, 800 km di strade, 20 sedi di scuole medie superiori, 2 centri per l’impiego, una popolazione di oltre 372 mila abitanti, 88 Comuni: questa è la composita realtà per la quale la Provincia di Novara ha lavorato nel trascorso 2012, riuscendo a rispettare il patto di stabilità anche se con risorse sempre più risicate.

Ed è grave. È grave perché quei servizi dei quali i cittadini hanno fruito sino ad oggi, ritenendoli (giustamente occorre dire) dovuti, oggi vengono messi in forte discussione: pensiamo alla tenuta del sistema del trasporto pubblico o alla semplice manutenzione delle strade e delle scuole, ai servizi per il lavoro. Così come si sta definendo, la situazione risulta assolutamente difficile da sostenere anche per i 258 lavoratori della Provincia di Novara che,in un rapporto di 1 dipendente ogni 1442 abitanti, sono coloro che sino ad ora hanno garantito la continuità dell’azione amministrativa, in alcuni casi con un supplemento di volontarietà per cercare di riequilibrare la carenza di risorse. La quotidiana difficoltà nel fare il proprio lavoro risulta oltremodo frustrante. A essa si accompagna il senso di insicurezza generato all’impossibilità di intravedere quale sarà lo sbocco futuro dell’attuale stato di cose. Le preoccupazioni più immediate riguardano la corresponsione degli stipendi: non che la Provincia di Novara sino a oggi abbia dichiarato delle reali difficoltà al riguardo; tutti gli impegni contrattuali sono stati rispettati e le mensilità sono state versate senza ricorrere, ad esempio, alle anticipazioni di cassa. Ma è pur vero che le ingiunzioni di pagamento delle aziende di trasporto

Quanto al futuro, che è poi il presente di quest’anno che sta trascorrendo nella massima incertezza, non è dato sapere. La Provincia di Novara infatti condivide la sorte di tutte le altre Province: i pesantissimi tagli, i mancati trasferimenti, il caos normativo gettano un’ombra lunga sul destino di servizi essenziali per la vita dei cittadini ed anche sul futuro lavorativo dei suoi 260 dipendenti. Si naviga a vista, cercando di non Alla quotidiana, frustrante difficoltà nel fare il venir sommersi dalle onde che si proprio lavoro, si accompagna il senso susseguono a ritmo sempre più incalzante. di insicurezza generato all’impossibilità Il prossimo maroso si chiama di intravedere quale sarà lo sbocco futuro bilancio dell’esercizio 2013: pur creditrici nei confronti dell’Ente, il fatto che la avendo tagliato tutto il tagliabile, senza Regione non trasferisca le somme legate alle un’iniezione di risorse trasferite da Stato e deleghe e la riduzione dei fondi da parte dello Regione, non vi è la certezza che si riuscirà a Stato non consentono di delineare una predisporre il principale strumento finanziario prospettiva tranquillizzante. La prima esigenza di un Ente che non ha entrate proprie e che si è diventa quella di definire a livello regionale le visto tolte anche quelle poche che aveva.


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modalità di rientro delle somme che la Provincia di Novara e le altre Province piemontesi si aspettano dalla Regione, anche in considerazione del fatto che il Piemonte è sicuramente una delle realtà nelle quali la delega di funzioni dalla Regione alle Province è avvenuta in maniera più accentuata che altrove: questo consentirebbe di continuare a gestire i servizi e ai lavoratori di guardare con meno pessimismo al loro immediato futuro. Anche se non risolverebbe il problema alla radice. Rimane infatti aperta la questione sul che cosa succederà alle Province e ai suoi dipendenti. La mancata conversione in legge del D.L. 188/2012, che lasciava le Province accorpandole, ha riportato al centro il tema della loro abolizione. Lo si farà per via costituzionale questa volta? E intanto? I servizi gestiti a livello provinciale che fine faranno e che fine faranno quei lavoratori che vi si dedicano? Anche a questo riguardo un confronto con la Regione su come intenda ridistribuire le deleghe diventa necessario. Ma un ragionamento di più ampio respiro urge a livello centrale.

È pensabile che il nuovo Esecutivo affronti la questione del riordino del sistema delle autonomie, smettendo di essere ostaggio di pulsioni demagogiche e/o di bassi interessi di campanile? Le prime uscite sul tema, a dire il vero, non sono parse confortanti. La speranza è che, se inizierà a farsi strada la convinzione che occorra mettere mano a misure per la crescita, questo valga anche per la pubblica amministrazione e soprattutto per gli enti locali; e se centrale diverrà il tema dell’occupazione e dell’occupazione giovanile, lo diventi anche per il settore pubblico e non si pensi, viceversa, a una riduzione nel numero dei dipendenti pubblici (ritenuti esclusivamente un costo e non una risorsa), partendo proprio dalle Province e dando in pasto all’opinione pubblica non solo un segnale anti-casta ma anche il posto di lavoro di migliaia di lavoratori.

SARA BRUGA

Il seminatore Vincent Van Gogh, 1888


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Un Comitato provinciale per la difesa del welfare Verso la fine del 2012, a Cuneo si costituì un comitato provinciale composto dalle Organizzazioni Sindacali, i Consorzi SocioAssistenziali, Confcooperative, Legacoop ed i rappresentati delle Case di Riposo pubbliche. La necessità di raccogliere intorno ad un unico tavolo rappresentanze così diverse nacque da una situazione creditizia nei confronti della Regione in materia di erogazione di finanziamenti che vedeva la Provincia di Cuneo particolarmente penalizzata rispetto a restante territorio regionale, con un arretrato di pagamenti per le forniture di servizi che superavano i 400 giorni. Attraverso un proficuo quanto rapido lavoro di gruppo, si è riusciti a organizzare una manifestazione provinciale in difesa del welfare che il 2 febbraio scorso ha visto migliaia di cittadini cuneesi scendere in piazza a rivendicare il diritto all'assistenza per anziani, disabili, giovani in difficoltà, cioè per la fascia più debole e dimenticata della società. La giornata di protesta ha prodotto un risultato molto importante: nel giro di un mese, l'ex assessore Monferino licenziò una delibera che assegnava alle Asl cuneesi una somma che riusciva a riportare la loro situazione al pari di quello delle altre strutture piemontesi.

alta l'attenzione dei cittadini e della politica sulle questioni sociali, convenendo sulla necessità di continuare a fare fronte comune pur nel pieno rispetto delle singole realtà. In quella sede, si è prodotta una richiesta d'incontro al neo assessore Cavallera ed un comunicato inviato agli organi d'informazione per reiterare l'allarme sulla drammaticità della situazione.

Si è inoltre concordato di incontrarsi nuovamente a breve, sia per mettere in campo altre iniziative pubbliche sia per affrontare congiuntamente l'esame dei vari capitoli del socio assistenziale al fine di evidenziarne le maggiori criticità ed avere quindi uno screening compiuto della realtà. Come Funzione Pubblica e come Camera del Lavoro di Cuneo riteniamo che questa sperimentazione locale sia un importante e positivo tentativo di far confluire esperienze e conoscenze diverse in un unico grande obiettivo: la salvaguardia del bene pubblico. Forse siamo troppo iniziato ambiziosi, ma tentare, come si sa, non nuoce...

