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Alessandro Nanni Costa • STAMINALI

Oggi la principale applicazione clinica delle cellule staminali emopoietiche del cordone è il trapianto

Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti

poietiche da donatore non consanguineo, il dato complessivo testimonia una continua crescita dell’attività rispetto al 2009: nel 2012 sono stati eseguiti 776 trapianti, di cui 225 da midollo osseo, 459 da sangue periferico e 92 da sangue placentare, contro i 656 del 2009. A conferma dell’elevato livello di professionalità dei centri trapianto italiani nel rispondere ai pazienti affetti da malattie per le quali questo tipo di intervento risulta efficace». E dal punto di vista dei donatori? «Questo è l’altro volto, in controluce, del trapianto. Infatti, dal 2006 i pazienti che afferiscono ai centri italiani vengono trapiantati con una percentuale sempre più elevata, l’80% nel 2012, utilizzando cellule staminali emopoietiche provenienti da donatori esteri. Da un lato, per via di aspetti molto tecnici legati alla tipizzazione dei campioni donati e, dall’altro, per la progressiva dimissione dei donatori volontari dal Registro italiano (Ibmdr) a causa del raggiungimento dell’età massima. Per questo è importante invitare tutti, in primis i giovani, a diventare donatori di midollo osseo». Nel trasferimento dal piano della ricerca a quello applicativo, quali sono ancora i limiti legati al trattamento con staminali? «Prima di entrare nel dettaglio, vorrei precisare un aspetto che spesso genera confusione nell’informazione e nei cittadini. Quando gli scienziati di tutto il mondo pubblicano nuovi studi nel campo dell’applicazione delle staminali per la cura di malattie al moMAGGIO 2013

mento inguaribili si tende a credere che siano immediatamente disponibili per la collettività. Nulla di più sbagliato: dalla diffusione di una ricerca scientifica alla reale sperimentazione sull’uomo sono necessari diversi anni, e non certo per ragioni burocratiche». Per quali motivi allora? «La scienza ha bisogno di tempo per convalidare le proprie scoperte, così come gli enti regolatori necessitano di assolute garanzie prima di avviare protocolli clinici di sperimentazione sull’uomo. In ballo c’è la sicurezza delle procedure che non devono danneggiare il paziente. Senza pronunciarmi sulle staminali embrionali, una delle questioni che resta da indagare a fondo riguarda i benefici a breve e lungo termine dei trattamenti con staminali adulte. Parallelamente, dalla ricerca all’applicazione clinica non sono ancora chiare le eventuali complicazioni che possono compromettere lo stato di salute del paziente». L’abbiamo sentita esprimersi a sfavore della raccolta di staminali cordonali per uso stesso del donatore. Ce ne può esporre le ragioni? «La principale applicazione clinica delle cellule staminali emopoietiche del cordone è, a oggi, il trapianto. In campo ematologico, uno dei principi base del trapianto prevede l’infusione di cellule staminali provenienti da un donatore diverso dal paziente ricevente. Solo questa “estraneità” può garantire un effetto terapeutico aggiuntivo, in grado di riconoscere e sconfiggere le cellule malate. Le maggiori società

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