Il Comitato Provinciale continua il lavoro nel 2012 per mantenere alta l'attenzione dei cittadini e della politica sulle questioni sociali Ovviamente però i problemi delle risorse per il socio assistenziale non solo non sono assolutamente risolti, ma, come tutti sappiamo, il rischio che la situazione imploda a breve è tangibile. Per questi motivi, la settimana scorsa il Comitato è tornato a riunirsi, decidendo di continuare il lavoro iniziato allora per mantenere

LUCIANO BERSANO


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alla disponibilità di cassa, con ritardi di circa 6-7 mesi nei pagamenti dei fornitori. Nonostante il percorso positivo della L’Arpa Piemonte (Agenzia Regionale per la stabilizzazione concluso nel 2009, il Protezione dell’Ambiente) è un Ente pubblico personale è stato ridotto con un sostanziale costituito con Legge regionale n. 60 del 1995 blocco del turn-over da 1200 a 1060, e s.m.i. per il controllo, il supporto e la malgrado il rispetto formale dei vincoli relativi consulenza tecnico scientifica agli Enti alla spesa per il personale avrebbero potuto amministrativi (Regioni, Province e Comuni) e prevedere reintegri parziali del personale alle ASL sulle tematiche attribuite dalla legge cessato. nel campo della prevenzione e tutela Una riduzione particolarmente preoccupante ambientale. per la tenuta di un’attività che si esercita su Un campo vasto di intervento in materia tutta la Regione ma con una struttura ambientale (e di supporto ad attività fortemente legata al territorio provinciale e sanitarie), mai definito nel dettaglio, i cui limiti caratterizzata da una elevata professionalità e sono oggetto di continua negoziazione che ne da un lavoro che vede nel contributo umano il rende indefinita la mission. Inutili sino ad oggi principale fattore di realizzazione. i tentativi, anche sindacali, di un maggior La precedente Direzione Generale attraverso dettaglio delle attività che ne rendano certe la predisposizione di un “piano di attività istituzionale e finanziamento. Un Ente riposizionamento” fatto di soli tagli alle posto sotto la vigilanza del Presidente della strutture ha provato a ridimensionare in Giunta regionale, che ne nomina anche il particolare la struttura laboratoristica. Direttore Generale. Un “piano” bocciato dalla RSU di Arpa È chiaro, sin da queste prime righe, come una Piemonte e che ha visto la risposta della principale criticità sia legata organizzata dei Lavoratori che in più occasioni all’interazione delle tematiche trattate si sono mobilitati per dire NO al “piano”. dall’Agenzia e il mondo della politica. Volantinaggi, assemblee, contatti con assessorati provinciali, presidi, flash Occorrono segnali di inversione mob… tutte iniziative nelle riguardo alla situazione di “declino” dell’Agenzia. Molte strutture in grande difficoltà faticano a mantenere quali abbiamo curato con particolare attenzione sia standard quantitativi e qualitativi la costruzione di un ampio nonostante l’impegno del personale fronte interno tra i lavoratori (coinvolgendo anche i lavoratori non Non a caso Giunte di centro destra e di centro direttamente colpiti) sia l’informazione nei sinistra si sono avvicendate nello spoil system confronti della cittadinanza e dei media. dei vertici dell’Agenzia, con ricadute nelle Una mobilitazione continua, che ha portato alterne ascese dei singoli dirigenti. nell’arco di un anno e mezzo a una serie di L’attività dell’Agenzia è condizionata dagli atti iniziative articolate su più territori o a valenza del “comitato regionale di indirizzo” che ne regionale e che hanno visto i Lavoratori, la FP definisce gli obiettivi strategici, ma oggi CGIL aziendale e la RSU in prima fila. l’attività è resa sempre più difficoltosa L’organizzazione sindacale in una “Azienda” soprattutto dalla continua riduzione del come l’Arpa è infatti caratterizzata da una finanziamento regionale che è passato da 79 difficoltà legata alla frantumazione del Lavoro milioni di euro nel 2008 agli attuali 67 milioni su più sedi e su attività differenti, che richiede per il 2013 (- 15,2%) e dalle difficoltà legate

Mission possibile?


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una struttura radicata e capacità di coordinamento delle iniziative. La FP CGIL è quindi organizzata in Arpa attraverso un Comitato Iscritti recentemente rinnovato e strutturato come un “coordinamento regionale” per garantire rappresentanza sindacale in tutte le principali sedi lavorative. Il “piano” della Direzione Generale è stato sconfitto, accantonato con la nomina del nuovo Direttore Generale. Resta però una situazione di “declino” dell’Agenzia, alla quale occorre dare segnali di inversione in tempi rapidi. Molte sono le strutture oramai in grande difficoltà e che faticano a mantenere standard quantitativi e qualitativi nonostante l’impegno del personale. Non è più rimandabile il problema della progressiva riduzione del personale, della definizione di carichi di lavoro e dotazioni organiche, nonché la necessità di investimenti per la parziale sostituzione di un parco strumentale oramai tecnologicamente “anziano”.

ROBERTO RIGGIO


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La storia di un cammino in salita

Per lunghi anni le Amministrazioni della Giustizia, pur avvalendosi spesso di professionalità capaci e motivate, hanno prestato funzioni improprie, inevitabilmente condizionate da una logica securitaria, in mancanza di un reale collegamento con la programmazione sanitaria nazionale e regionale. La sollecitazione e il monitoraggio della Riforma, già delineata nel DLgs 230 del 1999, ma attuata solo con il DPCM 1 Aprile 2008, sono stati perciò, anche a livello regionale, oggetto di incessante impegno. Nel convegno presso la Camera del Lavoro di Torino del 24 Maggio 2007, i sottosegretari

L’attenzione della CGIL FP piemontese è da tempo rivolta alla domanda di salute che viene dal carcere e dagli operatori che vi lavorano. La privazione della libertà comporta in realtà la perdita o la riduzione di una serie di diritti fondamentali. Tra questi, nel primo convegno sul tema del Giugno 2004, il diritto alla salute era stato espressamente indicato come uno dei più complessi e difficili da garantire, molto più di quanto avviene nel mondo libero, dove pure è sempre più caratterizzato da gravi disuguaglianze nell’accesso alle Nella battaglia degli anni ’60, le leggi 180 e 833 prestazioni sanitarie e alla qualità del 1978 decretavano la chiusura dei manicomi dei servizi. La sistematica azione di ma per la cultura e la politica del tempo, smantellamento del welfare non posero fine alla segregazione dei pazienti operata negli ultimi anni ha con problematiche giudiziarie alimentato nuove forme di disagio alla Giustizia e alla Salute Manconi e Gaglione in termini di salute e acuito le condizioni di si impegnarono per l’attuazione della legge e sofferenza della parte più fragile della fu lanciata l’idea della nascita di un Forum popolazione. regionale. Era quindi inevitabile che un sindacato come la Prima declinazione territoriale del Forum per il Cgil focalizzasse il suo impegno sulle condizioni diritto alla salute nazionale, quello del di salute di un carcere che sempre più assumeva Piemonte si è costituito nel Dicembre del la funzione di contenitore di povertà, sempre più 2007, promosso dalla Fp Cgil e Cgil e da ospitava tossicodipendenti, stranieri, portatori di Antigone, con la progressiva adesione di altre disturbi psichici, impossibilitati a trovare risposta importanti realtà associative. nei servizi territoriali e penalizzati da leggi Dopo il DPCM 1 Aprile del 2008, l’impegno si razziste e liberticide come la Bossi Fini e la Fini è intensificato: era giunto il momento più Giovanardi. delicato, quello in cui le regioni dovevano Per questo anche a livello regionale è stata riorganizzarsi sulla base delle nuove affrontata con determinazione la straordinaria competenze, e stabilire con le battaglia per la riforma della sanità Amministrazioni della Giustizia procedure penitenziaria in carcere, per cancellare l’anomalia operative per conciliare le esigenze di salute che per anni ha visto le funzioni di assistenza con quelle di sicurezza. sanitaria ai detenuti affidata al ministero della Dal marzo 2008 il Forum partecipa al Gruppo Giustizia anziché a quello della Salute. Tecnico interistituzionale regionale atto a Un palese violazione della Costituzione, dove il programmare e monitorare il percorso di riforma. diritto alla salute è inteso come “diritto Ha contribuito alla definizione del nuovo sociale”, che realizza nella sanità il principio di modello regionale di assistenza sanitaria in eguaglianza fra i cittadini.


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carcere, del Protocollo d’intesa tra Assessorato alla Salute e Amministrazioni della Giustizia, delle Linee di indirizzo in tema di assistenza ai detenuti affetti dalle diverse patologie.

Lo scenario, anche nazionale, in cui si è realizzato la fase di applicazione del DPCM 1/04/2008, non è stato certo tra i più favorevoli, considerati lo stato di povertà e sovraffollamento del mondo carcerario, e gli interventi di riduzione della spesa nel settore sociosanitario. Ci sono stati i ritardi nel trasferimento delle risorse, negli adempimenti previsti, nella realizzazione di nuovi modelli idonei a concretizzare i principi innovatori in tema di prevenzione, continuità assistenziale, collegamento con la rete dei servizi del territorio. Ma tutto ciò, unito alla consapevolezza che ogni importante processo di cambiamento incontra resistenze e difficoltà proporzionate alla sua portata innovatrice, ha sempre significato un rinnovato, vigile impegno. Con altre 2 iniziative pubbliche del 2009 e 2011 si è fatto il punto sullo stato di salute del servizio sanitario penitenziario in Piemonte, sul complesso e spesso sofferente mondo degli operatori, sul nodo critico e irrisolto del servizio psicologico in ambito penale. Nel frattempo, il Forum è entrato a far parte della Commissione tecnica regionale per la definizione del percorso di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. È un altro pezzo importante del cammino, che ci deve vedere presenti.

Nella coraggiosa battaglia degli anni ’60 contro le istituzioni totali, le leggi 180 e 833 del 1978 decretavano la chiusura dei manicomi ma non giungevano, per i limiti dettati dalla cultura e dalla politica del tempo, a porre fine alla segregazione dei pazienti con problematiche giudiziarie. Nel corso degli anni alcune sentenze della Corte Costituzionale si sono pronunciate per la possibilità di trattamenti alternativi all’Opg in ogni fase. La svolta decisiva è stata costituita dal DPCM del 1 Aprile 2008 che, indicando le modalità e i criteri per il passaggio di funzioni di assistenza sanitaria, ha definito anche le linee di indirizzo per un progressivo superamento e la chiusura degli Opg. Il 21 Novembre 2011, subito prima che l’art. 3-ter fissasse la data definitiva della chiusura degli OPG, veniva realizzata dal Forum, dalla FP Cgil e dalla Cgil Piemontese una affollatissima iniziativa pubblica, con la partecipazione del senatore Ignazio Marino, per sensibilizzare la cittadinanza e verificare criticità, risorse e potenzialità del territorio in merito all’ importante nuovo percorso. Adesso questo è in pieno svolgimento e la sua complessità merita uno spazio apposito. Lo spirito con cui lo stiamo compiendo rimane però sempre quello che ha caratterizzato il nostro agire: trasformare le sfide in opportunità.

Antigone Marie Spartali Stillman (data ignota)


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Occuparsi dei cittadini piemontesi ancora presenti negli OPG può essere l’occasione per fare chiarezza su progettualità e competenze in campo di riabilitazione psichiatrica e per creare o riannodare la filiera di servizi e presidi che possano concretamente rendere il territorio il luogo di cura individuato dalla legge Basaglia. Combattere una doverosa battaglia che apparentemente riguarda solo i diritti di una fragile e minoritaria parte dei cittadini può rivelarsi in realtà una grande opportunità di crescita per il complessivo progetto di salute mentale della nostra regione.

Occuparsi dei cittadini piemontesi ancora presenti negli OPG può essere l’occasione per fare chiarezza su progettualità e competenze in campo di riabilitazione psichiatrica e per creare o riannodare la filiera di servizi e presidi che possano concretamente rendere il territorio il luogo di cura individuato dalla legge Basaglia. Combattere una doverosa battaglia che apparentemente riguarda solo i diritti di una fragile e minoritaria parte dei cittadini può rivelarsi in realtà una grande opportunità di crescita per il complessivo progetto di salute mentale della nostra regione. ANNA GRECO


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Donne in polizia: specie protetta

diminuzione di prestigio che le donne avrebbero portato al corpo, farà slittare le prime femminili al 1992. Ci vorranno ancora circa vent’anni affinché questo ambito traguardo si realizzi nei corpi di polizia militari e nelle forze armate, dove i primi ingressi avverranno nel 2000. Nonostante la grande rilevanza data alla presenza delle donne nei corpi di polizia e nei corpi militari, in realtà questa è poco più che un’operazione di immagine per dimostrare lo sforzo fatto dall’Italia per raggiungere questo utopico obiettivo della parità tra i sessi. Guardando più nello specifico le singole situazioni ci si rende conto che proprio l’ultimo arrivato, ovvero il Corpo Forestale dello Stato, detiene la palma della presenza femminile con una percentuale che si avvicina al 17,5%, seguito a ruota dalla Polizia di Stato e come fanalino di coda la Polizia Penitenziaria (2,7%), mentre nei corpi di Polizia ad ordinamento militare (Arma dei Carabinieri e Corpo della Guardia di Finanza) e nelle forze armate la presenza femminile si attesta su una percentuale che si aggira intorno al 3-4%.

Durante la Conferenza Nazionale delle Donne FP CGIL del 10 maggio 2013, abbiamo messo in evidenza con il nostro intervento che il Corpo Forestale dello Stato in Piemonte (che insieme a Polizia Penitenziaria e Vigili del Fuoco appartiene alla Funzione Pubblica), ha ritenuto di investire energie su questo comparto particolarmente in difficoltà e in particolar modo si è deciso di costituire un coordinamento delle donne delle forze di polizia nazionali includendo anche, nel caso Piemontese, la polizia locale. Vorremmo in questa occasione illustrare proprio la situazione delle donne in questo comparto da molti considerato residuale e senza diritti di uomini e donne in divisa, ma che in realtà impiega circa 350.000 addetti, il Comparto Sicurezza e Soccorso. Questo comparto è composto di 5 corpi di polizia di cui due ad ordinamento militare (Carabinieri e Finanza) tre ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Forestale, Polizia Penitenziaria) e il settore del soccorso (Vigili del fuoco) e tutti sono sempre stati La norma introdotta con la Legge 226 del 2004 considerati per vocazione è discriminatoria verso una fetta della popolazione a prevalenza maschile. Benchè le funzioni ed i italiana, che non rappresenta una minoranza, compiti lavorativi siano ma supera la metà del totale dei cittadini italiani molto simili la situazione Di contro se si prende ad esempio un giuridica economica e sindacale è piuttosto istituzione come la Polizia Locale, che variegata, e infatti di queste 5 entità solo 3 percorre le stesse tappe dei corpi nazionali, sono in Funzione Pubblica (Forestale, arriva ad avere oggi nella città di Torino, il Penitenziaria e Vigili del Fuoco). 40% di donne. Con grosse difficoltà negli anni ’80 si Bisogna specificare che il sorpasso del Corpo comincia a considerare l’idea di permettere Forestale rispetto alla Polizia di Stato è da l’ingresso delle donne nel comparto. imputarsi ad una operazione svoltasi nel Tuttavia, mentre nel 1982 venivano silenzio assoluto e che non viene mai citata, ammesse nelle carriere iniziali della Polizia di neanche durante le celebrazioni dell’8 di Marzo. Stato le prime donne, nel Corpo Forestale Infatti, dopo il 1996 non sono più stati banditi dello Stato in opposizione alle prime concorsi pubblici nella Polizia di Stato e le a ssunzi o ni un r i c o r so , mo t i v a t o d a l l a


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uniche assunzioni di personale sono state operate attraverso l’assorbimento del personale ausiliario che svolgeva il periodo di leva presso il Corpo. Ovviamente, tale personale era esclusivamente maschile e ciò ha permesso di limitare la presenza femminile divenuta, a dire di alcuni, ingombrante. A ben vedere i numeri, risulta evidente il successo di questa operazione, infatti se tra il personale con 15 anni di anzianità le donne rappresentano il 17%, tra i ruoli con anzianità da 0 a 5 anni scendono bruscamente al 6,4%, per arrivare infine al 3,7% tra i neo assunti. (fonte “POLIZIA MODERNA” Aprile 2006). Nel corpo nazionale dei Vigili del Fuoco le percentuali di personale femminile operativo (mai censite) possono essere considerate irrisorie. Con l’abolizione della leva obbligatoria, lo stesso risultato è stato perseguito con una legge poco conosciuta e poco pubblicizzata, la Legge 226 del 2004, con la quale si impone a tutti i corpi di polizia l’assunzione di personale di tutto il personale dai militari in ferma volontaria (per i Vigili del Fuoco la quota è della metà del personale), dando così la spallata definitiva alla questione femminile nel comparto sicurezza e soccorso, viste le percentuali irrisorie delle donne nelle forze armate. Nell’anno 2000 Valdo Spini, presidente della Commissione Difesa della Camera, sottolineava che l'obiettivo era di arrivare al 10 per cento di presenza femminile nell’esercito, di fronte all'11 per cento degli Stati Uniti, al 2,5 per cento della Francia e al 6,5 dell'Inghilterra. Secondo gli ultimi dati disponibili, risalenti al 31 dicembre 2007, le donne in divisa nell'Esercito erano circa il 3%. I dati dimostrano che nelle forze armate non sarà possibile superare le quote attuali se, a sette anni di distanza dalla legge di immissione delle donne nell’Esercito, la percentuale si era assestata.

Di conseguenza anche i Corpi di Polizia che assumono direttamente dall’Esercito non possono sperare in un effettivo incremento di personale femminile.

Tutto ciò contrasta con quanto più volte affermato circa la volontà di arrivare ad una effettiva parità di genere anche nei settori considerati tradizionalmente maschili, anzi dimostra una precisa volontà di limitare le presenze femminili. Di contro cominciano a scarseggiare le presenze femminili in settori in cui queste presenze sono obbligatorie come la gestione dei reati sui minori, le violenze domestiche normalmente operate sulle donne, gli stupri, le perquisizioni sulle donne. La norma introdotta con la Legge 226 del 2004 è quindi discriminatoria verso una fetta della popolazione italiana, che non rappresenta una minoranza, ma supera la metà del totale dei cittadini italiani, risultando anche discriminatoria per gli uomini, per i quali l’accesso ai corpi di Polizia non può più avvenire in condizione di equità e parità come previsto dalla Costituzione italiana. In pratica le donne in questo Comparto, sono una minoranza etnica con pochi e limitati diritti, per cui con numeri così risicati no è stato possibile sviluppare politiche di contrattazione destinate a garantire politiche di conciliazione tra lavoro e impegni familiari.


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Il comparto non ha mai acquisito il diritto al part-time o la banca delle ore, mentre le donne con prole, limitate nelle attività operative che spesso obbligano a turni massacranti, sono viste come impedimenti al regolare svolgimento delle attività lavorative. Da quanto è stato illustrato è evidente che il superamento del blocco della contrattazione passa obbligatoriamente dalla rimozione delle limitazioni nelle assunzioni, aumentando il numero, delle donne esse possano assumere un altro peso contrattuale, in grado di tutelarne i diritti, fino ad individuare nelle pari opportunità una risorsa per il lavoro alla cui cura e al cui sviluppo assegnare attenzioni e risorse.

LAURA MAZZETTI per conto del Coord. Donne FP Piemonte

Illustrazione dello scomparso Vice Questore Aggiunto Forestale Luca Riva


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è giusta perché il lavoro precario che per un paio di mesi tuo figlio ha fatto ti ha fatto perdere il diritto alla detrazione per figlio a carico. Sempre più frequentemente la cronaca si Sono quegli stessi lavoratori che non hanno occupa di pubblico impiego. nemmeno più i mezzi materiali per rispondere Non passa giorno senza che l’esasperazione in maniera adeguata ai cittadini: perché sono di cittadini colpiti dalla crisi trovi sfogo con atti sempre meno e sempre più anziani visto che di intimidazione, spesso violenta, rivolti ai nel pubblico impiego non si assume più, lavoratori degli uffici pubblici. perché manca la carta per le stampanti, il Nel corso degli ultimi vent’anni i lavoratori toner per le fotocopiatrici è diventato un lusso, pubblici sono stati protagonisti del più grande perché gli ambienti in cui lavorano sono processo di innovazione delle pubbliche sempre meno accoglienti per i tagli alle spese amministrazioni, che, finalmente, hanno per le pulizie. posto al centro della loro azione il E sono sempre loro che il delirio di Brunetta soddisfacimento dei bisogni dei cittadini. (mai contraddetto dal Goverrno dei tecnici) ha I front-office hanno man mano sostituito i additato ai cittadini come fannulloni, come vecchi sportelli, dimostrando plasticamente il spesa improduttiva, come causa stessa nuovo modo di essere degli uffici pubblici. dell’incapacità del lavoro pubblico a Oggi sono diventati il luogo in cui i lavoratori soddisfare i bisogni sociali. affrontano, senza nemmeno la protezione del I danni collaterali di questa guerra contro il cristallo dello sportello, il malessere sociale pubblico e contro il lavoro pubblico colpiscono provocato dalla crisi economica e dalle i lavoratori. politiche adottate dai Governi per affrontarle. Mi è capitato ultimamente di Sarebbe interessante capire incontrare delle lavoratrici (che quanto i lavoratori pubblici stiano pagando fossero donne forse non è un caso) che il giorno prima erano state con la loro salute il disagio e la paura che tutti minacciate con un coltello da un i giorni affrontano andando a lavorare utente. Le ho incontrate perché ci è sembrato Ne sanno qualcosa le operatrici e gli operatori doveroso testimoniare dei servizi sociali, quelli dell’INPS, quelli delle loro la nostra vicinanza come sindacato, per Agenzie delle Entrate, che tutti i santi giorni dimostrare loro che non sono sole.Erano sul affrontano da soli il dramma di chi non ce la loro posto di lavoro, e avevano paura. fa a pagare una cartella delle imposte, di chi La paura è un sentimento che non riceve l’assegno per la cassa credo si stia diffondendo far le integrazione in deroga, di chi, lavoratrici e i lavoratori, la paura disperato, si rivolge ai servizi per la loro stessa incolumità sociali per ottenere un aiuto. fisica. La paura è un sentimento Sono quei lavoratori che, loro che blocca, che spinge a malgrado, mettono la loro faccia chiuderci su noi stessi, che applicando la politica dei tagli alla spesso è causa di stress. spesa sociale: la cassa Sarebbe interessante capire integrazione in deroga non può quanto i lavoratori pubblici essere pagata perché non ci stanno pagando con la loro salute sono i soldi, la cartella delle tasse

Danni collaterali


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il disagio che tutti i giorni affrontano andando a lavorare. Sarebbe interessante provare a pensare a punti di ascolto in cui raccogliere questo disagio. Credo che dovremmo affrontare anche questo come sindacato. Oggi la reazione collettiva più evidente è l’atteggiamento di chiusura delle lavoratrici e dei lavoratori. In queste condizioni qualunque tentativo da parte delle amministrazioni di prolungare gli orari di apertura al pubblico trova l’opposizione dei lavoratori: non ce la fanno più e si difendono. Così come è sempre più frequente la richiesta di maggior sicurezza nei front-office, spesso rappresentata dalla rassicurante presenza di una guardia giurata o dall’occhio, spesso indiscreto di telecamere. Danni collaterali, appunto. Sono tutti segnali di una pericolosa involuzione che dobbiamo contrastare, da un lato rivendicando politiche che investano sul lavoro pubblico, dall’altro rivendicando l’apertura del confronto con il Governo per il rinnovo dei contratti.

Investire sul lavoro pubblico, anche riformando ulteriormente la pubblica amministrazione, e rinnovare i contratti devono però essere percorsi distinti e paralleli: non possiamo accettare la logica di chi sostiene che il rinnovo dei contratti potrà avvenire solo nell’ambito della riforma della pubblica amministrazione. Non solo perché dopo cinque anni di blocco il rinnovo del contratto è “un fatto semplicemente dovuto”. La contrattazione nazionale e, oserei dire soprattutto, la contrattazione decentrata sono stati elementi essenziali a costruire il consenso dei lavoratori ai processi di riforma che hanno interessato le pubbliche amministrazioni e il lavoro pubblico rendendoli protagonisti di quelle trasformazioni. Dobbiamo ripartire dal contratto, anche per dare risposte al disagio e alla paura che si vive sui posti di lavoro.

ITALO PEDACI


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L’amore che si trasforma nel suo opposto L‘amore col tempo si può trasformare persino nel suo opposto... In Italia dall’inizio dell’anno sono state uccise 55 donne! È obbligatorio contrastare con forza la violenza che sta aumentando in modo esponenziale nel nostro Paese. È una responsabilità collettiva, un’emergenza culturale che coinvolge tutti, donne e uomini di ogni estrazione sociale. L’imperativo primario è la sensibilizzazione capillare, a partire dalla scuola: parlarne, parlarne e ancora a parlarne, affinché la voce si alzi sempre più forte. Non c’é più tempo! C’è bisogno di azioni concrete e incisive. A questo proposito, il Presidente della Camera, Laura Boldrini, ha fin da subito a dimostrato la propria sensibilità su questo delicatissimo tema, affermando l’urgente necessità di promuovere una legge contro la violenza sulle donne e sulle politiche di genere, coinvolgendo in un percorso sinergico Ministero della Giustizia e dell’Interno, appoggiando e sostenendo l’iniziativa del Ministro per le Pari Opportunità Josefa Idem di avviare una task force conto il cosiddetto femminicidio, rilanciando l’allarme sociale. “Dobbiamo tutelare le donne nella loro libertà di autodeterminazione”.

L’Italia è ancora troppo indietro: prima che la giustizia si attivi fattivamente, possono purtroppo trascorrere centinaia di giorni, nonostante gli allarmi che ogni volta vengono lanciati prima dell’avvenuta tragedia (il 15% dei femminicidi è preceduto da denunce di molestie e/o di stalking). L’Europa ci sollecita da tempo ad adottare e ratificare raccomandazioni in tema di violenza contro le donne (Convenzione di Istanbul del Consiglio d'Europa – maggio 2011 – per prevenire e contrastare la violenza domestica e sulle donne, della quale è stata avviata pochi giorni fa la proposta di legge di ratifica) Drammaticamente il tema del femminicidio è diventato di attualità per le donne che tra i 16 e i 44 anni muoiono uccise dai loro compagni, fidanzati, coniugi ed ex. L’estensione del fenomeno non è ancora chiara, ma sicuramente vasta e sommersa, e ulteriormente complicata dalla profonda crisi economica e culturale, che aumenta il disagio e la conseguente rabbia inespressa pubblica e privata. In questa situazione, le donne sono vittime due volte: la prima, come solutrici di risposte che i servizi pubblici non sono in grado di dare alle gravose urgenze familiari, e poi come vittime di quel disagio che troppo spesso sfocia in violenza fisica e psicologica.

MARA POLITI


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Più di cento anni

può passare sotto silenzio, mentre tante voci formano un coro. E un coro forse non sposta le montagne, ma Nella seconda metà dell’800, dopo il di sicuro può contribuire a cambiare il mondo. compimento dell’unità, l’Italia è un paese Forse, come molti di noi oggi, se fossimo nati ancora molto povero, in prevalenza agricolo. in quegli anni, avremmo cercato di lottare per Su circa 27 milioni di abitanti, solo 1 milione risorgere dalla disperazione, per difenderci, sa leggere e scrivere, 530.000 persone hanno per avanzare qualche diritto. Forse molti di noi diritto al voto (in base al censo), una piccola avrebbero fatto parte di una delle prime minoranza di uomini (poco più di 250.000) “società di mutuo soccorso” (avrebbero elegge i deputati al Parlamento. accettato di autotassarsi, per costituire un Sono anni di profondo cambiamento sociale. fondo comune dal quale ricevere sostegno in Anni nei quali nascono le prime fabbriche, caso di malattia o infortunio e un contributo scompaiono i vecchi mestieri, si abbandonano alla famiglia, in caso di morte). Molti di noi le campagne per andare in città a cercare un avrebbero aderito a una lega, a una società po’ di fortuna; il lavoro diventa un’operazione operaia; poi, più tardi, a una Camera del elementare e ripetitiva. Accanto ad una nuova Lavoro (che ci avrebbe permesso anche di classe sociale - quella della borghesia imparare a leggere e a scrivere). industriale (che possiede i mezzi di Avremmo cercato qualcuno con cui unirci e produzione necessari per accumulare il lottare, per ottenere prezzi più bassi sui generi capitale ed arricchirsi) nasce il proletariato, alimentari; qualcuno a cui raccontare che che dispone “solo” della propria forza lavoro. n e s s u n uomo ha il diritto di sfruttare altri uomini, di ridurli in condizioni di La forza degli uomini consiste nel fatto che essi disagio estremo. comprendono che la loro voce, da sola, può passare Qualche anno più tardi, nel sotto silenzio, mentre tante voci formano un coro 1906, nasce la CGL, la prima “Solo” perché ciò che si guadagna dal proprio Confederazione Generale del Lavoro, come lavoro è davvero pochissimo; “solo” perché struttura capace di raccogliere tutte le forze sono anni nei quali i salari permettono operaie. Alla base, la solidarietà generale tra appena la sopravvivenza, gli orari di lavoro lavoratori (non si tratta soltanto di una sono massacranti, la disciplina durissima, non rappresentanza di mestieri), l’autonomia, il esistono forme di tutela per infortuni, pluralismo politico e religioso: questa malattie, gravidanza, pensioni. universalità di prospettive, di vedute, di E per le donne e i fanciulli è anche peggio. interessi è la forza di un’organizzazione Essere lavoratore in quegli anni, significava capace di vivere nel tempo. essere due gambe e due braccia senza Di festeggiare i 100 anni di storia e mostrare dignità, senza un diritto, senza una voce, sempre più vigore. senza ragione, impotente e isolato. Ancora oggi migliaia di lavoratori contano sulla Ma la vera forza degli uomini è di potersi CGIL. E ancora oggi lo spirito è quello di un riunire, di sapersi sorreggere a vicenda, di tempo: difendere la dignità dei lavoratori guardarsi attorno e sapere, credere, che la (associati e non), percepirne le difficoltà, le situazione può essere cambiata. esigenze, avanzarne i diritti. La forza degli uomini consiste nel fatto che La CGIL ha sempre difeso gli interessi dei essi comprendono che la loro voce, da sola, lavoratori.


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Durante il governo Giolitti, la CGIL, ha ottenuto le prime leggi di tutela per le donne e per i fanciulli, l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, il riposo settimanale, il divieto del lavoro notturno in alcuni settori, la riforma della Cassa Nazionale Invalidità e Vecchiaia (primo embrione del futuro Istituto Nazionale della Previdenza Sociale). Nel 1914 si è schierata contro l’intervento italiano in guerra e alla fine del conflitto mondiale, si è impegnata per ristabilire una situazione oltremodo tragica (in questo periodo consegue grandi miglioramenti; nel 1919, per esempio, la Fiom ottiene la riduzione dell’orario di lavoro a 8 ore giornaliere, una conquista che ottenuta dalle mondariso vercellesi nel 1906). La CGIL ha superato gli anni estremi della soppressione fascista (nel 1925 è annunciata la fine delle libertà costituzionali, e con questo atto la fine delle libere associazioni e del sindacato: i fascisti si scatenano contro le sedi delle Camere del lavoro, delle cooperative, dei comuni amministrati dai socialisti, in un clima continuo di aggressioni, incendi, omicidi).

Rinasce, più forte, uscendo dalla clandestinità, negli scioperi del 1944, quando la condizione operaia ai limiti della sopravvivenza spinge migliaia di lavoratori ad organizzare movimenti di lotta, e in particolare nel Patto di Roma del 3 giugno 1944, quando ottiene il massimo dei riconoscimenti (vi sarà solo un organismo su tutto il territorio nazionale, la CGIL italiana). L’unità si spezzerà in seguito, con la nascita di CISL e UIL, ma gli obiettivi che la contraddistinguono non verranno mai meno. La CGIL è accanto alle donne, quando il 2 giugno 1946 ottengono finalmente il diritto di voto, ma dovrà lottare con loro ancora per molti anni perchè si attui l’art. 37 della Costituzione sulla parità salariale (l’eliminazione dai contratti collettivi nazionali delle tabelle remunerative differenti per maschi e femmine è sancita da un accordo interconfederale del 1960). Decisa più che mai a ricostruire il paese in questo periodo difficile, mancano le materie prime e il combustibile, le reti stradali e ferroviarie sono devastate dai bombardamenti, l’inflazione è alle stelle, si


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diffonde il mercato nero, la CGIL stipula accordi nazionali che fissano salari, paga base, indennità, assegni familiari. Resiste, per merito della sua autonoma pulsione, negli anni della Guerra fredda e proprio il suo contributo ai lavori della Costituente permette alla nuova Costituzione Italiana di considerare il lavoro quale valore fondamentale della vita sociale e civile e di sancire l’assoluta libertà e volontarietà dell’adesione all’organizzazione sindacale. Supera gli anni 50, quando in un clima di pesante anticomunismo scatta una dura repressione nei confronti dei militanti della CGIL in fabbrica e nelle campagne (molti attivisti sono licenziati, molti altri costretti a lavori degradanti): ma la sua energia unisce i lavoratori occupati e i disoccupati, gli operai delle fabbriche del Nord e i braccianti delle campagne del Sud. Perchè come sempre la CGIL è dalla parte dell’Uomo. Lo è anche negli anni 60, e con più precisione nel ‘68, quando le lotte studentesche e operaie mirano ad una migliore organizzazione del lavoro, a un riesame di contratti e orari, all’abolizione dei disagi sociali. Molti fra coloro che avevano anche solo 16 anni, nel 1968, parteciparono al Primo corteo unitario di CGIL, CISL e UIL del 1° Maggio, per celebrare la festa del lavoro. E si sentirono tutti un po’ di più parte della storia. Proprio gli anni ‘70 sono segnati da grandi conquiste del lavoro (con lo “Statuto dei Lavoratori”) e civili (grazie alle lotte di emancipazione e liberazione femminile); che sono questioni strettamente congiunte. La CGIL è stata poi, con le altre Organizzazioni sindacali, protagonista nella lotta al terrorismo e alle sue devianti teorie. Un sindacalista della CGIL di Genova, Guido Rossa, sarà assassinato dalle brigate rosse

per la sua ferma opposizione al terrorismo e per aver smascherato i suoi militanti. Basterebbe trattenersi un po’ sulla storia della CGIL e del sindacalismo in Italia dalla sua nascita fino ai nostri giorni, per accorgersi di quanta strada è stata percorsa verso l’emancipazione, il riconoscimento, e l’affermazione della dignità delle persone. Chiunque vuole guardarsi intorno, può vedere quante conquiste ha ottenuto la CGIL e il sindacato italiano, e quante situazioni sono ancora da risolvere: opposte religioni e civiltà sono in continuo conflitto, la distanza tra ricchi e poveri aumenta, il lavoro è più precario e ancora una volta senza diritti, la pensione non riconosciuta nella misura in cui dovrebbe. Ma se impariamo a viaggiare nel tempo e a osservare con attenzione il mondo che ci circonda, ci accorgiamo che la luce che ha fatto brillare gli occhi di tutta quella gente più di cento anni fa è la stessa che anima gli sguardi di chi ancora oggi partecipa alla CGIL per difendere i diritti di tutti: dei giovani, degli anziani, delle lavoratrici, dei lavoratori occupati e dei disoccupati. Batte un cuore solo, da più di cento anni. E farvi parte è possibile.

SERGIO NEGRI


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“Bo tsatì se pren se gneun lo defend” (bel castello si prende se nessuno lo difende)

Astenendomi, come detto, dalla valutazione politica che non sarei comunque in grado di sostenere, ho la tentazione irresistibile di “rifinire” quel commento: non so ancora con quali mezzi e con quale sguardo il regista esporrà la storia del movimento NoTav, né so se la sua opinione in proposito ne condizionerà il racconto. Ma la mia chiosa istintiva è riferita alla valutazione negativa dell’interesse filmico, che potrebbe rivelarsi invece un interessante documento: dopo anni di attivismo non esattamente estremo, né tantomeno anarcoinsurrezionalista, continuo a chiedermi come mai tanto clamore e tanto interesse déstino e abbiano destato, tanto sconcerto e tanto scandalo suscitino i fatti di “violenza” acclarata o presunta, di gruppi non meglio identificati composti da personaggiucoli che cavalcano l’onda del movimento e delle sue contestazioni civili e democratiche, per scopi e principi che sfuggono ai più (poiché avevo promesso assenza di qualunquismi, eviterò

“La legalità è un valore di sinistra, e condannare e combattere la violenza è di estrema sinistra”. Il virgolettato indica che non son parole mie, evidentemente, ma mi concedo la licenza di non citare la fonte per diversi motivi. Innanzitutto, perché son parole di un esponente politico. E le mie righe non saranno politiche. Poi, perché chiunque può averle lette sulla nostra amata “busiarda” e, oltre a considerare inutile sottolineare cosa nota, le mie righe non saranno parole d’altri. E infine perché ho volutamente tagliato una parte della breve citazione, considerando che comunque essa può essere interpretata diversamente a seconda del lettore, e le mie righe non saranno nemmeno qualunquismi o frasi fatte. Sempre che ci riesca. L’argomento è complesso e L’adagio “chi sa tace, chi non sa insegna”, come complicato, ha premesse, quasi sempre vale per la saggezza popolare, estensione e conclusioni talmente ampie e multiformi da non poter è adattabile alla condizione dei valsusini essere affrontato pienamente e anche di soffermarmi su questo…) mentre oggettivamente né in poche righe, né, ancora non è possibile accedere a soprattutto, dal punto di vista probabilmente informazioni approfondite e obiettive sulle poco articolato e approfondito di un argomentazioni e sulle attività lecite e civili di comune cittadino quale io sono. Difficile decine di migliaia di persone che protestano e compito. Ma appassionante. si oppongono alla realizzazione di un’opera La citazione iniziale mi serve da abbrivio: tanto monumentale quanto dispendiosa come sinistra, legalità, violenza. Con l’aggiunta quella dell’alta velocità in Val Susa. dell’accrocco “combattere la violenza”, che Da oppositrice convinta e civile, ho speso approva e condanna allo stesso tempo lo ben più di quanto le mie finanze concedano stesso atteggiamento. in libri e documenti che potessero Parliamo di NoTav. chiarirmi la situazione sotto ogni aspetto, Il noto politico di cui sopra, giudica, nel breve commento riportato da La Stampa il 16 maggio scorso, l’interesse dimostrato dal regista Salvatores alla storia “NoTav”, inappropriato e deplorevole, alla luce degli ultimi avvenimenti in Valle.


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dai finanziamenti alla spesa complessiva finale, dall’impatto ambientale a quello sociale, dalla progettazione tecnica all’utilità ultima, tutto ciò che potesse rendere il mio punto di vista scevro da sentimentalismi legati alla mia abitudinaria frequentazione della Valle e mi rendesse consapevole delle ragioni dei si e dei no nel modo più ampio possibile. Ma nonostante ciò, ogni qualvolta mi capiti di affrontare l’argomento con un sostenitore, mi rendo conto di quanto sia difficile perorare la mia causa se il mio interlocutore non ha almeno la mia stessa conoscenza del caso. Al di là delle questioni meramente tecniche ed economiche, difficilissime da riportare in una discussione che solitamente si anima immediatamente, perché sempre falsata da prese di posizione squisitamente “ideologiche”, sono sconosciute ai più le istanze della popolazione valligiana. Ho letto decine di blog, centinaia di pagine web, sfogliato, sottolineato e riletto diversi libri, ma qualunque tentativo faccia di giustificare la mia posizione, regolarmente mi trovo davanti un muro inespugnabile, l’unico argomento forte contro il quale non riesco a combattere: dovete condannare i violenti, dovete isolare gli estremisti, ecc. ecc. E questo è forse in definitiva tutto ciò che si conosca. Che quattro, o quaranta, o quattrocento imbecilli, esaltati, violenti, prezzolati o perditempo, assaltano la polizia, aggrediscono gli operai dei cantieri, disturbano e provocano cortei altrui.

Sempre a scanso di qualunquismi, inutile profondermi nella condanna alla violenza. Ciò che, a mio avviso, rende sterile l’infinita discussione, è la negazione di un diritto elementare di democratico dissenso, agíta attraverso una strisciante continua allusione a una presunta anima violenta, antiprogressista e antidemocratica del movimento, allusione che dapprima nasconde e poi cancella, nella percezione della massa, le vere intenzioni, le reali istanze, necessità e difficoltà che, non le migliaia di notav in generale, ma la gente di valle, in particolare, da diversi lustri cerca a gran voce di portare sotto i riflettori di una politica che finora si è dimostrata perlomeno disattenta (!) e di un’opinione pubblica disinteressata, condizionata certamente dall’immagine negativa e degradante del movimento rimandata dai mass-media. Non ho né gli strumenti né la posizione, né tantomeno la presunzione, di voler indicare modalità più oggettive e corrette di analisi e approfondimento. Ma sono certa di almeno due delle mie considerazioni. La prima: assente l’interesse spontaneo, è impensabile che il Paese possa appassionarsi alla causa dei valligiani se non attraverso un input che giunga dai mezzi di comunicazione, che non è solo carente, ma decisamente inesistente, quando non, invece, denigratorio e oserei dire offensivo, se si ostina a definire violento e antidemocratico chiunque si opponga alla Tav, senza distinguere tra “buoni e cattivi” e se confonde aggressori e aggrediti


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dividendoli gli uni da una sola parte e gli altri solo da quella opposta, senza valutare che mille black-bloc agiscono in mezzo a quarantamila anziani, bambini, famigliole e donne come me. Sono questi ultimi a diventare gli “aggrediti”, non solo dai violenti, ma dalle etichettature ignobili di certa comunicazione sommaria, politica e non. La seconda considerazione è quella sul “silenzio”. L’adagio “chi sa tace, chi non sa insegna”, come quasi sempre vale per la saggezza popolare, è adattabile alla condizione dei valsusini. Io sono solo una torinese appassionata di montagna, attenta all’ambiente e innamorata delle tradizioni e della cultura popolare. L’impeto iniziale della mia posizione certamente è nato dal cuore, pur essendosi poi rafforzato con lo studio e la partecipazione. Ma le frasieun, le bourjà, le casin-e, i terên e i prà, appartengono ai valligiani, e la loro voce continua a non superare l’ostacolo innanzitutto di un’altra aggressione, quella della facile accusa di poco oculate scelte di portavoce inadatti, ma anche quello di un oscuramento delle loro argomentazioni, per la già detta omologazione imposta tra “civili e incivili” e anche a causa di un’inesistente volontà di ascolto e di approfondimento, così come della ricerca di un sistema realmente democratico che permetta loro di esprimere le perplessità, le preoccupazioni, i problemi economici, sociali e culturali che si trovano a dover affrontare e ogni più piccola necessità che possa averli indotti al rifiuto di una tale monumentale definitiva modifica del loro habitat, della loro cultura, della loro vita. Senza contare che, nell’esclusione del diritto all’ascolto, vengono cancellate anche le interessanti proposte alternative tutt’altro che antiprogressiste che parti consistenti del movimento hanno valutato ed elaborato per giungere alle stesse finalità dei promotori del sì, limitandone però i pesanti danni collaterali.

Come detto, mille possono essere le interpretazioni della citazione iniziale. Non so se combattere la violenza sia di estrema sinistra, o semplicemente normale. Anche se io direi “evitare, rifiutare, respingere” e non “combattere”. Ma so per certo che è vero che la legalità è un valore di sinistra, e il movimento NoTav, quello sano, al quale sento di appartenere, non può e non deve prescinderne. Però, non solo di sinistra, ma di una politica responsabile, avveduta, progressista e critica, deve essere un altro valore, che li comprende tutti: la democrazia, costruita e consumata nel rispetto e nell’ascolto delle minoranze e delle autonomie. Una democrazia che, nel nostro caso – e mi concedo un’altra licenza – getti un tunnel di raccordo tra la velocità inarrestabile del progresso e il solido pilone portante della nostra cultura e della nostra identità affondato nella terra, che di valle in valle, di rio in rio, di montagna in montagna, è quella di tutti noi.

DEBORAH LUGLI


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Taccuino Mara Politi a nome del Coordinamento Donne, scrive a Boldrini e Kyenge...

Gentile On. Boldrini, Gentile On. Kyenge Come CGIL FP Piemonte, abbiamo da tempo costituito il Coordinamento DONNE per contribuire a sensibilizzare politica, istituzioni e società sulla questione femminile nel nostro Paese e sui reiterati e terribili fenomeni di violenza di genere, ormai giunti a un livello di emergenza esponenziale. Abbiamo appreso con soddisfazione e orgoglio le dichiarazioni sul quotidiano Repubblica, nelle quali si parla della possibilità di protestare contro questi tragici atti di femminicidio, fermandoci tutte per un giorno, condividendo una modalità già espressa dalla Signora Lella Costa. Siamo completamente d'accordo con una iniziativa di questo genere, peraltro da noi proposta per la giornata dell'8 marzo 211, in occasione della quale abbiamo creato e diffuso un libretto sul tema "UNA GIORNATA SENZA...", per far meglio comprendere come ogni giorno le donne siano il perno centrale attorno al quale ruotano vertiginosamente lavoro, famiglia, scuola, e privato e delle conseguenti difficoltà che il resto della società si troverebbe improvvisamente a dover gestire nel caso davvero decidessimo di fermarci per 24 ore, attraverso una giornata di sciopero/mobilitazione di tutte le donne, di ogni età, estrazione ed etnia! Rilanciamo pertanto la nostra "idea" (allegandone copia) a sostegno di ogni iniziativa che vorrete intraprendere a favore di una legislazione più severa nei casi di aggressioni con sfondo discriminatorio e per una maggiore sensibilizzazione circa il problema più generale della condizione femminile in Italia che, purtroppo, è anche gravata dall'impossibilità di accedere a un welfare pressoché inesistente, così come alla stabilità di un lavoro che per le donne è troppo spesso precario, sottostimato e calpestato. Carenze, queste, che hanno visto retrocedere la situazione femminile nel nostro Paese e parallelamente impediscono una condizione di pari dignità che deve tornare a essere un diritto garantito per tutte. Come sindacaliste, come cittadine, ma ancor prima come donne, Vi ringraziamo per le azioni che state mettendo in campo, che ci fanno sentire meno sole. La Vostra presenza ci rincuora e rafforza. Mara Politi

... che le rispondono così:

Vi ringrazio molto per le belle parole che avete voluto dedicarmi. Sento forte l'onore e la responsabilità di rappresentare le Istituzioni repubblicane in un momento così difficile e delicato per il nostro Paese e ce la metterò tutta per rispondere alla richiesta di cambiamento che gli italiani oggi chiedono alla politica. Ritengo la vostra una bella iniziativa a sostegno della sensibilizzazione sociale sulla questione femminile nel nostro Paese, una questione di rilevanza importante che deve essere affrontata da noi tutti. Con i migliori saluti. Laura Boldrini Presidente della Camera dei Deputati Gentile Signora Politi, la Ministra Kyenge la ringrazia per la cortese mail inviatale e per l’iniziativa che il Coordinamento Donne CGIL Funzione Pubblica Piemonte ha voluto farle conoscere; iniziativa di cui la Ministra condivide lo spirito e gli intenti. La stima e l’incoraggiamento manifestati nei suoi confronti le saranno di aiuto nell’affrontare con serena disponibilità il delicato compito a cui è stata chiamata. Augura a lei e a tutte le Donne buon lavoro e invia i suoi migliori saluti. La Segreteria

ROMA – 22 GIUGNO 2013 Manifestazione unitaria CGIL CISL UIL

TRE LEGGI PER LA GIUSTIZIA E I DIRITTI Continua la raccolta firme http://www.3leggi.it/dove-firmare-3/


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Pubblico in Rete Il blog di Rossana Dettori http://senza-pubblico-sei-solo.com.unita.it/

Il sito web della Funzione Pubblica Piemonte http://www.piemonte.fp.cgil.it/in-evidenza.asp

Il Sito della CGIL nazionale.... http://www.cgil.it/

...e quello della Funzione Pubblica nazionale http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1

Polizze Responsabilità civile per colpa grave http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/22439

Corsi formazione ECM FAD http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/24531

Ai seguenti link è possibile scaricare slides informative sui fondi previdenziali Perseo e Sirio http://www.piemonte.fp.cgil.it/upload/piemonte/SIRIO-pensioni-Completo%20new.pdf http://www.piemonte.fp.cgil.it/upload/piemonte/PERSEO-pensioni%20-CompletoNew.pdf

Dichiarazione di sostegno alla proposta d'iniziativa dei cittadini europei. http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/22740

DIGNITÀ E DIRITTI UMANI Sostegno alla Campagna per tre leggi di civiltà: Tortura, Carcere, Droghe http://www.3leggi.it/dove-firmare-3/


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